[Nonviolenza] Voci e volti della nonviolenza. 666



 

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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XVI)

Numero 666 del 24 marzo 2015

 

In questo numero:

1. Una conferenza a Nepi

2. Anna Grazia Casieri: L'accompagnamento personale dei processi di crescita nella "Evangelii Gaudium". Capitolo primo: I documenti di Papa Francesco e le sue sollecitazioni (parte prima)

3. Segnalazioni librarie

 

1. INCONTRI. UNA CONFERENZA A NEPI

[Dall'Associazione italiana medici per l'ambiente (per contatti: tel. 3383810091, e-mail: isde.viterbo at gmail.com) riceviamo e diffondiamo.

Antonella Litta svolge l'attivita' di medico di medicina generale a Nepi (Vt). E' specialista in Reumatologia ed ha condotto una intensa attivita' di ricerca scientifica presso l'Universita' di Roma "la Sapienza" e contribuito alla realizzazione di uno tra i primi e piu' importanti studi scientifici italiani sull'interazione tra campi elettromagnetici e sistemi viventi, pubblicato sulla prestigiosa rivista "Clinical and Esperimental Rheumatology", n. 11, pp. 41-47, 1993. E' referente locale dell'Associazione italiana medici per l'ambiente (International Society of Doctors for the Environment - Italia) e per questa associazione e' responsabile e coordinatrice nazionale del gruppo di studio su "Trasporto aereo come fattore d'inquinamento ambientale e danno alla salute". E' referente per l'Ordine dei medici di Viterbo per l'iniziativa congiunta Fnomceo-Isde "Tutela del diritto individuale e collettivo alla salute e ad un ambiente salubre". Gia' responsabile dell'associazione Aires-onlus (Associazione internazionale ricerca e salute) e' stata organizzatrice di numerosi convegni medico-scientifici. Presta attivita' di medico volontario nei paesi africani. E' stata consigliera comunale. E' partecipe e sostenitrice di programmi di solidarieta' locali ed internazionali. E' impegnata nell'Associazione nazionale partigiani d'Italia (Anpi) a livello locale e provinciale. Fa parte di un comitato che promuove il diritto allo studio e il diritto all'abitare con iniziative di solidarieta' concreta. Presidente del Comitato "Nepi per la pace", e' impegnata in progetti di educazione alla pace, alla legalita', alla nonviolenza e al rispetto dell'ambiente. E' la portavoce del Comitato che si e' opposto vittoriosamente all'insensato ed illegale mega-aeroporto di Viterbo salvando la preziosa area naturalistica, archeologica e termale del Bullicame di dantesca memoria e che s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, in difesa della salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti. Come rappresentante dell'Associazione italiana medici per l'ambiente (Isde-Italia) ha promosso una rilevante iniziativa per il risanamento delle acque del lago di Vico e in difesa della salute della popolazione dei comuni circumlacuali. E' oggi in Italia figura di riferimento nella denuncia della presenza dell'arsenico nelle acque destinate al consumo umano, e nella proposta di iniziative specifiche e adeguate da parte delle istituzioni per la dearsenificazione delle acque e la difesa della salute della popolazione. Per il suo impegno in difesa di ambiente, salute e diritti alla dottoressa Antonella Litta e' stato attribuito il 6 marzo 2013 a Roma il prestigioso "Premio Donne, Pace e Ambiente Wangari Maathai" con la motivazione: "per l'impegno a tutela della salute dei cittadini e della salubrita' del territorio". Il 18 ottobre 2013 ad Arezzo in occasione delle settime "Giornate italiane mediche per l'ambiente" le e' stato conferito il prestigioso riconoscimento da parte della "International Society of Doctors for the Environment" con la motivazione: "per la convinta testimonianza, il costante impegno, l'attenzione alla formazione e all'informazione sulle principali problematiche nell'ambito dell'ambiente e della salute". Il 25 novembre 2013 a Salerno le e' stato attribuito il prestigioso Premio "Trotula de Ruggiero"]

 

"Arsenico: cosa e' bene sapere, ricordare e fare". Dalla conferenza di Nepi del 22 marzo 2015, nella Giornata internazionale dell'acqua, un forte appello per il diritto alla salute e precise indicazioni per il "risarcimento sanitario" delle popolazioni esposte per oltre un decennio a valori fuorilegge di arsenico, sostanza tossica e cancerogena, nelle acque ad uso umano.

Con la partecipazione attenta e appassionata di numerosi cittadini di Nepi e di vari comuni limitrofi si e' svolta domenica 22 marzo 2015 nella Sala Nobile del Comune di Nepi la conferenza sul tema "Arsenico: cosa e' bene sapere, ricordare e fare".

La dottoressa Antonella Litta, referente dell'Associazione italiana medici per l'ambiente - Isde (International Society of Doctors for the Environment), ha introdotto la sua relazione medico-scientifica con la considerazione che proprio dal mancato rispetto dell'articolo 32 della Carta costituzionale in materia di tutela della salute, cosi' come dal mancato rispetto del Decreto Legislativo 31/2001 - che fissa i parametri di salubrita' e potabilita' delle acque ad uso umano - attraverso il ricorso all'istituto della deroga, ha avuto origine l'esposizione cronica all'arsenico, sostanza tossica e cancerogena, di oltre un milione di cittadini italiani.

Per oltre un decennio, ha proseguito la dottoressa Litta, le popolazioni  interessate da questa problematica ambientale e sanitaria, ed in particolare quelle del Lazio, sono state molto spesso se non quasi del tutto lasciate all'oscuro circa i gravissimi rischi correlati all'assunzione di acqua ed alimenti contaminati da arsenico ed esposte a valori di arsenico fuorilegge, che hanno raggiunto anche i 50 microgrammi/litro, ovvero cinque volte il limite di legge previsto per questa sostanza tossica e cancerogena per la quale non esiste alcuna soglia di assoluta ed accettabile certezza per esposizioni croniche: l'Organizzazione mondiale della Sanita' raccomanda infatti di porre in atto interventi ed azioni per portare questo valore il piu' possibile vicino allo zero.

Eppure i periodi di deroga, come disposto dal succitato Decreto legislativo, avrebbero dovuto avere la durata piu' breve possibile e comunque non superiore ai tre anni durante i quali si sarebbero dovuti realizzare impianti capaci di ridurre ed eliminare l'arsenico dalle acque e cosi' risolvere definitivamente ed efficacemente questo problema.

Nei periodi di deroga, sempre secondo quanto previsto anche dalle disposizione europee, alle donne in gravidanza e ai bambini (per i noti effetti dell'arsenico anche sullo sviluppo cerebrale - incremento di disturbi neurocomportamentali e neoplasie -) si sarebbe dovuto assicurare acqua con il minor quantitativo possibile di arsenico, sempre al di sotto di 10 microgrammi/litro, meglio se a contenuto zero, e acqua con le stesse caratteristiche avrebbero dovuto utilizzare le industrie alimentari.

L'arsenico e' infatti classificato dall'Agenzia internazionale di ricerca sul cancro (I.A.R.C.)  come elemento cancerogeno certo di classe 1 e posto in diretta correlazione con molte patologie oncologiche e in particolare con il tumore del polmone, della vescica, del rene e della cute; una consistente documentazione scientifica lo correla anche ai tumori del fegato e del colon. Sempre l'assunzione cronica di questo elemento e' indicata anche quale responsabile di patologie cardiovascolari; neurologiche; diabete di tipo 2; lesioni cutanee; disturbi respiratori; disturbi della sfera riproduttiva e malattie ematologiche.

L'esposizione ultradecennale e fuorilegge a questa sostanza, insieme alla mancanza di una corretta e diffusa informazione, e insieme alla mancata  distribuzione di acqua idonea alle persone e alle industrie alimentari, non e' rimasta senza conseguenze per la salute delle popolazioni in termini di aumento di rischio per cause di morte e malattie correlate all'esposizione all'arsenico, come purtroppo certificato da diversi studi epidemiologici che non hanno fatto altro che confermare quanto gia' evidenziato da decenni di studi e ricerche internazionali; come ha evidenziato la referente dell'Isde citando gli studi condotti anche sulla popolazione residente nella Provincia di Viterbo e in particolare lo studio "Valutazione Epidemiologica degli effetti sulla salute in relazione alla contaminazione da Arsenico nelle acque potabili nelle popolazioni residenti nei comuni del Lazio", realizzato dal Dipartimento di Epidemiologia del Servizio Sanitario Regionale del Lazio; lo studio dell'Istituto Superiore di Sanita' "Arsenico urinario speciato quale biomarcatore dell'esposizione alimentare all'arsenico inorganico in popolazioni residenti in aree ricche di arsenico nel Lazio"; i risultati dello studio "Sepias - Sorveglianza epidemiologica in aree interessate da inquinamento ambientale da arsenico di origine naturale o antropica" realizzato dall'Istituto di Fisiologia Clinica del Consiglio nazionale delle ricerche, e il recentissimo studio "Valutazione Epidemiologica degli effetti sulla salute in relazione alla contaminazione da Arsenico nelle acque potabili: studio di coorte nella popolazione residente nella provincia di Viterbo, 1990-2010" concluso nel 2014 e realizzato sempre dal Dipartimento di Epidemiologia del Servizio Sanitario Regionale del Lazio che ha dimostrato e di nuovo confermato un gradiente di rischio per cause di morte e malattie al crescere del livello di esposizione all'arsenico nelle acque; in particolare quest'ultimo studio ha evidenziato e riconfermato un eccesso di mortalita' per il tumore del polmone, le malattie del sistema circolatorio, le malattie respiratorie e il diabete.

La dottoressa Litta trattando poi la specifica situazione del Comune di Nepi, uno dei comuni con i piu' alti livelli di arsenico e fluoro dell'area viterbese, ha fatto notare come debba essere ottimizzata la gestione dei dearsenificatori in quanto solo il loro funzionamento efficiente e costante puo' garantire subito acqua salubre e potabile alla cittadinanza e come sia necessario intervenire per ridurre l'esposizione ad altri fattori inquinanti delle persone, e in particolare delle donne in gravidanza e dei bambini, istituendo anche un registro comunale degli impianti e delle attivita' ad elevato impatto ambientale e sanitario.

La rappresentante dell'Associazione  italiana medici per l'ambiente ha rinnovato un forte appello alle istituzioni affinche' sia garantito a tutte le persone l'accesso all'acqua potabile; e un altrettanto forte appello affinche' le istituzioni impediscano che ulteriori agenti inquinanti possano contaminare le falde acquifere.

A conclusione della relazione la dottoressa  Litta ha rinnovato l'appello (espresso piu' volte anche congiuntamente alla sezione viterbese della Fimmg - Federazione italiana medici di medicina generale e all'Ordine dei medici di Viterbo) perche' nei confronti delle popolazioni esposte si attui subito una sorta di "risarcimento sanitario" ovvero: informazione corretta e diffusa rivolta a tutti i cittadini residenti nei Comuni della provincia di Viterbo e in particolare nelle scuole, negli ambulatori medici, nelle strutture militari e carcerarie; studi di monitoraggio dello stato di salute delle persone e in particolare dei bambini per patologie correlabili anche all'esposizione all'arsenico (disturbi del neurocomportamento e neoplasie dell'eta' pediatrica), attraverso progetti di prevenzione che prevedano l'esecuzione di visite ed esami mirati, totalmente gratuiti e in strutture pubbliche e che possano almeno in parte "risarcire" a livello sanitario il danno subito dall'esposizione ad una sostanza tossica e cancerogena come l'arsenico.

 

2. RIFLESSIONE. ANNA GRAZIA CASIERI: L'ACCOMPAGNAMENTO PERSONALE DEI PROCESSI DI CRESCITA NELLA "EVANGELII GAUDIUM". CAPITOLO PRIMO: I DOCUMENTI DI PAPA FRANCESCO E LE SUE SOLLECITAZIONI (PARTE PRIMA)

[Ringraziamo di cuore suor Anna Grazia Casieri per averci messo a disposizione il testo della sua tesi di laurea magistrale in Scienze religiose, sostenuta presso la Facolta' Teologica Pugliese - Istituto superiore di Scienze religiose "Giovanni Paolo II" di Foggia nell'anno accademico 2014-2015, dal titolo L'accompagnamento personale dei processi di crescita nella "Evangelii Gaudium". In questa riproduzione abbiamo omesso le molte, preziose note che arricchiscono il testo.

Suor Anna Grazia Casieri, della congregazione delle murialdine, gia' missionaria in Messico, impegnata in attivita' educative e di solidarieta', insegna nella scuola pubblica a Foggia. E' da sempre una importante collaboratrice del "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo]

 

Papa Francesco viene eletto Sommo Pontefice il 13 marzo 2013. A poco più di un anno dall'inizio del suo pontificato egli ha offerto alla comunità dei credenti ben due documenti di particolare rilevanza: Lumen fidei ed Evangelii Gaudium.

Lumen fidei è la prima enciclica di Papa Francesco, pubblicata il 29 giugno 2013, nell'anno della fede. Il testo, frutto della collaborazione di due pontefici, è stato iniziato da Papa Benedetto XVI durante il suo pontificato, e poi consegnato al suo successore Francesco che ne ha esteso e firmato il lavoro. In essa viene affrontato il tema della fede, in continuità con le due precedenti encicliche di papa Benedetto XVI, Deus caritas est e Spe Salvi, dedicate rispettivamente alla carità e alla speranza, chiudendo così la trilogia sulle virtù teologali che costituiscono, in un mirabile intreccio, il dinamismo dell'esistenza cristiana verso la comunione piena con Dio.

L'Enciclica è diretta soprattutto a confermare nella fede in Gesù Cristo coloro che in essa già si riconoscono, ma è indirizzata anche a suscitare un dialogo sincero e rispettoso con chi, non credente, è interessato alla predicazione di Gesù di Nazareth.

È senz'altro positivo, per la società in cui viviamo, soffermarci a dialogare su di una realtà così importante come la fede, che si richiama alla predicazione e alla figura di Gesù. Ciò costituisce, come è noto, anche uno degli obiettivi principali del Concilio Vaticano II, voluto da Giovanni XXIII, e del ministero dei Papi che, ciascuno con la sua sensibilità e il suo apporto, da allora sino ad oggi hanno camminato nel solco tracciato dal Concilio.

Evangelii Gaudium è la prima Esortazione apostolica di Papa Francesco, promulgata il 24 novembre 2013, ricorrenza della solennità di Gesù Cristo Re dell'Universo. Essa non è semplicemente occasionata dalla celebrazione della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi sul tema La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana, ma esprime le preoccupazioni che muovono il Pontefice in questo momento concreto della vita della Chiesa.

Papa Francesco pensa ad una Chiesa che vuole uscire da se stessa e raggiungere tutti. Annunciare che il Vangelo è amore e misericordia deve essere, allora, il primo impegno della Chiesa perché la proposta evangelica si concentri su ciò che è essenziale, su ciò che è capace di appassionare e attirare di più perché in grado di far ardere il cuore. L'annuncio del Vangelo è il primo compito che tutti gli altri contiene.

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1.1. L'enciclica Lumen Fidei

Con l'espressione "luce della fede" la tradizione della Chiesa indica il grande dono portato da Gesù.

Nell'epoca moderna si è pensato che questa luce, la quale appare come una luce illusoria che impedisce il cammino di uomini liberi, non potesse bastare per l'uomo, desideroso di esplorare il futuro con la propria ragione. Così alla fede si è dato spazio lì dove la ragione non poteva illuminare, diventando al massimo una luce capace di riscaldare il cuore in forma privata e non di proporsi come luce oggettiva. Ma, poi, si è dovuto riconoscere che la luce della ragione non è in grado di illuminare abbastanza il futuro, lasciando spesso l'uomo nella paura dell'ignoto o contento solo di piccole luci che illuminano il breve istante.

È urgente, pertanto, recuperare il carattere di luce proprio della fede, capace di illuminare tutta l'esistenza umana. Una fede che nasce da una fonte originaria: l'incontro con il Dio vivente che ci chiama e ci svela il suo amore su cui fare affidamento per costruire la vita. La fede che riceviamo come dono soprannaturale «procede dal passato, è luce di una memoria fondante, quella della vita di Gesù, dove si è manifestato il suo amore pienamente affidabile, capace di vincere la morte. Allo stesso tempo, però, poiché Cristo è risorto e ci attira oltre la morte, la fede è luce che [.] schiude davanti a noi orizzonti grandi, e ci porta al di là del nostro "io" isolato verso l'ampiezza della comunione». È proprio questa luce della fede, che illumina il presente come stella capace di mostrare gli orizzonti del cammino, l'oggetto dell'Enciclica.

L'anno della fede, indetto da Benedetto XVI nel 50° anniversario dell'apertura del Concilio Vaticano II, richiama come il Concilio abbia invitato a rimettere al centro della vita ecclesiale e personale il primato di Dio in Cristo e abbia considerato la fede come capace di arricchire l'esistenza umana in tutte le sue dimensioni.

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1.1.1. Abbiamo creduto all'amore

Per comprendere cosa sia la fede è necessario ripercorrere il cammino degli uomini credenti, verificando in primo luogo come essa è testimoniata nell'Antico Testamento. Un posto singolare appartiene ad Abramo, nostro padre nella fede. Dio gli rivolge una Parola, Abramo sente la sua voce e risponde. Così la fede assume un carattere personale, è fede in un Dio capace di entrare in contatto con l'uomo e di stabilire con lui un'alleanza, è risposta ad una Parola che interpella personalmente. Per Abramo la fede in Dio conferma che la sua vita non procede dal nulla, ma da una chiamata e amore personali, che susciteranno per lui un figlio e garantiranno la promessa futura al di là di ogni minaccia.

Così nella storia del popolo d'Israele, la fede è chiamata ad un lungo cammino per ereditare la terra promessa e il popolo svilupperà la propria confessione di fede come racconto dei benefici di Dio, del suo agire per liberare e guidare il popolo. La storia d'Israele ci mostra anche la tentazione dell'incredulità del popolo, che non sopporta il mistero del volto nascosto di Dio, né il tempo dell'attesa. Così capita con la fede, che per sua natura ci chiede di rinunciare al possesso immediato di quanto la visione sembra offrirci. Per cui credere è affidarsi all'amore misericordioso, che sostiene e orienta l'esistenza ed è capace di raddrizzare le storture della nostra storia.

Nella fede d'Israele emerge ancora la figura di Mosè, mediatore tra Dio e il popolo, grazie al quale Israele ha imparato a camminare unito.

Nel Nuovo Testamento gli evangelisti colgono nell'ora della croce di Gesù l'espressione culminante dello sguardo di fede, perché in quell'ora vi è la massima prova dell'Amore senza limiti, che arriva fino a non sottrarsi alla morte. Tale amore svela la sua affidabilità alla luce della Risurrezione (cfr. 1Cor 15,17), capace di illuminare anche le tenebre della morte.

Un altro aspetto della fede è che essa non solo guarda a Gesù, ma guarda il mondo dal punto di vista di Gesù, con i suoi occhi. E così come nella vita siamo costantemente chiamati a "credere che" è vero quanto Gesù ci dice (cfr. Gv 14,10; 20,31), siamo chiamati a "credere a" Gesù quando accettiamo la sua Parola, siamo chiamati a "credere in" Gesù quando lo accogliamo nella vita, ci affidiamo a Lui e lo seguiamo (cfr. Gv 2,11; 6,47; 12,44). La fede nel Figlio di Dio fatto uomo in Gesù non ci separa dalla realtà, anzi ci permette di scoprire quanto Dio ama il mondo e lo orienta verso di Sé.

San Paolo, infine, ci ricorda che colui che accetta il dono della fede è trasformato in una creatura nuova, diventa figlio nel Figlio.

Ecco la novità alla quale ci porta la fede: trasformata dall'Amore, l'esistenza si dilata per essere abitata da un Altro e vivere in Lui (cfr. Gal 2,20) grazie all'azione dello Spirito. In questo modo l'esistenza credente diventa esistenza ecclesiale e la fede si confessa a partire dall'interno del corpo di Cristo, come comunione concreta dei credenti.

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1.1.2. Se non crederete, non comprenderete

Il testo di Is 7,9: «Se non crederete, non comprenderete» ci aiuta a comprendere che la fede, per non essere solo proiezione dei nostri desideri o un bel sentimento incapace di sorreggere il cammino della vita, ha bisogno di essere accompagnata dalla verità, che è capace di comprendere l'agire di Dio ed è fedele alle sue promesse.

Ciò è particolarmente necessario nella cultura contemporanea che accetta come verità solo quanto l'uomo riesce a costruire e misurare con la sua scienza o, d'altra parte, che riconosce le verità del singolo, valide esclusivamente per l'individuo e non capaci di servire il bene comune.

L'Enciclica, riflettendo sul tipo di conoscenza propria della fede, evidenzia come nell'intreccio della fede con l'amore si comprenda la forma di conoscenza propria della stessa fede, perché quando riceviamo l'amore di Dio è allora che vediamo con occhi nuovi la realtà: senza amore la verità diventa fredda, oppressiva; per chi ama, invece, l'amore è esperienza di verità capace di leggere la realtà in modo nuovo.

Questa scoperta dell'amore come fonte di conoscenza trova espressione nella concezione biblica della fede. Per Israele la conoscenza della fede, che nasce dall'alleanza d'amore di Dio, è conoscenza che illumina il cammino nella storia ed evidenzia come verità e fedeltà camminino insieme.

La conoscenza della fede è presentata nella Bibbia, e in particolare in san Paolo, come ascolto della Parola a cui ci si apre (cfr. Rom 10,17). Essa è legata al trascorrere del tempo e presuppone un cammino di sequela.

La connessione tra il vedere e l'ascoltare, come organi di conoscenza della fede, appare, poi, con la massima chiarezza nel Vangelo di Giovanni. In esso credere è ascoltare, ma nello stesso tempo vedere. Questa sintesi tra l'udire e il vedere è possibile a partire dalla persona di Gesù. La verità che la fede ci dischiude è una verità centrata sull'incontro con Cristo, sulla percezione della sua presenza. Infine, insieme all'ascoltare e al vedere, la fede è anche un toccare: con la Sua Incarnazione il Verbo ci ha toccato e attraverso i Sacramenti continua a toccarci.

I primi cristiani, mossi dal desiderio di illuminare la realtà a partire dall'amore di Dio, che si è manifestato in Gesù, hanno trovato nell'incontro del messaggio evangelico con il pensiero filosofico del mondo antico un passaggio decisivo perché il Vangelo potesse arrivasse a tutti i popoli e per favorire una feconda interazione tra fede e ragione. Un esempio di integrazione tra la ragione - con il suo desiderio di verità - e la fede è presente nella vita di Agostino. Da una parte egli accoglie la filosofia greca della luce che discende dall'alto per illuminare le cose, per cui tutte possono riflettere la bontà di Dio, e dall'altra evidenzia come il momento decisivo

nel suo cammino di fede non è stato quello della visione di Dio, quanto piuttosto quello dell'ascolto di un Dio capace di parlare all'uomo, di accompagnare il suo cammino nella storia, di manifestarsi nel tempo dell'ascolto e della risposta.

«La luce dell'amore, propria della fede, può illuminare gli interrogativi del nostro tempo sulla verità». Oggi si parla di una verità valida solo per la vita individuale; ci fa paura una verità comune talvolta perché la identifichiamo con l'imposizione dei totalitarismi. Però, se questa verità si schiude dall'incontro con l'Altro e con gli altri, allora essa può far parte del bene comune, che non s'impone con la violenza e non schiaccia il singolo, ma, nascendo dall'amore, arriva al centro di ogni uomo.

Per ultimo, la luce della fede non è aliena al mondo materiale, anzi riconosce che nella materia si apre un cammino di armonia e di comprensione sempre più ampio. Lo sguardo della scienza riceve così un beneficio dalla fede che impedisce alla ricerca di essere soddisfatta nelle sue formule, e invita alla meraviglia davanti al mistero del creato, allargando gli orizzonti della ragione.

La luce della fede illumina il cammino di quanti cercano Dio. La Lettera agli Ebrei fa riferimento chiaramente a quei giusti che prima dell'Alleanza con Abramo già cercavano Dio con fede (cfr. Eb 11,4-7). Ciò è a testimonianza che il cammino dell'uomo religioso passa attraverso la confessione di un Dio che si prende cura dell'uomo e che si fa trovare da lui nelle esperienze della vita quotidiana, nel cosmo intero. Immagine di questa ricerca sono i Magi, che si lasciano guidare da una stella (cfr. Mt 2,1-12) e si mettono in cammino per cercare Dio.

Il cristiano crede che tutta la luce di Dio si è concentrata in Gesù, in cui si svela l'origine e la consumazione della storia. Non c'è esperienza umana che non possa essere accolta, illuminata e purificata da questa luce.

La fede, pertanto, riguarda anche la vita di quegli uomini che, pur non credendo, non cessano di cercare Dio. Nella misura in cui essi si aprono all'amore e si mettono in cammino con quella luce che riescono a cogliere, pur senza saperlo già vivono nella strada verso la fede.

La fede, poi, ci invita a esplorare sempre di più l'orizzonte che illumina, così da conoscere meglio ciò che amiamo. Da questo desiderio nasce la teologia cristiana, che cerca l'intelligenza più profonda dell'autorivelazione di Dio, che culmina nel Mistero di Cristo. Così la fede orienta la ragione ad aprirsi alla luce che viene da Dio, per poterlo conoscere in modo più profondo.

Infine, la teologia condivide la forma ecclesiale della fede, perché ne è

soggetto la Chiesa, al cui servizio essa si pone per custodire e approfondire il credere di tutti. Per questo è necessario che la ricerca teologica sia portata avanti in comunione con il Magistero del Papa e dei Vescovi, che ne assicurano il contatto con la fonte originaria nella sua integrità.

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1.1.3. Vi trasmetto quello che ho ricevuto

Chi si è aperto all'amore di Dio non può tenere questo dono per sé. La Parola ricevuta si fa risposta e annuncio, invitando altri a credere perché nasce da un incontro che accade nella storia e che attraverso una catena ininterrotta di testimonianze mostra a noi oggi il volto di Gesù.

È attraverso la Tradizione Apostolica che la Chiesa conserva un contatto vivo con la memoria fondante perché quanto trasmesso dagli Apostoli racchiude ciò che serve per accrescere la fede del popolo di Dio.

Ciò che la Chiesa trasmette è la luce nuova che nasce dall'incontro con Dio e coinvolge tutta la persona aprendola alla comunione.

La trasmissione della fede avviene in primo luogo attraverso i sacramenti. Con il Battesimo, che ci rende nuove creature e figli adottivi di Dio, l'uomo riceve anche una dottrina da professare e una forma di vita che lo orienta verso il bene, entrando a far parte della comunione ecclesiale.

La struttura del Sacramento evidenzia l'importanza della sinergia tra Chiesa e famiglia nella trasmissione della fede. I genitori, in particolare, sono chiamati a generare i figli alla vita e, attraverso il Battesimo, al dono della fede, che verrà ulteriormente corroborato nel Sacramento della Confermazione in cui si riceve il sigillo dello Spirito Santo.

La natura sacramentale della fede trova nell'Eucaristia la sua espressione massima. Essa è, infatti, da una parte attualizzazione del mistero in cui il passato mostra la sua capacità di anticipare la pienezza finale; dall'altra, è imparare a vedere la profondità del reale in cui, attraverso la trasformazione del pane e del vino nel corpo e sangue di Cristo, si fa presente il cammino pasquale verso il Padre.

Con la professione di fede, infine, il credente è invitato ad entrare nel mistero che professa e a lasciarsi trasformare da esso. Il Credo con la sua struttura trinitaria esprime come questo Dio comunione, scambio d'amore tra Padre e Figlio nello Spirito, abbracci la storia dell'uomo e lo introduca nel suo dinamismo di comunione, che ha nel Padre origine e meta finale.

Nella trasmissione fedele della memoria della Chiesa sono essenziali due elementi: la preghiera del Padre nostro e la connessione tra fede e decalogo. Nella preghiera del Padre nostro il cristiano impara a condividere la stessa esperienza spirituale di Cristo e inizia a vedere con i suoi occhi.

Altrettanto importante è la connessione tra fede e decalogo. La fede appare come cammino aperto dall'incontro con il Dio vivente. Alla luce della fede, poi, il Decalogo si propone non come insieme di precetti negativi, ma come indicazioni concrete per entrare in dialogo con Dio e appare, così, come il cammino della gratitudine, della risposta d'amore, che riceve nuova luce da quanto Gesù insegna (cfr. Mt 5-7).

Oggi sembra difficile un'unità nella stessa verità, quasi che essa si opponga alla libertà di pensiero e all'autonomia del soggetto. L'esperienza dell'amore che è a misura di quello divino, ci dice, però, che proprio in esso è possibile imparare a vedere la realtà con gli occhi dell'altro capace di arricchire il nostro sguardo. Questa è la gioia della fede.

La fede, poi, è unica in primo luogo per l'unità del Dio conosciuto e confessato e perché si rivolge all'unico Signore, alla storia concreta di Gesù che Egli condivide con noi. Infine, è una perché è condivisa da tutta la Chiesa. E dal momento che la fede è una sola, ne deriva che essa debba essere confessata in tutta la sua integrità; negarne una parte equivarrebbe a danneggiare il tutto. È necessario vigilare perché si trasmetta tutto il deposito della fede anche nei punti più difficili da accettare, dal momento che togliere qualcosa alla fede è togliere qualcosa alla verità della comunione.

La successione apostolica è il dono dato dal Signore alla Chiesa come

servizio all'unità della fede e alla sua trasmissione integra, garantendo, così, la continuità della memoria della Chiesa e il poter attingere con certezza alla fonte da cui sorge la fede. Essa poggia sulla fedeltà dei testimoni che il Signore ha scelto per tale compito. Per questo, attraverso il Magistero, che è affidabile perché si affida alla Parola che ascolta, custodisce ed espone, arriva a noi, integra, la Volontà di Dio e con essa la gioia di poterla compiere in pienezza.

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1.1.4. Cambiare il mondo

La fede rende saldi e illumina i rapporti tra gli uomini perché nasce dall'amore e segue la dinamica dell'amore di Dio. Proprio perché connessa con l'amore, essa si pone al servizio della giustizia, del diritto e della pace.

La luce della fede valorizza la ricchezza delle relazioni umane, la loro capacità di essere affidabili, di arricchire la vita comune; non allontana dal mondo, ma fa sì che l'unità tra gli uomini sia fondata sulla gioia che può suscitare la presenza dell'altro, diventando, così, servizio al bene comune.

Il primo ambito in cui la fede illumina la città degli uomini è la famiglia. Il promettersi un amore che sia per sempre è possibile quando si scopre di essere parte di un disegno più grande dei propri progetti.

Nel nucleo familiare la fede accompagna tutte le età della vita a partire dal momento della generazione dei figli in cui la coppia è chiamata a riconoscere l'amore creatore di Dio che affida all'uomo il mistero di una nuova vita.

Nella "modernità" si è cercato di costruire la fraternità universale tra gli uomini fondandola sull'uguaglianza, ma di fatto se questa fraternità è privata del riferimento ad un Padre comune, essa non riesce a sussistere. Nel procedere della storia della salvezza l'uomo scopre che Dio rende tutta l'umanità partecipe dell'unica benedizione che trova in Gesù la sua pienezza, affinché tutti diventino uno. Al centro della fede biblica c'è l'amore di Dio e il suo disegno di salvezza che abbraccia tutta l'umanità e l'intera creazione.

La fede, quindi, nel rivelarci l'amore di Dio creatore, ci fa rispettare maggiormente la natura come dimora a noi affidata perché sia coltivata e custodita; ci aiuta a trovare modelli di sviluppo che non si basino solo sull'utilità e sul profitto; ci porta a individuare forma giuste di governo in cui l'autorità che viene da Dio è a servizio del bene comune.

La fede afferma la possibilità del perdono perché il bene è più forte del male e l'unità è superiore al conflitto.

La luce della fede, poi, non ci fa dimenticare le sofferenze del mondo. Contemplando, infatti, l'unione di Cristo con il Padre anche sulla croce, il cristiano impara a partecipare allo stesso sguardo di Gesù, per cui anche la morte può essere vissuta come l'ultima chiamata della fede.

Fede, speranza e carità abbracciano, così, le preoccupazioni di tutti gli uomini, in cammino verso quella dimora eterna che Dio ha inaugurato in Cristo.

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1.2. L'Esortazione apostolica Evangelii Gaudium

L'Esortazione apostolica post-sinodale Evangelii Gaudium indica le linee per una nuova evangelizzazione e si compone di un'introduzione e cinque capitoli nei quali si sottolinea la gioia di comunicare il Vangelo e la necessità di una nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede.

Significative le parole di Papa Francesco nel suo messaggio rivolto a tutto il popolo di Dio in occasione della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi in cui ricorda che condurre gli uomini del nostro tempo a Gesù è urgenza che tocca tutte le regioni del mondo, di antica e di recente evangelizzazione, inserendosi nel lungo cammino di proclamazione del Vangelo che, dai primi secoli dell'era cristiana al presente, ha percorso la storia e ha edificato comunità di credenti in tutte le parti del mondo.

Nell'introduzione del Documento si puntualizza come la gioia del Vangelo debba riempire cuore e vita di quanti si incontrano con Gesù ed essere quell'elemento che marca la nuova tappa evangelizzatrice della Chiesa. Una gioia che s'incontra, e talvolta scontra, con le grandi problematiche del mondo attuale, in cui si corre il rischio di non avere più spazio per gli altri, per ascoltare la voce dell'Altro, di Dio, e non palpiti più l'entusiasmo di fare il bene.

Papa Francesco invita con insistenza ogni cristiano a prendere la decisione a lasciarsi incontrare da Gesù Cristo perché «nessuno è escluso dalla gioia portata dal Signore». Lui è l'unico che ci permette ogni volta di rialzare la testa e ricominciare, qualora ci fossimo allontanati. La sua tenerezza mai delude e sempre può restituirci la gioia.

Il Pontefice evidenzia come gli stessi libri dell'Antico Testamento abbiano esaltato la gioia della salvezza che sarebbe diventata sovrabbondante nei tempi messianici, e lo stesso Vangelo, dove risplende gloriosa la croce di Cristo, presenti con insistenza l'invito alla gioia che avvolgeva e inondava quanti aderivano alla Parola.

Una gioia che attinge ancora oggi alla fonte dell'amore di Dio manifestatosi in pienezza in una Persona. È solo grazie a quest'incontro che possiamo essere pienamente uomini perché permettiamo a Dio di condurci al di là di noi stessi, al fine di raggiungere il nostro essere più vero.

Il Documento richiama la Chiesa all'impegno evangelizzatore in cui recuperare e accrescere il fervore e la gioia dell'annuncio. È importante che questo nostro mondo riceva la Buona Novella da evangelizzatori la cui vita irradi fervore perché, coscienti di aver ricevuto la gioia del Cristo, si appassionano alla missione di comunicare la vita agli altri.

Cristo è quel "Vangelo eterno", quella fonte di novità capace di rinnovare la vita di ogni persona e della comunità, anche in epoche oscure e fragili. È Lui che è capace di rompere quella noia nella quale spesso pretendiamo di imprigionarlo, sorprendendoci con la sua costante creatività: «È Lui il primo e il più grande evangelizzatore».

La Chiesa è chiamata a ricordare e manifestare che l'iniziativa è sempre di Dio, perché è Lui che ci ha amato per primo (1Gv 4,10) ed è Lui solo che fa crescere (1Cor 3,7); è Lui che ci chiede tutto, ma nello stesso tempo ci offre tutto.

Eppure la novità di questa missione non può non far memoria, con il cuore colmo di gratitudine, del proprio cammino di fede. Così è stato per Israele, questo ha voluto Gesù nell'Eucaristia, memoria quotidiana della Chiesa. E nel fare memoria si rendono presenti anche tutti coloro che hanno contribuito in modo speciale a far germogliare la nostra fede e la nostra gioia credente.

Papa Francesco ricorda come l'evangelizzazione è impegno di tutti e fondamentalmente si realizza in tre ambiti.

In primo luogo c'è l'ambito della pastorale ordinaria, che si orienta a far sì che i credenti rispondano in modo sempre più consapevole e pieno all'amore di Dio. Essa è rivolta in primo luogo a quanti già frequentano la Comunità e celebrano con costanza l'Eucaristia domenicale, ma anche a coloro che, pur animati da una fede intensa e sincera, tuttavia non sono fedeli nella partecipazione all'Eucaristia.

Il secondo ambito è quello che la Chiesa, nella sua attenta maternità, rivolge a quanti, pur battezzati, di fatto non vivono più le esigenze del battesimo perché si sono allontanati dalla Chiesa e dalla fede, affinché venga loro restituita la gioia di credere e il desiderio di seguire con impegno il Vangelo.

Il terzo ambito rimarca che l'evangelizzazione è essenzialmente connessa con l'annuncio del Vangelo a quanti ancora non conoscono Gesù Cristo o lo hanno sempre rifiutato, molti dei quali cercano Dio segretamente, mossi dalla nostalgia del suo volto, anche in paesi di antica

tradizione cristiana.

L'attività missionaria «rappresenta, ancor oggi, la massima sfida per la Chiesa», e i vescovi latinoamericani affermano quanto sia necessario passare «da una pastorale di semplice conservazione ad una pastorale decisamente missionaria».

Concludendo l'introduzione al Documento, Papa Francesco evidenzia che i temi connessi all'evangelizzazione del mondo sono innumerevoli, ma non sarà oggetto dell'Esortazione trattarli in modo particolareggiato. Sarà sua attenzione, piuttosto, proporre alcune linee che servano da orientamento per una nuova tappa evangelizzatrice. Nello specifico verranno prese in esame talune questioni di importante incidenza pratica nel delineare un nuovo stile evangelizzatore, e in particolare la riforma della Chiesa in uscita missionaria, le tentazioni degli operatori pastorali, la Chiesa intesa come la totalità del Popolo di Dio che evangelizza, l'omelia e la sua preparazione, l'inclusione sociale dei poveri, la pace e il dialogo sociale, le motivazioni spirituali per l'impegno missionario.

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1.2.1. La trasformazione missionaria della Chiesa

L'evangelizzazione obbedisce al mandato di Gesù di andare, fare discepoli, battezzare e insegnare. In tutta la Parola di Dio emerge questo dinamismo di "uscita" che caratterizza l'atteggiamento dei credenti. Così è stato per Abramo (cfr. Gen 12,1-3), per Mosè (cfr. Es 3,10.17), per Geremia (cfr. Ger 1,7), così è stato per gli apostoli (cfr. Mt 28,19-20).

Anche oggi si rinnova per noi questo invito di Gesù ad andare, ad «uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo» per diffondere quella gioia che da esso emana e che riempie la vita della comunità. Questa gioia missionaria è vissuta in pienezza da Gesù (cfr. Lc 10,21) ed è sperimentata dai discepoli da Lui inviati in missione (cfr. Lc 10,17) e da quanti si convertono nell'ascoltare la predicazione degli apostoli (cfr. At 2,6).

La Chiesa deve accettare che la Parola sia efficace nella sua libertà inafferrabile, in forme molto diverse che a volte rompono le nostre previsioni o i nostri schemi. Fedele al modello del Maestro, essa è chiamata a «primerear», a prendere l'iniziativa, ad annunciare il Vangelo a tutti, senza indugio, senza repulsioni e senza paure.

Il Papa si rivolge non a singoli evangelizzatori, ma a una comunità che evangelizza, e che proprio perché si è sentita preceduta nell'amore e oggetto di infinita misericordia da parte del Padre, è pronta a lasciarsi coinvolgere, a prendere l'iniziativa di cercare i lontani, invitare gli esclusi, vivendo un desiderio inesauribile di offrire misericordia, di farsi accanto, di accompagnare l'umanità in tutti i suoi processi.

L'Esortazione invita la Chiesa a vivere in uno stato permanente di missione realizzando quel rinnovamento ecclesiale già auspicato da Papa Paolo VI nella Ecclesiam suam frutto di autentico spirito evangelico.

Papa Francesco esprime il suo desiderio di una Chiesa in cui consuetudini, orari, linguaggi e strutture siano canali adeguati per l'evangelizzazione del mondo attuale, al fine di favorire la risposta positiva di tutti coloro ai quali Gesù offre la sua amicizia.

Richiama l'importanza pastorale e missionaria della Parrocchia quale «presenza ecclesiale nel territorio, ambito dell'ascolto della Parola, della crescita della vita cristiana, del dialogo, dell'annuncio, della carità generosa, dell'adorazione e della celebrazione» e auspica che diventino sempre più vicine alla gente, ambiti di comunione e di partecipazione attiva.

Nella pastorale organica della Chiesa particolare vanno ancora ad integrarsi istituzioni ecclesiali, movimenti, associazioni che lo Spirito suscita per evangelizzare tutti gli ambienti.

Al Vescovo spetta il compito di favorire la comunione missionaria della sua Chiesa, di stimolare e ricercare la maturazione degli organismi di partecipazione e di ogni altra forma di dialogo pastorale; egli è chiamato a stare in mezzo al suo popolo con atteggiamento colmo di misericordia, a porre particolare attenzione a quanti rimangono indietro e hanno bisogno del suo aiuto, a permettere al suo popolo di individuare nuove strade.

Il Pontefice puntualizza come anche il papato e le strutture centrali della Chiesa universale siano chiamate ad ascoltare l'appello a una conversione pastorale perché l'esercizio del ministero sia sempre più fedele al mandato di Cristo e alle necessità attuali dell'evangelizzazione, evitando, peraltro, il rischio di un'eccessiva centralizzazione.

Nel mondo di oggi, caratterizzato dalla velocità delle comunicazioni e dalla selezione di contenuti operata dai media, l'annuncio del Vangelo e l'insegnamento morale della Chiesa corrono il rischio di essere ridotti ad alcuni aspetti secondari che, privati del contesto che dà loro senso, non manifestano il cuore del messaggio di Gesù Cristo e la sua bellezza attrattiva.

Una pastorale in chiave missionaria deve concentrarsi sull'essenziale, su ciò che è più bello e nello stesso tempo più necessario, ricordando come alcune verità rivelate risultino essere più importanti di altre per esprimere più direttamente il cuore del messaggio evangelico. Dall'insegnamento conciliare, infatti, è importante trarre quelle conseguenze pastorali che portino ad evitare il rischio di fermarsi ai corollari del messaggio perdendo di vista l'essenziale, che portino a parlare più della grazia che della legge, più di Gesù Cristo che della Chiesa, più della Parola di Dio che del Papa. Siamo chiamati ad annunciare il Vangelo e non alcuni accenti dottrinali o morali, talvolta frutto di opzioni ideologiche; siamo chiamati a rispondere al Dio che ci ama e ci salva, riconoscendolo negli altri e uscendo da noi stessi per cercare il bene comune.

Il Documento invita a tener in debito conto il contributo che l'esegesi, la teologia e le scienze sociali apportano per crescere nell'interpretazione della Parola. Esorta a non temere le riflessioni che nascono dalle diverse linee di pensiero filosofico, teologico e pastorale che, se illuminate e armonizzate dallo Spirito, aiutano la Chiesa ad esplicitare meglio l'inesauribile tesoro della Parola.

In un quadro di rapidi cambiamenti culturali è fondamentale che la fedeltà al deposito della dottrina sia espressa con un linguaggio comprensibile ai destinatari. Per questo Papa Francesco esorta a rivedere quelle consuetudini non direttamente legate al nucleo del Vangelo che, pur positive, nel corso del tempo hanno perso la loro significatività o quei precetti ecclesiali che possono non aver più la loro valenza educativa.

È pressante l'invito del Documento, rivolto in prima istanza ai presbiteri, ad accompagnare con misericordia e pazienza le tappe di crescita di coloro a cui è rivolto l'annuncio del Vangelo.

Il capitolo si chiude con il desiderio di vedere la Chiesa con le porte aperte, come casa del Padre in cui vi è posto per ciascuno, capace di rallentare il passo per accompagnare chi è in difficoltà ed accogliere chiunque si avvicini per cercare Dio.

Inevitabile è, per Papa Francesco, che i poveri, spesso dimenticati e disprezzati, siano i destinatari privilegiati dell'azione pastorale, segno di una Chiesa che non si aggrappa alle proprie sicurezze per paura di sbagliare, ma è in grado di farsi prossimo a tutti.

(parte prima - segue)

 

3. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Riletture

- Laura Boella, Hannah Arendt, Feltrinelli, Milano 1995, pp. 240.

- Simona Forti (a cura di), Hannah Arendt, Bruno Mondadori, Milano 1999, pp. XXXIV + 312.

- Ingeborg Gleichauf, Hannah Arendt, Dtv, Muenchen 2000, pp. 158.

- Olivia Guaraldo (a cura di), Arendt, Rcs, Milano 2014, pp. 168.

- Julia Kristeva, Hannah Arendt, Donzelli, Roma 2005, pp. VI + 298.

- Elisabeth Young-Bruehl, Hannah Arendt, Bollati Boringhieri, Torino 1990, 1994, pp. 622.

 

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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA

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Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 666 del 24 marzo 2015

 

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