[Nonviolenza] Telegrammi. 2010



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 2010 dell'8 giugno 2015

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVI)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com

 

Sommario di questo numero:

1. Come sconfiggere il partito hitleriano e salvare innumerevoli vite

2. Lea Melandri: Il genere della violenza, gli orrori hanno un sesso

3. Enrico Peyretti: "Sono convinto" non significa "Taci"

4. Per sostenere il centro antiviolenza "Erinna"

5. Un appello per l'uscita dell'Italia dalla Nato

6. Ricordando Julien Benda

7. Giancarla Codrignani presenta "Il dilemma della pace" di Elda Guerra

8. Silvia Vaccaro presenta "Irriverenti e libere" di Barbara Bonomi Romagnoli

9. Segnalazioni librarie

10. La "Carta" del Movimento Nonviolento

11. Per saperne di piu'

 

1. EDITORIALE. COME SCONFIGGERE IL PARTITO HITLERIANO E SALVARE INNUMEREVOLI VITE

 

1. Riconoscendo a tutti gli esseri umani il diritto di spostarsi in modo legale e sicuro sull'unico pianeta casa comune dell'umanita' intera.

E quindi cominci l'Italia col consentire a tutti gli esseri umani di giungere in modo legale e sicuro nel nostro paese, trovando nel nostro paese cio' che la Costituzione della Repubblica stabilisce: rispetto dei diritti umani, accoglienza e assistenza per chiunque ne abbia bisogno, giustizia e solidarieta'.

*

2. Riconoscendo a tutti gli esseri umani residenti in un territorio il diritto di voto nel territorio in cui realmente vivono.

E quindi cominci l'Italia col riconoscere immediatamente il diritto di voto amministrativo a tutti i residenti nei Comuni e nelle Regioni d'Italia. "Una persona, un voto": e' il riconoscimento del diritto di voto a tutte le persone residenti in Italia lo strumento nonviolento che puo' sconfiggere il razzismo e la schiavitu', che puo' sconfiggere i poteri criminali e il regime della corruzione, che puo' far cessare nel nostro paese l'apartheid oggi subìto da cinque milioni di persone regolarmente residenti (e che fanno del bene a questo paese) cui e' negato di poter partecipare democraticamente alle decisioni che riguardano anche le loro stesse vite.

*

3. Riconoscendo a tutti gli esseri umani il diritto a non essere uccisi.

E quindi cominci l'Italia ad opporsi a tutte le guerre e a tutte e uccisioni. E per opporsi a tutte le guerre ed a tutte le uccisioni occorre abolire gli eserciti e le armi: cominci subito la smilitarizzazione, cominci subito il disarmo, si salvino innumerevoli vite. Cessi in Italia l'attuale sperpero mostruoso, scellerato ed infame di oltre 70 milioni di euro al giorno per le spese militari, e siano utilizzati invece quei fondi pubblici per garantire una vita degna all'intera popolazione.

*

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Salvare le vite e' il primo dovere.

 

2. RIFLESSIONE. LEA MELANDRI: IL GENERE DELLA VIOLENZA, GLI ORRORI HANNO UN SESSO

[Dal sito della "Libera universita' delle donne" di Milano (www.universitadelledonne.it) riprendiamo il seguente articolo originariamente apparso sul quotidiano "Il Manifesto" del 10 aprile 2015.

Lea Melandri, nata nel 1941, acutissima intellettuale, fine saggista, redattrice della rivista "L'erba voglio" (1971-1975), direttrice della rivista "Lapis", e' impegnata nel movimento femminista e nella riflessione teorica delle donne. Tra le opere di Lea Melandri segnaliamo particolarmente L'infamia originaria, L'erba voglio, Milano 1977, Manifestolibri, Roma 1997; Come nasce il sogno d'amore, Rizzoli, Milano 1988, Bollati Boringhieri, Torino 2002; Lo strabismo della memoria, La Tartaruga, Milano 1991; La mappa del cuore, Rubbettino, Soveria Mannelli 1992; Migliaia di foglietti, Moby Dick 1996; Una visceralita' indicibile, Franco Angeli, Milano 2000; Le passioni del corpo, Bollati Boringhieri, Torino 2001; Amore e violenza, Bollati Boringhieri, Torino 2011. Dal sito www.universitadelledonne.it riprendiamo la seguente scheda: "Lea Melandri ha insegnato in vari ordini di scuole e nei corsi per adulti. Attualmente tiene corsi presso l'Associazione per una Libera Universita' delle Donne di Milano, di cui e' stata promotrice insieme ad altre fin dal 1987. E' stata redattrice, insieme allo psicanalista Elvio Fachinelli, della rivista L'erba voglio (1971-1978), di cui ha curato l'antologia: L'erba voglio. Il desiderio dissidente, Baldini & Castoldi 1998. Ha preso parte attiva al movimento delle donne negli anni '70 e di questa ricerca sulla problematica dei sessi, che continua fino ad oggi, sono testimonianza le pubblicazioni: L'infamia originaria, edizioni L'erba voglio 1977 (Manifestolibri 1997); Come nasce il sogno d'amore, Rizzoli 1988 ( ristampato da Bollati Boringhieri, 2002); Lo strabismo della memoria, La Tartaruga edizioni 1991; La mappa del cuore, Rubbettino 1992; Migliaia di foglietti, Moby Dick 1996; Una visceralita' indicibile. La pratica dell'inconscio nel movimento delle donne degli anni Settanta, Fondazione Badaracco, Franco Angeli editore 2000; Le passioni del corpo. La vicenda dei sessi tra origine e storia, Bollati Boringhieri 2001. Ha tenuto rubriche di posta su diversi giornali: 'Ragazza In', 'Noi donne', 'Extra Manifesto', 'L'Unita''. Collaboratrice della rivista 'Carnet' e di altre testate, ha diretto, dal 1987 al 1997, la rivista 'Lapis. Percorsi della riflessione femminile', di cui ha curato, insieme ad altre, l'antologia Lapis. Sezione aurea di una rivista, Manifestolibri 1998. Nel sito dell'Universita' delle donne scrive per le rubriche 'Pensiamoci' e 'Femminismi']

 

E' vero che non tutti gli uomini uccidono, che la cultura maschile da secoli non ha seminato solo morte, ma dato vita anche a opere sublimi di civilta'; e' vero che l'amore, la solidarieta', il pacifismo non le sono estranei. Forse e' per questo che esitiamo a nominare alcune verita'.

La prima e' che la violenza, dalle guerre tra Stati alle guerre civili dovute al fanatismo o a problemi sociali, alla persecuzione delle minoranze, e' stata praticata dal sesso maschile, sia pure con l'aiuto e la complicita' delle donne.

La seconda considerazione e' che l'amore e l'odio, considerate pulsioni contrapposte, non si danno mai isolatamente, vincolate come sono l'una all'altra.

Ad Albert Einstein, che in una lettera del settembre 1932 gli chiedeva "metodi educativi", "modi di azione" per frenare la "fatalita' della guerra", Freud rispondeva: "... la pulsione di autoconservazione e' certamente erotica, ma cio' non toglie che debba ricorrere all'aggressivita' per compiere quanto si ripromette. Allo stesso modo la pulsione amorosa, rivolta ad oggetti, necessita di un quid della pulsione di appropriazione, se veramente vuole impadronirsi del suo oggetto. La difficolta' di isolare le due specie di pulsioni nelle loro manifestazioni ci ha impedito per tanto tempo di riconoscerle" (Freud, Il disagio della civilta' e altri saggi, Bollati Boringhieri 1987, p. 93).

Come e' possibile che ancora oggi, dopo tanto parlare di patriarcato e di maschilismo, non si riesca a scalfire la maschera di neutralita' che impedisce di riconoscere ai responsabili di tanti orrori l'appartenenza a un sesso? Che cosa impedisce agli uomini sinceramente convinti di dover operare per la pace nel mondo di interrogarsi sulla matrice "virile" della violenza? Perche', a loro volta, le donne sono cosi' poco inclini a chiedersi quando e come un figlio, un marito, un amante passano dalla tenerezza alla violenza?

Puo' darsi che il rapporto di potere tra i sessi e le inevitabili complicita' che ne hanno permesso una cosi' lunga durata non siano, come sono portata a pensare, il maggiore ostacolo materiale e psicologico a una convivenza piu' umana, piu' giusta e solidale. Ma finche' non vengono portati alla coscienza e fatti oggetto della riflessione che meritano, non sapremo mai se dobbiamo rassegnarci a una "naturale" violenza maschile, o sperare nella possibilita' di un cambiamento che non riguarderebbe solo il sessismo, ma tutte le forme di distruzione e di morte che gli uomini hanno agito contro i loro simili.

A questo punto arriva puntuale la domanda: "Allora le donne che uccidono cosa sono?". Che anche le donne abbiano pulsioni aggressive mi pare fuori di dubbio. Aggiungo anche che, se avessero avuto fin dall'inizio della storia umana la forza fisica, il possesso delle armi e tutto il potere che si e' arrogato l'uomo, non e' da escludere che avrebbero potuto farne un uso altrettanto selvaggio. Non ho mai pensato che l'esperienza della gravidanza e del parto potessero agire in modo deterministico su quelle che artificiosamente sono state considerate le "naturali" doti femminili di oblativita', dolcezza, altruismo. Gli infanticidi, la violenza sui bambini non sono purtroppo estranei alla maternita'.

Sta di fatto che non e' andata cosi' e, che piaccia o meno, le guerre, le devastazioni, gli stupri privati e pubblici, gli stermini di interi popoli li ha fatti il sesso maschile. Dagli uomini che non si riconoscono in questa brutalita' dei loro simili ci si aspetterebbe quanto meno che si ponessero il problema, ognuno a partire dalla propria esperienza, e che cominciassero a riflettere sulla cultura che loro/nostro malgrado abbiamo ereditato.

Ma gia' il fatto che sorga cosi' immediata un'obiezione che non trova fondamento in realta' lontane dal poter essere confrontate, e' la prova che la denegazione e' ancora il sentimento piu' diffuso al riguardo. Come spiegare altrimenti che in tanti incontri, convegni, dibattiti sulla violenza contro le donne, cosi' come quando si parla di un'educazione a un rapporto diverso tra i sessi, gli uomini sono pressoche' assenti, quasi fosse solo una "questione femminile"? Sono sempre state le vittime a testimoniare la violenza, questo e' vero, ma qui stiamo parlando di un male che, nelle sue forme meno visibili e per questo piu' insidiose, si annida - come scrive Pierre Bourdieu nel suo libro Il dominio maschile (Feltrinelli 1998) - nelle istituzioni, nei poteri, nei saperi della vita pubblica e "nell'oscurita' dei corpi", cioe' nel sentire, ragionare e agire di ogni individuo, maschio o femmina.

Da dove cominciare a snidarlo? Ma, soprattutto, come fermare l'attenzione su un dominio cosi' esteso e al medesimo tempo cosi' sfuggente, che passa attraverso le piu' tenere cure dell'infanzia, le prime esperienze scolastiche, l'aria stessa che si respira negli interni delle case e per le vie della citta', e che, cio' nonostante, si continua a considerarlo "privato"?

Eppure le tracce o gli antefatti di tanti orrori che sono passati e passano nella storia del mondo non sarebbero difficili da rintracciare. In un testo pedagogico che ha goduto di grande rinomanza fino a tempi non lontani - Erik H. Erikson, Infanzia e societa' (Armando Editore, Roma 1966) - gli attributi che differenzierebbero il comportamento femminile da quello maschile, la "staticita'" e la "mobilita'", sono definiti come "reminiscenze", "modi strettamente paralleli alla morfologia degli organi genitali". Il "fare sociale", che e' dell'uomo - dice Erikson -, comporta "l'attacco, il piacere della competizione, l'esigenza della riuscita, la gioia della conquista", mentre quello della donna appare legato esclusivamente alla seduzione, al "desiderio di essere bella e di piacere", e alla "capacita' di assecondare il ruolo procreativo del maschio", capacita' che fa della donna una "compagna comprensiva e una madre sicura di se'".

Se "le virtu' apparentemente naturali del maschio (forza, coraggio, sicurezza, onore, senso del comando e della superiorita')" - come si legge in un interessante saggio di Sandro Bellassai, L'invenzione della virilita', Carocci 2011 - vengono amplificate fino a produrre forme di virilismo guerriero in determinati momenti storici, ed esasperate fino alla follia omicida, quando appaiono minacciate da una imprevista liberta' delle donne, si puo' pensare che la "preistoria" famigliare e sociale attraverso cui passa il bambino per diventare adulto non lasci il suo segno?

Portare allo scoperto tutto cio' che trattiene la memoria del corpo di quelle prime esperienze - configurazioni immaginarie, fantasie, schemi cognitivi, habitus mentali - presenti sia nella formazione del singolo che dei popoli, ci aiuterebbe a capire da dove nascono e come si trasmettono fenomeni duraturi come il sessismo, il razzismo, i nazionalismi, le guerre.

 

3. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: "SONO CONVINTO" NON SIGNIFICA "TACI"

[Dal sito de "Il foglio. Mensile di alcuni cristiani torinesi" (www.ilfoglio.info) riprendiamo questo articolo di Enrico Peyretti apparso sul n. 405.

Enrico Peyretti (1935) e' uno dei maestri della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; e' stato presidente della Fuci tra il 1959 e il 1961; nel periodo post-conciliare ha animato a Torino alcune realta' ecclesiali di base; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le opere di Enrico Peyretti: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; Il diritto di non uccidere. Schegge di speranza, Il Margine, Trento 2009; Dialoghi con Norberto Bobbio, Claudiana, Torino 2011; Il bene della pace. La via della nonviolenza, Cittadella, Assisi 2012; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, che e stata piu' volte riproposta anche su questo foglio; vari suoi interventi (articoli, indici, bibliografie) sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.info e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Un'ampia bibliografia (ormai da aggiornare) degli scritti di Enrico Peyretti e' in "Voci e volti della nonviolenza" n. 68]

 

Ora ci si intende, ora si fraintende. Il discorso e' un percorso da una bocca a due orecchie e una mente, e ritorno. Come in ogni percorso, nel discorso possono avvenire incidenti.

Quando abbiamo opinioni differenti, ciascuno degli interlocutori puo' dire: 1) non condivido, ma riconosco; 2) non condivido e non riconosco; 3) affermo altro da te, senza disconoscere il tuo. Intendiamoci su quale e', tra queste, la differenza tra le nostre opinioni. Il primo caso e' un incontro nella differenza, il secondo e' uno scontro tra incompatibilita', il terzo e' un non-incontro tra linee parallele.

Bisognera' reimparare (maestro e' Panikkar, specialmente La torre di Babele. Pace e pluralismo, 1990) che la struttura intima della realta' e' armonia: non unita', ma armonia; non unita', ne' dualismo, ma pluralismo. Il quale e' la serieta', la difficolta', il valore delle differenze. Come restituire al cosmo plurale l'armonia perduta? Cominciare da se stessi, interiormente, poi con opere e rimedi pratici nelle relazioni esterne, anzitutto col disarmo culturale: "Disarmare la ragione armata".

In questo apprendimento dialogico, sostengo che avere una convinzione non significa fissare una conclusione.

Essere "con-vinto" vuol dire: cio' che dico "mi vince" in quanto mi appare vero; solo la verita' vince-convince, senza distruggere ne' offendere. La "vittoria" della verita' e' associativa, unitiva, armonica, olistica, non separativa, non dominativa e distruttiva come le nostre vittorie di una "parte" sull'altra.

Posso affermare una convinzione con passione e calore, come cio' che vale e appassiona, ma non pretendo che sia tutta la verita', l'unica verita'. Non si tratta di "avere" ragione, ma di seguire la ragione-facolta' verso la ragione-essenza.

Percio' una convinzione non e' una con-clusione (cioe' una chiusura: il discorso e' chiuso; Roma locuta, causa soluta). "Sono convinto" non significa "Taci".

Non esiste l'ultima parola (Qohelet 1,8). E' sempre possibile o necessaria un'altra parola, pur col rischio delle troppe parole (avvertimento evangelico, Matteo 6,7 e del saggio Qohelet 5,2; 6,11).

Questo vedo vero, ma non chiudo qui il cammino nella verita'. E anche questo punto del cammino puo' ben aver bisogno di modifiche, ripensamenti. Delle sue convinzioni piu' profonde Michele Do diceva che erano per lui "dubitose irrinunciabili chiarezze": chiarezze, non certezze, non fissate, eppure da non perdere. C'e' un dubbio demolitore, e c'e' un dubbio indagatore, esploratore di nuovo cammino.

La verita' esiste. Niente lo dimostra, ma lo suggerisce il fatto che niente ci basta. Come la felicita', come il bene, come la santita': poiche' non li raggiungo mai, essi sono la'. E' molto reale cio' che si fa desiderare, piu' di cio' che si lascia possedere. Il desiderio inesauribile indica la pienezza della realta', che nell'esperienza e' sempre limitata. Sarebbe arbitrario e non intelligente limitare la realta' all'esperienza.

Esiste il bene. Se io ti distruggo, questo non e' bene, questa non e' verita', questo e' male. Il male c'e' perche' c'e' la verita'. Il male e' male perche' abbiamo il criterio del bene-verita'. Altrimenti nulla sarebbe male: neppure romperti il muso, neppure negarti la vita. Noi nasciamo nella memoria del bene-verita', come e piu' che da nostra madre, anch'essa figlia. Il male, il dolore, l'offesa, indicano dal rovescio la verita'. Percio' sono i poveri, non i sapientoni, i primi che la conoscono.

La verita' esiste, percio' tendiamo ad essa. Esiste anche quando ne siamo traditori, o rinunciatari. Non dipende dal nostro sapere, vedere, afferrare, dire, dimostrare, fare. "Io so di non sapere". La verita' e' cio' che non sappiamo, percio' la cerchiamo. Il cercare verita' e' verita'.

Meglio che convinto mi dico (con Capitini) "per-suaso", cioe' soavemente condotto; non forzo la verita' che vedo e dico; non forzo te a consentire; non forzo me ad affermare; ma seguo cio' che si mostra e intimamente tocca, con mitezza. (Tutt'altra cosa e' il "persuasore occulto", la pubblicita', o il demagogo, l'imbonitore, perche' in questi la "soavita" e' strumento per ingannare dolcemente). Mitezza e' "lasciare essere l'altro quello che e'" (Mazzantini citato da Bobbio in Elogio della mitezza). Cio' che mitemente mi persuade mi fa diventare me stesso, mi da' la verita' di me.

Percio' non gradisco che tu mi intenda come apodittico perche' dico cio' che vedo, che mi per-suade: cio' che vedo e' qualcosa che posso e devo sempre proseguire, sviluppare e correggere. Apodittico (oggi si dice integralista, assolutista) e' l'accusa che si fa a chi afferma qualcosa che lo convince-persuade. L'accusa e' giusta quando l'affermazione e' un cortocircuito di sicurezza, una con-clusione per paura di guardare oltre. Ma non e' giusta accusa se chi afferma sta nel dis-corso, nello scambio vicendevole (dialogo inter e dialogo intra).

Un pensiero intelligente non e' conclusivo (alla lettera, "inconcludente" non e' un difetto); ma neppure e' necessariamente scettico-sospensivo. Intelligente e' un pensiero immaginante: suppone sempre altro da e oltre cio' che vede e che sa: e' finestra aperta e non quadro chiuso. La possibilita' e' piu' grande della realta'. La realta' e' piu' grande della mia conoscenza. Ma tutta la realta' e' piu' piccola della possibilita'. "Bisogna dire le cose premature. Essere realisti e' essere creativi" (Johan Galtung).

E' intelligente il pensiero desiderante: solo aspirando oltre, vedi e vai oltre. (Cio' valga contro il dogma bloccante micro-realista). Essere nella realta' e' bene, e' vita, stare fermi nella realta' e' morte. Percio' il pensiero utopico (accusato dai micro-realisti di fuga nel vuoto) vivifica la realta', genera realta'.

E' intelligente il pensiero sperimentale: proviamo a vedere dove ci porta questa interpretazione delle cose: se regge alla prova, se l'esperienza la conferma, se le conseguenze sono accettabili, cioe' se danno bene alla vita, a noi, a tutti.

E' intelligente il pensiero esplorativo, migratore: intuizione, intuire (andare dentro) e non solo intelletto, leggere guardando dentro. Andare e' amare, piu' che conoscere. Filosofia e sapienza procedono nell'amare (ancora maestro Panikkar). L'intelletto e' un gradino sotto il desiderio, la ricerca, l'amore.

Se nella tua scheda personale trovi scritto "intellettuale", sentiti onorato meno che se trovassi "intelligente ricercatore".

Queste non sono "regole" di un'unica logica (la logica non e' unica: quella del partecipare non e' quella del vincere; quella qualitativa non e' quella quantitativa, eccetera), ma sono piccole avvertenze utili sempre per evitare "incidenti di discorso" che avvengono anche sui monitor dei nostri computer nei mail-dibattiti quasi continui entro il nostro gruppo redazionale.

Con un pensiero meno definitorio e piu' immaginativo (saranno tuttavia leciti punti di sosta, dove sedere un momento, fin quando si puo' proseguire), riesci a intendere di piu', a fraintendere di meno (che e' includere il senso dell'altro nel tuo senso), ad andare (domani, se non oggi) oltre la prima interpretazione.

Voglio elogiare il pensiero approssimativo, piu' della pretesa esattezza esauriente: ahinoi, se siamo esatti, siamo finiti, non c'e' un prossimo passo, non c'e' piu' da avvicinare nulla. Approssimative sono queste note - esattamente! - o appunti frammentari, non un "sistema". Approssimativo e' ogni "dis-corso", che non e' l'oratio dell'oratore: da os, oris, prodotto di una bocca, non di due bocche, quattro orecchie e due menti, come e' invece la "con-versazione", cioe' il "venirsi incontro" l'un l'altro.

"Lontano e' il reale, ed estremamente profondo. Nessuno ne verra' a capo", ci dice ancora Qohelet 7,24. Dunque (un dunque ben provvisorio, poiche' Pascal ammonisce, vista una verita', di ricordarci della verita' opposta), citeremo ancora, senza perdere di vista la fantasia, un altro richiamo di Qohelet: "Meglio vedere con gli occhi che vagare con la fantasia, il che e' vanita', e occupazione senza scopo" (6,9). Facciamo cosi': vediamo con gli occhi, e anche vaghiamo con la fantasia. Sono le due gambe della conoscenza: sempre una gamba deve superare l'altra, per camminare.

 

4. REPETITA IUVANT. PER SOSTENERE IL CENTRO ANTIVIOLENZA "ERINNA"

 

Per sostenere il centro antiviolenza di Viterbo "Erinna" i contributi possono essere inviati attraverso bonifico bancario intestato ad Associazione Erinna, Banca Etica, codice IBAN: IT60D0501803200000000287042.

O anche attraverso vaglia postale a "Associazione Erinna - Centro antiviolenza", via del Bottalone 9, 01100 Viterbo.

Per contattare direttamente il Centro antiviolenza "Erinna": tel. 0761342056, e-mail: e.rinna at yahoo.it, onebillionrisingviterbo at gmail.com, sito: http://erinna.it

Per destinare al Centro antiviolenza "Erinna" il 5 per mille inserire nell'apposito riquadro del modello per la dichiarazione dei redditi il seguente codice fiscale: 90058120560.

 

5. REPETITA IUVANT. UN APPELLO PER L'USCITA DELL'ITALIA DALLA NATO

[Nuovamente diffondiamo il seguente appello del Comitato promotore "No guerra, no Nato" (per contatti: e-mail: noguerranonato at gmail.com, sito: www.noguerranonato.it) "per l'uscita dell'Italia dalla Nato, per un'Italia neutrale, per portare l'Italia fuori dal sistema di guerra, per attuare l'articolo 11 della Costituzione"]

 

L'Italia, facendo parte della Nato, deve destinare alla spesa militare in media 52 milioni di euro al giorno secondo i dati ufficiali della stessa Nato, cifra in realta' superiore che l'Istituto Internazionale di Stoccolma per la Ricerca sulla Pace (Sipri) quantifica in 72 milioni di euro al giorno.

Secondo gli impegni assunti dal governo nel quadro dell'Alleanza, la spesa militare italiana dovra' essere portata a oltre 100 milioni di euro al giorno.

E' un colossale esborso di denaro pubblico, sottratto alle spese sociali, per un'alleanza la cui strategia non e' difensiva, come essa proclama, ma offensiva.

Gia' il 7 novembre del 1991, subito dopo la prima guerra del Golfo (cui la Nato aveva partecipato non ufficialmente, ma con sue forze e strutture) il Consiglio Atlantico approvo' il "Nuovo concetto strategico", ribadito ed ufficializzato nel vertice dell'aprile 1999 a Washington, che impegna i paesi membri a condurre operazioni militari in "risposta alle crisi non previste dall'articolo 5, al di fuori del territorio dell'Alleanza", per ragioni di sicurezza globale, economica, energetica, e migratoria. Da alleanza che impegna i paesi membri ad assistere anche con la forza armata il paese membro che sia attaccato nell'area nord-atlantica, la Nato viene trasformata in alleanza che prevede l'aggressione militare.

La nuova strategia e' stata messa in atto con le guerre in Jugoslavia (1994-1995 e 1999), in Afghanistan (2001-2015), in Libia (2011) e le azioni di destabilizzazione in Ucraina, in alleanza con forze fasciste locali, ed in Siria. Il "Nuovo concetto strategico" viola i principi della Carta delle Nazioni unite.

Uscendo dalla Nato, l'Italia si sgancerebbe da questa strategia di guerra permanente, che viola la nostra Costituzione, in particolare l'articolo 11, e danneggia i nostri reali interessi nazionali.

L'appartenenza alla Nato priva la Repubblica italiana della capacita' di effettuare scelte autonome di politica estera e militare, decise democraticamente dal Parlamento sulla base dei principi costituzionali.

La piu' alta carica militare della Nato, quella di Comandante supremo alleato in Europa, spetta sempre a un generale statunitense nominato dal presidente degli Stati Uniti. E anche gli altri comandi chiave della Nato sono affidati ad alti ufficiali statunitensi. La Nato e' percio', di fatto, sotto il comando degli Stati Uniti che la usano per i loro fini militari, politici ed economici.

L'appartenenza alla Nato rafforza quindi la sudditanza dell'Italia agli Stati Uniti, esemplificata dalla rete di basi militari Usa/Nato sul nostro territorio che ha trasformato il nostro paese in una sorta di portaerei statunitense nel Mediterraneo.

Particolarmente grave e' il fatto che, in alcune di queste basi, vi sono bombe nucleari statunitensi e che anche piloti italiani vengono addestrati al loro uso. L'Italia viola in tal modo il Trattato di non-proliferazione nucleare, che ha sottoscritto e ratificato.

L'Italia, uscendo dalla Nato e diventando neutrale, riacquisterebbe una parte sostanziale della propria sovranita': sarebbe cosi' in grado di svolgere la funzione di ponte di pace sia verso Sud che verso Est.

 

6. MAESTRI. RICORDANDO JULIEN BENDA

 

Ricorreva ieri, 7 giugno, l'anniversario della scomparsa di Julien Benda (1867-1956), l'autore di quella "Trahison des clercs" che e' uno dei libri che occorre aver letto.

*

Anche nel ricordo di Julien Benda proseguiamo nell'azione nonviolenta per la pace e i diritti umani; per il disarmo e la smilitarizzazione; contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni.

Ogni vittima ha il volto di Abele.

Vi e' una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.

Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.

Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.

 

7. LIBRI. GIANCARLA CODRIGNANI PRESENTA "IL DILEMMA DELLA PACE" DI ELDA GUERRA

[Dal sito di "Noi donne" (www.noidonne.org) riprendiamo la seguente recensione apparsa nel fascicolo di aprile 2015 dell'omonimo mensile.

Giancarla Codrignani, gia' presidente della Loc (Lega degli obiettori di coscienza al servizio militare), gia' parlamentare, saggista, impegnata nei movimenti di liberazione, di solidarieta' e per la pace, e' tra le figure piu' rappresentative della cultura e dell'impegno per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Giancarla Codrignani: L'odissea intorno ai telai, Thema, Bologna 1989; Amerindiana, Terra Nuova, Roma 1992; Ecuba e le altre, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1994; L'amore ordinato, Edizioni Com nuovi tempi, Roma 2005. Si veda anche l'intervista apparsa nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 343. Un profilo di Giancarla Codrignani scritto da Annamaria Tagliavini ed apparso sull'Enciclopedia delle donne abbiamo riportato nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 513.

Elda Guerra, studiosa di Storia contemporanea, ha insegnato Didattica della storia presso l'Universita' di Bologna ed e' responsabile scientifica dell'Archivio di Storia delle donne del Centro di documentazione, ricerca e iniziativa delle donne di Bologna. Tra le opere di Elda Guerra: Storia e cultura politica delle donne, 2008; Il dilemma della pace, 2014]

 

Elda Guerra Il dilemma della pace. Femministe e pacifiste sulla scena internazionale,1914-1939, Viella, 2014.

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Leggere di "dilemmi della pace" in anni avventurosi come quelli che stiamo vivendo e' indubbiamente stimolante. Come donne percepiamo sulla pelle la precarieta' delle aspettative che stanno dentro la volonta' femminista e femminile di cambiare il mondo. Per questo ascoltiamo con qualche preoccupazione, che in qualche momento diventa brivido, una storica che ha verificato la presenza forte di donne che, tra la prima e la seconda guerra mondiale, hanno agito e speso la vita per "fare qualcosa" presentendo i pericoli a cui ignoranza, follia e indifferenza conducevano l'Europa. E sono passate quasi inosservate.

L'impressione si fa piu' tormentata se ci si ricorda che anche nel secolo precedente l'intuizione politica e la proposta alternativa delle donne erano gia' state realistiche, perfino apprezzate, ma sostanzialmente eluse. Il movimento pacifista dell'Ottocento (a forte presenza femminile) era ben noto e alle convention della Lega per la Pace e la Liberta' arrivavano i telegrammi ipocritamente solidali del Re d'Inghilterra e dello Zar di Russia. Nella rivista "Les Etats Unis d'Europe" (il movimento aveva gia' scoperto l'importanza dell'Europa per una politica di pace tra le nazioni) del 5 ottobre 1868 Clemence Rouvier aveva scritto "Se scoppiera' un conflitto di proporzioni europee, le madri vedranno cadere a centinaia di migliaia i loro figli, colpiti a morte o feriti in che modo! (...) Perche', di fronte ai fatti che si vanno preparando, non e' chi non pensi e giudichi come me, che e' giunto il tempo di arrestare l'umanita' sulla china fatale dove sta precipitando, passiva nelle pastoie e muta sotto il bavaglio, accecata nell'oscurita' che si addensa su di lei e sperduta nel suo accecamento e nella sua impotenza". E Bertha von Suttner pubblicava tra il 1892 e il 1899 "Die Waffen nieder", "Abbasso le armi"; nel 1905 avrebbe ricevuto il Nobel per la pace e ancor maggiore notorieta'; ma sconfitta dal nazionalismo e dal revanscismo violento.

Le donne del Novecento che manifestarono la loro opposizione alla guerra coloniale di Libia contavano su precedenti gia' oscurati. La prima guerra mondiale, prevista da Clemence cinquant'anni prima, poteva essere evitata, quantomeno dall'Italia. Produsse le "centinaia di migliaia di caduti", ma paradossalmente diede alle donne l'opportunita' di entrare nel mercato del lavoro al posto degli uomini al fronte e pose fine agli ingombri di vesti, cappelli, busti e trecce. Che le donne non avrebbero vinto ne' sul terreno dei propri diritti, ne' nelle loro assennate profezie era gia' noto quando il Partito Socialista aveva concesso il voto "universale" a tutti i maschi maggiorenni escludendo le donne.

Gli anni successivi, quelli che Elda Guerra in "Il dilemma della pace. Femministe e pacifiste sulla scena internazionale,1914-1939" (Viella, 2014) ha affrontato con rigore di ricerca e di giudizio critico, sono anni drammatici che non sembrano aver bisogno di ulteriori approfondimenti. Ma il nesso tra cultura delle donne e politiche di pace apre un terreno di analisi ben duro: il rifiuto della cooperazione con il movimento delle donne, diciamolo chiaramente, ebbe conseguenze politiche e umane non irrilevanti. Le donne sarebbero state le migliori alleate del partito della pace di fronte alle contraddizioni del nazionalismo e, soprattutto, nel successivo superamento della crisi del dopoguerra e nel contrasto alla violenza del fascismo. Seguire, dunque, passo dopo passo il percorso politico delle donne impegnate a contare nelle organizzazioni della societa' civile anche internazionalmente prima dell'avvento di fascismo e nazismo porta a constatare l'immensa stupidita' del pregiudizio che impone il modello unico maschile. Infatti non sono state solo le donne che hanno pagato il prezzo altissimo della compressione dei propri diritti fino all'umiliazione di essere trattate come fattrici di carne da cannone ed escluse dall'insegnamento della filosofia. Con quelli delle donne sono andati a picco i diritti di tutti. E con le guerre la vita di tutti.

 

8. LIBRI. SILVIA VACCARO PRESENTA "IRRIVERENTI E LIBERE" DI BARBARA BONOMI ROMAGNOLI

[Dal sito di "Noi donne" (www.noidonne.org) riprendiamo la seguente recensione apparsa nel fascicolo di febbraio 2015 dell'omonimo mensile.

Silvia Vaccaro, "siciliana, ha studiato Mediazione Linguistica e Cooperazione Internazionale. Appassionata di tematiche di genere, ha vissuto in Spagna ed Ecuador lavorando con donne kichwa. Collabora con il Comitato Pari Opportunit" di Roma 3".

Su Barbara Bonomi Romagnoli dal sito www.barbarabonomiromagnoli.info riprendiamo la seguente scheda di autopresentazione: "Barbara Bonomi Romagnoli e' nata a Roma nel 1974, giornalista professionista dal 2004, apicoltrice (www.bioro.it) ed esperta di analisi sensoriale del miele. In attesa che l'Italia adegui la normativa sul cognome materno, ha deciso di usarli entrambi per la pubblicazione del suo primo libro Irriverenti e libere. Femminismi nel nuovo millennio (Editori internazionali Riuniti). Dal 2008 collabora con Iowa State University - College of Design, Rome Program. E' laureata in filosofia con una tesi su "Louise du Neant: esperienza mistica e linguaggio del corpo", da allora si interessa di studi di genere e femminismi, ha partecipato a seminari, incontri, workshop e convegni sulla storia e i movimenti politici delle donne in Italia e all'estero; Fra le occasioni piu' recenti, e' intervenuta al convegno internazionale "Basta! Patterns of Protest in Modern Italy: History, Agents and Representation" promosso da Asmi - Association for the Study of Modern Italy presso University of London. Dal 2009 al 2012 ha collaborato con Editori Laterza. Dal 1999 al 2004 ha lavorato presso la rivista "Carta"; Collabora come freelance con varie testate (fra cui F, LetterateMagazine, Glamour, Giulia.Globalist.it, Marea e in passato con Bcc Magazine, Liberazione, Peacereporter, Amisnet, Carta, Aprile, Nigrizia, Left, La nuova ecologia, Confronti, Cem mondialita', Noi donne). Fra il 2002 e il 2005 e' stata coordinatrice del progetto Radio Carta (magazine radiofonico settimanale distribuito a circa 25 radio su territorio nazionale) ed e' stata docente per corsi di formazione, fra cui "Indipendent Radio and Media" presso Novi Sad (Serbia) nell'ambito del progetto Radio Radionica, promosso da Cie e Radio Popolare Network. Ha lavorato come ufficio stampa per convegni ed eventi culturali (fra cui Eurovisioni 2007 e 2008, Parole per cambiare, parole per piacere - Fiera della piccola editoria, 2005) e presso Dipartimento Diritti e Pari Opportunita', presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri (2007-2008). Ha vissuto due anni in Olanda a Leiden, dove ha imparato a convivere con il vento. Ha fatto parte per diversi anni del collettivo A/matrix con cui ha condiviso la passione per la politica, il femminismo e la buona tavola. E' socia Sil - Societa' delle letterate e partecipa alle attivita' di Giulia - Rete nazionale delle giornaliste unite libere autonome. Fa parte del direttivo di Economia Democratica"]

 

Irriverenti e libere. Non poteva che intitolarsi cosi' il libro che racconta le storie dei femminismi del terzo millennio in Italia. L'autrice, la giornalista e militante femminista Barbara Bonomi Romagnoli, oltre ad aver svolto un interessante ed encomiabile lavoro di raccolta e analisi, e' stata anche parte attiva in alcune delle storie che racconta. Leggere in questo caso significa comporre un puzzle. Il disegno che viene fuori, pagina dopo pagina, e' una mappa femminista dell'Italia degli ultimi anni. Una fotografia in movimento perche', si sa, le esperienze di attivismo politico femminista sono sempre in divenire. Un lavoro di restituzione storiografica, perche' racconta un pezzo di storia, ignorata dai media mainstream e assente dai grandi archivi pubblici. Storie chiuse nei faldoni delle varie associazioni e collettivi, che questo libro ha il pregio di recuperare, riunire e rendere visibili. Storie di militanza, apparentemente scollegate e diverse, ma in realta' legate da un filo rosso, che e' la volonta' di sovvertire in senso femminista l'ordine precostituito. Non solo perche' non e' vero che le donne hanno acquisito - in Italia ma anche altrove - pari diritti di cittadinanza, ma anche perche' il patriarcato, che trova nel capitalismo e nel consumismo - di beni, corpi, ambiente - i suoi migliori alleati, resiste negli usi e nei costumi delle persone, nel privato, nei media, in una parola, nella cultura. Un libro che da' conto di battaglie trasversali e diverse, che nascono in seno ad altri movimenti e che incrociano altre lotte (per la casa, il reddito, la comunita' lgbt, i diritti delle sex workers, ecc). Un volume da mettere in libreria perche' pieno di spunti e di speranze.

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Barbara Bonomi Romagnoli, Irriverenti e libere. Femminismi nel nuovo millennio, Editori Internazionali Riuniti, pp. 221, euro 15.

 

9. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Riletture

- Ettore Lo Gatto, Storia della letteratura russa, 1942, Sansoni, Firenze 1992, pp. XVIII + 950.

- Dmitrij P. Mirskij, Storia della letteratura russa, Garzanti, Milano 1965, 1998, pp. 508.

 

10. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

11. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 2010 dell'8 giugno 2015

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVI)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

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