Archivi. 186



 

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ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XIV)

Numero 186 del 2 maggio 2013

 

In questo numero:

1. Alcuni testi del mese di agosto 2001 (parte terza)

2. Uscire dalla marginalita' (con tre dottori di Salamanca)

3. Come il padrone sceglie e decide i portavoce dell'opposizione

4. Come usano i generali

5. Primo frammento di una cantata degli alpini morti in terra kossovara

6. Prima bozza per la proposta di legge per la formazione delle forze dell'ordine alla nonviolenza (parte prima)

 

1. MATERIALI. ALCUNI TESTI DEL MESE DI AGOSTO 2001 (PARTE TERZA)

 

Riproponiamo qui alcuni testi apparsi sul nostro foglio nel mese di agosto 2001.

 

2. USCIRE DALLA MARGINALITA' (CON TRE DOTTORI DI SALAMANCA)

 

Commetto grave un'ineleganza: intendo dar forza ad un ragionamento mettendoci il peso della mia storia personale. Non si dovrebbe far cosi', un ragionamento deve valere di per se' e non perche' sostenuto dalla particolare voce che lo pronuncia, ma non mi sembra abusivo enunciare da che pulpito venga la predica.

Il ragionamento e' il seguente: occorre che la nonviolenza esca dalla marginalita', occorre che gli amici della nonviolenza escano dalla marginalita', occorre proporre la nonviolenza come proposta d'azione forte e decisiva, contrastando l'ignoranza, e peggio, di chi vuol ridurla a caricatura o soprammobile. Occorre uscire dalla subalternita'.

E la mia vicenda personale e' questa: e' dagli anni settanta che sono un militante per l'eguaglianza e la dignita' umana, non ho fatto carriere, sono povero in canna come e piu' di tre decenni fa, ho avuto il mio tozzo di persecuzioni, non ho ceduto.

*

Il professore di turno

Cosicche' ogni volta che sento il professore di turno che alla proposta di lotta nonviolenta mi oppone stantie due frasette di Marx mi viene da dirgli che io Marx glielo insegno, perche' l'ho letto e riletto davvero, e ne ho tratto (non solo da lui, beninteso) delle conseguenze su cui ho impegnato la mia vita; e ogni volta che qualcuno pretende di correggermi in nome di una ortodossia democratica o liberale, riformista o rivoluzionaria, comunista o libertaria, religiosa o ateistica, dopo essermi inchinato ed aver accolto la critica come un utile aiuto a migliorarmi un po' (cosa peraltro difficile, refrattario e incancrenito come sono), saprei ben replicargli che quella ortodossia cui essolui si' gaio s'affida e' agevolmente smontabile e che sarei forse in grado, ahime', di fornirgli le fonti teoriche e le verifiche empiriche sufficienti ad abbandonare ogni dogmatica certezza e autorita' (altro e' la fiducia, la fede, la speranza): nel terribile gran gioco del mondo ognuno ogni volta deve fare la sua scelta con la sua testa e col suo cuore, non ci sono "istruzioni per l'uso" definitive, ma solo esempi (anche grandi esempi) e guide per l'azione (anche eccellenti) che vanno riruminate proprio da te medesimo ogni volta.

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Il ritorno del professore di turno

Ed ogni volta che sento il professore di turno che alla scelta e alla proposta teorico-pratica della nonviolenza mi oppone e mi chiede: "e allora la Resistenza"; "e allora dinanzi alla Shoah"; so rispondergli che queste domande me le pongo da molti piu' anni di lui tutti i giorni e tutte le notti, e con strazio profondo (sono di quelli che portano ancora il lutto per la scomparsa di Primo Levi, e voglio continuare a portarlo finche' campo); e ho trovato anche qualche parziale provvisoria risposta, che non consiste nel ritorcere le domande, ma nell'eredita' e nella valorizzazione della Resistenza, nella scelta della lotta la pìu' rigorosa contro la violenza, nell'opposizione piu' intransigente al male. Ma di cio' su questo notiziario tante volte abbiamo scritto e tante altre scriveremo ancora, poiche' si tratta di rovelli senza fine.

*

Il terzo professore di turno

Ed ovviamente ogni volta che qualcuno mi dice "Gandhi ha detto" col tono di proferire un assioma o un anatema, come volete che dopo una vita passata a rispondere a chi "Marx ha scritto" io possa prendere sul serio questo metodo da Santa Inquisizione; Gandhi ha fatto il giornalista d'azione per tutta la vita, so bene che di corbellerie puo' averne scritte un'infinita' (e chiunque ha fatto il giornalista lo sa sulla propria pelle) ma quel che conta e' l'insieme e il senso della sua azione e del suo pensiero, col suo margine e nel suo contesto di tentativo e di errore, di verita' e di interrogazione.

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Cosicche'

Cosicche' quando penso alla nonviolenza includo molte esperienze che per essersi date nella storia ovviamente non hanno la perfezione scacchistica delle commedie di Marivaux; e penso al Sudafrica, e penso al Chiapas, ma penso anche alla grandissima parte della Resistenza contro il fascismo (in cui l'aspetto strettamente militare e' stato, ritengo, il meno rilevante e originale), e penso soprattutto alla lotta delle donne che di tutte le esperienze rivoluzionarie affermanti la dignita' umana e l'umana liberazione nel secolo in cui ho vissuto e' quella che trovo piu' luminosa e aggettante.

E tra i miei personali maestri c'e' Vittorio Emanuele Giuntella ma anche Franco Fortini, c'e' Tomaso Serra e c'e' Primo Levi, e Lidia Menapace che spero viva altri cent'anni.

*

Dove voglio arrivare?

Semplice, a spiegare che la scelta della nonviolenza, come io la percepisco e la propongo, non e' liquidabile come l'infatuazione di un perdigiorno che non sapendo a che gioco giocare o a che santo votarsi ha giulivamente abbracciato una moda, o come la candida puerile trasognata fascinazione del garzoncello scherzoso che delle durezze del mondo non ha fatto prova e quanto ti tocchera' vedrai che impari presto; no, signori: la scelta della nonviolenza come la penso e la propongo io si fonda proprio su quella tradizione di lotte e pensieri collegandomi alla quale, dinanzi al dolore del mondo, ho messo in gioco la mia esistenza da quando ho raggiunto l'eta' della ragione decenni or sono, in una scommessa che un materialista leopardiano come me chiama comunque pascaliana (per soprammercato sapendo che comunque a questa lotteria niente si vince).

*

Un altro cosicche', e sono due

Cosicche', per favore, quando vogliamo discutere di nonviolenza, non mi parlate dello stereotipo che gli ignoranti possono farsene e che i cialtroni propalano dai giornali e sulle televisioni e nelle assemblee (e di cialtroni rigurgitano anche i movimenti ecopacifisti, solidali, antiliberisti, alternativi e via trombonando).

Chiedo chiarezza ed impegno intellettuale e morale: occorre sapere di cosa si parla. E personalmente propongo della nonviolenza una visione aperta e sperimentale, che nulla ha a che vedere con gli stereotipi e i dgmatismi dei ciarlatani.

*

E dunque concludendo, anzi: per non concludere affatto

Smettiamola di usare la parola "nonviolenza" come trent'anni fa si usava il concetto di "territorio" (che era il prezzemolo inseme a cui si digeriva tuitto) o l'aggettivo "dialettico" (che legittimava qualsivoglia capriola logica, opportunismo pratico e concreto orrore) o la parolina magica "masse" (in nome delle quali si arrivava fino a giustificare la pratica di sterminarle).

Cominciamo a proporre la nonviolenza nella sua autonomia teorica e pratica, nelle sue dimensioni molteplici e compresenti, nella sua esigenza di illimpidimento intellettuale e morale, nella sua processualita'-progettualita' relazionale, sociale, politica; ed insieme nella sua incompiutezza essenziale, nel suo essere guida e metodica fallibilista ed autocorrettiva per l'azione, e nel suo non essere ideologia (ne' come falsa coscienza ne' come sistema d'idee ben incastellato e conchiuso).

*

E soprattutto piantiamola di

E soprattutto: piantiamola di essere marginali, di sentirci i brutti anattrocoli che devono stare a sentire i professoroni che ci vogliono dar lezioni su cose che del tutto ignorano; piantiamola di accettare l'egemonia sui movimenti di lotta da parte dei burocrati di partito e di organismi parastatali e parassitari, piantiamola di accettare l'egemonia sui movimenti di lotta da parte di quelli che strillano tanto piu' forte quanto meno hanno da dire; piantiamola di subire le pretese dei portavoce antidemocratici alla testa dei movimenti collocati dalle gerarchie massmediali o burocratiche contro i movimenti stessi.

*

Pane al pane

E usiamo le parole per dire pane al pane: le parole possono essere usate per mascherare il pensiero, diceva Talleyrand; ma possono essere usate anche per cercare di dire la verita', per cercar di capirci, per migliorare il mondo.

*

Mi piacerebbe

Corpo di Bacco, e come mi piacerebbe se su questo discutessimo anche di furia, anche di fretta: il mondo sta andando a rotoli, e "lo tempo e' poco omai che n'e' concesso".

*

E i tre dottori di Salamanca?

Non c'entrano niente (o meglio: poiche' poi nell'articolo ho scritto "professori", invece di "dottori", il riferimento e' diventato vieppiu' ermetico), ma una filastrocca di Gianni Rodari recita:

 

"Tre dottori di Salamanca

si misero in mare su una panca,

e se non andavano subito a fondo

facevano certo il giro del mondo.

 

Tre dottori di Saragozza

si misero in mare in una tinozza,

e se la tinozza a galla restava

qui la storiella non terminava".

 

Mi pareva che qui ci stesse bene.

 

3. COME IL PADRONE SCEGLIE E DECIDE I PORTAVOCE DELL'OPPOSIZIONE

 

Ancora una volta sono i mass-media, i mass-media di regime, i mass-media del padrone, a decidere la leadership e ad imporre i linguaggi ai movimenti che ad esso regime e ad essi mass-media si oppongono. Basta che le televisioni trovino il fesso che sbraita piu' forte, che pensa di meno alle conseguenze delle sue parole, che gode di piu' a comparire in video, e alla terza intervista ne hanno fatto il simbolo e il capo del movimento, pronto a dire e a fare cio' che vogliono che dica e faccia. E' una vita che lo vedo accadere. E ad eccezione del povero indimenticabile Debord, pressoche' nessuno si e' mai posto seriamente il problema del perche' si sia cosi' subalterni, del perche' si sia cosi' facilmente giocati.

 

4. COME USANO I GENERALI

 

Provo orrore di tutti quelli che, come usano i generali, pensano che si possa metter tra parentesi il fatto che una vita umana sia distrutta.

 

5. PRIMO FRAMMENTO DI UNA CANTATA DEGLI ALPINI MORTI IN TERRA KOSSOVARA

 

Tuscania e' una bella' citta', un'antica regina

quando vi giungi dalla strada da Vetralla

i piedi che dolgono, la fronte

che scotta, e di lontano vedi

le chiese rocciose, il tufo che vibra

ti pare sentire una musica arcana:

ecco, sto tornando a casa.

 

Giuseppe Fioretti era un ragazzo

come tutti i ragazzi ragazzo

ed era alpino in Kossovo.

 

Maledetti gli eserciti tutti

maledette tutte le guerre.

 

Di notte nel buio e' andato giu'

e lungo la strada delle tenebre ha incontrato

l'orco della morte che se lo e' divorato.

 

Maledetti gli eserciti tutti

maledette tutte le guerre.

 

Ora io vi chiedo signori:

perche' doveva morire?

Vi chiedo e vi prego signori

di rispondere a questa domanda:

perche' doveva morire?

 

Maledetti gli eserciti tutti

maledette tutte le guerre.

 

6. PRIMA BOZZA PER LA PROPOSTA DI LEGGE PER LA FORMAZIONE DELLE FORZE DELL'ORDINE ALLA NONVIOLENZA (PARTE PRIMA)

[Presentiamo di seguito la prima parte (la seconda pubblicheremo domani) di una bozza finalizzata alla stesura di una proposta di legge da presentare in Parlamento il prossimo mese col sostegno di parlamentari di varie forze politiche che gia' si sono dichiarati disponibili (e degli altri che ad essi si vorranno aggiungere). Su questa bozza, che e' nulla piu' che una base di lavoro e che puo' quindi essere consistentemente modificata dai contributi che perverranno, chiediamo il parere di tutti i nostri interlocutori interessati all'iniziativa]

 

Prima bozza di lavoro per la proposta di legge per la formazione e l'addestramento delle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso dei valori, delle tecniche e delle strategie della nonviolenza

*

Sommario:

I. Materiali per la relazione illustrativa

A. La nonviolenza nella legislazione e nella storia d'Italia

B. Formazione del personale delle forze dell'ordine e ordinamento giuridico

C. Esperienze di riferimento in Italia, in Europa e nel mondo

D. Ambiti formativi in cui si fa gia' ampio uso dei valori e delle tecniche della nonviolenza

II. Abbozzo di articolato

Art. 1. (Formazione delle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso dei valori, delle tecniche, delle strategie della nonviolenza)

Art. 2. (Disposizioni e provvedimenti attuativi e regolamentari)

Art. 3. (Consulenza di esperti)

Art. 4. (Finanziamento)

III. Appendici integrative

Appendice 1. Una bibliografia essenziale

Appendice 2. Alcuni autori e figure di riferimento

Appendice 3. Alcune personalita' interpellabili come consulenti e formatori

Appendice 4. Alcuni istituti di ricerca e di formazione

Appendice 5. Estratti da tre documenti a vari soggetti istituzionali (2000-2001)

IV. Postilla

V. Un appello conclusivo

*

I. Materiali per la relazione illustrativa

A. La nonviolenza nella legislazione e nella storia d'Italia

1. La nonviolenza nel corpus legislativo italiano

Nella legislazione italiana il termine, ed il concetto, di "nonviolenza" e' entrato relativamente tardi: con la legge 8 luglio 1998, n. 230, che all'art. 8, comma 2, lettera e) attribuisce all'Ufficio nazionale per il servizio civile presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri il compito di "predisporre, d'intesa con il Dipartimento per il coordinamento della protezione civile, forme di ricerca e di sperimentazione di difesa civile non armata e nonviolenta".

In realta' gia' da molti anni erano stati effettualmente accolti termini ed esperienze sovente fortemente connessi alla teoria e prassi della nonviolenza, come ad esempio attesta la legislazione che dal 1972 con la legge n. 772 riconosceva e recepiva l'obiezione di coscienza al servizio militare e disponeva il servizio civile alternativo; inoltre gia' nel dettato costituzionale, come hanno rilevato autorevoli commentatori, vi sono le fondamenta di un orientamento tendenzialmente nonviolento e comunque una legittimazione piena di tale prospettiva.

E del resto analogo orientamento e' possibile leggere in autorevoli documenti internazionali: come la Carta delle Nazioni Unite, e la Dichiarazione universale dei diritti umani.

2. La nonviolenza nella ricerca accademica e nelle agenzie formative

Nella ricerca accademica e nelle agenzie formative ormai da decenni la nonviolenza e' un tema rilevante. E' cosi' a livello internazionale (a partire dalle attivita' di peace research promosse dall'ONU), ed e' cosi' anche in Italia, in cui lo studio della nonviolenza  e la formazione ai valori, alle tecniche e alle strategie della nonviolenza costituiscono esperienze consolidate sia in ambito accademico che in ambito piu' generalmente istituzionale che nell'alveo delle esperienze dell'associazionismo democratico, delle agenzie formative, delle variegate formazioni in cui si articola la societa' civile e particolarmente l'impegno sociale e civile.

3. La nonviolenza nella cultura e nella storia d'Italia

Del resto nella cultura e nella storia d'Italia la nonviolenza e' radicata in esperienze e riflessioni che risalgono ad esempio fino alla proposta di vita e di pensiero di Francesco d'Assisi.

E nel Novecento un illustre filosofo e pedagogista italiano, Aldo Capitini, ha dato un contributo di riflessione e di proposta di enorme rilevanza a livello internazionale; cosi' come Giuseppe Giovanni Lanza del Vasto (che di Gandhi fu direttamente discepolo); cosi' come Danilo Dolci: personalita' italiane che a livello internazionale sono tra le figure piu' note e piu' luminose della nonviolenza. Ad Aldo Capitini risale altresi' la coniazione del termine stesso "nonviolenza".

Peraltro in Italia anche la figura di Gandhi fu conosciuta con relativa tempestivita': anche grazie alla sua visita nel nostro paese nel 1931, ed alla pubblicazione nello stesso anno dell'edizione italiana della sua autobiografia con prefazione di Giovanni Gentile; ed alla nonviolenza si ispirarono alcune delle figure piu' nobili e delle attivita' piu' profonde e luminose dell'opposizione alla dittatura fascista.

4. Per una definizione critica e pluridimensionale della nonviolenza

4.1. Il termine "nonviolenza", distinto dalla locuzione "non violenza"

La parola "nonviolenza" e' stata coniata dal filosofo ed educatore italiano Aldo Capitini (1899-1968) e traduce i due termini creati da Mohandas Gandhi (1869-1948) per definire la sua proposta teorico-pratica: "ahimsa" e "satyagraha".

La parola "nonviolenza" designa un concetto del tutto distinto dalla semplice locuzione "non violenza" o "non-violenza"; la locuzione "non violenza" infatti indica la mera astensione dalla violenza (ed in quanto tale puo' comprendere anche la passivita', la fuga, la rassegnazione, la vilta', l'indifferenza, la complicita', l'omissione di soccorso); il concetto di "nonviolenza" afferma invece l'opposizione alla violenza come impegno attivo e affermazione di responsabilita'.

Infatti i due termini usati da Gandhi, che il termine capitiniano di "nonviolenza" unifica e traduce, hanno un campo semantico ampio ma molto forte e ben caratterizzato: "ahimsa" significa "contrario della violenza", "negazione assoluta della violenza", quindi "opposizione alla violenza fino alla radice di essa"; "satyagraha" significa "adesione al vero, contatto con il bene, forza della verita', vicinanza all'essere, coesione essenziale".

4.2. La nonviolenza non e' un'ideologia

La "nonviolenza" quindi e' un concetto che indica la scelta e l'mpegno di un intervento attivo contro la violenza, la sopraffazione, l'ingiustizia (non solo quella dispiegata e flagrante, ma anche quella cristallizzata e camuffata, quella acuta e quella cronica, quella immediata e quella strutturale).

La nonviolenza non e' un'ideologia ne' una fede: ci si puo' accostare alla nonviolenza a partire da diverse ideologie e da diverse fedi religiose e naturalmente mantenendo quei convincimenti. Ad esempio nel corso dello scorso secolo vi sono stati uomini e donne che si sono accostati alla nonviolenza aderendo a fedi diverse: induista, cristiana, buddhista, islamica, ebraica, altre ancora, o anche non aderendo ad alcuna fede. Ugualmente vi sono stati uomini e donne che si sono accostati alla nonviolenza aderendo a ideologie diverse: liberali, socialiste (nelle varie articolazioni di questo concetto teorico e movimento storico), patriottiche, internazionaliste, democratiche in senso lato.

4.3. La nonviolenza e' una teoria-prassi sperimentale e aperta

La nonviolenza infatti e' una teoria-prassi, ovvero un insieme di riflessioni ed esperienze, creativa, sperimentale, aperta. Non dogmatica, non autoritaria, ma che invita alla responsabilita' personale nel riflettere e nell'agire.

4.4. La nonviolenza e' un concetto pluridimensionale

Molti equivoci intorno alla nonviolenza nascono dal fatto che essa e' un concetto a molte dimensioni, cosicche' talvolta chi si appropria di una sola di queste dimensioni qualifica la sua collocazione e il suo agire come "nonviolenti", in realta' commettendo un errore e una mistificazione, poiche' si da' nonviolenza solo nella compresenza delle varie sue dimensioni (ovviamente, e' comunque positivo che soggetti diversi conoscano e accolgano anche soltanto alcuni aspetti della nonviolenza, ma questo non li autorizza a dichiarare di praticare la nonviolenza).

Proviamo a indicare alcune delle dimensioni fondamentali della nonviolenza:

- la nonviolenza e' un insieme di ragionamenti e valori morali;

- la nonviolenza e' un insieme di tecniche comunicative, relazionali, deliberative, organizzative e di azione;

- la nonviolenza e' un insieme di strategie di intervento sociale e di gestione dei conflitti;

- la nonviolenza e' un progetto sociale di convivenza affermatrice della dignita' di tutti gli esseri umani;

- la nonviolenza e' un insieme di analisi e proposte logiche, psicologiche, sociologiche, economiche, politiche ed antropologiche.

Come si vede, lo studio della nonviolenza implica la coscienza della pluridimensionalita' di essa, delle sue articolazioni, delle sue implicazioni.

Ed anche del fatto che essa implica saldezza sui principi ed insieme un atteggamento ricettivo, critico, sperimentale, aperto; che non ha soluzioni preconfezionate ma richiede ogni volta nella situazione concreta un riflettere e un agire contestuale, critico e creativo.

B. Formazione del personale delle forze dell'ordine e ordinamento giuridico

1. I percorsi formativi del personale delle forze dell'ordine

Attualmente le forze dell'ordine in Italia sono articolate in diversi corpi, con statuti specifici ed organizzazioni interne peculiari. Tale situazione si riflette anche sui percorsi formativi ed addestrativi.

2. La Costituzione come fondamento dell'ordinamento giuridico

Ma fondamento unitario di tutti i percorsi formativi e' e deve essere il riferimento alla Costituzione della Repubblica Italiana su cui si incardina tutto il sistema legislativo ed istituzionale italiano e si basa il nostro ordinamento giuridico.

3. Ordine pubblico, legalita', democrazia

E quindi in uno stato di diritto, in un paese democratico come l'Italia, la funzione dello Stato preposta all'ordine pubblico e' vincolata all'affermazione della legalita', alla difesa della democrazia, alla promozione della sicurezza, dell'incolumita' e dei diritti delle persone che nel territorio italiano si trovino.

4. Pubblica sicurezza, diritti umani

Sempre piu' la riflessione giuridica contemporanea ha evidenziato il nesso inscindibile tra sicurezza pubblica e diritti umani, diritti che sono propri di ogni essere umano e che per essere inverati abbisognano di un impegno positivo delle funzioni pubbliche.

5. Necessita' di una piu' adeguata formazione delle forze dell'ordine

Si evince pertanto la necessita' di una sempre piu' adeguata formazione del personale delle forze dell'ordine ordinata all'espletamento piu' coerente ed efficace dei compiti che inverino le finalita' dalla Costituzione enunciate nell'ambito delle specifiche funzioni, modalita' ed aree di intervento. A tal fine la formazione alla conoscenza e all'uso dei valori, delle tecniche e delle strategie della nonviolenza si dimostra di estrema utilita'.

C. Esperienze di riferimento in Italia, in Europa e nel mondo

1. Esperienze di formazione alla nonviolenza delle forze dell'ordine gia' svolte ed in corso in Italia

Anche in Italia da anni in vari luoghi e contesti si sperimentano gia' percorsi formativi alla conoscenza e all'uso dei valori, delle tecniche e delle strategie dalla nonviolenza di personale preposto alla sicurezza pubblica.

2. Riflessioni ed esperienze in altri paesi europei

In altri paesi europei la riflessione e le esperienze in tal senso sono sovente assai rilevanti, come si evince dal dibattito in merito.

3. Esperienze internazionali di riferimento

Infine si consideri come a livello internazionale vi siano ormai molteplici e qualificatissime esperienze storiche, di grande rilievo anche sul piano giuridico, con particolar riferimento a situazioni di partenza decisamente assai critiche.

Si pensi ad esempio al caso del Nicaragua in cui dopo la fine della dittatura somozista si pose il problema di rieducare il personale dei corpi speciali della dittatura (spesso bambini che erano stati ridotti a feroci bruti); o al caso straordinario del Sud Africa, in cui la "Commissione nazionale per la verita' e la riconciliazione", presieduta dal Premio Nobel Desmond Tutu, ha indicato una via di grande interesse e profonda originalita' per uscire da una situazione tremenda come quella ereditata dal regime dell'apartheid.

D. Ambiti formativi in cui si fa gia' ampio uso dei valori e delle tecniche della nonviolenza

Segnaliamo infine, come mera elencazione, alcuni ambiti in cui da molti anni esiste ormai una lunga ed ampia tradizione di studi e di esperienze formative e addestrative alla conoscenza e all'uso della nonviolenza.

Questa tradizione ha diverse esplicazioni:

- in sede di istituzioni sovranazionali;

- in sede di istituzioni nazionali;

- in sede di istituzioni locali;

- in sede universitaria;

- in sede scolastica;

- in sede di altre agenzie formative;

- in sede di enti assistenziali, sociali, sanitari, di protezione civile;

- in sede di enti di servizio civile;

- in sede di associazionismo democratico;

- in sede di formazione ed aggiornamento nel management;

- in sede di agenzie informative;

- in sede di intervento psicoterapeutico;

- in sede di training sportivo;

- in sede di facilitazione in consessi deliberativi;

- in sede di promozione e coordinamento di campagne sociali.

Gli esempi sono infiniti: si va dalla formazione ad altissima qualificazione del personale specializzato in interventi di peace-keeping a livello internazionale (in primo luogo dell'ONU); alle cattedre e ai dipartimenti universitari di peace-research; fino alla formazione dei giovani in servizio civile.

Analogamente esempi attuativi e fonti normative e regolamentari di riferimento gia' esistono a tutti i livelli, sia in campo internazionale che per quel che concerne specificamente l'Italia.

Esistono anche ricognizioni di istituti di ricerca specializzati in ambito istituzionale e accademico; una pregevole raccolta di dati e' stata recentemente pubblicata dal Movimento Internazionale della Riconciliazione (MIR) di Padova, ed e' disponibile sulla rete telematica pacifista Peacelink.

 

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ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XIV)

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Numero 186 del 2 maggio 2013

 

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