[Nonviolenza] Voci e volti della nonviolenza. 684
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- Date: Thu, 23 Apr 2015 13:44:21 +0200 (CEST)
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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XVI)
Numero 684 del 23 aprile 2015
In questo numero:
1. Peppe Sini: Una franca parola ai governanti europei
2. Nel centenario del genocidio degli armeni
3. Sostenere il Centro antiviolenza "Erinna"
4. "Sos - sterminio in mare"
1. EDITORIALE. PEPPE SINI: UNA FRANCA PAROLA AI GOVERNANTI EUROPEI
La maggiore responsabilita' per le stragi nel Mediterraneo e' dei governi dei paesi dell'Unione Europea.
Se i governi dell'Unione Europea consentissero alle persone in fuga dalla fame, dalle guerre, dall'orrore e dalla morte di poter giungere in modo legale e sicuro nel nostro continente e salvare cosi' le loro vite, nessuna di esse si affiderebbe ai trafficanti illegali o salirebbe su un "barcone della morte", ma tutte ovviamente utilizzerebbero mezzi di trasporto legali e sicuri.
Per salvare le vite di tutte le persone in fuga dalla fame, dalle guerre, dall'orrore e dalla morte che attualmente rischiano di morire nel Mediterraneo occorre quindi questo e non altro: che l'Unione Europea, o almeno l'Italia, consenta loro di giungere nel nostro paese, nel nostro continente, in modo legale e sicuro.
E nell'attuale drammatico frangente la prima cosa da fare e' approntare uno straordinario intervento di trasporto pubblico e gratuito, navale ed aereo, che queste persone soccorra e tragga in salvo nel Mediterraneo, ma anche nel deserto e lungo l'intero tragitto intrapreso in cerca di salvezza.
Soccorrere, accogliere ed assistere gli esseri umani in pericolo di morte e' un dovere non solo morale ma anche giuridico: omettere di soccorrere chi rischia di morire significa infatti farsi complici della sua morte, reato previsto e punito da tutti i codici penali del mondo.
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Questo e' il dovere dei governi dell'Unione Europea: soccorrere, accogliere ed assistere le persone in fuga dall'orrore e in pericolo di morte; consentire a tutti gli esseri umani di giungere nel nostro continente in modo legale e sicuro, con mezzi di trasporto legali e adeguati.
2. MEMORIA. NEL CENTENARIO DEL GENOCIDIO DEGLI ARMENI
Il 24 aprile e' il giorno in cui si commemora il genocidio degli armeni, di cui ricorre quest'anno il centenario.
Fu il primo genocidio del "secolo breve", ed ancora oggi vi e' un governo che assurdamente pretende di negarlo.
Non e' una questione nominalistica: la distanza temporale non puo' offuscare la coscienza che del massacro di innumerevoli innocenti si tratto', un massacro che colpi' un popolo in quanto tale, e per dire questo orrore vi e' una esatta parola - una parola terribile che designa un evento terribile e disumano: genocidio.
Altri ne seguirono, e dalla prima guerra mondiale scaturirono i totalitarismi che furono e sono una guerra infinita, un infinito orrore; ed alla prima guerra mondiale segui' una seconda, che noi ricordiamo con i nomi di due luoghi che ci dicono a quale abisso di barbara violenza l'umanita' puo' giungere contro se stessa: Auschwitz, Hiroshima.
Ed al "secolo breve" segue l'attuale, di conflitti endemici e catastrofi immani, in cui sono sempre piu' in pericolo l'intera civilta' umana, la stessa biosfera.
Nel ricordo addolorato delle vittime del primo genocidio del secolo scorso, nella necessaria solidarieta' col popolo armeno massacrato, e nel ricordo immedicabile di tutti i genocidi e di tutte le vittime, nella solidarieta' doverosa con tutti i popoli oppressi e martoriati, riaffermiamo una volta ancora che il primo dovere di ogni persona e di ogni istituzione e' salvare le vite.
Diciamo una volta ancora che ogni vittima ha il volto di Abele.
Che vi e' una sola umanita' in un unico mondo vivente casa comune dell'umanita' intera.
Che ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Diciamo una volta ancora la nostra gratitudine a quanti al fascismo assassino si sono opposti.
Diciamo una volta ancora la nostra gratitudine a tutte le Resistenze contro i regimi massacratori, contro la violenza assassina, contro la barbarie che tutti opprime e tutto devasta, contro ogni potere ed agire inumano.
Diciamo una volta ancora la nostra gratitudine a chiunque salva le vite.
E proseguiamo dunque nell'azione nonviolenta per la pace e i diritti umani; per il disarmo e la smilitarizzazione; contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni.
Diciamo una volta ancora che solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.
3. REPETITA IUVANT. SOSTENERE IL CENTRO ANTIVIOLENZA "ERINNA"
Proponiamo a chi ci legge, e ne abbia la possibilita', di inviare al Centro antiviolenza "Erinna" un contributo economico affinche' possa continuare nella sua indispensabile azione.
I contributi possono essere inviati attraverso bonifico bancario intestato ad Associazione Erinna, Banca Etica, codice IBAN: IT60D0501803200000000287042.
O anche attraverso vaglia postale a "Associazione Erinna - Centro antiviolenza", via del Bottalone 9, 01100 Viterbo.
Per contattare direttamente il Centro antiviolenza "Erinna": tel. 0761342056, e-mail: e.rinna at yahoo.it, onebillionrisingviterbo at gmail.com, sito: http://erinna.it
Per destinare al Centro antiviolenza "Erinna" il 5 per mille inserire nell'apposito riquadro del modello per la dichiarazione dei redditi il seguente codice fiscale: 90058120560.
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L'associazione "Erinna" e' un'associazione di donne impegnate contro la violenza alle donne che da molti anni opera a Viterbo: ha realizzato un centro antiviolenza e una casa rifugio in cui ospita donne, bambine e bambini.
In questo momento "Erinna" ha bisogno di un aiuto straordinario da parte di tutte le persone di volonta' buona.
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Grazie a chi aderira' a questo appello, grazie a chi lo diffondera' ulteriormente.
4. APPELLI. "SOS - STERMINIO IN MARE"
[Riceviamo e diffondiamo]
Oltre 900 morti nel Mediterraneo nella notte tra sabato 18 aprile e domenica, a 60 miglia dalle coste libiche. E' il piu' grande sterminio in mare dal dopoguerra. Questo e' un giorno di svolta. A partire da oggi occorre mettere la parola urgenza, al posto di emergenza. Bisogna dare alla realta' il nome che merita: siamo di fronte a crimini di guerra e sterminio in tempo di pace.
Il crimine non e' episodico ma ormai sistemico, e va messo sullo stesso piano delle guerre e delle carestie acute e prolungate. Il Mar Mediterraneo non smette di riempirsi di morti: comincio' con il naufragio di Porto Palo, il giorno di Natale del 1996, con 283 vittime, seguito tre mesi piu' tardi dal naufragio della Kater i Rades, in cui oltre cento profughi albanesi annegarono nel canale di Otranto. Lo sterminio dura da almeno 18 anni: piu' delle due guerre mondiali messe insieme, piu' della guerra in Vietnam. E' indecenza parlare di "cimitero Mediterraneo". Parliamo piuttosto di fossa comune: non c'e' lapide che riporti i nomi dei fuggitivi che abbiamo lasciato morire.
Le azioni di massima urgenza che vanno intraprese devono essere, tutte, all'altezza di questo crimine, e della memoria del mancato soccorso nella prima parte del secolo scorso. Non sono all'altezza le missioni diplomatiche o militari in Libia, dove - anche per colpa dell'Unione, dei suoi governi, degli Stati Uniti - non c'e' piu' interlocutore statale. Ancor meno lo sono i blocchi navali, gli aiuti alle dittature da cui scappano i richiedenti asilo, il silenzio sulla vasta destabilizzazione nel Mediterraneo - dalla Siria e l'Iraq alla Palestina, dall'Egitto al Marocco - di cui l'Occidente e' responsabile da anni.
Le azioni necessarie nell'immediato, eccole:
1. Urge togliere alle mafie e ai trafficanti il monopolio sulle vite e le morti dei fuggitivi, e di conseguenza predisporre vie legali di fuga presidiate dall'Unione europea e dall'Onu. I trafficanti non sono la radice del male, ma un suo sintomo.
2. Urge organizzare e finanziare interventi di ricerca e salvataggio non solo lungo le coste europee ma anche in alto mare, come faceva Mare Nostrum e come ha l'ordine di non fare Triton - anche se rifinanziata. Questo, nella consapevolezza che la stabilizzazione del caos libico non e' ottenibile nel breve-medio periodo.
3. Urge che gli Stati europei collaborino lealmente a tale scopo (art. 4 del Trattato dell'Unione), smentendo quanto dichiarato da Natasha Bertaud, portavoce della Commissione di Bruxelles: "Al momento attuale, la Commissione non ha ne' il denaro ne' l'appoggio politico per predisporre un sistema di tutela delle frontiere, capace di impegnarsi in operazioni di search and rescue". Risorse che invece si trovano per operazioni di polizia europea (Mos Maiorum, Amber Light,Jot Mare) e per le spese militari. Una frase che ha il cupo suono dell'omissione di soccorso: un reato contro la persona, nei nostri ordinamenti giuridici.
4. Occorre che l'Onu stessa decida azioni d'urgenza, e che il Consiglio di sicurezza fronteggi il dramma con una risoluzione. Se i crimini in mare somigliano a una guerra o a carestie nate dal tracollo diffuso di strutture statali nei paesi di transito o di origine, non vanno esclusi interventi dei caschi blu, addestrati per il search and rescue. I soccorsi e gli aiuti agli affamati e sfollati sono una prassi sperimentata delle Nazioni Unite. Sia oggi applicata al Mediterraneo.
5. Occorre rivedere al piu' presto i regolamenti di Dublino. Con una sentenza del 21 dicembre 2011, la Corte di giustizia europea a Lussemburgo e la Corte europea dei Diritti dell'uomo (Ricorso Sharifi contro Italia e Grecia) pongono come condizione essenziale per procedere al trasferimento l'aver positivamente verificato se il migrante corra il rischio di essere sottoposto a trattamenti inumani e degradanti. Si tratta di un vero e proprio obbligo di derogare ai criteri di competenza enumerati nelle norme di Dublino.
6. Con la medesima tempestivita', occorre tener conto che i paesi piu' esposti ai flussi migratori sono oggi quelli del Sud Europa (Grecia, Italia, Cipro, Malta, Spagna): gli stessi a esser piu' colpiti, dopo la crisi iniziata nel 2007-2008, da politiche di drastica riduzione delle spese sociali (che includono l'assistenza e il salvataggio di migranti e richiedenti asilo). Il peso che ingiustamente grava sulle loro spalle va immediatamente alleviato.
7. Occorre pensare a un sistema di accoglienza in Europa che garantisca il diritto fondamentale all'asilo, con prospettive di reinsediamento nei Paesi disponibili, nel rispetto della volonta' dei rifugiati.
8. Infine, la questione tempo. E' finito il tempo della procrastinazione, e delle ambiguita' che essa consente. E' dall'ecatombe di Lampedusa che Governi e Parlamenti in Europa preconizzano un'organica cooperazione con i paesi di origine e di transito dei fuggitivi, al fine di "esternalizzare" le politiche di search and rescue e di asilo. Il Commissario all'immigrazione Avramopoulos ha addirittura auspicato una "cooperazione con le dittature", dunque il ricorso ai respingimenti collettivi (vietati dalla Convenzione di Ginevra sullo statuto dei Rifugiati del 1951, art. 33, e dagli articoli 18 e 19 della Carta europea dei diritti fondamentali). Non c'e' tempo per costruire dubbie relazioni diplomatiche - nei cosiddetti processi di Rabat e Khartoum - perche' i fuggitivi sono in mare qui e ora, e qui e ora vanno salvati: sia dalla morte, sia dalle mafie che fanno soldi sulla loro pelle e riempiono un vuoto di legalita' che l'Unione deve colmare senza piu' rinvii. E' adesso, subito, che bisogna organizzare un'operazione di salvataggio dell'umanita' in fuga verso l'Europa.
Primi firmatari: Barbara Spinelli, eurodeputato, gruppo Gue-Ngl, Alessandra Ballerini, Sandra Bonsanti, Lorenza Carlassare, Erri De Luca, Roberta De Monticelli, Maurizio Ferraris, Stefano Galieni, Domenico Gallo, Paul Ginsborg, Daniela Padoan, Francesco Piobbichi, Marta Pirozzi, Annamaria Rivera, Alberto Vannucci, Fulvio Vassallo Paleologo, Guido Viale, Gustavo Zagrebelsky, Liberta' e Giustizia
Per adesioni: sos.sterminioinmare at gmail.com
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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XVI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 684 del 23 aprile 2015
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