[Nonviolenza] Telegrammi. 2004
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- Date: Mon, 1 Jun 2015 22:02:15 +0200 (CEST)
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TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 2004 del 2 giugno 2015
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com
Sommario di questo numero:
1. Il 2 giugno, la repubblica
2. Un incontro con la dottoressa Antonella Litta a Vetralla
3. Un incontro con Vito Ferrante a Viterbo
4. In memoria di Giuseppe Ungaretti
5. Per sostenere il centro antiviolenza "Erinna"
6. Un appello per l'uscita dell'Italia dalla Nato
7. Enrico Peyretti: Violenza, aggressivita', cooperazione e altruismo nel pensiero pacifista
8. Segnalazioni librarie
9. La "Carta" del Movimento Nonviolento
10. Per saperne di piu'
1. EDITORIALE. IL 2 GIUGNO, LA REPUBBLICA
Il 2 giugno e' la festa della Repubblica.
Se e' la festa della repubblica, e' la festa dell'opposizione al potere del solo o dei pochi che opprimono i molti.
E se e' la festa della repubblica italiana, e' la festa della Costituzione della repubblica italiana, che difende i diritti umani e ripudia la guerra.
E se e' la festa dell'Italia repubblicana, e quindi della sua Costituzione democratica ed antifascista, e' insieme giornata di festa e di lotta, di impegno persuaso e corale contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni; per il disarmo e la smilitarizzazione; per la pace e i diritti umani; per la legalita' che salva le vite; per la difesa della biosfera casa comune dell'intera umanita'.
Repubblica significa la cosa di tutti; repubblica significa il bene comune; repubblica significa la solidarieta' che ogni essere umano riconosce e raggiunge e conforta e sostiene, significa la comune responsabilita' per il bene di tutti, significa la condivisione dei beni e del bene, la convivenza nel mutuo soccorso, nel reciproco aiuto.
La festa della Repubblica e' la festa della pace e dei diritti umani; e' la festa dell'umanita'.
La festa della Repubblica e' la festa della nonviolenza in cammino.
2. INCONTRI. UN INCONTRO CON LA DOTTORESSA ANTONELLA LITTA A VETRALLA
[Dall'"Associazione italiana medici per l'ambiente" riceviamo e diffondiamo.
Antonella Litta svolge l'attivita' di medico di medicina generale a Nepi (Vt). E' specialista in Reumatologia ed ha condotto una intensa attivita' di ricerca scientifica presso l'Universita' di Roma "la Sapienza" e contribuito alla realizzazione di uno tra i primi e piu' importanti studi scientifici italiani sull'interazione tra campi elettromagnetici e sistemi viventi, pubblicato sulla prestigiosa rivista "Clinical and Esperimental Rheumatology", n. 11, pp. 41-47, 1993. E' referente locale dell'Associazione italiana medici per l'ambiente (International Society of Doctors for the Environment - Italia) e per questa associazione e' responsabile e coordinatrice nazionale del gruppo di studio su "Trasporto aereo come fattore d'inquinamento ambientale e danno alla salute". E' referente per l'Ordine dei medici di Viterbo per l'iniziativa congiunta Fnomceo-Isde "Tutela del diritto individuale e collettivo alla salute e ad un ambiente salubre". Gia' responsabile dell'associazione Aires-onlus (Associazione internazionale ricerca e salute) e' stata organizzatrice di numerosi convegni medico-scientifici. Presta attivita' di medico volontario nei paesi africani. E' stata consigliera comunale. E' partecipe e sostenitrice di programmi di solidarieta' locali ed internazionali. E' impegnata nell'Associazione nazionale partigiani d'Italia (Anpi) a livello locale e provinciale. Fa parte di un comitato che promuove il diritto allo studio e il diritto all'abitare con iniziative di solidarieta' concreta. Presidente del Comitato "Nepi per la pace", e' impegnata in progetti di educazione alla pace, alla legalita', alla nonviolenza e al rispetto dell'ambiente. E' la portavoce del Comitato che si e' opposto vittoriosamente all'insensato ed illegale mega-aeroporto di Viterbo salvando la preziosa area naturalistica, archeologica e termale del Bullicame di dantesca memoria e che s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, in difesa della salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti. Come rappresentante dell'Associazione italiana medici per l'ambiente (Isde-Italia) ha promosso una rilevante iniziativa per il risanamento delle acque del lago di Vico e in difesa della salute della popolazione dei comuni circumlacuali. E' oggi in Italia figura di riferimento nella denuncia della presenza dell'arsenico nelle acque destinate al consumo umano, e nella proposta di iniziative specifiche e adeguate da parte delle istituzioni per la dearsenificazione delle acque e la difesa della salute della popolazione. Per il suo impegno in difesa di ambiente, salute e diritti alla dottoressa Antonella Litta e' stato attribuito il 6 marzo 2013 a Roma il prestigioso "Premio Donne, Pace e Ambiente Wangari Maathai" con la motivazione: "per l'impegno a tutela della salute dei cittadini e della salubrita' del territorio". Il 18 ottobre 2013 ad Arezzo in occasione delle settime "Giornate italiane mediche per l'ambiente" le e' stato conferito il prestigioso riconoscimento da parte della "International Society of Doctors for the Environment" con la motivazione: "per la convinta testimonianza, il costante impegno, l'attenzione alla formazione e all'informazione sulle principali problematiche nell'ambito dell'ambiente e della salute". Il 25 novembre 2013 a Salerno le e' stato attribuito il prestigioso Premio "Trotula de Ruggiero".]
Si e' svolto giovedi' 28 maggio 2015 a Vetralla un incontro sul tema: "Inquinamento ambientale e alimentazione: quali rischi per la salute dei bambini?".
L'incontro, organizzato e promosso da un gruppo di genitori di alunni delle scuole di Vetralla, ha visto una attenta e numerosa presenza di cittadini, genitori, insegnanti, presenti anche il sindaco di Vetralla e diversi amministratori comunali.
La dottoressa Antonella Litta, referente dell'Associazione Italiana Medici per l'Ambiente - Isde (International Society of Doctors for the Environment), ha introdotto la sua relazione ricordando che "come sancito dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e dalla Convenzione sui Diritti dell'Infanzia, il diritto ad una alimentazione adeguata, corretta, sufficiente e sana e' un diritto universalmente riconosciuto ad ogni persona, e a maggior ragione e' un diritto che deve essere riconosciuto ad ogni bambino del mondo. La qualita' e salubrita' del cibo e' di estrema importanza e fattore determinante per la salute di tutti e in particolare per i bambini in quanto organismi in accrescimento e per questo piu' vulnerabili alle esposizioni ad inquinanti. Il cibo, pertanto, non deve essere inquinato e adulterato, e non deve essere trasportato, conservato e servito con mezzi e modalita' che possono diventare un rischio per la salute".
La dottoressa Litta ha poi ricordato come, a causa delle parziali attuazioni in Italia delle leggi in materia di prevenzione, protezione e tutela di ambiente e salute e degli articoli della Costituzione, da parte delle istituzioni e degli enti preposti, si sia di fatto agevolato un inquinamento sempre piu' diffuso ed ubiquitario dell'aria, dell'acqua, dei suoli e quindi del cibo, che ha avuto ed ha per conseguenza anche la grave situazione sanitaria vissuta dalle popolazioni italiane in termini di aumento delle malattie cardiovascolari, respiratorie, cronico-degenerative e neoplastiche purtroppo anche in eta' pediatrica.
Per proteggere la salute delle persone e in particolare quella dei bambini e' necessario quindi che si facciano scelte individuali e collettive che vadano verso una rapida riduzione di tutte le fonti d'inquinamento in quanto i rischi per la salute sono tanto maggiori quanto piu' precoce e prolungata e' l'esposizione del soggetto.
I bambini risultano quindi molto piu' sensibili degli adulti all'inquinamento, e l'embrione, il feto, il neonato e il lattante lo sono ancora di piu' perche' organismi in formazione con un sistema immunitario, metabolico e respiratorio ancora in fase di sviluppo e specializzazione.
Una vasta letteratura scientifica, sia italiana che internazionale - ha fatto rilevare la referente dell'Isde - conferma come sia proprio l'esposizione materno-fetale a sostanze inquinanti (capaci per le loro dimensioni di superare le barriere placentare ed ematocerebrale, la membrana cellulare e nucleare) la causa di malattie che si svilupperanno nell'infanzia e nell'eta' adulta: ben documentata la stretta relazione con le malattie neurologiche, dello spettro autistico, endocrinopatie - in particolare il diabete di tipo II e l'obesita' -, neoplasie, allergie e celiachia.
A conclusione della sua relazione medico-scientifica la dottoressa Litta ha indicato anche precisi interventi a tutela della salute e per ridurre rapidamente le fonti d'inquinamento nel territorio viterbese.
Tra gli interventi anche quello di riaprire la mensa scolastica, come gia' richiesto da moltissimi genitori di Vetralla, perche' utilizzando prodotti biologici - meglio se di produzione locale - preparati e subito serviti in stoviglie di ceramica, come raccomandato anche dal Ministero della salute (le stoviglie di plastica rilasciano infatti sostanze tossiche ad azione di interferenza endocrina come il Bisfenolo-A e il Ftalato), si possa aiutare i bambini a crescere in modo piu' sano, equilibrato, educati ad una forma di alimentazione capace di trasmettere modelli culturali incentrati non sullo spreco alimentare, l'incremento dei rifiuti e il modello cosiddetto "usa e getta" ma sulla solidarieta' e sobrieta', sulla conoscenza delle centenarie tradizioni locali che hanno reso e rendono tipici i prodotti agricoli, sul gusto e il profumo del cibo fresco e sul rispetto del lavoro e della dignita' delle persone che contribuiscono alla produzione e preparazione del cibo per tutti.
3. INCONTRI. UN INCONTRO CON VITO FERRANTE A VITERBO
Si e' svolto lunedi' primo giugno 2015 a Viterbo presso il "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" un incontro di riflessione su "Difendere e potenziare i servizi pubblici per garantire assistenza e diritti a tutti gli esseri umani" con la partecipazione di Vito Ferrante.
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Vito Ferrante, persona di straordinario rigore morale e di sconfinata generosita', e' il presidente e l'anima dell'"Associazione familiari e sostenitori sofferenti psichici della Tuscia" (Afesopsit), una fondamentale esperienza di solidarieta', di partecipazione, di democrazia, di difesa nitida e intransigente dei diritti umani. Gia' consigliere comunale di Viterbo, apprezzatissimo scultore, presidente della Consulta dipartimentale per la salute mentale della Asl di Viterbo, Vito Ferrante e' una delle personalita' piu' stimate nell'ambito del volontariato e dell'impegno sociale e civile, promotore di innumerevoli iniziative di solidarieta' concreta, diuturnamente impegnato nel recare aiuto a chi piu' ne ha bisogno; e' a Viterbo un luminoso punto di riferimento per la societa' civile, per le esperienze di solidarieta' e di liberazione, per i movimenti democratici, per i servizi pubblici impegnati nell'assistenza rispettosa e promotrice della dignita' e dei diritti umani.
4. ANNIVERSARI. IN MEMORIA DI GIUSEPPE UNGARETTI
Ricorreva ieri l'anniversario della scomparsa di Giuseppe Ungaretti.
"Dalle trincee della prima guerra mondiale, la voce di un poeta denuncia la follia e l'orrore di ogni guerra, e convoca all'umana solidarieta'", ripetendo queste parole lo ricordiamo una volta ancora.
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Giuseppe Ungaretti (Alessandria d'Egitto 1888 - Milano 1970) e' uno dei maggiori poeti del Novecento. Nei Meridiani Mondadori sono apparsi i volumi Vita d'un uomo. Tutte le poesie, a cura di Leone Piccioni; Vita d'un uomo. Saggi e interventi, a cura di Mario Diacono e Luciano Rebay; Vita d'un uomo. Viaggi e lezioni, a cura di Paola Montefoschi; ed un Album Ungaretti, con iconografia ordinata e commentata da Paola Montefoschi e un saggio biografico di Leone Piccioni. Per un avvio alla conoscenza cfr. anche almeno: Leone Piccioni (a cura di), Per conoscere Ungaretti, Mondadori, Milano 1971, 1979; Giuseppe Faso, La critica e Ungaretti, Cappelli, Bologna 1977.
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Anche nel ricordo di Giuseppe Ungaretti proseguiamo nell'azione nonviolenta per la pace e i diritti umani; per il disarmo e la smilitarizzazione; contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni.
Ogni vittima ha il volto di Abele.
Vi e' una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.
5. REPETITA IUVANT. PER SOSTENERE IL CENTRO ANTIVIOLENZA "ERINNA"
Per sostenere il centro antiviolenza di Viterbo "Erinna" i contributi possono essere inviati attraverso bonifico bancario intestato ad Associazione Erinna, Banca Etica, codice IBAN: IT60D0501803200000000287042.
O anche attraverso vaglia postale a "Associazione Erinna - Centro antiviolenza", via del Bottalone 9, 01100 Viterbo.
Per contattare direttamente il Centro antiviolenza "Erinna": tel. 0761342056, e-mail: e.rinna at yahoo.it, onebillionrisingviterbo at gmail.com, sito: http://erinna.it
Per destinare al Centro antiviolenza "Erinna" il 5 per mille inserire nell'apposito riquadro del modello per la dichiarazione dei redditi il seguente codice fiscale: 90058120560.
6. REPETITA IUVANT. UN APPELLO PER L'USCITA DELL'ITALIA DALLA NATO
[Nuovamente diffondiamo il seguente appello del Comitato promotore "No guerra, no Nato" (per contatti: e-mail: noguerranonato at gmail.com, sito: www.noguerranonato.it) "per l'uscita dell'Italia dalla Nato, per un'Italia neutrale, per portare l'Italia fuori dal sistema di guerra, per attuare l'articolo 11 della Costituzione"]
L'Italia, facendo parte della Nato, deve destinare alla spesa militare in media 52 milioni di euro al giorno secondo i dati ufficiali della stessa Nato, cifra in realta' superiore che l'Istituto Internazionale di Stoccolma per la Ricerca sulla Pace (Sipri) quantifica in 72 milioni di euro al giorno.
Secondo gli impegni assunti dal governo nel quadro dell'Alleanza, la spesa militare italiana dovra' essere portata a oltre 100 milioni di euro al giorno.
E' un colossale esborso di denaro pubblico, sottratto alle spese sociali, per un'alleanza la cui strategia non e' difensiva, come essa proclama, ma offensiva.
Gia' il 7 novembre del 1991, subito dopo la prima guerra del Golfo (cui la Nato aveva partecipato non ufficialmente, ma con sue forze e strutture) il Consiglio Atlantico approvo' il "Nuovo concetto strategico", ribadito ed ufficializzato nel vertice dell'aprile 1999 a Washington, che impegna i paesi membri a condurre operazioni militari in "risposta alle crisi non previste dall'articolo 5, al di fuori del territorio dell'Alleanza", per ragioni di sicurezza globale, economica, energetica, e migratoria. Da alleanza che impegna i paesi membri ad assistere anche con la forza armata il paese membro che sia attaccato nell'area nord-atlantica, la Nato viene trasformata in alleanza che prevede l'aggressione militare.
La nuova strategia e' stata messa in atto con le guerre in Jugoslavia (1994-1995 e 1999), in Afghanistan (2001-2015), in Libia (2011) e le azioni di destabilizzazione in Ucraina, in alleanza con forze fasciste locali, ed in Siria. Il "Nuovo concetto strategico" viola i principi della Carta delle Nazioni unite.
Uscendo dalla Nato, l'Italia si sgancerebbe da questa strategia di guerra permanente, che viola la nostra Costituzione, in particolare l'articolo 11, e danneggia i nostri reali interessi nazionali.
L'appartenenza alla Nato priva la Repubblica italiana della capacita' di effettuare scelte autonome di politica estera e militare, decise democraticamente dal Parlamento sulla base dei principi costituzionali.
La piu' alta carica militare della Nato, quella di Comandante supremo alleato in Europa, spetta sempre a un generale statunitense nominato dal presidente degli Stati Uniti. E anche gli altri comandi chiave della Nato sono affidati ad alti ufficiali statunitensi. La Nato e' percio', di fatto, sotto il comando degli Stati Uniti che la usano per i loro fini militari, politici ed economici.
L'appartenenza alla Nato rafforza quindi la sudditanza dell'Italia agli Stati Uniti, esemplificata dalla rete di basi militari Usa/Nato sul nostro territorio che ha trasformato il nostro paese in una sorta di portaerei statunitense nel Mediterraneo.
Particolarmente grave e' il fatto che, in alcune di queste basi, vi sono bombe nucleari statunitensi e che anche piloti italiani vengono addestrati al loro uso. L'Italia viola in tal modo il Trattato di non-proliferazione nucleare, che ha sottoscritto e ratificato.
L'Italia, uscendo dalla Nato e diventando neutrale, riacquisterebbe una parte sostanziale della propria sovranita': sarebbe cosi' in grado di svolgere la funzione di ponte di pace sia verso Sud che verso Est.
7. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: VIOLENZA, AGGRESSIVITA', COOPERAZIONE E ALTRUISMO NEL PENSIERO PACIFISTA
[Il seguente intervento e' stato pubblicato originariamente col titolo "Violenza e cooperazione nel pensiero pacifista" in "Esodo" (Il pugno e la carezza. Riflessioni sulla pace), n. 2, aprile-giugno 2013, pp. 26-31.
Enrico Peyretti (1935) e' uno dei maestri della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; e' stato presidente della Fuci tra il 1959 e il 1961; nel periodo post-conciliare ha animato a Torino alcune realta' ecclesiali di base; ha insegnato nei licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al 2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e' ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino, sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' membro del comitato scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita' piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha", edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le opere di Enrico Peyretti: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989; Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace, Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999; Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; Esperimenti con la verita'. Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; Il diritto di non uccidere. Schegge di speranza, Il Margine, Trento 2009; Dialoghi con Norberto Bobbio, Claudiana, Torino 2011; Il bene della pace. La via della nonviolenza, Cittadella, Assisi 2012; e' disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e nonviolente, che e stata piu' volte riproposta anche su questo foglio; vari suoi interventi (articoli, indici, bibliografie) sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.info e alla pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Un'ampia bibliografia (ormai da aggiornare) degli scritti di Enrico Peyretti e' in "Voci e volti della nonviolenza" n. 68]
Pacifismo
Il pensiero pacifista e' quello antico, come ideale e profezia; quello moderno, come modello utopico negli umanisti; quello contemporaneo, come costruzione etico-culturale e politica. Esso poggia sull'opposizione di due realta' storiche: la guerra e la pace. Il pacifismo analizza e denuncia i mali e i danni della guerra, per condannarla, evitarla, e per costruire pensieri e azioni che fondino la pace coi mezzi della pace. In passato il pensiero della pace lavorava prevalentemente sulle virtu' personali, magari sulle virtu' del principe, nelle cui mani era la guerra e la pace, la vita e la morte dei popoli sudditi. Buono o cattivo il re, la vita della gente era meno infelice o piu' infelice. La pace pubblica, fino ai nostri tempi, era l'auspicata e sospirata tregua tra una guerra e l'altra, occupazione principale dei principi. Norberto Bobbio (Il problema della guerra e le vie della pace, Il Mulino, I edizione 1979, IV 1997) nota che in prevalenza la guerra viene definita positivamente, con connotati caratterizzanti, e la pace viene definita come assenza di guerra, come non-guerra. E' percepita con un termine debole, pur essendo una condizione preferita, di minor sofferenza. Lo stato di natura, per Hobbes, e' stato di guerra. Bobbio arriva ad affermare che, nella storia della filosofia politica, "esiste una grande filosofia della guerra (...), non esiste una grande filosofia della pace" (p. 163 e 122 nella due edizioni). Forse non e' cosi' nel pensiero umano generale, della vita, e neppure in tutta la filosofia della politica. Ma resta vero che il concetto di pace, fino al nostro tempo, riguarda prevalentemente l'atteggiamento personale, privato, mentre sul piano politico e' solo la pace negativa, la non-guerra.
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Quali violenze
Il movimento di pensiero e di azione che, dal Novecento, ha in Gandhi (ma non solo) il maggiore maestro e promotore, cambia anzitutto l'immagine mentale della guerra e della pace. Lo stesso Gandhi, e il successivo movimento gandhiano, riconoscono, insieme al socialismo, che la violenza offensiva non e' solo nella guerra, ma forse ancor piu' e' nelle strutture sociali impregnate di ingiustizia, di grandi diseguaglianze privative, dolorose, offensive della dignita' umana. Questa violenza strutturale e' piu' profonda, meno visibile e ripugnante, della violenza diretta, armata, fisica. Gandhi ha lottato col colonialismo, col razzismo, ma piu' ancora (ed e' l'aspetto meno conosciuto) con l'ingiustizia sociale e i difetti culturali della stessa societa' indiana.
Un livello di violenza ancora sottostante, piu' facilmente e passivamente accettato e tramandato, e' la violenza culturale: una concezione dell'umanita' e specialmente dei conflitti (differenze e tensioni tra gli umani), per la quale il criterio decisivo sarebbe la forza violenta. Questo criterio e' pensato come un dato di natura, una necessita' storica. Rotto il dialogo razionale e la trattativa, tra i contendenti regna e decide la violenza. E' la cultura che conviene ai potenti, e' da loro diffusa, perche' giustifica la loro vittoria e il loro dominio sociale, assolve le violenze dirette e strutturali. La nonviolenza non si oppone solo alla guerra, ma alle sue radici. E' molto di piu' del pacifismo. La pace positiva e' l'assenza di violenze strutturali e culturali.
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Nonviolenza
Gandhi, detto "il Galileo del conflitto", ne ha rivoluzionato la concezione violenta. Raccogliendo sapienze antiche, dalla sua tradizione religiosa e dalle grandi spiritualita', ha pensato, sperimentato, proposto modi nonviolenti di vivere i conflitti umani. Accettare e affrontare il conflitto, smascherarlo quando e' nascosto sotto realta' legittimate, non costringe alla violenza e alla guerra chi lotta per la giustizia. Conflitto non e' sinonimo di guerra, anche se tuttora il linguaggio corrente confonde (per insufficiente analisi, utile al giustificazionismo della guerra) le due differenti realta'. Il conflitto puo' essere trasformato e gestito con i mezzi della forza nonviolenta.
Questo positivo lascito del Novecento, in mezzo alle grandi violenze di quel secolo, e' la nonviolenza positiva, che dobbiamo distinguere dal generico pacifismo. Il pacifismo e' l'impegno ad evitare o fermare la guerra, la nonviolenza attiva e' l'impegno ad individuare e superare, oltre la violenza delle armi, soprattutto la violenza incarnata nelle strutture, e ancor piu' quella consacrata in culture che la giustificano. La guerra e' soltanto un effetto o una reazione alla violenza strutturale, e la violenza culturale e' quell'elemento che motiva e sostiene dall'interno, come naturale, inevitabile, anche giusta, la violenza nelle sue varie forme.
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A che punto siamo?
Oggi, a che punto siamo? Violenza ce n'e' tanta, sociale o statale. Soffriamo, in quanto esseri umani, anche quella che non ci colpisce direttamente. Il solo spettacolo della violenza e' gia' violenza patita, e oggi, nelle notizie e nelle immagini, esso e' continuo e intenso, a rischio di assuefarci. Secondo qualche statistica sono diminuite in quantita' le guerre vere e proprie, ci sono vari "conflitti locali", o guerre interne, e' aumentata la produzione e il traffico di armi sempre piu' terribilmente raffinate, ma la guerra piu' diffusa e' la guerra economica, predatoria, da parte di alcuni nuclei e strumenti di grande ricchezza, a danno delle economie produttive e vitali di una quantita' di popoli.
L'impegno odierno della nonviolenza come cultura e come azione rimane certamente la trasformazione nonviolenta dei conflitti armati, ma riguarda in gran parte quei conflitti economico-sociali-culturali che sono una vera e propria guerra di pochi ricchi contro il resto del mondo. Questa guerra e' combattuta con gli strumenti di una finanza sconfinata e assolutamente spregiudicata, e anche con politiche statali assoggettate a centri incontrollati di potere. Una grave conseguenza, una prima vittima, e' lo svuotamento di preziosi sistemi democratici ridotti a larve, e la creazione di finte nuove democrazie, tutte tese, le vecchie e le nuove, a legittimare il dominio reale sulla vita dei popoli, vita materiale e riflesso culturale. Dove i ricchi sono troppo ricchi e i poveri troppo poveri, la legge non e' piu' uguale per tutti. Potenze finanziarie e mediatiche pervasive spacciano come droga mortale l'ideologia violenta per cui si puo' fare tutto cio' che materialmente si puo' fare: un'etica che annulla la qualita' umana dell'umanita'.
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Antidoti alla violenza bellica
Davanti a questa nuova violenza, che si aggiunge alle guerre, cosa puo' fare il movimento utopico-realista della nonviolenza?
L'obiezione di coscienza alle armi (addestramento e uso) oggi non serve piu', con gli eserciti volontari e professionali, mercenari. Si va soldato per disperazione sociale, disponibili all'organizzazione dell'omicidio scientifico: le giustificazioni si trovano.
Le manifestazioni popolari contro la guerra (quando ci sono, anche di decine di milioni nel mondo, come nel 2003) non fermano le azioni armate camuffate da azioni di pace, professionali, ultra-tecnologiche, come i droni degli omicidi mirati, non solo extra-giudiziali ma anche extra-combattimenti. C'e' da disperare, ma disperare non si deve mai.
La condanna della guerra nel nostro tempo, sempre minacciato dal terrorismo delle vecchie e nuove potenze atomiche, deve essere totale. Giovanni XXIII nella Pacem in terris dichiarava "impossibile pensare (alienum a ratione) che la guerra nell'era atomica possa servire a risarcire i diritti violati". Cioe', non c'e' piu' guerra giustificabile, ne' per la ragione ne' per l'etica religiosa e umana.
Questo giudizio per l'oggi e il domani non colpisce allo stesso modo tutte le guerre del passato. Per esempio, sulla guerra di Liberazione contro il nazifascismo, si deve dire che la conoscenza di metodi di nonviolenza attiva era rara, eppure la storiografia piu' attenta e accurata scopre, oltre la Resistenza armata, una quantita' di forme di resistenza non armata e nonviolenta (si vedano autori come Anna Bravo, Annamaria Bruzzone, Rachele Farina, Antonio Parisella, Giorgio Giannini, Ercole Ongaro, per citare solo alcuni). Questi lavori dimostrano che la forza nonviolenta puo' lottare contro l'ingiustizia violenta, e potrebbe assai meglio se la cultura della difesa, anche statale, imparasse e organizzasse la difesa civile, i corpi civili di pace.
"La guerra e' un mezzo tanto potente da far dimenticare il proprio obiettivo" (Todorov, "La Repubblica", 23 marzo 2011). Per gli scopi dichiarati, la guerra e' inutile, se non per i venditori di armi, ben incorporati nel complesso militar-industriale-scientifico-politico-mediatico. Oggi potrebbe entrare nella cultura comune la convinzione che la guerra e' uno strumento fallace, sfugge di mano, e' solo micidiale. L'incertezza e pericolosita' degli effetti seguiti alle primavere arabe dimostrano che i sollevamenti nonviolenti di popoli per la dignita' e i diritti sono traditi e frustrati se si affidano alle armi.
L'osservazione dei tempi lunghi permette di vedere il realismo e l'efficacia della nonviolenza come mezzo delle lotte giuste. Si puo' registrare un notevole successo delle rivoluzioni nonviolente. Su 323 rivoluzioni del secolo XX, quelle nonviolente sono state un centinaio, e hanno avuto successo al 53%; quelle violente, invece, al 26%. Nel periodo 1975-2002, sono state 47 le rivoluzioni nonviolente, o per lo piu' non-violente; su 18 condotte da forze nonviolente e coese, 17 hanno vinto e una sola ha avuto un successo parziale (Antonino Drago, Le rivoluzioni nonviolente dell'ultimo secolo. Nuova Cultura, Roma 2010. I dati provengono da fonti statunitensi).
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Stato e guerra
Le culture politiche intra-sistema sono sorde alla proposta di corpi civili di pace, di metodi nonviolenti. Gli stati, anche quelli democratici, si identificano con le armi e celebrano la festa nazionale - in Italia il 2 giugno, anniversario del piu' disarmato gesto politico, il voto nel referendum istituzionale - con l'esibizione dell'esercito, preso come immagine e simbolo massimo della res-publica, dell'unita' popolare. Si tratta di una distorsione mentale, una brutta cisti incastrata nella concezione dello stato. Come ha dimostrato Ekkehart Krippendorff, in un lavoro ormai classico (Lo stato e la guerra. L'insensatezza delle politiche di potenza, trad. ital. Gandhi Edizioni, Pisa 2008), gli stati moderni sono nati intimamente legati all'apparato militare. La guerra, piu' che strumento dello stato, e' stata la matrice dello stato. Anche quando una costituzione, come la nostra, ripudia la guerra, la costituzione materiale statale dipende da quell'origine e ancora non la supera culturalmente con un altro modello piu' umano di difesa, di sviluppo civile, di valori politici. I corpi civili di pace oggi esistenti sono coraggiose iniziative che nascono dalla societa' civile, ignorate dalle istituzioni (nel discorso di re-insediamento del Presidente Napolitano, il 22 aprile 2013, il riferimento piu' applaudito, anche da Napolitano stesso, e' stato quello alle missioni militari dette "di pace").
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Forza e violenza, polizia e guerra
Il primo antidoto alla guerra come alle violenze sociali dell'ingiustizia, e' culturale, morale: consiste nel modo in cui pensiamo noi stessi come persone umane e i nostri rapporti di convivenza. Il punto e' se riconosciamo la dignita' umana in ogni persona e popolo, al di la' anche di eventuali malefatte, e dunque se regoliamo noi stessi secondo quella stessa dignita' che ci unisce, anche nei conflitti, e che e' sempre inviolabile.
A me sembra di primaria importanza la distinzione tra forza e violenza. C'e' una confusione nefasta tra le due realta' e i due concetti, due chiari poli tra cui corrono zone sfumate. La forza e' un carattere della vita, la violenza e' distruzione e offesa della vita. La forza e' vitale, la violenza e' mortale. La forza fisica puo' essere usata, come arma impropria, per infliggere violenza, violando dignita' e diritto. Ma in se' la forza non e' violenza. La forza morale e organizzativa e' sostanza della lotta nonviolenta: resistenza all'offesa, forza della volonta' e dell'unita', chiarezza costruttiva, convinzione sui valori da difendere e rafforzare.
La confusione tra i due concetti e le due realta' serve a legittimare violenze: vedi l'espressione "forze armate" per dire l'esercito.
Nella comunita' politica (anche per Gandhi quando immagina lo stato nonviolento) e' necessaria la forza pubblica, per contenere, ridurre, impedire la violenza. Ma quando quella forza passa alla violenza contro azioni legittime dei cittadini, come fu in gran parte a Genova nel 2001, allora non e' piu' forza pubblica legale a difesa della convivenza, ma guerra dello stato ai cittadini, massimo tradimento del patto civile. Non e' piu' polizia civile, ma esercito di guerra civile. Lo stato moderno e' ancora cosi' legato allo strumento della violenza legittimata, che tenta sempre di manipolare il giudizio sulle proprie illegittimita' violente. Politica e guerra sono ancora sposate. Ricordo che per D'Alema, presidente del consiglio della guerra alla Serbia nel 1999, saper fare politica implicava saper fare la guerra.
Se ci ricordiamo la distinzione di Erich Fromm tra aggressivita' maligna e benigna (Anatomia della distruttivita' umana, Mondadori, Milano 1979), possiamo distinguere bene una aggressione violenta da una forza nonviolenta che, senza offendere vita e dignita', preme sul potere ingiusto con la disobbedienza e la non-collaborazione massiccia, gli impone condizioni che rendano piu' conveniente trattare che dominare. Tipica azione forte nonviolenta, caratteristica del movimento operaio nella sua storia, e' lo sciopero, che sottrae temporaneamente la collaborazione al profitto ingiusto, per piegare il capitalista a trattare condizioni piu' giuste.
La distinzione reale, non verbale, tra polizia ed esercito, tra ordine pubblico e guerra (distinzione carente nell'educazione degli agenti dell'ordine), orienta a chiarire responsabilita' e azioni della comunita' internazionale verso le violenze nel mondo. L'Onu, nata per eliminare la guerra, dovrebbe sviluppare, coi mezzi tolti alle industrie di armi, una vera polizia internazionale, rappresentativa del bene comune e non di interessi coalizzati, numerosa e attiva, preventiva e contenitiva, che non riproduca la guerra alla guerra.
Guardando anche alle recenti rivoluzioni arabe, nonostante le complessita' dei singoli casi, si puo' dire che probabilmente, nei movimenti popolari autentici, sta crollando il mito della violenza rivoluzionaria risolutiva. La violenza, militare e strutturale, rimarrebbe prerogativa dei poteri oppressivi.
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Resistenza alla violenza finanziaria
Come opporre resistenza alla violenza finanziaria globale e' un problema immane e relativamente nuovo in queste dimensioni. La cultura nonviolenta sta cercando e costruendo modi e strumenti, ai due livelli, personale e collettivo. Anche qui il primo punto e' di cultura, di coscienza, dal quale germinano ricerche ed esperienze di economia solidale.
L'economia violenta e' frutto di una antropologia separatista, oppositiva, dove l'individuo e' un frammento sostanzialmente irrelato: diceva la Thatcher che esistono gli individui, non la societa'. Ogni frammento umano agisce sulla realta' naturale, sul commercio dei prodotti, come un pirata accaparratore, come se l'economia fosse un campo di caccia, e non invece il campo della vita sufficiente e decente per tutti gli umani e i viventi.
La prima lotta alla finanza predatoria e' la lotta morale e culturale al diritto di preda. Qui sta il discrimine tra un'antropologia della potenza manesca e un'antropologia delle mani tese e intrecciate; il discrimine tra la competizione e la collaborazione. Che e' poi il discrimine tra la guerra e la pace, semplicemente. Il futuro dell'umanita', e del suo ambiente vitale, passera', oppure non passera', attraverso questa "mutazione antropologica", dall'uomo rivale all'uomo sociale. Sulla zattera del nostro pianeta vagante negli spazi infiniti, ci salveremo insieme o non ci salveremo. Quella mutazione, nel linguaggio di Ernesto Balducci (La terra del tramonto. Saggio sulla transizione, Edizioni Cultura della Pace, Fiesole 1992) e delle sapienze a cui egli attingeva, richiede di far nascere dall'uomo finora edito un "uomo inedito". Il quale non e' solo profezia di una speranza religiosa ultrastorica (che pure ci sostiene), ma e' anche fede nella presenza storica e attiva di un Spirito, fonte massima di vita spirituale e di continuo alimento e rinnovamento del cammino di umanizzazione.
8. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Letture
- Roberto Maiocchi (a cura di), Ruggero Bacone, Rcs, Milano 2015, pp. 168, euro 5,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
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Riletture
- Ruggero Bacone, La scienza sperimentale, Rusconi, Milano 1990, pp. 250.
- Franco Alessio, Introduzione a Ruggero Bacone, Laterza, Roma-Bari 1985, pp. VI + 152.
9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
10. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 2004 del 2 giugno 2015
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XVI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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