[Nonviolenza] Voci e volti della nonviolenza. 667
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- Date: Wed, 25 Mar 2015 10:47:32 +0100 (CET)
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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XVI)
Numero 667 del 25 marzo 2015
In questo numero:
1. Ricordando Mary Douglas
2. Oggi a Viterbo
3. Anna Grazia Casieri: L'accompagnamento personale dei processi di crescita nella "Evangelii Gaudium". Capitolo primo: I documenti di Papa Francesco e le sue sollecitazioni (parte seconda e conclusiva)
4. Segnalazioni librarie
1. MAESTRE. RICORDANDO MARY DOUGLAS
Ricorre il 25 marzo l'anniversario della nascita di Mary Douglas (Sanremo, 25 marzo 1921 - Londra, 16 maggio 2007), l'illustre antropologa autrice di ricerche e studi di straordinario valore per la nostra comprensione dell'umanita' e di noi stessi.
Nel ricordo di Mary Douglas proseguiamo nell'azione nonviolenta per la pace e i diritti umani; per il disarmo e la smilitarizzazione; contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni.
Ogni essere umano ha diritto alla vita, alla dignita', alla solidarieta'.
Vi e' una sola umanita', in un unico mondo casa comune dell'umanita' intera.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.
2. INCONTRI. OGGI A VITERBO
Il "Tavolo per la pace" di Viterbo si riunisce oggi, mercoledi' 25 marzo, con inizio alle ore 17,15, presso il Palazzetto della Creativita' in via Carlo Cattaneo 9 (sito nell'area del complesso scolastico degli istituti comprensivi Canevari e Vanni).
Tutte le persone interessate sono invitate a partecipare.
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Il "Tavolo per la Pace" e' promosso dal Comune di Viterbo e vi prendono parte singole persone cosi' come rappresentanti di varie istituzioni ed associazioni impegnate per la pace, la solidarieta', i diritti umani e la nonviolenza.
Il "Tavolo per la Pace" e' impegnato contro la guerra e tutte le uccisioni, contro il razzismo e tutte le persecuzioni, contro il maschilismo e tutte le oppressioni.
La partecipazione al "Tavolo per la pace" e' aperta a tutte le persone, le associazioni e le istituzioni interessate a contribuire all'impegno per la pace e i diritti umani.
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Per ogni comunicazione il punto di riferimento e' Pigi Moncelsi: tel. 0761348590, cell. 3384613540, e-mail: pmoncelsi at comune.viterbo.it
3. RIFLESSIONE. ANNA GRAZIA CASIERI: L'ACCOMPAGNAMENTO PERSONALE DEI PROCESSI DI CRESCITA NELLA "EVANGELII GAUDIUM". CAPITOLO PRIMO: I DOCUMENTI DI PAPA FRANCESCO E LE SUE SOLLECITAZIONI (PARTE SECONDA E CONCLUSIVA)
[Ringraziamo di cuore suor Anna Grazia Casieri per averci messo a disposizione il testo della sua tesi di laurea magistrale in Scienze religiose, sostenuta presso la Facolta' Teologica Pugliese - Istituto superiore di Scienze religiose "Giovanni Paolo II" di Foggia nell'anno accademico 2014-2015, dal titolo L'accompagnamento personale dei processi di crescita nella "Evangelii Gaudium". In questa riproduzione abbiamo omesso le molte, preziose note che arricchiscono il testo.
Suor Anna Grazia Casieri, della congregazione delle murialdine, gia' missionaria in Messico, impegnata in attivita' educative e di solidarieta', insegna nella scuola pubblica a Foggia. E' da sempre una importante collaboratrice del "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo]
1.2.2. Nella crisi dell'impegno comunitario
In questo capitolo il Pontefice propone un discernimento evangelico e una sempre vigile capacità di studiare i segni dei tempi al fine di evitare che si inneschino processi di disumanizzazione dai quali sia difficile tornare indietro. A tal proposito l'Esortazione si sofferma, con uno sguardo pastorale, su alcune sfide del mondo attuale che potrebbero arrestare o indebolire il rinnovamento missionario.
In questo nostro tempo se da una parte sono da lodare i successi che contribuiscono al benessere delle persone, d'altro canto non si può dimenticare che la maggior parte degli uomini e delle donne vivono una quotidiana precarietà. Frequentemente si spegne la gioia di vivere, cresce la mancanza di rispetto e la violenza, è necessario lottare per vivere, e talvolta con poca dignità.
«Oggi dobbiamo dire no a un'economia dell'esclusione e della inequità, [che uccide]. Oggi tutto entra nel gioco della competitività e della legge del più forte» che fa sì che tanta parte di umanità resti esclusa ed emarginata.
Papa Francesco rimarca come in un contesto di crescita economica si esprima il più delle volte una fiducia ingenua nella bontà di quanti detengono il potere economico, il ché porta a sviluppare una globalizzazione dell'indifferenza che rende spesso incapaci di provare compassione dinanzi al grido di dolore di molti, come se non fosse anche nostra responsabilità.
Siamo chiamati a dire no alla nuova idolatria del denaro, che pacificamente accettiamo abbia il predominio sulle nostre società. All'origine della crisi finanziaria vi è, di fatto, una profonda crisi antropologica che nega il primato dell'essere umano, creando nuovi idoli nel bisogno di consumo e nella dittatura di un'economia senza volto e senza uno scopo veramente umano.
Accanto alla crescita di guadagno di pochi, si affianca lo scarso benessere della maggioranza, frutto di un'economia poco attenta al bene comune. A tutto ciò si aggiunge una corruzione ramificata e un'evasione fiscale egoista, segno di una crescente brama di potere e avere.
Siamo chiamati a dire no a un denaro che governa invece di servire, dietro al quale si nasconde il rifiuto dell'etica e di Dio. Afferma Giovanni Crisostomo: «Non condividere i propri beni con i poveri significa derubarli e privarli della vita. I beni che possediamo non sono nostri, ma loro».
Papa Francesco esorta vivamente i dirigenti politici ad affrontare la sfida di mettere in atto una riforma finanziaria che non ignori l'etica e sia capace di solidarietà disinteressata. Siamo chiamati a dire no all'inequità che genera violenza. Se è vero che essa fa nascere reazioni violente da parte di quanti sono esclusi, d'altro canto è pur vero che ciò è causato, spesso, da un sistema sociale ed economico ingiusto alla radice, ben lontano dall'impiantare uno sviluppo sostenibile e pacifico.
L'Esortazione puntualizza che si evangelizza anche quando si affrontano le diverse sfide che si possono presentare, come gli attacchi alla libertà religiosa e l'indifferenza relativista frutto di disillusioni o crisi delle ideologie.
La fede cattolica di molti popoli affronta oggi la sfida della proliferazione di nuovi movimenti religiosi che vanno dal fondamentalismo a forme di spiritualità senza Dio, i quali colmano, all'interno di un individualismo imperante, il vuoto lasciato dal razionalismo secolarista.
Papa Francesco precisa, inoltre, che è necessario riconoscere come causa di una scarsa appartenenza alla Chiesa il clima poco accogliente delle comunità cristiane o atteggiamenti eccessivamente burocratici e che mirano in prevalenza alla sacramentalizzazione. Mai come in questo tempo si rende necessario offrire un valido percorso di maturazione nei valori.
È innegabile che la chiesa cattolica, pur vivendo in questa cultura secolarista, sia ancora un'istituzione credibile davanti all'opinione pubblica in molti Paesi del mondo per il suo impegno nella solidarietà, nella preoccupazione per i più indigenti, nella mediazione per la pace e la difesa dei diritti umani e civili, ma è anche auspicabile che essa possa ricevere la stessa accoglienza quando affronta questioni meno condivise dall'opinione pubblica, considerando che l'unica sua motivazione è sempre la dignità della persona e il bene comune.
L'Esortazione riconosce come in alcuni popoli, soprattutto occidentali, sia vivo un autentico umanesimo cristiano, e mette in risalto la decisiva importanza che riveste una cultura segnata dalla fede per lo sviluppo di una società più giusta e credente.
Papa Francesco evidenzia, a questo punto, alcune debolezze riscontrate in culture popolari cattoliche che devono ancora essere sanate dal Vangelo quali il maschilismo, l'alcolismo, la violenza domestica, la scarsa partecipazione all'Eucaristia, credenze superstiziose e pratiche magiche, ma puntualizza che è proprio a partire dalla pietà popolare che queste possono essere sanate.
Nemmeno è possibile trascurare la rottura che si è prodotta in questi ultimi decenni nella trasmissione generazionale della fede cristiana, le cui cause sono attribuibili anche alla mancanza di spazi di dialogo in famiglia, all'influsso dei mezzi di comunicazione, al soggettivismo relativista, al consumismo sfrenato, alla mancanza di accompagnamento pastorale dei più poveri, all'assenza di accoglienza cordiale nelle istituzioni e alla difficoltà di ricreare l'adesione mistica della fede in uno scenario religioso plurale.
Interessante è l'annotazione del Documento che ricorda come nella Rivelazione la pienezza dell'umanità e della storia si realizzi in una città (cfr. Ap 21,2-4). C'è bisogno di riconoscere la città a partire da uno sguardo di fede che sveli la presenza di Dio che abita le sue strade, accompagna la ricerca sincera di persone e gruppi, promuove la solidarietà e il desiderio di bene, di verità e di giustizia.
È necessario tener presente come in queste enormi geografie umane il cristiano si ritrovi spesso a confrontarsi con nuovi linguaggi e orientamenti di vita per lo più in dissonanza col Vangelo, esse devono diventare luoghi privilegiati della nuova evangelizzazione, in cui immaginare spazi di preghiera e comunione più attraenti e significativi.
Nelle città non si possono trascurare problemi legati all'incremento del traffico di droga, all'abuso e allo sfruttamento dei minori, all'abbandono degli anziani e alle varie forme di corruzione e criminalità. Di fronte a tali sfide il senso della vita umana che il Vangelo propone è certamente il miglior rimedio.
Nella seconda parte del capitolo l'Esortazione apostolica sottolinea le tentazioni e le sfide cui sono chiamati gli operatori pastorali nel contesto di questa cultura globalizzata.
Se è inevitabile la vergogna per i peccati di alcuni membri della Chiesa, è pur vero che molti donano instancabilmente il loro tempo e la loro vita con gioia in tante situazioni di sofferenza rendendo presente l'immenso amore di Dio per l'umanità.
Il Pontefice invita ancora a creare spazi utili a motivare e risanare gli operatori pastorali, in cui rigenerare la fede, condividere le preoccupazioni del quotidiano e mettere in atto quel discernimento evangelico che permetta di orientare le scelte individuali e sociali al bene e al bello, richiamando l'attenzione su alcune possibili tentazioni.
Dobbiamo accogliere la sfida di una spiritualità missionaria, superando la preoccupazione, oggi comune in tanti operatori pastorali, finanche persone consacrate, di ricavarsi spazi di autonomia e di distensione, che portano a vivere i propri compiti con un'accentuazione dell'individualismo, una crisi d'identità e un calo del fervore. D'altro canto la cultura mediatica trasmettendo a volte sfiducia nei confronti del messaggio della Chiesa, porta come conseguenza negli operatori una sorta di complesso di inferiorità che indebolisce l'impegno e soffoca la gioia della missione. Molti rimangono avvolti in un'accidia paralizzante dovuta a motivazioni inadeguate, ad una spiritualità incapace di permeare l'azione, a una spersonalizzazione della pastorale che rende più attenti all'organizzazione che alle persone non consentendo di tollerare apparenti fallimenti.
Anche se proviamo dolore per le miserie della nostra epoca e siamo lontani da ingenui ottimismi, tuttavia non deve affievolirsi la fiducia nell'azione dello Spirito, convinti che i misteriosi piani della Provvidenza si realizzano spesso al di là delle nostre aspettative, disponendo tutto, anche le avversità, per il bene della Chiesa. Pur nella consapevolezza delle proprie fragilità, che potrebbero soffocare il fervore e l'audacia, siamo chiamati ad andare avanti ricordando che la croce di Cristo è al tempo stesso vessillo di vittoria. È proprio a partire da questa esperienza di desertificazione spirituale, frutto di società che vogliono costruirsi senza Dio, che si può riscoprire la gioia del credere e le sete di Dio. E mai come in questo tempo c'è bisogno di persone di fede che indichino la via e tengano viva la speranza. L'Esortazione apostolica ci ricorda, infatti, come il Vangelo ci incoraggia sempre a superare la sfiducia, a correre il rischio dell'incontro con l'altro, facendo nostra la rivoluzione della tenerezza.
Oggi ci troviamo di fronte alla sfida di rispondere adeguatamente alla sete di Dio di molta gente perché non finisca ingannata da proposte che non umanizzano né danno gloria a Dio. La Chiesa è chiamata a dimostrare che non si può fuggire da una relazione personale e impegnata con Dio e con gli altri, che è necessario imparare a incontrarsi, accettando l'altro come compagno di strada, scoprendo Gesù nel suo volto e nelle sue richieste.
Papa Francesco mette in guardia contro il rischio di quella mondanità spirituale che si nasconde dietro apparenze di religiosità e amore alla Chiesa, ma che porta, a volte in modo sottile, a cercare la gloria umana piuttosto che la gloria di Dio, facendo affidamento unicamente sulle proprie forze e su una presunta sicurezza dottrinale che sfocia in un elitarismo narcisista e autoritario. Una condotta che se invadesse la Chiesa «sarebbe infinitamente più disastrosa di qualunque altra mondanità semplicemente morale».
Di fronte a questo atteggiamento il Papa ha parole molto forti: «Quante volte sogniamo piani apostolici espansionisti, meticolosi e ben disegnati, tipici dei generali sconfitti! Così neghiamo la nostra storia di Chiesa, che è gloriosa in quanto storia di sacrifici, di speranza, di lotta quotidiana, di vita consumata nel servizio [.]. Invece ci intratteniamo vanitosi parlando a proposito di "quello che si dovrebbe fare"? il peccato del "si dovrebbe fare"? come maestri spirituali ed esperti di pastorale che danno istruzioni rimanendo all'esterno».
È questo un male che la Chiesa è chiamata ad evitare centrando la propria missione su Gesù Cristo e sull'impegno verso i poveri, assaporando la presenza dello Spirito che non permetta di lasciarci rubare il Vangelo.
L'Esortazione evidenzia come questa mondanità porti spesso a guerre tra gruppi di cristiani che fanno perdere il senso di appartenenza alla Chiesa intera, riflettendo qualcosa di quella lacerazione che attanaglia il mondo. Di fronte a tale scenario è pressante l'invito del Pontefice a rendere una testimonianza di comunione fraterna che diventi attraente e luminosa, in cui emerga la cura per l'altro, il mutuo incoraggiamento, la capacità di accompagnare l'altro, portando, così, a compimento l'invito di Gesù (cfr. Gv 13,35; 17,21) per non lasciarci rubare l'ideale dell'amore fraterno.
A conclusione del capitolo l'Esortazione prende atto della missione del fedele laico che il Concilio Vaticano II ha sottolineato nella Lumen Gentium e nel decreto Apostolicam Actuositatem, ma che non sembra essersi, a tutt'oggi, pienamente realizzata. La presa di coscienza della responsabilità laicale risente ancora di alcuni limiti quali una formazione tuttora non adeguata per assumere responsabilità importanti o una mancanza di spazi offerti dalle Chiese particolari per un eccessivo clericalismo.
Non poteva mancare il richiamo all'apporto della donna nelle responsabilità pastorali, nell'accompagnamento di gruppi o nella riflessione teologica. Se è fuori discussione che il ministero sacerdotale è prerogativa degli uomini, è pur vero che tale potestà sacramentale è totalmente ordinata alla santità delle membra di Cristo e non al potere inteso come dominio, ed è pienamente compatibile con una presenza significativa della donna in ruoli di responsabilità nei diversi ambiti della Chiesa.
Per ultimo l'Esortazione dedica attenzione alla pastorale giovanile, talvolta inadeguata a fornire risposte alle inquietudini proprie di questa età, a privilegiare l'attenzione all'ascolto, utilizzando quel linguaggio più comprensibile per questa età. In aiuto a tale pastorale lo Spirito suscita nella Chiesa una proliferazione di associazioni e movimenti. È necessario, tuttavia, adoperarsi perché cresca il coinvolgimento della comunità che evangelizza ed educa e si dia ai giovani maggiore spazio di protagonismo, pur riconoscendo la loro presenza in tante forme di militanza.
Viene richiamato anche il problema della scarsità delle vocazioni alla vita sacerdotale e religiosa che può trovare soluzione solo lì dove si sviluppi una vita fraterna che risvegli il desiderio di consacrarsi a Dio e all'evangelizzazione, lì dove si trovino comunità che abbiano il coraggio di pregare per le vocazioni e di proporre cammini di speciale consacrazione. Il Documento esorta in ogni caso ad una migliore selezione dei candidati ponendo attenzione a che tali scelte non derivino da insicurezza affettiva, da ricerca di forme di potere o di benessere economico.
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1.2.3. L'annuncio del Vangelo
Il terzo capitolo della Evangelii Gaudium si articola su quattro tematiche: tutto il popolo di Dio annuncia il Vangelo, l'omelia, la preparazione della predicazione, un'evangelizzazione per approfondire il Kerygma. L'evangelizzazione, l'esplicita proclamazione che Gesù è il Signore, è compito inderogabile della Chiesa, popolo di Dio in cammino.
Dio per pura Grazia ci attrae a Sé ed invia il suo Figlio per renderci figli, capaci di rispondere con la vita al Suo Amore. Così la Chiesa è inviata da Gesù Cristo come sacramento della salvezza offerta da Dio e collabora come strumento della grazia che opera incessantemente.
Dio ci salva e ci attrae a sé come popolo, in quella complessa trama di relazioni interpersonali propria della vita in una comunità. La Chiesa in accordo con il grande progetto d'amore del Padre, è chiamata a portare la salvezza di Dio in questo nostro mondo, dove tutti possano sentirsi accolti, amati, perdonati e incoraggiati a vivere secondo la vita buona del Vangelo.
L'Esortazione puntualizza come questo popolo di Dio si incarna nei differenti popoli della terra, ciascuno con la propria cultura, con un proprio modo di relazionarsi con gli altri, con le creature, con Dio, nella consapevolezza di non disporre di un unico modello culturale. La diversità delle culture non minaccia l'unità della Chiesa, anzi è dono dello Spirito che in essa agisce suscitando la ricchezza dei vari carismi costruiti in una armoniosa unità. Peraltro, sebbene sia vero che alcune culture siano strettamente legate allo sviluppo di un pensiero cristiano, è innegabile che il messaggio rivelato abbia piuttosto un contenuto transculturale. È necessario, così, che sia evitato il rischio dell'imposizione di una determinata forma culturale, preoccupati piuttosto di presentare la verità di Cristo a partire dalle tradizioni di ogni regione perché la fede e la vita della Chiesa siano espresse nelle forme legate ad ogni cultura.
Papa Francesco sollecita a riconoscere come in ogni battezzato operi la forza santificatrice dello Spirito che lo rende infallibile in credendo perché Dio dota ciascun fedele di quel sensus fidei che aiuta a discernere ciò che viene veramente da Lui. Alla luce di quanto affermato è lampante che ogni battezzato, qualunque sia il suo compito all'interno della Chiesa e la sua preparazione, è comunque soggetto attivo di evangelizzazione per il fatto stesso di essersi incontrato con l'amore di Dio in Cristo Gesù.
In particolare nella pietà popolare, rivalutata nei decenni posteriori al Concilio, si può cogliere la modalità in cui la fede ricevuta si incarna in una cultura e continua a trasmettersi. È stato Paolo VI nell'Esortazione apostolica Evangelii Nuntiandi a dare un impulso decisivo in tal senso; ai nostri giorni ne parla in America Latina anche Benedetto XVI. E ancora nel Documento di Aparecida la pietà popolare è definita come vera «spiritualità incarnata nella cultura dei semplici». Papa Francesco sollecita ad avvicinarsi ad essa con uno sguardo capace di amare e non giudicare, perché lì è sottesa una forza evangelizzatrice da incoraggiare in quanto luogo teologico che ha tanto da insegnare.
L'Esortazione richiama a questo punto l'importanza della predicazione informale che compete ad ogni cristiano nel suo vivere quotidiano, e si realizza attraverso un primo momento di dialogo personale, fatto di ascolto attento, a cui segue l'annuncio della Parola perché sia messo in luce l'amore personale di Dio che, fatto uomo, morto e risorto per noi, ci offre la sua salvezza e la sua amicizia.
Anche le varie culture professionali, scientifiche e accademiche devono essere viste come campi per l'annuncio. Alla teologia si chiede di porsi in dialogo con le culture nel loro insieme, con le altre scienze ed esperienze umane. All'investigazione teologica si chiede che abbia sempre a cuore la finalità evangelizzatrice della Chiesa e non si accontenti «di una teologia da tavolino».
Nei numeri seguenti Papa Francesco si sofferma, e anche in modo meticoloso, a parlare dell'omelia e della sua preparazione, considerandola uno strumento fondamentale per valutare la capacità d'incontro di un Pastore con il suo popolo.
Nel contesto liturgico l'omelia si colloca come ripresa del dialogo di Dio con il suo popolo. Perché questo si realizzi è indispensabile che il predicatore conosca il cuore della sua comunità ed è necessario che essa non risponda alla logica delle risorse mediatiche, ma si armonizzi con le altre parti dell'azione liturgica orientando l'assemblea verso la comunione con Cristo nell'Eucaristia.
Lo stile che Papa Francesco suggerisce perché l'omelia sia feconda è che essa sia fatta come una madre che riconosce quanto Dio semina nel proprio figlio, ascolta le sue preoccupazioni, apprende da lui e sotto l'influsso dello Spirito, si lascia guidare per cogliere nella cultura di ciascun popolo cosa dire e come dirlo. Il Pontefice mette in guardia contro una predicazione puramente moralistica o indottrinante, o quella che si trasforma in mera lezione di esegesi, e richiama ad un'omelia che trabocchi delle meraviglie di Dio perché ogni parola della Scrittura risuoni prima come dono che come esigenza.
A questo punto il Papa si sofferma a presentare un itinerario per un'adeguata preparazione dell'omelia. Punto di partenza sarà il ricavare un opportuno tempo personale e comunitario di preparazione per questo ministero. Il primo passo è prestare attenzione al testo biblico per comprendere qual è il suo messaggio, con quell'umiltà che riconosce come la Parola ci trascende sempre e non può essere manipolata. Notevoli risorse sono offerte a tale riguardo dall'analisi letteraria per la comprensione del messaggio, della sua unità come dell'intera Scrittura e dell'effetto che l'autore desiderava produrre, in vista di un suo corretto utilizzo.
Una modalità concreta per ascoltare quanto il Signore vuole dire nella sua Parola è la lectio divina. Una lettura orante della Bibbia che parte dallo studio del testo per scoprire quanto esso dice alla vita.
Alcuni strumenti pratici, di seguito presentati a titolo esemplificativo, vengono in aiuto nel rendere più attraente la predicazione. In primo luogo c'è l'imparare ad usare "immagini" che sostituiscano gli esempi, in quanto essi aiutano ad apprezzare il messaggio sentendolo più vicino alla vita reale. Una buona omelia, ricorda il Pontefice, «deve contenere un'idea, un sentimento, un'immagine». La semplicità nel linguaggio utilizzato, la chiarezza, che evidenzia come la predicazione abbia un'unità tematica, la logica e un ordine chiaro che faciliti l'ascolto, l'uso di un linguaggio positivo che offra speranza e orienti verso il futuro, sono altre caratteristiche utili per non correre il rischio di parlare a vuoto.
Strumenti preziosi per la crescita della fede vengono indicati nell'educazione e nella catechesi. L'Esortazione in questa sede presenta alcune considerazioni di particolare rilevanza. Nella catechesi ha un ruolo fondamentale il primo annuncio o kerygma: Gesù Cristo, che con la sua morte e risurrezione rivela l'infinita misericordia del Padre. Questo è il contenuto del "primo" annuncio, tale perché qualitativamente "principale" e fondamento di ogni ulteriore azione evangelizzatrice. La centralità del kerygma richiede che l'annuncio esprima l'amore salvifico di Dio prima ancora dell'obbligazione morale, faccia appello alla libertà, possieda qualche nota di gioia e un'armoniosa completezza che non riduca la predicazione a poche dottrine.
Negli ultimi tempi si è ulteriormente sviluppata un'altra caratteristica, quella dell'iniziazione mistagogica, che comporta una necessaria progressività dell'esperienza formativa ed una rinnovata valorizzazione dei segni liturgici dell'iniziazione cristiana.
Infine, è bene ricordare che annunciare Cristo significa mostrare che credere in Lui è cosa buona e giusta, ma anche bella perché colma la vita di nuovo splendore, anche nel tempo della prova.
Per ottenere una crescita completa nella fede, in una civiltà ferita dall'anonimato, ma anche malata di curiosità, la Chiesa ha bisogno di uno sguardo di vicinanza, di crescere «[.] nell'arte dell'accompagnamento perché tutti imparino sempre a togliersi i sandali davanti alla terra sacra dell'altro (cfr. Es 3,5). Dobbiamo dare al nostro cammino il ritmo salutare della prossimità, con uno sguardo rispettoso e pieno di compassione ma che nel medesimo tempo sani, liberi e incoraggi a maturare nella vita cristiana».
Queste preziose indicazioni saranno approfondite e personalizzate nei successivi capitoli soprattutto alla luce dell'esperienza concreta di insegnamento della religione cattolica nella scuola.
Le virtù che abbiamo in habitu, puntualizza l'Esortazione, necessitano di una pedagogia che introduca le persone alla consapevolezza che ogni soggetto davanti a Dio è un mistero che nessuno può pienamente conoscere.
A conclusione del capitolo si attesta l'importanza che tutta l'evangelizzazione si fondi sulla Parola di Dio ascoltata, vissuta, celebrata e testimoniata, di cui essa è fonte, come già affermato da Benedetto XVI nell'esortazione post-sinodale Verbum Domini così che essa fecondi la catechesi e ogni sforzo per trasmettere la fede.
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1.2.4. La dimensione sociale dell'evangelizzazione
Questo quarto capitolo rimarca come la nuova evangelizzazione sia responsabilità e missione della Comunità cristiana in quanto tale, affinché renda presente nel mondo il Regno di Dio e sia lievito nella complessa realtà sociale. Le tematiche che propone sono le seguenti: le ripercussioni comunitarie e sociali del kerygma; l'inclusione sociale dei poveri; il bene comune e la pace sociale; il dialogo sociale come contributo per la pace.
Il contenuto del primo annuncio ha una ripercussione morale che pone al centro la carità. Confessare che il Padre ama infinitamente ciascun essere umano, confessare che il Figlio si è incarnato ed ha dato la vita per noi dà ad intendere che Dio ha elevato a sé ogni persona umana, e significa riconoscere che l'amore senza limiti nobilita l'essere umano. Confessare, infine, che lo Spirito Santo agisce in tutti significa affermare che Egli penetra ogni situazione umana e ogni vincolo sociale e permette di riconoscere l'intima connessione che esiste tra evangelizzazione e promozione umana.
Il Pontefice esorta vivamente a meditare alcuni testi della Scrittura che esprimono il legame indissolubile tra accoglienza dell'annuncio di salvezza e un effettivo amore fraterno. L'invito della Parola ad uscire da se stessi altro non è che uno dei due comandamenti principali che Gesù ci ha lasciato. E se la Chiesa è per natura missionaria, così per sua stessa natura è chiamata a vivere la carità effettiva verso il prossimo.
Nella misura in cui il Regno di Dio si instaurerà tra di noi, allora la vita sociale diventerà spazio di fraternità, giustizia, pace e dignità per tutti.
L'Esortazione apostolica ricorda ai Pastori che la promozione integrale di ogni essere umano è compito precipuo dell'evangelizzazione.
Papa Francesco precisa, peraltro, che l'Esortazione non ha lo scopo di sviluppare le gravi questioni sociali che segnano il mondo attuale, aspetto approfondito piuttosto dal Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, perché non si deve chiedere al Papa e alla Chiesa di possedere il monopolio dell'interpretazione della realtà sociale.
Nei paragrafi successivi il documento analizza due questioni fondamentali: l'inclusione sociale dei poveri, la pace e il dialogo sociale.
Ad ogni cristiano e ad ogni comunità si chiede di ascoltare il grido dei poveri, di essere strumenti di Dio per la loro liberazione e promozione in vista di una piena integrazione nel tessuto sociale. Tale richiamo trova il suo fondamento nella Scrittura che evidenzia l'attenzione del Padre verso il grido del suo popolo (cfr. Es 3,7-8,10; Mc 6,37). È impellente, per la Chiesa intera, l'impegno a collaborare per risolvere le cause strutturali della povertà, come anche mettere in atto semplici gesti di solidarietà di fronte alle miserie del mondo, per «permettere a tutti i popoli di giungere con le proprie forze ad essere artefici del loro destino».
A questo punto l'esortazione presenta alcuni insegnamenti della Parola di Dio sulla misericordia. Questa verità ha penetrato la mentalità dei Padri della Chiesa e oggi la Comunità ecclesiale è invitata a fare proprie queste esortazioni bibliche che incoraggiano alla giustizia e alla misericordia.
Per la Chiesa l'opzione per i poveri è una categoria teologica che ha delle conseguenze nella vita di fede dei cristiani, chiamati ad avere gli stessi sentimenti di Cristo Gesù (cfr. Fil 2,5).
A tale riguardo Papa Francesco afferma: «Per questo desidero una Chiesa povera per i poveri. È necessario che tutti ci lasciamo evangelizzare da loro. La nuova evangelizzazione è un invito a riconoscere la forza salvifica delle loro esistenze e a porle al centro del cammino della Chiesa. Siamo chiamati a scoprire Cristo in loro, a prestare ad essi la nostra voce nelle loro cause, ma anche ad essere loro amici, ad ascoltarli, a comprenderli e ad accogliere la misteriosa sapienza che Dio vuole comunicarci attraverso di loro».
E ancora, come afferma Giovanni Paolo II, senza questa opzione preferenziale per i poveri «l'annuncio del Vangelo, che pur è la prima carità, rischia di essere incompreso o di affogare in quel mare di parole a cui l'odierna società della comunicazione quotidianamente ci espone».
Papa Francesco nota con rammarico che spesso la maggiore discriminazione di cui soffrono i poveri da parte della Chiesa è la mancanza di attenzione spirituale e ricorda che nessuno può sentirsi esonerato dalla preoccupazione per i poveri e per la giustizia sociale.
A conclusione del paragrafo l'Esortazione affronta il tema dell'economia, di una migliore distribuzione delle entrate e di una promozione dei poveri che superi il mero assistenzialismo, affermando che la necessità di risolvere le cause strutturali della povertà non può attendere.
Il Pontefice auspica che la politica sia davvero una delle forme più preziose della carità, che abbia a cuore la società, che, aperta alla trascendenza, possa dar vita a una nuova mentalità politica ed economica che assicuri il benessere economico di tutti i Paesi e non solo di pochi.
Un'ultima parola è rivolta alle nuove povertà in cui siamo chiamati a riconoscere il Cristo sofferente: i senza tetto, tossicodipendenti, rifugiati, popoli indigeni, anziani sempre più soli, migranti, con l'esortazione rivolta a tutti i Paesi per una generosa apertura.
Parole dure sono quelle che Papa Francesco rivolge a quanti si rendono protagonisti delle diverse forme di tratta di persone. Non manca l'attenzione a quelle donne che spesso soffrono situazioni di esclusione, maltrattamento e violenza, e alla difesa della vita nascente intimamente legata alla difesa di ogni diritto umano. Papa Francesco puntualizza, a riguardo, che su questi temi che hanno a che fare con la coerenza interna del messaggio cristiano sul valore della persona umana, e in particolare sulla questione dell'aborto, non ci si può attendere che la Chiesa cambi posizione.
È doveroso un ultimo accenno all'attenzione per tutto il creato perché non rimanga alla mercé degli interessi economici o di un uso indiscriminato, con l'invito a che tutti ci sentiamo chiamati a prenderci cura del mondo in cui viviamo.
Il Documento presenta quattro principi, relazionati a tensioni bipolari proprie di ogni realtà sociale, che orientano lo sviluppo della convivenza sociale e la costruzione di un popolo in cui le differenze si armonizzino all'interno di un progetto comune. Essi sono: il tempo è superiore allo spazio; l'unità prevale sul conflitto; la realtà è più importante dell'idea; il tutto è superiore alla parte.
Vi è una tensione bipolare tra pienezza e limite: il "tempo" fa riferimento all'orizzonte che ci si apre davanti, il limite è determinato dal momento che viviamo in uno spazio circoscritto. Il tempo quindi è superiore allo spazio e anche per l'evangelizzazione, richiede di tener presente l'orizzonte e la lunga strada da percorrere.
Così vi è bipolarità tra unità e conflitto. Il conflitto non può essere ignorato, tuttavia è necessario non perdere la prospettiva dell'unità. L'unità è superiore al conflitto. La solidarietà diventa, così, l'ambito vitale dove i conflitti possono generare nuova vita e il segno distintivo di questa unità è la pace, possibile perché il Signore ha vinto il mondo.
Esiste ancora una tensione bipolare tra idea e realtà. È necessario che l'idea non si separi mai dalla realtà perché quest'ultima è ben superiore all'idea. È necessario far sì che politici e dirigenti religiosi non riducano politica e fede a retorica, ma accolgano la logica dell'incarnazione della Parola realizzando opere di giustizia e carità.
Infine, anche tra globalizzazione e localizzazione si produce una tensione. Il tutto è più della parte, ma è anche più della somma delle parti stesse. È importante essere capaci di allargare lo sguardo per riconoscere quel bene più grande che non cessa di essere Buona Notizia finché non unisce tutti gli uomini nella mensa del Regno.
L'evangelizzazione implica un cammino di dialogo che l'Esortazione individua in modo particolare in tre ambiti: il dialogo con gli stati, con la società, quindi con le culture e le scienze, e quello con i credenti che non fanno parte della Chiesa cattolica. La Chiesa sprona ogni battezzato ad essere strumento di pacificazione e di testimonianza credibile di una vita riconciliata e invita a pensare ad un patto sociale e culturale che coinvolga ciascun popolo nella ricerca del bene comune.
Anche nel dialogo tra scienza, ragione e fede la Chiesa è chiamata a proporre cammini che offrano sintesi tra le metodologie proprie delle scienze empiriche e gli altri saperi come la filosofia, la teologia, la fede.
L'impegno ecumenico, poi, rende molto più credibile l'annuncio cristiano nel realizzare quella pienezza della cattolicità che le è propria. Ponendo fine alla controtestimonianza che deriva dalla divisione tra cristiani, il Pontefice invita a ricercare le tante cose che uniscono, a imparare gli uni dagli altri, ad accogliere quanto lo Spirito semina in alcuni come dono anche per gli altri.
Uno sguardo speciale è rivolto al popolo ebreo. Con esso la Chiesa condivide una parte importante delle Sacre Scritture e considera il popolo dell'Alleanza come propria radice.
Un atteggiamento di apertura caratterizza anche il dialogo con i credenti di religioni non cristiane, nonostante i fondamentalismi esistenti da ambo le parti. Questo dialogo interreligioso è condizione necessaria per la pace nel mondo e per assumere insieme il dovere di servire la giustizia e la pace. Tuttavia è necessario non dimenticare che la vera apertura implica il mantenersi fermi nella proprie convinzioni più profonde, pur rimanendo aperti a comprendere quelle dell'altro.
Una notevole importanza è da attribuirsi alla relazione con i credenti dell'Islam che oggi vivono integrati in molti Paesi, la quale richiede la disponibilità ad accogliere la loro presenza, ma anche a sentirci accolti e rispettati come cristiani nei Paesi di tradizione islamica.
Un'ultima parola è per quanti non si riconoscono parte di alcuna tradizione religiosa, ma cercano sinceramente la verità, la bontà e la bellezza. Essi possono essere preziosi alleati nell'impegno per la difesa della dignità umana, nella costruzione di una convivenza pacifica tra i popoli e nella salvaguardia del creato.
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1.2.5. Evangelizzatori con Spirito
In quest'ultimo capitolo Papa Francesco puntualizza che i cristiani sono chiamati ad essere "evangelizzatori con Spirito", aperti senza paura alla Sua azione, che infonde forza per annunciare la novità del Vangelo in ogni tempo e luogo, anche controcorrente, con una vita trasfigurata dalla presenza di Dio.
Essere "evangelizzatori con Spirito" significa essere evangelizzatori che pregano perché il fervore non si spenga, e lavorano, così da evitare la tentazione di una spiritualità intimistica, che mal si unisce con le esigenze della carità e con la stessa logica dell'Incarnazione.
Portando alla memoria l'esempio dei primi cristiani e di tanti fratelli lungo il corso della storia l'Esortazione si sofferma su alcune motivazioni che aiutino nell'oggi a imitare tali figure.
La prima motivazione per evangelizzare è l'amore di Gesù che abbiamo ricevuto e il desiderio di rispondere a tale amore. Tutta la vita di Gesù, il suo modo di trattare i poveri, la sua coerenza, la sua generosità, la sua dedizione totale, è una verità che non passa di moda perché è in grado di penetrare là dove nient'altro può arrivare. Non è la stessa cosa aver conosciuto Gesù, camminare con Lui, ascoltarlo nella sua Parola, contemplarlo, costruire il mondo con il suo Vangelo, o vivere senza di Lui.
La Parola di Dio ci invita a riconoscere che siamo popolo. Così, ricorda Papa Francesco, la missione è una passione per Gesù, ma al tempo stesso, è una passione per il suo popolo, perché Lui vuole servirsi di noi per arrivare al suo popolo amato. Solo a partire da questa appartenenza si può comprendere l'identità del cristiano.
Egli invita ogni cristiano a vivere sine glossa quanto Gesù chiede, così da sperimentare la gioia missionaria, e ricorda che l'amore è la forza spirituale che favorisce in pienezza l'incontro con Dio.
Cristo, risorto e glorioso, è la sorgente della nostra speranza e contiene una forza di vita che ha penetrato il mondo. Di questa forza ogni evangelizzatore è chiamato ad essere strumento.
L'Esortazione a questo punto ricorda l'importanza della preghiera d'intercessione, capace di commuovere il cuore di Dio e presenta come modello la preghiera di san Paolo che da una parte è contemplativa, ma dall'altra è così ricolma di persone (cfr. Fil 1,4.7), di ringraziamento a Dio per gli altri (cfr. Rom 1,8), riconoscendo, con animo grato, quanto Dio opera in ogni persona.
Per ultimo non può mancare un riferimento a Maria, senza la quale non possiamo comprendere pienamente lo spirito della nuova evangelizzazione.
Lei è la serva del Padre che trasalisce di gioia nella lode, l'amica attenta perché non manchi il vino nella nostra vita, ed è ancora lei che, con il cuore trafitto dalla spada, comprende ogni pena. Quale madre di tutti, è segno di speranza e cammina con noi.
Papa Francesco attraverso la sua Esortazione presenta in qualche modo il programma del suo pontificato portando innanzitutto la Chiesa a prendere consapevolezza che il cristianesimo è gioia perché annuncia che Dio è con noi. Per questo egli invita i cristiani a cambiare, ad uscire dalle proprie convinzioni, dalle proprie comodità per portare a tutti la gioia del Vangelo di Cristo, senza pregiudizi, né preclusioni.
Il Papa non manca di esortare nello specifico a che tutti applichino con generosità e coraggio gli orientamenti di questo suo documento, ripensando gli obiettivi, le strutture, lo stile, i metodi evangelizzatori e permettendo allo Spirito di illuminare, guidare, orientare i passi della Chiesa.
Considerando che le indicazioni del Pontefice hanno una parola significativa anche per il mio impegno di insegnante di religione nella scuola ho deciso di approfondire nei capitoli successivi il tema relativo all'accompagnamento personale nei processi di crescita come si evince dai numeri 169-173 dell'Esortazione.
4. Segnalazioni librarie
Riletture
- Rosa Luxemburg, Scritti politici, Editori Riuniti, Roma 1967, 1976, pp. 708.
- Rosa Luxemburg, Scritti scelti, Einaudi, Torino 1975, 1976, pp. CVIII + 760.
- AA. VV., Rosa Luxemburg, una vita per il socialismo, Feltrinelli, Milano 1973, 1977, pp. 168.
- Lelio Basso (a cura di), Per conoscere Rosa Luxemburg, Mondadori, Milano 1977, pp. LXXII + 360.
- Paul Froelich, Rosa Luxemburg, Rcs Rizzoli Libri, Milano 1987, pp. 474.
- Daniel Guerin, Rosa LUxemburg e la spontaneita' rivoluzionaria, Mursia, Milano 1974, pp. 176.
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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XVI)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 667 del 25 marzo 2015
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