[Nonviolenza] Telegrammi. 2038
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- Date: Tue, 7 Jul 2015 23:16:25 +0200 (CEST)
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TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 2038 dell'8 luglio 2015
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com
Sommario di questo numero:
1. Una proposta di azione contro il razzismo
2. "Civilta' dell'immagine, industria culturale, ideologia consumista". Un incontro di studio a Viterbo
3. "La lotta per il diritto al riconoscimento della dignita' umana". Un incontro di riflessione a Viterbo
4. Robert Gordon e Domenico Scarpa presentano "'Sfacciata fortuna'. La Shoah e il caso" di Robert Gordon (2010) (parte prima)
5. Segnalazioni librarie
6. La "Carta" del Movimento Nonviolento
7. Per saperne di piu'
1. INIZIATIVE. UNA PROPOSTA DI AZIONE CONTRO IL RAZZISMO
E' necessario e urgente un impegno contro il razzismo in Italia. Ed invero vi sono gia' molte iniziative in corso. Quella che vorremmo proporre potrebbe essere agevole da condurre e produrre qualche risultato.
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Un ragionamento
Due sono gli obiettivi: il primo: ottenere, se possibile, risultati limitati ma concreti che vadano nella direzione del riconoscimento dei diritti fondamentali per il maggior numero possibile di esseri umani almeno nel nostro paese; il secondo: contrastare con le nostre voci e la nostra azione il discorso e la prassi dominanti, che sono il discorso e la prassi dei dominatori razzisti e schiavisti, dei signori della guerra e della barbarie.
L'idea e' di provare ad attivare alcune risorse istituzionali per contrastare il razzismo istituzionale.
La proposta e' di premere sui Comuni e sul Parlamento con una progressione degli obiettivi.
Alcuni provvedimenti - quelli che proponiamo ai Comuni - sono agevolmente ottenibili se si creano localmente dei gruppi (persone, associazioni, rappresentanze istituzionali...) capaci di premere nonviolentemente in modo adeguato e con la necessaria empatia e perseveranza; e sono agevolmente ottenibili perche' molti Comuni d'Italia li hanno gia' deliberati e realizzati, e quindi nulla osta in via di principio al fatto che altri Comuni li adottino a loro volta.
Le cose che chiediamo al Parlamento sono meno facilmente ottenibili, ma la nostra voce puo' comunque contribuire se non altro a suscitare una riflessione, a promuovere la coscientizzazione, a spostare i rapporti di forza, ad opporsi a ulteriori violenze smascherando la disumanita' delle scelte razziste e indicando cio' che invece sarebbe bene fare.
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Un metodo
Noi suggeriremmo a chi ci legge e condivide questa proposta di cominciare scrivendo di persona agli amministratori comunali ed ai parlamentari; poi proponendo ad altre persone di fare altrettanto; poi se possibile coinvolgendo anche associazioni e media ed attraverso essi sensibilizzando e coinvolgendo altre persone ancora; poi chiedendo incontri con i rappresentanti istituzionali; e perseverando.
Non vediamo bene un'iniziativa piramidale con un "coordinamento nazionale" e le modalita' burocratiche che ne conseguono. Preferiremmo un'iniziativa policentrica, in cui ogni persona possa agire da se', e meglio ancora con le persone con cui sente un'affinita', e meglio ancora se si riesce ad organizzare un coordinamento locale, ma tra pari e senza deleghe ed in cui le decisioni si prendono con la tecnica nonviolenta del metodo del consenso.
Una sola condizione poniamo come preliminare e ineludibile: la scelta della nonviolenza.
Proponiamo di cominciare e vedere cosa viene fuori. Comunque non sara' tempo sprecato.
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Ed ecco le proposte:
1. Quattro richieste ai Comuni:
1.1. affinche' il sindaco - qualora non lo abbia gia' fatto - informi, inviando loro una lettera, tutte le persone straniere diciottenni residenti o domiciliate nel territorio del Comune che siano nate in Italia ed in Italia legalmente residenti senza interruzioni fino al compimento del diciottesimo anno di eta', che la vigente legislazione prevede che nel lasso di tempo tra il compimento del diciottesimo ed il compimento del diciannovesimo anno di eta' hanno la possibilita' di ottenere la cittadinanza italiana facendone richiesta davanti all'Ufficiale di Stato Civile del Comune di residenza con una procedura alquanto piu' semplice, rapida e meno dispendiosa di quella ordinaria per tutte le altre persone aventi diritto;
1.2. affinche' il Comune - qualora non lo abbia gia' fatto - attribuisca la cittadinanza onoraria alle bambine e ai bambini non cittadine e cittadini italiani con cui la comunita' locale ha una relazione significativa e quindi impegnativa (ovvero a) tutte le bambine e tutti i bambini nate e nati nel territorio comunale da genitori non cittadini italiani; b) tutte le bambine e tutti i bambini non cittadine e cittadini italiani che vivono nel territorio comunale; c) tutte le bambine e tutti i bambini i cui genitori non cittadini italiani vivono nel territorio comunale ed intendono ricongiungere le famiglie affinche' alle bambine ed ai bambini sia riconosciuto il diritto all'affetto ed alla protezione della propria famiglia, ed affinche' i genitori possano adeguatamente adempiere ai doveri del mantenimento e dell'educazione delle figlie e dei figli);
1.3. affinche' il Comune - qualora non lo abbia gia' fatto - istituisca la "Consulta comunale delle persone straniere residenti nel Comune";
1.4. affinche' il Comune - qualora non lo abbia gia' fatto - istituisca la presenza in Consiglio Comunale dei "consiglieri comunali stranieri aggiunti".
2. Quattro richieste al Parlamento:
2.1. affinche' legiferi il diritto di voto nelle elezioni amministrative per tutte le persone residenti;
2.2. affinche' legiferi l'abolizione dei Cie e di tutte le forme di detenzione di persone che non hanno commesso reati;
2.3. affinche' legiferi l'abolizione di tutte le ulteriori misure palesemente razziste ed incostituzionali purtroppo tuttora presenti nell'ordinamento;
2.4. affinche' legiferi il riconoscimento del diritto di tutti gli esseri umani di giungere in modo legale e sicuro in Italia.
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Naturalmente
Sono naturalmente disponibili alcuni modelli di lettera (e molti materiali di riferimento) per ognuno di questi punti, che chi vuole prender parte all'iniziativa puo' riprodurre e adattare.
2. INCONTRI. "CIVILTA' DELL'IMMAGINE, INDUSTRIA CULTURALE, IDEOLOGIA CONSUMISTA". UN INCONTRO DI STUDIO A VITERBO
Si e' svolto nel pomeriggio di martedi' 7 luglio 2015 a Viterbo presso il "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" un incontro di studio sul tema: "Civilta' dell'immagine, industria culturale, ideologia consumista: teorie critiche e buone pratiche alternative di riconquista del primato della dignita' umana, da Georg Simmel, Guenther Anders, Theodor W. Adorno, Vance Packard, a Luciano Gallino, Vandana Shiva, Francesco Gesualdi, Naomi Klein".
All'incontro ha preso parte Marco Graziotti.
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Marco Graziotti e' uno dei principali collaboratori del "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo; nel 2010 insieme a Marco Ambrosini e Paolo Arena ha condotto un'ampia inchiesta sul tema "La nonviolenza oggi in Italia" con centinaia di interviste a molte delle piu' rappresentative figure dell'impegno nonviolento nel nostro paese. Laureato in Scienze della comunicazione, e' autore di un apprezzato lavoro su "Nuove tecnologie e controllo sociale nella ricerca di David Lyon"; recentemente ha realizzato una rilevante ricerca su "Riflessi nella letteratura e nel cinema della boxe come realta' complessa e specchio della societa' della solitudine di massa e della sopraffazione e mercificazione universale", interpretando con adeguate categorie desunte dalle scienze umane e filologiche numerose opere letterarie e cinematografiche; piu' recentemente ancora ha realizzato una ricerca sulle istituzioni e le politiche finanziarie europee facendo specifico riferimento alle analisi di Luciano Gallino e di Francuccio Gesualdi.
3. INCONTRI. "LA LOTTA PER IL DIRITTO AL RICONOSCIMENTO DELLA DIGNITA' UMANA". UN INCONTRO DI RIFLESSIONE A VITERBO
Si e' svolto la sera di martedi' 7 luglio 2015 a Viterbo presso il "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" un incontro di riflessione sul tema: "La lotta per il diritto al riconoscimento della dignita' umana. Alcune testimonianze antirazziste, anticolonialiste ed antischiaviste nella grande letteratura otto-novecentesca".
All'incontro ha preso parte Paolo Arena.
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Paolo Arena, critico e saggista, studioso di cinema, arti visive, weltliteratur, sistemi di pensiero, processi culturali, comunicazioni di massa e nuovi media, e' uno dei principali collaboratori del "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo e fa parte della redazione di "Viterbo oltre il muro. Spazio di informazione nonviolenta", un'esperienza nata dagli incontri di formazione nonviolenta che per anni si sono svolti con cadenza settimanale a Viterbo; nel 2010 insieme a Marco Ambrosini e Marco Graziotti ha condotto un'ampia inchiesta sul tema "La nonviolenza oggi in Italia" con centinaia di interviste a molte delle piu' rappresentative figure dell'impegno nonviolento nel nostro paese. Ha tenuto apprezzate conferenze sul cinema di Tarkovskij all'Universita' di Roma "La Sapienza" e presso biblioteche pubbliche. Negli scorsi anni ha animato cicli di incontri di studio su Dante e su Seneca. Negli ultimi anni ha animato tre cicli di incontri di studio di storia della sociologia, di teoria del diritto, di elementi di economia politica. Fa parte di un comitato che promuove il diritto allo studio con iniziative di solidarieta' concreta.
4. LIBRI. ROBERT GORDON E DOMENICO SCARPA PRESENTANO "'SFACCIATA FORTUNA'. LA SHOAH E IL CASO" Di ROBERT GORDON (2010) (PARTE PRIMA)
[Dal sito del Centro Internazionale di Studi Primo Levi (www.primolevi.it) riprendiamo la seguente presentazione di "'Sfacciata fortuna'. La Shoah e il caso". In occasione del Salone Internazionale del Libro di Torino, il 14 maggio 2010 e' stato presentato 'Sfacciata fortuna'. La Shoah e il caso, il volume di Robert Gordon tratto dalla prima Lezione Primo Levi e pubblicato da Einaudi in italiano e in inglese. Di seguito proponiamo il testo dell'incontro.
Ernesto Ferrero (Torino, 1938) e' presidente del Centro internazionale di studi "Primo Levi" e direttore della Fiera internazionale del libro di Torino; e' scrittore ed operatore culturale, gia' direttore editoriale della casa editrice Einaudi (poi anche segretario generale della Boringhieri, direttore editoriale in Garzanti e direttore letterario presso Mondadori). Traduttore di Flaubert, Celine e Perec, scrive su "La Stampa" e sui maggiori quotidiani italiani. Tra le opere di Ernesto Ferrero: I gerghi della mala dal '400 a oggi, Mondadori, 1972, poi sviluppato nel Dizionario storico dei gerghi italiani, Mondadori, 1991; Carlo Emilio Gadda, Mursia, 1972; L'Ottavo Nano, Einaudi 1972, poi Piemme 2004; Barbablu'. Gilles de Rais e il tramonto del Medioevo, Mondadori, 1975, Piemme, 1998, Einaudi, 2004; Cervo Bianco, Mondadori, 1980, poi L'anno dell'Indiano, Einaudi, 2001; (con Luca Baranelli), Album Calvino. Una biografia per immagini, Mondadori, 1995; (a cura di), Primo Levi: un'antologia della critica, Einaudi, Torino 1997; N., Einaudi, 2000; Lezioni napoleoniche, Mondadori, 2002; Elisa, Sellerio, 2002; I migliori anni della nostra vita, Feltrinelli, 2005; La misteriosa storia del papiro di Artemidoro, Einaudi, 2006; Un bambino che si chiamava Napoleone, 2006; Primo Levi. La vita, le opere, Einaudi, 2007; Disegnare il vento. L'ultimo viaggio del capitano Salgari, Einaudi, Torino 2011; Storia di Quirina, di una talpa e di un orto di montagna, Einaudi, Torino 2014.
Robert S. C. Gordon insegna al Dipartimento di italianistica dell'Universita' di Cambridge. Ha pubblicato vari lavori sulla letteratura e sul cinema del Novecento fra i quali, tradotti in italiano: Primo Levi: le virtu' dell'uomo normale, Carocci, Roma 2003; "Sfacciata fortuna". La Shoah e il caso, Einaudi, Torino 2010.
Fabio Levi, storico, insegna storia contemporanea all'Universita' di Torino ed e' direttore del Centro internazionale di studi Primo Levi; ha lavorato a lungo sulla storia degli ebrei dall'emancipazione fino allo sterminio e piu' in generale sulle vicende della societa' italiana nel Novecento. Il suo interesse per i risvolti sociopsicologici delle differenze fra gli individui lo ha anche portato a occuparsi della storia della condizione dei ciechi e lo ha reso particolarmente sensibile ai temi della convivenza e delle relazioni fra gruppi e culture diverse. Tra le opere di Fabio Levi: (con Paride Rugafiori e Salvatore Vento), Il triangolo industriale tra ricostruzione e lotta di classe (1945-'48), Feltrinel1i, Milano 1974; (con Bruno Bongiovanni), L'Universita' di Torino sotto il fascismo, Giappichelli, Torino 1976; L'idea del buon padre. Il lento declino di un'industria familiare, Rosemberg & Sellier, Torino 1984; Un mondo a parte. Cecita' e conoscenza in un istituto di educazione, Il Mulino, Bologna 1990; L'ebreo in oggetto. L'applicazione della normativa antiebraica a Torino (1938-1943), Zamorani, Torino 1991; L'identita' imposta. Un padre ebreo di fronte alle leggi razziali di Mussolini, Zamorani, Torino 1996; "Gli ebrei nella vita economica italiana dell'Ottocento", in C. Vivanti (a cura di), Gli ebrei in Italia, Annali XI, tomo II, Storia d'Italia, Einaudi, Torino 1997; Le case e le cose. La persecuzione degli ebrei torinesi nelle carte dell'Egeli (1938-1945), Archivio storico della Compagnia di San Paolo, Torino 1998; 'Torino: da capitale restaurata a capitale spodestata (1814-1864). L'economia', in U. Levra (a cura di), La citta' nel Risorgimento, VoI VI della Storia di Torino, Einaudi, Torino 2000; "Da un vecchio a un nuovo modello di sviluppo economico", in U. Levra (a cura di), Da capitale politica a capitale industriale (1864-1914), Vol. VII della Storia di Torino, Einaudi, Torino; (a cura di, con Bruno Maida), La citta' e lo sviluppo. Crescita e disordine a Torino (1945-1970), Franco Angeli, Milano 2002; (a cura di, con Sonia Brunetti), C'era una volta la guerra, Zamorani, Torino 2002; (con Maria Bacchi), Auschwitz, il presente e il possibile, Giuntina, Firenze 2004; In viaggio con Alex, Feltrinelli, Milano 2007; (con Rocco Rolli), La Mole. Storia e architettura, Zamorani, Torino 2008; La persecuzione antiebraica. Dal fascismo al dopoguerra, Zamorani, Torino 2009; L'accessibilita' alla cultura per i disabili visivi. Storia e orientamenti, Zamorani, Torino 2015.
Domenico Scarpa (1965) e' consulente letterario-editoriale del Centro studi Primo Levi di Torino. Ha pubblicato Italo Calvino (Bruno Mondadori, 1999), Storie avventurose di libri necessari (Gaffi, 2010), Natalia Ginzburg. Pour un portrait de la tribu (Cahiers de l'Hotel de Galliffet, 2010), Uno. Doppio ritratto di Franco Lucentini (:duepunti, 2011) e, con Ann Goldstein, In un'altra lingua (Lezioni Primo Levi - Einaudi, 2015). Ha curato il terzo volume della Grande Opera Atlante della letteratura italiana. Dal Romanticismo a oggi, edito da Einaudi (2012).
Primo Levi e' nato a Torino nel 1919, e qui e' tragicamente scomparso nel 1987. Chimico, partigiano, deportato nel lager di Auschwitz, sopravvissuto, fu per il resto della sua vita uno dei piu' grandi testimoni della dignita' umana ed un costante ammonitore a non dimenticare l'orrore dei campi di sterminio. Le sue opere e la sua lezione costituiscono uno dei punti piu' alti dell'impegno civile in difesa dell'umanita'. Opere di Primo Levi: fondamentali sono Se questo e' un uomo, La tregua, Il sistema periodico, La ricerca delle radici, L'altrui mestiere, I sommersi e i salvati, tutti presso Einaudi; presso Garzanti sono state pubblicate le poesie di Ad ora incerta; sempre presso Einaudi nel 1997 e' apparso un volume di Conversazioni e interviste. Altri libri: Storie naturali, Vizio di forma, La chiave a stella, Lilit, Se non ora, quando?, tutti presso Einaudi; ed Il fabbricante di specchi, edito da "La Stampa". Ora l'intera opera di Primo Levi (e una vastissima selezione di pagine sparse) e' raccolta nei due volumi delle Opere, Einaudi, Torino 1997, a cura di Marco Belpoliti. Opere su Primo Levi: AA. VV., Primo Levi: il presente del passato, Angeli, Milano 1991; AA. VV., Primo Levi: la dignita' dell'uomo, Cittadella, Assisi 1994; Marco Belpoliti, Primo Levi, Bruno Mondadori, Milano 1998; Anna Bravo, Raccontare per la storia, Einaudi, Torino 2014; Massimo Dini, Stefano Jesurum, Primo Levi: le opere e i giorni, Rizzoli, Milano 1992; Ernesto Ferrero (a cura di), Primo Levi: un'antologia della critica, Einaudi, Torino 1997; Ernesto Ferrero, Primo Levi. La vita, le opere, Einaudi, Torino 2007; Giuseppe Grassano, Primo Levi, La Nuova Italia, Firenze 1981; Gabriella Poli, Giorgio Calcagno, Echi di una voce perduta, Mursia, Milano 1992; Claudio Toscani, Come leggere "Se questo e' un uomo" di Primo Levi, Mursia, Milano 1990; Fiora Vincenti, Invito alla lettura di Primo Levi, Mursia, Milano 1976. Cfr. anche il sito del Centro Internazionale di Studi Primo Levi (www.primolevi.it)]
- Ernesto Ferrero: Buongiorno, sono particolarmente lieto di essere qui stamattina a salutare Robert Gordon che ha tenuto lo scorso autunno una lezione bellissima, la prima delle lezioni Primo Levi, Sfacciata Fortuna. "Sfacciata fortuna" e' un'affermazione di Primo Levi stesso, che, con la sua consueta modestia, attribuisce la sopravvivenza in Lager al caso e alla fortuna, e proprio da questa sua affermazione parte la riflessione di Gordon, che e' un bravissimo italianista che lavora a Cambridge e adesso, molto opportunamente, questa sua lezione e' diventata un libro, il primo dei Quaderni Primo Levi pubblicati da Giulio Einaudi Editore, e dietro questa iniziativa c'e' un nuovo Centro Internazionale di Studi intitolato a Primo Levi e diretto in maniera che dire esemplare e' poco da Fabio Levi, storico dell'Universita' di Torino, che, vi assicuro, sta facendo un lavoro straordinario. Ha impostato un cantiere che produce e produrra' grandi frutti in futuro. Credo che non si poteva onorare meglio la memoria di Levi che attivando un Centro cosi' efficiente e cosi' produttivo. Fabio Levi e' il signore qui alla mia destra; a parlarne con Gordon e con Levi e' Domenico Scarpa, Mimmo per gli amici, che, non perche' e' qui, lui lo sa bene, da anni io considero uno dei piu' bravi giovani critici italiani e, in particolare, su Levi ha scritto delle cose di assoluta rilevanza. Il mio compito finisce qui, vi ringrazio di essere qui con noi e, naturalmente, ringrazio i relatori, ringrazio Robert di essere venuto dall'Inghilterra, ringrazio Mimmo e ancora grazie a Fabio Levi per lo straordinario lavoro che fa e, gia' che ci sono, saluto anche Renzo e Lisa Levi che sono con noi in sala questa mattina. Grazie mille a tutti.
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- Fabio Levi: Io non voglio portar via tempo ai due relatori. Voglio soltanto manifestare il piacere per questo incontro di oggi, per la presentazione del primo risultato del nostro lavoro, un lavoro che oramai va avanti da due anni; e' un lavoro che potete constatare direttamente attraverso il nostro sito - e vi dico l'indirizzo: www.primolevi.it - e non staro' a dilungarmi su quello che facciamo. Voglio semplicemente, in primo luogo, ringraziare chi ha contribuito alla realizzazione di questo primo frutto del lavoro del Centro Internazionale di Studi Primo Levi, la casa editrice Einaudi, che ha creduto in questa iniziativa, e l'autore del libro, Robert Gordon, e poi tutti quelli che dentro e con il Centro Primo Levi hanno contribuito a raggiungere questo primo risultato.
Il libro che presentiamo qui contiene la stesura ampliata della lezione che Robert Gordon ha tenuto nel novembre scorso nella facolta' di Chimica di Torino, dove quest'anno ci sara' la seconda lezione Primo Levi, una lezione pensata per un pubblico ampio, ma rivolta essenzialmente al mondo della scuola. C'erano due classi del Liceo D'Azeglio a questa prima lezione, con cui poi Gordon, il giorno successivo, ha discusso dei contenuti della sua lezione; e lo stesso faremo quest'anno.
Noi vogliamo raccogliere un'indicazione che ci viene direttamente da Primo Levi, nel momento in cui si e' speso moltissimo nel corso della sua vita nel rapporto con le scuole, con gli studenti. E' andato a testimoniare direttamente con i giovani della sua esperienza in Lager e questa indicazione per noi e' estremamente importante perche' vogliamo assumere il pubblico giovanile, il pubblico della scuola in particolare, come un interlocutore privilegiato. Io credo che questo piccolo libro ci rappresenti abbastanza bene, prima di tutto per la qualita' dei suoi contenuti e del modo con cui Gordon li ha presentati, e poi anche per l'approccio alla figura di Primo Levi. Questo libro ci aiuta a leggere alcuni aspetti della sua opera, aspetti che hanno una rilevanza particolare anche con riferimento all'attualita', ai problemi di oggi. Io credo che, nel momento in cui sappiamo riferirci a Primo Levi in questa prospettiva e sappiamo cercare nella sua opera occasioni per ragionare su di lui, sulle sue esperienze, ma anche su di noi e sul mondo che abbiamo intorno, facciamo un'operazione utile, riusciamo a contrastare quello che a mio avviso si comincia a percepire, cioe' un irrigidimento della figura di Primo Levi nel modo in cui spesso viene presentata. Sappiamo che e' uno degli autori piu' amati, nel mondo della scuola e non solo. Anche per questo, come Centro Internazionale di Studi Primo Levi, vogliamo far si' che il rapporto fra il lettore e l'autore possa svilupparsi nel modo migliore, e nello stesso tempo ci proponiamo di creare gli strumenti piu' adeguati. Io mi fermo qua e lascio la parola ai due relatori di oggi che dialogheranno, appunto, a partire dal libro di Gordon. Grazie.
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- Domenico Scarpa: Grazie a Fabio Levi e, per prima cosa, buongiorno ragazzi! Il saluto specifico e' dovuto, perche' sono meravigliato e felice di vederne cosi' tanti: questa lezione e questo libro sono stati pensati innanzitutto per loro, per voi. Il Centro Studi Primo Levi vorrebbe parlare di Primo Levi (e di altro: di tutto cio' che puo' essere legato alla sua figura) innanzitutto a chi Primo Levi non lo conosce ancora, o e' appena arrivato a un'eta' da cominciare a conoscerlo.
Il fatto che ora esista un oggetto che porta il marchio dell'editore Giulio Einaudi, torinese, e', come ci ha appena detto Fabio Levi, un risultato straordinario. E' un libro che con Torino ha diversi legami, alcuni piu' evidenti altri meno evidenti; e' anche un oggetto bello da guardare e da toccare, ha una grafica, un'impostazione grafica - per chi lo andra' a vedere, a sfogliare - che sa di tradizione, sa della tradizione di questa citta'. Anche per questo e' importante che ci sia. I legami maggiormente visibili di questo libro con la citta' di Torino sono ovviamente il nome dell'editore e il nome dell'autore di cui si parla, Primo Levi. Mi fa piacere pero' fermare la vostra attenzione su un dettaglio meno visibile di questo libro: si tratta di una dedica, la dedica che Robert Gordon ha voluto scrivere per Beniamino Placido (1929 - 2010).
Beniamino Placido ha avuto forti legami con questa citta' ed e' stato oltretutto il direttore di questo Salone del Libro: era una persona, Placido, che aveva la virtu' di far appassionare le persone ai libri. Molti libri io li ho letti grazie a lui, quando avevo la vostra eta', l'eta' di voi studenti che siete qui in quest'aula, ed era lui a suggerirmeli dalle pagine di "Repubblica", con delle trovate, mi verrebbe da dire, etiche: cioe', Placido aveva dei modi per suggerire la lettura che erano semplicissimi e insieme paradossali. Forse non e' un caso che questa lezione di Robert Gordon, nel parlare di Levi, nel parlare di "sfacciata fortuna" rispetto alla Shoah, adotti uno stratagemma non troppo diverso da quello che Beniamino Placido adottava cosi' spesso sulle colonne del quotidiano "la Repubblica".
Perche' Robert Gordon - e vorrei cominciare di qui la nostra conversazione - compie un'operazione semplicissima, ma che cattura all'istante la nostra attenzione etica. Ossia, prende l'inizio di Se questo e' un uomo e interrompe la prima frase a un certo punto, cosi': "per mia fortuna, sono stato deportato ad Auschwitz". E qui, dopo la parola "Auschwitz", e' come se mettesse un punto. Queste infatti sono le prime parole di Se questo e' un uomo. Che cosa possiamo leggere se facciamo l'esperimento di interrompere la prima frase del primo libro di Primo Levi proprio in quel punto: "per mia fortuna sono stato deportato ad Auschwitz"?
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- Robert Gordon: Innanzitutto ringrazio anch'io Fabio, Mimmo, Ernesto Ferrero, la famiglia di Levi, l'Einaudi e tutti quanti hanno reso possibile la mia presenza qui ora e anche a novembre scorso. Mi fa un grande piacere essere qui, e' un privilegio, veramente. Vorrei anche ringraziare tutti i ragazzi che sono qui presenti e quelli che c'erano anche a novembre; infatti ho voluto scrivere nella prefazione del libro, ringraziando anche quelli che avevo incontrato il giorno dopo la lezione per la discussione che abbiamo avuto, che a me e' sembrata una cosa bella e importante, come ha detto Fabio. Voglio anche ringraziare Mimmo per aver accennato a questa dedica a Beniamino Placido, che mi sta molto a cuore per motivi personali che non raccontero'.
Pero' ci sono anche questi motivi che tu hai notato: Beniamino Placido e Primo Levi sembrano figure lontanissime tra di loro, geograficamente, per l'origine e anche per la formazione intellettuale, pero' stranamente hanno modi di fare che non sono poi cosi' tanto lontani, anche a livello di scrittura e di atteggiamento verso i libri, e del come imparare dai libri, non in modo pesantemente pedagogico, ma imparando un modo di leggere i libri per leggere il mondo. Questa voleva dire la dedica: con tocco leggero e con una specie di autoironia costante, che e' una forma di umilta'. Io trovo in un certo senso commovente questo accostamento casuale, totalmente casuale per il triste avvenimento della morte di Beniamino Placido nel momento in cui terminavo la stesura di questo piccolo libro. Quindi ragazzi, se siete qua e volete andare per esempio online al sito di "Repubblica" dove potete cercare l'archivio, credo, intero, o comunque dagli anni Ottanta in poi, e leggiucchiare un po' delle cose di Beniamino Placido, accanto alle cose di Primo Levi, li' io credo che ci saranno da scoprire tantissime cose.
Forse posso iniziare a rispondere alla domanda prendendo spunto da quella parola che ho appena detto e che e' l'ironia. La prima volta che ho pensato seriamente a quella frase con cui inizia la prefazione del primo libro di Primo Levi, Se questo e' un uomo, "per mia fortuna, sono stato deportato ad Auschwitz", ho pensato a - e infatti l'ho poi elaborato - un lavoro, diciamo, stilistico, di voce e di tono, sull'ironia di Primo Levi. E' una voce che io credo fondamentale e che caratterizza tutta la scrittura di Levi e consiste in quella specie di misurata distanza dalle cose di cui racconta. E' una distanza che, personalmente, non credo sia totalmente da identificare con il distacco scientifico di cui parlano tantissimi, o comunque non solo con quello, perche' il distacco dell'obiettivita' scientifica, si', e' un elemento presente in Levi, pero' nella sua scrittura, nel suo stile preferisco vedere quell'altra forma di distanza dalle cose che ci sta raccontando e descrivendo, che e' la distanza ironica.
Allora che effetto fa, mi ero chiesto, leggere una frase del genere all'inizio di un libro di questo tipo: "Per mia fortuna, sono stato deportato ad Auschwitz"? Il primo effetto - evidente ironia di questa frase - e' un effetto shock. Ti fermi, o almeno, io mi sono fermato nella lettura, appunto interrompendo, quasi all'inizio, fermandomi davanti a questa constatazione scioccante. Quindi l'ironia, come suo primo effetto, sconvolge le idee con le quali siamo arrivati davanti a questo testo. Soprattutto oggi, non solo nel 1947; ma oggi, quando noi arriviamo a un libro come Se questo e' un uomo, anche da giovani, credo, abbiamo gia' delle idee abbastanza forti, stereotipate per effetto dei libri di storia, della televisione, dei racconti che ci hanno fatto, ma anche a causa della specie di luogo comune che ormai Auschwitz e' diventato.
Levi, invece, ha avuto l'intelligenza di voler subito interrompere e sconvolgere questi stereotipi. Ha scritto anche un saggio bellissimo, raccolto come sapete in I sommersi e i salvati, che riguarda appunto gli stereotipi. E il primo effetto e' quello che ho poi indagato - nel mio piccolo - in un mio saggio di alcuni anni fa: appunto, l'ironia di Levi, che si avverte gia' a partire da quelle prime parole di Se questo e' un uomo; e li' avevo seguito una linea in cui piu' avanti, attraverso l'ironia, oppure dopo questa interruzione ironica, seguiva una dimensione storica. Per cui, dopo il momento ironico, arriva una specie di coscienza storica e arriva anche lo studio e l'aggiornamento storico. Perche', come continua la prefazione di Se questo e' un uomo? Se posso ve la leggo brevemente.
"Per mia fortuna, sono stato deportato ad Auschwitz solo nel 1944, e cioe' dopo che il governo tedesco, data la crescente scarsita' di manodopera, aveva stabilito di allungare la vita media dei prigionieri da eliminarsi, concedendo sensibili miglioramenti nel tenore di vita e sospendendo temporaneamente le uccisioni ad arbitrio dei singoli".
Cioe', non e' per niente sciocca e invertita quella frase. Levi aveva veramente avuto una fortuna serissima, senza la quale non sarebbe sopravvissuto. Lui lo crede, e anch'io credo che sia vero, se studiamo la storia. Pero', come vedete, tutta la parte finale del suo ragionamento e' una specie di passaggio dall'ironia - lo shock della dichiarazione ironica - alla comprensione storica. E io credo che questo passaggio sia fondamentale per capire l'operazione Primo Levi, l'effetto che Primo Levi ha su di noi: e non voglio usare la parola insegnamento, ma comunque la pratica, il modo di leggere il testo, la vita, l'esperienza che noi possiamo dedurre da come lui opera nei suoi testi. Passare da una specie di terra bruciata, pero' ripartire da zero, cercando di capire il suo mondo e l'esperienza che ha dovuto attraversare. E noi possiamo fare lo stesso con le nostre esperienze, con occhio ironico, ma anche con occhio critico e storico. Questa e' stata l'origine delle mie idee di alcuni anni fa.
Ora, stranamente, facendo quel lavoro li' - che in origine era, diciamo, uno studio stilistico - avevo completamente o quasi trascurato la parola fondamentale di questa frase iniziale, la parola che rende ironica la frase. La parola "fortuna". Percio', quando sono stato invitato qui a Torino da Fabio Levi a tenere la prima "lezione Primo Levi", ho pensato che forse era giunto il momento di ritornarci, e di considerare proprio quella parola, "fortuna". Indagando e cercando di costruire anche altri luoghi dell'opera di Primo Levi (ma guardando anche oltre Levi e intorno a Levi), altre considerazioni generali su questo fenomeno della fortuna e sul ruolo schiacciante che ha nelle nostre vite, nelle nostre societa', nelle nostre comunita', nelle nostre relazioni umane, ho stranamente - ma neanche poi tanto - scoperto che Levi era costantemente affascinato da questo problema, che sembra non c'entri nulla con la Shoah: perche' dovremmo parlare di fortuna accanto ai discorsi su Auschwitz e sul Lager? E invece Levi ha capito che c'entra e che c'e' un nesso di fondamentale importanza tra le esperienze delle nostre vite, anche le piu' estreme, e questo fenomeno che sembra di una leggerezza banale: "i casi della vita", "la fortuna della vita", "ma che strano caso"... Questa serie di parole che usiamo tutti i giorni, che sono, anche li', luoghi comuni, a indagare, a pensarci meglio, sono complicatissime e fondamentali per capire non solo il Lager ma anche la vita di tutti i giorni e le societa' in cui viviamo.
*
- Domenico Scarpa: Ecco, se noi volessimo provare a tradurre in un altro modo quella frase iniziale di Primo Levi "per mia fortuna, sono stato deportato ad Auschwitz" eccetera, forse la potremmo tradurre cosi': "per mia fortuna, sono stato deportato ad Auschwitz quando il ruolo del caso, il ruolo della fortuna si era leggermente attenuato", cioe' non si verificavano piu' cosi' tante uccisioni di prigionieri ad arbitrio di singoli - non che fossero ormai ridotte a zero, questo no. I "singoli" che uccidevano ad arbitrio sarebbero i militi delle SS o i Kapos che, di fatto, reggevano la vita del campo.
Ma poi per vedere che cosa c'e' dietro questa parola (perche' questo di Gordon e' un libro straordinario che e' incentrato innanzitutto su una singola parola, la parola "fortuna"), andiamo a vedere che cosa c'e' dietro al libro, che cosa c'e' dopo la lezione. "Sfacciata fortuna" e' un libro pensato per gli studenti, perche' ha un'appendice: e' un libro diviso in due parti, anzi, diciamo in tre parti perche' la lezione di Robert Gordon e' in duplice versione: in inglese - che e' la sua lingua madre - e in italiano, la lingua di Primo Levi, nella quale la lezione e' stata tradotta. Questa impostazione verra' mantenuta anche le prossime volte: le "lezioni Primo Levi" usciranno sempre in edizione bilingue perche' vogliamo parlare anche a chi non conosce l'italiano. Ma vogliamo continuare a parlare per prima cosa agli studenti. E la seconda, o terza, parte di questo libro e' un'appendice che consiste in una piccola antologia della letteratura internazionale sulla fortuna, un'antologia che parte da Dante, dal VII canto dell'Inferno, e arriva per l'appunto a Primo Levi, ad alcuni dei brani che Levi ha scritto specificamente sulla fortuna.
Qui forse possiamo, dopo aver descritto il libro, cominciare a dire qualche cosa di piu' sul ruolo che la fortuna ha giocato nella vita di Primo Levi e anche nel suo stile, nel suo linguaggio: il "linguaggio della fortuna" in Primo Levi.
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- Robert Gordon: Allora, il duplice aspetto del libro c'e' ed e' importante, credo, anche per dare un'idea di come possiamo leggere oggi, come diceva Fabio, come possiamo leggere e direi perfino utilizzare Primo Levi. Levi era uno a cui piaceva il termine "utile" e "utilita'", anche per una scelta filosofica. Leggendo i suoi libri un'altra parola su cui torna sempre e' la parola "utilita'"; per esempio: "questo mi sembra utile" - ed e' praticamente sinonimo di "buono", cioe' e' una virtu', per usare una parola che ho usato in un altro mio saggio su Levi. Lui ci teneva all'utilita' delle cose di cui diceva, non le scriveva soltanto per - ma certo anche per - motivi personali, per il suo trauma personale. Pero' fin dall'inizio, subito dopo il suo ritorno dai campi, Levi pensava anche in questi termini, pensava di rivolgersi agli altri con qualche messaggio utile, portato dalle terre dove aveva abitato, nel Lager.
Spero che ci sia una forma di utilita' anche in questa appendice che abbiamo messo alla fine del libro, prendendo alcuni testi di Levi e mettendoli accanto a testi canonici e classici della letteratura italiana, ma anche a testi di letteratura non italiana: il principale qui e' Shakespeare, il monologo di Amleto, famosissimo, citatissimo, "to be or not to be" - "essere o non essere" - dove, stranamente, troviamo anche li' un'espressione molto simile alla piccola espressione "sfacciata fortuna" che leggiamo nella prima pagina di Se questo e' un uomo. "Sfacciata fortuna" rimanda in qualche modo, credo, vagamente, alla frase "outrageous fortune" - "la fortuna oltraggiosa" - che c'e' nel monologo di Amleto. Ora, io credo che pensando a come la fortuna sia anche un elemento di stile, sia anche una risorsa per Levi: credo che ci sia anche quello, cioe' una specie di coscienza letteraria. Levi usa la fortuna esattamente cosi' come usa Dante: e lo usa, come sappiamo tutti, non solo nel capitolo forse piu' famoso di Se questo e' un uomo, "Il canto di Ulisse", ma un po' ovunque nei suoi testi. Senza essere un letterato, con una sua cultura, diciamo, liceale - in senso positivo -, lui ha saputo trarre vantaggio da un patrimonio letterario, senza essere pesante, senza citazioni accademiche o scolastiche. Ha saputo farlo anche semplicemente montando una frase, come "la sfacciata fortuna altrui", che ho trovato qui - come in alcuni accenni ai luoghi danteschi, ma anche, credo, alludendo a elementi del mondo di Boccaccio, che per questo ho incluso nella mia appendice. Ovviamente, il mondo del Decameron e' pieno della forza della fortuna rispetto alla forza della Provvidenza divina, un contrasto che Boccaccio ha un po' di difficolta' a risolvere: e anche in Levi ritroviamo la contraddizione tra la Provvidenza divina (che ha incontrato in Dante e nella cultura cristiana) e il mondo laico e secolare, dominato dal caso, dal commercio e dalle furberie, col quale noi stessi cerchiamo di vincere la scommessa delle nostre vite quotidiane.
Quindi, mettendo Levi accanto a questi autori canonici, possiamo vedere anche, io credo, un modo molto particolare di dialogare con la tradizione letteraria, un modo diverso dall'intertestualita' postmoderna - che e' una formula troppo, diciamo, evidentemente sofisticata per adattarsi a Primo Levi. No, il suo e' invece una specie di dialogo fatto di giustapposizioni, di echi, che consiste nel prendere, usare e utilizzare, anzi, rivivificare la tradizione, attraverso accenni molto leggeri, fugaci, che poi pero' tornano e vengono ripresi, magari anche a distanza di quarant'anni. Cioe', esistono collegamenti tra Se questo e' un uomo e questi brevi ma regolari accenni alla fortuna, al caso, alla questione "perche' sono sopravvissuto?".
Problema fondamentalmente etico, che e' schiacciante perche' gran parte del trauma del sopravvissuto proviene proprio da questo problema: "ma perche' sono sopravvissuto?". E' il non trovare un motivo a provocare il trauma, perche' non so dare spiegazione alla mia presenza qui nel mondo di oggi. Eppure, quando al contrario esiste un motivo, il fatto risulta quasi piu' traumatico ancora; perche' se - per esempio - sono stato furbo a rubare quel pezzo di pane, oppure a trovare un modo di proteggermi dall'inverno polacco, lavorando in un laboratorio, ecc., allora vengono suscitati moltissimi e intensissimi problemi di senso di colpa, di vergogna - come Levi scrive ne I sommersi e i salvati.
Quindi, questa questione della fortuna non e' semplicemente un rimando a una millenaria tradizione letteraria e culturale. E' chiaro che all'inizio delle societa', come forse della coscienza individuale umana, tutti pensano al ruolo della fortuna e della sfortuna nelle loro vite. E' quello che ho letto in un bellissimo, e credo anche abbastanza controverso, saggio di un antropologo americano, Donald Brown, intitolato Human Universals: "Universali umani". Questo antropologo ha cercato di passare in rassegna tutti gli studi antropologici possibili - anche studi storiografici - e ha poi steso un elenco degli elementi che si trovano in tutte le societa' umane conosciute. Tutte! Questi elementi sono all'incirca quattrocento: probabilmente, una specie di patrimonio genetico degli esseri umani; certo non possiamo dimostrarlo al cento per cento, eppure sembra abbastanza forte e convincente l'idea che queste cose facciano parte del nostro essere profondo. Un elemento che fa parte di questo elenco dei quattrocento universali umani e' "Credenze sulla fortuna e sulla sfortuna": non esiste nessuna societa', non esiste nessun luogo sulla terra dove non sia fondamentale per la comprensione della vita, per i riti religiosi, per la costruzione dei rapporti sociali e dell'individuo stesso, una qualche idea sul caso, sulla fortuna e sulla sfortuna, e qualche mito, cioe' qualche racconto, intorno alla questione "Perche'? Come faccio a controllare l'oltraggiosa fortuna o a risponderle?".
Allora, per tornare alla questione "lingua, stile e voce", Primo Levi - e questo e' assolutamente tipico di Levi, anzi: credo che questa sia la strada migliore per renderlo attuale - in quel suo modo leggero, toccando alcuni argomenti, tornando su alcuni termini-chiave, magari singole parole, come "fortuna" o "utilita'", riesce a tirar fuori discorsi intensamente personali rispetto al Lager e alla sopravvivenza; discorsi storici, sulle cause e gli effetti degli eventi storici (perche' il Lager; com'e' fatta la struttura del Lager; che cosa c'era di diverso nel '44 rispetto al '43 ad Auschwitz, e quindi, come dice Mimmo, quali probabilita' esistono di sopravvivere nel febbraio del '44 rispetto al dicembre del '43, per un ebreo che arriva ad Auschwitz), allargandosi via via sempre di piu', verso questioni che veramente sono umane in maniera universale. Cioe', Levi si chiede che cos'e' davvero questo fenomeno della fortuna e della sfortuna. E, nelle nostre societa' occidentali ed europee, viene da chiedersi subito, pensando a Dante, quale rapporto esiste tra questo elemento della fortuna e le tradizioni di tipo religioso, i sistemi etici che noi abbiamo ereditato dalla tradizione ebraico-cristiana.
Quindi, mi sembra proprio questo il dono migliore di Levi: il suo modo di toccare con leggerezza degli argomenti per poi ritornarci su, allargando sempre di piu' il suo discorso - io lo considero quasi come una specie di Montaigne dei nostri giorni. Cioe', Levi va interrogandosi su come fa un individuo a vivere... e credo che Montaigne si possa leggere anche oggi!
*
- Domenico Scarpa: Oggi piu' che mai!
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- Robert Gordon: Piu' che mai, esatto! Quindi, quasi quasi, vorrei iniziare a leggere Levi cosi': anche, ovviamente - e credo che sia importantissimo - come testimone di quello specifico evento che e' stato l'incubo del Lager e della Shoah; ma attraverso la Shoah, anche in questo modo piu' universale.
(Parte prima - segue)
5. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Riletture
- Carlo Muscetta, Francesco De Sanctis, Laterza, Roma-Bari 1975, 1981, pp. VI + 120.
- Paolo Jachia, Introduzione a De Sanctis, Laterza, Roma-Bari 1996, pp. VIII + 182.
6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
7. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 2038 dell'8 luglio 2015
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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