[Nonviolenza] Voci e volti della nonviolenza. 831



 

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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XVII)

Numero 831 del 25 luglio 2016

 

In questo numero:

1. Due provvedimenti indispensabili per far cessare le stragi nel Mediterraneo e la schiavitu' in Italia

2. L'azione diretta nonviolenta delle mongolfiere per la pace (parte terza e finale)

3. "Tutte le vittime...". Alcune parole dette a Viterbo la mattina del 3 luglio 2016

4. Una citta' si ferma in meditazione nel dolore e nella solidarieta'. Una riflessione per la giornata di lutto cittadino a Viterbo

5. Hiroshima sul lungomare di Nizza. Breve discorso sul nostro orrore quotidano e sui compiti dell'ora

6. Frattanto nel Mediterraneo

7. Il mare di pietra

 

1. REPETITA IUVANT. DUE PROVVEDIMENTI INDISPENSABILI PER FAR CESSARE LE STRAGI NEL MEDITERRANEO E LA SCHIAVITU' IN ITALIA

 

Riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere nel nostro paese in modo legale e sicuro.

Riconoscere il diritto di voto a tutte le persone che vivono nel nostro paese.

 

2. REPETITA IUVANT. L'AZIONE DIRETTA NONVIOLENTA DELLE MONGOLFIERE PER LA PACE (PARTE TERZA E FINALE)

[Riproduciamo qui la terza ed ultima parte della "Documentazione sull'azione diretta nonviolenta delle mongolfiere per la pace con cui bloccare i decolli dei bombardieri (che vale anche come esortazione alla nonviolenza e come piccola guida pratica per agire se si dovesse nuovamente presentare la necessita' di fermare stragi in corso e di difendere la legalita' costituzionale)"]

 

19. Mongolfiere per la pace (20 settembre 2000)

Una tecnica nonviolenta per contrastare operativamente la guerra, per la prima volta sperimentata lo scorso anno.

Per uscire dalla subalternita' ed opporsi concretamente alla guerra con la "nonviolenza dei forti".

Vorremmo segnalare e proporre alla riflessione una nuova tecnica nonviolenta per la prima volta sperimentata lo scorso anno ad Aviano per ostacolare i decolli dei bombardieri. La tecnica nonviolenta delle mongolfiere per la pace.

Si tratta di una modalita' concreta ed efficace di opposizione alla guerra, che non si limita alla testimonianza simbolica ma contrasta operativamente la macchina bellica.

Elaborata dal "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo nel periodo della guerra illegale e stragista del 1999, sperimentata efficacemente per alcune ore ad Aviano in quel tragico frangente, essa si fonda sulla consapevolezza che l'unico momento in cui e' possibile opporsi efficacemente ai bombardieri stragisti con un'azione nonviolenta senza mettere in pericolo la vita di alcuno e' quello immediatamente antecedente il decollo: si tratta cioe' di impedire il decollo dei bombardieri.

Essendo le basi aeree militari in periodo di guerra evidentemente non penetrabili senza mettere in pericolo la vita di alcuno, l'unica possibilita' nonviolenta concreta e praticabile di impedire i decolli consiste nell'ostruire lo spazio aereo circostante e sovrastante le piste di decollo con oggetti che ingombrino lo spazio, ostacolino la visuale, disturbino sensibilmente i congegni elettronici della base e degli aerei.

Di qui l'idea delle mongolfiere per la pace, ovvero l'occupazione dello spazio aereo intorno e sopra le basi militari cosi' da effettivamente ostacolare ed impedire il decollo dei bombardieri.

Tali mongolfiere, realizzate con materiali di costo assai basso, non inquinanti, controllate con la tecnica del "pallone frenato" affinche' non possano provocare pericoli a persone o beni altrui, recanti piccoli componenti metallici di disturbo per le apparecchiature elettroniche militari, possono efficacemente contrastare i decolli dei bombardieri.

Segnaliamo en passant che l'azione diretta nonviolenta delle mongolfiere per la pace e' stata l'unica azione in Italia che ha contrastato operativamente la guerra lo scorso anno; l'unica che si e' contrapposta materialmente sul piano strategico, tattico, logistico e per cosi' dire "sul terreno", alla macchina bellica; l'unica non meramente simbolica o finalizzata alla visibilita' sui mass-media, bensi' pensata e realizzata come intervento concreto ed efficace nel conflitto, come azione di contrasto reale alla guerra; appunto come intervento pratico della nonviolenza per fermare eserciti e stragi; l'unica in una logica non vittimistica, bensi' intesa come "nonviolenza dei forti" che combatte nonviolentemente contro la guerra ed i suoi apparati per sconfiggerli sul campo e renderli impotenti.

Naturalmente questa tecnica nonviolenta richiede, per essere applicata, piena e pienamente consapevole assunzione personale di responsabilita', limpidezza di condotta ed assoluta fedelta' alla nonviolenza da parte di chi la utilizza.

Lo scorso anno raccogliemmo alcuni materiali relativi a questa proposta ed esperienza in una "Guida pratica all'azione diretta nonviolenta delle mongolfiere per la pace con cui bloccare i decolli dei bombardieri".

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20. Da "In cammino verso Assisi" n. 27 del 23 settembre 2000

Chi scrive queste righe e' da tempo persuaso della necessita' che la nonviolenza divenga l'asse dell'impegno politico (e non solo sociale e culturale), e che si sviluppi una riflessione ed una prassi ad essa ispirata che sappiano essere concreto intervento, lotta incessante, affermazione limpida e persuasa di umanita' nel vivo del conflitto, contrastando la violenza ovunque essa operi e comunque si mascheri. La nonviolenza e' lotta, se non e' lotta non e' affatto. La nonviolenza e' la scelta del rigore intellettuale e morale, o non e'. La nonviolenza e' l'unica scelta che invera pace, democrazia, diritti umani e difesa della biosfera, che afferma la coerenza tra mezzi e fini, che riconosce la dignita' di tutti, che istituisce una convivenza non oppressiva, che rompe incessantemente le complicita' con l'ingiustizia, che suscita la rivolta contro il male, che chiama incessantemente alla responsabilita' ed alla solidarieta'. Vale la pena farne misura e strumento del nostro agire, e specchio al nostro riflettere.

Ma ancora una parola sentiamo che va detta: c'e' un trauma che occorre saper dichiarare e discutere, per elaborarne il lutto e per ricavarne ammaestramenti necessari ed urgenti: la vicenda della guerra dello scorso anno e la correlata catastrofe del movimento pacifista in Italia. Ci si permetta di esprimere una nostra franca opinione, che offriamo quale semplice contributo ad una discussione che ci sembra improcrastinabile.

La guerra balcanica del 1999 non e' stata soltanto un eccidio barbarico, per eseguire il quale e' stata altresi' infranta la nostra Costituzione italiana, e con essa la carta delle Nazioni Unite ed i cardini stessi del diritto internazionale; e' stata anche la catastrofe di una cultura, di un comune sentire e di una esperienza organizzata, quella del pacifismo italiano come movimento di massa e orientamento diffuso cosi' come lo avevamo costruito, sviluppato e verificato a partire da quel grande momento di verita' e di ricerca che fu l'opposizione ai missili nucleari a Comiso vent'anni fa, quando culture diverse si incontrarono e si riconobbero e trovarono un forte elemento di coesione proprio nell'incontro con la nonviolenza (sebbene per molti limitatamente al suo aspetto meramente metodologico, di repertorio di strategie e di tecniche, e quindi con un fraintendimento, un'ambiguita' di fondo).

Ebbene, quel movimento pacifista e' crollato alla prova della guerra dei Balcani.

Abbiamo piu' volte proposto la nostra analisi di questo collasso; qui ne riassumiamo di scorcio i termini essenziali.

Da un lato ha clamorosamente rivelato la sua inanita' il pacifismo parastatale e burocratico, subalterno e incapace a contrastare frontalmente il governo guerriero, stragista e fuorilegge, e ad opporsi operativamente alla macchina bellica che dispiegava la sua furia.

Dall'altro ha dimostrato definitivamente agli occhi di tutti la sua inammissibilita' morale ed intellettuale, ed il suo esito nichilista, il preteso pacifismo urlatore ed ambiguo, quello che si dichiara contro la pena di morte, ma quando gli assassini sono "amici" e "liberatori" allora non sono assassini ma "giustizieri" e vanno osannati; quello che e' contro la guerra, ma quando a fare la guerra sono "i nostri compagni" allora la guerra e' "giusta e necessaria", e cosi' via in un'orgia di retorica oscena e scellerata. Questo sedicente pacifismo in realta' e' omologo nei suoi fondamenti e nei suoi esiti ai poteri che dichiara di combattere: e' omologo a chi glorifica le uccisioni "in nome di Dio" o della patria o della purezza o di altre ideologie adoratrici della morte; e' omologo alla Nato che commette stragi "in nome dei diritti umani". E dunque non e' lotta per la pace, ma qualcosa d'altro e di oscuro.

Nel 1999 era possibile contrastare efficacemente la guerra ed occorreva farlo qui, in Italia, di dove il grosso dei bombardieri stragisti decollava a recar morte alle genti balcaniche: ma occorreva aver fatto la scelta della nonviolenza, occorreva l'azione diretta nonviolenta per bloccare concretamente i decolli dei bombardieri. Era possibile riuscirci: per poche ore ad Aviano ci siamo riusciti con l'azione diretta nonviolenta delle "mongolfiere per la pace". Se invece di essere poche persone, fossimo stati in migliaia, avremmo fermato la guerra (fosse pure solo in parte e per poco, ed al prezzo di innumerevoli fermi e denunce ed arresti di militanti rigorosamente nonviolenti), dimostrando che la nonviolenza puo' essere piu' forte della macchina bellica, dimostrando che la nonviolenza non e' testimonianza vittimistica, ma lotta la piu' rigorosa e concreta, che alla violenza ed ai suoi apparati si oppone in campo aperto, operativamente, per fermarla e sconfiggerli.

Ma la guerra non fu fermata, la legalita' costituzionale non fu adeguatamente difesa, perche' la gran parte del movimento pacifista italiano era interessata ad altro: a comparire in televisione, a coltivare carriere, ad occhieggiare le elezioni, a buscare una fetta di "aiuti" da gestire, a recitare le predicazioni vaniloquenti e le squallide e sciagurate simulazioni delle guerriglie nei week-end, a contrattare qualche prebenda o anche solo a sgravarsi la coscienza facendo qualche allegra marcetta o qualche nobile mozione o qualche idiota e criminale sassaiola.

E la guerra non fu fermata perche' la gran parte del movimento pacifista italiano era ambiguo sulla violenza; ed invece solo con la scelta della nonviolenza si poteva fronteggiare e contrastare la macchina bellica; si', solo con la nonviolenza era possibile affrontare sul terreno, operativamente, la macchina bellica e riuscire ad infliggerle una sconfitta.

La nonviolenza resto' minoritaria, incompresa, irrisa perfino (e pago' lo scotto altresi' della confusione e delle piccinerie che regnano tra gli stessi amici della nonviolenza, che sovente confondono nonviolenza e buone maniere, nonviolenza e mero volersi bene, nonviolenza e astensione, la nonviolenza riducendo a devozione privata cosi' denegandone la decisiva dimensione di lotta di massa, di "omnicrazia" per dirla con Capitini). Ed il movimento pacifista fu annientato dalle sue stesse ambiguita', dalla sua stessa pusillanimita'.

Lo scriviamo per l'ennesima volta: di questo dovremo pur ragionare una buona volta: altre guerre si preparano, e o si avra' la capacita' di costruire un movimento di massa fondato sulla nonviolenza che la guerra contrasti concretamente, oppure si continuera' a recitare il pacifismo, e si restera' di fatto complici e scimmie degli stragisti. O si comincia davvero a contrastare praticamente, operativamente, gli eserciti e le armi, le guerre e le violenze, oppure meglio sarebbe starsene zitti.

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21. Una opportuna postilla

Per una riflessione piu' approfondita sulla nonviolenza rinviamo al nostro lavoro La nonviolenza contro la guerra, scaricabile dal sito di Peacelink.

Sempre su Peacelink e' presente la stesura aggiornata al 1999 del nostro lavoro Uomini di pace.

Ulteriori materiali per la formazione alla nonviolenza abbiamo pubblicato negli ultimi mesi nella mailing list "pace" di Peacelink: un punto di partenza per ulteriori ricerche possono essere i 27 fascicoli del notiziario "In cammino verso Assisi" (in particolare il n. 26, del 22 settembre 2000, reca un'ampia bibliografia introduttiva sulla nonviolenza; il n. 27, del 23 settembre, un elenco di siti utili di movimenti nonviolenti o vicini alla nonviolenza).

 

3. REPETITA IUVANT. "TUTTE LE VITTIME...". ALCUNE PAROLE DETTE A VITERBO LA MATTINA DEL 3 LUGLIO 2016

 

Tutte le vittime fanno parte dell'unica umanita'.

E cosi' ogni uccisione ci colpisce tutte e tutti.

Nessuna causa, nessuna ragione, nessun sistema di valori, nessuna visione del mondo puo' giustificare l'uccisione di un essere umano, poiche' sottrarre la vita a un essere umano, ridurre una persona a corpo inerte, a muto oggetto, a polvere e nulla, con cio' stesso rompe ogni patto di convivenza, distrugge ogni forma di civilta', travolge ed annienta ogni valore, ogni ragione, ogni significato.

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Gli esseri umani hanno sempre saputo che il primo diritto di ogni essere umano e' il diritto a non essere ucciso, poiche' senza questo diritto nessun altro diritto si da', e quindi cade ogni patto sociale, ogni forma di convivenza, ogni barlume di civilta'.

Gli esseri umani hanno sempre saputo che rispettare, aiutare e salvare le vite e' il primo comune dovere.

Gli esseri umani hanno sempre saputo che occorre soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto; che l'ospitalita', l'accudimento, il prendersi cura del bene dell'altra persona e' il primo istituto civile, l'inizio reale dell'umanizzazione dell'umanita'.

Poiche' ogni essere umano sente, e quindi sa, che l'unica speranza di essere rispettato nel suo diritto a vivere consiste nel suo proprio impegno a rispettare il diritto a vivere degli altri esseri umani; senza del quale impegno vi e' solo l'orrore della guerra di tutti contro tutti, del massacro insensato che puo' trovar fine soltanto con l'universale ecatombe: il delirio del dittatore che cosi' acutamente indago' Elias Canetti.

Tutto cio' gli esseri umani lo hanno sempre saputo, ma mille poteri vampiri e mille sofismi assassini li hanno ottenebrati ed indotti a dilaniarsi senza pieta'. E questo strazio tuttora perdura.

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Ma nell'epoca aperta da Auschwitz e da Hiroshima, l'epoca dell'organizzazione scientifica e burocratica della disumanizzazione genocida, l'epoca delle armi in grado di cancellare l'intera civilta' umana, quella che Guenther Anders ha chiamato "l'eta' atomica" e che e' il tempo in cui viviamo le nostre vite sospese, non possiamo piu' sottrarci a questa necessaria coscienza, a questa decisiva responsabilita', alla scelta morale e politica fondamentale: non uccidere. Il comandamento "Non uccidere" deve divenire il principio e il criterio del nostro agire, se vogliamo evitare il rischio ogni giorno crescente dell'annichilimento totale dell'umanita'.

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Occorre illuminare tutte le intelligenze, risvegliare tutte le coscienze: persuadere ogni essere umano del suo diritto alla vita (ed alla dignita', ed alla solidarieta') e quindi dell'eguale diritto alla vita (ed alla dignita', ed alla solidarieta') di ogni altro essere umano.

Ed occorre avviare le azioni costruttive indispensabili ed urgenti.

Innanzitutto il disarmo: poiche' le armi servono a uccidere gli esseri umani.

Innanzitutto la smilitarizzazione: dei conflitti, dei territori, delle societa' e delle culture; all'organizzazione sociale (ed alla formazione della personalita') modellata sulla guerra, sulla gerarchia, sullo sfruttamento e sull'inimicizia occorre opporre e sostituire il paradigma della pace, dell'eguaglianza di diritti, della cooperazione e della condivisione dei beni.

All'adorazione irrazionale della violenza occorre opporre e sostituire la scelta razionale della nonviolenza.

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E' proprio riconoscendo il carattere fragile e perituro della nostra esistenza che possiamo e dobbiamo scegliere, come indicava Giacomo Leopardi, la piena solidarieta' fra tutti gli esseri umani.

E' proprio riconoscendo l'essenziale pluralita' e la peculiare capacita' creativa degli esseri umani che possiamo e dobbiamo scegliere la via indicata da Hannah Arendt.

E' proprio riconoscendo che secoli di barbarie maschilista e militarista ci hanno portato sull'orlo dell'abisso che possiamo e dobbiamo scegliere la via indicata da Virginia Woolf.

Ponendoci all'ascolto e alla sequela delle grandi figure del nostro tempo testimoni della dignita' umana, da Primo Levi a Nelson Mandela, da Rosa Luxemburg a Germaine Tillion, da Mohandas Gandhi a Martin Luther King, da Simone de Beauvoir a Danilo Dolci, da Dorothy Day a Bianca Guidetti Serra, a innumerevoli altre tutte egualmente luminose.

Ponendoci all'ascolto e alla scuola delle grandi pensatrici e dei grandi pensatori dell'epoca nostra, da Hannah Arendt a Simone Weil, da Emmanuel Levinas a Ernesto Balducci, da Martin Buber a Michel Foucault, da Edith Stein ad Hans Jonas, da Luce Fabbri a Franca Ongaro Basaglia, a tante altre e tanti altri egualmente illuminanti, dalla scuola di Francoforte al movimento femminista.

Occorre scegliere la via del dialogo, della comprensione, della convivenza, del mutuo soccorso, del bene comune.

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Nel dire il nostro dolore per le sorelle ed i fratelli trucidati, nel dire il nostro orrore per ogni assassinio, in nome di tutte le vittime, in nome dell'umanita' intera, noi chiediamo che cessi questo insensato massacro.

Che ogni persona di volonta' buona si metta all'opera contro la guerra e contro tutte le uccisioni.

Che ogni persona di volonta' buona si metta all'opera contro il razzismo e contro tutte le persecuzioni.

Che ogni persona di volonta' buona si metta all'opera contro il maschilismo e contro tutte le oppressioni.

Che ogni persona di volonta' buona si metta all'opera contro ogni ideologia e prassi terrorista e totalitaria, in difesa della dignita' umana.

Che ogni persona di volonta' buona si metta all'opera contro ogni ideologia e prassi imperialista e schiavista, in difesa della dignita' umana.

Che ogni persona di volonta' buona si metta all'opera contro ogni ideologia e prassi ecocida, in difesa di quest'unico mondo vivente, casa comune dell'umanita'.

Vi e' una sola umanita'.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Salvare le vite e' il primo dovere.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

4. REPETITA IUVANT. UNA CITTA' SI FERMA IN MEDITAZIONE NEL DOLORE E NELLA SOLIDARIETA'. UNA RIFLESSIONE PER LA GIORNATA DI LUTTO CITTADINO A VITERBO

 

Domani, venerdi' 8 luglio, Viterbo osservera' una giornata di lutto per la concittadina assassinata a Dacca.

E questo fermarsi in meditazione nel dolore e nella solidarieta' deve richiamare ogni persona di retto sentire e di volonta' buona ad una assunzione di responsabilita': alla coscienza che solo la nonviolenza puo' sconfiggere la violenza, che solo il bene puo' sconfiggere il male; e quindi all'azione buona che salva le vite ed a tutte le uccisioni si oppone.

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E nel ricordo addolorato della concittadina uccisa Viterbo ricorda anche tutte le altre vittime della strage di Dacca, e tutte le altre vittime di tutte le stragi, di tutte le uccisioni.

A cominciare dal nostro fratello che dopo essere scampato alla violenza assassina dell'organizzazione terroristica Boko Haram in Nigeria e' stato ucciso a Fermo, percosso a morte da un picchiatore razzista.

A cominciare dalle donne che quasi ogni giorno anche nel nostro paese vengono assassinate da uomini che le ritengono non persone ma oggetti di loro proprieta' su cui infierire con la piu' vile e brutale ferocia.

A cominciare dalle vittime delle guerre in corso in tante parti del mondo, dalle vittime delle dittature dominanti su tanta parte del mondo, dalle vittime della miseria e della fame, della riduzione in schiavitu' e delle catastrofi ambientali, immani violenze imposte in tanta parte del mondo da un ordine economico, politico e militare rapinatore, devastatore e stragista.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

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Il ricordo delle persone assassinate ci illumini e persuada al dovere comune: e questo dovere e' di adoperarci con tutte le nostre forze in difesa della vita, della dignita' e dei diritti di tutti gli esseri umani.

Di adoperarci con tutte le nostre forze contro la guerra e tutte le uccisioni.

Di adoperarci con tutte le nostre forze contro il razzismo e tutte le persecuzioni.

Di adoperarci con tutte le nostre forze contro il maschilismo e tutte le oppressioni.

Di adoperarci con tutte le nostre forze contro le dittature e la schiavitu'.

Di adoperarci con tutte le nostre forze contro i poteri criminali e il terrorismo.

Di adoperarci con tutte le nostre forze in difesa della civile convivenza.

Di adoperarci con tutte le nostre forze in difesa del mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.

Di adoperarci con tutte le nostre forze per la democrazia che si oppone al dispotismo e alla barbarie, per la legalita' che salva le vite, per il bene comune dell'umanita' e del mondo vivente.

*

Occorre abolire la produzione, il commercio, la detenzione e l'uso delle armi, poiche' le armi, tutte le armi, servono a minacciare e uccidere gli esseri umani.

Ed occorre abolire tutte le organizzazioni armate che in quanto tali hanno come fine di minacciare e di uccidere gli esseri umani.

Ed occorre soccorrere, accogliere, assistere tutte le persone bisognose di aiuto: vi e' una sola umanita' e tutti gli esseri umani ne fanno parte in eguaglianza di diritti.

La Costituzione della Repubblica Italiana riconosce e protegge i diritti di tutti gli esseri umani: che questo impegno trovi piena realizzazione.

Il primo dovere di ogni essere umano, ed a maggior ragione di ogni umano istituto, e' salvare le vite.

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Tutti gli esseri umani appartengono a un'unica famiglia; tutti hanno lo stesso diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.

Dopo Auschwitz e dopo Hiroshima ogni persona senziente e pensante sa che l'umanita' e' unita in un unico destino di vita o di morte; ogni persona senziente e pensante sa che e' indispensabile la pace, il disarmo, la smilitarizzazione, il ripudio assoluto della violenza; ogni persona senziente e pensante sa che solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.

Ad ogni disumanata ideologia, ad ogni prassi della barbarie, occorre opporre virtu' e conoscenza, comprensione e compassione, riconoscimento del valore infinito di ogni essere umano e riconoscenza per il dono della vita di generazione in generazione, la contemplazione della verita' - della solidarieta', della condivisione - e l'azione buona che la realizza.

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In nome dell'intera umanita' passata, la cui esistenza sarebbe annientata del tutto e per sempre - come se non fosse mai stata - qualora non vi fosse piu' un'umanita' a recarne memoria ed a proseguire l'umana vicenda: si cessi di uccidere.

In nome dell'intera umanita' presente, la cui esistenza e' sull'orlo di un abisso, su un crinale apocalittico, in un pericolo estremo: si cessi di uccidere.

In nome dell'intera umanita' futura, che esistera' solo se noi non distruggeremo la civilta' e il mondo: si cessi di uccidere.

In nome di tutti i possibili venturi, si cessi di uccidere.

In nome di tutti i viventi, si cessi di uccidere.

In nome di tutte le vittime, si cessi di uccidere.

 

5. REPETITA IUVANT. HIROSHIMA SUL LUNGOMARE DI NIZZA. BREVE DISCORSO SUL NOSTRO ORRORE QUOTIDIANO E SUI COMPITI DELL'ORA

 

1. Ovunque e' Hiroshima

In ogni luogo si puo' essere sterminati.

Esistono armi cui non si puo' sfuggire, e poteri assassini disposti ad usare quelle armi contro chiunque. L'umanita' e unificata nel segno del dolore e della paura.

E questa violenza che dall'alto incombe su tutti, tutti contagia, e dagli eserciti passa alle milizie, dalle milizie alle mafie, e dai criminali ai reietti, dagli emarginati senza speranza alle persone fino a ieri integrate o equilibrate che un giorno il delirio offusca o la sventura abbatte e precipita nella sofferenza piu' inesorabile e nel rancore che null'altro desidera se non che altri soffrano anch'essi, che anche ad altri sia strappato ogni bene, e di ogni bene il fondamento: la nuda vita.

E questa violenza trova sempre un'ideologia, infinite ideologie, che la giustifichino, che la glorifichino; e che effettualmente inducono esseri umani oppressi e infelici, o illusi e avidi, a farsi assassini.

I poteri imperiali hanno le atomiche, i proiettili a uranio impoverito, il fosforo bianco, i droni, gli equipaggiamenti robotici. Ma basta un mitra, una pistola, una daga. O anche: un aereo, un camion, un coltello per tagliare il pane che alla bisogna anche le gole squarcia, le nude mani del marito e del fidanzato.

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2. La guerra ha raggiunto le nostre citta'

Fino a ieri i nostri governi - ed i potentati economici di cui sono asservita espressione - compivano o commissionavano stragi altrove, ma strage dopo strage la piena del fiume di sangue ha rotto gli argini dilagando ovunque, il massacro sta arrivando nei nostri quartieri, nei nostri bar, nella redazione del giornale da ridere, nel locale del concerto pop, nel ristorante degli imprenditori, sulla passeggiata della festa, e alle stazioni dei treni, negli aeroporti, dinanzi agli stadi.

Questo terrorismo cellulare e artigianale che raggiunge le nostre citta' e' il nostro terrorismo coloniale e imperiale che in un movimento pendolare ritorna e ci investe. Ne e' il prodotto diretto. Pochi giorni fa i mass-media davano notizia dell'uccisione di uno dei principali capi dell'Isis, detto "il ceceno", ed aggiungevano con noncuranza che era stato addestrato dagli americani. La carriera di terrorista di Bin Laden inizio' in Afghanistan finanziata dagli Usa. La nascita dell'Isis e il suo radicamento territoriale (con la sua enorme efficacia in termini propagandistici, di reclutamento e di possibilita' di addestramento e armamento) e' conseguenza diretta delle nostre infamissime e scelleratissime guerre che hanno destrutturato l'Iraq, la Siria, la Libia.

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3. Aprire gli occhi

Certo, noi vediamo solo le stragi che avvengono dove i nostri telefonini le riprendono, le nostre televisioni le trasmettono. E non vediamo il massacro quotidianamente eseguito dai nostri aerei, le nostre bombe, i nostri armamenti venduti ed usati nei continenti delle dittature e della fame, della schiavitu' e della desertificazione, della rapina imperialista e razzista.

Certo, noi ci sentiamo il cuore spaccato quando muore un nostro concittadino, e non vediamo le innumerevoli vittime delle nostre guerre, che consentiamo che siano chiamate "missioni di pace", che arricchiscono il "made in Italy" dei mercanti di morte, e neppure ci accorgiamo che i milioni di esseri umani in fuga dall'Africa e dall'Asia che muoiono nei lager turchi e libici, che muoiono nel braccio di mare tra l'Anatolia e Lesbo, che stanno colmando di cadaveri il Mediterraneo, sono i nostri governi a trucidarli, in una immane mattanza. L'orrore e' tale che non lo percepiamo piu'.

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4. Tornare a sentire, tornare a pensare

Questo dovremmo innanzitutto fare: tornare a sentire, tornare a pensare.

Tornare a pensare alla condizione umana nell'eta' atomica con Guenther Anders, tornare a pensare alle tre verita' di Hiroshima di cui ci parlava Ernesto Balducci, tornare a pensare i nostri pensieri in dialogo con i pensieri di Mary Wollstonecraft, di Karl Marx, di Rosa Luxemburg, di Virginia Woolf, di Simone Weil, di Mohandas Gandhi, di Hannah Arendt, di Emmanuel Levinas, di Nelson Mandela, di Wangari Maathai, di Franca Ongaro Basaglia e di Luce Fabbri.

Riconoscere che ogni vittima ha il volto di Abele.

Riconoscere che vi e' una sola umanita', che esiste nella pluralita' di esseri umani tutti diversi e tutti eguali in dignita' e diritti, tutti ugualmente bisognosi di aiuto, tutti ugualmente viventi in quest'unico mondo vivente casa comune dell'umanita', tutti ugualmente esposti al dolore e alla morte e quindi tutti in diritto di ricevere aiuto e tutti in dovere di recarlo altrui.

Opporsi alla guerra e a tutte le uccisioni. Giacche' togliere la vita ad un essere umano (ovvero rapinarlo di quell'unico bene senza del quale nessun altro bene si da') significa ed implica negare l'umanita' di tutti e di ciascuno, anche la propria.

Opporsi al razzismo e a tutte le persecuzioni. Giacche' negare la dignita' umana di qualcuno significa ed implica estinguerla in tutti, innanzitutto in se stessi.

Opporsi al maschilismo e a tutte le oppressioni. Sapere che l'oppressione maschile che spacca in due l'umanita' e pretende ridurre meta' dell'umanita' a servo e merce e cosa e possesso - e che cosi' disumanizza l'umanita' intera, nelle vittime e nei carnefici - e' la prima radice e il primo paradigma di ogni violenza.

Opporsi al totalitarismo e alla schiavitu', opporsi alla violenza non solo nei confronti degli altri esseri umani, ma anche nei confronti degli esseri viventi e del mondo vivente tutto, quest'unico mondo vivente di cui siamo parte, quest'unico mondo vivente in cui possiamo vivere.

Ricordarsi di essere fallibili.

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5. Cosa occorre fare subito

Abolire le armi.

Abolire gli eserciti.

Soccorrere, accogliere, assistere tutte le persone bisognose di aiuto.

Nei luoghi della sofferenza recare aiuti umanitari: tutto e' interconnesso, tutto e' interdipendente.

Del sapere e della tecnica fare uso non piu' per opprimere e rapinare e asservire altri, ma per recare assistenza e giovamento.

Educare al rispetto di se' e quindi al riconoscimento degli altri e quindi alla riconoscenza per gli altri, all'empatia ed alla responsabilita'. Educare alla consapevolezza che la civilta' umana e' un cammino unitario e un compito comune, che l'umanita' e' plurale e una, che ogni persona deve sentirsi responsabile di tutto.

Avere sempre come primo criterio di giudizio la liberta' delle donne: dove sono negati, misconosciuti o violati i diritti umani delle donne, li' e' gia' il fascismo.

Riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di muoversi su quest'unico mondo casa comune.

Prendere le decisioni che tutti riguardano sempre e solo col consenso di tutte le persone coinvolte.

Tutto cio' puo' esser detto con una sola parola: nonviolenza.

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6. Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'

Chiamiamo nonviolenza la lotta che a tutte le violenze si oppone ed opera in modo concreto e coerente affinche' tutte le vite siano riconosciute, difese, salvate.

Chiamiamo nonviolenza la lotta delle oppresse e degli oppressi per la liberazione comune dell'umanita' e la preservazione della biosfera.

Chiamiamo nonviolenza la consapevolezza che solo facendo il bene ci si puo' opporre al male, solo salvando le vite si contrasta la morte, solo agendo umanamente si resta umani.

Trattare l'umanita' con umanita': tu sei il prossimo del tuo prossimo.

Questa e' la politica necessaria, la sola politica adeguata alla tragica ora presente dell'umanita'.

Questo e' l'unico modo per non dimenticare tutte le vittime.

Rispetto per la vita, forza della verita', amore per il mondo: solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.

 

6. REPETITA IUVANT. FRATTANTO NEL MEDITERRANEO

 

"Ma come facevi a sapere che erano degli immigrati quando li hai fatti secchi?"

(Ernest Hemingway, I quarantanove racconti, VIII)

 

Il massacro a Dacca, la tragedia dei treni in Puglia, l'orrore di Nizza, il golpe in Turchia... frattanto continua la strage dei migranti nel Mediterraneo.

Una strage che sarebbe assai facile far cessare.

Basterebbe riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di muoversi liberamente su quest'unica Terra casa comune dell'umanita'. Basterebbe riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere in modo legale e sicuro nel nostro paese, nel nostro continente: nessuno si getterebbe tra gli artigli delle mafie dei trafficanti, se potesse usare un mezzo di trasporto legale e sicuro, gli stessi che usano i nostri connazionali quando vanno in quei paesi e ne tornano.

Basterebbe questo, e innumerevoli vite umane sarebbero salvate. Basterebbe questo, e il lucroso mercato delle mafie dei trafficanti svanirebbe nel nulla. Basterebbe questo.

Sono i governi europei i primi complici delle mafie dei trafficanti e degli schiavisti.

Sono i governi europei i primi responsabili del massacro dei migranti in fuga dalle guerre e dalla fame.

Sono i governi europei che hanno ridotto il Mediterraneo a un enorme cimitero.

Sono i governi europei, e noi che non siamo capaci di imporre ad essi il rispetto delle leggi dell'umanita': ogni essere umano ha diritto alla vita; occorre soccorrere, accogliere, assistere ogni persona bisognosa di aiuto; il primo dovere e' salvare le vite.

*

Riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere in modo legale e sicuro nel nostro paese.

Far cessare la strage nel Mediterraneo.

Tornare umani.

 

7. REPETITA IUVANT. IL MARE DI PIETRA

 

1. Questo dobbiamo dirci

Questo dobbiamo dirci: che la strage nel Mediterraneo e' conseguenza della decisione degli stati europei di impedire l'ingresso nei nostri paesi in modo legale e sicuro a chi cerca di entrare in Europa in fuga dalla guerra e dalle dittature, e da quella guerra e dittatura insieme che e' la fame. Questa politica e' assassina.

Questo dobbiamo dirci: che ci sembra normale che gli europei possano andare per il mondo dovunque vogliano; e ci sembra altrettanto normale che questo diritto sia invece negato a chi e' costretto ad abbandonare la sua casa, la sua famiglia, il suo paese perche' vittima di una violenza che minaccia la sua vita stessa. Questa percezione scissa e' gia' complice di un crimine.

Questo dobbiamo dirci: che nessuno si getterebbe volontariamente tra gli artigli delle mafie dei trafficanti e degli schiavisti se avesse la possibilita' di viaggiare in modo legale e sicuro dal luogo in cui la sua vita e' minacciata a un luogo in cui poter vivere in pace.

Questo dobbiamo dirci: che nessuno morirebbe nel Mediterraneo se ad ogni essere umano fosse riconosciuto il diritto a salvare la propria vita, il diritto a muoversi liberamente, il diritto a viaggiare in modo legale e sicuro.

Questo dobbiamo dirci: che sono i nostri stati che stanno facendo morire innumerevoli innocenti nel Mediterraneo; che sono i nostri stati che stanno facendo arricchire le mafie dei trafficanti e degli schiavisti.

Per salvare tutte le vite basterebbe riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere qui in modo legale e sicuro.

*

2. Oltre lo specchio

La nostra percezione e' alterata, la nostra coscienza offuscata, la nostra mente inceppata. Torniamo a vedere la realta', a sentire l'empatia e la responsabilita', a pensare secondo logica, etica e politica.

E' certo meritoria l'azione di chi presta soccorso nel Mediterraneo, ma essa salva solo una parte delle vittime, quando una buona politica le salverebbe tutte.

E' certo meritoria l'azione di chi in Italia accoglie ed aiuta chi riesce ad arrivarci, ma essa salva solo una parte delle vittime, quando una buona politica le salverebbe tutte.

E' certo meritoria l'azione di chi si oppone alla deriva razzista e schiavista e nazista nel nostro paese, ma essa salva solo una parte delle vittime, quando una buona politica le salverebbe tutte.

Ogni buona azione e' benedetta: ma se si resta subalterni a una politica stragista, se non si lotta contro questa politica scellerata, nessuna limitata buona azione bastera' a fermare il massacro.

In verita', lo stato italiano non sta salvando le vite nel Mediterraneo: sta compiendo una strage.

In verita', l'Unione Europea non sta accogliendo i profughi: sta compiendo una strage.

In verita', noi indigeni dell'Europa occidentale non stiamo esprimendo solidarieta', stiamo assistendo sostanzialmente inerti a una strage che i nostri ordinamenti giuridici stanno compiendo col nostro effettuale quantunque passivo consenso.

Perche' sarebbe possibile far cessare il massacro nel Mediterraneo: semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani il diritto di entrare in Europa in modo legale e sicuro.

Perche' sarebbe possibile annientare - letteralmente annientare - le mafie dei trafficanti: semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani il diritto di entrare in Europa in modo legale e sicuro.

*

3. A chi teme

A chi teme l'arrivo in Europa di milioni, di miliardi di esseri umani, nemesi di secoli di colonialismo e schiavismo e rapina e saccheggio che tuttora perdura, e' facile rispondere: se cessassimo di saccheggiare i loro paesi, se cessassimo di imporre loro le dittature nostre alleate, se cessassimo di fare le guerre, se finalmente riconoscessimo che vi e' una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera, se alla politica razzista e imperialista dei vampiri che oggi governano il mondo sostituissimo la politica della cooperazione e della condivisione, della cura comune per il bene comune, la politica della democrazia che ogni essere umano riconosce ed include come titolare degli stessi diritti di ogni altro essere umano, ebbene, ogni luogo del mondo abitato tornerebbe vivibile, e nessuno sarebbe costretto alla fuga.

*

4. I compiti dell'ora

Innumerevoli esseri umani in questo momento stanno subendo persecuzioni e violenze indicibili, e le loro stesse vite sono in pericolo. E' compito dell'umanita' intera salvare le loro vite, e' compito dell'umanita' intera recare loro il necessario, il doveroso aiuto.

Occorrera' per questo rinunciare a giganteschi privilegi? Si', occorrera' rinunciare a giganteschi privilegi, che sono il frutto di secolare rapina, di inumano sfruttamento e brutale oppressione.

Occorrera' per questo rinunciare a montagne di beni superflui? Si', occorrera' rinunciare a montagne di beni superflui, ed alla narcosi ed alla dissipazione che essi consentono e impongono.

Occorrera' uscire dalla logica proprietaria e dalla menzogna egotista? Si', occorrera' uscirne riconoscendo la natura sociale e dialogica, plurale e interdipendente, empatica e bisognosa, limitata ed aperta della nostra umanita'.

Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.

Salvare le vite e' il primo dovere.

*

5. La svolta

E' questa la politica necessaria e urgente.

E nel programma minimo immediato di questa politica ci sono i seguenti provvedimenti che occorre proporre adesso al Parlamento affinche' divengano legge adesso:

- riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di entrare nel nostro paese in modo legale e sicuro;

- soccorrere, accogliere, assistere tutte le persone bisognose di aiuto;

- riconoscere il diritto di voto a tutte le persone che si trovano nel nostro paese;

- avviare programmi costruttivi e partecipati per contrastare razzismo e schiavismo;

- avviare il disarmo e la smilitarizzazione;

- avviare un piano di aiuti rigorosamente umanitari nei paesi piu' bisognosi di soccorso;

- applicare la convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne, sostenere i centri antiviolenza promossi dai movimenti delle donne, finanziare la realizzazione di nuovi centri antiviolenza nei territori in cui mancano, fare del pieno riconoscimento dei diritti umani delle donne la condizione su cui fondare le relazioni bilaterali e multilaterali con altri paesi.

*

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Fermare il massacro, opporsi al nazismo.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XVII)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 831 del 25 luglio 2016

 

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