[Nonviolenza] Telegrammi. 1727
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- Date: Mon, 11 Aug 2014 20:42:43 +0200 (CEST)
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TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 1727 del 12 agosto 2014
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com
Sommario di questo numero:
1. "Eredita' della Scuola di Francoforte". Un incontro di studio
2. Un incontro di studio su "Dalla falsa coscienza alla dignita' umana"
3. Maria G. Di Rienzo (a cura di): Manuale per l'azione diretta nonviolenta (parte prima)
4. Segnalazioni librarie
5. La "Carta" del Movimento Nonviolento
6. Per saperne di piu'
1. INCONTRI. "EREDITA' DELLA SCUOLA DI FRANCOFORTE". UN INCONTRO DI STUDIO
Si e' svolto la mattina di lunedi' 11 agosto 2014 a Viterbo presso il "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" un incontro di studio sul tema: "L'eredita' teorica, critica, morale e politica della Scuola di Francoforte", con la partecipazione di Giselle Dian.
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Giselle Dian, critica d'arte, studiosa di fenomeni artistici e comunicazione multimediale, disegnatrice, pittrice, grafica, collaboratrice del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo, fa parte della redazione di "Viterbo oltre il muro. Spazio di informazione nonviolenta"; nel 2010 ha realizzato un ampio studio su Keith Haring dal titolo "Keith Haring: segno artistico, gesto esistenziale, impegno civile", per il quale ha anche effettuato una serie di interviste a varie personalita' di vari campi del sapere (critici d'arte, filologi, filosofi, psicologi, sociologi, storici, operatori sociali, studiosi dei nuovi linguaggi artistici e dei media...). E' impegnata in esperienze di solidarieta' concreta e di volontariato. Ha pubblicato saggi, interviste e recensioni sul quotidiano telematico "La nonviolenza e' in cammino"; ha tenuto conferenze presso biblioteche pubbliche, mostre in spazi di impegno sociale e culturale, e sta realizzando un progetto artistico sui temi della memoria storica e della dignita' umana.
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Tra gli studi complessivi e le monografie introduttive sulla scuola di Francoforte: Paul-Laurent Assoun, La scuola di Francoforte, Lucarini, Roma 1988; Giuseppe Bedeschi, Introduzione alla scuola di Francoforte, Laterza, Roma-Bari 1985, 1987; Martin Jay, L'immaginazione dialettica, Einaudi, Torino 1979; Gian Enrico Rusconi, La teoria critica della societa', Il Mulino, Bologna 1968; Goeran Therborn, Critica e rivoluzione, Laterza, Bari 1972; Rolf Wiggershaus, La scuola di Francoforte, Bollati Boringhieri, Torino 1992; Pierre V. Zima, Guida alla scuola di Francoforte, Rizzoli, Milano 1976. Si veda anche la celebre discussione in AA. VV., Dialettica e positivismo in sociologia, Einaudi, Torino 1972, 1977.
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Theodor W. Adorno, nato l'11 settembre 1903 a Francoforte sul Meno, costretto all'esilio dall'avvento del nazismo, acutissimo osservatore della societa' contemporanea, filosofo e musicologo, e' deceduto il 6 agosto 1969. E' una delle figure di massimo spicco della "scuola di Francoforte". Opere di Theodor W. Adorno: nella sua vastissima produzione segnaliamo almeno, per un primo approccio, Dialettica dell'illuminismo (con Max Horkheimer), Minima moralia, Dialettica negativa, tutti presso Einaudi, Torino. Opere su Theodor W. Adorno: si veda almeno, per un primo orientamento, Tito Perlini, Che cosa ha veramente detto Adorno, Ubaldini, Roma 1971; Marzio Vacatello, Th. W. Adorno. Il rinvio della prassi, La Nuova Italia, Firenze 1972; Sergio Moravia, Adorno e la teoria critica della societa', Sansoni, Firenze 1974; Enzo Rutigliano, Teoria o critica. Saggio sul marxismo di Adorno, Dedalo, Bari 1977; Carlo Pettazzi, Th. W. Adorno: linee di origine e di sviluppo del pensiero (1903-1949), La Nuova Italia, Firenze 1979; Martin Jay, Theodor W. Adorno, Il Mulino, Bologna 1987; Massimo Nardi, Pensare nella verita'. L'itinerario della ragione dialettica in Th. W. Adorno, Studium, Roma 1993; Fredric Jameson, Tardo marxismo, Manifestolibri, Roma 1994; Elena Tavani, L'apparenza da salvare. Saggio su Th. W. Adorno, Guerini e associati, Milano 1994; Angelo Cicatello, Dialettica negativa e logica della parvenza. Saggio su Th. W. Adorno, Il melangolo, Genova 2001; Stefan Mueller-Doohm, Theodor W. Adorno. Biografia di un intellettuale, Carocci, Roma 2003; Lucio Cortella, Una dialettica nella finitezza. Adorno e il programma di una dialettica negativa, Meltemi, Roma 2006; Stefano Petrucciani, Introduzione a Adorno, Laterza, Roma-Bari 2007; Pastore Luigi, Gebur Thomas (a cura di), Theodor W. Adorno. Il maestro ritrovato, Manifestolibri, Roma 2008; di particolare importanza sono gli scritti dedicati ad Adorno in Renato Solmi, Autobiografia documentaria. Scritti 1950-2004, Quodlibet, Macerata 2007.
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Walter Benjamin, nato a Berlino nel 1892, saggista di sconvolgente profondita', all'avvento del nazismo abbandona la Germania, si uccide nel 1940 al confine tra Francia e Spagna per sfuggire ai nazisti. Opere di Walter Benjamin: in italiano fondamentale e' la raccolta di saggi e frammenti Angelus novus, Einaudi, Torino; e quella che prende il titolo da L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilita' tecnica, Einaudi, Torino. Sempre presso Einaudi (che ha in corso la pubblicazione delle Opere, a cura di Giorgio Agamben) cfr. anche: Avanguardia e rivoluzione, Critiche e recensioni, Diario moscovita, Il concetto di critica nel romanticismo tedesco (Scritti 1919-1922), Il dramma barocco tedesco, Immagini di citta', Infanzia berlinese, Metafisica della gioventu' (Scritti 1910-1918), Ombre corte (Scritti 1928-1929), Parigi capitale del XIX secolo, Strada a senso unico, Sull'hascisch, Teologia e utopia (Carteggio 1933-1940 con Gershom Scholem), Tre drammi radiofonici, e le Lettere (1913-1940). Presso Adelphi cfr. la sua antologia di lettere commentate di autori del passato, Uomini tedeschi. Opere su Walter Benjamin: per la bibliografia: M. Brodersen, Walter Benjamin. Bibliografia critica generale (1913-1983), Aesthetica, Palermo 1984; R. Cavagna, Benjamin in Italia. Bibliografia italiana, 1956-1980, Sansoni, Firenze 1982. Saggi: cfr. almeno AA. VV. (a cura di Franco Rella), Materiali su Walter Benjamin, Venezia 1982; AA. VV., Paesaggi benjaminiani, fascicolo monografico della rivista "aut aut", nn. 189-190, 1982; AA. VV., Walter Benjamin. Tempo storia linguaggio, Editori Riuniti, Roma 1983; Hannah Arendt, Il pescatore di perle, Mondadori, Milano 1993 (saggio incluso anche in Hannah Arendt, Il futuro alle spalle, Il Mulino, Bologna); Fabrizio Desideri, Walter Benjamin. Il tempo e le forme, Editori Riuniti, Roma 1980; Hans Mayer, Walter Benjamin, Garzanti, Milano 1993; Gershom Scholem, Walter Benjamin e il suo angelo, Adelphi, Milano 1978; Gershom Scholem, Walter Benjamin. Storia di un'amicizia, Adelphi, Milano 1992. Cfr. anche Paolo Pullega, Commento alle "Tesi di filosofia della storia" di Walter Benjamin, Cappelli, Bologna 1980.
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Erich Fromm, psicoanalista e sociologo (Francoforte 1900 - Locarno 1980), collaboratore della scuola di Francoforte, esule in America, nella sua riflessione unisce analisi e suggestioni di Marx, Freud, della tradizione ebraica e cristiana, del buddhismo zen. Opere di Erich Fromm: segnaliamo tra le principali: Fuga dalla liberta', Comunita'; Dalla parte dell'uomo, Astrolabio; Il linguaggio dimenticato, Garzanti; Psicoanalisi della societa' contemporanea, Comunita'; L'arte di amare, Il Saggiatore; Psicoanalisi dell'amore, Newton; Marx e Freud, Garzanti; La rivoluzione della speranza, Bompiani; La crisi della psicoanalisi, Mondadori; Anatomia della distruttivita' umana, Mondadori; Avere o essere?, Mondadori; Grandezza e limiti del pensiero di Freud, Mondadori; La disobbedienza, Mondadori. Fromm ha anche curato il volume di AA. VV., L'umanesimo socialista, Rizzoli. Opere su Erich Fromm: Rainer Funk, Erich Fromm. La vita e il pensiero, Massari Editore.
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Max Horkheimer, filosofo nato a Stoccarda nel 1895, direttore dell'"Istituto per la ricerca sociale" di Francoforte, esule antinazista, muore nel 1973. E' una delle figure di spicco della "scuola di Francoforte". Opere di Max Horkheimer: tra esse segnaliamo particolarmente Crepuscolo, Dialettica dell'illuminismo (con Adorno), Lezioni di sociologia (con Adorno), Eclisse della ragione, e gli studi raccolti in Teoria critica, tutti presso Einaudi, Torino; ma cfr. anche almeno Gli inizi della filosofia borghese della storia (Einaudi), ed i due volumi che raccolgono alcune interviste degli ultimi anni che diedero luogo a vivaci dibattiti, Rivoluzione o liberta'?, Rusconi, Milano 1972, e La nostalgia del totalmente altro, Queriniana, Brescia 1972, 1977. Opere su Max Horkheimer: Antonio Ponsetto, Max Horkheimer, Il Mulino, Bologna 1981; Alfred Schmidt, Oltre il materialismo storico, Laterza, Roma-Bari 1981.
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Herbert Marcuse, filosofo, nato a Berlino nel 1898, fa parte della scuola di Francoforte; costretto all'esilio dal nazismo, si trasferisce in America; sara' uno dei punti di riferimento della contestazione studentesca e dei movimenti di liberazione degli anni '60 e '70. Muore nel 1979. Tra le opere di Herbert Marcuse segnaliamo almeno Ragione e rivoluzione, Il Mulino, Bologna 1966, 1974; Eros e civilta', Einaudi, Torino 1964, 1974; Soviet marxism, Guanda, Parma 1968; L'uomo a una dimensione, Einaudi, Torino 1967, 1975; Saggio sulla liberazione, Einaudi, Torino 1969, 1975. Tra le opere su Herbert Marcuse: Tito Perlini, Che cosa ha veramente detto Marcuse, Astrolabio-Ubaldini, Roma 1968; Juergen Habermas (a cura di), Risposte a Marcuse, Laterza, Bari 1969; Hauke Brunkhorst, Gertrud Koch, Herbert Marcuse, Erre Emme, Roma 1989.
2. INCONTRI. UN INCONTRO DI STUDIO SU "DALLA FALSA COSCIENZA ALLA DIGNITA' UMANA"
Si e' svolto nel pomeriggio di lunedi' 11 agosto 2014 a Viterbo un incontro di studio sul tema: "Dalla falsa coscienza alla dignita' umana. Percorsi di riflessione e proposte di azione solidale nella cultura contemporanea".
All'incontro ha preso parte il responsabile del "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani".
3. STRUMENTI. MARIA G. DI RIENZO (A CURA DI): MANUALE PER L'AZIONE DIRETTA NONVIOLENTA (PARTE PRIMA)
[Riproponiamo questo manuale curato da Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) che ha avuto ampia circolazione nello scorso decennio nei movimenti ecologisti, femministi, nonviolenti.
Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sydney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005; (a cura di), Voci dalla rete. Come le donne stanno cambiando il mondo, Forum, Udine 2011. Cfr. il suo blog lunanuvola.wordpress.com Un piu' ampio profilo di Maria G. Di Rienzo in forma di intervista e' in "Notizie minime della nonviolenza" n. 81; si veda anche l'intervista in "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 250, e quella nei "Telegrammi" n. 425]
Introduzione
La nonviolenza, come disse Gandhi, e' vecchia come le montagne. Questa parola viene usata in tutto il mondo per tradurre concettualmente il termine "ahimsa", una parola in sanscrito che significa letteralmente "non nuocere". La radice del termine e' "hins", ovvera la "forma desiderante" di "han" che significa ammazzare, uccidere o danneggiare. Percio' "hins" implica il desiderio di uccidere, ferire o distruggere. La "a" iniziale e' una negativa, percio' "ahimsa" ha il piu' vasto significato di non avere alcun desiderio, intenzione o volonta' di uccidere, ferire e distruggere.
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Fra sottomissione e rappresaglia
Il modo dell'azione nonviolenta si puo' descrivere come una "terza via", un'alternativa fra il sottomettersi alle ingiustizie e la reazione violenta contro di esse. Molta gente non riesce a vedere che le due alternative piu' comuni: o accettano passivamente la situazione ingiusta, o si preparano ad usare la violenza per difendere i loro diritti. Sfortunatamente, chi usa questo secondo modo, spesso non e' in grado di controllarlo o di fare in modo che non opprima altri. La giustizia raramente si ottiene basandosi su chi dei contendenti ha l'esercito piu' forte e capace di uccidere e distruggere gli oppositori. Dall'altro lato, chi si sottomette a cio' che e' forzato ad accettare viene considerato debole e codardo nel mentre soffre l'oppressione della violenza.
La terza via da' modo anche a coloro che sono pochi o hanno scarse risorse materiali di ergersi per i loro diritti, con forza morale e dignita'. Non c'e' bisogno di essere grandi e grossi o forzuti per usare l'azione nonviolenta. I piu' anziani e i giovanissimi, le donne, persino i portatori di handicap sono efficaci nell'uso dell'azione nonviolenta quanto i giovani uomini fisicamente prestanti.
Il potere della nonviolenza viene dalle qualita' spirituali dell'amore, della comprensione, dell'abilita' comunicativa, del coraggio, e della perseveranza.
La sottomissione, l'accettazione, la passivita' non alleviano l'oppressione e l'ingiustizia, la reazione violenta incoraggia il crescere della violenza e della repressione.
Il modo nonviolento e' un'apertura, un ascolto, un considerare l'intero mondo la propria famiglia: considerare i diversi punti di vista significa scoprire che le differenze non sono disarmonie, se ci trattiamo l'un l'altro con amore e rispetto. Noi agiamo in questo modo verso i nostri amici ed alleati, ma anche verso i nostri oppositori o i nostri critici: perche' sono esseri umani come noi e abbiamo la necessita' di capirli ancor piu' di quelli che sono d'accordo con noi.
Apertura significa anche trasparenza. Non tentiamo di tener nulla nascosto, ne' di trarre vantaggio dall'ignoranza altrui. Siamo disponibili alla comunicazione, alla relazione, alla cooperazione; esaminiamo tutti i punti di vista, ma ci atteniamo nella scelta alla nostra visione: non accettiamo tutti i concetti o tutte le attitudini, non cooperiamo con cio' che provoca dolore e ingiustizia, ma siamo sempre disponibili a discutere.
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Una comunicazione onesta
Gandhi uso' il termine "satyagraha" per descrivere le modalita' dell'attivismo nonviolento. La parola "satya" significa "verita'" e deriva da "sat" che ha lo stesso significato nel senso di "essere", "realta'" o "esistenza". La parola "agraha" significa aggrapparsi fermamente a qualcosa. Percio' "satyagraha" vuol dire: attenersi fermamente alla verita'. Al di la' delle convinzioni religiose o dei credo filosofici, ideologici o spirituali che una persona puo' avere o non avere, questo modo implica il dedicarsi alla verita' e all'onesta' nelle relazioni umane. Noi esseri umani abbiamo il grande dono del linguaggio attraverso il quale comunichiamo simbolicamente, oltre a comunicare direttamente con le nostre azioni. Poiche' il linguaggio e' un'astrazione simbolica riferita ad oggetti, relazioni e concetti, le parole possono essere piu' o meno accurate nel tentativo di descrivere la realta'. Il linguaggio puo' essere erroneo e le persone possono mentire. La menzogna e' una sottile forma di violenza, giacche' mostra scarso rispetto per gli altri o paura della realta'. Separarci dalla verita' significa separarci dalla realta'. Per essere onesti con noi stessi dobbiamo esserlo con gli altri. E' veramente gentilezza non dire ad altre persone quel che si pensa e permettere al risentimento e al rancore di crescere nel silenzio, finche' esploderanno in allontanamento o litigio? Il metodo nonviolento ha il coraggio di confrontarsi con la realta', con cio' che accade, di modo da poter lavorare con tutti gli attori sulla scena per risolvere il conflitto. I nostri sentimenti, le nostre sensazioni, sono in grado di dirci molto su come vanno le cose e comunicandoli saremo maggiormente in grado di maneggiare le diverse situazioni nel modo migliore: questo non significa che rovesceremo sugli altri tutti i nostri problemi personali senza alcun discernimento. La comunicazione migliore, quella a cui tendiamo, e' chiara, aperta ed onesta. Anche quando, come gruppo, comunichiamo verso l'esterno, e' necessario che le nostre parole siano accurate e chiare: la credibilita' del nostro movimento, e la buona riuscita dell'azione nonviolenta, dipendono dalla fiducia che le persone a cui ci rivolgiamo possono avere in noi. La fiducia che non stiamo mentendo loro, ad esempio. Questa e' una differenza sostanziale rispetto al metodo "militarizzato" che la comunicazione usa di solito basato sulla segretezza, sulla menzogna, sull'adesione acritica all'ordine dall'alto o al parere del cosiddetto esperto.
Noi siamo anche molto attente e attenti a non implicare nelle nostre comunicazioni un senso di superiorita', ovvero che ci sentiamo "migliori" solo perche' abbiamo delle critiche da fare a situazioni ed azioni. Tutti facciamo errori. Suggeriamo pero' pacificamente a chi riteniamo in errore di considerare la possibilita' di un cambiamento, presentando delle alternative chiare.
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Una coraggiosa compassione
Si dice che il metodo dell'azione nonviolenta sia debole e passivo, o che rifiuti il conflitto. Al contrario, l'azione nonviolenta nomina ed apre e gestisce i conflitti. Certamente, non e' un metodo per i codardi. Prendere parte ad un'azione diretta nonviolenta richiede coraggio, un coraggio che non ha bisogno ne' desiderio di armi e scudi. Un coraggio che cammina con dignita' e senza timore nel conflitto, che sfida l'ingiustizia e lavora con forza per il cambiamento. Un coraggio disposto ad assumere su di se' dolore o situazioni spiacevoli, ma non disposto ad infliggerli ad altri. Amore e fiducia, non odio e paura, sono cio' che definisce il coraggio. La parola "coraggio" deriva da "cuore": noi abbiamo cuore sufficiente da confrontarci con i nostri oppositori, credendo fermamente in un processo umano e nonviolento di riconcilazione.
E' la compassione a darci cuore. La compassione e' amore empatico, e' "sentire insieme", nella gioia e nel dolore; un sentimento non solo capace di sintonizzarsi con i sentimenti altrui, ma anche saggio e coraggioso abbastanza da tradursi in azione. La compassione nasce da un sentimento di unita' che ha l'effetto di espandere i nostri cuori: qualsiasi sia la campagna, lo scopo, a cui dedicate le vostre energie, la fame nel mondo, la tutela dell'ambiente, il cercare un'economia di giustizia, la scintilla del vostro agire si e' accesa a partire da questo sentimento. Voi vi siete dette che era vostra responsabilita' fare qualcosa per arrestare il dolore altrui. E' stata la compassione, ovvero il sentirvi parte del sentire altrui, a suggerirvi che si potrebbe vivere in armonia maggiore con la terra e fra noi esseri umani.
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Una persistente pazienza
Un'altra qualita' rivoluzionaria dell'azione nonviolenta e' la pazienza. Una pazienza persistente, la capacita' di non abbandonare la scena in cui abbiamo scelto di agire, e di procedere in maniera calma ed intelligente. Quando siamo coinvolte nell'azione, spesso le nostre emozioni sono in primo piano: dobbiamo fare molta attenzione ad agire in maniera avvertita, dopo aver riflettuto su quanto vogliamo fare e sulle conseguenze delle nostre azioni. La pazienza persistente ci da' il tempo di pensare, di progettare, di proiettare l'azione nel futuro valutandone le conseguenze. E' meglio aspettare e perdere magari una piccola opportunita', piuttosto che muoversi in modo sconnesso e impreparato, rendendo l'azione inefficace. Nuove opportunita' ci si presenteranno comunque. Se abbiamo il tempo di riflettere sulla situazione e sul modo migliore di maneggiarla, saremo pronti poi ad agire nel modo migliore.
A differenza dei metodi militarizzati che corrono nell'azione nel modo piu' veloce e spietato possibile, l'azione nonviolenta e' lenta in modo deliberato, nel senso che da' ampi e frequenti avvisi agli oppositori su cosa sta accadendo, di modo che essi possano decidere in modo avvertito come confrontarsi con noi. Non vogliamo che i nostri oppositori reagiscano in maniera istintiva, in preda al panico o alla rabbia. Vogliamo che conoscano noi e i nostri metodi, in modo da poterci rispondere nel modo piu' calmo e intelligente possibile. Il metodo militarizzato e' veloce e distruttivo come il fuoco, ma l'azione nonviolenta fluisce e nutre come l'acqua. Qualcuno e' sempre pronto a dire: "il fuoco si combatte con il fuoco", ma se ci riflettete sopra vedrete che la metafora e' priva di senso: combattere il fuoco con l'acqua e' molto piu' efficace. L'acqua sceglie il sentiero piu' profondo, ma il suo scorrere persistente e paziente e' in grado di consumare le rocce piu' dure. Percio' piu' saremo persistenti, piu' progressi otterremo nella comunicazione, nell'educazione e nel risveglio di altre persone rispetto alle circostanze che vogliamo veder cambiate. La persistenza significa anche che noi siamo flessibili nelle tecniche che usiamo: se un metodo non funziona, lo abbandoniamo e ne proviamo un altro. E dobbiamo persistere non solo nei nostri sforzi per il cambiamento sociale, ma nel portarci amore l'un l'altro, perche' questa e' la prima risorsa che ci nutre, ci sostiene e ci consente di continuare. Lo scopo finale di ogni azione nonviolenta non e' la cancellazione degli oppositori, ma il trovare un modo armonioso, giusto e pacifico di vivere insieme. Ecco perche' quando questo scopo finale viene raggiunto non ci sono perdenti: coloro che sono stati convinti dalla nostra azione saranno grati del mutamento raggiunto quanto quelli che hanno progettato l'azione stessa.
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Cos'e' la nonviolenza
La nonviolenza e' uno stile di vita ed un metodo per ottenere positivi cambiamenti sociali. Ovvero, e' essere il cambiamento che si vuole vedere, senza che questo comporti distruzione, umiliazione, punizione di chi vi si oppone. Sebbene, come vedete, questa definizione sia molto semplice, e' resa di difficile comprensione dal fatto che la nostra societa' identifica il potere, la forza e l'efficacia con la violenza, la competizione ed il dominio.
La nonviolenza desidera creare un mondo che sia:
- affermativo della vita: un mondo che valorizza tutto cio' che e' vivo;
- amabile ed empatico: un mondo che si cura della gente che al mondo vive;
- egualitario: un mondo che dia valore ad ogni singolo individuo;
- cooperativo: un mondo che incoraggia la condivisione fra tutte e tutti;
- democratico: un mondo che risponde equamente ai bisogni ed ai desideri di ciascuno, in cui ciascuno assume per se' responsabilita';
- gioioso: un mondo in cui si sia spazio per ridere e amarsi e giocare.
La violenza e' spesso riduttivamente definita come: "ferire qualcuno fisicamente"; in quest'ottica, c'e' chi vede la nonviolenza come "trattenersi/astenersi dal ferire qualcuno fisicamente" e la confonde con la vigliaccheria, la passivita', il limitarsi da se stessi o l'ostilita' sorda e nascosta, e gli attivisti nonviolenti sono visti come "pazzi" o "santi" a seconda dei punti di vista. Cio' che entrambi i punti di vista sottendono, mentendo, e' che la violenza sia inevitabile. Tuttavia, violenza e nonviolenza si esprimono in un vasto raggio di possibilita': cio' che le distingue e' l'attitudine di base.
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Tipo di comportamento
a) Violento: malizia, ostilita', disprezzo, indifferenza
Assertivo: agire la guerra, usare la forza per ferire o umiliare qualcuno, picchiare o molestare un bambino, distruggere l'ambiente, opprimere o spaventare gli altri, minacciare la rovina fisica o economica di qualcuno; stuprare o abusare sessualmente di qualcuno.
Non assertivo: sostenere (e/o permettere che esistano) la guerra, la fame, la poverta', il razzismo, il sessismo, l'odio, l'abuso. Negare cure ai bambini. Fatalismo: il permettere agli altri di fare di se' ed il sentirsi una vittima impotente. L'usare droghe di qualsiasi tipo per stordirsi.
b) Nonviolento: amore, compassione, cura, gioia, empatia
Assertivo: resistere all'ingiustizia ed alla distruzione, lavorare per un cambiamento positivo, lavorare in modo cooperativo con altri, condividere, crescere con amore i bambini, fare l'amore appassionatamente con qualcuno.
Non assertivo: ammirare chi si impegna in modo nonviolento, boicottare quietamente un prodotto, sostenere organizzazioni/individui che lavorano per il cambiamento sociale, coccolarsi vicendevolmente.
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Teoria del potere
La continuazione del sistema di dominio dipende dall'obbedienza e dalla cooperazione della popolazione. Il sistema di dominio sfrutta varie risorse di potere:
- risorse umane: gente che sostiene il dominio o provvede servizi per esso;
- abilita' e saperi: le speciali informazioni riservate ad un ristretto numero di persone;
- risorse materiali: naturali, finanziarie, ecc.;
- fattori psicologici e culturali: teorie gerarchiche che permettono di accettare e perpetuare la violenza, di difendere coloro che la praticano;
- sanzioni: legge, polizia, prigioni, esercito, vigilantes, ecc.
Noi abbiamo individuato quattro tipi di potere. Il potere su qualcun altro (dominazione, controllo); il potere con (o potere tramite, quello che appartiene ai cosiddetti "esperti" e che si esprime in termini di influenza e status); il potere da dentro (creativita', autostima); il potere insieme (quello che stiamo esercitando in questo momento).
L'azione nonviolenta e', letteralmente: fare cio' che e' giusto con le tue stesse mani, senza affidarti alle strutture gerarchiche, senza bisogno che da un'autorita' "piu' alta" qualcuno ti chiami ad agire o ti ordini di farlo. L'azione nonviolenta e' prendere su di se' responsabilita' personale per realizzare il cambiamento.
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A cosa la nonviolenza si oppone
Alla distruzione dei corpi e delle menti; all'odio ed all'indifferenza; all'oppressione e al dominio; all'ingiustizia; alla guerra, al terrorismo, allo stupro, alla violenza domestica, alla poverta', agli "ismi" del dominio: razzismo, sessismo, ecc.
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Scopi dell'azione nonviolenta
- Minare la struttura di dominio, creare un'alternativa che la sostituisca;
- sfidare l'ingiustizia, difendere l'alternativa, negoziare per risolvere un conflitto;
- porre termine all'oppressione senza ferire fisicamente (o distruggere, umiliare, ecc.) gli oppositori: con/vincere, vincere insieme, non vincere/perdere;
- risolvere un conflitto in modi che rendano la violenza inefficace o controproducente.
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Come rendere efficace l'azione nonviolenta
Essendo "centrati" sul problema: siamo informati, vediamo con chiarezza la situazione di ingiustizia, abbiamo con altrettanta chiarezza formulato una visione alternativa.
Essendo attivi: se permettiamo alla violenza di continuare, ne siamo complici, percio' dobbiamo agire contro lo status quo della violenza. Poiche' sappiamo che gli sforzi violenti per il cambiamento sociale non produrranno un cambiamento reale nella struttura di dominio e poiche' essi non ci piacciono, noi siamo responsabili della creazione e dell'attuazione di azioni nonviolente sempre maggiormente efficaci.
Essendo coscienti: la violenza non e' un monolito composto dalle multinazionali; noi dobbiamo smettere di avallarla ovunque, sapendo che essa comprende la guerra e lo stupro; la fame e la molestia sessuale; l'intimidazione e la minaccia; il razzismo e il sessismo, ecc.
Essendo fieri: consci di star lavorando ad un compito grande e urgente, serio, che mettera' in moto energie a lungo termine.
Essendo coerenti: i nostri mezzi sono sempre correlati agli scopi che vogliamo ottenere; noi viviamo cio' che "predichiamo", tentiamo di vivere la "rivoluzione" nelle nostre vite e nelle nostre relazioni, prefigurando quella che sara' una societa' di condivisione.
Essendo responsabili: poiche' i nostri oppositori sono gli emissari di uno status quo violento, essi saranno ovviamente nei nostri confronti irosi, maligni, violenti; poiche' noi siamo gli emissari di un'alternativa nonviolenta, noi saremo disponibili all'ascolto, maturi, gentili e fiduciosi. Dimostreremo che possiamo usare il potere e non abusarne.
Essendo aperti: aperti ad una verita' di tipo multiforme, disposti ad incoraggiare ed apprezzare le differenze; aperti ad accettare anche i fallimenti: possiamo sbagliare, la cosa non ci turba; aperti alla conversione dei nostri oppositori: consideriamo ogni persona un'alleata potenziale; aperti nell'organizzare le nostre azioni: piu' trasparenti siamo, meno i nostri oppositori hanno da guadagnare nell'infiltrarsi.
Essendo capaci di amore: rifiutandoci di fare del male ai nostri oppositori, perche' il nostro scopo non e' la vendetta, non e' di punirli o di tornare loro il male che hanno fatto; il nostro scopo e' creare un mondo migliore, percio' condanneremo le loro azioni ed il loro ruolo distruttivo, pronti ad aiutarli a trasformare quelle azioni e quel ruolo in qualcosa di positivo, pronti a cercare soluzioni che possano soddisfare anche i nostri oppositori e ad accoglierli fra noi quando cambiano idea.
Essendo intelligenti: ci concentriamo sulle sorgenti del problema che affrontiamo, non sulle persone che lo agiscono all'esterno; ci focalizziamo sul cambiamento positivo (e cioe' creare una societa' giusta) non sul disprezzare gli oppositori, esprimere la nostra rabbia, tacitare i nostri sensi di colpa o semplicemente passare il tempo in questo modo sentendoci piu' "buoni" degli altri.
Essendo capaci di pianificazione: scegliendo come, dove e quando le nostre azioni si terranno, non affidandoci a sollevazioni emotive senza linee guida; disegnando accuratamente queste azioni in modo che esse portino sostegno alla nostra visione, e vadano a minare il sostegno al sistema di dominio; scegliendo lotte che possiamo vincere: il nostro scopo e' dimostrare come le cose possono cambiare, non quanto siamo privi di potere; scegliendo azioni che mettano in discussione gruppi di potere importanti, ovvero coloro che hanno la possibilita' di effettuare il cambiamento che noi chiediamo o di resistervi (governi, amministrazioni, ecc.); scegliendo azioni che siano visibili, orgogliose, nuove, eccitanti, tese a raggiungere il maggior numero di persone e non ripetitive e scontate.
Essendo pazienti e tenaci: i cambiamenti significativi e duraturi richiedono campagne a lungo termine.
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Tipologie dell'azione nonviolenta
Disobbedienza civile (termine coniato da Thoreau): protestare contro le tasse per le spese militari, rifiutandosi di pagarle; per estensione: il rifiuto di obbedire a leggi eticamente ingiuste. Altro esempio: coloro privi del diritto di voto si presentano alle cabine elettorali chiedendo di votare.
Azione diretta: boicottare un prodotto; indire una marcia di protesta; cominciare una campagna di informazione e pressione (invio di lettere, cartoline, ecc.).
Azione simbolica: realisticamente, noi sappiamo che finche' il movimento nonviolento non raggiungera' dimensioni di grande diffusione, tutte le nostre azioni saranno in qualche modo "simboliche" - l'elite al potere continua a determinare le scelte anche quando noi protestiamo contro di essa. Tuttavia, e' importante ricordare che le azioni simboliche rendono visibile il modo in cui vorremmo che le cose andassero, rendono visibile l'altro mondo possibile in cui vogliamo vivere. Inoltre, il simbolismo lavora in modo potente nelle persone: pensate ai riti, matrimoni, festivita', ecc. Azioni simboliche sono ad esempio: il portare addosso un distintivo con scritto "ripudio la guerra", i die-in, le veglie, le fiaccolate, ecc.
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Come preparare una campagna per il cambiamento sociale
I punti in cui si articola una campagna nonviolenta sono essenzialmente cinque:
- Ricerca. Noi siamo consci di avere un problema: ad esempio, le acque della nostra citta' sono inquinate. La prima fase della campagna consiste nel raccogliere il maggior numero di informazioni possibile al riguardo: quali corsi d'acqua, da che scarichi sono interessati, che tipo di rapporto hanno con la fornitura dell'acqua potabile, ecc. Elaboriamo un'alternativa.
- Educazione. Noi informiamo gli altri attivisti, l'opinione pubblica, i residenti in citta', e i responsabili dell'inquinamento dei risultati della nostra ricerca, e dell'alternativa che proponiamo.
- Negoziazione. Cerchiamo un incontro con i responsabili, i nostri oppositori in questo caso, per arrivare, se possibile, ad un accordo (se i responsabili accettano la nostra alternativa in modo soddisfacente, la cosa si conclude qui).
- Dimostrazione. Protestiamo contro l'oppressione (ed il rifiuto di incontrarci, se cosi' e' stato), mostriamo ed incarniamo la nostra alternativa: con una manifestazione pubblica, un corteo, ecc.
- Resistenza. Continuiamo a protestare nel quotidiano, ad esempio rifiutandoci di pagare le bollette dell'acqua fino a che il problema non sara' risolto.
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Qualsiasi azione decidiamo di intraprendere per portare alla luce il problema ed ottenere il cambiamento, essa dovra' essere:
- Comprensibile: seguire cioe' in primo luogo ad un'intensa campagna di informazione; deve essere visiva, semplice, diretta; dev'essere il piu' possibile tempestiva e vicina ai luoghi in cui il problema si manifesta; deve presentare un'alternativa, e mostrare che essa e' migliore dello status quo; se si riesce a concentrare la nostra lotta in un'immagine questo ci da' un quid in piu' di visibilita': pensate a come sintetizzare il messaggio in una singola immagine che possa trasmetterlo a chi non sa nulla della vostra campagna per il cambiamento.
- Drammatizzata (ma non scioccante): la gente che vi partecipa e quella che semplicemente osserva devono sentirsi a proprio agio; l'azione dev'essere correlata al fine che ci proponiamo di ottenere; piu' e' partecipata e meglio e' (se riuscite a coinvolgervi persone conosciute in citta', o largamente conosciute come "sagge" va bene); siate preparati a spiegare diffusamente, in profondita', il senso e lo scopo dell'azione a chi vi si avvicinasse per chiederlo; ricordate che le azioni devono sfidare seriamente l'ordine stabilito e forzarlo ad una risposta, percio':
1. la vostra richiesta sia la piu' ragionevole possibile in ordine allo scopo di far vacillare lo status quo;
2. drammatizzate la situazione (teatro di strada, travestimenti, ecc.) e chiedete il cambiamento con fierezza.
- Continuata: legate l'istanza specifica ad una campagna piu' vasta, che chieda il fondamentale cambiamento delle strutture di potere, ovvero:
1. negatevi a proposte di riforma inutili, che continuano a mantenere le stesse strutture (come la cooptazione, le risposte-promessa: faremo, vedremo, ci riuniremo..., le istituzioni di comitati che studieranno la questione - di solito per anni...);
2. premete per riforme strutturali, che permettano la massima partecipazione democratica, che incoraggino decisioni piu' giuste, e che diano potere al maggior numero possibile di persone;
3. dopo aver vinto una piccola riforma riguardo all'istanza che avete deciso di porre in luce, premete per riforme ancor piu' incisive e fondamentali.
- Ispirativa: l'azione deve legittimare, ispirare, incoraggiare la gente a porre domande all'autorita' stabilita, a pensare da se', ad aver fiducia nelle proprie opinioni e ad agire in accordo con la propria coscienza.
Se possibile, e' una benedizione quando l'azione comprende del divertimento.
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Com'e' fatta un'organizzazione nonviolenta
Un'organizzazione e' nonviolenta quando incorpora nei propri processi interni:
- il pensiero indipendente - domandare, dissentire, esplorare le idee;
- la democrazia - il controllo diretto sulle questioni che interessano la tua vita;
- lo spazio liberato - la protezione da influenze esterne non autorizzate dal gruppo;
- il rispetto per gli altri/le altre - inclusa la loro storia, l'identita' che palesano, ecc.
- l'empatia - il sentire, preoccuparsi degli altri e delle altre intorno a voi;
- l'altruismo - l'amore e la com/passione per gli altri e le altre;
- la responsabilita' - l'assicurarsi che le cose vadano bene per ciascuno e ciascuna;
- la cooperazione - il venirsi incontro, il lavorare insieme;
- la risoluzione nonviolenta dei conflitti.
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L'accordo sull'azione nonviolenta
Ogni azione nonviolenta di un certo spessore, che coinvolge piu' gruppi, necessita di "linee guida" di modo che ciascuno sappia come deve comportarsi e che comportamento puo' aspettarsi dagli altri. Le "linee guida" possono variare a seconda del tipo di azione che si decide di intraprendere ma generalmente esse sono le seguenti:
- Il nostro atteggiamento, nel modo in cui si mostrera' in parole, simboli e azioni, sara' amichevole, di apertura e rispetto verso chiunque incontriamo;
- Non useremo violenza, ne' fisica ne' verbale, verso alcuno;
- Non danneggeremo o distruggeremo proprieta' (la questione della distruzione delle proprieta' disturba la maggior parte della gente e ci aliena possibili alleati);
- Non useremo alcool o droghe (vogliamo essere in grado di agire con chiarezza, e vogliamo che ognuno sia in grado di farlo);
- Non porteremo con noi armi;
- Non correremo (quest'ultima e' una regola molto flessibile: ci sono situazioni in cui correre puo' avere senso); cio' significa sostanzialmente che non ci metteremo a correre da un posto all'altro incoraggiando il panico di massa, ma che in caso di bisogno ci disperderemo e ci riuniremo di nuovo, con la massima calma possibile.
(parte prima - segue)
4. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Letture
- Michael Moorcock, I riti dell'infinito, Mondadori, Milano 2014, pp. 462, euro 7,50. E' il volume di "Urania - Millemondi" n. 68, contiene i romanzi: Il veliero dei ghiacci, Il campione eterno, I riti dell'infinito.
5. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
6. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 1727 del 12 agosto 2014
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace e i diritti umani di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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