Coi piedi per terra. 753



 

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COI PIEDI PER TERRA

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"

Numero 753 del 24 aprile 2013

 

In questo numero:

1. Alcuni testi del mese di ottobre 2000 (parte prima)

2. Tre subalternita', da Seattle a Praga

3. Progetto per costituire un centro pacifista

4. Dieci tesi di Giobbe Santabarbara sulla nonviolenza in marcia

 

1. MATERIALI. ALCUNI TESTI DEL MESE DI OTTOBRE 2000 (PARTE PRIMA)

 

Riproponiamo qui alcuni testi apparsi sul nostro foglio nel mese di ottobre 2000.

 

2. TRE SUBALTERNITA': DA SEATTLE A PRAGA

[Ripubblichiamo qui un nostro intervento diffuso il 4 ottobre nella rete telematica per promuovere una riflessione che ci sembra improcrastinabile]

 

Una lettera aperta a tanti amici che sono nel giusto e in errore

Tre subalternita': da Seattle a Praga

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La prima subalternita'

La prima subalternita' e' nei confronti dei potenti: essi decidono quando concedere sfogo alla protesta, essi decidono di fatto luoghi e forme. Manifestare solo in occasione dei meeting ufficiali in cui come e' noto solitamente si fa pressappoco solo passerella, e' poca cosa, seppur necessaria; e rispetto a certe forme della protesta gia' Guenther Anders aveva spiegato bene che recitare la rivoluzione nei week-end e' una mistificazione, una ridicolaggine ed infine una resa e una complicita', tanto piu' grave quanto piu' ambigua e ignara (si legga almeno il duro volumetto andersiano: Stato di necessita' e legittima difesa).

La Banca Mondiale, il Fondo Monetario Internazionale, l'Organizzazione Mondiale del Commercio, insomma la "trinita' satanica" della globalizzazione neoliberista (come l'ha definita con linguaggio icastico Alessandro Zanotelli concludendo la stupenda marcia per la nonviolenza del 24 settembre), va contrastata giorno dopo giorno, tutti i giorni, e non "semel in anno" (una volta all'anno) come fosse un carnevale.

Certo: anche le manifestazioni a Seattle, a Praga, ed il prossimo anno a Genova, servono: e servono molto. Ma non ci si limiti a quelle come fossero eventi taumaturgici.

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La seconda subalternita'

La seconda subalternita' e' nei confronti dei mass-media: troppo spesso si calibrano le iniziative in forme adatte ad essere masticate dalle televisioni; si decidono le forme espressive in ossequio alle stritolatrici esigenze dei network tv; non si dice ne' si fa cio' che pensiamo e come lo pensiamo noi, ma quello che i mass-media pretendono di sentirci dire e fare.

Ma anche i mass-media sono parte del potere oppressivo, ed una parte rilevantissima. Il potere mediale su cui Enrico Chiavacci (nella sua utilissima Teologia morale, e particolarmente nei tomi 3/1 e 3/2, che tutto il movimento farebbe bene a leggere) ha scritto pagine decisive. Cosi' come Anders nel suo straordinario L'uomo e' antiquato.

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La terza subalternita'

La terza subalternita' e' nei confronti della violenza: che e' sempre l'arma dei ricchi, che e' sempre strumento di oppressione, che e' sempre nemica della dignita' umana.

E' necessario essere chiari: se puo' talora suscitare ammirazione chi sacrifica la propria vita, proviamo solo orrore per chi sacrifica quella altrui. Non e' ammissibile manifestare insieme a persone che da come agiscono danno a vedere che si augurano che accada l'incidente, che desiderano fare "la battaglia", che auspicano che ci scappi il morto. Non e' ammissibile essere complici degli adoratori della morte. Poi magari anni dopo i sopravvissuti te li ritrovi professori, scrittori, giornalisti, parlamentari, capitani d'industria: ed i morti restano morti. Io provo orrore e disgusto di chi marcia sui cadaveri. Come ebbe a dire all'incirca Albert Camus: preferisco essere sconfitto senza aver causato vittime, che aver ragione su un cumulo di cadaveri.

E quindi trovo inaccettabile organizzare una manifestazione che preveda, per usare il linguaggio orwelliano e kafkiano della recente vicenda di Praga, la presenza dei cosiddetti "blu" (ovvero di manifestanti che programmaticamente intendono provocare uno scontro fisico): e trovo che da parte degli organizzatori della protesta aver accettato, cooptato e coordinato la presenza dei cosiddetti "blu" nel movimento che manifestava a Praga abbia sporcato e reso correi di una ambiguita' inammissibile anche i cosiddetti "gialli" e i cosiddetti "rosa". Sia chiaro: nulla giustifica le violenze militari e poliziesche, nulla giustifica i pestaggi e le umiliazioni e le nefandezze fatte subire ai giovani manifestanti picchiati, fermati, arrestati, gravemente maltrattati; ma neanche le molotov e le sassaiole possono essere giustificate.

Per il futuro chiedo: che quando si manifesta, e manifestare e' necessario, si sia chiari dall'inizio nel chiedere a tutti i partecipanti di attenersi rigorosamente alle regole di condotta della lotta nonviolenta; chi non ci sta, se ne resti a casa o manifesti un'altra volta per conto suo. Non intendo precludere a nessuno il diritto di manifestare, ma a tutti va chiesto rispetto per la vita e l'integrita' fisica altrui. Ad iniziative ambigue e pericolose per l'incolumita' altrui credo che non si possa partecipare.

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L'urgenza di una discussione onesta

Di tutto questo credo sia urgente discutere onestamente tra le persone impegnate nel movimento che si batte contro la globalizzazione neoliberista e per l'umanita'.

Dobbiamo essere capaci di illimpidire, e cosi' fortificare il movimento, uscire dalla subalternita' e dalle ambiguita', che non sono meno pericolose dell'apatia e della rassegnazione.

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Contrastare la violenza

Occorre contrastare la violenza, quella cristallizzata come quella dispiegata, nel modo piu' rigoroso: con la nonviolenza.

Occorre lottare contro la violenza ed i suoi strumenti: le armi, esse si', sono sempre nostri nemici; occorre lottare contro i poteri oppressivi avendo a cuore le sorti del mondo; occorre lottare agendo in modo che ogni nostra azione possa essere fondativa di socialita', possa essere esempio di azione solidale, istitutiva di convivenza, promotrice di giustizia e fraternita': solo la nonviolenza garantisce questo.

Occorre lottare seguendo il "principio responsabilita'" (Hans Jonas): la nonviolenza e' l'unica forma di lotta (strategia, tecnica, progetto, empatia) che quel principio invera.

Occorre lottare in modo coerente con i nostri scopi, che sono la liberazione dell'umanita' oppressa, e la dignita' di ogni essere umano: dunque occorre la nonviolenza come unico metodo coerente con questi obiettivi, unica scelta che questi obiettivi realizza nel corso stesso della lotta.

Alle menzogne dei potenti occorre contrapporre la verita' che e' sempre rivoluzionaria: dunque occorre la nonmenzogna, che e' un altro nome, ed una decisiva specificazione, della nonviolenza.

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Il diritto fondamentale e' il diritto a vivere

Dobbiamo essere chiari su un punto: il diritto e' sempre in ultima istanza il diritto di persone. E se ad una persona si toglie la vita, si estingue per sempre la possibilita' di riconoscerle qualsivoglia diritto.

La dittatura, il potere oppressivo, e' nella sua essenza uccidere l'altro (lo ha spiegato definitivamente Elias Canetti in Massa e potere). Alla dittatura, al potere oppressivo dobbiamo contrapporci nel modo piu' rigoroso, mirando sempre a salvare la vita dell'altro, di ogni altro; l'altro: il cui muto volto sofferente ci interroga e convoca alla responsabilita' (Emmanuel Levinas).

Mi permetto una postilla ad uso di chi ha una visione del mondo materialista (come il sottoscritto, che e' un vecchio leopardiano): proprio perche' si ritiene che nulla vi sia per il singolo, per ogni singolo essere umano, oltre questa vita, ebbene, a maggior ragione occorre difendere la sua vita, la sua unica, fragile, addolorata e meravigliosa vita. Il principio del "non uccidere" vale a maggior ragione per chi non aderisce a fedi religiose e non ha speranze di vita oltremondana.

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La scelta della nonviolenza

La scelta della nonviolenza e' quindi una necessita' intellettuale e morale; e' l'unica strategia e metodologia di lotta coerente con la dignita' umana e la liberazione degli oppressi; e' l'unica teoria-prassi di intervento solidale e di iniziativa rivoluzionaria che realizzi nel suo stesso farsi democrazia, diritti umani, difesa della biosfera.

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Tutto cio' andava pur detto

Tutto cio' andava pur detto, e non avendolo fin qui dichiarato persone piu' note ed autorevoli di me, ho infine sentito di doverlo dire io.

Spero che a queste considerazioni altri vogliano rispondere, e che possa aprirsi una riflessione ed una discussione ampia e profonda, anche aspra perche' urgente e concreta, condivisa in quanto polifonica.

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Analisi concreta della situazione concreta

Chiedo solo che mi si risparmino le solite inquietanti scempiaggini in nome di un Marx teologizzato e mistificato sulla "violenza levatrice della storia" e simili arcaismi (di prima di Auschwitz, di prima dell'eta' atomica), arcaismi che sarebbero amenita' se non producessero orrori: Marx avrebbe riso di cuore, omericamente, se qualcuno invece di analizzare la situazione reale attuale avesse bloccato il proprio cervello ad analisi riferite ad un contesto di centocinquant'anni prima. Si usi di Marx quel che di Marx resta straordinariamente valido e fecondo, l'unico marxismo onesto e' quello concreto e creativo.

*

La nonviolenza e' lotta

Analogamente mi si risparmi la solita serqua di stupidaggini secondo cui chi propugna la nonviolenza e' uno squallido quietista, un losco attendista e dunque un complice degli oppressori: mi permetto di preventivamente controreplicare che Mohandas Gandhi, Martin Luther King, Marianella Garcia, e come loro tanti altri lottatori nonviolenti sono stati assassinati; che la nonviolenza non solo non rimuove, ma anzi suscita e organizza il conflitto contro la violenza, l'ingiustizia, la menzogna.

Come amici della nonviolenza esortiamo alla lotta, esortiamo alla rivoluzione: ma una lotta coerente ed intransigente, di autentica resistenza e autentica liberazione, la lotta nonviolenta; ma una rivoluzione che non rinvii la dignita' umana in un futuro che mai arriva, bensi' inveri la dignita' umana nel suo stesso farsi: la rivoluzione nonviolenta.

Di tutto il resto, discutiamo.

Peppe Sini, responsabile del Centro di ricerca per la pace di Viterbo

Viterbo, 4 ottobre 2000 (che per avventura e' il giorno in cui si ricorda un grande rivoluzionario egualitario e nonviolento di diversi secoli fa: Francesco d'Assisi)

 

3. PROGETTO PER COSTITUIRE UN CENTRO PACIFISTA

[Estratto dal nostro lavoro "La nonviolenza contro la guerra" ripubblichiamo qui, con alcuni minimi adattamenti, il seguente testo]

 

Progetto per costituire un centro di documentazione e di intervento pacifista, in cinque semplici punti, per donne e uomini di volonta' buona, di spirito critico e di tenace concetto

A. Strumenti necessari: carta e penne per scrivere; un tavolo e delle sedie; un personal computer o almeno una macchina da scrivere; un elenco telefonico; se possibile telefono, fax, internet; un dizionario della lingua italiana e se possibile alcuni dizionari bilingui italiano-principali lingue (almeno le piu' diffuse); Agenda del giornalista (utile come indirizzario di mass-media e giornalisti); Codice penale, di procedura penale, civile, di procedura civile (servono sempre); rapporti annuali sui diritti umani di Amnesty International; un annuario giornalistico di informazione generale, come ad esempio Il libro dei fatti, edito dall'Adn-kronos; se possibile un registratore, per poter registrare dibattiti e conferenze, realizzare interviste, etc.; se possibile una radio per poter avere informazioni dai notiziari radiofonici; se possibile una fotocopiatrice (da usare con sobrieta').

B. Alcuni libri particolarmente utili:

- Primo Levi, Opere, Einaudi, Torino (due volumi);

- Virginia Woolf, Le tre ghinee, Feltrinelli, Milano;

- Ernesto Balducci, Lodovico Grassi, La pace. Realismo di un'utopia, Principato, Milano;

- Gene Sharp, Politica dell'azione nonviolenta, Edizioni Gruppo Abele, Torino (tre volumi);

- Alberto L'Abate (a cura di), Addestramento alla nonviolenza, Satyagraha, Torino;

- Mohandas Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi, Torino;

- Il messaggio di Aldo Capitini, Lacaita, Manduria;

- Charles Walker, Manuale per l'azione diretta nonviolenta, Edizioni del Movimento Nonviolento, Perugia;

- Francesco Gesualdi, Manuale per un consumo responsabile, Feltrinelli, Milano;

- la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo;

- la Costituzione della Repubblica Italiana;

- Worldwatch Institute, State of the world, fondamentale rapporto annuale; ed anche il piu' agile Vital Signs;

- una enciclopedia;

- Centro di ricerca per la pace, Uomini di pace, fotostilato in proprio, Viterbo (non e' un vero e proprio libro, ma una semplice serie di schede biobibliografiche su donne e uomini del Novecento che hanno contribuito alla cultura della pace; e' utile per un primo orientamento; e' disponibile gratuitamente [anche nella rete telematica]);

- Centro di ricerca per la pace, Progetto per un corso di formazione sui diritti umani, la legalita', la solidarieta', la pace e la nonviolenza, il servizio sociale e la specifica attivita' da svolgere nel corso del servizio civile, Viterbo (e' un progetto di corso di formazione per obiettori di coscienza in servizio civile, ma puo' essere utilizzato da chiunque per organizzare attivita' formative sui temi indicati; e' disponibile gratuitamente [anche nella rete telematica]);

- Norberto Bobbio, Nicola Matteucci, Gianfranco Pasquino (a cura di), Dizionario di politica, Tea, Milano;

- Franco Demarchi, Aldo Ellena (a cura di), Dizionario di sociologia, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo;

- Luciano Gallino, Dizionario di sociologia, Tea, Milano.

C. Alcune riviste indispensabili: "Le monde diplomatique", mensile; "Azione nonviolenta", mensile; "Nigrizia", mensile.

D. Alcune cose da fare:

- periodica programmazione dell'attivita' da svolgere e rendiconti periodici sull'attivita' svolta ed in corso;

- dare primaria importanza alla formazione e soprattutto all'autoformazione: con incontri di studio, di discussione, di training nonviolento; con conferenze invitando relatori significativi; etc.;

- tutte le riunioni devono essere convocate con sufficiente anticipo indicando nell'avviso di convocazione il luogo, il giorno, l'orario e l'ordine del giorno; tutte le riunioni devono avere un ordine del giorno che indichi tutti gli argomenti in discussione; tutte le riunioni devono avere delle conclusioni precise ed operative; di tutte le riunioni va steso un verbale sommario, che va conservato e deve essere consultabile;

- occorre democrazia e trasparenza nel lavoro di un gruppo pacifista; se non vi e' democrazia e trasparenza, e' preferibile rinunciare ad impegnarsi per la pace;

- non dimenticare mai che la cosa decisiva e' sempre la comunicazione, e che per comunicare in modo efficace (cioe' libero, rispettoso dell'altro, chiaro e preciso nei contenuti ed istitutivo di relazioni non oppressive) occorre impegno e modestia;

- non dimenticare mai che la lotta contro l'ingiustizia, per la pace e i diritti umani, e' senza fine: occorre quindi non solo rigore morale e intellettuale, non solo capacita' di condivisione e senso di responsabilita', ma anche ironia e pazienza;

- noi riteniamo che per impegnarsi coerentemente e concretamente per la pace occorre fare la scelta della nonviolenza, e che per fare questa scelta occorre innanzitutto impegnarsi per conoscere la nonviolenza: smascherando e ripudiando gli stereotipi e le caricature di essa (stereotipi e caricature assai diffusi anche tra coloro che di nonviolenza straparlano senza averne una idea adeguata) ed impegnandosi invece a studiarla seriamente. Come piccolo contributo per avviare una riflessione sulla nonviolenza proponiamo qui ancora una volta la carta programmatica del Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini: "Il movimento nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli".

E. Alcune cose da non fare:

- non cominciare con i proclami; cominciare invece con la discussione aperta, il lavoro comune, un atteggiamento modesto: per scrivere i documenti programmatici o le dichiarazioni universali ci sara' sempre tempo;

- non pretendere di occuparsi di tutto; occorre invece darsi obiettivi chiari, limitati, verificabili;

- occorre contrastare la logica dell'assalto alla diligenza dei soldi pubblici: non centrare la propria attivita' sulla richiesta di sostegno istituzionale e sulla presentazione di progetti agli enti pubblici; puntare invece sulle proprie capacita' e risorse: essere autonomi dal punto di vista delle risorse e' l'unica garanzia per essere autonomi nella capacita' di giudizio e limpidi nei comportamenti;

- non voler crescere in quantita' di adesioni, ma preoccuparsi soprattutto di approfondire la riflessione e di costruire l'affinita', valorizzando lo stare insieme per costruire la pace a partire dalle relazioni umane, dalla pratica della democrazia, dalla crescita della fiducia, dall'uso delle tecniche della nonviolenza e del metodo del consenso;

- non essere settari, anzi proporsi frequenti occasioni di confronto e discussione con persone e gruppi esterni al proprio movimento e su diverse posizioni culturali e politiche;

- non gettarsi allo sbaraglio: quando si organizza un'iniziativa pubblica essa deve essere preparata in tutti i dettagli, tutti devono avere una informazione precisa, base indispensabile per una adesione convinta e consapevole; nessuno dei partecipanti deve essere messo o trovarsi in difficolta';

- non aver paura di non avere una risposta per tutto, e' invece assai utile un atteggiamento di ascolto e accoglienza di opinioni diverse, e di discussione costante; spesso le persone vengono allontanate dall'impegno proprio dalla sicumera e dal dogmatismo di chi pensa di avere gia' le soluzioni di problemi sovente complessi; e' molto piu' utile porre correttamente i problemi in tutta la loro complessita' e secondo i diversi punti di vista e discuterne apertamente, piuttosto che dare risposte preconfezionate.

 

4. DIECI TESI DI GIOBBE SANTABARBARA SULLA NONVIOLENZA IN MARCIA

[Dal vecchio amico ed insopportabile rampognatore Giobbe Santabarbara, antico discepolo di Juan de Mairena e di M. Chouchani, riceviamo e volentieri pubblichiamo questo contributo alla riflessione promossa dalla marcia per la nonviolenza del 24 settembre 2000]

 

Prime quattro tesi, a proposito della marcia per la nonviolenza del 24 settembre

I. La marcia si e' lasciata alle spalle le baruffe chiozzotte tra movimentini che rissano tra loro e reciprocamente si scomunicano nel vuoto pneumatico di un ghetto invisibile;  essa ha invece voluto parlare a tutti, e quindi ascoltare tutti, incontrare tutti; nudamente, umilmente farsi incontro a tutti.

A quel tu-tutti che e' l'altro, a quell'altro per cui io sono l'altro; principio dialogico, enigma e speranza, sollecitudine e sollievo, timore e tremore, amore come lotta e lotta come amore.

E questa e' la nonviolenza.

II. La marcia si e' lasciata alle spalle la consuetudine ambigua delle piattaforme onnicomprensive in cui c'e' tutto e il contrario di tutto, cui si puo' aderire senza impegno e senza travaglio; essa ha invece scelto di enunciare pochi obiettivi ma chiari: anzi, uno solo: la scelta della nonviolenza, di cui l'opposizione integrale a tutti gli eserciti e a tutte le guerre e' un'esplicitazione concreta e cogente.

Ha chiamato chi era d'accordo con questo impegno: un impegno esigente, un percorso di ricerca, una lotta inesauribile; ed un esodo che e' anche riconquista del centro, nel vivo del conflitto.

Un appello non ai mass-media, non ai comitati centrali, non alle eminentissime eccellenze: ma alle singole persone: a te, ovvero a tutti; a tutti, ovvero a te.

III. La marcia si e' lasciata alle spalle, con pazienza ed ironia, la logica aberrante delle scomuniche reciproche e dei compromessi mercanteggiati, le pretese di monopolio, le controversie dogmatiche sulla linea giusta, la mediazione dei dottori della legge di questa e quella affiliazione e dei biscazzieri che giocano qualunque gioco; la logica aberrante dell'aggressione proprio a chi ti e' piu' vicino, ed anche delle meschinita' e dei non innocenti fraintendimenti di alcuni dibattiti laceranti ed insensati degli ultimi anni.

Tutto cio' e' alle spalle. Il nostro tempo e' poco, ed il cammino e' lungo e faticoso, e l'opera da compiere grande. Non dissipiamo il nostro tempo. Tutto cio' e' alle spalle.

IV. Coloro che alla marcia hanno preso parte, nella loro stragrande maggioranza, hanno, abbiamo bruciato la navi e non intendiamo tornare indietro: di qui in poi almeno noi lavoriamo per la nonviolenza e non per le alleanze tattiche, le progressioni di carriera, i piccoli guadagni, le convergenze parallele.

Lavoriamo per la nonviolenza, questo ha detto la marcia: chi ascolta questa voce puo' aderire o meno; non puo' impedirci di fare la nostra via.

*

Altre quattro tesi, a proposito della nonviolenza

V. Ma lavorare per la nonviolenza oggi significa in primo luogo lavorare perche' la nonviolenza diventi un movimento politico di massa di trasformazione profonda e immediata della realta'.

Non la testimonianza atterrita; non il mero foro interiore; non le buone maniere; non il vorrei ma non posso; non l'adelante con juicio.

La nonviolenza chiama alla lotta: e' oggi che dobbiamo contrastare.

VI. Ma questo scopo, che la nonviolenza diventi un movimento politico di massa, diventi qui e adesso il potere di tutti (l'omnicrazia di Aldo Capitini), puo' essere realizzato solo ad alcune precise condizioni, su cui non si puo' barare, si cui non si puo' essere tiepidi, su cui si deve prendere o lasciare. E proviamo dunque ad enunciarle.

VII. L'opposizione integrale alla violenza: chi usa metodi di lotta violenti non puo' essere un nostro compagno di lotta; chi usa violenza e' un oppressore sempre, poiche' la violenza riproduce, l'oppressione prolunga e ricrea, l'altrui umanita' denega. O si e' chiari ed onesti su questo, o verremo sbranati.

VIII. La nonviolenza ha molte qualificazioni, vediamone alcune forse irriducibili ad altre categorie.

- La nonviolenza e' nonmenzogna: nessuno mai deve essere ingannato, neppure per piaggeria, poiche' ingannare e' sempre diminuzione di umanita', denegazione di dignita'. La nonviolenza e' faticosa ricerca comune di verita', una ricerca che non finisce mai.

- La nonviolenza e' rottura incessante della complicita' con l'oppressione: e' la cessazione del silenzio degli onesti che sostiene la violenza degli oppressori. E' dunque lotta senza fine contro ogni potere oppressivo, e contro ogni mistificazione.

- La nonviolenza e' coscienza profonda del rapporto che lega i mezzi ai fini; come ebbe a dire Herbert Marcuse: i fini non giustificano i mezzi, piuttosto i mezzi pregiudicano i fini. Se pianto un dente di drago non puo' crescere una pianta di datteri.

- La nonviolenza e' chiamare ognuno ad essere un centro di nonviolenza: e' azione senza delega, e' azione senza oppressione, e' unita' di diversi, e' diversita' di eguali.

- La nonviolenza e' l'applicazione pratica del principio responsabilita'. Esso dice: realizza solo quell'azione che non incrementi il male, che non metta a repentaglio l'incolumita' altrui, nei casi dubbi e' meglio non agire che commettere il male. Ma poiche' anche il non agire e' un agire, un agire omissorio, anche l'astensione dinanzi alla violenza e' un commettere il male; cosicche' principio responsabilita' significa altresi': contrasta ogni commissione di male, opponiti sempre ad ogni violenza.

E questo ci pare sia la nonviolenza.

*

Tesi nona, del chiedere e del non chiedere

IX. La nonviolenza non ti chiede se sei anarchico o liberale, se sei cattolico o sei musulmano, se sei falegname o ballerino, se hai gli occhi azzurri o neri, quale sia il tuo sesso e dove sei nato; la nonviolenza ti chiede solo se vuoi affermare la dignita' umana di ogni essere umano; ti chiede solo se vuoi difendere la biosfera perche' la vita e quindi anche la civilta' umana abbia un futuro; ti chiede solo se senti un legame di affinita' e di amicizia con l'umanita'.

Se tu rispondi di si', ti chiede di lottare per questo, senza rinunciare a nulla dei tuoi convincimenti, semplicemente rigorizzando i ragionamenti e la condotta, semplicemente cercando di essere concreto e coerente, di dire e fare cio' che davvero senti e pensi.

La nonviolenza e' questo. Una lotta di liberazione che non rinvia la liberazione a dopo la vittoria. Una difesa della dignita' umana che la dignita' umana difende in tutti gli esseri umani.

La nonviolenza e' una rivoluzione che comincia, che comincia da dentro di te, che comincia nell'incontro con gli altri, che comincia ribellandosi ad ogni ingiustizia.

*

Tesi ultima, per arrivare a dieci

X. Chiesero una volta al mio buon maestro andaluso, quale fosse il maestro migliore: quello che ti ascolta.

 

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COI PIEDI PER TERRA

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"

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Numero 753 del 24 aprile 2013

 

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