[Nonviolenza] Telegrammi. 1815



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 1815 del 12 novembre 2014

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XV)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com

 

Sommario di questo numero:

1. "Da Frantz Fanon a Edward W. Said". Un incontro di studio a Viterbo

2. Per la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne

3. Alcuni altri testi da "In cammino verso Assisi" del mese di settembre 2000

4. Alcune caratteristiche della lotta nonviolenta gandhiana

5. Cosa e' l'azione diretta nonviolenta

6. Segnalazioni librarie

7. La "Carta" del Movimento Nonviolento

8. Per saperne di piu'

 

1. INCONTRI. "DA FRANTZ FANON A EDWARD W. SAID". UN INCONTRO DI STUDIO A VITERBO

 

Si e' svolto la sera di martedi' 11 novembre 2014 a Viterbo presso il "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" un incontro di riflessione sul tema "Da Frantz Fanon a Edward W. Said: la critica del colonialismo e del razzismo, la lotta per la dignita' umana e la liberazione dell'umanita'".

All'incontro hanno preso parte Marco Ambrosini e Paolo Arena.

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Frantz Fanon, psichiatra, pensatore, militante rivoluzionario anticolonialista, nato nel 1925 in Martinica, studi in Francia, eroico combattente nella guerra contro il nazismo, psichiatra in Algeria, figura simbolo della rivoluzione algerina e della lotta degli oppressi, colpito da leucemia muore nel 1961 in un ospedale degli Stati Uniti. Misconosciuto perche' sovente ridotto allo stereotipo con cui e' piu' noto - quello del teorico della violenza liberatrice dei colonizzati (stereotipo cui molto ha concorso la nota prefazione di Sartre a I dannati della terra), e' una figura ineludibile, da cui molto si apprende. E' a nostro avviso semplicemente indispensabile leggere le sue opere, conoscere la sua vicenda, la sua traiettoria esistenziale, di intellettuale europeo e del terzo mondo, di medico psichiatra, di militante rivoluzionario, di pensatore, di uomo che ha amato l'umanita' e ha lottato per la sua liberazione. Tra le opere di Frantz Fanon: Il negro e l'altro, Il Saggiatore, Milano 1965, 1972; Sociologia della rivoluzione algerina, Einaudi, Torino 1963; I dannati della terra, Einaudi, Torino 1962, 1976; Pour la revolution africaine, Maspero, Paris 1964; Opere scelte, 2 voll., Einaudi, Torino, 1971, 1976. Tra le opere su Frantz Fanon: Renate Zahar (Renate Siebert), Il pensiero di Frantz Fanon, Feltrinelli, Milano 1970; Pietro Clemente, Frantz Fanon tra esistenzialismo e rivoluzione, Laterza, Bari 1971; Alessandro Aruffo, Giovanni Pirelli, Fanon, Erre Emme, Roma 1994.

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Edward Said, prestigioso intellettuale democratico palestinese, uno dei piu' grandi umanisti del secondo Novecento, costantemente impegnato contro il razzismo, contro l'imperialismo e contro ogni oppressione, per la liberazione dei popoli, per i diritti umani, era nato a Gerusalemme il primo novembre 1935; autore di molti libri, tradotti in 26 lingue, docente di letterature comparate alla Columbia University di New York, musicista e musicologo, a New York e' deceduto il 25 settembre 2003. Tra le opere di Edward W. Said segnaliamo: Orientalismo, Bollati Boringhieri, Torino 1991, poi Feltrinelli, Milano 1999; La questione palestinese. La tragedia di essere vittime delle vittime, Gamberetti, Roma 1995; Dire la verita'. Gli intellettuali e il potere, Feltrinelli, Milano 1995; Cultura e imperialismo. Letteratura e consenso nel progetto coloniale dell'Occidente, Gamberetti, Roma 1998; Tra guerra e pace. Ritorno in Palestina-Israele, Feltrinelli, Milano 1998; La convivenza necessaria, Indice internazionale, Roma 1999; Sempre nel posto sbagliato. Autobiografia, Feltrinelli, Milano 2000; Fine del processo di pace. Palestina/Israele dopo Oslo, Feltrinelli, Milano 2002; Il vicolo cieco di Israele, Datanews, Roma 2003; (con Daniel Barenboim), Paralleli e paradossi. Pensieri sulla musica, la politica e la societa', Il Saggiatore, Milano 2004; La pace possibile, Il Saggiatore, Milano 2005; Umanesimo e critica democratica. Cinque lezioni, Il Saggiatore, Milano 2007; Il mio diritto al ritorno. Intervista con Ari Shavit, "Ha'aretz Magazine", Tel Aviv 2000, Nottetempo, 2007; Nel segno dell'esilio. Riflessioni, letture e altri saggi, Feltrinelli, Milano 2008; Joseph Conrad e la finzione autobiografica, Il Saggiatore, Milano 2008; Sullo stile tardo, Il Saggiatore, Milano 2009; Musica ai limiti. Saggi e articoli, Feltrinelli, Milano 2010.

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Marco Ambrosini, con una pluriennale pratica di formatore alla nonviolenza e di impegno in difesa dei diritti umani e della biosfera, operatore culturale, videomaker, cooperante agricolo, e' impegnato nell'esperienza del movimento degli ecovillaggi ed e' uno dei principali collaboratori del "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo; fa parte della redazione di "Viterbo oltre il muro. Spazio di informazione nonviolenta", un'esperienza nata dagli incontri di formazione nonviolenta che per anni si sono svolti con cadenza settimanale a Viterbo; tra il 2010 e il 2012 insieme a Paolo Arena e Marco Graziotti e' stato uno degli animatori dell'ampia inchiesta sul tema "La nonviolenza oggi in Italia" con centinaia di interviste a molte delle piu' rappresentative figure dell'impegno nonviolento nel nostro paese (inchiesta che e' restata un esempio unico di ricerca sociologica in questo ambito e costituisce tuttora uno strumento di riflessione cui far riferimento). E' stato tra i principali promotori ed animatori dell'attivita' di accostamento alla nonviolenza svoltasi con cadenza settimanale per alcuni anni a Viterbo e a Blera (Vt) ed ha preso parte come formatore al ciclo di incontri di accostamento alla nonviolenza a Soriano nel Cimino (Vt). Cura il blog "Note minime - Gruppo di informazione nonviolenta" (per contatti: e-mail: noteminime at tiscali.it, sito: noteminime.wordpress.com).

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Paolo Arena, critico e saggista, studioso di cinema, arti visive, weltliteratur, sistemi di pensiero, processi culturali, comunicazioni di massa e nuovi media, e' uno dei principali collaboratori del "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" di Viterbo e fa parte della redazione di "Viterbo oltre il muro. Spazio di informazione nonviolenta", un'esperienza nata dagli incontri di formazione nonviolenta che per anni si sono svolti con cadenza settimanale a Viterbo; nel 2010 insieme a Marco Ambrosini e Marco Graziotti ha condotto un'ampia inchiesta sul tema "La nonviolenza oggi in Italia" con centinaia di interviste a molte delle piu' rappresentative figure dell'impegno nonviolento nel nostro paese. Ha tenuto apprezzate conferenze sul cinema di Tarkovskij all'Universita' di Roma "La Sapienza" e presso biblioteche pubbliche. Negli scorsi anni ha animato cicli di incontri di studio su Dante e su Seneca. Negli ultimi due anni ha animato tre cicli di incontri di studio di storia della sociologia, di teoria del diritto, di elementi di economia politica. Fa parte di un comitato che promuove il diritto allo studio con iniziative di solidarieta' concreta.

 

2. INIZIATIVE. PER LA GIORNATA INTERNAZIONALE CONTRO LA VIOLENZA SULLE DONNE

 

In occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, a Viterbo si svolgeranno due iniziative.

- il 25 novembre la celebrazione istituzionale promossa dalla Prefettura;

- il 26 novembre presso la Sala Regia del Comune di Viterbo con inizio alle ore 16,30 un incontro pubblico promossa dall'"associazione Erinna - centro antiviolenza di Viterbo", incontro che avra' come tema centrale la presentazione della "Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica", nota come "Convenzione di Istanbul", approvata dal Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa il 7 aprile 2011 e ratificata all'unanimita' dal Parlamento italiano nel giugno 2013 (e quindi legge dello Stato italiano dal 19 giugno 2013).

 

3. MATERIALI. ALCUNI ALTRI TESTI DA "IN CAMMINO VERSO ASSISI" DEL MESE DI SETTEMBRE 2000

 

Riproponiamo qui ancora una volta alcuni altri testi apparsi sul nostro foglio "In cammino verso Assisi" nel mese di settembre 2000.

 

4. ALCUNE CARATTERISTICHE DELLA LOTTA NONVIOLENTA GANDHIANA

[Estratto dalla scheda su "Giuliano Pontara: le ragioni della nonviolenza" ripubblichiamo qui il seguente testo]

 

Di Giuliano Pontara, uno dei maggiori studiosi e militanti italiani della nonviolenza, sunteggiamo qui alcuni passaggi essenziali della voce Gandhismo da lui scritta per il Dizionario di politica curato da Bobbio, Matteucci e Pasquino, Utet, Torino, poi Tea, Milano. Nello stesso volume Pontara ha steso altresi' le voci Nonviolenza, Ricerca scientifica sulla pace, Utilitarismo. Segnaliamo che Pontara e' il curatore della fondamentale antologia di scritti di Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi, Torino, cui ha premesso una vasta ed approfondita introduzione.

La voce di dizionario di cui qui citeremo e riassumeremo alcuni punti essenziali esordisce ricordando che Gandhi insistette sempre nell'affermare che "non esiste qualcosa come il gandhismo", cosi' rimarcando il carattere aperto e sperimentale delle sue concezioni etiche, sociali e politiche, ed il suo rifiuto di ogni forma di settarismo che si richiamasse al suo nome (come e' noto, non altrimenti Marx affermava di non essere marxista). Gandhi non scrisse alcun trattato sistematico sulla sua concezione della nonviolenza, la sua opera letteraria e' fondamentalmente costituita di migliaia di articoli giornalistici, lettere, appelli, sempre stesi con un fine immediato ed interlocutori specifici; del resto la sua autobiografia conferma questo carattere sperimentale della sua riflessione ed azione, recando fin nel titolo esplicitamente l'espressione esplicativa di Storia dei miei esperimenti con la verita'.

Ovviamente dal complesso dell'opera gandhiana, palesemente asistematica (e Pontara sottolinea una somiglianza in questo con l'opera gramsciana), e' possibile ricavare  alcuni elementi teorici originali, persistenti e coerenti che grosso modo possiamo considerare particolarmente caratteristici dell'elaborazione teorica e della proposta pratica gandhiana. Pontara sottolinea particolarmente:

"a) la critica all'industrialismo in quanto tale, e non soltanto alla variante capitalistica di esso;

b) la concezione di uno "stato nonviolento";

c) le idee sull'educazione fondata sulla partecipazione al lavoro produttivo, soprattutto a quello manuale;

d) la sua filosofia dei conflitti di gruppo;

e) la sua concezione dei rapporti tra etica e politica;

f) la sua dottrina del satyagraha come modalita' del tutto particolare della lotta politica".

La parte piu' perspicua del testo e' ovviamente la caratterizzazione della specifica modalita' di lotta nonviolenta che Gandhi definisce satyagraha, "termine coniato da Gandhi che significa, all'incirca, modalita' di lotta caratterizzata dalla fermezza nella verita'. Siffatta modalita' di lotta e' definita da sei principi fondamentali. In tutta brevita' essi sono i seguenti.

1) In una situazione conflittuale non si debbono porre obiettivi incompatibili con la concezione etica che soggiace alla dottrina nonviolenta: "E' impossibile praticare il satyagraha al servizio di una causa ingiusta".

2) In una situazione conflittuale si deve impostare sin dall'inizio la lotta in modo tale da non minacciare l'avversario nei suoi interessi vitali (la vita, l'integrita' fisica e psichica), scegliendo tecniche di lotta deliberatamente volte a minimizzare le sofferenze che il conflitto puo' comportare per la parte avversaria.

3) In una situazione conflittuale bisogna essere disposti a sobbarcarsi di sacrifici che possono essere anche assai notevoli (...).

4) Il quarto principio del satyagraha prescrive di attenersi in ogni fase del conflitto alla massima obiettivita' e imparzialita', di appellarsi alla ragione cercando di comprendere i motivi e gli argomenti della parte avversaria, di non operare nella clandestinita'.

5) Un requisito fondamentale del satyagraha e' quello di un impegno continuo e costante in un programma costruttivo fondato in parte sulla individuazione di fini sovraordinati, ossia tali che la loro realizzazione e' nell'interesse delle parti in conflitto ed e' possibile soltanto merce' una certa collaborazione tra di esse. Cio' serve a creare quel minimo di comunicazione senza la quale una lotta di tipo satyagraha non e' possibile (...).

6) Un ultimo principio fondamentale della lotta satyagraha e' quello che Gandhi chiamava "la legge di progressione dei mezzi": si puo' ricorrere a forme piu' radicali di lotta nonviolenta soltanto dopo che quelle piu' blande si sono mostrate chiaramente inefficaci.

Gandhi riteneva che i suoi "esperimenti" di lotta satyagraha in Sud Africa e in India avessero dimostrato la validita' delle tre seguenti ipotesi:

a) che con una dovuta preparazione e organizzazione e' possibile portare delle vaste masse a praticare forme di lotta che soddisfano in misura notevole i requisiti del satyagraha;

b) che il metodo satyagraha costituisce una concreta ed efficace alternativa alla violenza armata nella lotta per delle cause giuste;

c) che il satyagraha tende a bloccare, in forza di fattori morali, psicologici e politici, la reazione violenta dell'oppositore, a condurre a soluzioni accettate e costruttive dei conflitti, e di conseguenza ad una riduzione massima della violenza nel mondo".

 

5. COSA E' L'AZIONE DIRETTA NONVIOLENTA

[Estratto dal nostro lavoro "La nonviolenza contro la guerra" ripubblichiamo qui il seguente testo]

 

Premessa

Questa breve presentazione dell'azione diretta nonviolenta intende offrire di essa un quadro certamente assai schematico ma speriamo sufficientemente orientativo.

1. Parte prima: cosa e' l'azione diretta nonviolenta

1.1. Una semplice definizione:

- azione: ovvero intervento attivo in situazione di conflitto;

- diretta: ovvero assunzione personale di responsabilita', rifiuto della delega e rifiuto del comodo alibi della propria estraneita', della propria incompetenza;

- nonviolenta: ovvero che ripudia la violenza e che punta a ridurre e tendenzialmente abolire la violenza, l'ingiustizia, l'alienazione.

1.2. Alcune caratteristiche della lotta nonviolenta:

- negare il consenso all'ingiustizia;

- coerenza tra mezzi e fini;

- forza della verita';

- lotta come amore.

1.3. Alcune esperienze di lotta nonviolenta:

- le campagne gandhiane;

- le iniziative di Danilo Dolci;

- l'azione di Martin Luther King;

- la lotta di Solidarnosc.

1.4. Metodi di lotta nonviolenta:

- l'esempio;

- l'educazione;

- la persuasione;

- lo sciopero;

- la noncollaborazione;

- il boicottaggio;

- la disobbedienza civile.

1.5. Cosa si richiede a chi voglia usare la nonviolenza come strumento di lotta:

- disponibilita' a soffrire anziche' a far soffrire;

- rispetto dell'altro e di ogni essere umano;

- rinuncia agli alibi, assunzione di responsabilita';

- pazienza e ironia;

- capacita' di ascolto delle ragioni altrui e di relativizzare il proprio punto di vista;

- tenere sempre aperta la comunicazione;

- disciplina e rigore intellettuale e morale.

2. Parte seconda: piano per la realizzazione di un'azione diretta nonviolenta

2.1. La preparazione

2.1.1. Lo studio preliminare:

- lo studio della situazione;

- la definizione precisa di obiettivi chiari e realisticamente perseguibili.

2.1.2. L'organizzazione preliminare:

- la discussione con il metodo del consenso;

- la consapevolezza e la responsabilita';

- costruire l'affinita' tra i partecipanti all'azione.

2.1.3. Il programma preliminare:

- il programma costruttivo;

- i fini sovraordinati;

- la scelta delle tecniche e la loro progressione;

- il ventaglio degli esiti possibili e la realistica valutazione di ognuno di essi.

2.1.4. Il negoziato come obiettivo costante:

- mettere sempre in rilievo le cose condivise;

- puntare sempre ad un accordo;

- dare sempre alla controparte una via d'uscita;

- garantire sempre la limpidezza dei propri comportamenti;

- non minacciare mai la distruzione dell'avversario.

2.1.5. L'addestramento:

- sapere cosa si fa, perche' e come;

- la fiducia reciproca;

- conoscenza delle tecniche di lotta;

- la disciplina collettiva;

- la comunicazione;

- le tecniche di addestramento (giochi di fiducia, giochi di ruolo, studio di casi, addestramento alla comunicazione, addestramento alla presa rapida di decisioni, addestramento ai processi decisionali consensuali; addestramento all'ascolto attivo, addestramento al controllo delle emozioni in situazioni conflittuali, addestramento alla ricerca di soluzioni creative in situazioni conflittuali, contraddittorie e confuse, etc.);

- la creativita' e la responsabilita'.

2.1.6. Ulteriori questioni organizzative e logistiche:

- importanza fondamentale delle procedure democratiche: metodo del consenso, gruppi di affinita', partecipazione di tutti alla discussione e alle decisioni, sperimentazione della rotazione negli impegni, costruzione di rapporti di lealta' e fiducia;

- la direzione del movimento: uso di portavoce e loro agevole sostituibilita';

- i gruppi di sostegno: loro definizione, loro compiti, possibili evoluzioni;

- la sensibilizzazione delle persone variamente coinvolte ed i rapporti con i mezzi d'informazione;

- studio della situazione dal punto di vista legale;

- preparazione e garanzia di una costante assistenza (legale, medica, etc.) ai partecipanti all'azione;

- previsione della reazione altrui, della possibile violenza altrui, delle possibili rappresaglie altrui, e definizione precisa della condotta nonviolenta da seguire;

- previsione degli sviluppi dell'azione e controllo di essi;

- definizione di principi rigidi da cui nessuno dei partecipanti all'azione puo' derogare;

- previsione degli scenari in presenza dei quali l'azione deve essere interrotta.

2.1.7. La definizione del piano di lavoro e la sua flessibilita':

- obiettivi realistici;

- progressione dell'iniziativa;

- consapevolezza della compresenza di piu' obiettivi: formazione, educazione, dimostrazione della rottura della complicita', etc.; fino agli obiettivi piu' precisi e specifici (anch'essi con vari livelli);

- la cosa decisiva: mantenere l'iniziativa strategica, non essere subalterni.

2.2. L'azione

- informazione preliminare a tutti;

- proposta preliminare alla controparte;

- inizio e svolgimento dell'azione;

- tenere sempre aperta la comunicazione;

- non essere ipocriti, confusi o comunque equivocabili;

- saper affrontare le provocazioni, la violenza altrui, le rappresaglie (debolezza dell'azione diretta nonviolenta dinanzi alle provocazioni: fare di questa debolezza una forza; saper dare una risposta nonviolenta alla eventuale violenza altrui; preventivare le rappresaglie e depotenziarne cosi' l'efficacia);

- proseguire la discussione anche nel corso dell'azione;

- saper negoziare;

- saper affrontare il prolungarsi della lotta;

- saper concludere la lotta.

2.3. La valutazione

2.3.1. Criteri della valutazione:

- risultati concreti;

- valore educativo;

- limitazione delle sofferenze;

- sensibilizzazione e coinvolgimento di altri.

2.3.2. La valutazione come occasione di riflessione e di approfondimento.

2.3.3. La valutazione come occasione di democrazia e responsabilita'.

2.3.4. La valutazione come preparazione a lotte ulteriori.

3. Parte terza: alcuni altri temi di riflessione e di studio

- complessita' e fallibilismo;

- comunicazione ed interazione;

- democrazia e dignita' umana;

- il principio responsabilita'.

4. Parte quarta: alcune schede integrative

4.1. L'azione diretta nonviolenta: una sintesi in nove punti

Per una prima informazione una utile sintesi e' offerta dal fondamentale lavoro di Gene Sharp, Politica dell'azione nonviolenta, vol. I, alle pp. 132-133, che qui riassumiamo: "E' opinione comune che l'azione nonviolenta possa portare alla vittoria solo in tempi molto lunghi, piu' lunghi di quelli necessari alla lotta violenta. Cio' puo' essere vero in alcuni casi, ma non e' necessariamente sempre cosi' (...). Esaminando e correggendo i pregiudizi nei confronti dell'azione nonviolenta siamo spesso in grado di farne risaltare con piu' evidenza le caratteristiche positive: 1. (...) questo metodo non ha niente a che vedere con la passivita', la sottomissione e la codardia; queste devono essere prima rifiutate e vinte, proprio come in un'azione violenta. 2. L'azione nonviolenta non deve essere messa sullo stesso piano della persuasione verbale o puramente psicologica (...); e' una sanzione e un metodo di lotta che comporta l'uso del potere sociale, economico e politico e il confronto delle forze in conflitto. 3. L'azione nonviolenta non si basa sul presupposto che l'uomo sia fondamentalmente "buono", ma riconosce le potenzialita' umane sia al "bene" che al "male" (...). 4. Coloro che praticano l'azione nonviolenta non sono necessariamente pacifisti o santi; l'azione nonviolenta e' stata praticata il piu' delle volte e con successo da gente "qualsiasi". 5. Il successo di un'azione nonviolenta non richiede necessariamente (sebbene possa esserne facilitato) basi e princìpi comuni o un alto grado di comunanza di interessi e di vicinanza psicologica tra i gruppi in lotta (...). 6. L'azione nonviolenta e' un fenomeno occidentale almeno quanto orientale (...). 7. L'azione nonviolenta non si basa sul presupposto che l'avversario si astenga dall'uso della violenza contro i nonviolenti, ma prevede di dover operare, se necessario, contro la violenza. 8. Non c'e' nulla nell'azione nonviolenta per prevenire che venga usata tanto per cause "buone" quanto per cause "cattive", sebbene le conseguenze sociali in quest'ultimo caso siano molto diverse da quelle provocate dalla violenza impiegata per lo stesso scopo. 9. L'azione nonviolenta non serve solo nei conflitti interni a sistemi democratici, ma e' stata largamente praticata contro regimi dittatoriali, occupazioni straniere e anche contro sistemi totalitari".

4.2. Le tecniche della nonviolenza

Il piu' ampio repertorio di tecniche della nonviolenza e' costituito dal secondo volume della fondamentale opera di Gene Sharp, Politica dell'azione nonviolenta: 2. le tecniche, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1986. Sharp descrive 198 tecniche di azione nonviolenta. L'elenco proposto da Sharp e' organizzato nel modo seguente: 1. tecniche di protesta e persuasione nonviolenta, comprendenti dichiarazioni formali, forme di comunicazione rivolte a un pubblico piu' vasto, rimostranze di gruppo, azioni pubbliche simboliche, pressioni su singoli individui, spettacoli e musica, cortei, onoranze ai morti, riunioni pubbliche, abbandoni e rinunce. 2. Tecniche di noncollaborazione sociale, comprendenti ostracismo nei confronti delle persone, noncollaborazione con eventi, consuetudini ed istituzioni sociali, ritiro dal sistema sociale. 3. Tecniche di noncollaborazione economica, comprendenti a) i boicottaggi economici: azioni da parte dei consumatori, azioni da parte di lavoratori e produttori, azioni da parte di mediatori, azioni da parte di proprietari e negozianti, azioni di natura finanziaria, azioni da parte di governi; b) gli scioperi, tra cui gli scioperi simbolici, scioperi dell'agricoltura, scioperi di gruppi particolari, scioperi normali dell'industria, scioperi limitati, scioperi di piu' industrie, combinazioni di scioperi e blocchi economici (tra cui l'hartal, ed il blocco economico). 4. Tecniche di noncollaborazione politica, comprendenti rifiuto dell'autorita', noncollaborazione di cittadini col governo, alternative dei cittadini all'obbedienza, azioni da parte di personale governativo, azioni governative interne, azioni governative internazionali. 5. Tecniche di intervento nonviolento, comprendenti intervento psicologico, intervento fisico, intervento sociale, intervento economico, intervento politico. Un bel libro sulle tecniche della nonviolenza e' ancora quello classico di Aldo Capitini, Le tecniche della nonviolenza, di recente ristampato da Linea d'Ombra Edizioni, Milano.

4.3. L'addestramento alla nonviolenza

Citiamo da Aldo Capitini (Le tecniche della nonviolenza, p. 127): "Una parte del metodo nonviolento, tra la teoria e la pratica, spetta all'addestramento alla nonviolenza. Le ragioni principali per cui e' necessaria questa parte sono queste: A) l'attuazione della nonviolenza non e' di una macchina, ma di un individuo, che e' un insieme fisico, psichico e spirituale; B) la lotta nonviolenta e' senza armi, quindi c'e' maggior rilievo per i modi usati, per le qualita' del carattere che si mostra; C) una campagna nonviolenta e' di solito lunga, e percio' e' utile un addestramento a reggerla, a non cedere nemmeno per un istante; D) la lotta nonviolenta porta spesso sofferenze e sacrifici: bisogna gia' sapere che cosa sono, bisogna che il subconscio non se li trovi addosso improvvisamente con tutto il loro peso; E) le campagne nonviolente sono spesso condotte da pochi, pochissimi, talora da una persona soltanto; bisogna che uno si sia addestrato a sentirsi in minoranza, e talora addirittura solo, e perfino staccato dalla famiglia".

4.4. Alcune schede da L'Abate (a cura di), Addestramento alla nonviolenza

Sull'addestramento alla nonviolenza in italiano c'e' un buon manuale, a cura di Alberto L'Abate, Addestramento alla nonviolenza, Satyagraha Editrice, Torino 1985; il libro ha per sottotitolo "introduzione teorico-pratica ai metodi", ed in effetti affianca ad alcuni saggi analitici anche una serie di esercizi pratici e due utili appendici, una sul teatro politico di strada, ed una di brevi schede su vari aspetti della nonviolenza.

Riportiamo qui in sintesi alcune schede dal libro curato da L'Abate.

I quattro principi fondamentali dell'azione diretta nonviolenta: 1. definite i vostri obiettivi; 2. comportatevi con onesta' ed ascoltate bene; 3. amate i vostri avversari; 4. date agli avversari una via d'uscita.

Sei mosse strategiche dell'azione nonviolenta: indagate; negoziate; educate; manifestate; resistete; siate pazienti.

Quattro suggerimenti pratici: siate creativi; preparate i vostri partecipanti; comunicate; controllate gli eventi.

Presupposti validi della nonviolenza: 1. i mezzi devono essere adeguati ai fini; 2. rispettare tutte le forme di vita; 3. trasformare le opposizioni piuttosto che annientarle; 4. ricorrere a creativita', spirito, amore; 5. mirare a cambiamenti incisivi.

Risposta nonviolenta alla violenza personale: 1. formulate con chiarezza i vostri obiettivi; 2. non lasciatevi intimorire; 3. non intimorite; 4. non abbiate timore di affermare cio' che e' ovvio; 5. non comportatevi da vittime; 6. cercate di tirar fuori la parte migliore della personalita' del vostro avversario; 7. non bloccatevi al cospetto della violenza fisica; 8. continuate a parlare e ad ascoltare. La comunicazione e' il fulcro della nonviolenza.

Indicazioni procedurali per la discussione e l'azione nonviolenta: 1. nella discussione praticate il giro degli interventi; 2. condividete le abilita' e praticate la rotazione delle responsabilita'; 3. valorizzate i sentimenti; 4. lavorate insieme in modo cooperativo; 5. incontratevi anche separatamente; 6. incontratevi in piccoli gruppi; 7. usate il metodo del consenso nel prendere le decisioni.

4.5. Piano di lavoro per una campagna di lotta nonviolenta

Preliminarmente: chi vuole partecipare ad una campagna di lotta nonviolenta deve essere disposto a condividere rigorosamente gli obiettivi, i metodi e la disciplina collettiva, che devono quindi essere preliminarmente discussi fin nei minimi dettagli affinche' sia chiaro a tutti per cosa ci si impegna e come: una lotta nonviolenta ha delle regole rigorose e richiede ai partecipanti un impegno serio, una adeguata preparazione, convinzione e condivisione, coerenza e disciplina, capacita' critica e creativa, rispetto per gli altri. 1. conoscere: informarsi; raccogliere documentazione; studiare. 2. definire gli obiettivi: obiettivi finali ed intermedi; tempi dell'iniziativa; risorse finanziarie ed umane; organizzazione e compiti; interlocutori da coinvolgere; strumenti di verifica periodica e di eventuale ridefinizione degli obiettivi 3. iniziative e loro gradualita': rendere note le proprie richieste/proposte; notificarle agli interlocutori specifici; diffondere l'informazione alla societa' in generale; protestare contro l'ingiustizia; agire contro l'ingiustizia;  mantenere sempre aperta la comunicazione.

4.6. Il Manuale per l'azione diretta nonviolenta di Walker

Uno strumento di lavoro a nostro avviso insuperato e' il breve testo di Charles C. Walker, Manuale per l'azione diretta nonviolenta, Edizioni del Movimento Nonviolento, Perugia 1982. Ne riportiamo il sommario: 1. Preparazione. 2. Lancio di un programma costruttivo. 3. Aspetti generali del metodo. 4. L'addestramento. 5. Il piano dell'azione. 6. I preparativi dell'azione. 7. Studio della situazione legale. 8. Messa a punto di una disciplina collettiva. 9. Sviluppo di una campagna di propaganda. 10. Raduno dei partecipanti. 11. Inizio dell'azione. 12. Come fronteggiare le rappresaglie. 13. Mantenere la vitalita' del movimento. 14. I dirigenti. 15. Quando la lotta si prolunga.

4.7. Quattro regole di condotta per l'azione diretta nonviolenta: I. A un'iniziativa nonviolenta possono partecipare solo le persone che accettano incondizionatamente di attenersi alle regole della nonviolenza. II. Tutti i partecipanti devono saper comunicare parlando con chiarezza, con tranquillita', con rispetto per tutti, e senza mai offendere nessuno. III. Tutti i partecipanti devono conoscere perfettamente senso, fini, modalita' e conseguenze dell'azione diretta nonviolenta; devono averne piena conoscenza, e devono esserne completamente convinti, in particolare sottolineiamo la necessita' di essere pienamente informati e consapevoli delle conseguenze cui ogni singolo partecipante puo' andare incontro, conseguenze che vanno accettate pacificamente e onestamente, ed alle quali nessuno deve cercare di sottrarsi. IV. Tutti devono rispettare i seguenti principi della nonviolenza: a) non fare del male a nessuno (se una sola persona dice o fa delle stupidaggini, o una sola persona si fa male, l'azione diretta nonviolenta e' irrimediabilmente e totalmente fallita, e deve essere immediatamente sospesa); b) spiegare a tutti (amici, autorita', interlocutori, interpositori, eventuali oppositori) cosa si intende fare, e che l'azione diretta nonviolenta non e' rivolta contro qualcuno, ma contro la violenza; c) dire sempre e solo la verita'; d) fare solo le cose decise prima insieme con il metodo del consenso ed annunciate pubblicamente (cioe' a tutti note e da tutti condivise); nessuno deve prendere iniziative personali di nessun genere; la nonviolenza richiede lealta' e disciplina; e) assumersi la responsabilita' delle proprie azioni e quindi subire anche le conseguenze che ne derivano; f) mantenere una condotta nonviolenta anche di fronte all'eventuale violenza altrui. Chi non accetta queste regole non puo' partecipare all'azione diretta nonviolenta, poiche' sarebbe di pericolo per se', per gli altri e per la riuscita dell'iniziativa che deve essere, appunto, rigorosamente nonviolenta. Per poter partecipare ad un'azione diretta nonviolenta e' necessario aver partecipato prima alla discussione ed all'organizzazione che ha portato alla sua decisione e realizzazione, ed e' altresi' assolutamente indispensabile aver partecipato ad un training di addestramento alla nonviolenza.

 

6. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Riletture

- Tzvetan Todorov, Di fronte all'estremo, Garzanti, Milano 1992, 2011, pp. 312.

- Tzvetan Todorov, Una tragedia vissuta. Scene di guerra civile, Garzanti, Milano 1995, pp. 158.

- Tzvetan Todorov, Memoria del male, tentazione del bene. Inchiesta su un secolo tragico, Garzanti, Milano 2001, pp. 406.

 

7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

8. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 1815 del 12 novembre 2014

Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XV)

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

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