[Nonviolenza] Telegrammi. 2118
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- Date: Fri, 25 Sep 2015 23:11:57 +0200 (CEST)
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TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 2118 del 26 settembre 2015
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com
Sommario di questo numero:
1. Cio' che dobbiamo immediatamente fare
2. Papa Francesco: Discorso all'assemblea plenaria del Congresso degli Stati Uniti d'America
3. Papa Francesco: Discorso all'assemblea generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite
4. "Per un accostamento alla nonviolenza". Un incontro di studio a Viterbo
5. Verso la "Giornata internazionale della nonviolenza" del 2 ottobre
6. Movimento Nonviolento, Peacelink e Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo: Un appello per il 4 novembre: "Ogni vittima ha il volto di Abele"
7. Verso la "Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne" del 25 novembre
8. Per sostenere il centro antiviolenza "Erinna"
9. In memoria di Gloria Anzaldua, di Walter Benjamin, di Andrea Dworkin, di Paolo Spriano
10. Segnalazioni librarie
11. La "Carta" del Movimento Nonviolento
12. Per saperne di piu'
1. REPETITA IUVANT. CIO' CHE DOBBIAMO IMMEDIATAMENTE FARE
Occorre soccorrere, accogliere, assistere tutti gli esseri umani in fuga dalla fame e dalle guerre.
Occorre riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere in modo legale e sicuro nel nostro paese.
Occorre andare a soccorrere e prelevare con mezzi di trasporto pubblici e gratuiti tutti i migranti lungo gli itinerari della fuga, sottraendoli agli artigli dei trafficanti.
Occorre un immediato ponte aereo di soccorso internazionale che prelevi i profughi direttamente nei loro paesi d'origine e nei campi collocati nei paesi limitrofi e li porti in salvo qui in Europa.
Occorre cessare di fare, fomentare, favoreggiare, finanziare le guerre che sempre e solo consistono nell'uccisione di esseri umani.
Occorre proibire la produzione e il commercio delle armi.
Occorre promuovere la pace con mezzi di pace.
Occorre cessare di rapinare interi popoli, interi continenti.
In Italia occorre abolire i campi di concentramento, le deportazioni, e le altre misure e pratiche razziste e schiaviste, criminali e criminogene, che flagrantemente confliggono con la Costituzione, con lo stato di diritto, con la democrazia, con la civilta'.
In Italia occorre riconoscere immediatamente il diritto di voto nelle elezioni amministrative a tutte le persone residenti.
In Italia occorre contrastare i poteri criminali, razzisti, schiavisti e assassini.
L'Italia realizzi una politica della pace e dei diritti umani, del disarmo e della smilitarizzazione, della legalita' che salva le vite, della democrazia che salva le vite, della civilta' che salva le vite.
L'Italia avvii una politica nonviolenta: contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni. Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' e la biosfera.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Vi e' una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
2. DOCUMENTAZIONE. PAPA FRANCESCO: DISCORSO ALL'ASSEMBLEA PLENARIA DEL CONGRESSO DEGLI STATI UNITI D'AMERICA
[Dal sito del Vaticano riprendiamo il testo integrale del discorso di papa Bergoglio all'assemblea plenaria del Congresso degli Stati Uniti d'America del 24 settembre 2015]
Signor Vicepresidente,
Signor Presidente della Camera dei Rappresentanti,
Onorevoli Membri del Congresso,
Cari Amici,
sono molto grato per il vostro invito a rivolgermi a questa Assemblea Plenaria del Congresso nella "terra dei liberi e casa dei valorosi". Mi piace pensare che la ragione di cio' sia il fatto che io pure sono un figlio di questo grande continente, da cui tutti noi abbiamo ricevuto tanto e verso il quale condividiamo una comune responsabilita'.
Ogni figlio o figlia di una determinata nazione ha una missione, una responsabilita' personale e sociale. La vostra propria responsabilita' come membri del Congresso e' di permettere a questo Paese, grazie alla vostra attivita' legislativa, di crescere come nazione. Voi siete il volto di questo popolo, i suoi rappresentanti. Voi siete chiamati a salvaguardare e a garantire la dignita' dei vostri concittadini nell'instancabile ed esigente perseguimento del bene comune, che e' il fine di ogni politica.
Una societa' politica dura nel tempo quando si sforza, come vocazione, di soddisfare i bisogni comuni stimolando la crescita di tutti i suoi membri, specialmente quelli in situazione di maggiore vulnerabilita' o rischio. L'attivita' legislativa e' sempre basata sulla cura delle persone. A questo siete stati invitati, chiamati e convocati da coloro che vi hanno eletto.
Il vostro e' un lavoro che mi fa riflettere sulla figura di Mose', per due aspetti. Da una parte il patriarca e legislatore del popolo d'Israele simbolizza il bisogno dei popoli di mantenere vivo il loro senso di unita' con gli strumenti di una giusta legislazione. Dall'altra, la figura di Mose' ci conduce direttamente a Dio e quindi alla dignita' trascendente dell'essere umano. Mose' ci offre una buona sintesi del vostro lavoro: a voi viene richiesto di proteggere, con gli strumenti della legge, l'immagine e la somiglianza modellate da Dio su ogni volto umano.
Oggi vorrei rivolgermi non solo a voi, ma, attraverso di voi, all'intero popolo degli Stati Uniti. Qui, insieme con i suoi rappresentanti, vorrei cogliere questa opportunita' per dialogare con le molte migliaia di uomini e di donne che si sforzano quotidianamente di fare un'onesta giornata di lavoro, di portare a casa il pane quotidiano, di risparmiare qualche soldo e - un passo alla volta - di costruire una vita migliore per le proprie famiglie. Sono uomini e donne che non si preoccupano semplicemente di pagare le tasse, ma, nel modo discreto che li caratterizza, sostengono la vita della societa'. Generano solidarieta' con le loro attivita' e creano organizzazioni che danno una mano a chi ha piu' bisogno.
Vorrei anche entrare in dialogo con le numerose persone anziane che sono un deposito di saggezza forgiata dall'esperienza e che cercano in molti modi, specialmente attraverso il lavoro volontario, di condividere le loro storie e le loro esperienze. So che molti di loro sono pensionati, ma ancora attivi, e continuano a darsi da fare per costruire questo Paese. Desidero anche dialogare con tutti quei giovani che si impegnano per realizzare le loro grandi e nobili aspirazioni, che non sono sviati da proposte superficiali e che affrontano situazioni difficili, spesso come risultato dell'immaturita' di tanti adulti. Vorrei dialogare con tutti voi, e desidero farlo attraverso la memoria storica del vostro popolo.
La mia visita capita in un momento in cui uomini e donne di buona volonta' stanno celebrando gli anniversari di alcuni grandi Americani. Nonostante la complessita' della storia e la realta' della debolezza umana, questi uomini e donne, con tutte le loro differenze e i loro limiti, sono stati capaci con duro lavoro e sacrificio personale - alcuni a costo della propria vita - di costruire un futuro migliore. Hanno dato forma a valori fondamentali che resteranno per sempre nello spirito del popolo americano. Un popolo con questo spirito puo' attraversare molte crisi, tensioni e conflitti, mentre sempre sara' in grado di trovare la forza per andare avanti e farlo con dignita'. Questi uomini e donne ci offrono una possibilita' di guardare e di interpretare la realta'. Nell'onorare la loro memoria, siamo stimolati, anche in mezzo a conflitti, nella concretezza del vivere quotidiano, ad attingere dalle nostre piu' profonde riserve culturali.
Vorrei menzionare quattro di questi Americani: Abraham Lincoln, Martin Luther King, Dorothy Day e Thomas Merton.
Quest'anno ricorre il centocinquantesimo anniversario dell'assassinio del Presidente Abraham Lincoln, il custode della liberta', che ha instancabilmente lavorato perche "questa nazione, con la protezione di Dio, potesse avere una nuova nascita di liberta'". Costruire un futuro di liberta' richiede amore per il bene comune e collaborazione in uno spirito di sussidiarieta' e solidarieta'.
Siamo tutti pienamente consapevoli, ed anche profondamente preoccupati, per la inquietante odierna situazione sociale e politica del mondo. Il nostro mondo e' sempre piu' un luogo di violenti conflitti, odi e brutali atrocita', commesse perfino in nome di Dio e della religione. Sappiamo che nessuna religione e' immune da forme di inganno individuale o estremismo ideologico. Questo significa che dobbiamo essere particolarmente attenti ad ogni forma di fondamentalismo, tanto religioso come di ogni altro genere. E' necessario un delicato equilibrio per combattere la violenza perpetrata nel nome di una religione, di un'ideologia o di un sistema economico, mentre si salvaguarda allo stesso tempo la liberta' religiosa, la liberta' intellettuale e le liberta' individuali. Ma c'e' un'altra tentazione da cui dobbiamo guardarci: il semplicistico riduzionismo che vede solo bene o male, o, se preferite, giusti e peccatori. Il mondo contemporaneo, con le sue ferite aperte che toccano tanti dei nostri fratelli e sorelle, richiede che affrontiamo ogni forma di polarizzazione che potrebbe dividerlo tra questi due campi. Sappiamo che nel tentativo di essere liberati dal nemico esterno, possiamo essere tentati di alimentare il nemico interno. Imitare l'odio e la violenza dei tiranni e degli assassini e' il modo migliore di prendere il loro posto. Questo e' qualcosa che voi, come popolo, rifiutate.
La nostra, invece, dev'essere una risposta di speranza e di guarigione, di pace e di giustizia. Ci e' chiesto di fare appello al coraggio e all'intelligenza per risolvere le molte crisi economiche e geopolitiche di oggi. Perfino in un mondo sviluppato, gli effetti di strutture e azioni ingiuste sono fin troppo evidenti. I nostri sforzi devono puntare a restaurare la pace, rimediare agli errori, mantenere gli impegni, e cosi' promuovere il benessere degli individui e dei popoli. Dobbiamo andare avanti insieme, come uno solo, in uno spirito rinnovato di fraternita' e di solidarieta', collaborando generosamente per il bene comune.
Le sfide che oggi affrontiamo, richiedono un rinnovamento di questo spirito di collaborazione, che ha procurato tanto bene nella storia degli Stati Uniti. La complessita', la gravita' e l'urgenza di queste sfide esigono che noi impieghiamo le nostre risorse e i nostri talenti, e che ci decidiamo a sostenerci vicendevolmente, con rispetto per le nostre differenze e per le nostre convinzioni di coscienza.
In questa terra, le varie denominazioni religiose hanno contribuito grandemente a costruire e a rafforzare la societa'. E' importante che oggi, come nel passato, la voce della fede continui ad essere ascoltata, perche' e' una voce di fraternita' e di amore, che cerca di far emergere il meglio in ogni persona e in ogni societa'. Tale cooperazione e' una potente risorsa nella battaglia per eliminare le nuove forme globali di schiavitu', nate da gravi ingiustizie le quali possono essere superate solo grazie a nuove politiche e a nuove forme di consenso sociale.
Penso qui alla storia politica degli Stati Uniti, dove la democrazia e' profondamente radicata nello spirito del popolo americano. Qualsiasi attivita' politica deve servire e promuovere il bene della persona umana ed essere basata sul rispetto per la dignita' di ciascuno. "Consideriamo queste verita' come per se' evidenti, cioe' che tutti gli uomini sono creati uguali, che sono dotati dal loro Creatore di alcuni diritti inalienabili, che tra questi ci sono la vita, la liberta' e il perseguimento della felicita'" (Dichiarazione di Indipendenza, 4 luglio 1776). Se la politica dev'essere veramente al servizio della persona umana, ne consegue che non puo' essere sottomessa al servizio dell'economia e della finanza. Politica e', invece, espressione del nostro insopprimibile bisogno di vivere insieme in unita', per poter costruire uniti il piu' grande bene comune: quello di una comunita' che sacrifichi gli interessi particolari per poter condividere, nella giustizia e nella pace, i suoi benefici, i suoi interessi, la sua vita sociale. Non sottovaluto le difficolta' che questo comporta, ma vi incoraggio in questo sforzo.
Penso anche alla marcia che Martin Luther King ha guidato da Selma a Montgomery cinquant'anni fa come parte della campagna per conseguire il suo "sogno" di pieni diritti civili e politici per gli Afro-Americani. Quel sogno continua ad ispirarci. Mi rallegro che l'America continui ad essere, per molti, una terra di "sogni". Sogni che conducono all'azione, alla partecipazione, all'impegno. Sogni che risvegliano cio' che di piu' profondo e di piu' vero si trova nella vita delle persone. Negli ultimi secoli, milioni di persone sono giunte in questa terra per rincorrere il proprio sogno di costruire un futuro in liberta'. Noi, gente di questo continente, non abbiamo paura degli stranieri, perche' molti di noi una volta eravamo stranieri. Vi dico questo come figlio di immigrati, sapendo che anche tanti di voi sono discendenti di immigrati. Tragicamente, i diritti di quelli che erano qui molto prima di noi non sono stati sempre rispettati. Per quei popoli e le loro nazioni, dal cuore della democrazia americana, desidero riaffermare la mia piu' profonda stima e considerazione. Quei primi contatti sono stati spesso turbolenti e violenti, ma e' difficile giudicare il passato con i criteri del presente. Tuttavia, quando lo straniero in mezzo a noi ci interpella, non dobbiamo ripetere i peccati e gli errori del passato. Dobbiamo decidere ora di vivere il piu' nobilmente e giustamente possibile, cosi' come educhiamo le nuove generazioni a non voltare le spalle al loro "prossimo" e a tutto quanto ci circonda. Costruire una nazione ci chiede di riconoscere che dobbiamo costantemente relazionarci agli altri, rifiutando una mentalita' di ostilita' per poterne adottare una di reciproca sussidiarieta', in uno sforzo costante di fare del nostro meglio. Ho fiducia che possiamo farlo.
Il nostro mondo sta fronteggiando una crisi di rifugiati di proporzioni tali che non si vedevano dai tempi della Seconda Guerra Mondiale. Questa realta' ci pone davanti grandi sfide e molte dure decisioni. Anche in questo continente, migliaia di persone sono spinte a viaggiare verso il Nord in cerca di migliori opportunita'. Non e' cio' che volevamo per i nostri figli? Non dobbiamo lasciarci spaventare dal loro numero, ma piuttosto vederle come persone, guardando i loro volti e ascoltando le loro storie, tentando di rispondere meglio che possiamo alle loro situazioni. Rispondere in un modo che sia sempre umano, giusto e fraterno. Dobbiamo evitare una tentazione oggi comune: scartare chiunque si dimostri problematico. Ricordiamo la Regola d'Oro: "Fai agli altri cio' che vorresti che gli altri facessero a te" (Mt 7,12).
Questa norma ci indica una chiara direzione. Trattiamo gli altri con la medesima passione e compassione con cui vorremmo essere trattati. Cerchiamo per gli altri le stesse possibilita' che cerchiamo per noi stessi. Aiutiamo gli altri a crescere, come vorremmo essere aiutati noi stessi. In una parola, se vogliamo sicurezza, diamo sicurezza; se vogliamo vita, diamo vita; se vogliamo opportunita', provvediamo opportunita'. La misura che usiamo per gli altri sara' la misura che il tempo usera' per noi. La Regola d'Oro ci mette anche di fronte alla nostra responsabilita' di proteggere e difendere la vita umana in ogni fase del suo sviluppo.
Questa convinzione mi ha portato, fin dall'inizio del mio ministero, a sostenere a vari livelli l'abolizione globale della pena di morte. Sono convinto che questa sia la via migliore, dal momento che ogni vita e' sacra, ogni persona umana e' dotata di una inalienabile dignita', e la societa' puo' solo beneficiare dalla riabilitazione di coloro che sono condannati per crimini.
Recentemente i miei fratelli Vescovi qui negli Stati Uniti hanno rinnovato il loro appello per l'abolizione della pena di morte. Io non solo li appoggio, ma offro anche sostegno a tutti coloro che sono convinti che una giusta e necessaria punizione non deve mai escludere la dimensione della speranza e l'obiettivo della riabilitazione.
In questi tempi in cui le preoccupazioni sociali sono cosi' importanti, non posso mancare di menzionare la serva di Dio Dorothy Day, che ha fondato il Catholic Worker Movement. Il suo impegno sociale, la sua passione per la giustizia e per la causa degli oppressi, erano ispirati dal Vangelo, dalla sua fede e dall'esempio dei santi.
Quanto cammino e' stato fatto in questo campo in tante parti del mondo! Quanto e' stato fatto in questi primi anni del terzo millennio per far uscire la gente dalla povertà estrema! So che voi condividete la mia convinzione che va fatto ancora molto di piu', e che in tempi di crisi e di difficolta' economica non si deve perdere lo spirito di solidarieta' globale. Allo stesso tempo desidero incoraggiarvi a non dimenticare tutte quelle persone intorno a noi, intrappolate nel cerchio della poverta'. Anche a loro c'e' bisogno di dare speranza. La lotta contro la poverta' e la fame dev'essere combattuta costantemente su molti fronti, specialmente nelle sue cause. So che molti americani oggi, come in passato, stanno lavorando per affrontare questo problema.
Va da se' che parte di questo grande sforzo sta nella creazione e distribuzione della ricchezza. Il corretto uso delle risorse naturali, l'appropriata applicazione della tecnologia e la capacita' di ben orientare lo spirito imprenditoriale, sono elementi essenziali di un'economia che cerca di essere moderna, inclusiva e sostenibile. "L'attivita' imprenditoriale, che e' una nobile vocazione, orientata a produrre ricchezza e a migliorare il mondo per tutti, puo' essere un modo molto fecondo per promuovere la regione in cui colloca le sue attivita', soprattutto se comprende che la creazione di posti di lavoro e' parte imprescindibile del suo servizio al bene comune" (Enc. Laudato si', 129). Questo bene comune include anche la terra, tema centrale dell'Enciclica che ho recentemente scritto, per "entrare in dialogo con tutti riguardo alla nostra casa comune" (ibid., 3). "Abbiamo bisogno di un confronto che ci unisca tutti, perche' la sfida ambientale che viviamo, e le sue radici umane, ci riguardano e ci toccano tutti» (ibid., 14).
Nell'Enciclica Laudato si' esorto ad uno sforzo coraggioso e responsabile per "cambiare rotta" (ibid., 61) ed evitare gli effetti piu' seri del degrado ambientale causato dall'attivita' umana. Sono convinto che possiamo fare la differenza e non ho dubbi che gli Stati Uniti - e questo Congresso - hanno un ruolo importante da giocare. Ora e' il momento di azioni coraggiose e strategie dirette a implementare una "cultura della cura" (ibid., 231) e "un approccio integrale per combattere la poverta', per restituire la dignita' agli esclusi e nello stesso tempo per prendersi cura della natura" (ibid., 139). Abbiamo la liberta' necessaria per limitare e orientare la tecnologia (cfr ibid., 112), per individuare modi intelligenti di "orientare, coltivare e limitare il nostro potere" (ibid., 78) e mettere la tecnologia "al servizio di un altro tipo di progresso, piu' sano, piu' umano, piu' sociale e piu' integrale" (ibid., 112). Al riguardo, ho fiducia che le istituzioni americane di ricerca e accademiche potranno dare un contributo vitale negli anni a venire.
Un secolo fa, all'inizio della Grande Guerra, che il Papa Benedetto XV defini' "inutile strage", nasceva un altro straordinario Americano: il monaco cistercense Thomas Merton. Egli resta una fonte di ispirazione spirituale e una guida per molte persone. Nella sua autobiografia scrisse: "Sono venuto nel mondo. Libero per natura, immagine di Dio, ero tuttavia prigioniero della mia stessa violenza e del mio egoismo, a immagine del mondo in cui ero nato. Quel mondo era il ritratto dell'Inferno, pieno di uomini come me, che amano Dio, eppure lo odiano; nati per amarlo, ma che vivono nella paura di disperati e contraddittori desideri". Merton era anzitutto uomo di preghiera, un pensatore che ha sfidato le certezze di questo tempo e ha aperto nuovi orizzonti per le anime e per la Chiesa. Egli fu anche uomo di dialogo, un promotore di pace tra popoli e religioni.
In questa prospettiva di dialogo, vorrei riconoscere gli sforzi fatti nei mesi recenti per cercare di superare le storiche differenze legate a dolorosi episodi del passato. E' mio dovere costruire ponti e aiutare ogni uomo e donna, in ogni possibile modo, a fare lo stesso. Quando nazioni che erano state in disaccordo riprendono la via del dialogo - un dialogo che potrebbe essere stato interrotto per le ragioni piu' valide - nuove opportunita' si aprono per tutti. Questo ha richiesto, e richiede, coraggio e audacia, che non vuol dire irresponsabilita'. Un buon leader politico e' uno che, tenendo presenti gli interessi di tutti, coglie il momento con spirito di apertura e senso pratico. Un buon leader politico opta sempre per "iniziare processi piu' che possedere spazi" (Esort. ap. Evangelii gaudium, 222-223).
Essere al servizio del dialogo e della pace significa anche essere veramente determinati a ridurre e, nel lungo termine, a porre fine ai molti conflitti armati in tutto il mondo. Qui dobbiamo chiederci: perche' armi mortali sono vendute a coloro che pianificano di infliggere indicibili sofferenze a individui e societa'? Purtroppo, la risposta, come tutti sappiamo, e' semplicemente per denaro: denaro che e' intriso di sangue, spesso del sangue innocente. Davanti a questo vergognoso e colpevole silenzio, e' nostro dovere affrontare il problema e fermare il commercio di armi.
Tre figli e una figlia di questa terra, quattro individui e quattro sogni: Lincoln, liberta'; Martin Luther King, liberta' nella pluralita' e non-esclusione; Dorothy Day, giustizia sociale e diritti delle persone; e Thomas Merton, capacita' di dialogo e di apertura a Dio. Quattro rappresentanti del Popolo americano.
Terminero' la mia visita nella vostra terra a Filadelfia, dove prendero' parte all'Incontro Mondiale delle Famiglie. E' mio desiderio che durante tutta la mia visita la famiglia sia un tema ricorrente. Quanto essenziale e' stata la famiglia nella costruzione di questo Paese! E quanto merita ancora il nostro sostegno e il nostro incoraggiamento! Eppure non posso nascondere la mia preoccupazione per la famiglia, che e' minacciata, forse come mai in precedenza, dall'interno e dall'esterno. Relazioni fondamentali sono state messe in discussione, come anche la base stessa del matrimonio e della famiglia. Io posso solo riproporre l'importanza e, soprattutto, la ricchezza e la bellezza della vita familiare.
In particolare, vorrei richiamare l'attenzione su quei membri della famiglia che sono i piu' vulnerabili, i giovani. Per molti di loro si profila un futuro pieno di tante possibilita', ma molti altri sembrano disorientati e senza meta, intrappolati in un labirinto senza speranza, segnato da violenze, abusi e disperazione. I loro problemi sono i nostri problemi. Non possiamo evitarli. E' necessario affrontarli insieme, parlarne e cercare soluzioni efficaci piuttosto che restare impantanati nelle discussioni. A rischio di banalizzare, potremmo dire che viviamo in una cultura che spinge i giovani a non formare una famiglia, perche' mancano loro possibilita' per il futuro. Ma questa stessa cultura presenta ad altri cosi' tante opzioni che anch'essi sono dissuasi dal formare una famiglia.
Una nazione puo' essere considerata grande quando difende la liberta', come ha fatto Lincoln; quando promuove una cultura che consenta alla gente di "sognare" pieni diritti per tutti i propri fratelli e sorelle, come Martin Luther King ha cercato di fare; quando lotta per la giustizia e la causa degli oppressi, come Dorothy Day ha fatto con il suo instancabile lavoro, frutto di una fede che diventa dialogo e semina pace nello stile contemplativo di Thomas Merton.
In queste note ho cercato di presentare alcune delle ricchezze del vostro patrimonio culturale, dello spirito del popolo americano. Il mio auspicio e' che questo spirito continui a svilupparsi e a crescere, in modo che il maggior numero possibile di giovani possa ereditare e dimorare in una terra che ha ispirato cosi' tante persone a sognare.
Dio benedica l'America!
3. DOCUMENTAZIONE. PAPA FRANCESCO: DISCORSO ALL'ASSEMBLEA GENERALE DELL'ORGANIZZAZIONE DELLE NAZIONI UNITE
[Dal sito del Vaticano riprendiamo il testo integrale del discorso di papa Bergoglio all'assemblea plenaria generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite del 25 settembre 2015]
Signor Presidente, Signore e Signori, buongiorno!
Ancora una volta, seguendo una tradizione della quale mi sento onorato, il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha invitato il Papa a rivolgersi a questa onorevole assemblea delle nazioni. A mio nome e a nome di tutta la comunita' cattolica, Signor Ban Ki-moon, desidero esprimerLe la piu' sincera e cordiale riconoscenza; La ringrazio anche per le Sue gentili parole. Saluto inoltre i Capi di Stato e di Governo qui presenti, gli Ambasciatori, i diplomatici e i funzionari politici e tecnici che li accompagnano, il personale delle Nazioni Unite impegnato in questa settantesima Sessione dell'Assemblea Generale, il personale di tutti i programmi e agenzie della famiglia dell'Onu e tutti coloro che in un modo o nell'altro partecipano a questa riunione. Tramite voi saluto anche i cittadini di tutte le nazioni rappresentate a questo incontro. Grazie per gli sforzi di tutti e di ciascuno per il bene dell'umanita'.
Questa e' la quinta volta che un Papa visita le Nazioni Unite. Lo hanno fatto i miei predecessori Paolo VI nel 1965, Giovanni Paolo II nel 1979 e nel 1995 e il mio immediato predecessore, oggi Papa emerito Benedetto XVI, nel 2008. Tutti costoro non hanno risparmiato espressioni di riconoscimento per l'Organizzazione, considerandola la risposta giuridica e politica adeguata al momento storico, caratterizzato dal superamento delle distanze e delle frontiere ad opera della tecnologia e, apparentemente, di qualsiasi limite naturale all'affermazione del potere. Una risposta imprescindibile dal momento che il potere tecnologico, nelle mani di ideologie nazionalistiche o falsamente universalistiche, e' capace di produrre tremende atrocita'. Non posso che associarmi all'apprezzamento dei miei predecessori, riaffermando l'importanza che la Chiesa Cattolica riconosce a questa istituzione e le speranze che ripone nelle sue attivita'.
La storia della comunita' organizzata degli Stati, rappresentata dalle Nazioni Unite, che festeggia in questi giorni il suo settantsimo anniversario, e' una storia di importanti successi comuni, in un periodo di inusitata accelerazione degli avvenimenti. Senza pretendere di essere esaustivo, si puo' menzionare la codificazione e lo sviluppo del diritto internazionale, la costruzione della normativa internazionale dei diritti umani, il perfezionamento del diritto umanitario, la soluzione di molti conflitti e operazioni di pace e di riconciliazione, e tante altre acquisizioni in tutti i settori della proiezione internazionale delle attivita' umane. Tutte queste realizzazioni sono luci che contrastano l'oscurita' del disordine causato dalle ambizioni incontrollate e dagli egoismi collettivi. E' certo che sono ancora molti i gravi problemi non risolti, ma e' anche evidente che se fosse mancata tutta questa attivita' internazionale, l'umanita' avrebbe potuto non sopravvivere all'uso incontrollato delle sue stesse potenzialita'. Ciascuno di questi progressi politici, giuridici e tecnici rappresenta un percorso di concretizzazione dell'ideale della fraternita' umana e un mezzo per la sua maggiore realizzazione.
Rendo percio' omaggio a tutti gli uomini e le donne che hanno servito con lealta' e sacrificio l'intera umanita' in questi 70 anni. In particolare, desidero ricordare oggi coloro che hanno dato la loro vita per la pace e la riconciliazione dei popoli, a partire da Dag Hammarskjold fino ai moltissimi funzionari di ogni grado, caduti nelle missioni umanitarie di pace e di riconciliazione.
L'esperienza di questi 70 anni, al di la' di tutto quanto e' stato conseguito, dimostra che la riforma e l'adattamento ai tempi sono sempre necessari, progredendo verso l'obiettivo finale di concedere a tutti i Paesi, senza eccezione, una partecipazione e un'incidenza reale ed equa nelle decisioni. Questa necessita' di una maggiore equita', vale in special modo per gli organi con effettiva capacita' esecutiva, quali il Consiglio di Sicurezza, gli Organismi finanziari e i gruppi o meccanismi specificamente creati per affrontare le crisi economiche. Questo aiutera' a limitare qualsiasi sorta di abuso o usura specialmente nei confronti dei Paesi in via di sviluppo. Gli organismi finanziari internazionali devono vigilare in ordine allo sviluppo sostenibile dei Paesi e per evitare l'asfissiante sottomissione di tali Paesi a sistemi creditizi che, ben lungi dal promuovere il progresso, sottomettono le popolazioni a meccanismi di maggiore poverta', esclusione e dipendenza.
Il compito delle Nazioni Unite, a partire dai postulati del Preambolo e dei primi articoli della sua Carta costituzionale, puo' essere visto come lo sviluppo e la promozione della sovranita' del diritto, sapendo che la giustizia e' requisito indispensabile per realizzare l'ideale della fraternita' universale. In questo contesto, e' opportuno ricordare che la limitazione del potere e' un'idea implicita nel concetto di diritto. Dare a ciascuno il suo, secondo la definizione classica di giustizia, significa che nessun individuo o gruppo umano si puo' considerare onnipotente, autorizzato a calpestare la dignita' e i diritti delle altre persone singole o dei gruppi sociali. La distribuzione di fatto del potere (politico, economico, militare, tecnologico, ecc.) tra una pluralita' di soggetti e la creazione di un sistema giuridico di regolamentazione delle rivendicazioni e degli interessi, realizza la limitazione del potere. Oggi il panorama mondiale ci presenta, tuttavia, molti falsi diritti, e - nello stesso tempo - ampi settori senza protezione, vittime piuttosto di un cattivo esercizio del potere: l'ambiente naturale e il vasto mondo di donne e uomini esclusi. Due settori intimamente uniti tra loro, che le relazioni politiche ed economiche preponderanti hanno trasformato in parti fragili della realta'. Per questo e' necessario affermare con forza i loro diritti, consolidando la protezione dell'ambiente e ponendo termine all'esclusione.
Anzitutto occorre affermare che esiste un vero "diritto dell'ambiente" per una duplice ragione. In primo luogo perche' come esseri umani facciamo parte dell'ambiente. Viviamo in comunione con esso, perche' l'ambiente stesso comporta limiti etici che l'azione umana deve riconoscere e rispettare. L'uomo, anche quando e' dotato di "capacita' senza precedenti" che "mostrano una singolarita' che trascende l'ambito fisico e biologico" (Enc. Laudato si', 81), e' al tempo stesso una porzione di tale ambiente. Possiede un corpo formato da elementi fisici, chimici e biologici, e puo' sopravvivere e svilupparsi solamente se l'ambiente ecologico gli e' favorevole. Qualsiasi danno all'ambiente, pertanto, e' un danno all'umanita'. In secondo luogo, perche' ciascuna creatura, specialmente gli esseri viventi, ha un valore in se stessa, di esistenza, di vita, di bellezza e di interdipendenza con le altre creature. Noi cristiani, insieme alle altre religioni monoteiste, crediamo che l'universo proviene da una decisione d'amore del Creatore, che permette all'uomo di servirsi rispettosamente della creazione per il bene dei suoi simili e per la gloria del Creatore, senza pero' abusarne e tanto meno essendo autorizzato a distruggerla. Per tutte le credenze religiose l'ambiente e' un bene fondamentale (cfr ibid., 81).
L'abuso e la distruzione dell'ambiente, allo stesso tempo, sono associati ad un inarrestabile processo di esclusione. In effetti, una brama egoistica e illimitata di potere e di benessere materiale, conduce tanto ad abusare dei mezzi materiali disponibili quanto ad escludere i deboli e i meno abili, sia per il fatto di avere abilita' diverse (portatori di handicap), sia perche' sono privi delle conoscenze e degli strumenti tecnici adeguati o possiedono un'insufficiente capacita' di decisione politica. L'esclusione economica e sociale e' una negazione totale della fraternita' umana e un gravissimo attentato ai diritti umani e all'ambiente. I piu' poveri sono quelli che soffrono maggiormente questi attentati per un triplice, grave motivo: sono scartati dalla societa', sono nel medesimo tempo obbligati a vivere di scarti e devono ingiustamente soffrire le conseguenze dell'abuso dell'ambiente. Questi fenomeni costituiscono oggi la tanto diffusa e incoscientemente consolidata "cultura dello scarto".
La drammaticita' di tutta questa situazione di esclusione e di inequita', con le sue chiare conseguenze, mi porta, insieme a tutto il popolo cristiano e a tanti altri, a prendere coscienza anche della mia grave responsabilita' al riguardo, per cui alzo la mia voce, insieme a quella di tutti coloro che aspirano a soluzioni urgenti ed efficaci. L'adozione dell'"Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile" durante il Vertice mondiale che iniziera' oggi stesso, e' un importante segno di speranza. Confido anche che la Conferenza di Parigi sul cambiamento climatico raggiunga accordi fondamentali ed effettivi.
Non sono sufficienti, tuttavia, gli impegni assunti solennemente, benche' costituiscano certamente un passo necessario verso la soluzione dei problemi. La definizione classica di giustizia alla quale ho fatto riferimento anteriormente contiene come elemento essenziale una volonta' costante e perpetua: Iustitia est constans et perpetua voluntas ius suum cuique tribuendi. Il mondo chiede con forza a tutti i governanti una volonta' effettiva, pratica, costante, fatta di passi concreti e di misure immediate, per preservare e migliorare l'ambiente naturale e vincere quanto prima il fenomeno dell'esclusione sociale ed economica, con le sue tristi conseguenze di tratta degli esseri umani, commercio di organi e tessuti umani, sfruttamento sessuale di bambini e bambine, lavoro schiavizzato, compresa la prostituzione, traffico di droghe e di armi, terrorismo e crimine internazionale organizzato. E' tale l'ordine di grandezza di queste situazioni e il numero di vite innocenti coinvolte, che dobbiamo evitare qualsiasi tentazione di cadere in un nominalismo declamatorio con effetto tranquillizzante sulle coscienze. Dobbiamo aver cura che le nostre istituzioni siano realmente efficaci nella lotta contro tutti questi flagelli.
La molteplicita' e complessita' dei problemi richiede di avvalersi di strumenti tecnici di misurazione. Questo, pero', comporta un duplice pericolo: limitarsi all'esercizio burocratico di redigere lunghe enumerazioni di buoni propositi - mete, obiettivi e indicazioni statistiche -, o credere che un'unica soluzione teorica e aprioristica dara' risposta a tutte le sfide. Non bisogna perdere di vista, in nessun momento, che l'azione politica ed economica, e' efficace solo quando e' concepita come un'attivita' prudenziale, guidata da un concetto perenne di giustizia e che tiene sempre presente che, prima e al di la' di piani e programmi, ci sono donne e uomini concreti, uguali ai governanti, che vivono, lottano e soffrono, e che molte volte si vedono obbligati a vivere miseramente, privati di qualsiasi diritto.
Affinche' questi uomini e donne concreti possano sottrarsi alla poverta' estrema, bisogna consentire loro di essere degni attori del loro stesso destino. Lo sviluppo umano integrale e il pieno esercizio della dignita' umana non possono essere imposti. Devono essere costruiti e realizzati da ciascuno, da ciascuna famiglia, in comunione con gli altri esseri umani e in una giusta relazione con tutti gli ambienti nei quali si sviluppa la socialita' umana - amici, comunita', villaggi e comuni, scuole, imprese e sindacati, province, nazioni, ecc. Questo suppone ed esige il diritto all'istruzione - anche per le bambine (escluse in alcuni luoghi) - che si assicura in primo luogo rispettando e rafforzando il diritto primario della famiglia a educare e il diritto delle Chiese e delle aggregazioni sociali a sostenere e collaborare con le famiglie nell'educazione delle loro figlie e dei loro figli. L'educazione, cosi' concepita, e' la base per la realizzazione dell'Agenda 2030 e per il risanamento dell'ambiente.
Al tempo stesso, i governanti devono fare tutto il possibile affinche' tutti possano disporre della base minima materiale e spirituale per rendere effettiva la loro dignita' e per formare e mantenere una famiglia, che e' la cellula primaria di qualsiasi sviluppo sociale. Questo minimo assoluto, a livello materiale ha tre nomi: casa, lavoro e terra; e un nome a livello spirituale: liberta' di spirito, che comprende la liberta' religiosa, il diritto all'educazione e tutti gli altri diritti civili.
Per tutte queste ragioni, la misura e l'indicatore piu' semplice e adeguato dell'adempimento della nuova Agenda per lo sviluppo sara' l'accesso effettivo, pratico e immeditato, per tutti, ai beni materiali e spirituali indispensabili: abitazione propria, lavoro dignitoso e debitamente remunerato, alimentazione adeguata e acqua potabile; liberta' religiosa e, piu' in generale, liberta' di spirito ed educazione. Nello stesso tempo, questi pilastri dello sviluppo umano integrale hanno un fondamento comune, che e' il diritto alla vita, e, in senso ancora piu' ampio, quello che potremmo chiamare il diritto all'esistenza della stessa natura umana
La crisi ecologica, insieme alla distruzione di buona parte della biodiversita', puo' mettere in pericolo l'esistenza stessa della specie umana. Le nefaste conseguenze di un irresponsabile malgoverno dell'economia mondiale, guidato unicamente dall'ambizione di guadagno e di potere, devono costituire un appello a una severa riflessione sull'uomo: "L'uomo non si crea da solo. E' spirito e volonta', pero' anche natura" (Benedetto XVI, Discorso al Parlamento della Repubblica Federale di Germania, 22 settembre 2011; citato in Enc. Laudato si', 6). La creazione si vede pregiudicata "dove noi stessi siamo l'ultima istanza [...]. E lo spreco della creazione inizia dove non riconosciamo piu' alcuna istanza sopra di noi, ma vediamo soltanto noi stessi" (Id., Incontro con il Clero della Diocesi di Bolzano-Bressanone, 6 agosto 2008, citato ibid.). Percio', la difesa dell'ambiente e la lotta contro l'esclusione esigono il riconoscimento di una legge morale inscritta nella stessa natura umana, che comprende la distinzione naturale tra uomo e donna (cfr Enc. Laudato si', 155) e il rispetto assoluto della vita in tutte le sue fasi e dimensioni (cfr ibid., 123; 136).
Senza il riconoscimento di alcuni limiti etici naturali insormontabili e senza l'immediata attuazione di quei pilastri dello sviluppo umano integrale, l'ideale di "salvare le future generazioni dal flagello della guerra" (Carta delle Nazioni Unite, Preambolo) e di "promuovere il progresso sociale e un piu' elevato livello di vita all'interno di una piu' ampia liberta'" (ibid.) corre il rischio di diventare un miraggio irraggiungibile o, peggio ancora, parole vuote che servono come scusa per qualsiasi abuso e corruzione, o per promuovere una colonizzazione ideologica mediante l'imposizione di modelli e stili di vita anomali estranei all'identita' dei popoli e, in ultima analisi, irresponsabili.
La guerra e' la negazione di tutti i diritti e una drammatica aggressione all'ambiente. Se si vuole un autentico sviluppo umano integrale per tutti, occorre proseguire senza stancarsi nell'impegno di evitare la guerra tra le nazioni e tra i popoli.
A tal fine bisogna assicurare il dominio incontrastato del diritto e l'infaticabile ricorso al negoziato, ai buoni uffici e all'arbitrato, come proposto dalla Carta delle Nazioni Unite, vera norma giuridica fondamentale. L'esperienza dei 70 anni di esistenza delle Nazioni Unite, in generale, e in particolare l'esperienza dei primi 15 anni del terzo millennio, mostrano tanto l'efficacia della piena applicazione delle norme internazionali come l'inefficacia del loro mancato adempimento. Se si rispetta e si applica la Carta delle Nazioni Unite con trasparenza e sincerita', senza secondi fini, come un punto di riferimento obbligatorio di giustizia e non come uno strumento per mascherare intenzioni ambigue, si ottengono risultati di pace. Quando, al contrario, si confonde la norma con un semplice strumento da utilizzare quando risulta favorevole e da eludere quando non lo e', si apre un vero vaso di Pandora di forze incontrollabili, che danneggiano gravemente le popolazioni inermi, l'ambiente culturale, e anche l'ambiente biologico.
Il Preambolo e il primo articolo della Carta delle Nazioni Unite indicano le fondamenta della costruzione giuridica internazionale: la pace, la soluzione pacifica delle controversie e lo sviluppo delle relazioni amichevoli tra le nazioni. Contrasta fortemente con queste affermazioni, e le nega nella pratica, la tendenza sempre presente alla proliferazione delle armi, specialmente quelle di distruzione di massa come possono essere quelle nucleari. Un'etica e un diritto basati sulla minaccia della distruzione reciproca - e potenzialmente di tutta l'umanita' - sono contraddittori e costituiscono una frode verso tutta la costruzione delle Nazioni Unite, che diventerebbero "Nazioni unite dalla paura e dalla sfiducia". Occorre impegnarsi per un mondo senza armi nucleari, applicando pienamente il Trattato di non proliferazione, nella lettera e nello spirito, verso una totale proibizione di questi strumenti.
Il recente accordo sulla questione nucleare in una regione sensibile dell'Asia e del Medio Oriente, e' una prova delle possibilita' della buona volonta' politica e del diritto, coltivati con sincerita', pazienza e costanza. Formulo i miei voti perche' questo accordo sia duraturo ed efficace e dia i frutti sperati con la collaborazione di tutte le parti coinvolte.
In tal senso, non mancano gravi prove delle conseguenze negative di interventi politici e militari non coordinati tra i membri della comunita' internazionale. Per questo, seppure desiderando di non avere la necessita' di farlo, non posso non reiterare i miei ripetuti appelli in relazione alla dolorosa situazione di tutto il Medio Oriente, del Nord Africa e di altri Paesi africani, dove i cristiani, insieme ad altri gruppi culturali o etnici e anche con quella parte dei membri della religione maggioritaria che non vuole lasciarsi coinvolgere dall'odio e dalla pazzia, sono stati obbligati ad essere testimoni della distruzione dei loro luoghi di culto, del loro patrimonio culturale e religioso, delle loro case ed averi e sono stati posti nell'alternativa di fuggire o di pagare l'adesione al bene e alla pace con la loro stessa vita o con la schiavitu'.
Queste realta' devono costituire un serio appello ad un esame di coscienza di coloro che hanno la responsabilita' della conduzione degli affari internazionali. Non solo nei casi di persecuzione religiosa o culturale, ma in ogni situazione di conflitto, come in Ucraina, in Siria, in Iraq, in Libia, nel Sud-Sudan e nella regione dei Grandi Laghi, prima degli interessi di parte, pur se legittimi, ci sono volti concreti. Nelle guerre e nei conflitti ci sono persone, nostri fratelli e sorelle, uomini e donne, giovani e anziani, bambini e bambine che piangono, soffrono e muoiono. Esseri umani che diventano materiale di scarto mentre non si fa altro che enumerare problemi, strategie e discussioni.
Come ho chiesto al Segretario Generale delle Nazioni Unite nella mia lettera del 9 agosto 2014, "la piu' elementare comprensione della dignita' umana [obbliga] la comunita' internazionale, in particolare attraverso le norme e i meccanismi del diritto internazionale, a fare tutto il possibile per fermare e prevenire ulteriori sistematiche violenze contro le minoranze etniche e religiose" e per proteggere le popolazioni innocenti.
In questa medesima linea vorrei citare un altro tipo di conflittualita', non sempre cosi' esplicitata ma che silenziosamente comporta la morte di milioni di persone. Un altro tipo di guerra che vivono molte delle nostre societa' con il fenomeno del narcotraffico. Una guerra "sopportata" e debolmente combattuta. Il narcotraffico per sua stessa natura si accompagna alla tratta delle persone, al riciclaggio di denaro, al traffico di armi, allo sfruttamento infantile e al altre forme di corruzione. Corruzione che e' penetrata nei diversi livelli della vita sociale, politica, militare, artistica e religiosa, generando, in molti casi, una struttura parallela che mette in pericolo la credibilita' delle nostre istituzioni.
Ho iniziato questo intervento ricordando le visite dei miei predecessori. Ora vorrei, in modo particolare, che le mie parole fossero come una continuazione delle parole finali del discorso di Paolo VI, pronunciate quasi esattamente 50 anni or sono, ma di perenne valore. "E' l'ora in cui si impone una sosta, un momento di raccoglimento, di ripensamento, quasi di preghiera: ripensare, cioe', alla nostra comune origine, alla nostra storia, al nostro destino comune. Mai come oggi [...] si e' reso necessario l'appello alla coscienza morale dell'uomo [poiche'] il pericolo non viene ne' dal progresso ne' dalla scienza: questi, se bene usati, potranno anzi risolvere molti dei gravi problemi che assillano l'umanita'" (Discorso ai Rappresentanti degli Stati, 4 ottobre 1965). Tra le altre cose, senza dubbio, la genialita' umana, ben applicata, aiutera' a risolvere le gravi sfide del degrado ecologico e dell'esclusione. Proseguo con le parole di Paolo VI: "Il pericolo vero sta nell'uomo, padrone di sempre piu' potenti strumenti, atti alla rovina ed alle piu' alte conquiste!" (ibid.).
La casa comune di tutti gli uomini deve continuare a sorgere su una retta comprensione della fraternita' universale e sul rispetto della sacralita' di ciascuna vita umana, di ciascun uomo e di ciascuna donna; dei poveri, degli anziani, dei bambini, degli ammalati, dei non nati, dei disoccupati, degli abbandonati, di quelli che vengono giudicati scartabili perche' li si considera nient'altro che numeri di questa o quella statistica. La casa comune di tutti gli uomini deve edificarsi anche sulla comprensione di una certa sacralita' della natura creata.
Tale comprensione e rispetto esigono un grado superiore di saggezza, che accetti la trascendenza - quella di se' stesso - rinunci alla costruzione di una elite onnipotente e comprenda che il senso pieno della vita individuale e collettiva si trova nel servizio disinteressato verso gli altri e nell'uso prudente e rispettoso della creazione, per il bene comune. Ripetendo le parole di Paolo VI, "l'edificio della moderna civilta' deve reggersi su principii spirituali, capaci non solo di sostenerlo, ma altresi' di illuminarlo e di animarlo" (ibid.).
Il Gaucho Martin Fierro, un classico della letteratura della mia terra natale, canta: "I fratelli siano uniti perche' questa e' la prima legge. Abbiano una vera unione in qualsiasi tempo, perche' se litigano tra di loro li divoreranno quelli di fuori".
Il mondo contemporaneo apparentemente connesso, sperimenta una crescente e consistente e continua frammentazione sociale che pone in pericolo "ogni fondamento della vita sociale" e pertanto "finisce col metterci l'uno contro l'altro per difendere i propri interessi" (Enc. Laudato si', 229).
Il tempo presente ci invita a privilegiare azioni che possano generare nuovi dinamismi nella societa' e che portino frutto in importanti e positivi avvenimenti storici (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 223).
Non possiamo permetterci di rimandare "alcune agende" al futuro. Il futuro ci chiede decisioni critiche e globali di fronte ai conflitti mondiali che aumentano il numero degli esclusi e dei bisognosi.
La lodevole costruzione giuridica internazionale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite e di tutte le sue realizzazioni, migliorabile come qualunque altra opera umana e, al tempo stesso, necessaria, puo' essere pegno di un futuro sicuro e felice per le generazioni future. Lo sara' se i rappresentanti degli Stati sapranno mettere da parte interessi settoriali e ideologie e cercare sinceramente il servizio del bene comune. Chiedo a Dio Onnipotente che sia cosi', e vi assicuro il mio appoggio, la mia preghiera e l'appoggio e le preghiere di tutti i fedeli della Chiesa Cattolica, affinche' questa Istituzione, tutti i suoi Stati membri e ciascuno dei suoi funzionari, renda sempre un servizio efficace all'umanita', un servizio rispettoso della diversita' e che sappia potenziare, per il bene comune, il meglio di ciascun popolo e di ciascun cittadino.
Che Dio vi benedica tutti!
4. INCONTRI. "PER UN ACCOSTAMENTO ALLA NONVIOLENZA". UN INCONTRO DI STUDIO A VITERBO
Si e' svolto nel pomeriggio di venerdi' 25 settembre 2015 a Viterbo presso il "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" un incontro di studio sul tema: "Per un accostamento alla nonviolenza".
L'incontro era in preparazione della "Giornata internazionale della nonviolenza" del 2 ottobre.
Alle persone partecipanti sono stati messi a disposizione vari materiali di studio e di documentazione.
5. REPETITA IUVANT. VERSO LA "GIORNATA INTERNAZIONALE DELLA NONVIOLENZA" DEL 2 OTTOBRE
Occorre fare del 2 ottobre una manifestazione mondiale contro tutte le guerre e contro tutte le uccisioni.
La Giornata internazionale della nonviolenza, indetta dall'Onu nell'anniversario della nascita di Gandhi, e' infatti la migliore delle occasioni per far emergere nitida e forte la volonta' dell'umanita' cosciente che chiede pace, disarmo, smilitarizzazione, democrazia, giustizia, solidarieta', rispetto della vita, della dignita' e dei diritti di tutti gli esseri umani, tutela dell'unico mondo vivente casa comune dell'umanita'.
La nonviolenza ci convoca ad assumerci le nostre responsabilita'.
In ogni citta', in ogni paese, in ogni consesso civile, in ogni scuola, il 2 ottobre si celebri la Giornata internazionale della nonviolenza.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.
6. REPETITA IUVANT. MOVIMENTO NONVIOLENTO, PEACELINK E CENTRO DI RICERCA PER LA PACE E I DIRITTI UMANI DI VITERBO: UN APPELLO PER IL 4 NOVEMBRE: "OGNI VITTIMA HA IL VOLTO DI ABELE"
[Riproponiamo l'appello promosso gia' negli scorsi anni da Movimento Nonviolento, Peacelink e Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo per il 4 novembre: "Ogni vittima ha il volto di Abele"]
Intendiamo proporre per il 4 novembre l'iniziativa nonviolenta "Ogni vittima ha il volto di Abele".
Proponiamo che il 4 novembre si realizzino in tutte le citta' d'Italia commemorazioni nonviolente delle vittime di tutte le guerre, commemorazioni che siano anche solenne impegno contro tutte le guerre e le violenze.
Affinche' il 4 novembre, anniversario della fine dell'"inutile strage" della prima guerra mondiale, cessi di essere il giorno in cui i poteri assassini irridono gli assassinati, e diventi invece il giorno in cui nel ricordo degli esseri umani defunti vittime delle guerre gli esseri umani viventi esprimono, rinnovano, inverano l'impegno affinche' non ci siano mai piu' guerre, mai piu' uccisioni, mai piu' persecuzioni.
Queste iniziative di commemorazione e di impegno morale e civile devono essere rigorosamente nonviolente. Non devono dar adito ad equivoci o confusioni di sorta; non devono essere in alcun modo ambigue o subalterne; non devono prestare il fianco a fraintendimenti o mistificazioni. Queste iniziative di addolorato omaggio alle vittime della guerra e di azione concreta per promuovere la pace e difendere le vite, devono essere rigorosamente nonviolente.
Occorre quindi che si svolgano in orari distanti e assolutamente distinti dalle ipocrite celebrazioni dei poteri armati, quei poteri che quelle vittime fecero morire.
Ed occorre che si svolgano nel modo piu' austero, severo, solenne: depositando omaggi floreali dinanzi alle lapidi ed ai sacelli delle vittime delle guerre, ed osservando in quel frangente un rigoroso silenzio.
Ovviamente prima e dopo e' possibile ed opportuno effettuare letture e proporre meditazioni adeguate, argomentando ampiamente e rigorosamente perche' le persone amiche della nonviolenza rendono omaggio alle vittime della guerra e perche' convocano ogni persona di retto sentire e di volonta' buona all'impegno contro tutte le guerre, e come questo impegno morale e civile possa concretamente limpidamente darsi. Dimostrando che solo opponendosi a tutte le guerre si onora la memoria delle persone che dalle guerre sono state uccise. Affermando il diritto e il dovere di ogni essere umano e la cogente obbligazione di ogni ordinamento giuridico democratico di adoperarsi per salvare le vite, rispettare la dignita' e difendere i diritti di tutti gli esseri umani.
A tutte le persone amiche della nonviolenza chiediamo di diffondere questa proposta e contribuire a questa iniziativa.
Contro tutte le guerre, contro tutte le uccisioni, contro tutte le persecuzioni.
Per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.
Movimento Nonviolento, per contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org
Peacelink, per contatti: e-mail: info at peacelink.it, sito: www.peacelink.it
Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo, per contatti: e-mail: nbawac at tin.it e centropacevt at gmail.com, web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
7. REPETITA IUVANT. VERSO LA "GIORNATA INTERNAZIONALE PER L'ELIMINAZIONE DELLA VIOLENZA CONTRO LE DONNE" DEL 25 NOVEMBRE
Si svolge il 25 novembre la "Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne".
Ovunque si realizzino iniziative.
Ovunque si contrasti la violenza maschilista e patriarcale.
Ovunque si sostengano i centri antiviolenza delle donne.
Ovunque si educhi e si lotti per sconfiggere la violenza maschilista e patriarcale, prima radice di tutte le altre violenze.
8. REPETITA IUVANT. PER SOSTENERE IL CENTRO ANTIVIOLENZA "ERINNA"
Per sostenere il centro antiviolenza delle donne di Viterbo "Erinna" i contributi possono essere inviati attraverso bonifico bancario intestato ad Associazione Erinna, Banca Etica, codice IBAN: IT60D0501803200000000287042.
O anche attraverso vaglia postale a "Associazione Erinna - Centro antiviolenza", via del Bottalone 9, 01100 Viterbo.
Per contattare direttamente il Centro antiviolenza "Erinna": tel. 0761342056, e-mail: e.rinna at yahoo.it, onebillionrisingviterbo at gmail.com, sito: http://erinna.it
Per destinare al Centro antiviolenza "Erinna" il 5 per mille inserire nell'apposito riquadro del modello per la dichiarazione dei redditi il seguente codice fiscale: 90058120560.
9. ANNIVERSARI. IN MEMORIA DI GLORIA ANZALDUA, DI WALTER BENJAMIN, DI ANDREA DWORKIN, DI PAOLO SPRIANO
Ricorre oggi, 26 settembre, l'anniversario della nascita di Gloria Anzaldua (Harlingen, 26 settembre 1942 - Santa Cruz, 15 maggio 2004), della scomparsa di Walter Benjamin (Berlino, 15 luglio 1892 - Port Bou, 26 settembre 1940), della nascita di Andrea Dworkin (Camden, 26 settembre 1946 - Washington, 9 aprile 2005), della scomparsa di Paolo Spriano (Torino, 30 novembre 1925 - Roma, 26 settembre 1988).
*
Anche nel ricordo di Gloria Anzaldua, di Walter Benjamin, di Andrea Dworkin, di Paolo Spriano, proseguiamo nell'azione nonviolenta per la pace e i diritti umani; contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Vi e' una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' e la biosfera.
10. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Letture
- Ryszard Kapuscinski, Stelle nere, Feltrinelli, Milano 2015, pp. 108 (piu' un inserto fotografico con dieci immagini), euro 12.
*
Riletture
- Raffaele Cantarella, Poeti bizantini, Rcs Rizzoli Libri, Milano 1992, 2 voll. per complessive pp. 1108.
11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
12. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 2118 del 26 settembre 2015
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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