[Nonviolenza] Telegrammi. 2315
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- Date: Sun, 10 Apr 2016 21:24:32 +0200 (CEST)
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TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 2315 dell'11 aprile 2016
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com
Sommario di questo numero:
1. Abolire le frontiere, una sola umanita'
2. Ergo
3. Il nostro dovere nei confronti del mondo vivente
4. Al referendum del 17 aprile voteremo si'
5. Dieci ragioni piu' una per il si' al referendum del 17 aprile
6. Due siti utili per l'informazione sul referendum del 17 aprile
7. Stefano Rodota': Democrazia e moralita'
8. Roberto Ciccarelli: Una conferenza di Agnes Heller a Roma
9. Contro tutti i terrorismi, contro tutte le guerre
10. Hic et nunc, quid agendum
11. Segnalazioni librarie
12. La "Carta" del Movimento Nonviolento
13. Per saperne di piu'
1. EDITORIALE. ABOLIRE LE FRONTIERE, UNA SOLA UMANITA'
E' del tutto evidente che occorre abolire le frontiere.
E' del tutto evidente che vi e' una sola umanita'.
E' del tutto evidente che salvare le vite e' il primo dovere.
2. LE ULTIME COSE. ERGO
Se salvare le vite e' il primo dovere, abolire le guerre e' la prima azione da compiere.
E per abolire le guerre: abolire gli eserciti e le armi.
3. PENSIERO E AZIONE. IL NOSTRO DOVERE NEI CONFRONTI DEL MONDO VIVENTE
Nessuno ignora quale sia il nostro dovere di esseri umani nei confronti del mondo vivente: fermare il disastro ambientale globale, difendere la biosfera casa comune dell'umanita'. Molte sono le buone azioni possibili, e necessarie, e urgenti. E tra esse votare si' al referendum del 17 aprile.
Salvare le vite e' il primo dovere. E dunque: salvare il mondo vivente e' il primo dovere.
4. REPETITA IUVANT. AL REFERENDUM DEL 17 APRILE VOTEREMO SI'
Al referendum del 17 aprile voteremo si'.
Per difendere le coste italiane dalle devastazioni, dal degrado e dai pericoli provocati dalle trivellazioni.
Per difendere dall'inquinamento l'ambiente marino e tutte le sue forme di vita.
Per difendere il diritto di tutte le persone alla salute e a un ambiente salubre.
Per difendere il diritto delle generazioni future a un mondo vivibile.
Per difendere la bellezza della natura, un bene comune prezioso e insostituibile.
Per sostenere l'approvvigionamento energetico da fonti pulite e rinnovabili.
Per far cessare lo sfruttamento dissennato e distruttivo delle risorse naturali.
Per far prevalere la ragione, la responsabilita', il diritto, la solidarieta'.
Con la forza della verita', con la forza della democrazia, per il bene comune.
Al referendum del 17 aprile voteremo si'.
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Osvaldo Ercoli, Antonella Litta, Emanuele Petriglia, Alessandro Pizzi, Peppe Sini
5. REPETITA IUVANT. DIECI RAGIONI PIU' UNA PER IL SI' AL REFERENDUM DEL 17 APRILE
La prima ragione
La prima ragione e' quasi ovvia: con il referendum si chiede che le concessioni a trivellare in mare nei pressi delle coste italiane in cerca di combustibili fossili non abbiano di fatto una durata pressoche' illimitata, ma limiti certi e insormontabili, come ogni legittimo negozio giuridico.
Votare si' a regole certe e limiti rigorosi e' quindi un atto di puro e semplice buon senso.
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La seconda ragione
La seconda ragione e' che l'unico quesito referendario su cui si vota (gli altri proposti - e proposti non solo da movimenti di cittadini, ma da istituzioni dello stato italiano come le Regioni che si affacciano su ambienti marini devastati dagli impianti di trivellazione) assume obiettivamente un significato piu' ampio: esso ha infatti il valore di difesa dell'ecosistema marino, delle coste italiane, dei legittimi interessi e dei diritti soggettivi delle popolazioni (e delle istituzioni di esse rappresentative) che nelle aree immediatamente interessate dalle conseguenze delle trivellazioni vivono e lavorano.
Votare si' per difendere legittimi diritti e interessi collettivi di primaria rilevanza e' un dovere ineludibile di impegno per la legalita', per la civilta' giuridica, per il bene comune della popolazione (e delle istituzioni democratiche) del nostro paese.
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La terza ragione
La terza ragione e' che il referendum pone in termini stringenti un caso concreto di difesa dell'ambiente, e quindi del diritto degli esseri umani a un ambiente vivibile, non inquinato, non devastato.
Votare si' per proteggere la natura, il mondo vivente che e' la casa comune dell'umanita', e' un diritto e un dovere di tutte le persone ragionevoli e responsabili.
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La quarta ragione
La quarta ragione e' che il referendum pone quindi anche - per il medesimo motivo - un caso concreto di difesa della salute, ovvero del diritto di tutti gli esseri umani a vivere in un ambiente salubre, ergo non inquinato e non devastato; giacche' il benessere psicofisico delle persone e' ovviamente correlato all'ambiente in cui vivono.
Votare si' significa quindi difendere il diritto di tutti alla salute e al benessere.
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La quinta ragione
La quinta ragione e' che su cio' che tutti riguarda - le questioni concernenti l'ambiente, la salute, la civile convivenza, la sicurezza comune - e' giusto e necessario che tutti possano e debbano esprimersi; e che se devono essere prese delle decisioni importanti e impegnative, esse siano prese da tutti insieme: e' la democrazia come metodo e come sistema, e' la democrazia come potere del popolo. Chi invita a non votare, ad astenersi, in realta' vuole che decisioni che riguardano tutti siano prese solo da pochi avidi potentati economici e politici a danno della stragrande maggioranza della popolazione.
Votare al referendum e' quindi un atto di democrazia e di difesa della democrazia.
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La sesta ragione
La sesta ragione e' che le trivellazioni sono finalizzate ad estrarre fonti energetiche fossili. Ma l'umanita' ormai sa che le fonti energetiche fossili non solo sono perlopiu' altamente inquinanti ma anche esauribili, e sa anche che tanta parte della crisi ambientale globale che minaccia l'intera umanita' e' legata a un'economia fondata sulle fonti fossili; e sa quindi che e' necessario ed urgente passare a fonti pulite e rinnovabili, in primis l'energia solare.
Votare si' al referendum e' un modo concreto per sostenere il passaggio da un modello di approvvigionamento energetico - e da un modello di sviluppo - ecologicamente insostenibile a uno sostenibile, da una societa' dell'avvelenamento e della devastazione della biosfera ad una societa' solidale e responsabile.
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La settima ragione
La settima ragione e' che la scelta referendaria implica anche una scelta su quale modello di economia debba presiedere al presente e al futuro dell'umanita': se si debba perseverare in un'economia predatoria, dello sfruttamento fino all'esaurimento delle risorse, dell'avvelenamento del mondo vivente fino alla desertificazione, della violenza dell'uomo sull'uomo per l'accaparramento di beni che dovrebbero essere e restare comuni, del primato dell'arricchimento individuale ai danni della vita, della dignita' e dei diritti della generalita' degli esseri umani viventi, o se invece si debba finalmente uscire da questa preistoria e sviluppare la civilta' umana nella direzione di una economia (etimologicamente: le regole condivise della casa comune) - ovvero ecologia (etimologicamente: la conoscenza condivisa della casa comune) - della solidarieta', della responsabilita', dell'eguaglianza di diritti, della condivisione dei doveri, della cura reciproca, del rispetto per il mondo vivente, del bene comune.
Votare si' al referendum significa impegnarsi per far cessare l'economia della rapina, della sopraffazione e della devastazione, e per costruire insieme l'economia della condivisione, del rispetto, della responsabilita'.
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L'ottava ragione
L'ottava ragione e' la difesa dei diritti delle generazioni future: poiche' decederemo noi se lasciare loro un mondo vivibile o irreversibilmente devastato; giacche' le generazioni future ancora non esistono, non hanno potere di voto: cosicche' ogni volta che si vota per decisioni pubbliche di interesse collettivo dobbiamo saperci porre anche dal punto di vista dei loro diritti e dei loro interessi: dobbiamo essere noi oggi a rappresentare e salvaguardare i diritti e gli interessi degli esseri umani che verranno. E ponendoci la domanda di come difendere i diritti dell'umanita' futura noi in realta' ci poniamo anche la domanda su come essere fedeli all'umanita' passata: poiche' se noi lasceremo un mondo vivibile all'umanita' futura allora un'umanita' futura vi sara', e l'esistenza delle generazioni passate avra' ancora un senso e un valore nell'impresa comune dell'umanita'; ma se noi distruggiamo oggi il mondo vivente cosi' da mettere a rischio non solo il benessere ma la vita stessa dell'umanita' futura, allora con la fine dell'umanita' futura sara' annichilita per sempre tutta la storia, tutta la memoria, tutta la civilta' umana dalle sue origini.
Votare si' al referendum significa agire nell'interesse delle generazioni future, e quindi nell'interesse dell'umanita' intera: siamo una sola famiglia umana, ogni persona si senta quindi responsabile per l'umanita' intera ed agisca di conseguenza.
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La nona ragione
La nona ragione e' che ogni essere umano in quanto capace di pensare ha il dovere di dire la verita'. Coloro che stanno cercando di indurre la popolazione a non partecipare al referendum mentono sapendo di mentire, e con la loro menzogna offendono e umiliano l'intelligenza e quindi la dignita' delle persone a cui si rivolgono, delle persone che vogliono ingannare per meglio sottometterle ai loro voleri. Ci indigna un governo che mente alla popolazione. Dire la verita' e' la condotta indispensabile per la civile convivenza.
Votiamo si' al referendum anche per questo: per affermare il diritto alla verita', per opporci a chi ci mente e pretende ingannarci, ed ingannandoci vuole aggredire e diminuire la nostra umana dignita'.
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La decima ragione
La decima ragione e' relativa a quel criterio epistemologico noto come principio di precauzione, che afferma che anche se non si avesse certezza che un'attivita' provochera' dei danni, e' sufficiente il dubbio che essa possa provocarli per opporvisi. Noi sappiamo che le trivellazioni marine producono gravi danni; noi sappiamo che l'utilizzo delle fonti fossili produce gravi danni; noi sappiamo che il modello di sviluppo fondato sul profitto privato a detrimento del bene comune dell'umanita' e della biosfera produce gravi danni; noi sappiamo che questa logica predatrice, questo sistema di potere sfruttatore e devastatore, sono la stessa e lo stesso che presiedono alle guerre (e non solo a quelle per il petrolio), all'ecocidio (fino al disastro ambientale globale che ormai tutti i governi sono costretti a riconoscere), alla riduzione alla fame e alla schiavitu' di tanta parte dell'umanita': ed a questa logica e a questo sistema dobbiamo e vogliamo opporci in difesa dell'umanita' e del mondo vivente. Ma anche se non sapessimo tutto cio', ed avessimo solo il fondato dubbio che queste attivita' estrattive, questo modello di sviluppo, questa logica di dominio e questo sistema di sopraffazione possano essere - come in effetti sono - dannosi per l'umanita', ebbene, basterebbe questo ragionevole dubbio a persuaderci all'impegno per contrastare queste attivita', questo modello, questa logica e questo sistema in nome del principio di precauzione che convoca ogni essere umano a fare e permettere solo quello che non danneggia gli esseri umani.
Votiamo si' al referendum anche per questo: per il principio di precauzione, per esercitare la virtu' della prudenza, per l'amore e il rispetto che dobbiamo all'umanita' e al mondo, per il principio responsabilita'.
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L'undicesima ragione
L'undicesima ragione e' che le trivellazioni deturpano e distruggono la bellezza dei nostri mari e delle nostre coste. Ed anche la bellezza e' un bene comune e tanta parte della felicita' accessibile agli esseri umani. Difendere la bellezza significa difendere il mondo e la civilta' umana - in questo senso "la bellezza salvera' il mondo".
Votiamo si' al referendum anche per difendere la bellezza e quindi l'esistenza del mondo vivente e dell'umanita' in esso.
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Ergo
Votiamo si' al referendum del 17 aprile in difesa del vero, del bello, del bene.
Votiamo si' al referendum del 17 aprile perche' vi e' una sola umanita' in unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.
Votiamo si' al referendum del 17 aprile per far prevalere il bene comune con la forza della verita', con la forza della ragione, con la forza della democrazia.
6. STRUMENTI. DUE SITI UTILI PER L'INFORMAZIONE SUL REFERENDUM DEL 17 APRILE
Per l'informazione e la riflessione sul referendum del 17 aprile molti utili materiali sono disponibili sui siti internet www.fermaletrivelle.it e www.notriv.com
7. RIFLESSIONE. STEFANO RODOTA': DEMOCRAZIA E MORALITA'
[Dal quotidiano "La Repubblica" dell'8 aprile 2016 riprendiamo il seguente articolo dal titolo "La democrazia senza morale" e il sommario "Per chiedersi quale significato possa essere attribuito oggi a parole come onesta' e corruzione bisogna partire dall'articolo 54 della Costituzione, passare poi ad un detto di un giudice della Corte Suprema americana e ad un fulminante pensiero di Ennio Flaiano, per concludere registrando il fatale ritorno dell'accusa di moralismo a chi si ostina a ricordare che senza una forte moralita' civile la stessa democrazia si perde.
Stefano Rodota' e' nato a Cosenza nel 1933, giurista, docente all'Universita' degli Studi di Roma "La Sapienza" (ha inoltre tenuto corsi e seminari nelle Universita' di Parigi, Francoforte, Strasburgo, Edimburgo, Barcellona, Lima, Caracas, Rio de Janeiro, Citta' del Messico, ed e' Visiting fellow, presso l'All Souls College dell'Universita' di Oxford e Professor alla Stanford School of Law, California), direttore delle riviste "Politica del diritto" e "Rivista critica del diritto privato", deputato al Parlamento dal 1979 al 1994, autorevole membro di prestigiosi comitati internazionali sulla bioetica e la societa' dell'informazione, dal 1997 al 2005 e' stato presidente dell'Autorita' garante per la protezione dei dati personali. Tra le opere di Stefano Rodota': Il problema della responsabilita' civile, Giuffre', Milano 1964; Il diritto privato nella societa' moderna, Il Mulino, Bologna 1971; Elaboratori elettronici e controllo sociale, Il Mulino, Bologna 1973; (a cura di), Il controllo sociale delle attivita' private, Il Mulino, Bologna 1977; Il terribile diritto. Studi sulla proprieta' privata, Il Mulino, Bologna 1981; Repertorio di fine secolo, Laterza, Roma-Bari, 1992; (a cura di), Questioni di Bioetica, Laterza, Roma-Bari, 1993, 1997; Quale Stato, Sisifo, Roma 1994; Tecnologie e diritti, Il Mulino, Bologna 1995; Tecnopolitica. La democrazia e le nuove tecnologie della comunicazione, Laterza, Roma-Bari, 1997; Liberta' e diritti in Italia, Donzelli, Roma 1997. Alle origini della Costituzione, Il Mulino, Bologna, Il Mulino, 1998; Intervista su privacy e liberta', Laterza, Roma-Bari 2005; La vita e le regole, Feltrinelli, Milano 2006, 2009; Perche' laico, Laterza, Roma-Bari 2009; Elogio del moralismo, Laterza, Roma-Bari 2011; Il diritto di avere diritti, Laterza, Roma-Bari 2013; Solidarieta'. Un'utopia necessaria, Laterza, Roma-Bari 2014; Diritto d'amore, Laterza, Roma-Bari 2015]
Nel marzo di trentasei anni fa Italo Calvino pubblicava su questo giornale un articolo intitolato "Apologo sull'onesta' nel paese dei corrotti". Vale la pena di rileggerlo (o leggerlo) non solo per coglierne amaramente i tratti di attualita', ma per chiedersi quale significato possa essere attribuito oggi a parole come onesta' e corruzione. Per cercar di rispondere a questa domanda, bisogna partire dall'articolo 54 della Costituzione, passare poi a un detto di un giudice della Corte Suprema americana e ad un fulminante pensiero di Ennio Flaiano, per concludere registrando il fatale ritorno dell'accusa di moralismo a chi si ostina a ricordare che senza una forte moralita' civile la stessa democrazia si perde.
Quell'articolo della Costituzione dovrebbe ormai essere letto ogni mattina negli uffici pubblici e all'inizio delle lezioni nelle scuole (e, perche' no?, delle sedute parlamentari). Comincia stabilendo che "tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi". Ma non si ferma a questa affermazione, che potrebbe apparire ovvia. Continua con una prescrizione assai impegnativa: "i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore". Parola, quest'ultima, che rende immediatamente improponibile la linea difensiva adottata ormai da anni da un ceto politico che, per sfuggire alle proprie responsabilita', si rifugia nelle formule "non vi e' nulla di penalmente rilevante", "non e' stata violata alcuna norma amministrativa". Si cancella cosi' la parte piu' significativa dell'articolo 54, che ha voluto imporre a chi svolge funzioni pubbliche non solo il rispetto della legalita', ma il piu' gravoso dovere di comportarsi con disciplina e onore.
Vi e' dunque una categoria di cittadini che deve garantire alla societa' un "valore aggiunto", che si manifesta in comportamenti unicamente ispirati all'interesse generale. Non si chiede loro genericamente di essere virtuosi. Tocqueville aveva colto questo punto, mettendo in evidenza che l'onore rileva verso l'esterno, "n'agit qu'en vue du public", mentre "la virtu' vive per se stessa e si accontenta della propria testimonianza".
Ma da anni si e' allargata un'area dove i "servitori dello Stato" si trasformano in servitori di se stessi, ne' onorati, ne' virtuosi. Si e' pensato che questo modo d'essere della politica e dell'amministrazione fosse a costo zero. Si e' irriso anzi a chi richiamava quell'articolo e, con qualche arroganza, si e' sottolineato come quella fosse una norma senza sanzione. Una logica che ha portato a cancellare la responsabilità politica e a ridurre, fin quasi a farla scomparire, la responsabilita' amministrativa. Al posto di disciplina e onore si e' insediata l'impunita', e si ripresenta la concezione "di una classe politica che si sente intoccabile", come ha opportunamente detto Piero Ignazi. Si' che i rarissimi casi di dimissioni per violato onore vengono quasi presentati come atti eroici, o l'effetto di una sopraffazione, mentre sono semplicemente la doverosa certificazione di un comportamento illegittimo. Questa concezione non e' rimasta all'interno della categoria dei cittadini con funzioni pubbliche, ma ha infettato tutta la societa', con un diffusissimo "cosi' fan tutti" che da' alla corruzione italiana un tratto che la distingue da quelli dei paesi con cui si fanno i piu' diretti confronti. Basta ricordare i parlamentari inglesi che si dimettono per minimi abusi nell'uso di fondi pubblici; i ministri tedeschi che lasciano l'incarico per aver copiato qualche pagina nella loro tesi di laurea; il Conseil constitutionnel francese che annulla l'elezione di Jack Lang per un piccolo sforamento nelle spese elettorali; il vicepresidente degli Stati Uniti Spiro Agnew che si dimette per una evasione fiscale su contributi elettorali (mentre un ministro italiano ricorre al condono presentandolo come un lavacro di una conclamata evasione fiscale).
Sono casi noti, e altri potrebbero essere citati, che ci dicono che non siamo soltanto di fronte ad una ben piu' profonda etica civile, ma anche alla reazione di un establishment consapevole della necessita' di eliminare tutte le situazioni che possono fargli perdere la legittimazione popolare. In Italia si e' imboccata la strada opposta con la protervia di una classe politica che si costruiva una rete di protezione che, nelle sue illusioni, avrebbe dovuto tenerla al riparo da ogni sanzione. Illusione, appunto, perche' e' poi venuta la piu' pesante delle sanzioni, quella sociale, che si e' massicciamente manifestata nella totale perdita di credibilita' davanti ai cittadini, di cui oggi cogliamo gli effetti devastanti. Non si puo' impunemente cancellare quella che in Inghilterra e' stata definita come la "constitutional morality".
In questo clima, ben peggiore di quello degli anni Ottanta, quale spazio rimane per quella "controsocieta' degli onesti" alla quale speranzosamente si affidava Italo Calvino? Qui vengono a proposito le parole di Louis Brandeis, giudice della Corte Suprema americana, che nel 1913 scriveva, con espressione divenuta proverbiale, che "la luce del sole e' il miglior disinfettante". Una affermazione tanto piu' significativa perche' Brandeis e' considerato uno dei padri del concetto di privacy, che tuttavia vedeva anche come strumento grazie al quale le minoranze possono far circolare informazioni senza censure o indebite limitazioni (vale la pena di ricordare che fu il primo giudice ebreo della Corte). L'accesso alla conoscenza, e la trasparenza che ne risulta, non sono soltanto alla base dell'einaudiano "conoscere per deliberare", ma anche dell'ancor piu' attuale "conoscere per controllare", ovunque ritenuto essenziale come fonte di nuovi equilibri dei poteri, visto che la "democrazia di appropriazione" spinge verso una concentrazione dei poteri al vertice dello Stato in forme sottratte ai controlli tradizionali. Tema attualissimo in Italia, dove si sta cercando di approvare una legge proprio sull'accesso alle informazioni, per la quale tuttavia v'e' da augurarsi che la ministra per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione voglia rimuovere i troppi limiti ancora previsti. Non basta dire che limiti esistono anche in altri paesi, perche' li' il contesto e' completamente diverso da quello italiano, che ha bisogno di ben piu' massicce dosi di trasparenza proprio nella logica del riequilibrio dei poteri. E bisogna ricordare la cattiva esperienza della legge 241 del 1990 sull'accesso ai documenti amministrativi, dove tutte le amministrazioni, Banca d'Italia in testa, elevarono alte mura per ridurre i poteri dei cittadini. Un rischio che la nuova legge rischia di accrescere.
Ma davvero puo' bastare la trasparenza in un paese in cui ogni giorno le pagine dei giornali squadernano casi di corruzione a tutti i livelli e in tutti i luoghi, con connessioni sempre piu' inquietanti con la stessa criminalita'? Soccorre qui l'amara satira di Ennio Flaiano. "Scaltritosi nel furto legale e burocratico, a tutto riuscirete fuorche' ad offenderlo. Lo chiamate ladro, finge di non sentirvi. Gridate che e' un ladro, vi prega di mostrargli le prove. E quando gliele mostrate: 'Ah, dice, ma non sono in triplice copia!'". Non basta piu' l'evidenza di una corruzione onnipresente, che anzi rischia di alimentare la sfiducia e tradursi in un continuo e strisciante incentivo per chi a disciplina e onore neppure e' capace di pensare.
I tempi incalzano, e tuttavia non vi sono segni di una convinta e comune reazione contro la corruzione all'italiana che ormai e' un impasto di illegalita', impunita' ostentata o costruita, conflitti d'interesse, evasione fiscale, collusioni d'ogni genere, cancellazione delle frontiere che dovrebbero impedire l'uso privato di ricorse pubbliche, insediarsi degli interessi privati negli stessi luoghi istituzionali (che non si sradica solo con volenterose norme sulle lobbies). Fatale, allora, scocca l'attacco alla magistratura e l'esecrazione dei moralisti, quasi che insistere sull'etica pubblica fosse un attacco alla politica e non la via per la sua rigenerazione. E, con una singolare contraddizione, si finisce poi con l'attingere i nuovi "salvatori della patria" proprio dalla magistratura, cosi' ritenuta l'unico serbatoio di indipendenza. Il caso del giudice Cantone e' eloquente, anche perche' mette in evidenza due tra i piu' recenti vizi italiani. La personalizzazione del potere ed una politica che vuole sottrarsi alle proprie responsabilita' trasferendo all'esterno questioni impegnative. Alzare la voce, allora, non puo' mai essere il surrogato di una politica della legalita' che esige un mutamento radicale non nelle dichiarazioni, ma nei comportamenti.
8. MAESTRE. ROBERTO CICCARELLI: UNA CONFERENZA DI AGNES HELLER A ROMA
[Dal quotidiano "Il manifesto" dell'8 aprile 2016 riprendiamo in seguente articolo dal titolo "Agnes Heller: l'Europa non e' innocente" e il sommario: "Filosofia. Incontro con la filosofa ungherese Agnes Heller. Muri e fili spinati tornano ai confini degli Stati-Nazione, la fortezza chiude le porte e respinge moltitudini di rifugiati e migranti dalla Grecia verso la Turchia. 'Questa crisi e' un test di esistenza per un continente senza identita' politica, dove risorge il bonapartismo dei leader, mentre il nazionalismo ha sconfitto la solidarieta''".
Agnes Heller, illustre filosofa ungherese, nata a Budapest nel 1929, sopravvissuta alla Shoah, allieva e collaboratrice di Lukacs, allontanata dall'Ungheria, ha poi insegnato in Australia e in America. In Italia e' particolarmente nota per la "teoria dei bisogni" su cui si ebbe nel nostro paese un notevole dibattito anche con riferimento ai movimenti degli anni '70. Su posizioni democratiche radicali, e' una interlocutrice preziosa anche laddove non se ne condividessero alcuni impianti ed esiti teorici. Dal sito della New school for social research di New York (www.newschool.edu) presso cui attualmente insegna traduciamo questa breve notizia biografica essenziale aggiornata al 2000: "Nata nel 1929 a Budapest. Sopravvissuta alla Shoah, in cui ha perso la maggior parte dei suoi familiari morti in diversi campi di concentramento. Allieva di Gyorgy Lukacs dal 1947 e successivamente professoressa associata nel suo dipartimento. Prima curatrice della 'Rivista ungherese di filosofia' nel dopoguerra (1955-'56). Destituita dai suoi incarichi accademici insieme con Lukacs per motivi politici dopo la rivoluzione ungherese. Trascorse molti anni ad insegnare in scuole secondarie e le fu proibita ogni pubblicazione. Nel 1968 protesto' contro l'invasione sovietica della Cecoslovacchia, e subi' una nuova persecuzione politica e poliziesca. Nel 1973, sulla base di un provvedimento ad personam delle autorita' del partito, perse di nuovo tutti gli incarichi accademici. 'Disoccupata per motivi politici', tra il 1973 e il 1977 lavoro' come traduttrice. Nel 1977 emigro' in Australia. A partire dall'enorme cambiamento del 1989, attualmente trascorre parte dell'anno nella nativa Ungheria dove e' stata designata membro dell'Accademia ungherese delle scienze. Nel 1995 le sono stati conferiti il 'Szechenyi National Prize' in Ungheria e l''Hannah Arendt Prize' a Brema; ha ricevuto la laurea ad honorem dalla 'La Trobe University' di Melbourne nel 1996 e dall'Universita di Buenos Aires nel 1997". Da una scheda apparsa sul quotidiano "Il manifesto" nel 2008 riportiamo i seguenti dati: "Nata a Budapest nel 1929, espulsa una prima volta dal Partito comunista ungherese nel 1949, allieva e poi collaboratrice di Lukacs, dopo il '56 Agnes Heller venne destituita dai suoi incarichi accademici. Tra i principali animatori del gruppo che si raccolse attorno al filosofo ungherese negli ultimi anni della sua vita, dal 1963 al 1973 ha lavorato come ricercatrice presso l'Istituto di Sociologia della capitale ungherese. Nel 1973, colpevole di 'negare la qualita' rivoluzionaria vera e propria delle rivoluzioni socialiste', Agnes Heller perse di nuovo il lavoro e quattro anni dopo decise di trasferirsi in Australia, insegnando sociologia a Melbourne. Nel 1986 arrivo' a New York e oggi ricopre la cattedra intitolata a Hannah Arendt alla New School for Social Research. Dal 1989 insegna sia a New York che a Budapest. Tra i suoi numerosi libri, tradotti in molte lingue: Per una teoria marxista del valore (Editori Riuniti 1974), La Teoria dei bisogni in Marx (Feltrinelli 1974), Sociologia della vita quotidiana (Editori Riuniti 1975), L'uomo del Rinascimento (La Nuova Italia 1977), La filosofia radicale (Il saggiatore 1979). Le sue ultime opere sono dedicate all'estetica: The Concept of the Beautiful (1999); The Time is Out of Joint: Shakespeare as Philosopher of History (2000); Immortal Comedy: The Comic Phenomenon in Art, Literature, and Life (2005)". Dalla Wikipedia riportiamo la seguente bibliografia minima: "L'uomo del rinascimento (1963); Sociologia della vita quotidiana (1970); La teoria marxista della rivoluzione e la rivoluzione della vita quotidiana (1972); La teoria dei bisogni in Marx (1973); Struttura familiare e comunismo (1973); Per una teoria marxista del valore (1974); Il futuro dei rapporti tra i sessi (1974); Movimento radicale e utopia radicale (1974); L'irriducibile antagonismo dei bisogni (1977); Istinto e aggressivita'. Introduzione a un'antropologia sociale marxista (1978); Teoria dei sentimenti (1978); Le forme dell'uguaglianza (1978); L'ideale del lavoro dal punto di vista della vita quotidiana (1978); Morale e rivoluzione (1979); La filosofia radicale (1979); Il simposio di San Silvestro. Il principio d'amore (1981); Teoria della storia (1982); Il potere della vergogna (1983); Le condizioni della morale. La questione fondamentale della filosofia morale (1985); La condizione politica postmoderna (1988); Etica generale (1994); Filosofia morale (1997); Una teoria della modernita' (1999); La bellezza della persona buona (2009)". Piu in dettaglio tra le opere di Agnes Heller, nella sua vastissima ed articolata produzione, segnaliamo almeno: Per una teoria marxista del valore, Editori Riuniti, Roma 1974; La teoria dei bisogni in Marx, Feltrinelli, Milano 1974, 1978; Sociologia della vita quotidiana, Editori Riuniti, Roma 1975; L'uomo del Rinascimento, La Nuova Italia, Firenze 1977; La teoria, la prassi e i bisogni, Savelli, Roma 1978; Istinto e aggressivita'. Introduzione a un'antropologia sociale marxista, Feltrinelli, Milano 1978; (con Ferenc Feher), Le forme dell'uguaglianza, Edizioni aut aut, Milano 1978; Morale e rivoluzione, Savelli, Roma 1979; La filosofia radicale, il Saggiatore, Milano 1979; Per cambiare la vita, Editori Riuniti, Roma 1980; Teoria dei sentimenti, Editori Riuniti, Roma 1980, 1981; Teoria della storia, Editori Riuniti, Roma 1982; (con F. Feher, G. Markus), La dittatura sui bisogni. Analisi socio-politica della realta' est-europea, SugarCo, Milano 1982; (con Ferenc Feher), Ungheria 1956, Sugarco, Milano 1983; Il potere della vergogna. Saggi sulla razionalita', Editori Riuniti, Roma 1985; Le condizioni della morale, Editori Riuniti, Roma, 1985; (con Ferenc Feher), Apocalisse atomica. Il movimento antinucleare e il destino dell'Occidente, Milano 1985; Oltre la giustizia, Il Mulino, Bologna, 1990; (con Ferenc Feher), La condizione politica postmoderna, Marietti, Genova 1992; Etica generale, Il Mulino, Bologna 1994; Filosofia morale, Il Mulino, Bologna, 1997; Dove siamo a casa. Pisan Lectures 1993-1998, Angeli, Milano 1999; Per un'antropologia della modernita', Rosenberg & Sellier, 2009; Gesu' l'ebreo, Mimesis, 2010; Il simposio di San Silvestro, Mimesis, 2010; Sociologia della vita quotidiana, Pgreco 2012; I miei occhi hanno visto, Il Margine, 2012; Solo se sono libera, Castelvecchi, 2014; (con Zygmunt Bauman), La bellezza (non) ci salvera', Il Margine, 2015; La filosofia radicale, Pgreco, 2015; Persone perbene, Edb, 2015. Tra le opere su Agnes Heller: Nino Molinu, Heller e Lukacs. Amicus Plato sed magis amica veritas: topica della moderna utopia, Montagnoli, Roma 1984; Giampiero Stabile, Soggetti e bisogni. Saggi su Agnes Heller e la teoria dei bisogni, La Nuova Italia, Firenze 1979; la rivista filosofica italiana "aut aut" ha spesso ospitato e discusso la riflessione della Heller; cfr. in particolare gli studi di Laura Boella. Un'ampia bibliografia essenziale sulla riflessione politica di Agnes Heller, curata da Brenda Biagiotti, e' in "Nonviolenza. Femminile plurale" n. 58]
Da bambina Agnes Heller ha fatto l'esperienza della persecuzione e dello sterminio nazista. L'origine ebraica condanno' suo padre, che fu ucciso a Auschwitz nel 1945. Con sua madre lei si salvo' per miracolo, nel ghetto di Budapest. L'inizio sconvolgente di una vita: "Ho pensato tutta la vita cosa significa negare a un perseguitato un rifugio in un altro paese - racconta oggi -. Se gli altri paesi europei ci avessero dato asilo forse la meta' degli oltre 600.000 ebrei ungheresi si sarebbero salvati".
Da filosofa, gia' allieva di Gyorgy Lukacs, ha perso due volte la cattedra per le sue opinioni politiche: la prima dopo il 1956, dopo la repressione sovietica della rivoluzione ungherese; la seconda perche' critico' l'invasione della Cecoslovacchia e Praga rimase sola. Agnes fuggi' prima in Australia, poi a New York dove ha insegnato nella cattedra di Hannah Arendt. Due grandi filosofe unite dallo stesso destino, nello stesso luogo: quello dell'immigrazione, della persecuzione per le idee o per l'origine. Insieme hanno vissuto il paradosso del migrante: un essere umano protetto dai diritti umani che per essere rispettato deve diventare oggetto di repressione, di controllo o respingimento da parte delle leggi degli stati.
Una contraddizione esplosiva nel cuore della democrazia liberale e dello stato di diritto, prospettive oggi sostenute da questa filosofa ungherese di 86 anni. Oggi c'e' qualcosa di peggio dei fili spinati e dei muri che tornano a svettare sui confini dell'Europa dell'Est fino alla Germania: il miscuglio di paure dello straniero, cinismi geopolitici e nazionalismi risorgenti che hanno portato al discutibile e gravoso accordo tra Unione Europea e Erdogan che blocchera' migranti e profughi provenienti dalla Siria (e non solo) in Turchia. Sei miliardi di euro per tenere lontano dall'Europa gli effetti delle guerre, rafforzando un continente che vuole restare una fortezza.
"I filosofi non offrono soluzioni, illuminano le contraddizioni", sostiene Heller parlando prima di iniziare una conferenza organizzata dai senatori del Pd ieri nella biblioteca di piazza della Minerva a Roma. Comunque una soluzione viene proposta dalla filosofa: "Fare entrare in Europa chi e' in pericolo e in cambio chiedergli l'osservanza della legge e della costituzione - sostiene -. Tutti devono potere diventare cittadini e non essere rifiutati". Il problema, tuttavia, resta l'Europa e le sue politiche migratorie. "Sono il frutto di un conflitto tra diritti umani e diritti di cittadinanza - spiega Heller -. Le carte dei diritti umani sono finzioni giuridiche che hanno valore di fatto. I diritti di cittadinanza sono invece fatti che hanno un valore politico. L'universalismo dei diritti umani spinge ad aprire le porte ai rifugiati, senza fare distinzione tra migranti e profughi di guerra. In nome dei diritti di cittadinanza si puo' arrivare a chiudere la porta usando la motivazione del Welfare: visto che e' in crisi, e le risorse sono poche, si sostiene che gli europei non dovrebbero condividerli con chi non lo e'. In questo modo salta l'unico legame possibile tra queste prospettive: la solidarieta'".
Quella che prima era una faglia, ora e' diventata un abisso. La crisi economica l'ha squadernato, i partiti xenofobi e nazionalisti intingono il loro pungolo dentro l'inchiostro dell'odio. Heller cita il premier del suo paese, Viktor Horban, il primo ad avere eretto muri e fili spinati sulle rotte delle moltitudini umane che hanno attraversato nell'ultimo anno i confini d'Europa. "Come cittadina ungherese trovo assurdo puntare sull'odio infondato contro gli stranieri, e opporre un 'noi' europeo o nazionalistico a un'entita' astratta ed estranea identificata con i migranti". Questo e' accaduto. Il trattato di Schengen non ha avuto piu' storia: molti altri paesi hanno chiuso i confini e le paure delle destre sono diventate incendi nelle cancellerie. L'Europa coltivava il sogno di un'entita' sovranazionale, ma si e' riscoperta un'unione di Stati-Nazione. Horban si e' messo all'avanguardia di una delle tradizioni politiche europee: il bonapartismo che diventa un nazionalismo che sembrava non avere piu' credito.
L'Europa non e' mai stata innocente. I primi rifugiati, ricorda Heller, sono stati gli europei che fuggivano dalle loro guerre. Dopo la prima guerra mondiale e i primi anni venti la "nazione" - un concetto che ha un passato rivoluzionario - sconfisse l'internazionalismo proletario e le aspirazioni cosmopolitiche della borghesia e genero' il fascismo. Heller ha vissuto nel socialismo reale e descrive l'universo concentrazionario dei Gulag. "L'Europa ha sempre definito gli altri come 'infedeli', 'selvaggi', 'barbari', 'nemici' o 'sottosviluppati' - afferma -. Dopo il nazifascismo si e' identificata con le sue vittime e ha istituzionalizzato l'universalismo.
Oggi e' in corso una battaglia sui suoi valori costituenti che mette a rischio la sua stessa esistenza. "L'identita' europea non puo' essere data per scontata, oggi piu' che mai, visto che non suscita entusiasmo". "Questa crisi e' un test di esistenza per l'Europa. Se gli stati sceglieranno il bonapartismo e le rivendicazioni nazionalistiche e persino etniche, ai danni dell'universalismo della tradizione repubblicana e federalista, se sceglieranno il nazionalismo al posto della solidarieta', l'Europa restera' un insieme economico di Stati, senza identita' politica". E questo puo' essere l'antefatto di un altro inferno.
*
Il ritratto: filosofa radicale della vita quotidiana
Nata nel 1929 da una famiglia ebrea di Budapest, Agnes Heller e' stata una delle principali esponenti della "Scuola di Budapest", una corrente del marxismo critico che ha ispirato le politiche del dissenso nei paesi comunisti dell'Europa dell'Est. Il libro che l'ha fatta conoscere in Italia e' stato "La teoria dei bisogni in Marx" e con esso gli studi sull'economia politica e la rivoluzione della vita quotidiana. Allieva di Gyorgy Lukacs, nel 1959 e' stata espulsa dall'universita' ungherese per aver sostenuto "le idee false e revisioniste" del maestro da giovane, ispiratore del marxismo critico per cinquant'anni con il potente libro "Storia e coscienza di classe". Nel 1973 e' stata di nuovo espulsa dall'Accademia delle Scienze. Nel 1977, insieme al marito Ferenc Feher, altro esponente della scuola di Budapest, lascio' l'Ungheria per l'Australia dove ha insegnato sociologia. Poi il trasferimento a New York alla New School for Social Research. Tra i suoi libri piu' recenti: "La filosofia radicale. Il bisogno di un'utopia concreta e razionale" (Pgreco); con Zygmunt Bauman, "La bellezza (non) ci salvera'" (Il Margine); il classico che ha segnato il suo rapporto con l'Italia: "L'uomo del Rinascimento. La rivoluzione umanista" (Pgreco).
9. REPETITA IUVANT. CONTRO TUTTI I TERRORISMI, CONTRO TUTTE LE GUERRE
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Ogni uccisione e' un crimine.
Non si puo' contrastare una strage commettendo un'altra strage.
Non si puo' contrastare il terrorismo con atti di terrorismo.
A tutti i terrorismi occorre opporsi.
Salvare le vite e' il primo dovere.
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La guerra e' il terrorismo portato all'estremo.
Ogni guerra consiste di innumerevoli uccisioni.
La guerra e' un crimine contro l'umanita'.
Con la guerra gli stati divengono organizzazioni terroriste.
Con la guerra gli stati fanno nascere e crescere le organizzazioni terroriste.
A tutte le guerre occorre opporsi.
Salvare le vite e' il primo dovere.
*
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Un'organizzazione criminale va contrastata con un'azione di polizia da parte di ordinamenti giuridici legittimi.
La guerra impedisce l'azione di polizia necessaria.
Occorre dunque avviare un immediato processo di pace nel Vicino e nel Medio Oriente che consenta la realizzazione di ordinamenti giuridici legittimi, costituzionali, democratici, rispettosi dei diritti umani.
Occorre dunque che l'Europa dismetta ogni politica di guerra, di imperialismo, di colonialismo, di rapina, di razzismo, di negazione della dignita' umana di innumerevoli persone e di interi popoli.
Occorre dunque una politica europea di soccorso umanitario, di pace con mezzi di pace: la politica della nonviolenza che sola riconosce e promuove e difende i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Salvare le vite e' il primo dovere.
*
La violenza assassina si contrasta salvando le vite.
La pace si costruisce abolendo la guerra.
La politica della nonviolenza richiede il disarmo e la smilitarizzazione.
La politica nonviolenta richiede la difesa civile non armata e nonviolenta, i corpi civili di pace, l'azione umanitaria, la cooperazione internazionale.
Salvare le vite e' il primo dovere.
*
Si coalizzino tutti gli stati democratici contro il terrorismo proprio ed altrui, contro il terrorismo delle organizzazioni criminali e degli stati.
Si coalizzino tutti gli stati democratici per la pace, il disarmo, la smilitarizzazione dei conflitti.
Si coalizzino tutti gli stati democratici per l'indispensabile aiuto umanitario a tutte le persone ed i popoli che ne hanno urgente bisogno.
Si coalizzino tutti gli stati democratici per contrastare le organizzazioni criminali con azioni di polizia adeguate, mirate a salvare le vite e alla sicurezza comune.
Si coalizzino tutti gli stati democratici per la civile convivenza di tutti i popoli e di tutti gli esseri umani.
Salvare le vite e' il primo dovere.
*
Cominci l'Italia.
Cominci l'Italia soccorrendo, accogliendo e assistendo tutte le persone in fuga dalla fame e dall'orrore, dalle dittature e dalla guerra.
Cominci l'Italia cessando di partecipare alle guerre.
Cominci l'Italia uscendo da alleanze militari terroriste e stragiste come la Nato.
Cominci l'Italia cessando di produrre armi e di rifornirne regimi e poteri dittatoriali e belligeranti.
Cominci l'Italia abrogando tutte le infami misure razziste ancora vigenti nel nostro paese.
Cominci l'Italia con un'azione diplomatica, politica ed economica, e con aiuti umanitari adeguati a promuovere la costruzione di ordinamenti giuridici legittimi, costituzionali e democratici dalla Libia alla Siria.
Cominci l'Italia destinando a interventi di pace con mezzi di pace, ad azioni umanitarie nonviolente, i 72 milioni di euro del bilancio dello stato che attualmente ogni giorno sciaguratamente, scelleratamente destina all'apparato militare, alle armi, alla guerra.
Cominci l'Italia a promuovere una politica della sicurezza comune e del bene comune centrata sulla difesa popolare nonviolenta, sui corpi civili di pace, sulla legalita' che salva le vite.
Salvare le vite e' il primo dovere.
*
Ogni vittima ha il voto di Abele.
Alla barbarie occorre opporre la civilta'.
Alla violenza occorre opporre il diritto.
Alla distruzione occorre opporre la convivenza.
Al male occorre opporre il bene.
Contro tutti i terrorismi, contro tutte le guerre.
Salvare le vite e' il primo dovere.
10. REPETITA IUVANT. HIC ET NUNC, QUID AGENDUM
Occorre soccorrere, accogliere, assistere tutti gli esseri umani in fuga dalla fame e dalle guerre.
Occorre riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere in modo legale e sicuro nel nostro paese.
Occorre andare a soccorrere e prelevare con mezzi di trasporto pubblici e gratuiti tutti i migranti lungo gli itinerari della fuga, sottraendoli agli artigli dei trafficanti.
Occorre un immediato ponte aereo di soccorso internazionale che prelevi i profughi direttamente nei loro paesi d'origine e nei campi collocati nei paesi limitrofi e li porti in salvo qui in Europa.
Occorre cessare di fare, fomentare, favoreggiare, finanziare le guerre che sempre e solo consistono nell'uccisione di esseri umani.
Occorre proibire la produzione e il commercio delle armi.
Occorre promuovere la pace con mezzi di pace.
Occorre cessare di rapinare interi popoli, interi continenti.
In Italia occorre abolire i campi di concentramento, le deportazioni, e le altre misure e pratiche razziste e schiaviste, criminali e criminogene, che flagrantemente confliggono con la Costituzione, con lo stato di diritto, con la democrazia, con la civilta'.
In Italia occorre riconoscere immediatamente il diritto di voto nelle elezioni amministrative a tutte le persone residenti.
In Italia occorre contrastare i poteri criminali, razzisti, schiavisti e assassini.
L'Italia realizzi una politica della pace e dei diritti umani, del disarmo e della smilitarizzazione, della legalita' che salva le vite, della democrazia che salva le vite, della civilta' che salva le vite.
L'Italia avvii una politica nonviolenta: contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni. Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' e la biosfera.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Vi e' una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
11. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Letture
- Ernesto Sergio Mainoldi, Giovanni Scoto Eriugena. Il pensiero dell'unita' tra Dio, uomo e cosmo, Hachette, Milano 2016, pp. 142, euro 9,99.
*
Riletture
- Mariateresa Beonio Fumagalli Brocchieri, Massimo Parodi, Storia della filosofia medievale. Da Boezio a Wyclif, Laterza, Roma-Bari 1989, 1996, pp. XX + 506.
- Emile Brehier, La filosofia del Medioevo, Einaudi, Torino 1952, 1980, pp. 496.
- Etienne Gilson, La filosofia nel Medioevo. Dalle origini patristiche alla fine del XIV secolo, La Nuova Italia, Firenze 1973, 1997, pp. XVIII + 998.
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Riedizioni
- Luis Sepulveda, Trilogia dell'amicizia (Storia di una gabbianella e del gatto che le insegno' a volare. Storia di un gatto e del topo che divento' suo amico. Storia di una lumaca che scopri' l'importanza della lentezza), Centauria, Milano 2016, pp. 332.
12. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
13. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 2315 dell'11 aprile 2016
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVII)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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