[Nonviolenza] La domenica della nonviolenza. 367
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- Date: Sun, 17 Apr 2016 11:08:33 +0200 (CEST)
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LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XVII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 367 del 17 aprile 2016
In questo numero:
1. Papa Francesco: Il discorso ai rifugiati il 16 aprile a Lesbo
2. Papa Francesco: Il discorso alla comunita' locale il 16 aprile a Lesbo
3. Antonio Vigilante ricorda Piero Pinna
4. Al referendum del 17 aprile voteremo si'
5. Dieci ragioni piu' una per il si' al referendum del 17 aprile
6. Due siti utili per l'informazione sul referendum del 17 aprile
1. DOCUMENTI. PAPA FRANCESCO: IL DISCORSO AI RIFUGIATI IL 16 APRILE A LESBO
Cari fratelli e sorelle,
oggi ho voluto stare con voi. Voglio dirvi che non siete soli. In questi mesi e settimane, avete patito molte sofferenze nella vostra ricerca di una vita migliore. Molti di voi si sono sentiti costretti a fuggire da situazioni di conflitto e di persecuzione, soprattutto per i vostri figli, per i vostri piccoli. Avete fatto grandi sacrifici per le vostre famiglie. Conoscete il dolore di aver lasciato dietro di voi tutto cio' che vi era caro e - quel che e' forse piu' difficile - senza sapere che cosa il futuro avrebbe portato con se'. Anche molti altri, come voi, si trovano in campi di rifugio o in citta', nell'attesa, sperando di costruire una nuova vita in questo continente.
Sono venuto qui con i miei fratelli, il Patriarca Bartolomeo e l'Arcivescovo Ieronymos, semplicemente per stare con voi e per ascoltare le vostre storie. Siamo venuti per richiamare l'attenzione del mondo su questa grave crisi umanitaria e per implorarne la risoluzione. Come uomini di fede, desideriamo unire le nostre voci per parlare apertamente a nome vostro. Speriamo che il mondo si faccia attento a queste situazioni di bisogno tragico e veramente disperato, e risponda in modo degno della nostra comune umanita'.
Dio ha creato il genere umano perche' formi una sola famiglia; quando qualche nostro fratello o sorella soffre, tutti noi ne siamo toccati. Tutti sappiamo per esperienza quanto e' facile per alcune persone ignorare le sofferenze degli altri e persino sfruttarne la vulnerabilita'. Ma sappiamo anche che queste crisi possono far emergere il meglio di noi. Lo avete visto in voi stessi e nel popolo greco, che ha generosamente risposto ai vostri bisogni pur in mezzo alle sue stesse difficolta'. Lo avete visto anche nelle molte persone, specialmente giovani provenienti da tutta l'Europa e dal mondo, che sono venute per aiutarvi. Si', moltissimo resta ancora da fare. Ma ringraziamo Dio che nelle nostre sofferenze non ci lascia mai soli. C'e' sempre qualcuno che puo' tendere la mano e aiutarci.
Questo e' il messaggio che oggi desidero lasciarvi: non perdete la speranza! Il piu' grande dono che possiamo offrirci a vicenda e' l'amore: uno sguardo misericordioso, la premura di ascoltarci e comprenderci, una parola di incoraggiamento, una preghiera. Possiate condividere questo dono gli uni con gli altri. Noi cristiani amiamo narrare l'episodio del Buon Samaritano, uno straniero che vide un uomo nel bisogno e immediatamente si fermo' per soccorrerlo. Per noi e' una parabola che si riferisce alla misericordia di Dio, la quale si rivolge a tutti. Lui e' il Misericordioso. E' anche un appello a mostrare quella stessa misericordia a coloro che si trovano nel bisogno. Possano tutti i nostri fratelli e le nostre sorelle in questo continente, come il Buon Samaritano, venirvi in aiuto in quello spirito di fraternita', solidarieta' e rispetto per la dignita' umana, che ha contraddistinto la sua lunga storia.
Cari fratelli e sorelle, Dio benedica tutti voi, in modo speciale i vostri bambini, gli anziani e coloro che soffrono nel corpo e nello spirito. Vi abbraccio tutti con affetto. Su di voi e su chi vi accompagna invoco i doni divini di fortezza e di pace.
2. DOCUMENTI. PAPA FRANCESCO: IL DISCORSO ALLA COMUNITA' LOCALE IL 16 APRILE A LESBO
Signor Capo del Governo,
Distinte Autorita',
cari fratelli e sorelle,
da quando Lesbo e' diventata un approdo per tanti migranti in cerca di pace e di dignita', ho sentito il desiderio di venire qui. Oggi ringrazio Dio che me lo ha concesso. E ringrazio il Signor Presidente Pavlopoulos di avermi invitato, insieme con il Patriarca Bartolomeo e l'Arcivescovo Ieronymos.
Vorrei esprimere la mia ammirazione al popolo greco che, nonostante le gravi difficolta' da affrontare, ha saputo tenere aperti i cuori e le porte. Tante persone semplici hanno messo a disposizione il poco che avevano per condividerlo con chi era privo di tutto. Dio sapra' ricompensare questa generosita', come quella di altre nazioni circostanti, che fin dai primi momenti hanno accolto con grande disponibilita' moltissimi migranti forzati.
E' pure benedetta la presenza generosa di tanti volontari e di numerose associazioni, che, insieme alle diverse istituzioni pubbliche, hanno portato e stanno portando il loro aiuto, esprimendo nel concreto una vicinanza fraterna.
Oggi vorrei rinnovare un accorato appello alla responsabilita' e alla solidarieta' di fronte a una situazione tanto drammatica. Molti profughi che si trovano su quest'isola e in diverse parti della Grecia stanno vivendo in condizioni critiche, in un clima di ansia e di paura, a volte di disperazione per i disagi materiali e per l'incertezza del futuro. Le preoccupazioni delle istituzioni e della gente, qui in Grecia come in altri Paesi d'Europa, sono comprensibili e legittime. E tuttavia non bisogna mai dimenticare che i migranti, prima di essere numeri, sono persone, sono volti, nomi, storie. L'Europa e' la patria dei diritti umani, e chiunque metta piede in terra europea dovrebbe poterlo sperimentare, cosi' si rendera' piu' consapevole di doverli a sua volta rispettare e difendere. Purtroppo alcuni, tra cui molti bambini, non sono riusciti nemmeno ad arrivare: hanno perso la vita in mare, vittime di viaggi disumani e sottoposti alle angherie di vili aguzzini.
Voi, abitanti di Lesbo, dimostrate che in queste terre, culla di civilta', pulsa ancora il cuore di un'umanita' che sa riconoscere prima di tutto il fratello e la sorella, un'umanita' che vuole costruire ponti e rifugge dall'illusione di innalzare recinti per sentirsi piu' sicura. Infatti le barriere creano divisioni, anziche' aiutare il vero progresso dei popoli, e le divisioni prima o poi provocano scontri.
Per essere veramente solidali con chi e' costretto a fuggire dalla propria terra, bisogna lavorare per rimuovere le cause di questa drammatica realta': non basta limitarsi a inseguire l'emergenza del momento, ma occorre sviluppare politiche di ampio respiro, non unilaterali. Prima di tutto e' necessario costruire la pace la' dove la guerra ha portato distruzione e morte, e impedire che questo cancro si diffonda altrove. Per questo bisogna contrastare con fermezza la proliferazione e il traffico delle armi e le loro trame spesso occulte; vanno privati di ogni sostegno quanti perseguono progetti di odio e di violenza. Va invece promossa senza stancarsi la collaborazione tra i Paesi, le Organizzazioni internazionali e le istituzioni umanitarie, non isolando ma sostenendo chi fronteggia l'emergenza. In questa prospettiva rinnovo l'auspicio che abbia successo il Primo Vertice Umanitario Mondiale che avra' luogo a Istanbul il mese prossimo.
Tutto questo si puo' fare solo insieme: insieme si possono e si devono cercare soluzioni degne dell'uomo alla complessa questione dei profughi. E in questo e' indispensabile anche il contributo delle Chiese e delle Comunita' religiose. La mia presenza qui insieme al Patriarca Bartolomeo e all'Arcivescovo Ieronymos sta a testimoniare la nostra volonta' di continuare a collaborare perche' questa sfida epocale diventi occasione non di scontro, ma di crescita della civilta' dell'amore.
Cari fratelli e sorelle, di fronte alle tragedie che feriscono l'umanita', Dio non e' indifferente, non e' distante. Egli e' il nostro Padre, che ci sostiene nel costruire il bene e respingere il male. Non solo ci sostiene, ma in Gesu' ci ha mostrato la via della pace. Di fronte al male del mondo, Egli si e' fatto nostro servo, e col suo servizio di amore ha salvato il mondo. Questo e' il vero potere che genera la pace. Solo chi serve con amore costruisce la pace. Il servizio fa uscire da se' stessi e si prende cura degli altri, non lascia che le persone e le cose vadano in rovina, ma sa custodirle, superando la spessa coltre dell'indifferenza che annebbia le menti e i cuori.
Grazie a voi, perche' siete custodi di umanita', perche' vi prendete teneramente cura della carne di Cristo, che soffre nel piu' piccolo fratello affamato e forestiero, e che voi avete accolto (cfr Mt 25,35).
Sycharisto!
3. COMPRESENZA. ANTONIO VIGILANTE RICORDA PIERO PINNA
Guardate questa foto. Seduti sull'erba ci sono, tra gli altri, tre pregiudicati. Il primo e' l'uomo al centro, seduto in una posa giovanile che gli suscita un visibile imbarazzo. Si chiama Aldo Capitini. Durante il fascismo e' finito in galera per antifascismo. Con Guido Calogero e' stato il teorico del movimento liberalsocialista, ma e' noto soprattutto come colui che ha introdotto in Italia la nonviolenza. Per la polizia politica, che lo ha sorvegliato per tutta la vita, e' un misantropo. La sua filosofia sostiene che per portare nella nostra vita l'infinito - quell'infinito che la religione chiama Dio - non abbiamo che un modo: amare infinitamente. Amare infinitamente l'altro essere umano, il tu, ma anche l'animale, anche la pianta. In politica, sostiene che il potere non dovrebbe essere di alcuni, ma di tutti. La democrazia dei partiti non e' sufficiente. Occorre una democrazia reale, effettiva, piena, che dia ad ognuno il potere di decidere, di scegliere, di partecipare in modo consapevole e concreto alla gestione della cosa pubblica. La chiama omnicrazia.
L'uomo con gli occhiali alla sua sinistra e' Danilo Dolci. Per i magistrati italiani, un "individuo con spiccata attitudine a delinquere". Aldo e Danilo si sono conosciuti nel 1952. Danilo viveva allora in un piccolo e poverissimo paese della Sicilia, Trappeto. Aveva ventisette anni, e si era trasferito li' per aiutare la gente a migliorare. Un giorno lo chiamano perche' un neonato sta male. La madre non mangia da giorni, non puo' allattarlo. Corre a comprare del latte in polvere, ma quando torna il bambino e' morto. Di fame. Decide, allora, di fare un gesto clamoroso. Digiuna. Si rifiuta di mangiare per protesta. Non mangera' fino a quando la Regione Sicilia non fara' qualcosa per aiutare quei disperati. Lo prendono per matto, pensano che sia una sceneggiata che finira' dopo due giorni, ma lui va avanti. Giorno dopo giorno. Diventa evidente che si sta lasciando morire. E la Regione cede: fa quello che avrebbe dovuto fare molto prima; lo fa perche' costretta da quella che un po' retoricamente potremmo chiamare la forza della nonviolenza.
In galera Danilo ci finisce nel '56, per aver organizzato lo sciopero alla rovescia di Partinico. Per chiedere lavoro, aveva portato i disoccupati del paese a lavorare, in segno di protesta, in una trazzera, una strada di campagna abbandonata. Era prontamente intervenuta la polizia. Danilo e gli altri naturalmente non avevano opposto alcuna resistenza, ma l'affronto era sufficiente per portarlo all'Ucciardone con le manette ai polsi.
Alla destra di Aldo c'e' un giovane con la camicia scura. E' Pietro (o meglio: Piero) Pinna. Anche lui ha visto la galera. Quando gli e' giunta la chiamata per il servizio militare, si e' rifiutato. Era il 1948, l'Italia era appena uscita dalla guerra. Piero sa che per uscire davvero dalla guerra bisogna non prepararsi alla prossima guerra. Disobbedisce, e viene punito. La condanna e' a diciotto mesi di carcere complessivi.
Piero, che e' morto ieri l'altro, 13 aprile, e' stato il principale collaboratore di Capitini, una presenza fondamentale per la creazione della Marcia Perugia-Assisi, per il Movimento Nonviolento, da Capitini fondato nel 1961, e per la rivista "Azione Nonviolenta", di cui e' stato il direttore responsabile fino alla sua morte.
Nel '60 Piero raggiunge Danilo per aiutarlo nella sua opera in Sicilia; e cosi' Danilo ne parla in una lettera ad Aldo: "gli vogliamo gia' un grandissimo bene: e' proprio limpido, di cristallo, di grande valore, come me lo avevi descritto". Ed e' questo, in effetti, l'aggettivo che ti veniva in mente, quando lo ascoltavi parlare: limpido. Ed un altro: umile. Non era un intellettuale, non seguiva teorie, non era uso a raffinare le sue armi dialettiche. Seguiva una intuizione morale semplice, ma potente. Era guidato dall'idea di cio' che e' giusto, e vi restava fedele con una coerenza incrollabile. Ma senza fanatismo, seguendo quella che Aldo chiamava "logica dell'aggiunta": io faccio cosi' perche' lo ritengo giusto; se qualcuno e' persuaso come me, mi segua pure, ma non cerco di imporre a nessuno questa mia persuasione.
Aldo aveva una sua idea, tanto bella quanto difficile. Diceva che esiste una cosa che si chiama compresenza. O meglio: la pensava, ma la sua esistenza - il modo della sua esistenza - andava pensata in un certo modo, che costituiva l'aspetto piu' difficile e piu' affascinante del suo pensiero. Per spiegarla, e' bene lasciare la parola a lui. "Ho insistito per decenni ad imparare e a dire - scrive in un suo testo autobiografico - che la molteplicita' di tutti gli esseri si poteva pensare come avente una parte interna unitaria di tutti, come un nuovo tempo e un nuovo spazio, una somma di possibilita' aperta per tutti i singoli, anche i colpiti e annullati nella molteplicita' naturale, visibile, sociologica. Questa unita' o parte interna di tutti, la loro possibilita' infinita, la loro novita' pura, il loro 'puro dopo' la finitezza e tante angustie, l'ho chiamata compresenza". Compresenza che vuol dire, anche e soprattutto, che i morti non sono andati, non sono esseri ormai ridotti e nulla, e non sono nemmeno anime salve in un paradiso come altra dimensione, ma sono presenze ancora operanti in noi, accanto a noi. Presenze che possiamo avvertire quando siamo in un valore: la bellezza, la verita', la giustizia.
Quando lo conobbi, Piero mi fece uno scherzo bonario. Mi lesse un passo di un libro di Capitini. Mi chiese se ero d'accordo con quello che scriveva l'autore. Io ci pensai un po', poi risposi che ero d'accordo solo in parte. Lui scoppio' a ridere. Quel passo l'avevo scritto io. Era un passo che riguardava la compresenza. Confesso che l'idea, che e' anche e soprattutto una pratica, non cessa di inquietarmi. Non so cedere, non so abbandonarla. Ma so una cosa. Se penso ora a Piero, se penso ad Aldo, se penso a Danilo; e ancora: se penso a Fulvio Cesare Manara e Nanni Salio, che sono scomparsi di recente, o ancora a Lanfranco Mencaroni ed Alex Langer, ed a tanti altri; se penso a loro, mi capita realmente di sentire la loro presenza, qui ed accanto, operante. Mi succede di avvertirli come una forza che continua ad agire nella coscienza, ed attraverso la coscienza si fa storia. Li avverto come nessi ancora vivi, radici che danno linfa vitale. Voci che parlano ancora, e che mi aiutano a sentirmi meno solo. A fare della mia esistenza una cosa corale, per usare un aggettivo che Aldo amava molto.
Nella serie di fumetti "Las puertitas del Sr. Lopez", degli argentini Carlos Trillo e Horacio Altuna, Lopez e' un impiegato non troppo diverso dal nostro Fantozzi, vessato dai superiori ed incapace di ribellarsi; buono, ma di una bonta' debole, rinunciataria. Ma c'e' una cosa che lo salva. Quando non ne puo' piu', il signor Lopez apre una porta - spesso quella del bagno - e si ritrova in un altro mondo. Un mondo meraviglioso, perfetto, in cui tutto e' bello, vero, autentico. Il mondo in cui vorremmo, dovremmo vivere. Alla fine di ogni striscia ritorna alla realta', ma con dentro un po' della luce di quel mondo altro.
Mi capita di pensare la presenza (e ora dovrei dire: compresenza) di Piero, Aldo, Danilo, Fulvio, Nanni e molti altri come una simile uscita di sicurezza. Una porta che si apre su un'altra Italia. Un'Italia che abbiamo perso, che abbiamo lasciato scivolare ai margini, dando il potere a mafiosi, corruttori, violenti, ma che tuttavia non ci lascia, continua a starci accanto, come una possibilita' di liberazione, una via d'uscita possibile, praticabile. Basta che quella porta sia anche solo leggermente socchiusa, per sperare. Per sapere che c'e' un'alternativa. L'importante e' non lasciare che si chiuda. Lavorare affinche' resti almeno un po' aperta: che vuol dire, fuori di metafora, mantenere la memoria, e continuare in cio' che e' giusto, per usare le ultime parole di Alex Langer.
4. REPETITA IUVANT. AL REFERENDUM DEL 17 APRILE VOTEREMO SI'
Al referendum del 17 aprile voteremo si'.
Per difendere le coste italiane dalle devastazioni, dal degrado e dai pericoli provocati dalle trivellazioni.
Per difendere dall'inquinamento l'ambiente marino e tutte le sue forme di vita.
Per difendere il diritto di tutte le persone alla salute e a un ambiente salubre.
Per difendere il diritto delle generazioni future a un mondo vivibile.
Per difendere la bellezza della natura, un bene comune prezioso e insostituibile.
Per sostenere l'approvvigionamento energetico da fonti pulite e rinnovabili.
Per far cessare lo sfruttamento dissennato e distruttivo delle risorse naturali.
Per far prevalere la ragione, la responsabilita', il diritto, la solidarieta'.
Con la forza della verita', con la forza della democrazia, per il bene comune.
Al referendum del 17 aprile voteremo si'.
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Osvaldo Ercoli, Antonella Litta, Emanuele Petriglia, Alessandro Pizzi, Peppe Sini
5. REPETITA IUVANT. DIECI RAGIONI PIU' UNA PER IL SI' AL REFERENDUM DEL 17 APRILE
La prima ragione
La prima ragione e' quasi ovvia: con il referendum si chiede che le concessioni a trivellare in mare nei pressi delle coste italiane in cerca di combustibili fossili non abbiano di fatto una durata pressoche' illimitata, ma limiti certi e insormontabili, come ogni legittimo negozio giuridico.
Votare si' a regole certe e limiti rigorosi e' quindi un atto di puro e semplice buon senso.
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La seconda ragione
La seconda ragione e' che l'unico quesito referendario su cui si vota (gli altri proposti - e proposti non solo da movimenti di cittadini, ma da istituzioni dello stato italiano come le Regioni che si affacciano su ambienti marini devastati dagli impianti di trivellazione) assume obiettivamente un significato piu' ampio: esso ha infatti il valore di difesa dell'ecosistema marino, delle coste italiane, dei legittimi interessi e dei diritti soggettivi delle popolazioni (e delle istituzioni di esse rappresentative) che nelle aree immediatamente interessate dalle conseguenze delle trivellazioni vivono e lavorano.
Votare si' per difendere legittimi diritti e interessi collettivi di primaria rilevanza e' un dovere ineludibile di impegno per la legalita', per la civilta' giuridica, per il bene comune della popolazione (e delle istituzioni democratiche) del nostro paese.
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La terza ragione
La terza ragione e' che il referendum pone in termini stringenti un caso concreto di difesa dell'ambiente, e quindi del diritto degli esseri umani a un ambiente vivibile, non inquinato, non devastato.
Votare si' per proteggere la natura, il mondo vivente che e' la casa comune dell'umanita', e' un diritto e un dovere di tutte le persone ragionevoli e responsabili.
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La quarta ragione
La quarta ragione e' che il referendum pone quindi anche - per il medesimo motivo - un caso concreto di difesa della salute, ovvero del diritto di tutti gli esseri umani a vivere in un ambiente salubre, ergo non inquinato e non devastato; giacche' il benessere psicofisico delle persone e' ovviamente correlato all'ambiente in cui vivono.
Votare si' significa quindi difendere il diritto di tutti alla salute e al benessere.
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La quinta ragione
La quinta ragione e' che su cio' che tutti riguarda - le questioni concernenti l'ambiente, la salute, la civile convivenza, la sicurezza comune - e' giusto e necessario che tutti possano e debbano esprimersi; e che se devono essere prese delle decisioni importanti e impegnative, esse siano prese da tutti insieme: e' la democrazia come metodo e come sistema, e' la democrazia come potere del popolo. Chi invita a non votare, ad astenersi, in realta' vuole che decisioni che riguardano tutti siano prese solo da pochi avidi potentati economici e politici a danno della stragrande maggioranza della popolazione.
Votare al referendum e' quindi un atto di democrazia e di difesa della democrazia.
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La sesta ragione
La sesta ragione e' che le trivellazioni sono finalizzate ad estrarre fonti energetiche fossili. Ma l'umanita' ormai sa che le fonti energetiche fossili non solo sono perlopiu' altamente inquinanti ma anche esauribili, e sa anche che tanta parte della crisi ambientale globale che minaccia l'intera umanita' e' legata a un'economia fondata sulle fonti fossili; e sa quindi che e' necessario ed urgente passare a fonti pulite e rinnovabili, in primis l'energia solare.
Votare si' al referendum e' un modo concreto per sostenere il passaggio da un modello di approvvigionamento energetico - e da un modello di sviluppo - ecologicamente insostenibile a uno sostenibile, da una societa' dell'avvelenamento e della devastazione della biosfera ad una societa' solidale e responsabile.
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La settima ragione
La settima ragione e' che la scelta referendaria implica anche una scelta su quale modello di economia debba presiedere al presente e al futuro dell'umanita': se si debba perseverare in un'economia predatoria, dello sfruttamento fino all'esaurimento delle risorse, dell'avvelenamento del mondo vivente fino alla desertificazione, della violenza dell'uomo sull'uomo per l'accaparramento di beni che dovrebbero essere e restare comuni, del primato dell'arricchimento individuale ai danni della vita, della dignita' e dei diritti della generalita' degli esseri umani viventi, o se invece si debba finalmente uscire da questa preistoria e sviluppare la civilta' umana nella direzione di una economia (etimologicamente: le regole condivise della casa comune) - ovvero ecologia (etimologicamente: la conoscenza condivisa della casa comune) - della solidarieta', della responsabilita', dell'eguaglianza di diritti, della condivisione dei doveri, della cura reciproca, del rispetto per il mondo vivente, del bene comune.
Votare si' al referendum significa impegnarsi per far cessare l'economia della rapina, della sopraffazione e della devastazione, e per costruire insieme l'economia della condivisione, del rispetto, della responsabilita'.
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L'ottava ragione
L'ottava ragione e' la difesa dei diritti delle generazioni future: poiche' decederemo noi se lasciare loro un mondo vivibile o irreversibilmente devastato; giacche' le generazioni future ancora non esistono, non hanno potere di voto: cosicche' ogni volta che si vota per decisioni pubbliche di interesse collettivo dobbiamo saperci porre anche dal punto di vista dei loro diritti e dei loro interessi: dobbiamo essere noi oggi a rappresentare e salvaguardare i diritti e gli interessi degli esseri umani che verranno. E ponendoci la domanda di come difendere i diritti dell'umanita' futura noi in realta' ci poniamo anche la domanda su come essere fedeli all'umanita' passata: poiche' se noi lasceremo un mondo vivibile all'umanita' futura allora un'umanita' futura vi sara', e l'esistenza delle generazioni passate avra' ancora un senso e un valore nell'impresa comune dell'umanita'; ma se noi distruggiamo oggi il mondo vivente cosi' da mettere a rischio non solo il benessere ma la vita stessa dell'umanita' futura, allora con la fine dell'umanita' futura sara' annichilita per sempre tutta la storia, tutta la memoria, tutta la civilta' umana dalle sue origini.
Votare si' al referendum significa agire nell'interesse delle generazioni future, e quindi nell'interesse dell'umanita' intera: siamo una sola famiglia umana, ogni persona si senta quindi responsabile per l'umanita' intera ed agisca di conseguenza.
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La nona ragione
La nona ragione e' che ogni essere umano in quanto capace di pensare ha il dovere di dire la verita'. Coloro che stanno cercando di indurre la popolazione a non partecipare al referendum mentono sapendo di mentire, e con la loro menzogna offendono e umiliano l'intelligenza e quindi la dignita' delle persone a cui si rivolgono, delle persone che vogliono ingannare per meglio sottometterle ai loro voleri. Ci indigna un governo che mente alla popolazione. Dire la verita' e' la condotta indispensabile per la civile convivenza.
Votiamo si' al referendum anche per questo: per affermare il diritto alla verita', per opporci a chi ci mente e pretende ingannarci, ed ingannandoci vuole aggredire e diminuire la nostra umana dignita'.
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La decima ragione
La decima ragione e' relativa a quel criterio epistemologico noto come principio di precauzione, che afferma che anche se non si avesse certezza che un'attivita' provochera' dei danni, e' sufficiente il dubbio che essa possa provocarli per opporvisi. Noi sappiamo che le trivellazioni marine producono gravi danni; noi sappiamo che l'utilizzo delle fonti fossili produce gravi danni; noi sappiamo che il modello di sviluppo fondato sul profitto privato a detrimento del bene comune dell'umanita' e della biosfera produce gravi danni; noi sappiamo che questa logica predatrice, questo sistema di potere sfruttatore e devastatore, sono la stessa e lo stesso che presiedono alle guerre (e non solo a quelle per il petrolio), all'ecocidio (fino al disastro ambientale globale che ormai tutti i governi sono costretti a riconoscere), alla riduzione alla fame e alla schiavitu' di tanta parte dell'umanita': ed a questa logica e a questo sistema dobbiamo e vogliamo opporci in difesa dell'umanita' e del mondo vivente. Ma anche se non sapessimo tutto cio', ed avessimo solo il fondato dubbio che queste attivita' estrattive, questo modello di sviluppo, questa logica di dominio e questo sistema di sopraffazione possano essere - come in effetti sono - dannosi per l'umanita', ebbene, basterebbe questo ragionevole dubbio a persuaderci all'impegno per contrastare queste attivita', questo modello, questa logica e questo sistema in nome del principio di precauzione che convoca ogni essere umano a fare e permettere solo quello che non danneggia gli esseri umani.
Votiamo si' al referendum anche per questo: per il principio di precauzione, per esercitare la virtu' della prudenza, per l'amore e il rispetto che dobbiamo all'umanita' e al mondo, per il principio responsabilita'.
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L'undicesima ragione
L'undicesima ragione e' che le trivellazioni deturpano e distruggono la bellezza dei nostri mari e delle nostre coste. Ed anche la bellezza e' un bene comune e tanta parte della felicita' accessibile agli esseri umani. Difendere la bellezza significa difendere il mondo e la civilta' umana - in questo senso "la bellezza salvera' il mondo".
Votiamo si' al referendum anche per difendere la bellezza e quindi l'esistenza del mondo vivente e dell'umanita' in esso.
*
Ergo
Votiamo si' al referendum del 17 aprile in difesa del vero, del bello, del bene.
Votiamo si' al referendum del 17 aprile perche' vi e' una sola umanita' in unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.
Votiamo si' al referendum del 17 aprile per far prevalere il bene comune con la forza della verita', con la forza della ragione, con la forza della democrazia.
6. STRUMENTI. DUE SITI UTILI PER L'INFORMAZIONE SUL REFERENDUM DEL 17 APRILE
Per l'informazione e la riflessione sul referendum del 17 aprile molti utili materiali sono disponibili sui siti internet www.fermaletrivelle.it e www.notriv.com
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LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XVII)
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Numero 367 del 17 aprile 2016
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