Telegrammi. 1266
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- Date: Sun, 5 May 2013 23:25:10 +0200 (CEST)
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 1266 del 6 maggio 2013
Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com
Sommario di questo numero:
1. Guerra, razzismo, femminicidio
2. Ricordato a Viterbo Camillo Berneri
3. La politica della solidarieta' e della nonviolenza
4. Segnalazioni librarie
5. Alcuni testi del mese di settembre 2001 (parte prima)
6. Due preoccupazioni
7. Tra pochi giorni la presentazione della proposta di legge per la formazione delle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso dei valori, delle tecniche e delle strategie della nonviolenza
8. "Un uomo, un voto"
9. Cinque tesi sul cosiddetto "popolo di Seattle"
10. Ballata per una Regina morta ammazzata sulla strada tra Tuscania e Tarquinia nell'estate del duemilauno
11. Ricordi?
12. "La fame nel mondo spiegata a mio figlio" di Jean Ziegler
13. Per una cultura antimafia: l'esempio di Sergio Turone
14. La "Carta" del Movimento Nonviolento
15. Per saperne di piu'
1. EDITORIALE. GUERRA, RAZZISMO, FEMMINICIDIO
Salvare le vite umane e' il primo dovere di ogni persona.
Guerra, razzismo, femminicidio sono crimini contro l'umanita'.
2. MEMORIA. RICORDATO A VITERBO CAMILLO BERNERI
Si e' svolto nella mattinata di domenica 5 maggio 2013 a Viterbo presso il "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani" un incontro in memoria di Camillo Berneri, nell'anniversario dell'uccisione avvenuta a Barcellona il 5 maggio 1937.
Nel corso dell'incontro sono stati letti e commentati alcuni scritti dell'intellettuale e militante anarchico contro il fascismo.
Camillo Berneri nacque a Lodi nel 1897, pensatore e militante anarchico, oppositore del fascismo, costretto all'esilio, interlocutore di Carlo Rosselli nella riflessione sul socialismo liberale ovvero libertario, accorso in Spagna partecipo' con strenuo impegno alla lotta contro il fascismo; fu sequestrato e assassinato da sicari stalinisti a Barcellona nel 1937.
Al termine della commemorazione il responsabile della struttura nonviolenta viterbese ha evidenziato come dalla figura, dalla riflessione, dalla prassi e dalla vicenda politica, intellettuale, morale ed esistenziale di Camillo Berneri discendano insegnamenti e moniti di fondamentale importanza per l'oggi: l'appello all'opposizione a tutti i totalitarismi, a tutti i fanatismi, a tutte le violenze e le menzogne; il dovere morale e politico di recare aiuto a tutte le persone oppresse e sofferenti; la scelta di dedicare le proprie capacita' intellettuali e pratiche alla lotta solidale per la liberazione dell'umanita' intera e alla responsabile difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani; la consapevolezza che la democrazia si difende effettualmente, adeguatamente e concretamente solo se essa e' estesa al riconoscimento della vita, della dignita' e dei diritti di tutti e quindi che essa deve essere - per dirla con un termine capitiniano - omnicrazia, ovvero rispetto e potere di tutti; e quindi la societa' da edificare deve essere socialista e libertaria, fondata sull'uguaglianza di diritti di tutti e sul rispetto della diversita' di ognuno. Il lascito morale e politico di Camillo Berneri si lega oggi alle altre consapevolezze che alla scelta socialista e libertaria si collegano naturalmente, necessariamente, effettualmente integrandola e inverandola: la scelta antimilitarista ed antirazzista, la scelta femminista ed ecologista, la scelta, per dir l'insieme in una parola sola, della nonviolenza.
Nel ricordo di Camillo Berneri, nel ricordo degli antifascisti piu' nitidi e intransigenti, piu' rigorosi e coerenti, prosegue oggi la lotta della nonviolenza in cammino: contro lo scellerato sfruttamento delle persone e della natura; contro tutti i poteri criminali e le guerre assassine; contro tutte le oppressioni, le persecuzioni, le uccisioni; per la difesa della vita, della dignita' e dei diritti di tutti gli esseri umani; per la difesa della biosfera casa comune dell'umanita'.
L'alternativa oggi piu' che mai e' tragicamente semplice: per impedire l'abominevole apocalittico trionfo della barbarie fascista onnidistruttiva cui tendono i poteri dominanti planetari, occorre l'impegno responsabile e solidale socialista libertario femminista ecologista nonviolento che solo puo' salvare la civilta' umana e la biosfera dalla catastrofe.
3. INCONTRI. LA POLITICA DELLA SOLIDARIETA' E DELLA NONVIOLENZA
Si e' svolto domenica 5 maggio 2013 a Viterbo un incontro di riflessione sul tema "La politica della solidarieta' e della nonviolenza".
All'incontro ha preso parte il responsabile del "Centro di ricerca per la pace e i diritti umani".
4. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Letture
- Marcos Jaen Sanchez, Pitagora. Il teorema di Pitagora, Rba Italia, Milano 2013, pp. 168, euro 9,99.
*
Riletture
- James Reston, Galileo, Piemme, Casale Monferrato (Al) 2001, San Paolo, Cinisello Balsamo 2003, pp. 342.
5. MATERIALI. ALCUNI TESTI DEL MESE DI SETTEMBRE 2001 (PARTE PRIMA)
Riproponiamo qui alcuni testi apparsi sul nostro foglio nel mese di settembre 2001.
6. DUE PREOCCUPAZIONI
Due preoccupazioni, grandi.
La prima: che a Napoli possa scorrerre altro sangue. E dobbiamo fare tutti tutto il possibile perche' cio' non accada. Tutti. Tutto il possibile.
La cosa migliore e piu' efficace sarebbe un atto di saggezza delle autorita' locali, se non di quelle centrali: che vietino che si tenga il vertice Nato di settembre, a tutela dell'incolumita' di tutti. L'ordinamento vigente ne da' loro il potere: vietino quel vertice.
La seconda: nelle dichiarazioni di questi giorni mi pare che quasi nessuno dica una cosa fondamentale: che nel 1999 non solo la guerra illegale e stragista della Nato nei Balcani fu scatenata con l'ordinaria procedura decisionale, ovvero con l'unanimita' dei governi dei paesi membri (e la complicita' di parlamento, capo dello stato e magistratura nel caso dell'Italia, in cui si e' data la flagrante e golpista violazione di uno dei principi fondamentali della Costituzione), ma che avvenne allora una catastrofe morale e intellettuale del movimento pacifista italiano, che si lascio' irretire in un doppio "falso movimento":
a) da un lato il pacifismo parastatale (associazioni, onlus e ong che sovente in buona misura campano di finanziamenti pubblici non innocui, e dell'uso di obiettori di coscienza in forma di effettuale lavoro servile non retribuito, in spregio a quanto la legge dispone) protesto' si' contro la guerra ma con tale garbo (e contemporaneamente cogestendo anche alcune operazioni con aspetti de facto mistificanti e propagandistici in favore della guerra) che si limito' a qualche inane corteo e comizio ad uso dei mass-media ma si guardo' bene dal chiamare all'azione diretta nonviolenta, alla disobbedienza civile (quella vera e limpida e coraggiosa, non l'idiozia sciagurata che recentemente e' stata spacciata sotto questo nobile e antico nome), allo sciopero generale contro la guerra in difesa della legalita' costituzionale;
b) dall'altro il pacifismo cialtrone e strumentale era piu' interessato all'incasso elettorale o era divorato dalle sue stesse ambiguita' (la sua opposizione alla guerra non era solida e limpida, ma strumentale e collegata a scelte inammissibili - in alcuni casi la compliciita' col regime criminale di Milosevic e di Arkan; in altri la scellerata criminale rivendicazione della "violenza giusta": e di delirio in orrore abbiamo visto quale esito ne e' derivato).
Solo il pacifismo nonviolento cerco' di fare chiarezza e di contrastare concretamente, operativamente, la guerra (l'azione diretta nonviolenta delle mongolfiere per la pace per bloccare i decolli dei bombardieri, ad esempio); ma resto' inascoltato, isolato e doppiamente sconfitto.
Se vogliamo riprendere un impegno serio contro la guerra, contro il militarismo, per il disarmo, per la pace e la giustizia, occorre elaborare il lutto della catastrofe del movimento pacifista italiano di due anni fa (e non rimuoverlo occultandolo per cosi' dire nell'inconscio sociale da cui tornera' come fantasma e ricatto nuovamente paralizzandoci).
A me pare, e lo dico da tempo, che due esigenze s'impongano:
1. la scelta consapevole e rigorosa della nonviolenza (anche qui, nella sua pluridimensionalita', apertura e serieta' profonda; non le caricature di essa che oggi sono moneta corrente sui media e nei proclami di tanti esternatori forse volenterosi ma effettualmente disastrosi);
2. La scelta della nonmenzogna, che della nonviolenza e' una delle articolazioni fondamentali: e quindi il ripudio di ogni ambiguita' ed ipocrisia (e ve ne e' grande bisogno perche' in questi ultimi mesi sono stati commessi di nuovo errori colossali che hanno contribuito a creare le condizioni per la tragedia di Genova).
Senza di che ci attendono nuovi orrori e nuove infamie.
7. TRA POCHI GIORNI LA PRESENTAZIONE DELLA PROPOSTA DI LEGGE PER LA FORMAZIONE DELLE FORZE DELL'ORDINE ALLA CONOSCENZA E ALL'USO DEI VALORI, DELLE TECNICHE E DELLE STRATEGIE DELLA NONVIOLENZA
E' ormai questione di una o due settimane: gli utlimi ritocchi, gli ultimi contributi, le ultime richieste ad altri senatori e deputati di sottoscrivere anche loro la proposta di legge. E intorno alla meta' di settembre finalmente ci dovrebbe essere la presentazione ufficiale della proposta di legge per la formazione delle forze dell'ordine alla nonviolenza: una legge utile al paese, una legge che migliora la vita e la sicurezza di tutti, una legge che invera l'impegno sancito dalla Costituzione di rispettare, difendere e promuovere la dignita' umana; una legge che aiuta il personale delle forze dell'ordine ad avere strumenti concettuali ed operativi necessari per svolgere il delicato compito di tutela e promozione della legalita', di contrasto dei poteri criminali, di difesa coraggiosa e intransigente dei diritti di tutte le persone.
Prestigiose associazioni pacifiste (ad esempio Peacelink), illustri studiosi e protagonisti della nonviolenza, rappresentanti delle istituzioni autorevolissimi (come il vicepresidente del Parlamento Europeo), rappresentanti dell'associazionismo democratico delle forze dell'ordine, hanno variamente espresso viva attenzione e caldo sostegno alla proposta; molti cittadini hanno inviato lettere al Presidente della Repubblica affinche' sostenga l'iniziativa parlamentare; vari mass-media hanno presentato la proposta e contribuito a farla conoscere e discutere.
E vari pubblici amministratori hanno espresso la loro disponibilita' e il loro impegno non solo a sostegno della legge ma anche a sperimentare subito ad esempio con i Corpi di Polizia Municipale la formazione alla nonviolenza.
A tutti chiediamo di valorizzare queste settimane affinche' si presenti il testo di legge migliore possibile, affinche' vi sia attenzione e sostegno da parte delle istituzioni e dell'opinione pubblica: un'ampia convergenza intorno alla proposta di legge favorira' la possibilita' che essa sia discussa dal parlamento con la maggior tempestivita' e limpidezza, favorira' la possibilita' della sua approvazione col voto cosciente e convinto di ogni parlamentare fedele al dettato costituzionale, che abbia a cuore il benessere di tutti gli uomini e le donne che si trovano nel nostro paese, che voglia sostenere le forze dell'ordine nell'impegno per la legalita' e la sicurezza pubblica.
La nonviolenza e' una grande risorsa per il civile convivere: facciamo tutti qualcosa affinche' essa divenga pane quotidiano e stella polare per ogni persona di volonta' buona e per le strutture della societa'.
8. "UN UOMO, UN VOTO"
Abbiamo spesso ripetuto quella bella frase di Guido Calogero che spiega che la democrazia e' l'arte di contare le teste invece di romperle. Poiche' e' propria di tutti gli esseri umani la capacita' di pensare e giudicare, una societa' che rispetti la dignita' umana deve essere democratica ed a tutti deve riconoscere il diritto di esprimere e far valere la propria opinione. Ed un ordinamento giuridico democratico deve sancire le forme che cio' garantiscono. Per questo e' ancora necessario che a tutti gli esseri umani sia riconosciuto il diritto di voto: "un uomo, un voto". E' stato il motto di Nelson Mandela nell'eroica vittoriosa lotta contro il razzismo in Sud Africa. Deve essere il nostro motto e il nostro impegno qui e adesso.
In Italia risiedono in piena legalita' oltre un milione di cittadini stranieri: occorre che ad essi sia riconosciuto subito il diritto di voto nelle elezioni amministrative nei luoghi in cui risiedono, in cui lavorano, in cui conducono la loro vita. Lo prevede la Convenzione di Strasburgo del 1992; lo richiede la ragionevolezza. Quale grande contribuito questi nostri amici e compagni di lavoro, di studio e di vita potrebbero dare all'amministrazione delle nostre citta', province, regioni, loro che conoscono meglio di altri le esigenze e le difficolta' di chi per lavorare e' costretto a lasciare il proprio paese, loro che sono i veri ambasciatori dell'umanita' nel mondo. Loro che saprebbero dare un respiro non "provinciale" alla politica locale, che saprebbero collegare la pubblica amministrazione ai problemi globali, a partire dal proprio vissuto, forti di una esperienza ad un tempo amara e preziosa, profonda.
Questo occorre, subito.
Ed occorre altresi' contrastare la schiavitu' nel nostro paese: liberando le vittime e sconfiggendo gli schiavisti; ed occore altresi' abolire i campi di concentramento tragicamente introdotti dalla legge 40/98; ed occorre favorire la fuoriuscita dalla clandestinita' di quanti oggi in Italia vivono in condizioni tremende: occorre favorire la legalita', il rapporto tra i concreti esseri umani e le istituzioni democratiche; ed occorre una politica dei trasporti pubblici e gratuiti, e dell'accoglienza consapevole e generosa, per salvare tante vite di persone costrette a fuggire dalle loro case e dai loro paesi perche' perseguitate da fame, guerra, dittature e mafie; occorre insomma una politica contro il razzismo che difenda e promuova la dignita' umana di tutti gli esseri umani. In questa direzione occorrono passi concreti.
La conferenza dell'ONU contro il razzismo interpella anche noi.
9. CINQUE TESI SUL COSIDDETTO "POPOLO DI SEATTLE"
Prima tesi: il movimento che si oppone oggi alla cosiddetta "globalizzazione neoliberista" e' figlio di una sconfitta: la sconfitta delle esperienze e del progetto del movimento operaio e socialista del XX secolo. (La nostra sconfitta. Ma noi ci siamo ancora).
Ma quelle esperienze e quel progetto di liberazione e di eguaglianza deve ereditare, criticare ed assumere: chi pretende di dimenticare il passato e' condannato a ripeterlo.
*
Seconda tesi: il cosiddetto "popolo di Seattle" ha l'arroganza e la brama di sacrificio della gioventu'.
Ma la gioventu' e' un'ideologia fascista (e l'inno fascista appunto s'intitolava "Giovinezza"); e noi dobbiamo chiedere a tutti i militanti che oggi si affacciano alla lotta per la verita' e la giustizia di ripudiare la violenza sacrale e sacrificale, di ripudiare l'ignoranza, di ripudiare l'irresponsabilita', di ripudiare la tracotanza di voler spiegar tutto quasi tutto ignorando; dobbiamo chiedervi di non voler essere ne' nuovi sacerdoti ne' novelle vittime di dei assetati di sangue.
*
Terza tesi: le parole uccidono, i simboli sono assassini.
A coloro che con troppa facilita' sono stati corrivi ad assumere il gergo, le posture e la simbologia militare, autoritaria e maschilista dobbiamo gridare: stolti, e' cosi' che il potere assassino ed irrazionalista s'impadronisce di voi, e vi riduce a specchio e scimmie di essolui.
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Quarta tesi: uscire dalla subalternita'.
E' indispensabile uscire dalla subalternita' ai mass-media che questo "movimento di movimenti" stanno plasmando e sfigurando a un tempo. Spegnete la televisione.
E' indispensabile uscire dalla subalternita' alla violenza: gia' troppo sangue e' stato sparso.
E' indispensabile uscire dall'ipocrisia e dalle ambiguita': troppi sono ancora sedotti dalla violenza, troppo sono ancora abituati a mentire, troppi pontificano assisi nei loro privilegi di cui neppure si accorgono, troppi giocano a fare i piccoli napoleoni o i grandi inquisitori senza curarsi del sangue che gia' ha macchiato le strade.
*
Quinta tesi: occorre contrastare la violenza nel modo piu' limpido ed intransigente: con la nonviolenza. Occorre avere a cuore la vita e la dignita' di ogni essere umano. Di tutto sentirsi responsabili.
Un altro mondo e' sempre possibile, ma non basta gridarlo: lo si costruisce con la pazienza e la sollecitudine, con l'impegno e lo studio, andando, chiedendo, ascoltando: con il rispetto delle regole che fondano la convivenza; con il rispetto dell'altro da se'; prefigurando nella propria condotta quotidiana e nelle scelte di metodo proprie una societa' libera in quanto responsabile e solidale; con una lotta tenace rispetto alla quale certe esibizioni spettacolari e certe puerili proclamazioni costituiscono solo una regressione, storica e psicotica.
E mentre lottiamo per un mondo migliore, cerchiamo di ricordarci che in primo luogo dobbiamo fare quanto e' in nostro potere perche' le persone concretamente esistenti in questo che e' l'unico mondo reale possano viverci, qui e adesso.
10. BALLATA PER UNA REGINA MORTA AMMAZZATA SULLA STRADA TRA TUSCANIA E TARQUINIA NELL'ESTATE DEL DUEMILAUNO
[Questo testo e' stato scritto da Benito D'Ippolito, collaboratore abituale di questo foglio, il 3 agosto 2001. Le indagini sulla morte della giovane donna nigeriana sono ancora in corso]
Ci sono cose che non sai come dirle
e allora le scrivi a righe interrotte.
Dilaniata dai randagi la salma
e' stata scoperta giorni addietro
di una giovane donna nigeriana
resa schiava in Italia e venduta
come carne e cavita' sulla strada
tra Tuscania e Tarquinia, tra le tombe
etrusche, le romaniche chiese, le ubertose
campagne che vanno alla maremma.
Leggo sui giornali gli impietosi
dettagli di cronaca nera, gli empi
segni di sempre da quando Caino
al campo invito' suo fratello.
Leggo sui giornali, i giornali locali
(non e' notizia da cronaca italiana
una persona annientata e abbandonata ai cani:
e' invece fatto
che sconvolge l'ordine del mondo, ma di questo
sapevano dire Eschilo e Mimnermo, non le aulenti
di petrolio pagine quotidiane).
E dunque leggo sui giornali locali:
dicono che si chiamasse Regina, venisse
dalla Nigeria, presa e recata
schiava in italia, dicono
chi l'abbia uccisa non sapersi.
E invece io so chi l'ha uccisa:
anche se non l'ho mai vista ne' da viva ne' ormai resa cosa
immota e deturpata. Io so
chi l'ha uccisa, e lo sappiamo tutti.
E non solo l'eventuale fruitore di servigi
che in un raptus puo' averle torto il collo
a quel piccolo giocattolo che costava quattro soldi
e non solo il racket che fornisce
carne giovane e fresca di fanciulle ai lupi
che usciti di scuola o dall'ufficio
sulle loro carcasse di ferro perlustrano
i fiumi d'asfalto alla caccia di prede
e non solo lo stato italiano che vede
tanto orrore per le sue strade
e non agisce per salvare le vite
concrete di esseri umani, non agisce
per far valere quella legge che vieta
nel nostro paese la schiavitu'
e non solo.
Io stesso mi sento le mani
sporche di sangue, io stesso che so
che a questo orrore resistere occorre
e che da anni non so fare altro
che spiegare come applicare
quell'articolo della legge 40
combinato con quell'altro articolo
del codice penale e come e qualmente
le istituzioni potrebbero salvare
la vita di tante Regine assassinate.
E nulla di piu' ho saputo fare.
E queste parole che ho aggiunto
avrei voluto tacerle.
11. RICORDI?
Ricordi? ci si chiedeva un tempo
in nome dell'unita' del movimento
mondiale dei lavoratori
di accettare i crimini di Stalin.
Sapevamo dire di no.
Ricordi? ci si chiedeva un tempo
in nome dell'unita' della nazione
di accettare la guerra dei Balcani.
Sapevamo dire di no.
Ricordi? ci si chiedeva un tempo
in nome dell'unita' antifascista
di accettare l'omicidio "necessario".
Sapevamo dire di no.
Sappiamo ancora dire di no.
12. "LA FAME NEL MONDO SPIEGATA A MIO FIGLIO" DI JEAN ZIEGLER
[Questa breve segnalazione riprendiamo da una nostra piu' ampia nota su Ziegler diffusa lo scorso anno nella serie dei "Materiali per una cultura antimafia".
Jean Ziegler, sociologo, docente, parlamentare svizzero, ha denunciato nelle sue opere i rapporti tra capitale finanziario, governi, poteri criminali, neocolonialismo, sfruttamento Nord/Sud. Opere di Jean Ziegler: Una Svizzera al di sopra di ogni sospetto; I vivi e la morte; Le mani sull'Africa; Il come e il perche'; La Svizzera lava piu' bianco; La Svizzera, l'oro e i morti (sulla perdurante complicita' delle banche con la rapina nazista dei beni delle famiglie ebraiche sterminate); tutte presso Mondadori. La vittoria dei vinti, Sonda; Les seigneurs du crime, Seuil (contro le mafie); La fame nel mondo spiegata a mio figlio, Pratiche]
Un libro: Jean Ziegler, La fame nel mondo spiegata a mio figlio, Pratiche Editrice, Milano 1999.
Questo nuovo pamphlet dell'illustre sociologo svizzero con uno stile insieme vivace e commosso analizza il piu' drammatico dei problemi attuali, e dimostra che gli esseri umani che a decine di milioni muoiono ogni anni di fame possono essere salvati, che la fame puo' essere debellata, che questa tragedia non e' una fatalita', ma la conseguenza di un ordine ingiusto, di una rapina e una strage che uomini commettono a danno di altri uomini: di un selvaggio sterminio dei poveri che i ricchi pianificano ed eseguono.
Sollecitato dalle domande di suo figlio Karim, Ziegler a sostegno della sua denuncia allinea con pignoleria dati statistici e fonti documentarie; fornisce spiegazioni rigorose; e rievoca incontri, figure, vicende di cui e' stato diretto testimone; esamina fatti e concetti con la precisione dello studioso che ama la verita' e la passione dell'uomo indignato dinanzi a tanta ingiustizia e violenza.
Riportiamo qualche breve citazione dal libro.
Lo sterminio: "La Fao stima siano state piu' di trenta milioni le persone morte per fame nel 1998. Nello stesso anno le persone che hanno sofferto di denutrizione grave e permanente sono stati piu' di 828 milioni. Si tratta di uomini, donne e bambini che, a causa della penuria di alimenti, hanno subito lesioni irreversibili, e sono condannati a morire in un arco di tempo piu' o meno breve o a vegetare in un grave stato di handicap" (p. 11).
Questa catastrofe non e' fatale: "Il mondo, in base all'attuale stato della capacita' produttiva agricola, potrebbe nutrire senza alcun problema piu' di dodici miliardi di esseri umani... Se la distribuzione degli alimenti fosse equa, tutto il mondo avrebbe da mangiare" (pp. 16-17).
La diagnosi: "Principale responsabile della tragedia della denutrizione e della fame sul nostro pianeta e' la distribuzione ineguale delle ricchezze. Un'ineguaglianza negativamente dinamica: i ricchi diventano sempre piu' ricchi, i poveri sempre piu' poveri" (p. 129).
Cosa occorre fare: "Affermare l'autonomia dell'economia rispetto alla fame e' un'assurdita' o, peggio ancora, un crimine. Non si puo' delegare al libero mercato la lotta contro il flagello della fame. E' necessario assoggettare tutti i meccanismi dell'economia mondiale a questo fondamentale imperativo: vincere la fame e nutrire adeguatamente tutti gli abitanti del pianeta. Jean-Jacques Rousseau scriveva: "Tra il debole e il forte, e' la liberta' che opprime e la legge che libera". La liberta' totale del mercato e' sinonimo di oppressione, la legge e' la prima garanzia della giustizia sociale. Il mercato mondiale ha bisogno di norme e deve essere soggetto alla volonta' collettiva dei popoli. Lottare contro la massimizzazione del profitto come unico obiettivo dei soggetti che dominano il mercato, e contro l'accettazione passiva delle sue regole, e' un imperativo urgente" (p. 136).
Molti sono i temi esaminati nelle 140 pagine del libro: il potere neocoloniale e le guerre; le ambiguita' e le aporie delle organizzazioni e degli interventi internazionali; la desertificazione ed i "profughi ecologici"; gli esiti disumani dell'ordine economico vigente; pagine di grande efficacia sono quelle sulla "arma alimentare", e quelle sulle bidonville. Un ricordo commosso e' dedicato a Thomas Sankara.
Ziegler formula anche una serie di proposte concrete, di emergenza e strutturali, evidenziandone altresi' ambiguita', limiti e valenze.
Il succo del libro e' nell'invito a non considerare ineluttabile la fame, che e' frutto dell'ingiustizia e della violenza: "nessuna vittima della fame e' una vittima inevitabile".
Il sociologo ginevrino e' netto: "Niente, se non la brutale imbecillita' di un regime strutturato in classi sociali preesistenti alla loro nascita, di ideologie discriminatorie, di privilegi difesi con la violenza, "giustifica" l'ineguaglianza vissuta dagli esseri umani". E l'ultima risposta del dialogo e' quindi: "Va cambiato l'ordine omicida del mondo".
13. PER UNA CULTURA ANTIMAFIA: L'ESEMPIO DI SERGIO TURONE
[Questa nota su Sergio Turone diffondemmo gia' un anno fa.
Sergio Turone, nato a Milano nel 1930, e' stato giornalista e docente universitario. Da anni gravemente malato, si e' tolto la vita nel 1995. Scrittore versatile, cronista puntiglioso e pungente, militante di una sinistra laica e intransigente, le sue posizioni rigorose gli costarono rotture ed emarginazioni. Opere di Sergio Turone: Storia del sindacato in Italia (piu' volte ristampato); Politica ladra. Storia della corruzione in Italia 1861-1992 (in cui ha rifuso anche i due volumi su Corrotti e corruttori dall'Unita' d'Italia alla P2 e Partiti e mafia dalla P2 alla droga); Agonia di un regime: il caso Abruzzo; tutti presso Laterza. Ma per un approccio piu' approfondito alla poliedrica personalita' di scrittore civile di Turone si vedano anche almeno i seguenti volumi: Come diventare giornalisti senza vendersi, Lettere di Adam Smith al Cavalier Berlusconi, sempre presso Laterza; Cronache dal futuro remoto, I libri dell'Altritalia, Roma 1996. Su Sergio Turone un intenso profilo ha scritto Corrado Stajano, La parabola di un depennato, in "Micromega" n. 1 del 1996 (fascicolo in cui sono pubblicate anche tre lettere di Turone col titolo complessivo Lettere senza risposta)]
"Se dal presente libro e' lecito trarre, non diremo una morale e neanche una conclusione, ma la consapevolezza di un elemento costante che ricorre nella storia, la sintesi e' questa: analizzare il fenomeno della corruzione politica, scriverne, discuterne, sottrarsi all'omerta' cinica della rassegnazione, giova, se non a eliminare la piaga, a contenerne la pericolosita' e a dimostrare che anche in politica l'onesta' non e' - o non sempre - una fatica inutile". Sono le parole con cui Sergio Turone conclude Corrotti e corruttori dall'Unita' d'Italia alla P2, il libro pubblicato da Laterza nel marzo 1984, fatto sequestrare da un piduista, poi dissequestrato e vittoriosamente ripubblicato nel vivo di una grande battaglia civile contro i poteri occulti e per la verita'.
E l'anno successivo, a conclusione della prefazione di Partiti e mafia dalla P2 alla droga (sempre presso Laterza), scriveva: "quale credibilita' si puo' accordare a personaggi politici le cui trentennali o quarantennali carriere - sostenute da periodiche elezioni plebiscitarie dovute all'interessata fedelta' di clientele sedotte - hanno proceduto in costante sintonia occulta con i servizi segreti e con i circoli mafiosi? Ecco perche' riteniamo che la denuncia documentata e sobria del malcostume politico, lungi dall'essere sfogo fustigatorio, sia un oggettivo contributo alla governabilita' delle democrazie. I partiti di potere sono apparsi finora incapaci di cogliere la valenza soprattutto politica della "questione morale". E' questo un tema che, o viene davvero affrontato con rigore prioritario, o sarebbe preferibile ignorare. Nulla nuoce alla credibilita' delle istituzioni piu' dell'uso oscillatorio e strumentale delle "questioni morali". Se un partito X attacca un personaggio Y dichiarandolo corrotto e responsabile o complice di crimini, ma attenua la polemica se quel personaggio assume su un qualsiasi problema politico una posizione gradita al partito accusatore, tale forma di sedicente realismo, assai prima che un fatto immorale, e' una prova di miope autolesionismo politico". Detto magnificamente.
Quei due libri di Sergio Turone (nel 1992 rifusi ed aggiornati in Politica ladra. Storia della corruzione in Italia. 1861-1992, sempre per i tipi di Laterza) furono tra le cose migliori che in quella stagione produsse il giornalismo di denuncia e di sensibilizzazione (destinato cioe' a coinvolgere un ampio pubblico, e Turone riusci' a farlo senza per questo esser corrivo alle trovate pirotecniche e da bestiario, alle rutilanti brillantezze che falsificano infine la realta' tutto estremizzando e banalizzando per eccesso di coloriture, che indeboliscono e rendono infine pressoche' inutilizzabili tanti lavori di giornalisti che si cimentano in volumi analoghi).
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Turone, giornalista e militante della sinistra intransigente di ascendenza azionista, autore di una apprezzata storia del movimento sindacale in Italia, diede un contributo significativo nel contrastare la corruzione politica fornendo con quei due libri a tanti altri giornalisti e militanti (e pubblici amministratori, ed uomini delle istituzioni) nel mezzo dei putridi anni ottanta un materiale informativo straordinariamente utile, perche' appunto sobrio, verificato e verificabile, alieno dalle grossolanita' e le scempiaggini della propaganda e dalle deformazioni ideologiche.
E se posso concedermi una digressione al riguardo, chi oggi rileggesse la pubblicistica politica degli anni settanta ed ottanta resterebbe stupefatto rilevando quanto fosse diffuso il costume di indulgere, negli esercizi di "analisi di fase" (si parlava, purtroppo, cosi'), all'imbragamento della realta' entro schemi desunti da applicazioni dogmatiche ed astratte fino all'assurdo di modelli interpretativi che ridotti a caricaturali passepartout avevano perso ogni carica ermeneutica ed erano divenuti pappagallesco irresponsabile vaniloquio di tanti Talleyrand in sedicesimo per proterva mascalzonaggine o tronfia stupidita'; con l'ovvio risultato, per chi pure non era delle turbe dei saccheggiatori, di precludersi la comprensione di cio' che era sotto gli occhi di tutti, e che ad esempio vedeva con assoluta chiaroveggenza il Calvino dell'Apologo sull'onesta' nel paese dei corrotti (ma vedevano bene anche Umberto Santino, Pippo Fava, Nando dalla Chiesa, e tanti altri che concretamente si battevano contro i poteri criminali ed il regime della corruzione). Ma qui chiudiamo la digressione.
Della denuncia della corruzione politica Turone fu un campione: aveva pagato duri prezzi per essersi opposto alla degenerazione di onuste organizzazioni politiche della sinistra finite in pugno a una banda di predoni (il PSI di Craxi); aveva denunciato incessantemente l'andreottismo quintessenza dell'intreccio tra politica, corruttela, malaffare e poteri criminali; si era opposto ad ogni cedimento consociativo, richiamando insistentemente la sinistra d'opposizione ad essere limpida e conseguente nella sua lotta contro il regime della corruzione. Ed era stato sconfitto.
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Anche per lui quel momento, 1992-1993, in cui parve che movimento antimafia (che molto aveva sedimentato lungo un decennio in tutta Italia, e che divenne moto di popolo quando furono assassinati Falcone e Borsellino e gli uomini e le donne che erano con loro) e inchieste su tangentopoli (che una volta scoperchiata la pentola a Milano da parte del pool "Mani pulite" si estesero in tutta Italia evidenziando la capillarita' del regime della corruzione) si saldassero, e scaturisse dalle piu' profonde matrici della cultura migliore di questo paese (la tradizione gobettiana e azionista, il cristianesimo di base, il marxismo critico, la sinistra libertaria, il femminismo, i movimenti ecopax e solidali, il rigorismo etico kantiano come quello garibaldino, la cultura della nonviolenza) un movimento di massa che sostenendo le persone migliori delle istituzioni, rivendicando legalita' e civilta', scendendo in piazza non per distruggere le assise ma per difendere i magistrati, per affermare il primato del diritto, della giustizia e della verita', della solidarieta' e della dignita' umana; anche per lui quel momento fu l'ora della gioia e della speranza. Ma subito la palude tornava: gia' nel '94 "scendeva in campo" un tal cavaliere di Milano e una coalizione di fascisti, razzisti, piduisti e mafiosi vinceva le elezioni ed andava al governo, ed il fronte democratico si sarebbe lasciato di nuovo irretire nel gioco scellerato delle alleanze piu' improponibili e della politica ridotta a congiura di palazzo e compravendita di clienti e prebende, fino ad arrivare - ma questa ignominia Turone non giunse a vederla - a un governo con un premier ex-comunista confezionato da un losco tramare, uno stolido pasticciaccio, e con la supervisione, la benedizione e il padrinaggio di Cossiga (quel Cossiga su cui non sarebbe male se si rileggesse il libro di Michele Gambino, Carriera di un presidente, del '91). Lo stupro della Costituzione e la guerra illegale e stragista del 1999, da questo angolo visuale, sono state delle terribili, ed ignobili, ma non imprevedibili conseguenze.
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Ripubblichiamo qui di seguito un nostro ricordo di Sergio Turone, stampato la prima volta sul settimanale viterbese "Sotto Voce" del 25 novembre 1995 con il nudo titolo Sergio Turone (e successivamente di nuovo edito in opuscolo nel 1997).
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Ai primi di novembre e' drammaticamente scomparso Sergio Turone, giornalista, storico, poi anche docente e pubblico amministratore, militante democratico di antica e sicura fede socialista, di quel socialismo di matrice ottocentesca, che mescolava insieme fonti e tradizioni eterogenee e fin dicotomiche, a nessuna volendo rinunciare per empito di generosita', convinto che contro l'ingiustizia tutti i buoni avessero a federarsi, tutti gli oppressi avessero a levarsi uniti: azionista e repubblicano, radicale e anticlericale, memore e conciliatore di Rousseau e di Voltaire, marxista e bakuniniano, Carlo Pisacane e Pietro Gori, Felice Cavallotti e Carlo Cafiero, Mazzini e Garibaldi, Victor Hugo, anche.
Turone si apparteneva a quella sinistra inquieta, antidogmatica, antiautoritaria, forse fin troppo empirista, anche disillusa dopo tante vicende ed errori ed orrori, ma mai cinica, mai spenta, sempre pronta alla prossima battaglia, sempre pronta a gettarsi nella mischia per ogni causa giusta, con tutto il proprio candore, con tutta la propria fragilita', con tutta la propria amarezza, e - anche - con tutta la propria voglia di vivere. Mai al di sotto delle parti.
Era cosi' privo di sotterfugi Sergio Turone, che anche quando non si condivideva quel che diceva, anche quando palesemente s'illudeva, anche quando il suo loicizzare lo ingannava, anche quando il realismo e l'entusiasmo nativi, sorgivi, si componevano in lui in soluzioni evidentemente deboli, incrinate, fallaci, che non avrebbero resistito all'urto, che intimamente cedevano, ebbene, anche allora, quando si doveva dissentire e contrapporsi, non si poteva non apprezzarne la voglia di fare, l'impegno, la disponibilita' a mettersi alla stanga: l'alta febbre del fare, di cui dice Ingrao, ad altri pensando tragitti.
Era impossibile non volergli bene, anche per chi, come noi che scriviamo, viene da un'altra sinistra, quella veterotestamentaria, rigorista fino alla pietrificazione, quella di Franco Fortini, per risolverla in un nome.
Ha scritto una storia del sindacato in Italia che resta tra le poche cose che in questo ambito di ricerca non siano mera pubblicistica; ma soprattutto ha scritto, negli anni in cui trionfava l'intreccio politico-affaristico, in cui mafia e P2 e regime della corruzione imperversavano senza che si vedesse una resistenza piu' che testimoniale, in cui Craxi e Andreotti erano portati sugli scudi, alcuni libri che davvero erano - con pochi altri, di pochissimi altri autori - l'abbecedario della coscienza civile contro la politica corrotta e mafiosa, contro il regime degli assassini, il regime che ancora perdura: quei libri da leggere ancora, ancor oggi utili strumenti, d'informazione, di formazione: Corrotti e corruttori dall'Unita' d'Italia alla P2, Partiti e mafia dalla P2 alla droga; poi rifusi in Politica ladra, tutti presso Laterza.
Noi abbiamo una motivazione particolare per ricordarlo: ci fu vicino nelle nostre lotte contro la penetrazione mafiosa nel viterbese, contro il regime della corruzione nel viterbese, contro il sistema di potere andreottiano nel viterbese; e contro la violazione della legalita', per la pace e il diritto, per la verita' e la giustizia (parole cosi' grosse, concetti cosi' densi, che si puo' farne pronunzia solo attenuando la voce con un sorriso di malinconia). Molti ci aiutarono con la loro parola ed il braccio (e l'affetto, che non conta di meno) negli anni in cui solo questo giornale, in cui solo un pugno di persone in questa citta' si batteva contro il potere andreottiano, contro la penetrazione dei poteri criminali; tra questi che avemmo spiriti adiutori, e conforto e sprone, persone di grande valore che non piu' sono e alle quali fedeli vogliamo restare: Rosanna Benzi, padre Balducci, Giovanni Michelucci, Franco Fortini, Alex Langer, e sono solo i primi nomi che ci vengono in mente; anche Sergio Turone, anche lui ci ha lasciato.
Ci manchera', manchera' a molti la sua parola ironica e affabile, la sua generosita' e finanche la sua guasconeria da moschettiere dumasiano.
14. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
15. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 1266 del 6 maggio 2013
Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it , centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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