[Nonviolenza] Telegrammi. 2053
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- Date: Wed, 22 Jul 2015 21:36:35 +0200 (CEST)
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TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 2053 del 23 luglio 2015
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com
Sommario di questo numero:
1. "Una persona, un voto". Un incontro a Viterbo
2. Chiara Zamboni: Un'intervista con Laura Colombo a Vandana Shiva
3. Una proposta di azione contro il razzismo
4. Per sostenere il centro antiviolenza "Erinna"
5. Fabio Levi: Primo Levi a scuola
6. Segnalazioni librarie
7. La "Carta" del Movimento Nonviolento
8. Per saperne di piu'
1. INCONTRI. "UNA PERSONA, UN VOTO". UN INCONTRO A VITERBO
Si e' svolto nel pomeriggio di mercoledi' 22 luglio 2015 a Viterbo presso il "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" un incontro a sostegno dell'iniziativa "Una persona, un voto. Cessi il regime di apartheid per oltre cinque milioni di persone legalmente residenti in Italia".
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Nel corso dell'incontro e' stata illustrata la lettera aperta inviata giorni addietro ai parlamentari dalla struttura nonviolenta viterbese.
Nella lettera si legge: "Egregie ed egregi parlamentari,
vi scriviamo affinche' il Parlamento italiano legiferi il riconoscimento del diritto di voto nelle elezioni amministrative per tutte le persone residenti in Italia.
Risiedono regolarmente in Italia oltre cinque milioni di persone straniere che con la loro presenza, la loro cultura, il loro lavoro, i loro tributi, la loro umanita', i loro figli che in Italia crescono e studiano, arricchiscono il nostro paese sotto tutti i punti di vista.
Ma a queste persone e' assurdamente negato il diritto di partecipare alle decisioni pubbliche che riguardano anche le loro vite; e' negato il diritto di voto finanche nelle elezioni amministrative. E con questo si nega il cardine stesso della democrazia, espresso nel classico motto 'Una persona, un voto'.
Ebbene, mentre per il riconoscimento del diritto di voto nelle elezioni politiche, essendo legato alla cittadinanza, occorrerebbe forse una modifica costituzionale, per quanto riguarda l'esercizio dell'elettorato attivo e passivo nelle elezioni comunali e regionali nulla osta all'approvazione di una legge ordinaria che lo riconosca sulla base del mero requisito della residenza.
Con questa lettera siamo quindi a pregarvi di volervi impegnare in tal senso, presentando una proposta di legge ad hoc e promuovendo l'impegno delle altre e degli altri parlamentari solleciti a un tempo del pubblico bene, della democrazia, della vita, della dignita' e dei diritti di tutti gli esseri umani".
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Nel corso dell'incontro e' stata anche reiterata la richiesta che il Comune di Viterbo istituisca al piu' presto la Consulta comunale per l'immigrazione e l'elezione dei consiglieri comunali stranieri aggiunti, come gia' fatto da numerosissimi Comuni d'Italia.
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Concludendo l'incontro il responsabile della struttura nonviolenta viterbese, Peppe Sini, ha ancora una volta evidenziato la necessita' di un impegno corale contro il razzismo e lo schiavismo, in difesa della vita, della dignita' e dei diritti di tutti gli esseri umani.
2. MAESTRE. CHIARA ZAMBONI: UN'INTERVISTA CON LAURA COLOMBO A VANDANA SHIVA
[Dal sito www.libreriadelledonne.it riprendiamo la seguente intervista originariamente scritta per "AP - autogestione e politica prima", n. 2, maggio/agosto 2015, col titolo "Parole bene-dette di Vandana Shiva. Intervista della filosofa di Diotima Chiara Zamboni a Vandana Shiva con Laura Colombo".
Chiara Zamboni e' docente di filosofia del linguaggio all'Universita' di Verona, partecipa alla comunita' filosofica femminile di "Diotima". Tra le opere di Chiara Zamboni: Favole e immagini della matematica, Adriatica, 1984; Interrogando la cosa. Riflessioni a partire da Martin Heidegger e Simone Weil, IPL, 1993; L'azione perfetta, Centro Virginia Woolf, Roma 1994; La filosofia donna, Demetra, Colognola ai Colli (Vr) 1997; Parole non consumate. Donne e uomini nel linguaggio, Liguori, Napoli 2001; Sul femminile. Scritti di antropologia e religione, Citta' Aperta, Troina (En) 2004.
Laura Colombo partecipa all'esperienza della Libreria delle donne di Milano, del cui sito internet www.libreriadelledonne.it e' una delle "webmater".
Vandana Shiva, scienziata e filosofa indiana, direttrice di importanti istituti di ricerca e docente nelle istituzioni universitarie delle Nazioni Unite, impegnata non solo come studiosa ma anche come militante nella difesa dell'ambiente e delle culture native, e' oggi tra i principali punti di riferimento dei movimenti ecologisti, femministi, nonviolenti, di liberazione dei popoli, di opposizione a modelli di sviluppo oppressivi e distruttivi, e di denuncia di operazioni e programmi scientifico-industriali dagli esiti pericolosissimi. Tra le opere di Vandana Shiva: Sopravvivere allo sviluppo, Isedi, Torino 1990; Monocolture della mente, Bollati Boringhieri, Torino 1995; Biopirateria, Cuen, Napoli 1999, 2001; Vacche sacre e mucche pazze, DeriveApprodi, Roma 2001; Terra madre, Utet, Torino 2002 (edizione riveduta di Sopravvivere allo sviluppo); Il mondo sotto brevetto, Feltrinelli, Milano 2002; Le guerre dell'acqua, Feltrinelli, Milano 2003; Le nuove guerre della globalizzazione, Utet, Torino 2005; Il bene comune della Terra, Feltrinelli, Milano 2006; India spezzata, Il Saggiatore, Milano 2008; Dalla parte degli ultimi, Slow Food, 2008; Ritorno alla terra, Fazi, Roma 2009; Campi di battaglia, Edizioni Ambiente, Milano 2009; Semi del suicidio, Odradek, Roma 2009; Fare pace con la Terra, Feltrinelli, Milano 2012; Storia dei semi, Feltrinelli, Milano 2013; Chi nutrira' il mondo? Manifesto per il cibo del terzo millennio, Feltrinelli, Milano 2015; Il mondo del cibo sotto brevetto, Feltrinelli, Milano 2015]
Alla Libreria delle donne di Milano il 16 maggio e' stata ospite Vandana Shiva. Perche' Vandana Shiva in questo luogo del femminismo? Si tratta di una convergenza di fondo sui temi della vita, del lavoro e della presenza delle donne. Sono presenti questi temi sia nel manifesto Terra viva, scritto da un gruppo di collaboratori guidato da lei e presentato a Milano il 2 maggio nell'ambito dell'Expo 2015 dedicato al pianeta e al cibo sia nel Primum vivere, manifesto femminista del gruppo del lavoro della Libreria - simbolo poi ripreso nell'incontro femminista di Paestum del 2012. La cura della vita porta alla cura della terra e viceversa e le donne sono coinvolte in tale circolo. Nell'esistenza femminile al centro e' il tessuto fragile della vita. La propria, delle altre e degli altri. E' questo a dare la misura di come stare nelle relazioni, in tutte le sue sfaccettature dal lavoro alla dimensione delle lotte politiche.
Questi temi sono ripresi dall'ultima pubblicazione di Vandana Shiva, Chi nutrira' il mondo? Manifesto per il cibo del terzo millennio, edita da Feltrinelli. Vandana Shiva in questo testo mostra lo scontro in atto tra due paradigmi: quello dell'agricoltura industriale, che si fonda su una scienza oggettivante, che considera la terra come terra di nessuno - suolo morto su cui agire con agenti chimici e sementi modificate - e le donne e gli uomini che coltivano la terra non come esseri umani con un loro sapere guadagnato con l'esperienza, ma anelli di un processo produttivo di cibo. Vandana Shiva e' impegnata nel far crescere un altro, diverso paradigma, che lei descrive come nascente. E' un paradigma fondato sulla legge della restituzione alla terra da parte degli esseri umani. E' basato sulla conoscenza dei cicli di fertilita' della terra, da cui si ricava cibo aiutando la capacita' di far crescer che un suolo possiede. Si tratta di conoscere i cicli nel loro ritmo e di aiutarne lo sviluppo, restituendo elementi organici all'organismo che ci ha permesso di produrli. Le scienze possono portare un notevole contributo a questo ciclo di generazione, coltivazione, restituzione. E' fondamentale questo punto: Shiva, di formazione fisica e filosofa della scienza, sa che la ricerca scientifica puo' aiutare con intelligenza questo paradigma. Shiva indica le donne come le protagoniste di questo paradigma nascente, per il quale invita a fare tutte le mosse possibili come ha fatto lei, che ha dedicato tutta la vita alla nascita di questo paradigma. Le donne sono piu' attente a tutte le dimensioni della vita. La vita: un tessuto fragile, che non puo' essere preso come un oggetto da manipolare, ma che fiorisce di relazioni su piu' piani dell'essere.
Laura Colombo ed io nell'incontro avevamo l'impegno di porle domande. Ecco la mia prima: nutrire la terra - seguendo la legge della restituzione - e' anche nutrirla di idee, di una cultura. Non si tratta soltanto di cibo. Non a caso Shiva ha fondato una Universita' della Terra perche' non si tratta solo di pratiche da far conoscere, ma anche di concezioni della vita, del mondo e di noi come soggetti. La cultura, le idee sono per questo necessarie. Nella sua risposta ha calibrato il rapporto tra chi insegna nell'Universita' della Terra - e le idee vanno insegnate - e coloro che lavorano la terra, che danno forma a loro volta ad una conoscenza a partire dalle loro pratiche. Perche' se il paradigma per il quale e' impegnata e' nuovo, tuttavia riprende e risignifica un sapere antico, che si basa sul fatto che sono coloro che lavorano la terra ad averne una conoscenza. La sua posizione e' in polemica con il capovolgimento che si e' avuto con il capitalismo agroalimentare per il quale sembra che coloro che coltivano la terra siano semplicemente ignoranti - non ne sappiano nulla - e che i tecnici siano gli unici ad avere un sapere adatto e produttivo. In questo senso una Universita' della Terra ha come compito quello di creare connessioni tra pratiche, saperi d'esperienza, idee. L'Universita' della Terra fiorisce sulla molteplicita' e pluralita' di questi saperi, tenendo sempre presente che il sapere passa attraverso il vivere stesso.
A me stava molto a cuore la questione di come lei pensasse il rapporto tra donne di culture molto differenti come quella indiana ed europea. Le storie culturali locali infatti sono diverse e non possono essere cancellate. Questo fa differenza tra le donne. Ad esempio considero che le donne europee hanno da attraversare il paradigma che in Europa si e' strutturato dal Rinascimento in poi e che e' in genere chiamato della modernita', che e' un paradigma oggettivante e neutralizzante sia della terra sia delle donne. Allora pero' si pone per me come e su cosa costruire uno scambio politico con donne di altre culture, come quella indiana. Risulta chiaro dalla sua risposta che non e' affatto d'accordo con l'impostazione della domanda. Shiva ha affermato che scommette su tutte le donne. E che la differenza non e' data dai saperi e dagli strumenti tecnologici - carichi di storia - che donne di paesi diversi adoperano. Piuttosto e' data da cio' che mangiano. La dipendenza dal cibo accomuna tutte le donne, e se non si accetta questa dipendenza dal cibo come primo modo della vita, si ricade nelle forme culturali astratte del patriarcato. In questo senso per lei il dibattito che nella cultura occidentale femminista ruota attorno al termine modernita', e al paradigma della modernita', piu' che altro crea confusione. Un esempio: il sari che lei indossa e' antico e contemporaneo allo stesso tempo.
Altra domanda: il lavoro delle donne in rapporto alla terra e' lavoro, ma suggerisce una concezione diversa del lavoro, in quanto la prima a produrre e' la terra stessa, e dunque il lavoro delle donne e' come un assecondare, stare in sintonia con i ritmi della terra, andare incontro e restituire. Quando si e' in rapporto alla natura i limiti tra lavoro e non lavoro, tra vita e lavoro diventano porosi. Non sono cosi' evidenti.
La sua risposta e' stata molto interessante.
Innanzitutto prendendo le distanze da tutte quelle parole di radici anglosassoni che indicano il lavoro come sottomissione e divisione del lavoro. E job e' una di queste. Ironicamente le ha chiamate parole "fregatura". Per cui lei e gli altri che hanno scritto il manifesto Terra viva hanno cercato altre parole per indicare il lavoro, che non siano riportabili a job e a qualche forma di sottomissione. Per quanto riguarda il lavoro delle donne in rapporto alla terra, ha parlato di cocreazione con la terra. E questo ha a che fare con il cibo che mangiamo, perche' sono state le donne in rapporto alla biodiversita' a produrre effettivamente cibo. Se questo e' stato controllato e sfruttato storicamente dal dominio patriarcale, ora il discorso patriarcale e' stato modificato in un altro tipo di discorso narrativo da parte del capitalismo agro-alimentare. Cioe': e' vero che le donne lavorano, come del resto i contadini lavorano, ma sono gli investimenti agroalimentari che permettono la produzione di cibo. Per lei questa narrazione degli investimenti capitalistici e' una costruzione mentale. Il che non significa - aggiungo alle sue parole - negare la realta' degli investimenti capitalistici, ma solo che si tratta di una parte della realta' e non l'unico significante che interpreti la realta'. Sono queste finzioni, narrazioni, a creare capitale e che vengono adoperate per appropriarsi della creativita' della natura e delle donne. La Monsanto ad esempio si e' appropriata di conoscenze che le donne avevano di pesticidi naturali e poi le ha vendute come un sapere brevettato. Non e' un'azienda che produce semi: ruba piuttosto sia semi sia saperi. Ora, Monsanto e' una multinazionale e certo non e' una persona. Eppure si propone invece come una persona che ha diritti come un individuo, e che lo stato deve riconoscere e garantire in base alla liberta' dell'individuo, sancita dalla costituzione. Shiva mette in guardia dal cercare di individuare dove incominci la creativita' della natura e dove quella delle donne. Si tratta in realta' di una continuita' creativa. E infatti, proprio perche' e' un rapporto, una relazione, non si puo' assolutamente misurare, quantificando. Come se si potesse dire, ecco due centimetri mette l'una, due centimetri l'altra. E' nelle economie aggressive, al contrario, che si quantifica tutto per controllare. C'e' un conflitto in corso. Se Monsanto vuole appropriarsi della creativita' delle donne e del loro sapere, le donne non sono disposte a darlo. Monsanto e' messa alle strette in questo momento.
A questo punto Laura Colombo ha posto una domanda cruciale. Una domanda che punta sulla contraddizione della presenza di Vandana Shiva all'Expo Milano 2015, finanziato dalle multinazionali agroalimentari, avendo lei personalmente una posizione dichiaratamente contrapposta ad esse. Laura Colombo si chiede e le chiede se e' possibile far accadere qualcosa di nuovo portando il dissenso all'interno di un contesto che non lo prevede. Un contesto che e' una macchina per la costruzione degli interessi di industrie quali la Monsanto, la Coca-cola e cosi' via. Non c'e' il pericolo di essere strumentalizzata? Quali sono le pratiche che possono funzionare per aprire dei conflitti creativi e per non finire per fare il gioco delle industrie del cibo?
La risposta di Vandana Shiva, dapprima ironica (dicevano quelli dell'Expo "Non lasciatela venire. Fate piuttosto venire un ambasciatore della biotecnologia") si e' poi concentrata sulla questione posta. Lei non si sente strumentalizzata perche' con altri ha portato il manifesto Terra viva, attraverso i legami con la banca etica a Cascina Triulza, che fa parte dell'Expo 2015 dando spazio a pratiche alternative a quelle della grande industria. Cosi' come ha inaugurato il parco della biodiversita'. Il nocciolo della risposta pero' e' stato questo: lei non vive nulla meccanicamente - dove io interpreto che lei non sta a significati e steccati gia' stabiliti. Ora, se si vive in modo autentico qualcosa, allora ognuno porta la propria autenticita' in qualsiasi posto. Dunque lei e' se stessa anche nel contesto di Expo 2015. Certo il parco della biodiversita' che ha inaugurato all'Expo e' sovrastato dall'insegna della Coca-cola e questo per lei e' simbolicamente forte. La Coca cola prende milioni di litri di acqua in India per il suo prodotto e affama cosi' le donne indiane. Quando lei vede il cartello della Coca-cola vede il sangue della sua gente: chi beve Coca-cola ne beve il sangue. Allo stesso tempo con altre donne ha fatto una lotta in India, di modo che la Coca-cola e' stata tolta dalle mense di moltissime scuole.
La mia ultima domanda ha riguardato le radici femministe del suo pensiero. Il libro in cui ho percepito di piu' tali radici e' stato Terra madre. Sopravvivere allo sviluppo. La parola "donna" diventa in quel libro un nome di battaglia, un luogo di contraddizione e di lotta, che sicuramente le viene dal femminismo. Mi interessava sapere la sua storia rispetto alle donne come compagne politiche. Nella risposta parte proprio da questo libro, Terra madre. Quando lo scriveva era un momento in cui le donne si presentavano sempre di piu' da lei per la difesa della terra. Lei certo ha imparato la fisica quantistica e le particelle all'universita', ma quello che ha imparato davvero riguardo alla terra l'ha imparato dalle donne nella coltivazione dei campi e nelle foreste. E ha imparato dalle donne la capacita' di resistenza. Le donne sono si' escluse, oppresse, ma si rifiutano di essere vittime. E questo e' in sintonia con il fatto che le donne che lottano per questioni molto concrete esprimono il fatto che la forza che c'e' nelle foglie che crescono ogni anno sugli alberi, nell'erba che, calpestata, si risolleva, e' la stessa che le donne riconoscono a se stesse. In India viene dato a questa forza il nome di Prakriti, e le donne sanno che e' la loro forza. Del resto e' vero che l'economia violenta porta ad una violenza sulle donne e che questi due aspetti crescono assieme. La violenza sulle donne non e' una cosa nuova, ma la frequenza e la brutalita' di tale violenza e' invece una cosa nuova. Cosi' le donne nella globalizzazione non sono soggette ma oggetto di sfruttamento e sono proprio il nodo di tale violenza. E allo stesso tempo proprio percio' c'e' una sollevazione delle donne.
Fare pace con la terra porta a fare pace con l'umanita'. La guarigione della terra e la guarigione sociale vanno assieme. C'e' bisogno di nuove forme di democrazia e - lei ha affermato, rivolgendosi alle donne della Libreria - questa Libreria delle donne e' uno spazio di vera democrazia.
L'incontro si e' concluso con il suo ricordare l'orientamento della speranza, che possiamo vivere in ogni gesto di coltivazione della terra, anche il piu' modesto. La speranza vera nasce nel considerare le situazione di difficolta' umana e sociale - come ad esempio Lampedusa - non come se fossero realta' a se stanti, isolate da noi, ma luoghi da vivere dall'interno a partire da noi. Allora si puo' tessere un nuovo filo di socialita'.
3. INIZIATIVE. UNA PROPOSTA DI AZIONE CONTRO IL RAZZISMO
E' necessario e urgente un impegno contro il razzismo in Italia. Ed invero vi sono gia' molte iniziative in corso. Quella che vorremmo proporre potrebbe essere agevole da condurre e produrre qualche risultato.
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Un ragionamento
Due sono gli obiettivi: il primo: ottenere, se possibile, risultati limitati ma concreti che vadano nella direzione del riconoscimento dei diritti fondamentali per il maggior numero possibile di esseri umani almeno nel nostro paese; il secondo: contrastare con le nostre voci e la nostra azione il discorso e la prassi dominanti, che sono il discorso e la prassi dei dominatori razzisti e schiavisti, dei signori della guerra e della barbarie.
L'idea e' di provare ad attivare alcune risorse istituzionali per contrastare il razzismo istituzionale.
La proposta e' di premere sui Comuni e sul Parlamento con una progressione degli obiettivi.
Alcuni provvedimenti - quelli che proponiamo ai Comuni - sono agevolmente ottenibili se si creano localmente dei gruppi (persone, associazioni, rappresentanze istituzionali...) capaci di premere nonviolentemente in modo adeguato e con la necessaria empatia e perseveranza; e sono agevolmente ottenibili perche' molti Comuni d'Italia li hanno gia' deliberati e realizzati, e quindi nulla osta in via di principio al fatto che altri Comuni li adottino a loro volta.
Le cose che chiediamo al Parlamento sono meno facilmente ottenibili, ma la nostra voce puo' comunque contribuire se non altro a suscitare una riflessione, a promuovere la coscientizzazione, a spostare i rapporti di forza, ad opporsi a ulteriori violenze smascherando la disumanita' delle scelte razziste e indicando cio' che invece sarebbe bene fare.
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Un metodo
Noi suggeriremmo a chi ci legge e condivide questa proposta di cominciare scrivendo di persona agli amministratori comunali ed ai parlamentari; poi proponendo ad altre persone di fare altrettanto; poi se possibile coinvolgendo anche associazioni e media ed attraverso essi sensibilizzando e coinvolgendo altre persone ancora; poi chiedendo incontri con i rappresentanti istituzionali; e perseverando.
Non vediamo bene un'iniziativa piramidale con un "coordinamento nazionale" e le modalita' burocratiche che ne conseguono. Preferiremmo un'iniziativa policentrica, in cui ogni persona possa agire da se', e meglio ancora con le persone con cui sente un'affinita', e meglio ancora se si riesce ad organizzare un coordinamento locale, ma tra pari e senza deleghe ed in cui le decisioni si prendono con la tecnica nonviolenta del metodo del consenso.
Una sola condizione poniamo come preliminare e ineludibile: la scelta della nonviolenza.
Proponiamo di cominciare e vedere cosa viene fuori. Comunque non sara' tempo sprecato.
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Ed ecco le proposte:
1. Quattro richieste ai Comuni:
1.1. affinche' il sindaco - qualora non lo abbia gia' fatto - informi, inviando loro una lettera, tutte le persone straniere diciottenni residenti o domiciliate nel territorio del Comune che siano nate in Italia ed in Italia legalmente residenti senza interruzioni fino al compimento del diciottesimo anno di eta', che la vigente legislazione prevede che nel lasso di tempo tra il compimento del diciottesimo ed il compimento del diciannovesimo anno di eta' hanno la possibilita' di ottenere la cittadinanza italiana facendone richiesta davanti all'Ufficiale di Stato Civile del Comune di residenza con una procedura alquanto piu' semplice, rapida e meno dispendiosa di quella ordinaria per tutte le altre persone aventi diritto;
1.2. affinche' il Comune - qualora non lo abbia gia' fatto - attribuisca la cittadinanza onoraria alle bambine e ai bambini non cittadine e cittadini italiani con cui la comunita' locale ha una relazione significativa e quindi impegnativa (ovvero a) tutte le bambine e tutti i bambini nate e nati nel territorio comunale da genitori non cittadini italiani; b) tutte le bambine e tutti i bambini non cittadine e cittadini italiani che vivono nel territorio comunale; c) tutte le bambine e tutti i bambini i cui genitori non cittadini italiani vivono nel territorio comunale ed intendono ricongiungere le famiglie affinche' alle bambine ed ai bambini sia riconosciuto il diritto all'affetto ed alla protezione della propria famiglia, ed affinche' i genitori possano adeguatamente adempiere ai doveri del mantenimento e dell'educazione delle figlie e dei figli);
1.3. affinche' il Comune - qualora non lo abbia gia' fatto - istituisca la "Consulta comunale delle persone straniere residenti nel Comune";
1.4. affinche' il Comune - qualora non lo abbia gia' fatto - istituisca la presenza in Consiglio Comunale dei "consiglieri comunali stranieri aggiunti".
2. Quattro richieste al Parlamento:
2.1. affinche' legiferi il diritto di voto nelle elezioni amministrative per tutte le persone residenti;
2.2. affinche' legiferi l'abolizione dei Cie e di tutte le forme di detenzione di persone che non hanno commesso reati;
2.3. affinche' legiferi l'abolizione di tutte le ulteriori misure palesemente razziste ed incostituzionali purtroppo tuttora presenti nell'ordinamento;
2.4. affinche' legiferi il riconoscimento del diritto di tutti gli esseri umani di giungere in modo legale e sicuro in Italia.
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Naturalmente
Sono naturalmente disponibili alcuni modelli di lettera (e molti materiali di riferimento) per ognuno di questi punti, che chi vuole prender parte all'iniziativa puo' riprodurre e adattare.
4. REPETITA IUVANT. PER SOSTENERE IL CENTRO ANTIVIOLENZA "ERINNA"
Per sostenere il centro antiviolenza delle donne di Viterbo "Erinna" i contributi possono essere inviati attraverso bonifico bancario intestato ad Associazione Erinna, Banca Etica, codice IBAN: IT60D0501803200000000287042.
O anche attraverso vaglia postale a "Associazione Erinna - Centro antiviolenza", via del Bottalone 9, 01100 Viterbo.
Per contattare direttamente il Centro antiviolenza "Erinna": tel. 0761342056, e-mail: e.rinna at yahoo.it, onebillionrisingviterbo at gmail.com, sito: http://erinna.it
Per destinare al Centro antiviolenza "Erinna" il 5 per mille inserire nell'apposito riquadro del modello per la dichiarazione dei redditi il seguente codice fiscale: 90058120560.
5. RIFLESSIONE. FABIO LEVI: PRIMO LEVI A SCUOLA
[Dal sito www.primolevi.it riprendiamo l'intervento di Fabio Levi al convegno "16 Ottobre 1943. Memoria della deportazione degli ebrei di Roma" organizzato dalla Camera dei Deputati il 16 ottobre 2013.
Fabio Levi, storico, insegna storia contemporanea all'Universita' di Torino ed e' direttore del Centro internazionale di studi Primo Levi; ha lavorato a lungo sulla storia degli ebrei dall'emancipazione fino allo sterminio e piu' in generale sulle vicende della societa' italiana nel Novecento. Il suo interesse per i risvolti sociopsicologici delle differenze fra gli individui lo ha anche portato a occuparsi della storia della condizione dei ciechi e lo ha reso particolarmente sensibile ai temi della convivenza e delle relazioni fra gruppi e culture diverse. Tra le opere di Fabio Levi: (con Paride Rugafiori e Salvatore Vento), Il triangolo industriale tra ricostruzione e lotta di classe (1945-'48), Feltrinel1i, Milano 1974; (con Bruno Bongiovanni), L'Universita' di Torino sotto il fascismo, Giappichelli, Torino 1976; L'idea del buon padre. Il lento declino di un'industria familiare, Rosemberg & Sellier, Torino 1984; Un mondo a parte. Cecita' e conoscenza in un istituto di educazione, Il Mulino, Bologna 1990; L'ebreo in oggetto. L'applicazione della normativa antiebraica a Torino (1938-1943), Zamorani, Torino 1991; L'identita' imposta. Un padre ebreo di fronte alle leggi razziali di Mussolini, Zamorani, Torino 1996; "Gli ebrei nella vita economica italiana dell'Ottocento", in C. Vivanti (a cura di), Gli ebrei in Italia, Annali XI, tomo II, Storia d'Italia, Einaudi, Torino 1997; Le case e le cose. La persecuzione degli ebrei torinesi nelle carte dell'Egeli (1938-1945), Archivio storico della Compagnia di San Paolo, Torino 1998; 'Torino: da capitale restaurata a capitale spodestata (1814-1864). L'economia', in U. Levra (a cura di), La citta' nel Risorgimento, VoI VI della Storia di Torino, Einaudi, Torino 2000; "Da un vecchio a un nuovo modello di sviluppo economico", in U. Levra (a cura di), Da capitale politica a capitale industriale (1864-1914), Vol. VII della Storia di Torino, Einaudi, Torino; (a cura di, con Bruno Maida), La citta' e lo sviluppo. Crescita e disordine a Torino (1945-1970), Franco Angeli, Milano 2002; (a cura di, con Sonia Brunetti), C'era una volta la guerra, Zamorani, Torino 2002; (con Maria Bacchi), Auschwitz, il presente e il possibile, Giuntina, Firenze 2004; In viaggio con Alex, Feltrinelli, Milano 2007; (con Rocco Rolli), La Mole. Storia e architettura, Zamorani, Torino 2008; La persecuzione antiebraica. Dal fascismo al dopoguerra, Zamorani, Torino 2009; L'accessibilita' alla cultura per i disabili visivi. Storia e orientamenti, Zamorani, Torino 2015.
Primo Levi e' nato a Torino nel 1919, e qui e' tragicamente scomparso nel 1987. Chimico, partigiano, deportato nel lager di Auschwitz, sopravvissuto, fu per il resto della sua vita uno dei piu' grandi testimoni della dignita' umana ed un costante ammonitore a non dimenticare l'orrore dei campi di sterminio. Le sue opere e la sua lezione costituiscono uno dei punti piu' alti dell'impegno civile in difesa dell'umanita'. Opere di Primo Levi: fondamentali sono Se questo e' un uomo, La tregua, Il sistema periodico, La ricerca delle radici, L'altrui mestiere, I sommersi e i salvati, tutti presso Einaudi; presso Garzanti sono state pubblicate le poesie di Ad ora incerta; sempre presso Einaudi nel 1997 e' apparso un volume di Conversazioni e interviste. Altri libri: Storie naturali, Vizio di forma, La chiave a stella, Lilit, Se non ora, quando?, tutti presso Einaudi; ed Il fabbricante di specchi, edito da "La Stampa". Ora l'intera opera di Primo Levi (e una vastissima selezione di pagine sparse) e' raccolta nei due volumi delle Opere, Einaudi, Torino 1997, a cura di Marco Belpoliti. Opere su Primo Levi: AA. VV., Primo Levi: il presente del passato, Angeli, Milano 1991; AA. VV., Primo Levi: la dignita' dell'uomo, Cittadella, Assisi 1994; Marco Belpoliti, Primo Levi, Bruno Mondadori, Milano 1998; Anna Bravo, Raccontare per la storia, Einaudi, Torino 2014; Massimo Dini, Stefano Jesurum, Primo Levi: le opere e i giorni, Rizzoli, Milano 1992; Ernesto Ferrero (a cura di), Primo Levi: un'antologia della critica, Einaudi, Torino 1997; Ernesto Ferrero, Primo Levi. La vita, le opere, Einaudi, Torino 2007; Giuseppe Grassano, Primo Levi, La Nuova Italia, Firenze 1981; Gabriella Poli, Giorgio Calcagno, Echi di una voce perduta, Mursia, Milano 1992; Claudio Toscani, Come leggere "Se questo e' un uomo" di Primo Levi, Mursia, Milano 1990; Fiora Vincenti, Invito alla lettura di Primo Levi, Mursia, Milano 1976. Cfr. anche il sito del Centro Internazionale di Studi Primo Levi (www.primolevi.it)]
In un articolo su "La Stampa" del 9 novembre 1978 a proposito della Notte dei cristalli, il pogrom scatenato da Hitler contro gli ebrei tedeschi quarant'anni prima, Primo Levi scriveva: "E' lo stesso immondo intreccio di violenza, scherno e frode che ritroveremo cinque anni piu' tardi, a Roma, con la macabra beffa dei cinquanta chilogrammi d'oro che gli ebrei dovranno consegnare a Kappler per stornare la deportazione: ma pochi giorni dopo scatta la caccia all'uomo (e alla donna, e all'infermo, e al bambino) e piu' di mille ebrei romani vengono deportati nel campo della morte".
Quell'"immondo intreccio di violenza, scherno e frode": parole dure, scelte con cura, che ci aiutano a ricordare e a capire il senso di quanto avvenne il 16 ottobre 1943. Ma cosa vuol dire che ci aiutano a capire? E perche' e' per noi cosi' naturale chiedere a Primo Levi di accompagnarci nel nostro viaggio di conoscenza verso l'estremo?
Nel '78 Levi scriveva spesso su "La Stampa". Era oramai un personaggio pubblico, ascoltato, riconosciuto. Ma nelle scuole aveva iniziato ad andare molto prima, quando ancora non era cosi' noto. Ci andava a svolgere coscienziosamente il suo terzo mestiere: oltre al chimico e allo scrittore, quello di testimone. Non amava vestire i panni del professore, preferiva presentarsi come una persona fra le tante finite nei lager hitleriani. Non teneva conferenze sul nazismo e sui campi di sterminio; si limitava invece a raccontare della propria esperienza di ebreo deportato, rispondendo alle domande dei ragazzi, anche alle piu' difficili e imbarazzanti; al prezzo di rivivere ogni volta sofferenze mai sopite. Sapeva ascoltare e cercava il dialogo con tutti. La sua preoccupazione maggiore era che qualcuno potesse non credere alle sue parole. Un cruccio persistente, quasi un'ossessione, destinati a crescere con il passare degli anni. E lo sforzo di colmare per quanto possibile la distanza dai propri interlocutori gli sembrava sempre piu' arduo via via che alla generazione dei figli si sostituiva quella dei nipoti.
Il suo ragionare pacato colpiva la mente e il cuore degli ascoltatori. E puo' sorprendere, ma e' cosi' ancora oggi; come quando Se questo e' un uomo viene riproposto con la dovuta cura sui banchi di scuola o, ad esempio, quando ragazzi nati in varie parti del mondo hanno letto e fatto propri di recente i suoi testi in piu' di dieci lingue davanti ai propri compagni di numerose scuole torinesi: giovani immigrati nelle condizioni piu' diverse, pronti a misurare il bene e il male della loro terra di asilo. Sarebbe pero' un colpevole errore sottovalutare le proccupazioni gia' di Primo Levi su quanto si vada accentuando con il passare degli anni la distanza fra le nuove generazione e lo sterminio; questo malgrado il ritorno di interesse per le proprie matrici della nuova Europa uscita dalla svolta dell'89 abbia fatto della Shoah un riferimento ineludibile della cultura contemporanea. Semmai possiamo chiederci se, scavando piu' a fondo di quanto siamo abituati a fare proprio nell'opera di Levi, non se ne possano ricavare indicazioni ulteriori e meno scontate, utili a contrastare quel progressivo allontanamento e a favorire nei piu' giovani la riflessione sulle esperienze piu' dolorose del Novecento.
Ho accennato poco fa al modo, non certo ovvio, con cui lo scrittore offriva la propria testimonianza, frutto di una riflessione accurata e di un impegno instancabile. Perche' non trarne ispirazione? Visto che anche noi, per nostra intima convinzione, ci facciamo spesso mediatori di conoscenza su temi affini a quelli trattati da Levi; e dunque anche noi possiamo considerarci testimoni, indiretti certo, ma testimoni.
Oltre a questo c'e' pero' anche tanto altro, in particolare se sappiamo leggere in profondita' tutta la sua opera e in particolare le pagine del suo ultimo libro I sommersi e i salvati. Quel libro propone riflessioni di grande originalita' maturate nel corso di molti anni, cui proprio i dialoghi condotti nelle scuole di tutta Italia hanno senz'altro offerto un importante contributo. E le propone con l'esplicito intento di dare all'impegno testimoniale di una vita una forza accresciuta, di attribuirgli un'efficacia capace di durare nel tempo, anche oltre l'esistenza stessa del testimone. Chiediamoci allora: da cosa deriva quella forza? Come e' possibile che le pagine di Levi si mostrino tuttora capaci di guidare i lettori lungo un viaggio irto di difficolta' e di pericoli attraverso uno dei luoghi piu' oscuri della storia e, nello stesso tempo, di condurre ognuno di essi verso una progressiva scoperta di se'?
Vale in proposito una prima considerazione. Levi amava definirsi "un uomo normale di buona memoria", sottolinendo in tal modo la tensione fra la sua normalita' di uomo fra tanti e la qualita' particolare della sua memoria. Ed era la sua una definizione tanto piu' impegnativa, in quanto egli conosceva a fondo i limiti e le fragilita' della memoria umana. Essere "di buona memoria" era ed e' molto difficile. Ricordare e raccontare il vero valendosi essenzialmente delle proprie facolta' impone di applicare una grande capacita' critica in primo luogo a se stessi.
Al riguardo Se questo e' un uomo costituisce una prova straordinaria: pur attraverso lo sguardo limitato e unilaterale di uno Haftling fra i tanti, Levi e' riuscito a darci un quadro d'insieme di Auschwitz e, soprattutto, della condizione dell'uomo nel Lager di una precisione e di una ricchezza straordinarie. Lo stesso vale per le numerose altre occasioni in cui l'impegno testimoniale ha guidato la sua mano di scrittore; e non solo sulla deportazione. Ne' hanno fatto velo a quella capacita' critica, come viceversa gli e' stato di recente rimproverato, la sua stringatezza o la sua abilita' nel far parlare i silenzi, che anzi gli studiosi maggiori della sua opera hanno considerato fra le cifre piu' originali del suo talento e della sua autonomia di pensiero.
I sommersi e i salvati non sono da meno. Il libro inizia descrivendo quanto e come la memoria possa essere fallace. Ma prosegue senza per questo rinunciare a scavare una volta di piu' nei ricordi dell'autore-protagonista. Quei ricordi sono posti a confronto, certo, con i ricordi di altri e con i risultati delle prime ricerche degli storici. L'esperienza del deportato Levi resta tuttavia luogo essenziale di riferimento delle riflessioni piu' originali del Levi scrittore. Essere di "buona" memoria vuole dire a quel punto per lui saper scavare nei ricordi anche oltre la verita' dei fatti, per scoprire verita' ulteriori studiando il concreto comportamento degli uomini in condizioni estreme.
In questo Levi non pretende in alcun modo di indossare i panni dello storico; anche se ci sarebbe da chiedersi se molti storici non abbiano sinora sottovalutato la sua opera, e in particolare la straordinaria perspicuita' de I sommersi e i salvati, per il contributo che essa ha dato proprio ad una ricostruzione veritiera e profonda della Shoah.
Ed eccoci alla seconda osservazione. Ogni atto di testimonianza sul Lager puo' e deve assumere una precisa valenza morale. E proprio questo ci accomuna qui oggi. Ma Levi fa un passo oltre. Non si limita a fare della propria testimonianza un racconto di verita' volto a suscitare un salutare allarme nei suoi interlocutori, il che gia' rappresenta un fatto di grande rilievo. Ci aiuta anche a comprendere che la verita' sul Lager, insieme a una descrizione puntuale dei fatti, deve aspirare a comprendere la verita' sull'uomo.
Nella condizione estrema dei campi, i dilemmi etici in cui vittime e perpetratori si dibattevano, grazie alla lucida rappresentazione offertaci dallo scrittore torinese, ci appaiono in una forma cosi' nitida e stringente da renderci partecipi della straordinaria complessita' delle alternative fra le quali ognuno doveva volta per volta compiere le proprie scelte. Si pensi allo scambio imposto fra privilegi concessi dai nazisti e corresponsabilita' delle vittime descritto del capitolo sulla zona grigia o come potesse influire sulla condizione degli ex-deportati il paradosso - illustrato sempre ne I sommersi e i salvati - di trovarsi a provare vergogna per il fatto di essere sopravvissuti.
Si tratta ovviamente di racconti e riflessioni sul passato, ma il fatto che i problemi morali proposti al lettore si riferiscono a situazioni drammaticamente reali non puo' non richiamarci alla nostra condizione di oggi. In questa prospettiva eventi che inevitabilmente si allontanano sempre piu' dalla nostra percezione diretta tendono a mantenere una loro forte attualita', finiscono per farsi contemporanei e per coinvolgerci in prima persona. La sensibilita' alla dimensione etica delle vicende connesse allo sterminio aiuta dunque a restituire nitidezza a quanto il trascorrere del tempo tende a portare fuori fuoco, permette di costruire un ponte meno difficile da percorrere fra le generazioni.
Per concludere una terza annotazione sull'opera di Levi, utile ad orientarci nel lavoro con i piu' giovani.
Se questo e' un uomo e' stato a lungo considerato esclusivamente come un'opera di testimonianza, sottintendendo in tal modo che le qualita' di Levi scrittore si sarebbero manifestate in forma piu' compiuta nei suoi lavori successivi. Solo con il passare degli anni si e' invece affermata la consapevolezza, ora largamente condivisa, dello straordinario valore letterario anche di quel primo libro, capace proprio per questo di lasciare tracce tanto profonde nei suoi lettori. Un ragionamento analogo vale anche per l'ultimo libro di Levi, I sommersi e i salvati, il cui taglio saggistico non toglie nulla alla qualita' della scrittura e dell'impianto argomentativo.
Primo Levi aveva sperimentato in prima persona nel Lager - e non esita a raccontarcelo - quanto il blocco della comunicazione imposto dai nazisti potesse diventare parte essenziale del processo di disumanizzazione dei prigionieri. Viceversa egli sapeva con non minore certezza quanto la cura del dialogo potesse esaltare la naturale vocazione degli esseri umani ad entrare in relazione reciproca. In questa prospettiva il suo talento di scrittore avrebbe potuto svolgere un servizio importante. Di qui uno sforzo senza soste per essere compreso dai lettori, il lavoro di tutta una vita sul linguaggio e sulle parole, reso tanto piu' ricco dal costante interesse per i problemi della traduzione.
Dunque un altro terreno su cui operare nel tentativo di ridurre le distanze dai propri interlocutori per il presente e per un imprevedibile futuro.
Per concludere. Riguardo ai fatti del 16 ottobre abbiamo letto poco fa quelle poche parole: "un immondo intreccio di violenza, scherno e frode"; un solo aggettivo e quattro sostantivi che ci hanno condotto immediatamente al cuore dell'evento che oggi stiamo ricordando.
Ora pero' siamo forse in grado di cogliere altre dimensioni di quel breve rimando, perche' sappiamo collocarlo nel contesto di un'opera volta in ogni momento a stabilire un ponte con i propri interlocutori, a superare una distanza crescente con il tempo della storia. In molti modi: cercando con determinazione la verita', scegliendo la dimensione etica del reale come terreno privilegiato d'incontro, mettendo il talento dello scrittore al servizio di una comunicazione piu' diretta.
Primo Levi non amava considerarsi latore di alcun messaggio. Voleva pero' con forza che le sue parole suscitassero una reazione, un giudizio, un pensiero. Se dunque non avrebbe senso cercare lezioni o voler fare come lui, la riflessione sul suo modo di porsi verso gli altri, e in particolare verso i piu' giovani, puo' almeno aiutarci ad essere piu' avvertiti su cio' che a noi e solo a noi spetta fare.
6. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Riletture
- Elisabeth Burgos, Mi chiamo Rigoberta Menchu', Giunti, Firenze 1987, pp. XXIV + 304.
- Raniero La Valle, Linda Bimbi, Marianella e i suoi fratelli, Feltrinelli, Milano 1983, pp. 224.
- Daniela Padoan, Le pazze. Un incontro con le Madri di Plaza de Mayo, Bompiani-Rcs, Milano 2005, pp. 432.
7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
8. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 2053 del 23 luglio 2015
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVI)
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