[Nonviolenza] Telegrammi. 2089



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 2089 del 28 agosto 2015

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVI)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com

 

Sommario di questo numero:

1. La mattanza. Due cose chiare ed una conseguenza ineludibile

2. In memoria di Shulamith Firestone e di Edward P. Thompson

3. Mao Valpiana: Parole ed opere di Alex Langer

4. Paolo Arena: Perplesso un ritorno dal Salone del libro di Torino

5. Segnalazioni librarie

6. La "Carta" del Movimento Nonviolento

7. Per saperne di piu'

 

1. EDITORIALE. LA MATTANZA. DUE COSE CHIARE ED UNA CONSEGUENZA INELUDIBILE

 

Altre decine di vittime in un Tir in Austria. Ed altre vittime nel Mediterraneo. La mattanza dei profughi in fuga dalla fame e dalle guerre continua.

Ed ormai ogni persona, ad eccezione del giovane segretario della Hitler-Jugend che imperversa sui mass-media italiani vomitando deliranti e raccapriccianti mostruosita' e di pochi altri criminali e depravati, ha capito due cose.

La prima: che la grande migrazione dalle aree del pianeta devastate dalla nostra rapina e dalle nostre guerre verso i luoghi privilegiati in cui sperare di poter vivere una vita decente liberi dalla fame e dal terrore, non si puo' fermare che in un solo modo: facendo cessare quella rapina, facendo cessare quelle guerre, facendo cessare lo sfruttamento schiavista e la devastazione della biosfera; costruendo relazioni di solidarieta' e di responsabilita' comune, di universale riconoscimento di dignita', di pieno rispetto ed intransigente difesa dei diritti di ogni essere umano, di condivisione e di giustizia; consapevoli che vi e' una sola umanita' di persone tutte eguali in diritti in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.

La seconda: che ogni vita umana e' un valore infinito, che tutti gli esseri umani hanno diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta', e che quindi il primo dovere di ogni essere umano ed a maggior ragione di ogni civile istituzione e' salvare le vite, recare aiuto a chi soffre ed e' in pericolo. Unico e' il nostro destino di vita o di morte; questa e' la regola aurea: agisci verso le altre persone cosi' come vorresti che le altre persone agissero nei tuoi confronti nell'ora del bisogno, nell'ora del dolore, nell'ora della paura.

*

L'Europa, per come e' andata la storia del mondo, ha responsabilita' tremende per la plurisecolare violenza da essa esercitata su interi continenti, una violenza che tuttora continua.

L'Europa ha il dovere di cessare di fare del male ai popoli dei continenti che colonizzo' e schiavizzo', ed ha il dovere di soccorrere, accogliere, assistere tutti gli esseri umani che in fuga dalle carestie e dagli orrori cercano ora scampo nel nostro continente.

*

C'e' un modo - semplice, efficace, immediato - per far cessare subito l'orrore del massacro dei profughi vittime innocenti in fuga dalla fame e dalle guerre: riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di giungere in Italia e in Europa in modo legale e sicuro.

Questo deve deliberare il Parlamento italiano, questo devono deliberare i parlamenti dei paesi dell'Unione Europea, questo devono riconoscere la Commissione Europea e il Consiglio Europeo, i governi dei singoli stati.

*

Cominci l'Italia a salvare tutte le vite.

Riconosca il diritto di tutti gli esseri umani a giungere in Italia e in Europa in modo legale e sicuro.

Questa farebbe immediatamente cessare le stragi nel Mediterraneo, ma anche nei deserti e nei lager libici, nei Tir e nelle campagne e sui cigli delle strade.

Cominci l'Italia a salvare tutte le vite.

Riconosca il diritto di tutti gli esseri umani a giungere in Italia e in Europa in modo legale e sicuro.

Ripudi e contrasti il razzismo e lo schiavismo, infami crimini contro l'umanita'. Faccia cessare questo orrore. Faccia scomparire l'abominevole mercato gestito da poteri criminali schiavisti e assassini.

Cominci l'Italia a salvare tutte le vite.

Riconosca il diritto di tutti gli esseri umani a giungere in Italia e in Europa in modo legale e sicuro.

*

Salvare le vite: e' il primo dovere.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Una sola umanita'.

 

2. ANNIVERSARI. IN MEMORIA DI SHULAMITH FIRESTONE E DI EDWARD P. THOMPSON

 

Ricorre oggi, 28 agosto, l'anniversario della scomparsa di Shulamith Firestone (Ottawa, 7 gennaio 1945 - New York, 28 agosto 2012) e della scomparsa di Edward P. Thompson (Oxford, 3 febbraio 1924 - Worcester, 28 agosto 1993).

*

Anche nel ricordo di Shulamith Firestone e di Edward P. Thompson proseguiamo nell'azione nonviolenta per la pace e i diritti umani; contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.

Vi e' una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' e la biosfera.

 

3. MEMORIA. MAO VALPIANA: PAROLE ED OPERE DI ALEX LANGER

[Dal sito di "Azione nonviolenta" riprendiamo l'editoriale apparso sul fascicolo di luglio-agosto 2015 della rivista.

Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle e autorevoli della nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive e ha lavorato come assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di intervento nel sociale"); attualmente e' presidente del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa per la nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del comitato scientifico e di garanzia della Fondazione Alexander Langer Stiftung; fa parte del Comitato per la difesa civile non armata e nonviolenta istituito presso L'Ufficio nazionale del servizio civile; e' socio onorario del Premio nazionale "Cultura della pace e della nonviolenza" della Citta' di Sansepolcro; ha fatto parte del Consiglio della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; nel giugno 2005 ha promosso il digiuno di solidarieta' con Clementina Cantoni, la volontaria italiana rapita in Afghanistan e poi liberata. Con Michele Boato e Maria G. Di Rienzo ha promosso l'appello "Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza?" da cui e' scaturita l'assemblea di Bologna del 2 marzo 2008 e quindi il manifesto "Una rete di donne e uomini per l'ecologia, il femminismo e la nonviolenza". E' stato fondamentale ideatore, animatore e portavoce dell'"Arena di pace e disarmo" del 25 aprile 2014 e coordina la campagna "Un'altra Difesa e' possibile". Un suo profilo autobiografico, scritto con grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4 dicembre 2002 de "La nonviolenza e' in cammino"; una sua ampia intervista e' nelle "Notizie minime della nonviolenza in cammino" n. 255 del 27 ottobre 2007; un'altra ampia intervista e' in "Coi piedi per terra" n. 295 del 17 luglio 2010.

Alexander Langer e' nato a Sterzing (Vipiteno, Bolzano) nel 1946, e si e' tolto la vita nella campagna fiorentina nel 1995. Promotore di infinite iniziative per la pace, la convivenza, i diritti, l'ambiente. Per una sommaria descrizione della vita cosi' intensa e delle scelte cosi generose di Langer rimandiamo ad una sua presentazione autobiografica che e' stata pubblicata col titolo Minima personalia sulla rivista "Belfagor" nel 1986 (poi ripresa in La scelta della convivenza). Opere di Alexander Langer: Vie di pace. Rapporto dall'Europa, Arcobaleno, Bolzano 1992. Dopo la sua scomparsa sono state pubblicate alcune belle raccolte di interventi: La scelta della convivenza, Edizioni e/o, Roma 1995; Il viaggiatore leggero. Scritti 1961-1995, Sellerio, Palermo 1996; Scritti sul Sudtirolo, Alpha&Beta, Bolzano 1996; Die Mehrheit der Minderheiten, Wagenbach, Berlin 1996; Piu' lenti, piu' dolci, piu' profondi, suppl. a "Notizie Verdi", Roma 1998; The Importance of Mediators, Bridge Builders, Wall Vaulters and Frontier Crossers, Fondazione Alexander Langer Stiftung - Una Citta', Bolzano-Forli' 2005; Fare la pace. Scritti su "Azione nonviolenta" 1984-1995, Cierre - Movimento Nonviolento, Verona, 2005; Lettere dall'Italia, Editoriale Diario, Milano 2005; Alexander Langer, Was gut war Ein Alexander-Langer-ABC; inoltre la Fondazione Langer ha terminato la catalogazione di una prima raccolta degli scritti e degli interventi (Langer non fu scrittore da tavolino, ma generoso suscitatore di iniziative e quindi la grandissima parte dei suoi interventi e' assai variamente dispersa), i materiali raccolti e ordinati sono consultabili su appuntamento presso la Fondazione. Opere su Alexander Langer: Roberto Dall'Olio, Entro il limite. La resistenza mite di Alex Langer, La Meridiana, Molfetta 2000; AA. VV. Una vita piu' semplice, Biografia e parole di Alexander Langer, Terre di mezzo - Altreconomia, Milano 2005; Fabio Levi, In viaggio con Alex, la vita e gli incontri di Alexander Langer (1946-1996), Feltrinelli, Milano 2007. Si vedano inoltre almeno i fascicoli monografici di "Azione nonviolenta" di luglio-agosto 1996, e di giugno 2005; l'opuscolo di presentazione della Fondazione Alexander Langer Stiftung, 2000, 2004; il volume monografico di "Testimonianze" n. 442 dedicato al decennale della morte di Alex. Inoltre la Casa per la nonviolenza di Verona ha pubblicato un cd-rom su Alex Langer (esaurito). Videografia su Alexander Langer: Alexander Langer: 1947-1995: "Macht weiter was gut war", Rai Sender Bozen, 1997; Alexander Langer. Impronte di un viaggiatore, Rai Regionale Bolzano, 2000; Dietmar Hoess, Uno di noi, Blue Star Film, 2007. Un indirizzo utile: Fondazione Alexander Langer Stiftung, via Bottai 5 Bindergasse, 9100 Bolzano-Bozen, tel. e fax: 0471977691; e-mail: info at alexanderlanger.org, sito: www.alexanderlanger.org]

 

Vent'anni sono tanti. Un bel pezzo di vita. Sono gli anni che Alex Langer ha dedicato con energia, entusiasmo, intelligenza, curiosita', passione, compassione, al suo impegno pubblico, politico ed intellettuale. Ambiente-pace-solidarieta' sono i tre elementi decisivi del suo pensiero e della sua azione. Vent'anni sono anche la misura del tempo che ci separa dalla sua morte. Se ne e' andato chiedendoci di continuare in cio' che era giusto, ma cio' che "era giusto", e' ancora giusto? Cosa e' cambiato da allora ad oggi? La salute dell'ecosistema e' peggiorata, le guerre si moltiplicano, le ingiustizie sociali sono cresciute, l'economia ha aumentato il divario tra ricchezza e poverta', le forme della politica sono state stravolte - ma le idee e le opere di Alex sono andate avanti ed hanno superato la prova del tempo. Infatti, per ogni tema che affrontava, Alex cercava contemporaneamente di dare vita ad una campagna, un progetto, un'iniziativa. Vent'anni dopo, i suoi scritti e molte delle azioni da lui avviate, hanno ancora tanto da dire e tanto da fare.

Gli articoli che seguono costituiscono un inserto comune delle due riviste "Azione nonviolenta" e "Gaia", che sono anche le promotrici del convegno che si terra' a Mestre sabato 26 settembre nell'ambito della Fiera della citta' possibile, dedicata ad Alex. Non sara' solo un momento commemorativo e di memoria ma anche e soprattutto l'occasione per intrecciare i percorsi che ognuno di noi ha sviluppato, e ri-trovare il comune filo conduttore, per una nuova necessaria prospettiva politica.

Tra le tante iniziative che si stanno organizzando per il ventennale langeriano, segnaliamo anche il simposio promosso da Missionari Comboniani e Movimento Nonviolento a Verona sabato 3 ottobre sull'enciclica "Laudato si'", con un "dialogo sulla decrescita da Langer a Bergoglio", e l'incontro pubblico "Le parole della convivenza" che si sviluppera' a Bolzano dal 23 al 25 ottobre, organizzato dalla Fondazione Alexander Langer Stiftung. Inoltre e' in preparazione un nuovo volume, dal titolo "Elogio della politica per riparare il mondo" (ed. Biblioteca del Cigno) che sara' una sorta di itinerario tra dieci pensieri di Alex interpretati da dieci autori: uno strumento utile all'impegno politico soprattutto dei giovani. Questo nuovo volume uscira' per i 70 anni della nascita di Alex che festeggeremo il 22 febbraio del 2016.

Alex rappresenta ancora oggi una risorsa per cambiare il mondo, per questo preferiamo un inno alla sua vita piu' che un lamento per la sua morte.

 

4. KULTUR UND ZIVILISATION. PAOLO ARENA: PERPLESSO UN RITORNO DAL SALONE DEL LIBRO DI TORINO

[Ringraziamo Paolo Arena per questo intervento.

Paolo Arena, critico e saggista, studioso di cinema, arti visive, weltliteratur, sistemi di pensiero, processi culturali, comunicazioni di massa e nuovi media, e' uno dei principali collaboratori del "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo e fa parte della redazione di "Viterbo oltre il muro. Spazio di informazione nonviolenta", un'esperienza nata dagli incontri di formazione nonviolenta che per anni si sono svolti con cadenza settimanale a Viterbo; nel 2010 insieme a Marco Ambrosini e Marco Graziotti ha condotto un'ampia inchiesta sul tema "La nonviolenza oggi in Italia" con centinaia di interviste a molte delle piu' rappresentative figure dell'impegno nonviolento nel nostro paese. Ha tenuto apprezzate conferenze sul cinema di Tarkovskij all'Universita' di Roma "La Sapienza" e presso biblioteche pubbliche. Negli scorsi anni ha animato cicli di incontri di studio su Dante e su Seneca. Negli ultimi anni ha animato tre cicli di incontri di studio di storia della sociologia, di teoria del diritto, di elementi di economia politica. Fa parte di un comitato che promuove il diritto allo studio con iniziative di solidarieta' concreta]

 

Sono stato di recente al Salone internazionale del libro di Torino, o Fiera del libro che dir si voglia, approfittando di una visita nella splendida citta' sabauda.

L'impatto urbano per qualcuno abituato al massimo alla caotica e sempre piu' brutta Roma e' stato potente. Tralasciando le chiacchiere turistiche, colpisce comunque la presenza nel centro cittadino di una quantita' notevole di librerie le piu' varie: quelle dei grandi gruppi editoriali in grande schieramento; quelle piccole e battagliere, quelle specializzate, quelle antiquarie, quelle bizzarre che sembrano uscite da un romanzo di Eco, quelle misteriose che ricordano "La nona porta" di Polanski; e poi bancarelle, mercatini, tavolini; libri usati, libri sconosciuti; titoli misteriosi evocanti strane discipline dimenticate (a piazza Statuto, o in certe librerie antiquarie dove ad esempio alcuni titoli ricordavano un'improbabile bibliografia mentita spudoratamente da Borges, che ti fa venire sempre voglia di verificare se i libri da lui citati esistano davvero o meno - perche' se e' vero che lo scrittore aveva letto di tutto, aveva anche inventato parecchio).

Mi dico: se tutte queste librerie restano aperte vuol dire che deve esserci un mercato, che questi libri vengono comprati. E certo nella libreria della grande casa editrice campeggiano in vetrina i titoli di grido del momento, non certo tomi oscuri; come dappertutto. I turisti non comprano libri, mi dico, quindi a comprarli devono essere gli abitanti della citta' o i naufraghi dell'indotto tipico delle grandi urbanita' accentratrici politiche, economiche, amministrative, culturali. I torinesi, mi dicevo, leggono. Non ho dati in merito, ma da frequentatore di librerie della mia zona mi sembra una tendenza diversa da quella di Roma.

La fiera e' al Lingotto: il celebre complesso produttivo automobilistico torinese riconvertito ad area per manifestazioni di misura imponente. Mi piacerebbe avere il tempo per approfondire storia e controstoria di questo luogo; cio' che vi e' successo, cio' che si sperava succedesse, cio' che si e' impedito succedesse. Una cosiddetta "locomotiva d'Italia", un polo di modificazione delle condizioni di vita di tutto il paese; un centro significante dell'Italia del Novecento - quasi una reggia se per gioco paragoniamo certe dinastie imprenditoriali italiane alle antiche aristocrazie.

Noi ci siamo arrivati con la moderna e controversa metropolitana torinese: piccola grande opera sbocciata in occasione delle recenti Olimpiadi Invernali - controversa come tutte le grandi opere, educata e tranquilla come ogni cosa qui a Torino; forse sproporzionata rispetto alle dimensioni della citta', forse persino inutile considerando il suo impatto strutturale e culturale.

Arrivando in zona ci si confronta col quartiere sviluppatosi in ovvia simbiosi con l'impianto industriale, anche se siamo costretti a lasciarci guidare per lo piu' dall'immaginazione: "quei palazzi sembrano abitazioni delle famiglie dei quadri" diciamo al cospetto dell'atmosfera "White Collar" di certi palazzetti; "guarda che casermone" pensiamo di fronte al tipico abitativo per famiglie di operai; la zona e' tranquilla nonostante sia sabato: si passa in fretta; poco distante sappiamo dell'esistenza di un grande centro commerciale, ma siamo dal lato opposto dell'indotto di traffico che esso sicuramente comporta: non lo vediamo, non ne vediamo i segni al neon e l'espansione radiale dei rifiuti recanti il marchio delle cosiddette Grandi Marche.

In centro abbiamo soggiornato presso una di quelle tipiche case in palazzi quasi quadrati col cortile interno, ballatoi, accessi sui camminamenti esterni, "ringhiere"; ovviamente senza l'immaginario che conosciamo dai documentari e dal giornalismo: niente biancheria stesa, nessuna torma di ragazzini chiassosi, nessun afrore sobbollente di cavolo od aglio, nessun vociare in calabrese. Il nostro appartamento anzi era un ristrutturato vagamente alternativo tipico di generazioni poi emigrate: cestini con copie del "New Yorker", scacchiera, chitarra, libri no-global o new-age su di un piccolo scaffale di vimini da mercatino, cucina nuova svedese di consumo, oggettistica finto-vintage.

Le strutture del Lingotto sono imponenti e belle, essudano ancora l'antica rumorosa vita, rimandano a visioni fin troppo retoriche della grande macchina produttiva italiana, del grande sogno del (baby)boom, della lotta operaia, delle grandi contraddizioni italiane. Tutto fin troppo retorico, ma si sente qualcosa di strano nell'aria o forse la sento solo io; attribuisco a questo luogo un senso ed un'importanza che forse sono esagerati, che forse si diluiscono nelle percezioni delle altre persone.

Ci mettiamo in fila con abbondante anticipo rispetto all'apertura dei cancelli, ma gia' c'e' un cospicuo assembramento di persone in ordinata coda. Abbonda il personale itinerante di supporto, quasi tutto molto giovane; non so se siano volontari, stagisti o qualcosa di simile, ma alcuni sembrano ancora studenti e ragazzi.

Code importanti ai tornelli di ingresso, parallele alla lunga struttura principale del Lingotto: la popolazione e' per la maggior parte quella dei compratori di libri in tutte le loro varianti, ma anche altri tipi umani; c'e' quello qui per l'anteprima del nuovo capitolo della sua saga preferita, quella che cerca il suo autore di culto, molti specialisti dello sfoggio di titoli elitari e di nicchia ben sotto i venticinque lettori; ci sono genitori che accompagnano i figli; semplici avventurieri del cosiddetto "evento del sabato" che andrebbero con lo stesso interesse ad una fiera di cosmetici, un'esposizione canina, una sagra della salsiccia.

All'apertura c'e' un massiccio riversamento di persone, con attenta computazione degli accessi da parte del personale (per gli articoli di giornale, che in realta' riguarderanno come scopriro' ben altro: questioni legali serie, vicenda ancora in corso); subito dopo inizia il materiale pubblicitario ed informativo; oltre delle hostess regalano assaggi di un nuovo prodotto di una multinazionale del cibo industriale; subito oltre la solita ultima barriera di tabagisti prima delle porte; infine il primo ambiente.

La vastita' interna della struttura e' scioccante; lo spessore della folla aumenta a vista d'occhio; i suoni sono quelli di migliaia di voci ed altoparlanti, schermi e telefoni che squillano; alle mie spalle su un piccolo palco che vedro' solo in seguito una voce femminile canta, tra l'altro, "L'internazionale" ed ho dei dubbi sulla mia lucidita'; strizzo gli occhi: sta accadendo realmente; mi sento stranamente rincuorato.

Da questo punto in poi e' difficile ricostruire il nostro percorso: siamo travolti da un vero e proprio "stampede" di frequentatori, pressati verso i banchi espositivi, trascinati da un flusso possente senza alcuna possibilita' di resistere. Questa iactatio mi devasta; riesco in qualche modo a sostare in qualche stand, in uno riesco persino ad adocchiare un titolo che mi interessa, qualche informazione che meriterebbe di essere letta ma il fiume umano decide per me e la persona che mi accompagna - lei e' travolta da questa balena bianca, per potenza fisica e per leggendaria rarita': la potenza e' quella dei compratori di libri, la rarita' quella dei lettori.

*

Torino e' ancora la capitale italiana dell'editoria e qui essa e' rappresentata con generoso dispiegamento di truppe.

Gli stand delle grandi case editrici sono delle affollate roccaforti che per noi risulteranno inespugnabili ma anche prive di reale attrattiva.

Nel migliore dei casi c'e' il semplice sfoggio dell'intero catalogo - varrebbe la pena dare un'occhiata, si pensa, ma poi ci pare che con l'internet tanto vale farlo da casa - fanno sconti? - Si pensa ancora - non ne fanno - e allora che ci andiamo a fare?

Nel peggiore dei casi un assortimento da vetrina con i volumi del momento in pompa magna e poi una selezione di opere vendibili, largamente disponibili, in fase di lancio, abbinate a qualche recente fatto mediatico eccetera; spiccano come al solito le saghe fantasy, i libri da cui e' tratto qualche "blockbuster", i libri di qualche personaggio televisivo o sportivo.

In tutte le configurazioni ipotizzate e' comunque una vetrina piu' che convenzionale, spruzzata dall'eccitazione per la presenza di qualche autore ospite in vena di firmare copie ("copie dell'autore", si capisce).

La media, la piccola, la piccolissima editoria sono rappresentate nella maniera che piu' si addice loro: c'e' l'editore battagliero militante; c'e' quello oscuro specializzato in testi altrettanto oscuri, a quanto pare con un certo pubblico di appassionati che si danno segreto appuntamento alla maniera di congiurati; c'e' quello alla guida di un qualche movimento, culto, corrente di pensiero, del piu' disparato cardine caratterizzante le aggregazioni del pensiero di questa strana societa'; c'e' l'editoria per l'infanzia; c'e' l'apparato statuale in ogni sua manifestazione amministrativa dislocata: provincie, regioni, enti e via dicendo; c'e' la casa editrice di "quelli bravi", in genere immersa nel silenzio e nel disinteresse; c'e' l'editore estremo in ogni sua possibile configurazione: teorie del complotto, pseudo-scienze e para-gnosi dottrine marginali o alternative, specificita' di nicchia delle letterature di genere; insomma ogni genere di entita' editoriale risalente, credo, quasi all'intera filiera produttiva dell'oggetto (anzi del concetto) "libro". Non vedo gli scrittori, ma ci sono sicuramente - certo li immagino individui fastidiosi di intralcio mentre si fanno affari; ma poi penso che gli scrittori che vedo qui rappresentati e che non lo sono per mestiere o vocazione, ma solo per opportunita' mediatica e che anche a loro basti mettere un mazzetta di banconote in mano perche' si calmino; e penso certo che non e' solo cosi' e che qui c'e' anche la cultura quella vera, ma non vedo autori emergenti con fasci di carte sottobraccio e l'aria sperduta in cerca di editori coraggiosi; e' possibile certo che avessi un po' romanzato le mie aspettative in merito.

Giriamo un po' collezionando spallate e rapidamente ci rendiamo conto che la nostra visita durera' meno del previsto.

Ci sono stand che mi interessano, mi riprometto di ritornarci prima di uscire per dare un'occhiata: ben presto gli stand in cui "ripassero' prima di uscire" diventano piu' di quelli che visito; vorrei scambiare qualche parola con gli operatori di quell'editore anarchico, di quella casa editrice che fa ottimi libri sull'antimafia quella vera, di quell'associazione che ha pubblicato certi studi interessanti su argomenti molto attuali, prendere finalmente quel secondo volume di Fortini che dimentico sempre di ordinare in rete, tre opere di Guenther Anders al prezzo di due (non e' sarcastico, o forse si'), ma non ci riesco: i piccoli sgomitano per smaltire le copie, i grandi riescono a malapena a gestire i flussi di persone; a quelli di nicchia interessa solo venderti il loro autore di punta, spesso un asceta pazzo che cerca di insegnarti a nutrirti di solo "prana" o a respirare con i gomiti, invitandoti contestualmente a liberarti dalle incombenze materiali effettuando generose donazioni, indovinate a chi.

Ci sono poi degli spazi (defilati) definiti "incubatore": un termine molto in voga di recente, con cui l'Impresa e le istituzioni fanno credere ai cittadini che si stia investendo sul futuro, che si stiano liberando spazi per le nuove generazioni. Passandoci davanti nel trapestio della folla non ho il tempo per rimanerne incuriosito, ma noto che i pochi libri sono accompagnati spesso da gadget, che l'apparato editoriale è mimetico del mainstream senza alcuna personalita' propria, che sara' difficile scoprire se in questi cubicoli si nasconda la grande letteratura di domani.

Riesco comunque a rimediare una borsa di libri e qualche gadget generosamente elargito da ben finanziati banchetti istituzionali, una copia di un famoso quotidiano torinese e riesco a scattare una foto all'enorme stand di una nota associazione che fino a qualche tempo fa era più pratico definire confraternita, loggia o qualcosa del genere e che scatena la fantasia complottista che e' in me.

La nostra visita sta per concludersi dopo circa tre ore: non abbiamo visitato tutta la manifestazione e del poco che abbiamo visto resta solo un forte stordimento ed un certo senso di delusione.

Durante un'assolata pausa per fumare ho modo di osservare ancora un po' i frequentatori del Salone accomodati alla meno peggio a consumare pasti acquistati agli stand ristorazione o pasti preparati a casa; ci sono quelli organizzati ed esperti di manifestazioni, con un piano in testa, un'attitudine militarizzata e competente, un equipaggiamento al limite del "survivalism"; ci sono quelli impreparati che si sono ritrovati assetati, pieni di buste le piu' disparate, disorientati, accaldati;  ci sono comitive che si incontrano, delusioni che si sfogano, aspettative soddisfattesi in un autografo esibito agli amici, conversazioni librarie ridotte all'ostensione di biglietti da visita degli autori piu' di grido.

Poco dopo decidiamo di andarcene: non e' possibile vedere tutto e non riusciamo neanche a trovare qualcosa che ci interessi abbastanza per affrontare la fatica necessaria a parteciparvi.

Di solito mi piace la folla e quella sensazione di solitudine nella moltitudine metropolitana che vado a cercare nelle stazioni piu' affollate e nelle strade piu' calpestate, ma stavolta non riesco a ricavarne molto piacere, non riesco a guardarmi intorno a cercare storie, idee, volti che sembrino pensare quello che penso io.

*

Sono andato al salone del libro di Torino perche' sono innanzitutto un lettore e, pensandola come Dillinger, vado la' dove ci sono i libri. Scrivo e per quanto mi piaccia ancora identificarmi come colui le cui opere siano troppo estreme per qualunque vile cedimento al mercato, mi immagino comunque su questi scaffali, su questi manifesti, ad un tavolo di fronte ad un uditorio che penda dalle mie labbra. Lettura e scrittura e' la mia prima divisione.

La seconda e': grande editoria e piccola editoria, multinazionali e artigiani del libro; esiste ancora questa divisione? E' ancora possibile pubblicare qualcosa senza fideiussioni o cambia solo l'entita' delle movimentazioni finanziarie che le due realta' effettuano? So per certo esserci diversi meeting della microeditoria, autoeditoria e altre cose simili; non trovero' certo qui quelle realta' che non possono permettersi le migliaia di euro sicuramente necessarie per affittare uno spazio.

Ed e' divisione in due anche il mio essere compratore di libri: grande libreria mainstream dall'assortimento totalitario o piccola libreria che non ha mai quello che cerchi ma che puo' tirarti giu' dallo scaffale un gioiello dimenticato? E quindi: acquisto sull'Internet dai mega-siti o ordini millesimati nella galassia dei siti dei piccoli editori? Risparmio e compro piu' libri o sostengo le piccole realta'?

Doppiezza soprattutto nel mio rapporto col libro: contenitore o contenuto? Oggetto-libro o concetto-libro? Certo un libro va letto e conta per quello che contiene, ma mi riesce difficile immaginarmi senza la mia piccola biblioteca, e mi riesce difficile rinunciare alla maneggevolezza di un volume stampato per uno digitale, anche se in certa misura lo faccio - anche per la possibilita', inutile tacerlo, di attingere alla gratuita' del peer-to-peer, col rischio pero' di milioni di bytes di libri che non riusciro' mai a leggere - cosa che infatti mi e' successa: ma a volte quando trovi un libro in rete vorresti adottarlo come avessi scovato un grande tesoro introvabile; ti dimentichi dell'infinita duplicazione dei dati sulla rete e della loro permanenza eterna e pensi: e se domani non si trovasse piu'?

Quindi mi sono spinto a partecipare al Salone per queste molte contraddizioni e per la curiosita' - oltre che per il rispetto che ho per il libro come medium di pensieri, di storie, di conoscenza.

Pensavo - sbagliando - che sarebbe stato possibile persino socializzare con quelli che pensavo miei simili: incontrare qualcuno mentre si sfoglia incuriositi lo stesso volume, scoprire che c'e' qualcun altro a cui ancora interessi quell'autore dimenticato, qualcuno che abbia voglia di condividere i propri pensieri di persona, al di fuori di un blog o di una videorecensione o di un altro atto di imitazione autoriale e autoritaria: tutte possibilita' rimaste nella mia testa ovviamente.

Sono stato al Salone perche' ovviamente speravo di acquistare libri in offerta speciale - come spesso faccio nelle grandi librerie che stagionalmente effettuano sconti: e' un ottimo modo per recuperare un classico dimenticato, completare l'opera di un autore specifico, fare scorta di buoni vecchi libri da regalare eccetera. Infatti mi aspettavo che ci sarebbe stato piu' spazio per "occasioni" tipo remainders e persino per il libro usato: errore pensarlo visto il fine squisitamente commerciale mainstream della manifestazione; un appassionato e' tollerato solo finche' e' un cliente, ma se si aggira solo per parlare, guardare, pensare e' un ingombro.

Mi aspettavo piu' amore per la lettura e meno per i libri, venduti quasi "al metro" come sono sicuro si faccia per allestire gli studi di qualche affermato professionista che ci tiene ad apparire un erudito dottore, omettendo il fatto che all'universita' si sia nutrito solo di dispense predigerite da qualche docente preoccupato di affaticare troppo "i ragazzi"; ad esempio mi incuriosisce sempre guardare le pareti di libri davanti alle quali si fanno intervistare certi personaggi nei loro studi: sospetto sempre siano messi li' in base ad un piano specifico.

Dopo un lungo periodo di delusione sulla lettura e sui lettori, essendo un assiduo frequentatore di aule e biblioteche universitarie, speravo che l'evento accentratore avrebbe messo in comunicazione altre persone come me sparpagliate per l'Italia, ma qui ci sono pochi che vogliono comunicare e molti che  vogliono acquistare.

Mi aspettavo insomma che si celebrasse questa entita' bi-esistente che e' contemporaneamente contenitore e contenuto, medium e messaggio, cosa e concetto, forma/materia e senso.

Invece ognuno se ne va con le sue buste ed in volto un sorriso placido tipico delle endorfine da shopping: ce l'ho anche io.

Un altro fatto di luoghi del genere: sono tutti preoccupati di vendere il nuovo e nessuno si cura del vecchio: ottimo per chi come me ha ancora molti classici da leggere e non disdegna trovarli a buon prezzo; sarebbe buono anche per l'editoria, che si troverebbe molto materiale gia' pronto, a basso costo, solo da rilanciare: ma sono cose bollate come noiose per nascondere il potere rivoluzionario della conoscenza; e quindi ci convincono a comprare le storie di un presentatore televisivo annoiato, di un cocainomane convertito al culto mariano, di una rockstar arrogante, di una segretaria masochista e del suo tycoon manesco, di un ricco borghese che molla il suo noioso lavoro da ricchi e va a godersi i quattrini in giro per il mondo dispensando sermoni paternalisti e stereotipi motivazionali.

In Italia si e' riportato il libro indietro di secoli, facendolo sembrare un oggetto magico agli occhi della "gente semplice" - allontanandola dal suo potere: non si potevano bruciare tutti i libri e allora se ne sono scritti cosi' tanti da rendere introvabili o poco invitanti quelli buoni ed utili.

Mi aspettavo se non di partecipare quantomeno di assistere alla magia che permette ad un'idea nella testa di qualcuno di diventare un oggetto che trasmetta questa idea agli altri: editori avventurosi dare pacche sulle spalle alle loro nuove scoperte, timidi redattori respingere con cortesia opere che essi ritengono non valga la pena siano pubblicate, contrattazioni, litigi, grandi accesi dibattiti che neanche a Wittenberg.

Avevo aspettative esagerate: non so cosa sia stato realmente il Salone del Libro di Torino, ma quello che ho percepito io e' che fosse semplicemente un enorme (super)mercato del libro, dove la merce e' esposta bene e facile all'acquisto, dove hanno spazio il mainstream e l'alternativa, dove se anche ci fosse qualche intellettuale gli verrebbe chiesto di comportarsi da imbonitore, dove ci sono anche cose interessanti se si ha la pazienza di aspettarle o cercarle, poiche' anch'esse sono merce. Una fiera, insomma, forse nel senso deteriore del termine - piu' che in quello tedesco.

E questo, insomma, vi ho trovato: il libro come oggetto di consumo piu' che come oggetto di cultura.

Certo e', per fortuna, che del libro non conta la fattura o la provenienza, ma l'uso che se ne fa: ma questo si dice anche delle armi, occorre fare attenzione.

Questo di buono ho trovato al Salone internazionale del Libro di Torino: c'erano molti libri; e i libri fortunatamente parlano da soli.

E quindi non ho trovato uno stimolo alla diffusione della lettura (che si dice ai minimi storici in un'Italia persa in una vera e propria apocalisse cognitiva) - alla lettura intesa non come atto di consumo. C'erano gli addetti ai lavori, i lettori da classifica, quelli che seguono le mode e quelli che si considerano "trendsetter" e sfoggiano letture di nicchia persino sconsigliandole a chi non ritengono abbastanza intellettuale, ci sono consumatori di libri. Certo sto generalizzando: non ho modo di conoscere tutte queste persone, ma so che l'accetta del marketing ha dato loro una forma di massima che lascia ben poche schegge schizzar via lontano dal camino del mercato.

Ho trovato inoltre un paese di scrittori piu' che di lettori: i nomi sulle copertine sono spesso di personaggi noti per altre attivita', che evidentemente cercano ancora il prestigio dell'essere "persone che scrivono libri" - ed infatti i loro libri li comprano persone che non ne comprerebbero altri: in copertina i loro faccioni ben conosciuti ed il nome ben leggibile, spesso comprensivo del titolo della trasmissione tv da cui provengono, spesso foto che ostentano grosse stilografiche inservibili e piccole scrivanie puramente decorative; si intasano cosi' gli scaffali di opere di dubbia utilita', non occorre essere Calvino per capirlo. Ma c'e' un "ma".

"Meglio che si legga comunque" penso, "meglio che si leggano libracci. E' la lettura in se' un atto importante" penso, "meglio un romanzetto fantasy che un pomeriggio su Youtube" concludo; sara' vero? Gli effetti della lettura sulle dinamiche del pensiero sono noti e da sempre la societa' e' divisa in "quelli che leggono i libri" e "quelli che non li leggono", e' per questo che il sistema fa di tutto per impedire alla lettura di diffondersi di nuovo; e' per questo che lo smartphone ha sostituito il paperback nella tasca del pendolare in metropolitana; e' per questo che aumenta il costo del libro e diminuisce il costo di acquisto degli schermi al plasma; e' per questo che nelle universita' gli studenti sono scoraggiati alla lettura del libro intero che non sia il manualetto scritto dal docente, in cui egli racconta riassunti di classici del pensiero e della narrativa la cui forza eversiva viene soffocata in ogni modo, oggi come mezzo millennio fa quando un certo agostiniano decise che era ora che ogni uomo libero avesse il diritto ed il dovere di leggersi da solo la parola del proprio dio, invece che farsela raccontare in latinorum come un Tramaglino qualunque.

 

5. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Riletture

- Svetlana Aleksievic, Incantati dalla morte, Edizioni e/o, Roma 2005, pp. 272.

- Svetlana Aleksievic, Preghiera per Cernobyl', Edizioni e/o, Roma 2002, 2004, pp. 360.

- Svetlana Aleksievic, Ragazzi di zinco, Edizioni e/o, Roma 2003, pp. 320.

 

6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

7. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 2089 del 28 agosto 2015

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVI)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

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