[Nonviolenza] Voci e volti della nonviolenza. 709



 

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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XVI)

Numero 709 del 10 giugno 2015

 

In questo numero:

1. Nell'anniversario della morte di Giacomo Matteotti

2. Simone Scala: L'influenza del 1956 sul lavoro di Renato Solmi e il suo soggiorno a Francoforte

 

1. MEMORIA. NELL'ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI GIACOMO MATTEOTTI

 

Ricorre oggi, 10 giugno, l'anniversario della morte di Giacomo Matteotti.

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Giacomo Matteotti, nato a Fratta Polesine il 22 maggio 1885, laureato in giurisprudenza, militante socialista, pubblico amministratore, organizzatore dei lavoratori, parlamentare, oppositore fierissimo del fascismo, il 10 giugno 1924 a Roma venne sequestrato ed assassinato dai sicari fascisti. Tra le riflessioni e testimonianze in sua memoria particolarmente commovente il saggio commemorativo pubblicato da Piero Gobetti nello stesso 1924, dapprima su "La rivoluzione liberale" poi in opuscolo. In esso leggiamo anche la seguente lapidaria definizione di Matteotti: "Egli rimane come l'uomo che sapeva dare l'esempio".

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Nel ricordo di Giacomo Matteotti proseguiamo nell'azione nonviolenta per la pace e i diritti umani; per il disarmo e la smilitarizzazione; contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Vi e' una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.

Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.

Oppresse e oppressi di tutti i paesi unitevi nella lotta per la comune liberazione.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

2. RICERCHE. SIMONE SCALA: L'INFLUENZA DEL 1956 SUL LAVORO DI RENATO SOLMI E IL SUO SOGGIORNO A FRANCOFORTE

[Il testo che segue riproduce il sesto paragrafo del primo capitolo del lavoro di Simone Scala, "Renato Solmi a confronto con Th. W. Adorno e M. Horkheimer. Storia intellettuale ed editoriale di una mediazione culturale", tesi di dottorato in Teoria e storia delle culture e letterature comparate, Universita' degli studi di Sassari, a.a. 2011-2012 (il testo integrale e' disponibile on line nel sito http://eprint.uniss.it).

Renato Solmi e' stato tra i pilastri della casa editrice Einaudi, ha introdotto in Italia opere fondamentali della scuola di Francoforte e del pensiero critico contemporaneo, e' uno dei maestri autentici e profondi di generazioni di persone impegnate per la democrazia e la dignita' umana, che attraverso i suoi scritti e le sue traduzioni hanno costruito tanta parte della propria strumentazione intellettuale; e' stato impegnato nel Movimento Nonviolento del Piemonte e della Valle d'Aosta. E' deceduto il 25 marzo 2015. Dal risvolto di copertina del recente volume in cui sono raccolti taluni dei frutti maggiori del suo magistero riprendiamo la seguente scheda: "Renato Solmi (Aosta 1927) ha studiato a Milano, dove si e' laureato in storia greca con una tesi su Platone in Sicilia. Dopo aver trascorso un anno a Napoli presso l'Istituto italiano per gli studi storici di Benedetto Croce, ha lavorato dal 1951 al 1963 nella redazione della casa editrice Einaudi. A meta' degli anni '50 ha passato un periodo di studio a Francoforte per seguire i corsi e l'insegnamento di Theodor W. Adorno, da lui per primo introdotto e tradotto in Italia. Dopo l'allontanamento dall'Einaudi, ha insegnato per circa trent'anni storia e filosofia nei licei di Torino e di Aosta. E' impegnato da tempo, sul piano teorico, e da un decennio anche su quello della militanza attiva, nei movimenti nonviolenti e pacifisti torinesi e nazionali. Ha collaborato a numerosi periodici culturali e politici ("Il pensiero critico", "Paideia", "Lo Spettatore italiano", "Il Mulino", "Notiziario Einaudi", "Nuovi Argomenti", "Passato e presente", "Quaderni rossi", "Quaderni piacentini", "Il manifesto", "L'Indice dei libri del mese" e altri). Fra le sue traduzioni - oltre a quelle di Adorno, Benjamin, Brecht (L'abici' della guerra, Einaudi, Torino 1975) e Marcuse (Il "romanzo dell'artista" nella letteratura tedesca, ivi, 1985), che sono in realta' edizioni di riferimento - si segnalano: Gyorgy Lukacs, Il significato attuale del realismo critico (ivi, 1957) e Il giovane Hegel e i problemi della societa' capitalistica (ivi, 1960); Guenther Anders, Essere o non essere (ivi, 1961) e La coscienza al bando (ivi, 1962); Max Horkheimer e Theodor W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo (ivi, 1966 e 1980); Seymour Melman, Capitalismo militare (ivi, 1972); Paul A. Baran, Saggi marxisti (ivi, 1976); Leo Spitzer, Lettere di prigionieri di guerra italiani 1915-1918 (Boringhieri, Torino 1976)". Opere di Renato Solmi: segnaliamo particolarmente la sua recente straordinaria Autobiografia documentaria. Scritti 1950-2004, Quodlibet, Macerata 2007]

 

Dopo questa rapida panoramica generale, ritorniamo all'oggetto principale della nostra ricerca. Qual e' stato, dunque, negli anni attorno al 1956 il ruolo di Renato Solmi nelle vicende appena esaminate? E quali effetti ebbero sulla sua vita e soprattutto sulla sua attivita' intellettuale? Abbiamo gia' ricordato che a partire dall'autunno di quell'anno egli effettuo' un soggiorno di studio a Francoforte, durante il quale - ovviamente - continuo' a collaborare e a restare in contatto con l'Einaudi, ed in modo particolare con Daniele Ponchiroli e con Luciano Foa'. Tuttavia, prima di dedicarci a questo periodo (di cui resta testimonianza grazie ad una serie di lettere), e' bene scorrere il suo saggio sul "Disgelo" di Erenburg pubblicato su "Nuovi Argomenti" nel 1955 (181). In prima istanza Solmi scrive la recensione di un romanzo (il cui titolo, com'e' noto, indico' e diede il nome al periodo che segui' la morte di Stalin) che "non e' un grande romanzo. Non e' neppure un romanzo, ma una lunga novella in cui l'autore ha stipato il materiale di un romanzo [...]. Si tratta, in effetti, di qualcosa di piu' (o di meno) di un romanzo: Il disgelo e' un racconto a tesi, un pamphlet politico" (182). Ancora una volta, Solmi resta fedele a quei presupposti teorici (espressi gia' negli anni di "Discussioni") per cui ogni creazione culturale, ed in modo particolare un'opera letteraria, porta il segno dell'ambiente storico e sociale in cui viene prodotta. Il suo obiettivo, dunque, e' giungere a valutazioni relative tanto ad un'analisi politico-sociale riferibile alla realta' in cui vive l'autore del libro, quanto ad un'analisi piu' particolare legata a riflessioni ed analogie di piu' stringente attualita', e quindi riferibili al mondo del recensore, e traducibili - in ultima istanza - in prassi e in militanza politica. Egli quindi parte dal considerare il libro come una prudente denuncia dello stalinismo fatta, pero', da chi vive all'interno della societa' sovietica e crede ancora nell'avvenire del socialismo, purche' si riscoprano delle basi piu' consapevoli e meno burocratiche. Centrale diventa, allora, il ruolo dell'intellettuale in un tale progetto di societa' e di sviluppo. Per Solmi, dunque, la problematica fondamentale del libro risiede nella necessita' di sicurezza politica e di liberta' intellettuale avanzata dalla intellighenzia sovietica dopo la fine del periodo staliniano, periodo innegabilmente caratterizzato da un forte sviluppo economico ma - allo stesso tempo - da una violenta disumanizzazione dell'individuo. Cio' che principalmente viene messo in questione e' una nuova dialettica tra particolare e universale: "Nel romanzo di Erenburg, per la prima volta, la critica del particolare investe l'universale" (183). Fino ad allora, infatti, l'universale (identificato con il Partito, con lo Stato, ecc.) non era mai stato oggetto di vera discussione, anzi era semmai il fine a cui ciascuno (con, o nonostante, le proprie debolezze) doveva attenersi e a cui doveva aspirare. Erenburg, quindi, utilizzando questa nuova tensione dialettica, rompe tale consequenzialita' e porta la critica sino al livello della "totalita'" della societa' sovietica, ovvero al sistema repressivo di una politica culturale autoritaria.

Da questo punto di vista, secondo Solmi, un altro aspetto importante che rende "Il disgelo" un romanzo politico (a differenza di molta altra letteratura sovietica "verniciata" (184)) e' il tentativo da parte dell'autore di superare la separazione tra sfera psicologica e sfera storica, sentimenti del singolo e produzione economica. Per Erenburg, cioe', non ci sono sentimenti universali separati nettamente da un determinato contesto storico e sociale in cui si muovono i personaggi - i quali sarebbero, altrimenti, trattati e descritti alla stregua di oggetti, di elementi totalmente reificati: "Nel 'Disgelo', per la prima volta, abbiamo a che fare con sentimenti storicamente determinati, carichi (direttamente o indirettamente) di significato politico" (185). Una volta formulata la previsione (o meglio, la speranza) che quello del disgelo sara' uno sviluppo lungo, pieno di ostacoli ma comunque inevitabile per l'Unione Sovietica (e conseguentemente anche per l'Italia), Solmi si occupa della ricezione e delle critiche che il romanzo ha incontrato.

In Urss il libro non e' certamente passato inosservato. Ma, al di la' delle considerazioni particolari, cio' che ci sembra interessante notare e' che Solmi coglie quest'occasione per rinnovare la distinzione polemica tra "politicita'" e "partitarieta'" della cultura e - in questo caso specifico - della letteratura: "Alla base di tutto questo, c'e' il vecchio equivoco (se cosi' si puo' chiamare!) tra politicita' e partitarieta', e la necessita', in cui vengono a trovarsi le vittime di quest'ultima, di ripiegare (apertamente o meno) su posizioni premarxiste [ovvero una critica essenzialmente stilistica e formale]. E chi, in omaggio alla teoria, prendesse posizione per gli avversari di Erenburg, e confondesse una questione teorica con una questione di potere, non farebbe che portare acqua al mulino dello zdanovismo [...]. Fin che le cose staranno cosi', i rapporti tra scrittori e partito, o scrittori e linea politica, saranno sempre difficili. (Anche se con cio' non si vuol dire che un'atmosfera di maggiore distensione, o di liberta' piu' o meno octroyee, non potra' favorire, sotto molti aspetti, lo sviluppo della letteratura sovietica" (186).

Infine, non puo' mancare un collegamento con quanto stava accadendo in Italia. Anche qui il libro fu letto con un certo interesse e fu oggetto di approfondite discussioni soprattutto sulla stampa di sinistra ed in particolare sul "Contemporaneo". Del resto le parole di Solmi e l'impostazione che egli ha dato al saggio fanno trasparire in maniera abbastanza scoperta la sua volonta' di tracciare, con un certo anticipo rispetto al dibattito allora in corso, un parallelismo (per lo meno relativo alla tendenza generale) tra il "disgelo" sovietico e gli eventi che si andavano profilando dopo la morte di Stalin anche nel nostro paese (e che - come abbiamo gia' ricordato - a partire dall'anno successivo provocarono un vero e proprio terremoto politico e culturale). Cio' che infatti pare emergere ancora una volta e' la difficolta' da parte comunista di prendere una posizione chiara in una situazione in cui mancava una linea ufficiale ben definita. I dirigenti del Partito, piuttosto, applicarono una tattica votata alla prudenza, manifestando cosi' una certa diffidenza di fondo per la discussione in quanto tale (187), ovvero - con le parole di Fortini - "La discussione in merito alla linea politica culturale dei partiti marxisti italiani arrivo' terribilmente in ritardo, quando ormai i fatti del '56 (XX Congresso, Varsavia, Budapest) erano avvenuti, nonostante alcuni gruppi ("Ragionamenti") avessero gia sollevato la questione - venendo, peraltro, attaccati da alcuni studiosi legati al Partito" (188).

Nonostante le difficolta' incontrate dal processo di disgelo, Solmi appare convinto (ancora nei primi mesi del 1956) non solo che il "diffugere nives" sia ancora possibile, ma anche che ad esso debba seguire una fase di rifioritura della cultura della sinistra italiana. Tenendo sempre ben presente il progetto di cui abbiamo parlato precedentemente (ovvero quello relativo all'impegno e alla responsabilita' sociale della casa editrice e al suo ruolo di soggetto attivo per una nuova politica culturale indipendente rispetto alla contingenza sia dei partiti che del mercato) e' facile comprendere come in effetti questo momento di passaggio non fosse ancora destinato del tutto a risolversi in una totale chiusura dello sviluppo e del rinnovamento fin qui auspicati da una parte consistente di intellettuali marxisti. Insomma, la speranza di Solmi, in linea e coerentemente tanto con i suoi interventi risalenti al tempo di "Discussioni", quanto con quelli risalenti ai primi anni in casa editrice, riguardava la possibilita' che l'Einaudi diventasse in qualche modo guida e punto di riferimento per il rinnovamento dell'azione non solo culturale ma anche politica.

In questo senso, in una lettera del 23 febbraio 1956 a Foa', Cesare Cases nota ironicamente: "Solmi sara' eccitatissimo per tutti questi disgeli. Facevamo tanta fatica ad essere ortodossi e adesso ci rovinano tutto" (189). Dal punto di vista del lavoro editoriale, infatti, Renato Solmi e' totalmente partecipe di questo clima, come mostra l'impegno profuso nella preparazione del libro menzionato di Roberto Guiducci. Il 12 maggio, ad esempio, scrive a quest'ultimo: "Come avrai visto dalla tua venuta, l'atmosfera qui e' favorevole al tuo tentativo. Si preferirebbe, pero', che tu facessi un discorso nuovo e filato, un pamphlet, insomma del tipo di quello sul disgelo dove tu possa sfruttare tutte le tue capacita' di dialogo e le tue doti di tempismo!" (190). Tuttavia, a partire dai mesi successivi e scemato l'entusiasmo per l'idea di un rinnovamento rimasto solo sulla carta, l'attivita' redazionale di Solmi sembra farsi sensibilmente meno intensa. A tal proposito, pero', va segnalato che la verbalizzazione delle riunioni del mercoledi' del Consiglio editoriale venne significativamente interrotta dal febbraio 1956 (ai primi quattro incontri di quell'anno comunque Solmi non partecipo') fino al settembre 1958 (191), limitando le testimonianze sul suo impegno lavorativo alla corrispondenza interna con i colleghi.

Abbiamo gia' accennato che, proprio a partire da questo stesso lasso di tempo, Solmi decise (in accordo con la casa editrice) di trasferirsi per un periodo di circa un anno a Francoforte. Il 20 agosto 1956 (192), infatti, riprende contatto con Adorno (dopo un lungo silenzio risalente, presumibilmente, agli ultimi scambi epistolari in seguito alla pubblicazione dei Minima moralia). In questa occasione Solmi scrive, in francese, che le opere del filosofo francofortese e degli altri collaboratori della "Zeitschrift fur Sozialforschung" sono state e sono tuttora per lui un importante oggetto di studio, una guida e una fonte di ispirazione: "Je me propose de les reprendre maintenant, et de realiser enfin des projets depuis longtemps cultives". Il primo progetto a cui fa riferimento e' appunto quello di stabilirsi a partire dall'autunno successivo a Francoforte per dedicarsi - tra l'altro - agli studi filosofici. Inoltre, comunica ad Adorno che ha iniziato la traduzione della "Dialektik der Aufklaerung" e che vorrebbe trovare l'opportunita per discuterne insieme in considerazione tanto delle difficolta' traduttive, quanto degli aspetti piu' prettamente teorici e culturali sollevati dal libro scritto a quatto mani dallo stesso Adorno e da Horkheimer durante l'esilio americano (su entrambi questi aspetti problematici torneremo approfonditamente in seguito). In questa prima lettera scrive poi che sara' in Germania pochi giorni dopo per una rapida visita preparativa. Spera, quindi, di potersi incontrare con Adorno anche per parlare di altre urgenti e importanti questioni editoriali come l'approntamento della pubblicazione di "Philosophie der neuen Musik" e dell'edizione italiana dell'opera di Walter Benjamin, della cui preparazione vorrebbe occuparsi egli stesso.

Nella risposta (193) Adorno manifesta il proprio dispiacere per il fatto che non sia stato possibile organizzare un incontro, dato che egli si trovava in Svizzera negli stessi giorni in cui Solmi era in Germania. Adorno, comunque, consiglia a Solmi di recarsi personalmente e quanto prima a Lugano e di far visita a Max Horkheimer per conoscerlo direttamente. Chiede, inoltre, che Solmi spedisca sia a lui che allo stesso Horkheimer una copia (in carta carbone) della traduzione finora effettuata della "Dialektik der Aufklarung". In questo modo sara' possibile, se ci fossero dei punti non chiari, correggerli con Horkheimer durante la prossima visita: "Sollten irgendwelche Unklarheiten bestehen, so konnten Sie diese gewiss mit Horkheimer muhelos in Ordnung bringen".

Infine, nell'ultima lettera scambiata in questo periodo con il filosofo francofortese, il 17 settembre Solmi scrive ad Adorno di non aver ricevuto nessuna comunicazione da parte di Horkheimer. Per di piu', il lavoro all'Einaudi l'ha costretto a sospendere i suoi studi filosofici e le traduzioni a cui stava lavorando (per le quali non ha trovato nessun traduttore sostitutivo all'altezza del compito). Al fine di portare avanti entrambi i suoi propositi menzionati nelle lettere precedenti vorrebbe servirsi del periodo di permanenza di studio e di ricerca a Francoforte, in modo da avere a disposizione tutto il materiale scientifico di cui sicuramente avra' bisogno. Spera, quindi, di poter seguire (come Gasthoerer) le sue lezioni e quelle di Horkheimer, e lo prega di rispondergli se e' d'accordo. L'arrivo e' previsto per l'inizio di ottobre (194).

Dunque, durante i mesi in cui - all'interno della casa editrice torinese ma non solo - si tennero quelle importanti e a tratti drammatiche controversie sui temi che abbiamo precedentemente esposto e che coinvolsero intellettuali di primo piano della vita culturale italiana (e rispetto ai quali anche egli avrebbe certamente potuto dare un valido contributo per affermare la necessita' di un cambiamento di rotta rispetto allo stato delle cose), Renato Solmi lascia temporaneamente la casa editrice Einaudi per recarsi il Germania e fare diretta conoscenza dei due importanti filosofi francofortesi. Ai motivi lavorativi e di studio appena documentati si aggiunsero anche questioni legate al suo stato psicologico: "Nell'economia della mia vita privata, sulla quale, senza dubbio, anche gli avvenimenti della vita pubblica avevano esercitato, a piu' riprese, un impatto molto sensibile, l'esperienza che mi ha portato dai primi anni del dopoguerra, fino alla crisi traumatica del 1956, si saldava, a questo punto, con uno scacco (o, per dir meglio, con un naufragio) completo, da cui non ero ancora in grado di intravvedere, nello stato di desolazione e di sconforto in cui mi trovavo, come e quando avrei potuto risollevarmi. La ripresa da questo stato di disperazione piu' o meno lucida che si protrasse fino al mio ritorno in Italia, e a cui fece seguito, a partire dall'autunno del 1957, un lungo periodo di depressione opaca e inerte, richiese una durata piuttosto considerevole di tempo" (195). Questa confessione (scritta a circa trentacinque anni di distanza) sui propri problemi di salute - in questa prima fase ancora piuttosto latenti, ma che esploderanno significativamente nei mesi successivi - testimonia soprattutto (dal nostro punto di vista) di come l'impegno pubblico, la stringente attualita' e la mancanza di una prospettiva rivoluzionaria per l'immediato futuro (come scrive Cases: "La destalinizzazione non ha portato ad una fase superiore di coscienza socialista, ma solo ad uno stalinismo liberalizzato" (196)) alimentarono in Solmi un grave senso di frustrazione psicologica e si saldarono fortemente con una profonda crisi privata e personale.

Tale quindi il complesso di cause che determino' la volonta' di Solmi di allontanarsi dall'Italia e dalle vicende politiche e culturali del paese per ricercare altrove una sorta di rifugio in cui dedicarsi allo studio filosofico e che, in un certo senso, lo mantenesse maggiormente al riparo dalla stringente attualita' di quanto gli accadeva a Torino. Dalla corrispondenza che intrattenne con gli altri redattori dell'Einaudi, emerge come - dal punto di vista dell'attivita' lavorativa - fin dai primi giorni a Francoforte sia molto impegnato nella ricerca di nuovi libri da tradurre e da pubblicare. Allo stesso tempo, pero', appare ancora desideroso nonostante tutto di ricevere notizie in merito al procedere del dibattito italiano politico e culturale. Un paio di esempi possono facilmente risultare utili per mostrare quale sia stato lo spirito e l'andamento della sua permanenza in Germania.

La prima lettera che Solmi invia da Francoforte e' del 14 ottobre ed e' indirizzata a Luciano Foa'. In questa occasione comunica il suo nuovo indirizzo, segnala alcuni titoli che gli paiono interessanti e che ha notato esposti nelle vetrine delle librerie cittadine e conclude: "conto di cominciare da domani un ritmo regolare di lavoro. Salutami per favore gli amici (in particolare Ponchiroli, Bollati e Calvino)" (197). Nella lettera del 21 ottobre (198) (ancora a Foa') affianca ad un dettagliato piano di lavoro per l'immediato futuro, anche un resoconto di quanto svolto finora. Ne risulta che le sue principali occupazioni in questa prima fase della permanenza francofortese riguardano la revisione e la correzione di traduzioni dal tedesco (come ad esempio "Die Zerstoerung der Vernunft" di Lukacs); la lettura di libri che andrebbero eventualmente tradotti; e il suggerimento di titoli che la casa editrice dovrebbe fargli pervenire perche' possa esprimere un giudizio sull'opportunita' di stampa (sono titoli inerenti principalmente la cultura, la filosofia e l'attualita' tedesca). Inoltre si sta occupando della preparazione di un volume di scritti di Platone (impegno consistente nel trovare il traduttore, stabilire i criteri per la scelta, eccetera) che egli stesso aveva proposto tempo prima quando ancora si trovava a Torino. Quella per la filosofia e la storia antica (e greca in particolare) e' evidentemente una passione mai abbandonata (199).

Anche i documenti successivi dimostrano come continui il dialogo a distanza con i colleghi dell'Einaudi in merito all'attivita' editoriale. Tuttavia non vengono trascurate osservazioni di carattere piu' generale. Sicuramente interessante, in questo senso, e' la lettera inviatagli da Ponchiroli il 23 novembre (ovvero durante la crisi ungherese). In questa missiva, accanto (ma anche in connessione) a considerazioni prettamente legate a questioni lavorative (come la richiesta a Solmi di occuparsi della correzione della traduzione della corrispondenza di Rosa Luxemburg con Karl e Luise Kautsky e di curarne eventualmente anche le note e l'introduzione) Ponchiroli manifesta quello stesso disagio che ha interessato gli ultimi mesi torinesi di Solmi (anche se in forme e con intensita' diverse): "Certo, in questi momenti ho una gran voglia di 'eretici', nonostante si sia tutti molto giu' e, a volte, sfiduciati. [...] Sono troppo giu' (anche di salute) per scriverti 'altro', del resto ora, coi giornali che ti arrivano, hai piu' e miglior modo di tenerti al corrente su cio' che avviene in questo infelice (per non dir altro) paese. Qui da noi - come ti dicevo - e' forse il momento di fare delle proposte 'eretiche': aspetto che tu ne faccia qualcuna, perche' ho bisogno di fare il paladino di qualcosa" (200).

A conferma delle difficolta' e del momento di grande tensione che stava attraversando la casa Einaudi (paradigmatico, tuttavia, per la condizione della sinistra italiana nel suo complesso - come abbiamo cercato di riassumere precedentemente) e' utile citare anche la risposta di Solmi, che - dopo una dettagliata relazione sul lavoro svolto - scrive: "Ho visto che negli ultimi giorni la situazione politica si e' inasprita all'estremo. Immagino che anche voi siate in agitazione, e magari alla vigilia di importanti decisioni o prese di posizione. Vi saro' grato se mi farete sapere qualcosa" (201). Dello stesso tenore l'interessamento e il desiderio di essere tenuto aggiornato sulla disputa in atto con il Partito comunista che manifesta ancora a Ponchiroli qualche giorno dopo: "Che cosa succede in casa editrice? Com'e' andata a finire la faccenda di Calvino? A Milano dicono che siete tutti sottosopra. 'L'Avanti!' e 'l'Unita'' hanno adottato la tattica del silenzio, e dei giornali borghesi non ci si puo' fidare. Insomma, non si capisce piu' nulla. Ti sarei straordinariamente grato di una relazione anche molto piu' breve e piu' sommaria di quella bellissima di novembre. Ma ti so cosi' preso dal lavoro che non voglio insistere [...]" (202). Infine, il 26 gennaio 1957 Solmi rinnova la richiesta di informazioni rispetto alle vicende che abbiamo sintetizzato nelle pagine precedenti e - allo stesso tempo - propone un libro su un tema da lui molto sentito: "Vorrei chiederti una quantita di cose a proposito della casa editrice. Non so piu' nulla, tra l'altro, dei libri che sono usciti o che dovevano uscire [...]. Che ne e' del 'Disgelo' n. 2? Se fossi in voi, non rinuncerei a pubblicarlo: e' un libro che illumina magnificamente la seconda fase del disgelo, i precedenti immediati del rapporto Kruscev, il processo di liberazione e di disgregazione che ha portato al XX congresso. Si vede benissimo la necessita' assoluta e - nello stesso tempo - il carattere molecolare, inorganico di questo processo: l'amarezza, l'irritazione che succedono al primo senso di sollievo, il senso dell'impossibilita' di ricominciare da capo, l'intrinseca debolezza (e direi quasi leggerezza) di questo neoleninismo che vorrebbe fare come se nulla fosse stato, ecc. Non e' una visione acritica, idillica del disgelo (come poteva far pensare il primo), anzi: ci sono gia' tutti i limiti e le debolezze affiorati in questi ultimi mesi: e si vede gia' delinearsi la crisi del kruscevismo. Anche se aveste in preparazione il Dudintsev o qualche altra diavoleria piu' recente, non dovreste rinunciare allo Ehrenburg" (203). Da queste parole e' facile comprendere come il fine del suggerimento di Solmi sia quello, ancora una volta, di riportare la critica dalla societa' sovietica alla situazione della cultura e della politica della sinistra italiana. Non e' poi forse un azzardo eccessivo rintracciare nelle parole di Solmi anche i suoi sentimenti e la sua posizione personale rispetto a queste ultime e deludenti fasi del disgelo. Del resto, quelle di Solmi non sono le uniche dichiarazioni che descrivono lo stato di delusione e di confusione interna alla casa editrice. In questo senso riportiamo anche la testimonianza fornita in quegli stessi giorni dalla lettera di Ponchiroli a Cases (il quale allora si trovava in Germania, a Lipsia, per un periodo di studio, sebbene anche lui continuasse la sua collaborazione con la casa editrice): "Ti ricordiamo spesso (insieme a Solmi: l'altro nostro fuoriuscito!) qui a Torino, lagnandoci un po' delle vostre scarse notizie. Noi andiamo avanti fra subiti entusiasmi e neri scoramenti, e intanto la situazione va avanti tra un sacco di incertezze" (204).

Le informazioni e i commenti di carattere generale da parte degli esponenti della casa editrice in contatto con Solmi diventano sempre piu' scarsi (almeno quelli reperibili dalle lettere ufficiali). Segue, infatti, un periodo durante il quale le uniche notizie riguardano esclusivamente il lavoro redazionale. Ad esempio, il 26 febbraio Ponchiroli informa Solmi della volonta' dello stesso Einaudi affinche' egli collabori fattivamente alla composizione della collana dei "corpuscoli" (205). Probabilmente si tratta di mesi in cui all'interno della casa editrice si raggiunge una certa quiete sia sul piano economico che su quello degli equilibri politici, come mostrano la lettera di Foa' del 4 marzo 1957: "Qui, alla casa editrice, abbiamo avuto momenti piuttosto difficili, e questo spiega il mio ostinato silenzio. Sono stato assorbito da altre 'cure', un po' come ai tempi della campagna azionaria... Ora stiamo risalendo la china e, tra una decina di giorni al massimo, ti faro' avere una lunga lettera che ti informera' sulle decisioni piu' importanti prese dalla casa in questi ultimi mesi" (206); e quella di Renato Solmi a Ponchiroli del 10 marzo: "Quanto mi dici della avvenuta soluzione delle difficolta' economiche piu' urgenti, mi pare molto positivo, anche se non mi e' possibile afferrare di qui i termini esatti della questione. Sono lieto, comunque, che siate usciti da quell'atmosfera di cui mi parlavano le vostre ultime lettere (e che aveva, naturalmente, impensierito anche me). Anche le notizie politiche sono molto interessanti. (Ti diro', tra parentesi, che l'Italia, vista di qui, appare ancora un'oasi di speranze, e di possibilita' non del tutto irrealizzabili. Mentre lo stato della Germania, a conoscerla meglio, appare veramente incurabile)" (207).

Alla proposta di suggerire testi da inserire tra i corpuscoli, Solmi risponde con grande entusiasmo e spirito di collaborazione fornendo numerose indicazioni. La corrispondenza del periodo conservata presso l'Archivio Einaudi fa comprendere come questo nuovo progetto, in qualche modo, ravvivi la speranza di poter intervenire con il lavoro editoriale sulla realta', mediando - in questo caso - tra la cultura tedesca e quella italiana. Va considerato, da questo punto di vista, che durante la sua permanenza a Francoforte Solmi e' entrato in contatto diretto con la casa editrice Suhrkamp e puo' quindi venire a conoscenza di titoli freschi e di imminente pubblicazione (aspetto importante, pensando appunto ai corpuscoli, dato il carattere strettamente legato all'attualita' della progettata collana). Inoltre, Solmi ha poi concretizzato il proposito iniziale di frequentare le lezioni universitarie di Adorno e di Horkheimer, sebbene (come appare dalla seguente testimonianza) stesse gia' maturando un crescente senso di distanza rispetto ai due massimi rappresentati della Scuola di Francoforte, ed in modo particolare rispetto ad Adorno: "Ho chiesto anche (sempre a Suhrkamp) l'opzione della plaquette di Adorno su Hegel, di cui speravo si potesse fare un corpuscolo (sic!), con un titolo come 'Hegel oggi' o qualcosa di simile (anche se fin dalla prima pagina il nostro avverte che non si propone di dire che cosa significa Hegel per noi oggi, ma che cosa significhiamo noi, oggi, per Hegel!). Ma la lettura delle bozze mi ha alquanto deluso: non e' la messa a punto che mi sarei aspettato, e rimane un po' nei limiti di una conferenza, sia pure ricca di spunti interessanti (e anche questo rientra nell'involuzione 'letteraria' del nostro: posso constatare de visu l'azione negativa che esercita su di lui l'aria della Bundesrepublik)" (208).

Come vedremo meglio in seguito, sebbene Solmi sia riuscito a guadagnare la fiducia e la stima di Adorno (anche collaborando con lui nell'attivita' accademica), va allo stesso tempo registrato un progressivo allontanamento tra i due (e in seconda battuta anche tra Solmi e Horkheimer), soprattutto per quanto riguarda le posizioni politiche e culturali che arrivarono fino alla reciproca diffidenza. Le divergenze teoriche che si generarono in questo periodo avranno importanti conseguenze sull'attivita' lavorativa e intellettuale di Solmi stesso, in modo particolare per cio' che concerne la traduzione della Dialektik der Aufklaerung, oltreche' di quella di Angelus novus di Walter Benjamin.

Le lettere da Francoforte coprono all'incirca tutto l'arco temporale del soggiorno di Solmi in Germania, ovvero arrivano fino all'autunno del 1957 (l'ultima missiva e' del 12 novembre). Seguitando a sfogliare la documentazione conservata presso l'Archivio Einaudi, possiamo continuare a ricostruire i principali interessi di Solmi durante questo periodo. Innanzitutto la corrispondenza con via Biancamano testimonia un profondo affetto nei confronti dei colleghi e il senso di appartenenza alla casa editrice. Scrive ad esempio a Ponchiroli nel maggio: "Sono stato anch'io molto contento di averti visto e solo mi dispiace che non ti sia potuto trattenere piu' a lungo. Come in generale il mio passaggio in casa editrice, e la ripresa, per quanto breve, tuttavia intensa di contatto con la vostra vita e le vostre preoccupazioni, mi e' stato, anche psicologicamente, molto utile, e ha contribuito (col mio soggiorno in Italia) a ridarmi nuova energia per un nuovo periodo di solitudine (poiche' la Germania continua ad essere per me un ambiente molto artificiale e trasparente). [...] E ti saro' grato se qualche volta (ma senza aggiungere troppa fatica al tuo tempo gia' cosi' preso) mi darai notizie tue e delle cose editoriali e italiane" (209). O sempre a Ponchiroli dopo aver trascorso il periodo delle vacanze estive in Italia e quando ormai la sua esperienza in Germania stava per giungere al termine: "[...] Naturalmente, dopo la mia partenza, mi sono accorto di essermi dimenticato di chiedervi una quantita' di cose: l'aspetto apparentemente immutato della casa editrice mi ha fatto dimenticare di tutte le novita' accadute nel frattempo, e di cui avrei voluto chiedervi maggiori particolari. Ma sono stato lieto di sentire che la mia inclinazione per la casa editrice, e cioe' per le persone che la compongono, non diminuisce con la distanza, e di ritrovare ogni volta quel senso di affiatamento e di comunita' che non viene solo dagli anni passati insieme. Solo mi rincresce di non potervi piu' seguire se non indirettamente, e, in questo senso, faccio molto affidamento sulle tue qualita' (e sulla tua buona volonta') di 'cronista', ripromettendomi a mia volta di risponderti piu' a lungo e piu' regolarmente" (210). Oltre al legame con Torino, emerge dunque (al contrario rispetto alle sue speranze iniziali) che la Germania non si e' poi dimostrata il luogo in cui potesse ristabilire un certo equilibro intellettuale oltreche' psicologico. Nella realta', infatti, la sua permanenza nella Repubblica federale ha provocato l'aggravarsi e l'approfondirsi di un senso acuto di straniamento (dovuto anche alla particolare condizione di fortissima ripresa economica, da un lato, e di conservatorismo politico e culturale, dall'altro, in cui si trovava il paese alla fine degli anni Cinquanta), cosicche' la sua salute, anziche' migliorare con la lontananza dalla quotidianita' italiana, e' decisamente peggiorata. Di qui anche, probabilmente, l'accentuarsi del rinnovato sentimento di appartenenza alla casa editrice.

E proprio in tale contesto continua l'impegno di Solmi relativo al lavoro editoriale. Ma, ancora una volta, la sua attivita' - a conferma di quanto per lui occuparsi di cultura significhi occuparsi anche della realta' e del tempo in cui essa viene prodotta - spesso si lega ad interventi tanto sull'attualita' politica tedesca, quanto su quella italiana. Cosi' quando effettua un viaggio nella Repubblica democratica tedesca (a Berlino e a Lipsia), dove - tra l'altro - incontra l'amico Cesare Cases, non perde l'occasione per soffermarsi sulla situazione degli intellettuali nella Germania orientale: "Il mio viaggio a Berlino e nella Ddr e' stato molto interessante e movimentato. Ho trovato Cases pieno di vita e d'intelligenza, ma profondamente scosso dalla sua esperienza orientale. Dove e' difficile distinguere, nella sua critica, quanto si riferisce allo stalinismo vero e proprio, e quanto alla sua caricatura attuale. Fatto sta che l'ho trovato piu' che mai all''opposizione' (a cui appartengono, del resto, tutti gli intellettuali onesti di li'). Ho partecipato anche alla riunione di un piccolo 'circolo Petofi' locale, che mi ha fatto un'impressione straordinaria. [...] Ho cercato di convincerlo a scrivere un breve saggio per i corpuscoli, che gli sarebbe facile e riuscirebbe interessantissimo. Vedete anche voi di insistere in questo senso" (211). Inoltre, interessante per inquadrare il futuro sviluppo del pensiero e dell'impegno di Solmi, e' notare anche che nella stessa lettera egli segnala "Die Verantwortung der Wissenschaft in Atomzeitalter" di C. F. von Weizsacker, il fisico che (in questa ed in altre opere successive) si occupa delle conseguenze politiche e filosofiche dell'impiego dell'energia e delle armi atomiche e che e' stato tra gli animatori della resistenza dei fisici tedeschi alla politica militare di Adenauer. In questa missiva, dunque, compaiono i primi segnali dell'interesse che poi coinvolgera' Solmi con notevole intensita' negli anni successivi, ovvero quando il tema della pace e dell'allora sempre possibile minaccia della guerra nucleare acquisira' un ruolo di primo piano nel suo impegno intellettuale.

Va poi registrato, in questo stesso periodo, il convinto avvicinamento di Solmi all'opera e al pensiero di Gyorgy Lukacs (avvicinamento che corrisponde in qualche modo al contemporaneo allontanamento da Adorno). Del pensatore ungherese - per piu' di un verso inconciliabile con le teorie dei francofortesi - Solmi all'epoca stava approntando due traduzioni, quella de "Il giovane Hegel" e quella di "Sul significato attuale del realismo critico". Inoltre si stava occupando anche di verificare la traduzione italiana del libro dello stesso autore "Die Zerstoerung der Vernunft" (212). A conferma dell'interessamento per Lukacs, citiamo quanto Solmi scrive a Foa' nel giugno del 1957 a proposito del libro sul realismo: "Il saggio di Lukacs e' molto interessante: la prima parte, come avrai visto, e' una grande Abrechnung con la decadenza, presa questa volta di fronte, e nei suoi maggiori rappresentanti (stupenda l'analisi di Kafka e la discussione in proposito con Benjamin) [...]. Se esiste ancora, in Italia, una sinistra degna di questo nome, il libro darebbe certamente luogo a vivaci polemiche, e si presterebbe a 'continuazioni' interessanti" (213). Infine, la lettera del 22 luglio scritta a Ponchiroli per informarsi delle ultime novita' da' testimonianza degli interessi e dell'impegno che ancora nell'estate del 1957 animano il lavoro di Solmi: "Ti ringrazio molto di tutte le notizie. Il programma dei corpuscoli (Mao, Deutscher, Lukacs, Cases!) e' quanto di meglio si potrebbe desiderare. [...] Ho visto dell'accoglienza favorevole al 'Barone rampante' (persino Cases ne e' entusiasta), ma io... non sono affatto d'accordo. Ottima l'idea del Brecht di Fortini. Cases ha poi accettato di fare il corpuscolo sulla Germania?" (214).

Chiudiamo questa parte dedicata all'esperienza tedesca di Solmi citando una delle ultime lettere scritte durante la sua permanenza francofortese (quella del 16 ottobre), cioe' quando ormai il "disgelo" appariva non solo come una speranza quasi del tutto esaurita, ma anche gia' indirizzata verso la restaurazione del potere burocratico (tanto dal punto di vista culturale, che da quello politico). In questa missiva e' percepibile abbastanza chiaramente la sua delusione, ovvero "l'amarezza, l'irritazione che succedono al primo senso di sollievo, il senso dell'impossibilita' di ricominciare da capo" di cui aveva scritto a Ponchiroli nel gennaio a proposito del romanzo di Erenburg. A tal proposito, commentando i resoconti che piu' o meno regolarmente gli arrivavano da Torino (come abbiamo gia' notato, in questo periodo non vi era una vera e propria verbalizzazione ufficiale), esprime il rammarico perche' la collana dei corpuscoli (per la quale si era notevolmente impegnato) non e' neppure riuscita a partire e, quindi, non ha mantenuto la promessa iniziale di portare nuova linfa assolutamente necessaria - dal punto di vista di Solmi - per rinnovare il dibattito nella cultura italiana e per affrontare i "problemi vivi del nostro tempo": "La discussione sui 'consigli' fra Venturi e Calvino mi ha molto divertito e interessato, permettendomi di fare il punto sui dibattiti ideologici interni alla casa editrice. La 'registrazione' era cosi' perfetta che mi pareva di sentirvi parlare. Vedo (e non c'e' da stupirsene) che la collana dei Corpuscoli, nata postuma come tutta la revisione poststaliniana, sta entrando in difficolta'. Ma vi pare che sia il caso di risollevarla ritornando ai rallentamenti ideologici di Vittorini? Positiva, invece, nonostante tutto, mi pare l'idea del Caracciolo, che si situa in una linea di 'ragionamenti' che andavano, prima o poi, fatti (e non importa che si facciano in ritardo, quando gia' si profila la loro risposta o la loro eventuale confutazione). A proposito, non avete mai pensato ad insistere con Momigliano per una raccolta sistematica delle sue idee sul neocapitalismo (che rappresentano, secondo me, la parte piu' valida e permanente di quanto sostenuto dal gruppo di 'Ragionamenti', e in generale dell'opposizione interna)?" (215).

*

Note

181. R. Solmi, "Diffugere nives"? Sul "Disgelo" di Il'ja Erenburg, in "Nuovi Argomenti", 14, maggio-giugno

1955, pp. 64-85. Ora in Idem, Autobiografia documentaria, cit., pp. 143-159.

182. Ibidem, p. 144.

183. Ibidem, p. 151.

184. Cfr. ad esempio G. Lukacs, Il marxismo e la critica letteraria. Einaudi, Torino 1964, pp. 464-465.

185. R. Solmi, "Diffugere nives", cit., p. 155.

186. Ibidem, p. 157.

187. Ibidem, p. 158.

188. F. Fortini, Dieci inverni, cit., p. 46.

189. Archivio Einaudi, incartamento Cesare Cases (2 febbraio 1951 - 10 giugno 1961), foglio 68. Citata anche in: L. Mangoni, cit., p. 862.

190. Citazione tratta da L. Mangoni, cit., p. 862.

191. T. Munari, cit., p. XVI.

192. Theodor W. Adorno Archiv, Akademie der Kunste in Berlin. Privatkorrispondenz, Renato Solmi an Th. W. Adorno.

193. Theodor W. Adorno Archiv, Akademie der Kunste in Berlin. Privatkorrispondenz, Th. W. Adorno an Renato Solmi, 4/9/1956.

194. Theodor W. Adorno Archiv, Akademie der Kunste in Berlin. Privatkorrispondenz, Renato Solmi an Th. W. Adorno.

195. R. Solmi, I miei anni all'Einaudi, cit., p. 763.

196. G. Lukacs, Il marxismo e la critica letteraria, cit., p. 12.

197. Archivio Einaudi, incartamento Renato Solmi, foglio 44.

198. Archivio Einaudi, incartamento Renato Solmi, foglio 59.

199. A questo proposito va segnalata (come esempio) la lettera del 7 novembre 1956 a Bernardini, in cui Solmi fa un resoconto ed un'analisi molto approfonditi sulla struttura e i contenuti del volume di Platone. Cfr. Archivio Einaudi, incartamento Renato Solmi, foglio 62.

200. Archivio Einaudi, incartamento Renato Solmi, foglio 67. A proposito della stampa italiana che egli riceve in Germania, Solmi scrive ad esempio: "Il numero di 'Societa'' (agosto 1956) e' semplicemente comico. I posteri si chiederanno dove vivevamo". Cfr. lettera del 4 novembre 1956 a Foa', foglio 60.

201. Archivio Einaudi, incartamento Renato Solmi, foglio 79, lettera dell'8 gennaio 1957.

202. Archivio Einaudi, incartamento Renato Solmi, foglio 82, lettera del 19 gennaio 1957.

203. Archivio Einaudi, incartamento Renato Solmi, foglio 85, lettera del 26 gennaio 1957. Il'ja Erenburg (colui che per primo ha usato la parola "disgelo" nel senso politico-culturale che abbiamo visto) avanzo' la proposta che in Unione Sovietica si dovesse seguire una "coesistenza pacifica" fra differenti correnti e tendenze artistiche, ma venne presto esortato a desistere. Cfr. N. Ajello, cit., p. 451.

204. Archivio Einaudi, incartamento 636/1 Cesare Cases (2 febbraio 1951 - 10 giugno 1961), foglio 87.

205. Archivio Einaudi, incartamento Renato Solmi, foglio 92.

206. Archivio Einaudi, incartamento Renato Solmi, foglio 97.

207. Archivio Einaudi, incartamento Renato Solmi, foglio 98.

208. Archivio Einaudi, incartamento Renato Solmi, foglio 103, lettera del primo aprile 1957.

209. Archivio Einaudi, incartamento Renato Solmi, foglio 107, lettera a Ponchiroli del 12 maggio 1957.

210. Archivio Einaudi, incartamento Renato Solmi, foglio 140, lettera a Ponchiroli del 13 settembre 1957.

211. Archivio Einaudi, incartamento Renato Solmi, foglio 123, lettera a Ponchiroli del 17 giugno 1957.

212. Il significato attuale del realismo critico, 1957; Il giovane Hegel e i problemi della societa' capitalista, 1960; La distruzione della ragione, 1959 (traduzione di Eraldo Arnaud).

213. Archivio Einaudi, incartamento Renato Solmi, foglio 120, lettera del 6 giugno 1957.

214. Archivio Einaudi, incartamento Renato Solmi, foglio 131, lettera del 22 luglio 1957. A proposito del giudizio negativo di Solmi sul "Barone rampante", Calvino gli scrive: "Sono molto incuriosito della tua opposizione al 'Barone'. Perche' non mi scrivi una feroce lettera stroncatoria? Mi piacerebbe anche molto una discussione tra te e Cases sul Notiziario". Archivio Einaudi, incartamento Renato Solmi, foglio 136, lettera del primo agosto 1957.

215. Archivio Einaudi, incartamento Renato Solmi, foglio 148, lettera del 16 ottobre 1957. I riferimenti sono ad Alberto Caracciolo e a Franco Momigliano.

 

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Numero 709 del 10 giugno 2015

 

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