[Nonviolenza] Telegrammi. 2126
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- Date: Sun, 4 Oct 2015 00:52:10 +0200 (CEST)
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TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 2126 del 4 ottobre 2015
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com
Sommario di questo numero:
1. Da Lampedusa a Kunduz. Parole dette in un incontro a Viterbo
2. Movimento Nonviolento, Peacelink e Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo: Un appello per il 4 novembre: "Ogni vittima ha il volto di Abele"
3. Verso la "Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne" del 25 novembre
4. Per sostenere il centro antiviolenza "Erinna"
5. In memoria di Francesco d'Assisi e di Anne Sexton
6. Enrico Peyretti: Introduzione a "Il vangelo della pace" di Roberto Filippini
7. Segnalazioni librarie
8. La "Carta" del Movimento Nonviolento
9. Per saperne di piu'
1. INCONTRI. DA LAMPEDUSA A KUNDUZ. PAROLE DETTE IN UN INCONTRO A VITERBO
Si e' svolto sabato 3 ottobre 2015 a Viterbo presso il "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" un incontro di commemorazione delle vittime della strage di Lampedusa del 3 ottobre 2013.
Nel corso dell'incontro il responsabile della struttura nonviolenta viterbese, Peppe Sini, ha sottolineato la necessita' e l'urgenza non solo di attivita' di soccorso immediato, ma anche di politiche nonviolente complessive per fermare le guerre e salvare le vite.
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Fermare la strage nel Mediterraneo
Ancora una volta va evidenziato che le stragi dei migranti in fuga da fame e guerre avvengono per responsabilita' dei governi europei che impediscono a persone totalmente innocenti di giungere in salvo in Europa in modo legale e sicuro con mezzi di trasporto pubblici e regolari come sarebbe loro evidente diritto.
Il criminale mercato mafioso dei trafficanti di esseri umani e' creato dalle politiche disumane dei governi europei: basterebbe che gli stati europei, o anche uno solo di essi, ad esempio l'Italia, riconoscesse il diritto di tutti gli esseri umani a muoversi liberamente sull'unico pianeta casa comune dell'umanita', e quindi consentisse l'ingresso legale e sicuro nel proprio territorio con mezzi di trasporto legali e ordinari, per far scomparire il mercato dei trafficanti mafiosi e per salvare quindi innumerevoli vite umane.
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Fermare le guerre e la rapina
A questo va aggiunta una chiara comprensione delle cause delle migrazioni delle vittime in fuga dalla fame e dalle guerre: e queste cause sono la rapina economica dei poteri dominanti planetari, e le guerre, le dittature, i regimi criminali e terroristi imposti dai poteri dominanti ai popoli rapinati nei paesi del Sud del mondo.
Le migrazioni cesseranno quando le persone attualmente in fuga potranno vivere in condizioni di benessere, giustizia e liberta' nei loro paesi.
Occorre quindi far cessare le guerre, cessare di armare i regimi e i poteri assassini, cessare di rapinare e lasciar rapinare interi continenti; occorre sostenere materialmente i popoli, i paesi, gli istituti democratici del Sud del mondo nell'impegno per una vita degna, per la pace, per il rispetto dei diritti umani, la convivenza civile, la legalita' che salva le vite, la difesa dell'ambiente.
Solo la pace salva le vite: e per costruire la pace occorre il disarmo e la smilitarizzazione; occorre il rispetto della vita e il riconoscimento della dignita' e dei diritti di tutti gli esseri umani; occorre la nonviolenza.
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Da Lampedusa a Kunduz
Questo stesso giorno a Kunduz, in Afghanistan, un bombardamento della Nato ha seminato strage in un ospedale.
Questo orrore, uno fra molti, ci ricorda anche che l'Italia partecipa a quella guerra, ci ricorda anche che l'Italia fa parte di un'alleanza terrorista e stragista come la Nato, ci ricorda anche che lo stato italiano dissipa 72 milioni di euro al giorno in spese militari, ci ricorda anche che l'Italia fornisce armi assassine a guerre, dittature, poteri criminali.
Tutto cio' deve cessare: l'Italia deve tornare al rispetto della sua legge fondamentale, la Costituzione della Republica italiana, che all'art. 11 "ripudia la guerra": cessi il crimine della partecipazione italiana alle guerre; cessi il crimine della partecipazione italiana ad alleanza terroriste e stragiste come la Nato; cessi il crimine dello scellerato sperpero di 72 milioni di euro al giorno a fini di morte; cessi il crimine della produzione e del commercio di armi assassine.
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Ieri, oggi, domani
Ricorreva ieri la Giornata internazionale della nonviolenza, e qui a Viterbo due iniziative l'hanno testimoniata in modo nitido e luminoso.
L'iniziativa promossa dalle donne del Centro antiviolenza "Erinna" che per le vie e nelle principali piazze cittadine hanno richiamato tutte e tutti alla propria dignita' e responsabilita' di esseri umani: con la forza sconvolgente dei corpi avvolti nei panni del lutto, del silenzio piu' forte di ogni parola, dello sguardo fermo e profondo, le donne in nero hanno saputo rendere visibile, finalmente manifesto, il lutto, il dolore, l'orrore delle guerre in corso, della violenza bellica e assassina, della violenza razzista e persecutrice, della violenza maschilista onnioppressiva ed onnidistruttiva.
Non una delle persone che hanno assistito ieri al silenzio incedere ed al silenzioso ristare di quella bruna e bruciante presenza, rocciosa e fragile, muta ed eloquentissima, di corpi di donne nel dolore, ha potuto trattenere lo sgomento e le lacrime, ha potuto evitare di porsi all'ascolto di quel silenzio piu' forte del tuono e della tempesta: ogni volta che le donne in nero scendono in piazza l'umana coscienza risorge. Lo sguardo che le vede comanda all'animo di ogni persona di porsi alla sequela di quell'appello: alla pace, alla solidarieta', al riconoscimento della comune dignita', alla lotta nonviolenta contro tutte le oppressioni, alla liberazione comune.
E sempre ieri, sempre a Viterbo, prima di unirsi alla manifestazione delle donne in nero, le volontarie ed i volontari in servizio civile presso la Caritas hanno anch'esse e anch'essi celebrato la giornata della nonviolenza con un incontro di autoformazione in cui sono stati esplorati molti aspetti e diverse dimensioni della nonviolenza muovendo dal vivo delle proprie personali esperienze e riflessioni e ponendosi dinanzi ai principali drammi odierni dell'umanita'.
L'appello, il messaggio di queste iniziative, di questa giornata che l'Onu ha istituito nell'anniversario della nascita di Gandhi per convocare l'umanita' intera alla scelta della nonviolenza, sia impegno di ogni giorno per ogni persona di volonta' buona, per ogni civile associazione, per ogni istituzione democratica.
Solo la nonviolenza si oppone alla violenza in modo concreto, coerente, adeguato.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' e la biosfera dalla catastrofe.
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Verso il 4 novembre
E l'occasione di questo odierno incontro e' propizia anche per ricordare che il 4 novembre si svolgera' ancora una volta, promossa da vari movimenti nonviolenti, l'iniziativa "Ogni vittima ha il volto di Abele", il cui appello chiede a tutte le persone di volonta' buona di impegnarsi affinche' in quella data "si realizzino in tutte le citta' d'Italia commemorazioni nonviolente delle vittime di tutte le guerre, commemorazioni che siano anche solenne impegno contro tutte le guerre e le violenze. Affinche' il 4 novembre, anniversario della fine dell'"inutile strage" della prima guerra mondiale, cessi di essere il giorno in cui i poteri assassini irridono gli assassinati, e diventi invece il giorno in cui nel ricordo degli esseri umani defunti vittime delle guerre gli esseri umani viventi esprimono, rinnovano, inverano l'impegno affinche' non ci siano mai piu' guerre, mai piu' uccisioni, mai piu' persecuzioni. (...) solo opponendosi a tutte le guerre si onora la memoria delle persone che dalle guerre sono state uccise. Affermando il diritto e il dovere di ogni essere umano e la cogente obbligazione di ogni ordinamento giuridico democratico di adoperarsi per salvare le vite, rispettare la dignita' e difendere i diritti di tutti gli esseri umani".
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Quid agendum
Cosa occorre dunque fare per ricordare e onorare le vittime delle guerre e delle stragi, le vittime di Lampedusa e quelle di Kunduz, e tutte le vittime delle armi assassine?
Occorre fare quello che da tempo chiediamo al Parlamento italiano; ripetiamolo ancora una volta.
Occorre soccorrere, accogliere, assistere tutti gli esseri umani in fuga dalla fame e dalle guerre; occorre riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere in modo legale e sicuro nel nostro paese; occorre andare a soccorrere e prelevare con mezzi di trasporto pubblici e gratuiti tutti i migranti lungo gli itinerari della fuga, sottraendoli agli artigli dei trafficanti; occorre un immediato ponte aereo di soccorso internazionale che prelevi i profughi direttamente nei loro paesi d'origine e nei campi collocati nei paesi limitrofi e li porti in salvo qui in Europa.
Occorre cessare di fare, fomentare, favoreggiare, finanziare le guerre che sempre e solo consistono nell'uccisione di esseri umani; occorre proibire la produzione e il commercio delle armi; occorre che l'Italia cessi di partecipare alle guerre in corso; occorre che l'Italia esca dalla Nato e denunci la Nato per quello che essa effettualmente e': un'organizzazione criminale, terrorista e stragista; occorre che l'Italia cessi di sperperare 72 milioni di euro al giorno in scellerate spese militari; occorre il disarmo e la smilitarizzazione.
Ed occorre abolire in Italia i campi di concentramento, le deportazioni, e le altre misure e pratiche razziste e schiaviste, criminali e criminogene, che flagrantemente confliggono con la Costituzione, con lo stato di diritto, con la democrazia, con la civilta'; occorre riconoscere immediatamente il diritto di voto nelle elezioni amministrative a tutte le persone residenti; occorre contrastare i poteri criminali, razzisti, schiavisti e assassini.
Ed occorre sostenere i centri antiviolenza creati dal movimento delle donne; occorre ottenere la piena applicazione della Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne (convenzione che e' stata ratificata come legge dello stato italiano e di molti altri stati, ed e' ancora quasi del tutto inapplicata); occorre contrastare la violenza maschilista e patriarcale che e' la prima radice di tutte le altre violenze.
Ed occorre cessare di rapinare interi popoli, interi continenti; occorre promuovere la pace con mezzi di pace; che l'Italia realizzi una politica della pace e dei diritti umani, del disarmo e della smilitarizzazione, della legalita' che salva le vite, della democrazia che salva le vite, della civilta' che salva le vite; che l'Italia avvii una politica nonviolenta: contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'; vi e' una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera; salvare le vite e' il primo dovere.
Ogni vittima ha il volto di Abele; solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' e la biosfera.
2. REPETITA IUVANT. MOVIMENTO NONVIOLENTO, PEACELINK E CENTRO DI RICERCA PER LA PACE E I DIRITTI UMANI DI VITERBO: UN APPELLO PER IL 4 NOVEMBRE: "OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE"
[Riproponiamo l'appello promosso gia' negli scorsi anni da Movimento Nonviolento, Peacelink e Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo per il 4 novembre: "Ogni vittima ha il volto di Abele"]
Intendiamo proporre per il 4 novembre l'iniziativa nonviolenta "Ogni vittima ha il volto di Abele".
Proponiamo che il 4 novembre si realizzino in tutte le citta' d'Italia commemorazioni nonviolente delle vittime di tutte le guerre, commemorazioni che siano anche solenne impegno contro tutte le guerre e le violenze.
Affinche' il 4 novembre, anniversario della fine dell'"inutile strage" della prima guerra mondiale, cessi di essere il giorno in cui i poteri assassini irridono gli assassinati, e diventi invece il giorno in cui nel ricordo degli esseri umani defunti vittime delle guerre gli esseri umani viventi esprimono, rinnovano, inverano l'impegno affinche' non ci siano mai piu' guerre, mai piu' uccisioni, mai piu' persecuzioni.
Queste iniziative di commemorazione e di impegno morale e civile devono essere rigorosamente nonviolente. Non devono dar adito ad equivoci o confusioni di sorta; non devono essere in alcun modo ambigue o subalterne; non devono prestare il fianco a fraintendimenti o mistificazioni. Queste iniziative di addolorato omaggio alle vittime della guerra e di azione concreta per promuovere la pace e difendere le vite, devono essere rigorosamente nonviolente.
Occorre quindi che si svolgano in orari distanti e assolutamente distinti dalle ipocrite celebrazioni dei poteri armati, quei poteri che quelle vittime fecero morire.
Ed occorre che si svolgano nel modo piu' austero, severo, solenne: depositando omaggi floreali dinanzi alle lapidi ed ai sacelli delle vittime delle guerre, ed osservando in quel frangente un rigoroso silenzio.
Ovviamente prima e dopo e' possibile ed opportuno effettuare letture e proporre meditazioni adeguate, argomentando ampiamente e rigorosamente perche' le persone amiche della nonviolenza rendono omaggio alle vittime della guerra e perche' convocano ogni persona di retto sentire e di volonta' buona all'impegno contro tutte le guerre, e come questo impegno morale e civile possa concretamente limpidamente darsi. Dimostrando che solo opponendosi a tutte le guerre si onora la memoria delle persone che dalle guerre sono state uccise. Affermando il diritto e il dovere di ogni essere umano e la cogente obbligazione di ogni ordinamento giuridico democratico di adoperarsi per salvare le vite, rispettare la dignita' e difendere i diritti di tutti gli esseri umani.
A tutte le persone amiche della nonviolenza chiediamo di diffondere questa proposta e contribuire a questa iniziativa.
Contro tutte le guerre, contro tutte le uccisioni, contro tutte le persecuzioni.
Per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.
Movimento Nonviolento, per contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org
Peacelink, per contatti: e-mail: info at peacelink.it, sito: www.peacelink.it
Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo, per contatti: e-mail: nbawac at tin.it e centropacevt at gmail.com, web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
3. REPETITA IUVANT. VERSO LA "GIORNATA INTERNAZIONALE PER L'ELIMINAZIONE DELLA VIOLENZA CONTRO LE DONNE" DEL 25 NOVEMBRE
Si svolge il 25 novembre la "Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne".
Ovunque si realizzino iniziative.
Ovunque si contrasti la violenza maschilista e patriarcale.
Ovunque si sostengano i centri antiviolenza delle donne.
Ovunque si educhi e si lotti per sconfiggere la violenza maschilista e patriarcale, prima radice di tutte le altre violenze.
4. REPETITA IUVANT. PER SOSTENERE IL CENTRO ANTIVIOLENZA "ERINNA"
Per sostenere il centro antiviolenza delle donne di Viterbo "Erinna" i contributi possono essere inviati attraverso bonifico bancario intestato ad Associazione Erinna, Banca Etica, codice IBAN: IT60D0501803200000000287042.
O anche attraverso vaglia postale a "Associazione Erinna - Centro antiviolenza", via del Bottalone 9, 01100 Viterbo.
Per contattare direttamente il Centro antiviolenza "Erinna": tel. 0761342056, e-mail: e.rinna at yahoo.it, onebillionrisingviterbo at gmail.com, sito: http://erinna.it
Per destinare al Centro antiviolenza "Erinna" il 5 per mille inserire nell'apposito riquadro del modello per la dichiarazione dei redditi il seguente codice fiscale: 90058120560.
5. ANNIVERSARI. IN MEMORIA DI FRANCESCO D'ASSISI ED ANNE SEXTON
Ricorre oggi, 4 ottobre, il giorno in cui si fa memoria di Francesco d'Assisi e l'anniversario della scomparsa di Anne Sexton (Newton, 9 novembre 1928 - Weston, 4 ottobre 1974).
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Nel ricordo di Francesco d'Assisi e di Anne Sexton proseguiamo nell'azione nonviolenta per la pace e i diritti umani; contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Vi e' una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' e la biosfera.
6. LIBRI. ENRICO PEYRETTI: INTRODUZIONE A "IL VANGELO DELLA PACE" DI ROBERTO FILIPPINI
[Dal sito del Centro studi "Sereno Regis" di Torino (http://serenoregis.org) riprendiamo il testo dell'introduzione di Enrico Peyretti, intitolata "La croce della pace", al libro di Roberto Filippini, Il vangelo della pace, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2015, pp. 106, euro 12.
Enrico Peyretti (1935) e' uno dei maestri della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; e' stato presidente della Fuci tra il 1959 e il 1961; nel periodo post-conciliare ha animato a Torino alcune realta' ecclesiali di base; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le opere di Enrico Peyretti: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; Il diritto di non uccidere. Schegge di speranza, Il Margine, Trento 2009; Dialoghi con Norberto Bobbio, Claudiana, Torino 2011; Il bene della pace. La via della nonviolenza, Cittadella, Assisi 2012; Elogio della gratitudine, Cittadella, Assisi 2015; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, che e stata piu' volte riproposta anche su questo foglio; vari suoi interventi (articoli, indici, bibliografie) sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.info e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Un'ampia bibliografia (ormai da aggiornare) degli scritti di Enrico Peyretti e' in "Voci e volti della nonviolenza" n. 68.
Don Roberto Filippini e' biblista e rettore del Seminario di Pisa, e' anche cappellano del carcere don Bosco nonche' delegato diocesano per l'ecumenismo e il dialogo. Membro del gruppo "Franz Jagerstatter per la nonviolenza", ha compiuto gli studi di teologia alla Pontificia Universita' Gregoriana e si e' specializzato in Scienze Bibliche al Pontificio Istituto Biblico di Roma. Insegna Teologia Fondamentale ed esegesi del Nuovo Testamento presso lo Studio teologico interdiocesano e presso l'Istituto superiore di Scienze Religiose di Pisa. E' autore di varie rilevanti publicazioni]
Questo scritto di Roberto Filippini e' davvero serio perche' accoglie la pesante serieta' del problema, alla quale non si puo' sfuggire. Volere la pace giusta non puo' essere un volo nell'ideale, ma l'ideale della pace non puo' neppure essere un continuo rinvio restando chiusi nella durezza del reale.
Non uccidere, ma difendere chi sta per venire ucciso. Questo incrocio di due doveri, che sono lo stesso dovere nelle sue due facce, e' la croce della pace, che il cristiano - ma ogni persona sensibile al valore della vita - incontra sulla sua strada, e non deve evitare.
Come ogni brancolante ma appassionato cercatore della pace giusta, non quella imposta con la vittoria - la "pax romana" non e' pace, perche' anche il dominio statico e' violenza -, conosco l'accusa facile, eppure da ascoltare: sei un illuso, sei fuori dalla realta', anzi tradisci il dovere di difendere la vita e il diritto minacciati e offesi, e di difenderli in modo efficace.
Il punto d'appoggio della trattazione di Filippini e' il Discorso della Montagna di Gesu'. Che cosa dice ai discepoli, ma pure ad ogni cuore sensibile, questo annuncio essenziale e questo appello maggiore di Gesu'? Dice che ci e' promessa una riuscita della vita nel donare, nel portare i pesi dell'esistenza, e non c'e' una riuscita nel prendere e nell'imporsi. E' la rivelazione di un di piu' della vita rispetto a cio' che il mondo chiuso in se' riesce a realizzare e considera un successo, ma al troppo caro prezzo di divisioni, ingiustizie, dolori inflitti, offese alla dignita' umana, in realta' un fallimento della vita. Questa e' la vera illusione del mondo, non della speranza.
Il Discorso della Montagna, centro alto del vangelo, ricevuto e creduto dai cristiani, implica la pace come rinuncia alla violenza e come attuazione dell'amore per tutti, ma la durezza e difficolta' dell'esistenza coi suoi conflitti ha spinto molto spesso i cristiani a restare e tornare nella logica del "mondo". E questo non solo nelle pratiche, ma anche nel pensiero che giustifica la necessita' della violenza. Come possiamo noi cristiani annunciare al mondo umano la promessa di Gesu', se ne testimoniamo il tradimento e l'oblio?
La ricerca della pace non e' solo per un miglioramento pratico dell'esistenza e una diminuzione dei dolori, ma ci mette, come cristiani, totalmente in gioco: noi non portiamo una speranza vera, noi non abbiamo fede, noi non accogliamo lo Spirito del Dio vivente, se non crediamo attivamente nella possibilita' della pace giusta. Noi, chiese cristiane, singoli discepoli, siamo giudicati da Dio e dall'umanita', perche' abbiamo creduto poco, crediamo poco, abbiamo una fede sterile, se la pace resta fuori dalla vita e dalla storia.
Credere con fiducia in una nuova vita oltre la morte - se questo e' essere cristiani, discepoli del Risorto - implica negare fede all'impero della morte, alla razionalita' necrofila e vittimaria, per cui un conflitto duro, un'alternativa radicale, si risolve solo con la distruzione di uno dei due, con la morte fatta regina dell'esistenza. Se credi nella guerra, nell'ostilita', nella separazione delle vite e delle civilta', nelle ragioni della forza bruta, nel "mors tua vita mea", credi che la morte e' tutto. Non c'e' altro dio. Cosi', l'esistenza e' nulla, la vita e' nulla perche' destinata al nulla. Se la mia ragione, il mio diritto, si affermano con la morte, io sono una cosa morta. La vita non vale, se non per un momento, nella volonta' di potenza, nel dominio sopra un altro vivente.
Pero', attenzione, oneste persone, amanti dell'umanita', interpretano l'esistenza come chiusa dalla morte naturale, e seguono una sincera "etica del finito", senza ridurre tutto nella volonta' di potenza, senza disconoscere un valore prezioso, intoccabile, di questa esistenza mortale, senza cessare di difendere e amare la vita, pur destinata a sfumare. In ogni caso, una vittoria del dominio e della logica eliminatoria insidia radicalmente il significato dell'esistenza, svuota anche il provvisorio e destina tutto al nulla. La fede audace dei cristiani in una vita nuova, dataci dal Vivente, consiste del tutto nel fatto che il loro maestro, rifiutando la spada, ha accettato - con infinito coraggio nell'angoscia immensa, fedele al suo compito fino in fondo, a rischio di soccombere al nulla e di perdere il Padre suo, sua ragione di vita - ha accettato di sopportare la morte orrenda pur di non darla, ha accettato di non annullare neppure i negatori, di non opporre male al male. Questa vita ha reso cosi' tanto vivo il coraggio vitale, che la morte piu' potente ne rimane sfibrata e vinta. Percio' riconosciamo Gesu' vivo sopra la morte, e lo ascoltiamo dirci: "Io vivo, e voi vivrete" (Giovanni 14,19). Se credi nella risurrezione sei contro i poteri che danno la morte. Questa fede ci giudica. Su questa fede il mondo ha diritto di giudicarci, e, se siamo infedeli, di condannarci.
Infatti, la questione della pace e' per noi anche questione teologica: quando gli esseri umani si colpiscono tra loro colpiscono Dio, che a loro si e' legato. Questa vita fragile e mortale, facilmente fallibile, e' preziosa per Dio, che ci prega e ci comanda, ci comanda e ci prega, come Oscar Romero nell'ultima omelia, costatagli la vita: "Vi supplico, vi prego, vi ordino" di non uccidere. Dio muore con noi, e vive con noi, affinche' noi possiamo vivere. Dobbiamo continuamente ripensare Dio, comprendendo piu' intimamamente e piu' veramente la parola di se' che egli ci mette in cuore. Abbiamo persino pensato un Dio della morte, un tiranno arbitrario e punitore feroce, credendo cosi' di dargli grandezza mentre lo bestemmiavamo. Consiglio, per una sintesi, di leggere il capitolo 9, su Dio nonviolento, del libro di Raniero La Valle, Chi sono io, Francesco?, che mostra la rivoluzione in corso anche su questo punto.
Eppure, chi ci giudica, ha davvero diritto di giudicarci? Coloro che si rassegnano facilmente al fatto che i conflitti - i quali, vissuti in positivo, potrebbero essere confronti plurali e passi di crescita - siano decisi dalla forza bruta e non dalla ragione comune, non dal dialogo e dalla mediazione dei rispettivi diritti; coloro che di questo fatto fanno una ideologia, una fatalita', una legge della storia, a cui rendono onore col glorificare la violenza militare e i suoi simboli arroganti, con l'identificare il diritto-dovere di difesa e la relativa politica soltanto nelle armi, e lo Stato nell'esercito quale suo simbolo piu' pieno (parata militare del 2 giugno, nella festa italiana meno armata che ci sia!); coloro che alle vittime della violenza bellica rendono l'ipocrita omaggio dei monumenti, dopo avere usato le loro vite come strumenti di morte, offerti alla morte; ebbene tutti costoro - dobbiamo dirlo con umile doveroso orgoglio! - non hanno diritto di criticare e irridere la nostra speranza sempre sospesa e sempre rinata.
Noi stiamo lavorando in questa faticosa speranza anche per loro, disperati spegnitori di speranza. Siamo noi che osiamo umilmente accusare loro, perche' rinunciare alla speranza attiva e' servire la morte, e' essere gia' morti. Anche per i mortiferi affossatori sistematici della pace, noi speriamo la vita. Anche per i fabbricanti degli strumenti piu' micidiali di morte, e per i mercanti che, per maledetto profitto, esigono che la guerra divampi e uccida vite e distrugga le case della vita e la terra della vita, per far consumare i loro prodotti che sparano morte e succhiano sangue, anche per costoro noi lavoriamo.
Ci sia consentito, mentre ci esaminiamo seriamente su questa croce della pace, accusare con le accuse di Gesu' chi si arricchisce e fa mestiere della guerra. Non e' con loro la giustizia: "La giustizia scappa dal campo dei vincitori" (Simone Weil, Quaderni III, p. 158, citato in Giancarlo Gaeta, Simone Weil, Edizioni Cultura della Pace, Fiesole 1992, p. 137). Chi fa la guerra, chi la prepara, fa la guerra alla giustizia. Il tuo nemico e' chi ti guida alla guerra, diceva con semplice verita' Brecht.
Pero', la ricerca per la pace e la nonviolenza attiva e' anti-armismo, porta il simbolo del fucile spezzato, ma non puo' essere identificata con l'antimilitarismo. E' programma costruttivo, e non distruttivo. I militari come persone umane, impegnati come tutti noi nelle difficolta' della vita, non sono i nostri nemici. Nemica e' la cultura di guerra: la guerra che, da triste caduta, diventa istituzione, idolo antropofago, regina della storia. La violenza che uccide e distrugge e' soltanto l'effetto della violenza strutturale, sistemica, e serve a difendere questo dominio offensivo. Ma ancora piu' radicale e devastante e' l'idea instillata e installata nelle menti, il dogma per cui diseguaglianza, dominio, morte sopra la vita, sono una legge insuperabile. Chi ribadisce questa cultura di morte, e' lui l'omicida impunito. Noi, che ci sentiamo colpevoli di tiepidezza e contraddizioni riguardo alla pace, accusiamo chi nutre questa radice interiore del male. Non vogliamo accusare di malvagita' nessuna persona, ma malvagio e' questo pensiero che imprigiona le persone, che lega le menti come schiave, ed e' fonte di infiniti dolori e offese, fallimento dell'umanita' sulla terra.
Ma soprattutto ora, con l'aiuto dell'Autore di questo studio coraggioso nella verita', noi assumiamo la nostra contraddizione. Facciamo questa penitenza che, nella fede, e' base di nuovo coraggio e volonta'. La confessata contraddizione dei cristiani, piu' che una facile soluzione, piu' che una rassegnazione nella sua insolubilita', a mio parere richiede cammino, movimento, con una direzione chiara, che e' quella evangelica: la pace e' dono e promessa, percio' e' impegno non destinato a fallire. Proprio l'assunzione del nostro limite storico, proprio il fatto innegabile (anche per Gandhi, anche per Bonhoeffer) che in certe tragiche situazioni estreme una violenza minore puo' evitare una violenza maggiore, ci rende umili nella speranza, ma ci sprona ancora di piu' in avanti, per prevenire, evitare, modificare quelle situazioni, trasformandole verso modi non distruttivi, sempre meno distruttivi, di gestire i conflitti umani. Perche' conflitto, contro l'uso equivoco, non e' sinonimo di guerra, ma vuol dire le differenze che possono arricchire la vita invece di appiattirla nella vittoria cieca.
Il piu' micidiale conflitto violento e negatore e' l'odio religioso: la propria arma divinizzata, che trascina Dio, un dio fatto strumento assoluto, contro altri figli suoi. Uno dei passi di pace piu' necessari urgenti e costruttivi e' il dialogo e il riconoscimento tra tutte le religioni, tra tutti i buoni tentativi che l'umanita' ha fatto per dare senso alla vita, cogliendo tracce di luce. Il dialogo pacifico e fine nulla toglie e molto aggiunge al valore proprio e prezioso di ogni via spirituale e di ogni luce di verita'. Anche su questo punto il libro del nostro Autore propone prospettive di valore: qualcuno potra' stupirsi nel sentire in Ratzinger echi di pensieri di Gandhi e di Panikkar. Questo lavoro di pace interreligiosa e' ampio, lungo, faticoso, chiede aperture interiori e incontra anche feroci ostacoli, ma da' respiro alla speranza.
Tra l'utopismo astratto e irresponsabile (che non e' l'utopia intelligente), e il realismo triste e fermo, c'e' il cammino. Il cammino non e' volo e non e' pigrizia inerte. Camminare e' amore del bene. Il bene vero viene incontro alla nostra umanita'. Qualcuno ci prova, ma e' difficile e forse impossibile fare un bilancio della storia, se cioe' cresce la guerra o la pace. Non importa. Anche al bilancio possiamo rinunciare, come all'avere tutta la ragione. Non possiamo rinunciare a camminare. E il cammino e' la storia e il pensiero della nonviolenza, che e' realta' vissuta e sperimentata, sebbene poco conosciuta, anche occultata, percio' poco preparata e organizzata. Il lavoro dell'Autore ha il merito raro di dare questo riconoscimento alla teoria e alla prassi della nonviolenza.
7. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Letture
- Vincenzo Orsomarso, Da Labriola a Gramsci. Educazione e politica nel marxismo italiano, Edizioni Nuova Cultura, Roma 2015, pp. VI + 180, euro 16.
8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
9. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 2126 del 4 ottobre 2015
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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