[Nonviolenza] Telegrammi. 1816



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 1816 del 13 novembre 2014

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XV)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com

 

Sommario di questo numero:

1. Per la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne

2. Ancora alcuni altri testi da "In cammino verso Assisi" del mese di settembre 2000

3. Definizioni ed interpretazioni della nonviolenza

4. Sulla necessita' della scelta della nonviolenza

5. Alcuni criteri della lotta gandhiana secondo Johan Galtung

6. Alcune forme di lotta nonviolenta secondo Johan Galtung

7. Segnalazioni librarie

8. La "Carta" del Movimento Nonviolento

9. Per saperne di piu'

 

1. INIZIATIVE. PER LA GIORNATA INTERNAZIONALE CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE

 

In occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, a Viterbo si svolgeranno due iniziative.

- il 25 novembre la celebrazione istituzionale promossa dalla Prefettura;

- il 26 novembre presso la Sala Regia del Comune di Viterbo con inizio alle ore 16,30 un incontro pubblico promossa dall'"associazione Erinna - centro antiviolenza di Viterbo", incontro che avra' come tema centrale la presentazione della "Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica", nota come "Convenzione di Istanbul", approvata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa il 7 aprile 2011 e ratificata all'unanimita' dal Parlamento italiano nel giugno 2013 (e quindi legge dello Stato italiano dal 19 giugno 2013).

 

2. MATERIALI. ANCORA ALCUNI ALTRI TESTI DA "IN CAMMINO VERSO ASSISI" DEL MESE DI SETTEMBRE 2000

 

Riproponiamo qui alcuni altri testi apparsi sul nostro foglio "In cammino verso Assisi" nel mese di settembre 2000.

 

3. DEFINIZIONI ED INTERPRETAZIONI DELLA NONVIOLENZA

[Estratto, come i testi successivi, dal nostro lavoro "La nonviolenza contro la guerra"...]

 

Alla violenza crescente si puo', si deve, opporre la nonviolenza.

Ma detto questo e' stato detto ancora ben poco: cosa e' la nonviolenza?

In prima approssimazione potremmo dire che la nonviolenza e' una teoria-pratica di liberazione, ovvero una proposta di azione finalizzata all'affermazione concreta e immediata della dignita' umana; una proposta pratica, ma che implica dei giudizi di valore, e quindi una teoria: un punto di vista che concerne questioni morali, politiche, gnoseologiche (cioe' relative alla teoria della conoscenza), antropologiche (ovvero una visione dell'uomo e della cultura). Ma essenzialmente a nostro avviso la nonviolenza e' lotta contro la violenza, lotta contro l'ingiustizia, lotta che afferma la responsabilita' di ognuno per il bene di tutti, lotta che nel suo stesso farsi istituisce democrazia, diritti umani, difesa della biosfera.

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1. La nonviolenza come cosa complessa

La nonviolenza e' una teoria-prassi sperimentale ed in continuo sviluppo creativo, dalle molteplici dimensioni ed interpretazioni, quindi da studiare rigorosamente.

La nonviolenza non e' una cosa semplice. Lo stesso termine si presta a diverse interpretazioni; i suoi ambiti applicativi sono molto diversificati, coloro che alla nonviolenza si sono accostati o che di strumenti, tecniche, riflessioni di essa hanno fatto uso, ne hanno dato interpretazioni molto diverse.

Lo stesso Gandhi, che ne e' il vero e proprio fondatore, ne ha dato definizioni diverse ed ha elaborato un concetto di essa sperimentale, contestuale, dinamico, critico. Sperimentale perche' la nonviolenza non e' un dogma ma un concreto operare in quanto tale costantemente ri-discutibile; contestuale, perche' e' solo nel vivo del conflitto, solo nella concretezza della lotta contro l'ingiustizia, che la nonviolenza in quanto prassi si da', si misura e si definisce; dinamico, perche' appunto la nonviolenza non e' un che di statico, di ipostatizzato, di prefissato, di preconfezionato, ma si realizza nel processo della lotta, nel vivo del conflitto, nel cuore della storia e della societa', ed agisce come parte in causa, come elemento contraddittorio e propulsivo, come rottura del disordine costituito e come progetto di trasformazione; critico, perche' la nonviolenza non e' uno stato di quiete, di appagamento, la fine di alcunche', ma un costante rovello, un'incessante verifica, una lotta interminabile, e quindi anche una serrata critica ed autocritica.

La nonviolenza non e' una ideologia o una filosofia politica e sociale in piu'; ma non e' neppure un mero repertorio di strumenti e di tecniche; essa si propone come una teoria-prassi compatibile con altre teorie morali e politiche, ma ha una sua autonomia e coerenza che ne fa una cosa complessa, inconclusa, in sviluppo, ma insieme una cosa non confondibile, non sussumibile, non addomesticabile.

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2. Dimensioni ed interpretazioni della nonviolenza

Dimensioni: vedremo che la nonviolenza ha diverse dimensioni, una di esse e' quella della scelta etico-politica, e quindi della condotta personale e collettiva nella vita quotidiana come nei conflitti politici, sociali e culturali; una seconda dimensione e' quella delle tecniche di lotta e delle forme di gestione delle relazioni e dei conflitti; una terza dimensione e' quella della nonviolenza come strategia di lotta contro le ingiustizie; una quarta dimensione e' quella del progetto politico, economico e sociale che la scelta nonviolenta implica se le sue premesse vengono svolte fino alle ultime conseguenze.

Interpretazioni: si potrebbe dire che vi sono tante interpretazioni della nonviolenza quanti sono coloro che la hanno adottata e che su di essa hanno riflettuto.

Per quanto ci concerne, noi qui proponiamo un approccio non dogmatico, ma sperimentale ed aperto, concreto e contestuale; pertanto questo stesso scritto non e' un formulario tuttologico, o un ricettario onnivalente, ma la proposta e la descrizione - certo intenzionata, certo non neutrale - di una serie di tesi su cui comunque la discussione e la riflessione restano aperte.

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3. Cosa e' la nonviolenza: questioni terminologiche preliminari

3.1. Il termine

Il termine "nonviolenza" e' la traduzione italiana del concetto coniato da Gandhi per definire la sua proposta ed azione di lotta; Gandhi utilizza due termini: ahimsa (che potremmo tradurre come "non violenza", o anche "contrario della violenza", "opposizione alla violenza"; e satyagraha, che potremmo tradurre come "forza della verita'", "attaccamento, adesione alla verita'". Il termine italiano nonviolenza li traduce entrambi unificandoli; la sua peculiare forma grafica (scrivere cioe' "nonviolenza" tutto attaccato e non separando "non" e "violenza") e' stata proposta da Aldo Capitini, il maggior pensatore e promotore della nonviolenza in Italia, per sottolineare la positivita' ed originalita' del concetto.

Il termine "nonviolenza" e' quindi recente, risale a Gandhi ed e' del tutto novecentesco.

3.2. Il concetto

Ci si e' posti spesso il problema se sia recente anche il concetto cui il termine si riferisce. Come e' noto una diffusa antologia di scritti gandhiani edita per le cure dell'Unesco si intitola Antiche come le montagne, e fa riferimento ad una celebre frase gandhiana in cui la nonviolenza e' definita appunto "antica come le montagne".

Ahinoi, qui contesteremo questa autorevole opinione, ed en passant contesteremo anche la fattura di questo celebre libro come di molte altre antologie gandhiane. E cominciamo da questa seconda opposizione: spesso si pubblicano raccolte di scritti gandhiani riducendo i suoi ragionamenti in "pillole", in frasi celebri astratte dal contesto. Ma Gandhi non e' stato uno scrittore sistematico, un accademico, un trattatista, bensi' un militante; e la sua scrittura e' quasi esclusivamente giornalistica ed epistolare, sempre mirata alla concreta lotta da condurre in quel preciso momento ed in quella precisa situazione; e stando cosi' le cose non e' infrequente che Gandhi torni autocriticamente sulle sue precedenti opinioni per modificarle; cosi' come e' assolutamente ovvio che in momenti e situazioni diverse egli si esprima in modo diverso e vi siano quindi testi gandhiani che estrapolati dal contesto e posti l'uno di fronte all'altro possono sostenere due tesi perfettamente opposte. Da cio' deduciamo la necessita' di evitare la pubblicazione di "pillole" gandhiane, per quanto brillanti ed acuminate possano essere singole frasi ridotte ad aforismi, e proponiamo invece che si pubblichi (e quindi si legga) Gandhi in edizioni che diano conto del contesto in cui i singoli testi proposti alla riflessione concretamente si inseriscono (da questo punto di vista non si lodera' mai abbastanza per il suo rigore e la sua lealta' la fondamentale antologia di scritti gandhiani curata da Giuliano Pontara per Einaudi: Mohandas Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi, Torino).

Detto questo, passiamo alla questione cruciale: il concetto di nonviolenza e' antico o recente? Noi propendiamo per la seguente risposta: il concetto di nonviolenza e' recente, e risale a Gandhi; la prassi della nonviolenza e' invece effettivamente antica ed ha molte manifestazioni nel corso della storia dell'umanita'.

3.3. La prassi

Vi sono nel passato innumerevoli episodi di riflessione e prassi nonviolente, ma in essi raramente la nonviolenza si presenta come un concetto autonomo e fondativo dell'azione; piu' spesso e' implicato da motivazioni o da finalita' che restano altre.

Facciamo alcuni esempi: sono sicuramente altissime figure di nonviolenti alcuni fondatori e rappresentanti di religioni: ma in queste personalita', nella loro predicazione, nelle loro esperienze, non era centrale l'idea di un'azione riformatrice etico-politico-sociale nonviolenta; centrale e' una posizione e proposta religiosa e trascendente.

Orbene, si potrebbe obiettare che anche in Gandhi la prospettiva religiosa e' centrale; cio' e' vero, ma e' non meno vero che la proposta della nonviolenza non si configura come parte speciale di un progetto religioso da assumere tout court, ma come teoria-prassi dotata di una sua autonomia e di una sua capacita' persuasiva anche rispetto a persone che non ne condividono i fondamenti religiosi. Ed in effetti e' possibile aderire alla teoria-prassi nonviolenta senza aderire ad una posizione religiosa.

Ancora: nel corso della storia molti movimenti sociali hanno fatto uso di tecniche di lotta nonviolente; hanno proposto e praticato programmi sociali e politici nonviolenti; hanno adottato etiche personali e collettive nonviolente; basti pensare a tante esperienze del cristianesimo (il cui ruolo storico nell'abbattimento del sistema schiavistico antico e dell'ideologia ad esso inerente e' indiscutibile), con punte rilevantissime - un solo esempio: Francesco d'Assisi -; dell'umanesimo - anche qui un solo esempio: l'irenismo erasmiano -; dell'illuminismo; del socialismo in molte delle sue concrete vicende di pensiero e di lotta; delle tradizioni che oggi definiremmo "ecologiste" - includendo in esse anche culture tradizionali comunitarie distrutte dalla furia colonialista -. Tuttavia una compiuta (ancorche' aperta e felicemente inconcludibile) teorizzazione della nonviolenza ed una pratica politico-sociale centrata su di essa e' un fatto del nostro secolo.

Poi, naturalmente, in alcune delle figure piu' rilevanti della nonviolenza contemporanea ed autocosciente la radice della riflessione, della scelta e dell'impegno puo' benissimo essere religiosa, cosi' e' in Gandhi, cosi' in Lanza del Vasto, cosi' in Martin Luther King, cosi' anche - in modo a lui peculiare - in Aldo Capitini (che pure interagisce con l'antifascismo politico e la tradizione otto-novecentesca azionista, mazziniana ma anche liberal-socialista come e' noto); ma molte delle persone che hanno aderito ai movimenti di lotta da essi suscitati potevano benissimo non condividere quella radice e pur sentirsi completamente presi da quelle proposte analitiche ed operative, di riflessione e di lotta, ed aderirvi quindi toto corde muovendo da una prospettiva integralmente laica.

Fondamentalmente laica ci pare di poter considerare la proposta di Danilo Dolci, o quella ecofemminista di Vandana Shiva, o l'elaborazione di Gene Sharp, o di Johan Galtung, o di Giuliano Pontara. Ed un rappresentante illustre della nonviolenza come Jean Marie Muller ha pertinentemente argomentato nel senso del riconoscimento dell'autonomia teorica della nonviolenza e della possibilita' di un'adesione ad essa indipendentemente dall'eventuale credo religioso personale; ed analogamente ha argomentato, in una piu' ampia riflessione sull'uomo "planetario" che deve fronteggiare qui e adesso sfide globali terribili e cruciali e costruire una cultura della pace che a tutti chiede un peculiare contributo, uno straordinario sacerdote cattolico come Ernesto Balducci.

Insomma, la prassi nonviolenta e' un fenomeno che ha una lunga tradizione storica; la concettualizzazione della nonviolenza come teoria-prassi specifica risale a Gandhi ed e' quindi fenomeno relativamente recente; la terminologia precisamente corrispondente e' gandhiana, e la sua piu' adeguata traduzione e peculiare trascrizione italiana e' merito particolare di Aldo Capitini.

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4. Cosa e' la nonviolenza: alcune definizioni classiche

Venendo alla definizione di cosa la nonviolenza sia, preliminarmente ripetiamo che di essa sono state date definizioni molteplici non solo a seconda dei diversi protagonisti che ne hanno fatto uso e dei diversi autori che ne hanno scritto, ma anche dalla stessa persona, militante e/o studioso, in fasi e contesti diversi della sua riflessione e del suo agire.

Qui proponiamo una nostra definizione sintetica ed aperta: la teoria-prassi della nonviolenza si basa sull'amore-forza della verita', e' lotta contro la violenza condotta in modo rigoroso e radicale, praticando la coerenza tra mezzi e fini; la nonviolenza si caratterizza per un atteggiamento sperimentale e non dogmatico, di apertura e comprensione; la nonviolenza e' agire nelle situazioni di conflitto, e' resistenza concreta e intransigente contro l'oppressione, e' progetto sociale di eguaglianza e di liberazione testimoniato e costruito nell'azione diretta.

Di seguito indichiamo alcuni testi di riferimento presso cui e' possibile trovare alcune definizioni classiche di essa date dai piu' grandi studiosi e militanti della nonviolenza.

4.1. Alcune definizioni di Gandhi

Segnaliamo qui come riferimento la bella antologia di scritti di Mohandas Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi, Torino 1973 e successive edizioni.

4.2. Alcune definizioni di Aldo Capitini

Segnaliamo qui come riferimento la bella antologia di scritti di Aldo Capitini, Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria 1977.

4.3. Una sintesi di Giuliano Pontara

D Giuliano Pontara segnaliamo qui (oltre ai vari suoi volumi - di cui i piu' recenti sono La personalita' nonviolenta e Guerra, disobbedienza civile, nonviolenza, ambedue presso le Edizioni Gruppo Abele, Torino, 1996 -, ed alla notevole introduzione a Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi, Torino) particolarmente le brevi voci Gandhismo e Nonviolenza in Norberto Bobbio, Nicola Matteucci, Gianfranco Pasquino (a cura di), Dizionario di politica, Utet, Torino, poi in edizione economica Tea, Milano.

4.4. Una sintesi di Jean Marie Muller

Segnaliamo qui l'opera di Jean Marie Muller, Strategia della nonviolenza, Marsilio, Padova 1975. Di essa diamo il sommario: Prefazione, di Matteo Soccio. Introduzione. Dall'esigenza morale all'azione nonviolenta. Amore, costrizione e violenza. Principi e fondamenti della disobbedienza civile. Il programma costruttivo. Un dinamismo rivoluzionario. L'importanza dell'organizzazione. I diversi momenti e i diversi metodi dell'azione diretta nonviolenta. La violenza e' l'arma dei ricchi. L'azione violenta isola la rivoluzione. La riconciliazione della rivoluzione e della ragione. L'azione nonviolenta di fronte alla repressione. Il rischio della violenza. Bibliografia sulla nonviolenza, a cura di Matteo Soccio.

4.5. Una sintesi di Gene Sharp

Segnaliamo qui l'opera fondamentale di Gene Sharp, Politica dell'azione nonviolenta, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1985-1997, tre volumi. Di essa diamo una sintesi del sommario: Volume primo: potere e lotta. Introduzione di Matteo Soccio. Prefazione di Gene Sharp. Capitolo primo. La natura e il controllo del potere politico. Capitolo secondo. La base strutturale per il controllo dei governanti. Capitolo terzo. L'azione nonviolenta: una forma attiva di lotta. Volume secondo: le tecniche. Nota dell'editore. Introduzione di Gene Sharp. Capitolo quarto. Le tecniche di protesta e persuasione nonviolenta. Capitolo quinto. Le tecniche di noncollaborazione sociale. Capitolo sesto. Le tecniche di noncollaborazione economica. 1. I boicottaggi economici. Capitolo settimo. Le tecniche di noncollaborazione economica. 2. Gli scioperi. Capitolo ottavo. Le tecniche di noncollaborazione politica. Capitolo nono. Le tecniche di intervento nonviolento. Conclusione. Appendice. Le forme di azione nonviolenta in Italia dal 1945 ad oggi di Matteo Soccio. Elenco delle tecniche. Volume terzo: la dinamica. Prefazione all'edizione italiana di Giovanni Salio. Introduzione di Gene Sharp. Capitolo decimo. Le basi dell'azione nonviolenta. Capitolo undicesimo. La sfida scatena la repressione. Capitolo dodicesimo. Solidarieta' e disciplina per combattere la repressione. Capitolo tredicesimo. il jujitsu politico. Capitolo quattordicesimo. Tre strade per ottenere il successo. Capitolo quindicesimo. La ridistribuzione del potere. Conclusione. Appendice. Sommario dei fattori che determinano l'effetto delle lotte nonviolente.

4.6. Una sintesi di Christian Mellon e Jacques Semelin

Segnaliamo qui il volumetto di Christian Mellon e Jacques Semelin, La non-violence, P.U.F., Paris 1994. Di esso diamo il sommario: introduzione. Capitolo I. Alla ricerca di una definizione: 1. Una nozione ambigua; 2. Definire la violenza; 3. Definire la nonviolenza; 4. Altri chiarimenti concettuali. Capitolo II. La violenza rifiutata: 1. L'approccio pragmatico; 2. Il riferimento alle tradizioni religiose; 3. La logica di un'etica politica. Capitolo III. Principi e metodi dell'azione nonviolenta: 1. Modalita' di elaborazione e di espressione pubblica; 2. Modalita' di pressione e di contrasto. Capitolo IV. Le dinamiche della lotta senza armi: 1. La dinamica collettiva; 2. La dinamica simbolica. Capitolo V. Di fronte alla repressione e allo sterminio: 1. Di fronte alla repressione; 2. Di fronte allo sterminio. Capitolo VI. Di fronte alla guerra: 1. Strategie civili di difesa e di dissuasione; 2. A nuovo contesto, nuove ricerche. Conclusione. Allegato. Alcuni esempi storici. Bibliografia.

 

4. SULLA NECESSITA' DELLA SCELTA NONVIOLENTA

 

I. La nonviolenza come "potere di tutti"

La nonviolenza e' il "potere di tutti": ovvero quella metodologia di lotta e quella proposta di valori che hanno come fondamento il massimo di apertura agli altri, il massimo di riconoscimento e promozione di umanita', la prospettiva democratica integrale: fino al farsi carico nelle proprie scelte non solo dell'intera umanita' presente, ma anche di quella passata e di quella futura.

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II. Due opportune specificazioni sulla responsabilita' verso l'umanita' futura e passata

Il tema della responsabilita' nei confronti delle generazioni future e' ormai uno dei nodi cruciali della riflessione etica contemporanea con particolar riferimento alla crisi ecologica ed alle questioni bioetiche.

Il tema della responsabilita' verso le generazioni passate e' compresente nelle tradizioni culturali fin piu' arcaiche nella forma del culto dei morti, e sebbene sia stato forse meno tematizzato in termini di oggetto di riflessione delle etiche pubbliche contemporanee, esso e' sentito fortissimamente da ogni essere umano in quanto si riconosce parte di una comunita' specifica - appunto l'umanita' intera - e corresponsabile di un progetto complessivo - appunto la civilta' umana, quale che sia il modo in cui si intenda tale concetto -.

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III. Una teoria-prassi che chiunque puo' adottare

La definizione della nonviolenza come "potere di tutti" ha anche un altro decisivo significato: che essa e' una teoria-prassi che da tutti e da chiunque puo' essere adottata. Mentre altre teorie e pratiche richiedono particolari qualita' fisiche, intellettuali, morali o culturali, la nonviolenza si caratterizza per poter essere praticata da chiunque, che sia giovane o bambino, persona matura o anziana; che sia uomo o donna; che sia forte o debole, in eccellente salute o affetto da grave malattia. La nonviolenza e' quella forma di lotta e quella proposta di azione che rende possibile a tutti di partecipare pienamente ad essa, tanto nel processo decisionale quanto nella realizzazione concreta.

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IV. La nonviolenza non e' una parola magica

Ma il fatto che la nonviolenza sia il "potere di tutti" non significa che chiunque puo' adottarla senz'altro. Per utilizzare la nonviolenza occorre: a) approfonditamente conoscerla; b) persuasamente accoglierla; c) addestrarsi tenacemente ad essa; d) personalmente e costantemente ripensarla criticamente e creativamente.

Qui intendiamo sottolineare particolarmente la necessita' dell'addestramento, per poter promuovere o partecipare ad un'azione diretta nonviolenta o a una campagna di lotta nonviolenta.

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V. La nonviolenza come scelta necessitata

Dopo Auschwitz e dopo Hiroshima i movimenti di lotta che si impegnano per la pace, la democrazia, i diritti umani, la difesa della biosfera, devono acquisire la consapevolezza che solo i valori e le metodologie della nonviolenza sono integralmente coerenti con i fini che essi perseguono; non solo: che la scelta della nonviolenza e' obbligata poiche' quando esiste, come attualmente esiste, la concreta possibilita' dei potenti di distruggere tutto, e' necessario adottare tecniche e strategie di lotta che tengano il conflitto al livello meno distruttivo possibile, e che garantiscano all'avversario che non verra' fisicamente annientato, dissuadendolo cosi' da scelte apocalittiche.

Del resto non solo rispetto alla controparte, ma anche rispetto a soggetti terzi, vi e' per i movimenti di lotta sopra citati la necessita' di essere persuasivi ed educativi, ovvero di comunicare correttamente i propri fini e la propria fedelta' ad essi, e la miglior forma di comunicazione e' la scelta di mezzi coerenti con i fini perseguiti. E' evidente che chi lotta per la giustizia, la solidarieta', la liberazione umana, i diritti umani, per essere convincente deve nel corso stesso della lotta dimostrare la sua fedelta' a quei valori, e quindi adottare modalita' organizzative e decisionali, strategie e tecniche, scelte operative e concrete azioni, che siano rigorosamente coerenti. L'azione nonviolenta e' la sola forma di lotta per la dignita' umana che questa coerenza tra mezzi e fini assume come fondamento.

 

5. ALCUNI CRITERI DELLA LOTTA GANDHIANA SECONDO JOHAN GALTUNG

[Il testo che segue e' estratto dal libro di Johan Galtung, Gandhi oggi, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1987: riportiamo questa scheda su Le regole del comportamento conflittuale secondo Gandhi (li' alle pp. 120-121, e commentata dettagliatamente - e criticamente - nelle pagine successive).

Galtung, nato in Norvegia nel 1930, fondatore e primo direttore dell'Istituto di ricerca per la pace di Oslo, docente, consulente dell'Onu, e' a livello mondiale il piu' noto studioso di peace research.

Segnaliamo una volta di piu' che quella che segue e' semplicemente una interpretazione, certamente qualificata, di un aspetto della riflessione gandhiana, ma che essa non e' esaustiva e soprattutto che altre interpretazioni sono possibili e sono state date da altrettanto qualificati studiosi a partire da punti di vista diversi e con formulazioni anche sensibilmente diverse da quelle di cui fa uso Galtung qui; segnaliamo in particolare ad esempio alcuni testi specifici (disponibili in edizione italiana) di Aldo Capitini, di Jean Marie Muller, di Giuliano Pontara, di Gene Sharp.

Del resto lo stesso Galtung, immediatamente dopo aver proposto questo schema, scrive (p. 122 dell'edizione citata): "Tutto questo non va inteso, naturalmente, in maniera rigidamente definitoria. Molto lavoro sarebbe necessario per approfondire le implicazioni di un tale sistema di norme. Possiamo sempre imparare moltissime cose da Gandhi, non pero' se lo accettiamo senza spirito critico. C'e' la famosa affermazione in cui Gandhi dice di non essere egli stesso un  vero gandhiano, e, in molti altri scritti, egli sottolinea di essere ancora in crescita e afferma che continuera' a crescere anche dopo la morte, cercando la Verita' e l'Amore".

Quanto al modo sommario e precettistico con cui ha sintetizzato queste "regole del comportamento conflittuale secondo Gandhi", Galtung aggiunge (p. 122, di seguito): "Una parola sul metodo che e' stato usato. Senza dubbio e' frammentario: riduce a pezzi Gandhi, cercando di presentarlo come un catalogo, come un insieme di direttive. Ma a questa obiezione puo' essere ribattuto che egli stesso lo ha fatto molto spesso; amava realmente emettere regole e direttive. La questione e' piuttosto fino a che limite questa interpretazione sia corretta, e il lettore trovera' che le formulazioni - necessariamente concise, poiche' sono formulazioni di norme, non brevi trattati - non riflettono la ricchezza delle espressioni di Gandhi. Esse sono quindi da considerarsi solamente delle approssimazioni e del resto sarebbe piu' opportuno cercare di cogliere lo spirito delle indicazioni gandhiane che non esigere l'esattezza della formulazione linguistica".

"D'altra parte - conclude Galtung -, potrebbe essere vantaggioso per le persone in conflitto - cio' significa per tutti noi in qualsiasi momento, anche se non necessariamente ne siamo coscienti - verificare il proprio comportamento, sia interiore che esteriore, in base a queste norme"]

 

1. I fini e il conflitto

Regola 1.1. Nei conflitti agisci

- Agisci subito

- Agisci qui

- Agisci per il tuo gruppo

- Agisci per identificazione

- Agisci per convinzione

Regola 1.2. Delimita bene il conflitto

- Definisci i tuoi fini chiaramente

- Cerca di capire i fini del tuo avversario

- Metti in evidenza i fini comuni e compatibili

- Descrivi i fatti rilevanti del conflitto in modo obiettivo

Regola 1.3. Adotta un approccio positivo al conflitto

- Dai al conflitto un'accentuazione positiva

- Considera il conflitto come occasione per incontrare l'avversario

- Considera il conflitto come occasione per trasformare la societa'

- Considera il conflitto come occasione per trasformare te stesso

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2. La lotta conflittuale

Regola 2.1. Agisci in modo nonviolento nei conflitti

- Non offendere o ferire con azioni

- Non offendere o ferire con parole

- Non offendere o ferire con pensieri

- Non danneggiare le proprieta' dell'avversario

- Preferisci la violenza alla codardia

- Fa' del bene anche a chi fa il male

Regola 2.2. Agisci in maniera conforme al fine

- Includi sempre un elemento costruttivo

- Usa forme di lotta che ne rivelino il fine

- Agisci apertamente, non segretamente

- Dirigi la lotta verso l'obiettivo corretto

Regola 2.3. Non collaborare con il male

- Non collaborare con una struttura malvagia

- Non collaborare con un ruolo sociale ingiusto

- Non collaborare con un'azione malvagia

- Non collaborare con quelli che collaborano con il male

Regola 2.4. Sii disposto a sacrificarti

- Non fuggire davanti alle punizioni

- Sii disposto a morire se necessario

Regola 2.5. Non polarizzare il conflitto

- Distingui tra antagonismo e antagonista

- Distingui tra persona e ruolo sociale

- mantieni il contatto

- Immedesimati nella posizione del tuo avversario

- Sii flessibile nel delimitare le parti in causa e le loro posizioni

Regola 2.6. Non provocare escalation nel conflitto

- Rimani il piu' leale possibile

- Non provocare e non lasciarti provocare

- Non umiliare e non farti umiliare

- Non ampliare i termini del conflitto

- Usa le forme di condotta piu' miti possibili durante il conflitto

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3. La risoluzione del conflitto

Regola 3.1. Risolvi i conflitti

- Non continuare la lotta conflittuale per sempre

- Cerca sempre di negoziare con l'avversario

- Cerca di ottenere trasformazioni sociali positive

- Cerca di trasformare gli esseri umani (te stesso; l'avversario)

Regola 3.2. Insisti sulle cose essenziali, non su quelle marginali

- Non barattare le cose essenziali

- Sii disposto ai compromessi per le cose non essenziali

Regola 3.3. Considerati fallibile

- Ricordati che puoi essere nel torto

- Ammetti apertamente i tuoi errori

- La coerenza nel tempo non e' molto importante

Regola 3.4. Sii generoso nei confronti dell'avversario

- Non sfruttare la debolezza dell'avversario

- Non giudicare l'avversario piu' severamente di te stesso

- Abbi fiducia nel tuo avversario

Regola 3.5. Conversione, non coercizione

- Cerca sempre soluzioni che siano accettabili (per te stesso; per l'avversario)

- Non forzare mai l'avversario

- Converti l'avversario in un sostenitore della causa.

 

6. ALCUNE FORME DI LOTTA NONVIOLENTA SECONDO JOHAN GALTUNG

[Anche il testo seguente e' estratto da Gandhi oggi, cit., e particolarmente dalla p. 135, nel capitolo Gandhi uomo d'azione, che si apre con un paragrafo su Il satyagraha in pratica: le forme, che elenca ed analizza "le forme (distinte dalle norme) del satyagraha come venne intrapreso da Gandhi". Laddove ci e' parso necessario abbiamo integrato la mera elencazione di p. 135 con alcune minime informazioni ulteriori ricavate dalla descrizione che di ogni singola forma di lotta nonviolenta Galtung svolge nelle pagine 135-148.

Come e' noto la piu' analitica descrizione delle tecniche di lotta nonviolenta e' costituita dal secondo volume della monumentale opera di Gene Sharp, Politica dell'azione nonviolenta, 3 voll., Edizioni Gruppo Abele, Torino 1985-1995; segnaliamo come particolarmente rilevante e suggestivo anche il volumetto di Aldo Capitini, Le tecniche della nonviolenza, Libreria Feltrinelli, Milano 1967, poi ristampato da Linea d'ombra, Milano 1991, e che ora puo' essere letto anche ricompreso nell'utilissimo volume delle opere scelte di Capitini dedicato agli Scritti sulla nonviolenza, Protagon, Perugia 1992. Naturalmente occorre altresi' leggere direttamente Gandhi, ed a tal fine abbiamo piu' volte evidenziato che la migliore antologia gandhiana disponibile in italiano e' a nostro parere quella curata da Giuliano Pontara per l'editore Einaudi di Torino, Teoria e pratica della nonviolenza, alcuni anni fa ristampata in edizione economica].

 

1. Negoziato;

2. Arbitrato;

3. Agitazione, dimostrazione, ultimatum;

4. Hartal (un'estesa dimostrazione, che confina con lo sciopero generale, in un'area precisa - ad esempio una citta' - ma per un breve lasso di tempo); [segnaliamo anche due altre definizioni di hartal: a) quella data da Aldo Capitini, in Le tecniche della nonviolenza, Libreria Feltrinelli, Milano 1967, p. 109: "Lo sciopero diventa hartal (usato spesso da Gandhi, ma anche a Budapest nel 1956), quando non soltanto viene abbandonata la fabbrica, ma anche le strade, i luoghi di ritrovo, e gli scioperanti restano nelle proprie case (importante per Gandhi anche perche' cosi' sono eliminati gli incidenti e in casa avviene meditazione e purificazione)"; b) quella data da Jean Marie Muller, in Strategia della nonviolenza, Marsilio, Padova 1975, p. 84: "Un hartal e' un giorno di sciopero generale durante il quale viene chiesto a tutta la popolazione di disertare i luoghi di lavoro, le strade e i luoghi pubblici e di restare a casa (...)"].

5. Sciopero e sciopero generale;

6. Picchettaggio;

7. Boicottaggio economico;

8. Boicottaggio sociale;

9. Dharna (e' un'antica forma indiana di dimostrazione e significa semplicemente che una singola persona o un gruppo di persone si siedono da qualche parte, annunciando che non si muoveranno finche' le loro lamentele non abbiano trovato risposta e le loro rivendicazioni non siano state accolte);

10. Hizral (la parola e' araba e significa emigrazione di massa dall'area controllata dall'antagonista);

11. Digiuno;

12. Boicottaggio delle tasse;

13. Non-collaborazione;

14. Disobbedienza civile:

14.1. Disobbedienza civile difensiva;

14.2. Disobbedienza civile offensiva;

15. Governo parallelo.

Galtung analizza criticamente ognuna di queste forme di lotta satyagraha, ed evidenzia anche come una campagna di lotta nonviolenta puo' consistere di un insieme di esse, ma solitamente essa le adotta progressivamente, passando dalle forme di lotta piu' lievi a quelle piu' energiche.

 

7. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Riletture

- Johann Gottlieb Fichte, La missione del dotto, Mursia, Milano 1987, pp. 168.

- Johann Gottlieb Fichte, La missione dell'uomo, Laterza, Bari 1970, pp. 192.

 

8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

9. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 1816 del 13 novembre 2014

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XV)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

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