[Nonviolenza] Ogni vittima ha il volto di Abele. 146
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- Date: Wed, 28 Oct 2015 14:26:11 +0100 (CET)
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OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XVI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, centropacevt at gmail.com, web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
Numero 146 del 28 ottobre 2015
In questo numero:
1. Movimento Nonviolento, Peacelink, Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo, Associazione Antimafie Rita Atria: Un appello per il 4 novembre: "Ogni vittima ha il volto di Abele"
2. Hic et nunc, quid agendum
3. Verso la "Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne" del 25 novembre
4. Dialoghetto tra un perplesso e un persuaso (2000)
5. Dialoghetto tra il dottor Marx e l'avvocato Gandhi (2000)
6. Per una riflessione sull'azione diretta nonviolenta (1999)
1. INIZIATIVE. MOVIMENTO NONVIOLENTO, PEACELINK E CENTRO DI RICERCA PER LA PACE E I DIRITTI UMANI DI VITERBO, ASSOCIAZIONE ANTIMAFIE RITA ATRIA: UN APPELLO PER IL 4 NOVEMBRE: "OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE"
4 novembre 2015: non festa, ma lutto.
Cento anni dopo: basta guerre. Un'altra difesa e' possibile.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
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Il Movimento Nonviolento, PeaceLink, il Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo e l'Associazione Antimafie Rita Atria lanciano per il 4 novembre l'iniziativa "Ogni vittima ha il volto di Abele", affinche' in ogni citta' si svolgano commemorazioni nonviolente delle vittime di tutte le guerre.
Proponiamo che il 4 novembre si realizzino in tutte le citta' d'Italia commemorazioni nonviolente delle vittime di tutte le guerre, commemorazioni che siano anche solenne impegno contro tutte le guerre e le violenze. Affinche' il 4 novembre, anniversario della fine dell'"inutile strage" della prima guerra mondiale, cessi di essere il giorno in cui i poteri assassini irridono gli assassinati, e diventi invece il giorno in cui nel ricordo degli esseri umani defunti vittime delle guerre gli esseri umani viventi esprimono, rinnovano, inverano l'impegno affinche' non ci siano mai piu' guerre, mai piu' uccisioni, mai piu' persecuzioni.
Queste iniziative di commemorazione e di impegno morale e civile devono essere rigorosamente nonviolente. Non devono dar adito ad equivoci o confusioni di sorta; non devono essere in alcun modo ambigue o subalterne; non devono prestare il fianco a fraintendimenti o mistificazioni. Queste iniziative di addolorato omaggio alle vittime della guerra e di azione concreta per promuovere la pace e difendere le vite, devono essere rigorosamente nonviolente. Occorre quindi che si svolgano in orari distanti e assolutamente distinti dalle ipocrite celebrazioni dei poteri armati, quei poteri che quelle vittime fecero morire. Ed occorre che si svolgano nel modo piu' austero, severo, solenne: depositando omaggi floreali dinanzi alle lapidi ed ai sacelli delle vittime delle guerre, ed osservando in quel frangente un rigoroso silenzio. Ovviamente prima e dopo e' possibile ed opportuno effettuare letture e proporre meditazioni adeguate, argomentando ampiamente e rigorosamente perche' le persone amiche della nonviolenza rendono omaggio alle vittime della guerra e perche' convocano ogni persona di retto sentire e di volonta' buona all'impegno contro tutte le guerre, e come questo impegno morale e civile possa concretamente limpidamente darsi. Dimostrando che solo opponendosi a tutte le guerre si onora la memoria delle persone che dalle guerre sono state uccise. Affermando il diritto e il dovere di ogni essere umano e la cogente obbligazione di ogni ordinamento giuridico democratico di adoperarsi per salvare le vite, rispettare la dignita' e difendere i diritti di tutti gli esseri umani.
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In particolare vogliamo sostenere la Campagna "Un'altra difesa e' possibile" che ha depositato in Parlamento la proposta di legge di iniziativa popolare per l'istituzione e il finanziamento del Dipartimento per la difesa civile, non armata e nonviolenta. Un Dipartimento che comprenda i Corpi civili di pace e l'Istituto di ricerche sulla pace e il disarmo e che abbia forme di interazione e collaborazione con il Dipartimento della Protezione civile, il Dipartimento dei Vigili del Fuoco ed il Dipartimento della Gioventu' e del Servizio Civile Nazionale. Si tratta di dare finalmente concretezza a cio' che prefiguravano i costituenti con il ripudio della guerra, e che gia' oggi e' previsto dalla legge e confermato dalla Corte costituzionale, cioe' la realizzazione di una difesa civile alternativa alla difesa militare, finanziata direttamente dai cittadini attraverso l'opzione fiscale in sede di dichiarazione dei redditi.
Obiettivo della Campagna e' quello di organizzare la difesa civile, non armata e nonviolenta - ossia la difesa della Costituzione e dei diritti civili e sociali che in essa sono affermati; la preparazione di mezzi e strumenti non armati di intervento nelle controversie internazionali; la difesa dell'integrita' della vita, dei beni e dell'ambiente dai danni che derivano dalle calamita' naturali, dal consumo di territorio e dalla cattiva gestione dei beni comuni - anziche' finanziare cacciabombardieri, sommergibili, portaerei e missioni di guerra, che lasciano il Paese indifeso dalle vere minacce che lo colpiscono e lo rendono invece minaccioso agli occhi del mondo. La Campagna vuole aprire un confronto pubblico per ridefinire i concetti di difesa, sicurezza, minaccia, dando centralita' alla Costituzione che "ripudia la guerra" (art. 11), afferma la difesa dei diritti di cittadinanza ed affida ad ogni cittadino il "dovere della difesa della patria" (art. 52).
Per informazioni sulla Campagna "Un'altra difesa e' possibile" si veda al sito www.difesacivilenonviolenta.org La segreteria della Campagna e' presso il Movimento Nonviolento.
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A tutte le persone amiche della nonviolenza chiediamo di diffondere questa proposta e contribuire a questa iniziativa. Contro tutte le guerre, contro tutte le uccisioni, contro tutte le persecuzioni. Per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.
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Movimento Nonviolento
per contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. e fax 0458009803, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it
PeaceLink
per contatti: e-mail: info at peacelink.it, sito: www.peacelink.it
Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo
per contatti: e-mail: nbawac at tin.it, web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
Associazione Antimafie Rita Atria
per contatti: e-mail: abruzzo at ritaatria.it, sito: www.ritaatria.it
2. REPETITA IUVANT. HIC ET NUNC, QUID AGENDUM
Occorre soccorrere, accogliere, assistere tutti gli esseri umani in fuga dalla fame e dalle guerre.
Occorre riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere in modo legale e sicuro nel nostro paese.
Occorre andare a soccorrere e prelevare con mezzi di trasporto pubblici e gratuiti tutti i migranti lungo gli itinerari della fuga, sottraendoli agli artigli dei trafficanti.
Occorre un immediato ponte aereo di soccorso internazionale che prelevi i profughi direttamente nei loro paesi d'origine e nei campi collocati nei paesi limitrofi e li porti in salvo qui in Europa.
Occorre cessare di fare, fomentare, favoreggiare, finanziare le guerre che sempre e solo consistono nell'uccisione di esseri umani.
Occorre proibire la produzione e il commercio delle armi.
Occorre promuovere la pace con mezzi di pace.
Occorre cessare di rapinare interi popoli, interi continenti.
In Italia occorre abolire i campi di concentramento, le deportazioni, e le altre misure e pratiche razziste e schiaviste, criminali e criminogene, che flagrantemente confliggono con la Costituzione, con lo stato di diritto, con la democrazia, con la civilta'.
In Italia occorre riconoscere immediatamente il diritto di voto nelle elezioni amministrative a tutte le persone residenti.
In Italia occorre contrastare i poteri criminali, razzisti, schiavisti e assassini.
L'Italia realizzi una politica della pace e dei diritti umani, del disarmo e della smilitarizzazione, della legalita' che salva le vite, della democrazia che salva le vite, della civilta' che salva le vite.
L'Italia avvii una politica nonviolenta: contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni. Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' e la biosfera.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Vi e' una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
3. INIZIATIVE. VERSO LA "GIORNATA INTERNAZIONALE PER L'ELIMINAZIONE DELLA VIOLENZA CONTRO LE DONNE" DEL 25 NOVEMBRE
Si svolge il 25 novembre la "Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne".
Ovunque si realizzino iniziative.
Ovunque si contrasti la violenza maschilista e patriarcale.
Ovunque si sostengano i centri antiviolenza delle donne.
Ovunque si educhi e si lotti per sconfiggere la violenza maschilista e patriarcale, prima radice di tutte le altre violenze.
4. HERI DICEBAMUS. DIALOGHETTO TRA UN PERPLESSO E UN PERSUASO (2000)
[Lungo una via cittadina, dinanzi a un bar, in una giornata umida e a tratti piovigginosa]
Beppo: Caro Geppo, qual buon vento?
Geppo: Beppo mio, tempo brutto; ma tu piuttosto che ci fai costi'?
B.: A dire il vero venivo a cercarti...
G.: E perche' mai, di grazia...
B.: Mi frullava in testa di farti una domanda: ma perdindirindina, che diamine mai ti rappresenta dunque 'sta marcia per la nonviolenza di cui da un po' di tempo in qua vai cianciando a destra e a manca fino a indolenzirti mandibola e mascella?
G.: E proprio tu me lo chiedi, vecchio sacripante, che col tuo loicizzare infinito hai stancato fino i sassi lungo quel cammino? chiedilo a te stesso, piuttosto.
B.: Niente trucchi, mio buon amico, e rispondimi tu alla domanda.
G.: E dunque sia. La marcia da Perugia ad Assisi per la nonviolenza del 24 settembre e' stata a mio parere un appello, una verifica e un impulso; un'occasione di chiarificazione essenziale. Da molto tempo mi pare che la nonviolenza sia una scelta indispensabile per un agire politico all'altezza dei problemi tremendi che l'umanita' si trova oggi di fronte; e per mio conto da lunga pezza ho deciso che il mio impegno voglio dedicarlo a cose che io riesca a trovare limpide e persuasive.
B.: Di limpido vedo ben poco in questo basso mondo, e di persuasivo ancor meno. Codesto, e non negarlo, e' un mondo torbido ed enigmatico, in cui ad ogni passo vedi ingiurie ed ingiuria commetti.
G.: Ma anche il non agire e' uno sbagliare, e dinanzi all'orrore e' il piu' grave.
B.: Ed infatti e' per questo che anch'io, carissimo, sono venuto a scarpinare in quelle umbre contrade teco medesimo e con altri molti.
G.: Quando cominci a parlare in guisa siffatta sento un che di ironico e beffardo.
B.: Come se tu non facessi lo stesso, vecchio giocoliere: "in guisa siffatta", dici; ma parla come magni (se posso citare questa vetusta battuta da cabaret).
G.: Per quanto tu cerchi di buttarla in parodia, eri pure tra i camminanti tra Perugia e Assisi, e non mi consta che tu ci sia venuto controvoglia.
B.: Ed invece proprio controvoglia c'ero venuto; ma a onor del vero tutto in vita mia ho fatto controvoglia, e fin qui me ne sono trovato, come dire, assai bene.
G.: Ah, vecchio buffone, allora intigni. Come se non lo sapessi quante ammaccature e lividi e cicatrici il tuo caracollante condurti t'ha procacciato.
B.: Non piu' di quante il tuo statuario contegno t'ha recato in dono, bello mio.
G.: Sta di fatto che li' eravamo ambedue; e quel ragionamento fatto coi piedi lungo quelle strade penso meriti di essere riproposto ed approfondito e proseguito; quella marcia e' solo un inizio. La nonviolenza e' in cammino. Mi pare giusto dirlo in giro, ed esortare altri a mettersi in viaggio con noi.
B.: E non temi che questo tuo modo, diciamolo: ossessivo, di porre la cosa riproduca una specie di pretenziosita' larvatamente - chiedo scusa - totalitaria; o come ci ha scritto quell'amico nostro di Toscana, dico di Giggi, una sorta di nuovo fondamentalismo? che il tuo proporre la nonviolenza come paradigma torni ad essere un nuovo tentativo di "punto di vista della totalita'" (penso a Rosa Luxemburg marxista in Storia e coscienza di classe di Lukacs, naturalmente) che degenera dipoi facilmente in dogmatismo? o che faccia cortocircuitare etica e politica che invece e' bene tenere distinte pena appunto gli orrori dello stato etico e delle filosofie deterministiche (e insieme mistiche) della storia? o che indebolisca il movimento che si oppone al "disordine costituito" deprivandolo di altri e necessari orizzonti teorici, strumenti analitici e opzioni strategiche?
G.: Eh no, bello mio; e per un sacco di buoni motivi, come suol dirsi: perche' la nonviolenza non e' un'ideologia di ricambio (ti ricordi l'uso di questa formula del buon Basaglia?), ma un illimpidimento ed un'intensificazione di scelte di giustizia e liberta', di un impegno che in altre teorie filosofiche o religiose, politiche o morale, puo' gia' trovare un fondamento.
Essa non richiede, a mio avviso, giuramenti di fedelta' ad astrattezze, ma analisi concreta della situazione concreta per opporsi nel modo piu' limpido e quindi coerente ed efficace alla violenza cristallizzata o dispiegata che sia; la nonviolenza vive nel conflitto, nella ricerca e nella comunicazione; suscita il conflitto, la ricerca e la comunicazione; e' conflitto, ricerca e comunicazione: come la si puo' spacciare per una gabbia totalitaria se non si da' nonviolenza senza apertura? come la si puo' spacciare per dogmatica se essa e' incessante apertura e riconoscimento e cammino? Non esiste una nonviolenza come teoria conclusa ed autosufficiente, essa e' eminentemente un atteggiamento critico e sperimentale, e ben lo diceva il vecchio Gandhi.
La nonviolenza non e' un indebolimento della lotta, ma un potenziamento di essa nel renderla piu' trasparente, nell'inverarne i principi e gli scopi fin nel momento della decisione e nelle procedure di deliberazione, lungo tutto lo svolgimento dell'azione, nel vivo del conflitto, nel cuore della relazione con l'altro.
La nonviolenza non e', a me pare, un'ideologia in piu', ma un impegno di rigore intellettuale e morale, un atteggiamento di ricerca e di ascolto, un'apertura all'altro; e tutto cio' non implica la rinuncia alle proprie convinzioni filosofiche o religiose, etiche o politiche: al contrario essa le verifica e le tempra, per separare il grano dal loglio e salvarne e valorizzarne il nucleo razionale e assiologico.
Se posso usare, in un senso un po' diverso da quello originario, una vecchia e cara immagine, ricordi la metafora marxiana della catena coperta di fiori? Liberarsi dalla catena e cogliere il fiore vivo, questo occorre. Questo e' l'invito.
B.: Per quanto tu t'ingegni di buttarla in poesia (e con la complicita' del Moro di Treviri, poi!), mio buon amico, non fingere di non capire che taluni vedono in certe tue proclamazioni un atteggiamento rigido e, posso dirlo?, puritano. E si potrebbe dire, per punzecchiarti vieppiu', da "anima bella" e piccolo suslov.
G.: E dalli. Solo perche' chiedo chiarezza mi si appiccica addosso l'etichetta di dogmatico e di intollerante (ed insieme, con buona pace della logica, di acchiappanuvole e perdigiorno). Ma io non voglio imporre alcunche' a chicchessia: solo mi sforzo di rigorizzare e cercar di rendere coerenti tra loro le cose che penso con quelle che dico e con quelle che faccio. Mi conosci da tanto di quel tempo da sapere che diffido delle spiegazioni onnicomprensive, che ho in uggia gli ordini e i giuramenti, che ho terrore dei dogmi e delle gerarchie, che propugno una convivenza fondata sulla ragionevolezza, che ritengo che solo sulla sobrieta' e la mitezza puo' fondarsi un civile convivere, che occorrono regole condivise e costumi benevoli. Ed e' una vita che quando chiedo ai pubblici amministratori di essere onesti mi si accusa di essere un novello torquemada, quando chiedo ai militanti dei movimenti di opposizione di non fare le scimmie dei potenti oppressori mi si taccia contemporaneamente di mollaccione e di autoritario; quando chiedo che organizzando un'iniziativa di lotta si stabiliscano regole precise e si chieda a tutti i partecipanti di attenervisi mi si replica che cosi' si deprime la creativita' (confondendola forse con l'irresponsabilita' e l'incoscienza). Poi, naturalmente, gli stessi che cosi' mi obiettano tuttavia pretendono che gli altri le regole le rispettino, denunciano la violenza da altri commessa, e s'infuriano quando qualcun altro e' colto con le mani del sacco. Io chiedo solo di applicare anche a se stessi quel codice di condotta che si pretende dagli altri.
B.: Mi pare che tu vada fuori dal seminato.
G.: Non c'e' seminato, c'e' piuttosto da seminare: da seminare l'idea e la pratica di avere rispetto per gli altri e per se', di non mentire ne' a se' ne' agli altri. E il resto viene da se'.
B.: La fai troppo semplice, mio caro. Io invece fatico a capire quando mento a me stesso, e costantemente me lo chiedo, e questo mi lacera e frange al punto che il piu' delle volte me ne ritrovo come paralizzato. Cosicche' in tanta e tanto gravosa e opprimente perplessita', riesco a malapena ad impegnarmi per questo solo: nelle iniziative che certamente si oppongono al male e che il male non riproducano a loro volta. Ma sempre incerto, sempre a fatica.
G.: Che e' la stessa cosa che faccio io.
B.: No, perche' questa stessa cosa tu la fai deciso e come sollevato, io cupo e brancolante. Cosicche' quella stessa cosa non e' la stessa per te e per me.
G.: Non e' la stessa ed insieme e' la stessa cosa, ed anzi se non fosse la stessa cosa non sarebbe diversamente vissuta da noi due e da entrambi pur accolta. Poiche' la sua verita' e' in questo: che il perplesso non meno del persuaso possono cogliere e fare la cosa giusta.
B.: Continui a fare il furbo: la verita', la cosa giusta, sono formule, concetti; l'agire concreto e' invece il regno dell'incerto, dell'ambiguo, dell'obliquo, dell'illusione e dello scacco.
G.: Proprio per questo occorrono concetti chiari, regole precise e condivise, coerenza tra mezzi e fini.
B.: Me l'aspettavo questa stoccata, e mi chiedevo quando sarebbe arrivata: e' il tuo cavallo di battaglia questo della coerenza trai mezzi e i fini.
G.: Invero e' il cavallo di battaglia, o se preferisci il mulo da soma, o meglio ancora lo zaino e la cassetta degli attrezzi, di ogni persona di volonta' buona. Anche di te.
B.: Canaglia, lo so. Eppure quanta fatica a trovare i mezzi, quanta fatica a individuare i fini; per non dire di quella pugnalata logica che e' nota col nome di eterogenesi dei fini; per non dire di come nel definire i mezzi "tot capita tot sententiae"; per non dire dell'affanno che si dura a cercar di capire cosa sia fine e cosa sia mezzo.
G.: Potrei darti torto? Eppure ai sofismi e alle aporie occorre far fronte; ed occorre far fronte al male, al male concreto, all'ingiustizia in atto, alla violenza che opprime. Con tutte le nostre incertezze dobbiamo pur affermare con chiarezza:
primo, che occorre resistere al male, e se pensiamo che sempre occorre resistere allora e' possibile resistere sempre, poiche' da questo stesso pensiero la nostra resistenza e' gia' cominciata.
Secondo: che il potere malvagio si regge sul consenso, sulla rassegnazione e sulla complicita': occorre negare il consenso, rompere la complicita', uscire dalla rassegnazione.
Terzo: che chi lotta per affermare la dignita' umana, il riconoscimento dell'altro, la solidarieta' e il diritto di ogni essere umano, deve agire coerentemente con i fini che si prefigge; cosicche' una lotta di liberazione non puo' ridurre altri in schiavitu', e soprattutto chi afferma l'umanita' non puo' distruggere l'umanita' nel corpo e nella vita di un altro essere umano: deve anzi precludersi tutto quello che puo' anche solo rischiare di provocare cio'.
Quarto: che alla violenza dell'oppressione, dell'ingiustizia, della disumanita', della devastazione, dell'assassinio, delle guerre, occorre contrapporsi nel modo piu' rigoroso: con la nonviolenza.
E se posso permettermi di aggiungere un quinta considerazione: quanto a cosa la nonviolenza sia, per ognuno di noi e' una cosa diversa, che ha fondamenti diversi e diverse espressioni; e per tutti noi e' meno un sistema che una ricerca; meno un magazzino di risposte preconfezionate che un interrogare continuo e incessante, e un cammino da fare. E dunque orsu', mettiamoci in cammino.
B.: E la butti in retorica ancora una volta, vecchio Houdini. E tuttavia al male occorre far fronte; e dai sofismi e dalle aporie non lasciarci incantare e pietrificare. Ed allora, con tutte le nostre incertezze (e che sempre ci accompagnino e preservino dagli entusiasmi e i dogmi che a mio modesto avviso sempre e solo nuovo male procurano) possiamo pur affermare con chiarezza:
e dunque, primo: che occorre resistere al male, e quand'anche non sapessimo con certezza cosa il bene sia, e' certo che al male bisogna opporci, e se bisogna opporci dunque opponiamoci, nel corso della lotta ci si fara' chiarezza sulle alternative da costruire.
E dunque, secondo: che il potere malvagio si regge sulla forza dell'inerzia, di quell'azione colpevole che e' l'omissione; si regge sulla forza di quella pigrizia il cui vero nome e' vilta', su quella vilta' il cui vero nome e' paura, su quella paura che e' paura di perdere il nostro relativo privilegio rispetto a chi gia' subisce piu' greve oppressione: ed occorre dunque rompere la complicita', rinunciare al privilegio frutto di complicita', sconfiggere la vilta' che e' cointeressenza nell'oppressione, smascherare la paura come adulazione del potere malvagio e rigettarla dunque in quanto tale (vi e' beninteso un'altra paura, nobile e giusta: la paura di fare del male, ed essa paura sia cara al nostro cuore), preferire comunque la lotta all'accettazione del male, togliere al potere malvagio il suo supporto piu' potente: l'inerzia nostra.
E dunque, terzo: che chi lotta per affermare la dignita' umana propria ed altrui, chi afferma la comune umanita', deve certo agire coerentemente con i fini che si prefigge; cosicche' tra i suoi strumenti, le sue tecniche, le sue strategie di lotta e fin di deliberazione, deve escludere quelle che oppressione riproducono, che umanita' altrui denegano.
E dunque, quarto: che alla violenza, occorre contrapporsi sempre, e vi e' un solo modo per adempiere questo assioma: la nonviolenza.
E se posso permettermi a mia volta di aggiungere un quinta considerazione: quanto a cosa la nonviolenza sia, per me e' questione su cui non cesso di interrogarmi; e mentre ci interroghiamo vediamo di por mano a rendere il mondo meno iniquo e i nostri congeneri meno infelici; e dunque orsu', mettiamoci in cammino.
G.: Sbruffone e plagiario che non sei altro.
B.: Ciarlatano e imbroglione che altro non sei.
G.: Sarebbe bello continuare, vecchio mio, ma vedo che qui comincia a piovere e ne' tu ne' io abbiamo con noi quel meraviglioso utensile che chiamano ombrello, sara' pertanto bene affrettarsi verso casa.
B.: Ancora una domanda, amatissimo: incontrandoci sempre qui per via, di fretta dinanzi a una vetrina di caffe' o a uno specchio di barbiere, mi chiedo sovente quale di noi due sia quello vero e quale l'immagine riflessa. Tu che ne pensi?
G.: Mio caro, ecco il sigillo al nostro conversare; che tu sei perplesso finanche su questo, mentre io son persuaso che in fin dei conti nulla cambi se tu sia l'immagine allo specchio o invece io.
B.: Sei il solito gran gaglioffo, vecchio mio; e mastro d'astuzie come quell'antico del maggior corno. Ma adesso sbrighiamoci a casa che l'acquazzone s'avvicina.
5. HERI DICEBAMUS. DIALOGHETTO TRA IL DOTTOR MARX E L'AVVOCATO GANDHI (2000)
[Un luogo che sembra Londra, in una tipica giornata londinese, eccetera eccetera]
Marx: Carissimo avvocato Gandhi, anche lei a passeggio qui?
Gandhi: Carissimo dottor Marx, che piacere incontrarla, pensavo non uscisse mai da quella biblioteca.
M.: Sto andando a fare una piccola urgente commissione, esigenze familiari, sa. E poi una boccata d'aria ci vuole, ogni tanto.
G.: Molto ben detto; facciamo due passi insieme?
M.: Anche piu' di due.
G.: Non immagina che gioia incontrarla, e mi permetta di dirmi suo ammiratore e fin debitore per tante e tante feconde idee.
M.: Lei mi confonde con la sua gentilezza; e pensare che c'e' chi dice che io e lei saremmo irriducibilmente avversari.
G.: Cosa vuole, e' che prima ci riducono a caricature, a marionette; poi ci schiaffano nel cassone del teatrino, tirano su il siparietto e ci presentano come Arlecchino e Brighella, che squittendo ingiurie ci pigliamo a mazzate e ce ne diamo di santa ragione. Io poi, prendere qualcuno a bastonate, via...
M.: Se e' per questo neanche io mi diletto di simili esibizioni muscolari. Anzi, se un merito rivendico alla mia azione nel movimento rivoluzionario degli oppressi e' proprio di aver spiegato che la rivoluzione non si fa con le fucilazioni, i pugnali, le forche e le congiure nei sottoscala del palazzo, ma che al contrario essa e' un lungo e profondo processo storico di presa di coscienza della propria condizione da parte delle masse sfruttate, e che quindi il movimento operaio deve acquisire cultura, coscienza e capacita' di costruzione di alternative e di gestione della societa', e per far questo popo' di roba si trova a dover essere, e ad essere obiettivamente se tale programma accoglie, pensi un po', erede dell'economia classica inglese, della riflessione politica francese, e, mi consenta, del pensiero filosofico tedesco.
G.: Lei e' troppo buono con gli intellettuali; forse basterebbe che gli oppressi prendessero coscienza di essere oppressi e che l'oppressione si regge sulla loro sottomissione: il primo passo per liberarsi, lei lo ha spiegato tante volte, e' prendere coscienza dell'ingiustizia che si subisce e quindi, aggiungo, negare il consenso agli oppressori.
M.: Molto ben detto, ma diciamo anche che occorre studiare sul serio per cogliere le menzogne dell'ideologia, per riconoscere l'alienazione e contrastarla; che occorre sforzarsi di cercare ed affermare la verita', senza le presunzioni dei tanti sacerdoti che predicano il sempreuguale e la rassegnazione, o la tracotanza degli scalmanati che scambiano i propri deliri, o sofismi, o anche solo i propri desiderata, per la realta' effettuale (e magari pretendono imporli a forza di plotoni d'esecuzione).
G.: E cosi' e', e sta proprio a noi, rivoluzionari impegnati nella lotta di liberazione per un'umanita' di eguali, contrastare tanto i poteri oppressivi quanto chi a quei poteri oppressivi e' cosi' subalterno da riprodurne e riproporne la logica e la condotta senza neppure accorgersene.
M.: E cosi' sia, abbiamo certo un gran daffare. Ma adesso mi scusi, che qui devo voltare, sa, sto andando al Monte dei pegni a portare un po' dell'argenteria di famiglia...
G.: La vita e' dura per le persone di volonta' buona; a ben rivederci, caro dottore.
M.: A presto ritrovarci, caro avvocato.
6. REPETITA IUVANT. PER UNA RIFLESSIONE SULL'AZIONE DIRETTA NONVIOLENTA (1999)
[Dal nostro lavoro La nonviolenza contro la guerra... riportiamo alcuni stralci dal capitolo 9, piu' volte utilizzati]
Premessa. Questa breve presentazione dell'azione diretta nonviolenta intende offrire di essa un quadro certamente assai schematico ma speriamo sufficientemente orientativo.
1. Parte prima: cosa e' l'azione diretta nonviolenta
1.1. Una semplice definizione: azione: ovvero intervento attivo in situazione di conflitto; diretta: ovvero assunzione personale di responsabilita', rifiuto della delega e rifiuto del comodo alibi della propria estraneita', della propria incompetenza; nonviolenta: ovvero che ripudia la violenza e che punta a ridurre e tendenzialmente abolire la violenza, l'ingiustizia, l'alienazione.
1.2. Alcune caratteristiche della lotta nonviolenta: negare il consenso all'ingiustizia; coerenza tra mezzi e fini; forza della verita'; lotta come amore.
1.3. Alcune esperienze di lotta nonviolenta: (...)
1.4. Metodi di lotta nonviolenta: l'esempio; l'educazione; la persuasione; lo sciopero; la noncollaborazione; il boicottaggio; la disobbedienza civile.
1.5. Cosa si richiede a chi voglia usare la nonviolenza come strumento di lotta: disponibilita' a soffrire anziche' a far soffrire; rispetto dell'altro e di ogni essere umano; rinuncia agli alibi, assunzione di responsabilita'; pazienza e ironia; capacita' di ascolto delle ragioni altrui e di relativizzare il proprio punto di vista; tenere sempre aperta la comunicazione; disciplina e rigore intellettuale e morale.
2. Parte seconda: piano per la realizzazione di un'azione diretta nonviolenta
2.1. La preparazione
2.1.1. Lo studio preliminare: lo studio della situazione; la definizione precisa di obiettivi chiari e realisticamente perseguibili.
2.1.2. L'organizzazione preliminare: la discussione con il metodo del consenso; la consapevolezza e la responsabilita'; costruire l'affinita' tra i partecipanti all'azione.
2.1.3. Il programma preliminare: il programma costruttivo; i fini sovraordinati; la scelta delle tecniche e la loro progressione; il ventaglio degli esiti possibili e la realistica valutazione di ognuno di essi.
2.1.4. Il negoziato come obiettivo costante: mettere sempre in rilievo le cose condivise; puntare sempre ad un accordo; dare sempre alla controparte una via d'uscita; garantire sempre la limpidezza dei propri comportamenti; non minacciare mai la distruzione dell'avversario.
2.1.5. L'addestramento: sapere cosa si fa, perche' e come; la fiducia reciproca; conoscenza delle tecniche di lotta; la disciplina collettiva; la comunicazione; le tecniche di addestramento (giochi di fiducia, giochi di ruolo, studio di casi, addestramento alla comunicazione, addestramento alla presa rapida di decisioni, addestramento ai processi decisionali consensuali; addestramento all'ascolto attivo, addestramento al controllo delle emozioni in situazioni conflittuali, addestramento alla ricerca di soluzioni creative in situazioni conflittuali, contraddittorie e confuse, etc.); la creativita' e la responsabilita'.
2.1.6. Ulteriori questioni organizzative e logistiche: importanza fondamentale delle procedure democratiche: metodo del consenso, gruppi di affinita', partecipazione di tutti alla discussione e alle decisioni, sperimentazione della rotazione negli impegni, costruzione di rapporti di lealta' e fiducia; la direzione del movimento: uso di portavoce e loro agevole sostituibilita'; i gruppi di sostegno: loro definizione, loro compiti, possibili evoluzioni; la sensibilizzazione delle persone variamente coinvolte ed i rapporti con i mezzi d'informazione; studio della situazione dal punto di vista legale; preparazione e garanzia di una costante assistenza (legale, medica, etc.) ai partecipanti all'azione; previsione della reazione altrui, della possibile violenza altrui, delle possibili rappresaglie altrui, e definizione precisa della condotta nonviolenta da seguire; previsione degli sviluppi dell'azione e controllo di essi; definizione di principi rigidi da cui nessuno dei partecipanti all'azione puo' derogare; previsione degli scenari in presenza dei quali l'azione deve essere interrotta.
2.1.7. La definizione del piano di lavoro e la sua flessibilita': obiettivi realistici; progressione dell'iniziativa; consapevolezza della compresenza di piu' obiettivi: formazione, educazione, dimostrazione della rottura della complicita', etc.; fino agli obiettivi piu' precisi e specifici (anch'essi con vari livelli); la cosa decisiva: mantenere l'iniziativa strategica, non essere subalterni.
2.2. L'azione: informazione preliminare a tutti; proposta preliminare alla controparte; inizio e svolgimento dell'azione; tenere sempre aperta la comunicazione; non essere ipocriti, confusi o comunque equivocabili; saper affrontare le provocazioni, la violenza altrui, le rappresaglie (debolezza dell'azione diretta nonviolenta dinanzi alle provocazioni: fare di questa debolezza una forza; saper dare una risposta nonviolenta alla eventuale violenza altrui; preventivare le rappresaglie e depotenziarne cosi' l'efficacia); proseguire la discussione anche nel corso dell'azione; saper negoziare; saper affrontare il prolungarsi della lotta; saper concludere la lotta.
2.3. La valutazione
2.3.1. Criteri della valutazione: risultati concreti; valore educativo; limitazione delle sofferenze; sensibilizzazione e coinvolgimento di altri.
2.3.2. La valutazione come occasione di riflessione e di approfondimento.
2.3.3. La valutazione come occasione di democrazia e responsabilita'.
2.3.4. La valutazione come preparazione a lotte ulteriori.
3. Parte terza: alcuni altri temi di riflessione e di studio: complessita' e fallibilismo; comunicazione ed interazione; democrazia e dignita' umana; il principio responsabilita'.
4. Parte quarta: alcune schede integrative
4.1. Dalla Guida pratica all'azione diretta nonviolenta delle mongolfiere per la pace
4.1.1. L'azione diretta nonviolenta: una sintesi in nove punti. Per una prima informazione una utile sintesi e' offerta dal fondamentale lavoro di Gene Sharp, Politica dell'azione nonviolenta, vol. I, alle pp. 132-133, che qui riassumiamo: "E' opinione comune che l'azione nonviolenta possa portare alla vittoria solo in tempi molto lunghi, piu' lunghi di quelli necessari alla lotta violenta. Cio' puo' essere vero in alcuni casi, ma non e' necessariamente sempre cosi' (...). Esaminando e correggendo i pregiudizi nei confronti dell'azione nonviolenta siamo spesso in grado di farne risaltare con piu' evidenza le caratteristiche positive: 1. (...) questo metodo non ha niente a che vedere con la passivita', la sottomissione e la codardia; queste devono essere prima rifiutate e vinte, proprio come in un'azione violenta. 2. L'azione nonviolenta non deve essere messa sullo stesso piano della persuasione verbale o puramente psicologica (...); e' una sanzione e un metodo di lotta che comporta l'uso del potere sociale, economico e politico e il confronto delle forze in conflitto. 3. L'azione nonviolenta non si basa sul presupposto che l'uomo sia fondamentalmente "buono", ma riconosce le potenzialita' umane sia al "bene" che al "male" (...). 4. Coloro che praticano l'azione nonviolenta non sono necessariamente pacifisti o santi; l'azione nonviolenta e' stata praticata il piu' delle volte e con successo da gente "qualsiasi". 5. Il successo di un'azione nonviolenta non richiede necessariamente (sebbene possa esserne facilitato) basi e principi comuni o un alto grado di comunanza di interessi e di vicinanza psicologica tra i gruppi in lotta (...). 6. L'azione nonviolenta e' un fenomeno occidentale almeno quanto orientale (...). 7. L'azione nonviolenta non si basa sul presupposto che l'avversario si astenga dall'uso della violenza contro i nonviolenti, ma prevede di dover operare, se necessario, contro la violenza. 8. Non c'e' nulla nell'azione nonviolenta per prevenire che venga usata tanto per cause "buone" quanto per cause "cattive", sebbene le conseguenze sociali in quest'ultimo caso siano molto diverse da quelle provocate dalla violenza impiegata per lo stesso scopo. 9. L'azione nonviolenta non serve solo nei conflitti interni a sistemi democratici, ma e' stata largamente praticata contro regimi dittatoriali, occupazioni straniere e anche contro sistemi totalitari".
4.1.2. Le tecniche della nonviolenza. Il piu' ampio repertorio di tecniche della nonviolenza e' costituito dal secondo volume della fondamentale opera di Gene Sharp, Politica dell'azione nonviolenta: 2. le tecniche, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1986. Sharp descrive 198 tecniche di azione nonviolenta. L'elenco proposto da Sharp e' organizzato nel modo seguente: 1. tecniche di protesta e persuasione nonviolenta, comprendenti dichiarazioni formali, forme di comunicazione rivolte a un pubblico piu' vasto, rimostranze di gruppo, azioni pubbliche simboliche, pressioni su singoli individui, spettacoli e musica, cortei, onoranze ai morti, riunioni pubbliche, abbandoni e rinunce. 2. Tecniche di noncollaborazione sociale, comprendenti ostracismo nei confronti delle persone, noncollaborazione con eventi, consuetudini ed istituzioni sociali, ritiro dal sistema sociale. 3. Tecniche di noncollaborazione economica, comprendenti a) i boicottaggi economici: azioni da parte dei consumatori, azioni da parte di lavoratori e produttori, azioni da parte di mediatori, azioni da parte di proprietari e negozianti, azioni di natura finanziaria, azioni da parte di governi; b) gli scioperi, tra cui gli scioperi simbolici, scioperi dell'agricoltura, scioperi di gruppi particolari, scioperi normali dell'industria, scioperi limitati, scioperi di più industrie, combinazioni di scioperi e blocchi economici (tra cui l'hartal, ed il blocco economico). 4. Tecniche di noncollaborazione politica, comprendenti rifiuto dell'autorita', noncollaborazione di cittadini col governo, alternative dei cittadini all'obbedienza, azioni da parte di personale governativo, azioni governative interne, azioni governative internazionali. 5. Tecniche di intervento nonviolento, comprendenti intervento psicologico, intervento fisico, intervento sociale, intervento economico, intervento politico. Un bel libro sulle tecniche della nonviolenza e' ancora quello classico di Aldo Capitini, Le tecniche della nonviolenza, di recente ristampato da Linea d'Ombra Edizioni, Milano.
4.1.3. L'addestramento alla nonviolenza. Citiamo da Aldo Capitini (Le tecniche della nonviolenza, p. 127): "Una parte del metodo nonviolento, tra la teoria e la pratica, spetta all'addestramento alla nonviolenza. Le ragioni principali per cui e' necessaria questa parte sono queste: A) l'attuazione della nonviolenza non e' di una macchina, ma di un individuo, che e' un insieme fisico, psichico e spirituale; B) la lotta nonviolenta e' senza armi, quindi c'e' maggior rilievo per i modi usati, per le qualita' del carattere che si mostra; C) una campagna nonviolenta e' di solito lunga, e percio' e' utile un addestramento a reggerla, a non cedere nemmeno per un istante; D) la lotta nonviolenta porta spesso sofferenze e sacrifici: bisogna gia' sapere che cosa sono, bisogna che il subconscio non se li trovi addosso improvvisamente con tutto il loro peso; E) le campagne nonviolente sono spesso condotte da pochi, pochissimi, talora da una persona soltanto; bisogna che uno si sia addestrato a sentirsi in minoranza, e talora addirittura solo, e perfino staccato dalla famiglia".
4.1.4. Alcune schede da L'Abate (a cura di), Addestramento alla nonviolenza
Sull'addestramento alla nonviolenza in italiano c'e' un buon manuale, a cura di Alberto L'Abate, Addestramento alla nonviolenza, Satyagraha Editrice, Torino 1985; il libro ha per sottotitolo "introduzione teorico-pratica ai metodi", ed in effetti affianca ad alcuni saggi analitici anche una serie di esercizi pratici e due utili appendici, una sul teatro politico di strada, ed una di brevi schede su vari aspetti della nonviolenza.
Riportiamo qui in sintesi alcune schede dal libro curato da L'Abate.
I quattro principi fondamentali dell'azione diretta nonviolenta: 1. definite i vostri obiettivi; 2. comportatevi con onesta' ed ascoltate bene; 3. amate i vostri avversari; 4. date agli avversari una via d'uscita.
Sei mosse strategiche dell'azione nonviolenta: indagate; negoziate; educate; manifestate; resistete; siate pazienti.
Quattro suggerimenti pratici: siate creativi; preparate i vostri partecipanti; comunicate; controllate gli eventi.
Presupposti validi della nonviolenza: 1. i mezzi devono essere adeguati ai fini; 2. rispettare tutte le forme di vita; 3. trasformare le opposizioni piuttosto che annientarle; 4. ricorrere a creativita', spirito, amore; 5. mirare a cambiamenti incisivi.
Risposta nonviolenta alla violenza personale: 1. formulate con chiarezza i vostri obiettivi; 2. non lasciatevi intimorire; 3. non intimorite; 4. non abbiate timore di affermare cio' che e' ovvio; 5. non comportatevi da vittime; 6. cercate di tirar fuori la parte migliore della personalita' del vostro avversario; 7. non bloccatevi al cospetto della violenza fisica; 8. continuate a parlare e ad ascoltare. La comunicazione e' il fulcro della nonviolenza.
Indicazioni procedurali per la discussione e l'azione nonviolenta: 1. nella discussione praticate il giro degli interventi; 2. condividete le abilita' e praticate la rotazione delle responsabilita'; 3. valorizzate i sentimenti; 4. lavorate insieme in modo cooperativo; 5. incontratevi anche separatamente; 6. incontratevi in piccoli gruppi; 7. usate il metodo del consenso nel prendere le decisioni.
4.1.5. Piano di lavoro per una campagna di lotta nonviolenta. Preliminarmente: chi vuole partecipare ad una campagna di lotta nonviolenta deve essere disposto a condividere rigorosamente gli obiettivi, i metodi e la disciplina collettiva, che devono quindi essere preliminarmente discussi fin nei minimi dettagli affinche' sia chiaro a tutti per cosa ci si impegna e come: una lotta nonviolenta ha delle regole rigorose e richiede ai partecipanti un impegno serio, una adeguata preparazione, convinzione e condivisione, coerenza e disciplina, capacita' critica e creativa, rispetto per gli altri. 1. conoscere: informarsi; raccogliere documentazione; studiare. 2. definire gli obiettivi: obiettivi finali ed intermedi; tempi dell'iniziativa; risorse finanziarie ed umane; organizzazione e compiti; interlocutori da coinvolgere; strumenti di verifica periodica e di eventuale ridefinizione degli obiettivi 3. iniziative e loro gradualita': rendere note le proprie richieste/proposte; notificarle agli interlocutori specifici; diffondere l'informazione alla societa' in generale; protestare contro l'ingiustizia; agire contro l'ingiustizia; mantenere sempre aperta la comunicazione.
4.1.6. Il Manuale per l'azione diretta nonviolenta di Walker. Uno strumento di lavoro a nostro avviso insuperato e' il breve testo di Charles C. Walker, Manuale per l'azione diretta nonviolenta, Edizioni del Movimento Nonviolento, Perugia 1982. Ne riportiamo il sommario: 1. Preparazione. 2. Lancio di un programma costruttivo. 3. Aspetti generali del metodo. 4. L'addestramento. 5. Il piano dell'azione. 6. I preparativi dell'azione. 7. Studio della situazione legale. 8. Messa a punto di una disciplina collettiva. 9. Sviluppo di una campagna di propaganda. 10. Raduno dei partecipanti. 11. Inizio dell'azione. 12. Come fronteggiare le rappresaglie. 13. Mantenere la vitalita' del movimento. 14. I dirigenti. 15. Quando la lotta si prolunga.
4.2. Dal lavoro di training nonviolento svolto presso il csoa "Valle Faul" di Viterbo (...)
4.3. Dodici sguardi sulla nonviolenza
4.3.1. Rompere la complicita'. Alla base della nonviolenza vi e' la consapevolezza che il potere ingiusto ed oppressivo si regge anche sulla complicita' delle vittime e degli indifferenti: la nonviolenza e' in primo luogo un appello a rompere la complicita' con l'ingiustizia, a toglierle il consenso, ad uscire dalla passivita', a prendersi la propria responsabilita', a lottare per la verita' e la giustizia.
4.3.2. La nonviolenza e' lotta. E' lotta contro la violenza, contro l'ingiustizia, contro la menzogna. E' lotta perche' ogni essere umano sia riconosciuto nella sua dignita'; e' lotta contro ogni forma di sopraffazione; e' lotta di liberazione per l'uguaglianza di tutti nel rispetto e nella valorizzazione della diversita' di ognuno. E' la forma di lotta più profonda, quella che va piu' alla radice delle questioni che affronta. E' lotta contro il potere violento, cui si oppone nel modo piu' completo, rifiutando la sua violenza e rifiutando di riprodurre violenza. Afferma la coerenza tra i mezzi ed i fini, tra i metodi e gli obiettivi. Tra la lotta e il suo risultato c'e' lo stesso rapporto che c'e' tra il seme e la pianta. Chi lotta per la liberazione di tutti, deve usare metodi coerenti. Chi lotta per l'uguaglianza deve usare metodi che tutti possano usare. Chi lotta per la verita' e la giustizia deve lottare nel rispetto della verita' e della giustizia. E' lotta contro il male, non contro le persone. E' lotta per difendere e liberare, per salvare e per convincere, e non per umiliare o annientare altre persone. E' lotta fatta da esseri umani che non dimenticano di essere tali. Che non si abbrutiscono, che non vogliono fare del male, bensi' contrastare il male. E' lotta per l'umanita'. La nonviolenza e' il contrario della vilta'. E' il rifiuto di subire l'ingiustizia; e' il rifiuto di ogni ingiustizia, sia di quella contro di me, sia di quelle contro altri. La nonviolenza e' lotta. E' lotta per la verita', e' lotta per la giustizia, e' lotta di liberazione e di solidarieta', e' lotta contro ogni oppressione.
4.3.3. Otto brevi caratterizzazioni della nonviolenza. (...)
4.3.4. Quattro regole di condotta per l'azione diretta nonviolenta: I. A un'iniziativa nonviolenta possono partecipare solo le persone che accettano incondizionatamente di attenersi alle regole della nonviolenza. II. Tutti i partecipanti devono saper comunicare parlando con chiarezza, con tranquillita', con rispetto per tutti, e senza mai offendere nessuno. III. Tutti i partecipanti devono conoscere perfettamente senso, fini, modalita' e conseguenze dell'azione diretta nonviolenta; devono averne piena conoscenza, e devono esserne completamente convinti, in particolare sottolineiamo la necessita' di essere pienamente informati consapevoli delle conseguenze cui ogni singolo partecipante puo' andare incontro, conseguenze che vanno accettate pacificamente e onestamente, ed alle quali nessuno deve cercare di sottrarsi. IV. Tutti devono rispettare i seguenti principi della nonviolenza: a) non fare del male a nessuno (se una sola persona dice o fa delle stupidaggini, o una sola persona si fa male, l'azione diretta nonviolenta e' irrimediabilmente e totalmente fallita, e deve essere immediatamente sospesa); b) spiegare a tutti (amici, autorita', interlocutori, interpositori, eventuali oppositori) cosa si intende fare, e che l'azione diretta nonviolenta non e' rivolta contro qualcuno, ma contro la violenza; c) dire sempre e solo la verita'; d) fare solo le cose decise prima insieme con il metodo del consenso ed annunciate pubblicamente (cioe' a tutti note e da tutti condivise); nessuno deve prendere iniziative personali di nessun genere; la nonviolenza richiede lealta' e disciplina; e) assumersi la responsabilita' delle proprie azioni e quindi subire anche le conseguenze che ne derivano; f) mantenere una condotta nonviolenta anche di fronte all'eventuale violenza altrui. Chi non accetta queste regole non puo' partecipare all'azione diretta nonviolenta, poiche' sarebbe di pericolo per se', per gli altri e per la riuscita dell'iniziativa che deve essere, appunto, rigorosamente nonviolenta. Per poter partecipare ad un'azione diretta nonviolenta e' necessario aver partecipato prima alla discussione ed all'organizzazione che ha portato alla sua decisione e realizzazione, ed e' altresi' assolutamente indispensabile aver partecipato ad un training di addestramento alla nonviolenza.
4.3.5. Una definizione fondamentale: la "carta" del Movimento Nonviolento. (...)
4.3.6. Necessita' dell'addestramento alla nonviolenza. (...)
4.3.7. I diritti umani, presi sul serio. (...)
4.3.8. La liberazione umana, subito. (...)
4.3.9. La nonviolenza e' gestione del conflitto. La nonviolenza e' gestione del conflitto, la cui esistenza essa riconosce e valorizza. La nonviolenza non e' una visioni idilliaca ed illusoria, quindi narcotizzante, dei rapporti sociali; ma la consapevolezza della conflittualita' degli ideali e degli interessi, delle situazioni esistenziali e delle relazioni sociali, dei rapporti economici e politici, degli assetti culturali e ideologici. Essa si propone di intervenire nel conflitto e di farlo umanizzando il conflitto, valorizzandone la dimensione morale e conoscitiva, gestendolo in modo da renderlo fecondo di rapporti umani piu' giusti, lottando incessantemente contro la violenza, contro l'ingiustizia, contro l'inganno. Si puo' essere nonviolenti solo nel conflitto, si puo' essere nonviolenti solo se si lotta per la giustizia. Gli indifferenti, coloro che chiudono gli occhi, chi se ne sta chiuso in casa sua, non e' nonviolento. La nonviolenza e' lotta integrale e intransigente contro l'ingiustizia. La nonviolenza e' il contrario della vilta', il contrario dell'egoismo, il contrario della passivita', il contrario del motto fascista "me ne frego". La nonviolenza e' quella specifica forma di gestione del conflitto che ripudia la violenza e si propone come fine precipuo di combatterla e di abolirla.
4.3.10. La nonviolenza e' ripudio assoluto della violenza. (...)
4.3.11. Per la critica della violenza. Elenchiamo alcune ragioni essenziali per cui occorre essere rigidamente contro la violenza. Citiamo da Giuliano Pontara, voce Nonviolenza, in AA.VV., Dizionario di politica, Tea, Torino 1992: (...)
4.3.12. Perche' ci diciamo "amici della nonviolenza" e non "nonviolenti". Ci diciamo "amici della nonviolenza" e non "nonviolenti" perche', come spiegava Aldo Capitini, dobbiamo essere modesti e realistici: la nonviolenza è un ideale cui tendere, un ideale assai impegnativo, una pratica da verificare giorno per giorno nella vita quotidiana, nei rapporti interpersonali come nelle grandi lotte necessarie; e solo nella verifica quotidiana per un verso, e nel momento piu' aspro della lotta, per l'altro, si evidenzia la nostra capacita' di attenerci ad essa, di esserne creativamente gli artefici; quindi evitiamo di sembrare sbruffoni, e consideriamoci per quello che siamo: donne e uomini in ricerca, per un'umanita' di liberi ed eguali, appunto: amici della nonviolenza.
5. Parte quinta: per approfondire
5.1. Pubblicazioni introduttive e monografiche
Tra le pubblicazioni in volume segnaliamo particolarmente Charles C. Walker, Manuale per l'azione diretta nonviolenta, Edizioni del Movimento Nonviolento, Perugia (un opuscolo di poche decine di pagine, utilissimo); Alberto L'Abate (a cura di), Addestramento alla nonviolenza, Satyagraha, Torino; Aldo Capitini, Le tecniche della nonviolenza, Libreria Feltrinelli, poi Linea d'ombra, Milano; Gene Sharp, Politica dell'azione nonviolenta, 3 volumi, Edizioni Gruppo Abele, Torino; Christian Mellon, Jacques Semelin, La non-violence, P.U.F., Paris. In opuscolo segnaliamo la nostra Guida pratica all'azione diretta nonviolenta delle mongolfiere per la pace, Centro di ricerca per la pace, Viterbo.
5.2. Alcuni autori fondamentali (...)
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OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XVI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, centropacevt at gmail.com, web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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