Voci e volti della nonviolenza. 456



 

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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"

Numero 456 del 26 novembre 2011

 

In questo numero:

1. Maria G. Di Rienzo (a cura di): Il fondo del barometro

2. Maria G. Di Rienzo: Potere soffice (con un articolo di Roi Ben-Yehuda e Peter T. Coleman)

3. Leanne A. Grossman: La "Steppa Verde" di Svetlana e Rosa

 

1. EUROPA. MARIA G. DI RIENZO (A CURA DI): IL FONDO DEL BAROMETRO

[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per questo testo.

Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sydney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005; (a cura di), Voci dalla rete. Come le donne stanno cambiando il mondo, Forum, Udine 2011. Cfr. il suo blog lunanuvola.wordpress.com Un piu' ampio profilo di Maria G. Di Rienzo in forma di intervista e' in "Notizie minime della nonviolenza" n. 81; si veda anche l'intervista in "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 250, e quella nei "Telegrammi" n. 425]

 

I seguenti brani sono tradotti ed estratti dal comunicato stampa di European Women's Lobby - Ewl, www.womenlobby.org - e dal documento "National Action Plans on violence against women in the EU: A publication of the Ewl Centre on Violence against Women - Ewl Barometer".

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Bruxelles, 21 ottobre 2011. L'Ewl e' felice di presentare il suo Barometro 2011 sui Piani d'azione nazionali (Pan) sulla violenza contro le donne. Grazie al lavoro ed all'esperienza dei membri del suo Osservatorio, Ewl ha prodotto un forte documento orientativo che analizza tali Piani. Il Barometro e' uno strumento molto importante per avere una visione europea dei Pan e valutare l'impegno dei paesi europei nello sradicamento della violenza. Il Barometro arriva in un momento chiave dello sviluppo delle politiche europee sulla violenza contro le donne: il Consiglio d'Europa sta concludendo il suo terzo rapporto sull'implementazione della Raccomandazione Rec(2002)5 sulla protezione delle donne dalla violenza, basato su un questionario inviato dal Consiglio agli stati membri. Il Consiglio d'Europa sta anche per adottare una Convenzione per contrastare e prevenire la violenza contro le donne e la violenza domestica. Il Consiglio d'Europa e il Parlamento Europeo chiedono da tempo alla Commissione Europea di identificare strategie per sradicare tutte le forme di violenza maschile contro le donne. In questo contesto, il Barometro di Ewl riflette la richiesta delle organizzazioni delle donne di politiche concrete a livello europeo per costruire un'Europa libera dalla violenza.

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Ed ecco qualche risultato.

Quanto sono soddisfatte le ong del processo di consultazione dei loro governi sui Piani d'azione nazionali? (E cioe': quanto i governi nazionali hanno ascoltato le donne dei loro paesi?).

Molto soddisfatte: Danimarca.

Abbastanza soddisfatte: Bulgaria, Finlandia, Gran Bretagna, Islanda, Irlanda, Serbia, Spagna, Spagna, Ucraina.

Neutrali: Austria, Francia, Germania, Lituania, Lussemburgo.

Abbastanza insoddisfatte: Belgio, Cipro, Estonia, Grecia, Italia, Malta, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Svezia, Turchia, Ungheria.

Insoddisfatte: Croazia, Polonia, Slovacchia, Slovenia.

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E come mai le ong italiane non sono contente?

"Sfortunatamente non abbiamo un Piano d'azione nazionale, sebbene sia stato promesso molte volte dal governo. La legislazione relativa alla violenza contro le donne contiene l'Ordine di allontanamento (2002), una sanzione penale che previene la persona violenta dall'entrare in contatto con la moglie/compagna, con i figli, e con i loro luoghi di lavoro o studio. Dal 2009 abbiamo una legge anti-stalking che e' totalmente cieca al genere. A livello locale, ci sono alcuni interessanti esperimenti con Osservatori e Tavole che comprendono polizia, servizi sociali, Comuni ed associazioni di donne. Le organizzazioni delle donne impegnate in azioni antiviolenza (gestione di rifugi e servizi, azioni politiche, eccetera) sono molto attive a livello nazionale, ma non ricevono appropriato riconoscimento".

L'analisi generale sull'Italia, a cura di Oria Gargano, rileva che: "I fatti e le percentuali della violenza maschile contro le donne sono in Italia molto preoccupanti, ma non c'e' ancora una sistematizzazione dei dati sui crimini di genere o gli atti violenti. Le organizzazioni non governative testimoniano un grande passo indietro nel modo in cui il corpo delle donne e' raffigurato e discusso sui media ed in politica (grazie agli scandali). Tutto cio' e' un chiaro sintomo della completa mancanza di volonta' politica di occuparsi di violenza contro le donne e della sbilanciata relazione di potere fra donne ed uomini nella nostra societa'. Il nuovo Piano d'azione nazionale (pubblicato nel novembre 2010) non indica risorse finanziarie per le azioni in esso previste".

 

2. RIFLESSIONE. MARIA G. DI RIENZO: POTERE SOFFICE (CON UN ARTICOLO DI ROI BEN-YEHUDA E PETER T. COLEMAN)

[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per questo intervento]

 

"Amica mia, me stessa, sciocca:

sei rimasta in piedi

con una candela accesa

per cinque anni

nella pioggia?

A che pro?

Credo per dimostrare

che una candela puo' continuare ad ardere

in mezzo alla pioggia."

(Ursula K. Le Guin, "Candle vigil")

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Ho aspettato. Ho letto tutto, ma era come rileggere un libro vecchio: "non dobbiamo dividerci/dividerli in buoni e cattivi", "la giusta rabbia dei proletari" (si', fra cui il figlio di un funzionario della Banca d'Italia che frequenta un'universita' privata e i cui eroi sono Hitler e Cicciolina), penosissimi distinguo fra le sfumature e i gradi della violenza, l'estetica che prevede il guerriero spaccavetrine e la dolce fanciulla in lacrime. Ho riflettuto. Ho aspettato un altro poco. Ed ecco cosa penso: si continui pure a non vedere, a non ascoltare e a non imparare niente. Si continui, a macerie fatte, a discutere in toni aulici e sprezzanti, e a prescriversi reciprocamente letture impegnate: come mi disse un "compagno" negli anni '70, che parlavo a fare se non avevo letto Foucault? (in realta' lo avevo letto, ma non c'entrava un beato piffero).

Nessuno cambiera' una virgola di questo mondo se non vuole per primo cambiare di una virgola egli stesso o ella stessa. Perche' lasciare che la realta' intacchi degli ottimi pregiudizi? Se hanno funzionato da Genova 2001 a Roma 2011 vedrete che funzioneranno per  l'eventuale Torino, Milano, ecc. 2021. Perche' aprire gli occhi quando la cecita' del non fare attenzione permette cosi' facilmente di essere concentrati e risoluti, e rispettati e riveriti - e ossessivamente ripostati - nei gruppi di riferimento? Quindi, andate avanti e crogiolatevi nei vostri cinque minuti di fama: il flash oggi dura meno di quanto Warhol avesse previsto. A voi non ho niente da dire.

Ma per chi dubita o per chi riesce a vedere un po' piu' lontano del proprio naso, o del proprio ombelico, vorrei condividere quanto Roi Ben-Yehuda e Peter T. Coleman scrivono sull'"Huffington Post" del 20 ottobre scorso.

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"La vicenda di Gbowee (la donna liberiana insignita del Premio Nobel per la Pace - ndt) ci fornisce un gran numero di indizi su cosa un'efficace costruzione di pace necessiti. Abbiamo infine messo insieme alcune "lezioni chiave" che crediamo abbiano valore generale e possano essere applicate ad altri conflitti distruttivi presenti nel mondo.

Lezione numero uno: Le donne sono la parte mancante della storia.

Prima del film "Pray The Devil Back To Hell" - che documenta il ruolo di Gbowee e del movimento delle donne liberiane per la pace - i media in genere affrontavano il soggetto donne nella guerra liberiana dalla prospettiva della vittima: era la storia delle donne stuprate ed abusate da ambo le parti in conflitto. Da questo punto di vista, l'agire delle donne era registrato solo come l'equivalente dell'avere il coraggio di testimoniare gli abusi. Mancante dalla narrazione era il modo in cui le donne diventavano attrici significative dando forma alla direzione in cui la storia frantumata del loro paese doveva andare; il modo in cui le liberiane si sono mobilitate, hanno attraversato confini religiosi, ed hanno detto la verita' al potere in modo nonviolento. Gbowee era alla guida, ma non era da sola. Che i media internazionali non raccontassero questa storia era un fatto curioso: soprattutto perche' in Liberia e' assai ben conosciuta. I reportage erano congruenti con la percezione che il conflitto e la costruzione di pace siano dominio degli uomini. Coloro che detengono il cosiddetto "potere duro" - autorita' politica, benessere economico, armi e forza fisica - devono prendere le decisioni importanti che riguardano la guerra e la pace. E ottengono copertura mediatica e seguaci. Pure, la storia del movimento delle donne in Liberia ci mostra come tale prospettiva inganni la nostra percezione e la nostra comprensione del mondo, ci ricorda di controllare cio' che diamo per scontato e di ampliare le nostre prospettive.

Lezione numero due: Impiegare il "potere soffice".

Nell'esaminare i successi del movimento delle donne per la pace, dobbiamo anche chiederci: "Perche' ha funzionato?". In che modo queste donne, armate solo di magliette bianche e convinzione, sono state capaci di effettuare il cambiamento? Parte della risposta sta nell'uso non minaccioso del potere detenuto da Gbowee e dal suo movimento: cio' che gli studiosi chiamano "potere soffice".

Si tratta della capacita' di influenzare i risultati basandosi sull'autorita' morale delle persone, sul loro intelletto, sulla fiducia che si puo' avere in loro, sul loro carisma, sulla loro saggezza, sul loro calore umano e sulla loro gentilezza. A differenza del "potere duro", il "potere soffice" tende a crescere ed espandersi quando e' condiviso e spesso si sviluppa cooperando con altri. Quelle che venivano dalle chiese e dalle moschee, rappresentando archetipi di nutrimento spirituale ed emotivo, si sono impresse nella coscienza di tutti coloro che erano coinvolti.

Un altro fattore di successo e' stato il modo in cui il movimento delle donne ha inserito un elemento sorpresa in un sistema rigido. I tempi di guerra, anche se caotici, sono sovente tempi prevedibili: i pensieri, le emozioni ed i comportamenti delle persone sono spinti in particolari direzioni distruttive, si formano schemi di aggressione e vittimizzazione. Ogni senso di complessita' ed ogni diversita' collassano nell'ultracoerente "noi contro di loro" di una narrazione polarizzante. E spesso i pacifisti diventano solo un'altra componente del discorso di guerra. Gbowee ed il movimento delle donne hanno rotto questo schema. Lo hanno fatto portando nella sfera pubblica e politica persone - madri, nonne, zie - che rappresentavano in se stesse valori di connessione e cura. Lo hanno fatto unendo cristiane e musulmane, capendo che per una pallottola la tua fede non fa differenza. Lo hanno fatto organizzando proteste nonviolente dirette allo stesso tempo a svergognare ed a raggiungere i cuori di quelli che erano responsabili della guerra. Lo hanno fatto orchestrando uno sciopero del sesso ed usando i loro corpi per barricare i signori della guerra e i rappresentanti del governo nello stesso edificio fino a che non avessero negoziato la fine del conflitto.

Nulla di tutto cio' ha senso nel discorso di guerra. Le donne hanno invece prodotto una rottura in esso. Per esempio, quando si accamparono nell'edificio in cui si tenevano i negoziati, Gbowee e le altre furono minacciate di arresto dalla polizia e di violenza fisica dai signori della guerra. In risposta, la futura Premio Nobel per la Pace comincio' a togliersi i vestiti, sfidando chiunque a metterle una mano addosso: in molte culture africane e' considerata una maledizione vedere una donna sposata o anziana che intenzionalmente si scopre. Come un signore della guerra ha riflettuto poi: "Cerchi di immaginare cosa condurrebbe tua madre a fare una cosa del genere, spogliarsi, offrirsi di gettar via financo l'ultima briciola della sua dignita' in questo modo. Quando le donne fecero cosi', non ci fu uomo nella stanza che non chiedesse a se stesso, al di la' di quel che aveva fatto durante il conflitto: Come siamo arrivati a questo punto?".

Lezione numero tre: Adattamento = sostenibilita'.

Un'altra lezione che si impara da Gbowee e dal suo movimento e' l'importanza dell'adattamento. Le donne imparavano e si adattavano, riformando la loro presenza e le loro tecniche mano a mano che procedevano. Si sono mosse dal chiedere i colloqui al chiedere negoziazioni e intese. Hanno assistito i peacekeepers delle Nazioni Unite. Hanno organizzato l'implementazione degli accordi in ogni singolo villaggio. Persino oggi, sono pronte a mobilitarsi presentandosene la necessita'.

Lezione numero quattro: Date una possibilita' alle donne.

E' impossibile guardare a questa storia e non chiedersi se le donne siano il fattore mancante per la costruzione di pace in tutto il mondo. Sebbene sia vero che molte volte le donne entrano nei centri del potere tradizionale imitando e perpetuando il discorso militaristico dominante, la storia sta cominciando a mostrarci che quando possono entrarvi con i propri termini, le donne parlano ed agiscono per la pace con voce differente. La decisione del Comitato per il Nobel di celebrare il ruolo delle donne nel costruire la pace fa quindi molto di piu' che onorare queste straordinarie eroine: ci risveglia rispetto al potere delle donne ovunque di trasformare e sostenere un pianeta pacifico".

 

3. MONDO. LEANNE A. GROSSMAN: LA "STEPPA VERDE" DI SVETLANA E ROSA

[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per averci messo a disposizione nella sua traduzione il seguente testo estratto da un piu' ampio servizio di Leanne A. Grossman, "A Matter of Life and Health: Villagers in Kazakhstan Fight Big Oil", del 7 novembre 2011, per Women International Perspective.

Leanne A. Grossman e' una scrittrice-viaggiatrice che ha documentato le prospettive e le preoccupazioni delle donne in Africa, Asia, Europa ed America Latina. E' fra le fondatrici di "Girl Child Network Worldwide" che si occupa delle bambine vittime di violenza sessuale in tutto il mondo]

 

Il tossico odore di uova marce soffia regolarmente sul villaggio rurale di Berezovka, in Kazakistan. I fumi vengono direttamente dal campo estrattivo di petrolio e gas di Karachaganak, a cinque chilometri di distanza: sono le emissioni di solfato d'idrogeno correlate all'estrazione ed alla raffinazione dei prodotti. Il campo e' stato costruito dal Karachaganak Petroleum Operating (Kpo), un consorzio fra alcune delle piu' facoltose compagnie commerciali che si occupano di energia: Lukoil (Russia), Bg Group (Gran Bretagna), Eni Agip (Italia) e Chevron (Stati Uniti). Nel 1997 il Kpo ha siglato un accordo con il governo kazako che permette le operazioni di raffinazione in loco.

Le circa 1.300 persone che vivono vicino all'impianto soffrono di emicranie e brividi, perdono i capelli, la loro vista si deteriora e sviluppano l'anemia. Svetlana Anosova, residente del villaggio, insegnante di musica, madre di tre figli e nonna di svariati nipoti, descrive altri problemi di salute che si pensa siano collegati ai cambiamenti ambientali imposti dall'impianto petrolifero: malattie ai reni, problemi digestivi, perdita dell'udito. Sua figlia e' diventata epilettica, e lei teme che sia il risultato dell'inquinamento proveniente dal campo estrattivo, ma non puo' provarlo.

Poiche' le strutture sanitarie locali sono limitate, Rosa Khusainova, direttrice della Casa della Cultura e madre di due figli, ha dovuto chiedere un prestito per pagare i trasporti e i costi relativi alle cure mediche della figlia, coperta da gravi eruzioni cutanee. Quando uno dei medici le ha chiesto perche' non si trasferisce Rosa ha replicato: "Non ho il denaro per muovermi, ne' un altro posto dove andare. Io sono di Berezovka, perche' dovrei trasferirmi? E' la compagnia petrolifera che se ne dovrebbe andare".

Per nove lunghi anni Svetlana e Rosa hanno organizzato gli abitanti del villaggio affinche' usassero ogni strategia legale accessibile per proteggere le loro famiglie e avere giustizia. Il solo raccogliere informazioni e' una grossa sfida in un paese in cui gli uffici governativi sono storicamente costruiti sulla segretezza. Zhasil Dala (Steppa Verde), l'organizzazione che Svetlana e Rosa hanno fondato, ha dovuto condurre da se' le ricerche sull'avvelenamento dell'ambiente. L'inquinamento dell'aria non e' l'unico problema. I residenti del villaggio hanno visto mutazioni nelle loro coltivazioni: il livello di cadmio nel suolo e' almeno due o tre volte piu' alto del normale. L'avvelenamento da cadmio causa stordimento, mal di testa, debolezza, dolori al petto e infine edema polmonare. Anche gli alti livelli di nitrati preoccupano i residenti. Le emissioni provenienti dal campo estrattivo sono sospettate di aver aumentato tali livelli nelle fonti d'acqua e nel terreno. Quando gli abitanti del villaggio hanno mandato campioni d'acqua ad un laboratorio indipendente ad Orenburg, in Russia, i risultati hanno mostrato che essa non e' potabile. I campioni di aria inviati ad un altro laboratorio indipendente in California hanno confermato la presenza di 25 elementi chimici tossici nell'aria di Berezovka.

La maggioranza dei residenti oggi vuol essere ricollocata in un ambiente pulito e sicuro, lontano dal campo d'estrazione. Tramite "Steppa Verde" hanno indirizzato proteste formali ed informali al consorzio ed al governo chiedendo che il loro diritto umano di vivere in una zona sana sia rispettato. Nel 2003, il costante e coraggioso impegno di Svetlana Anosova attiro' l'attenzione della Bbc che all'epoca commento': "Cio' che e' certo, e' che nell'ex Unione Sovietica ci sono migliaia e migliaia di persone come Svetlana che dal libero mercato non hanno avuto beneficio alcuno".

Nel gennaio 2011, Serik Ilyasov, un lavoratore agli impianti, fu ucciso sul colpo (ed un suo collega gravemente ferito) quando un guasto agli idranti rilascio' una gran quantita' di solfato d'idrogeno. Le indagini mostrarono che solo 25 idranti avevano dispositivi di sicurezza: nonostante la promessa che le operazioni a Karachaganak sono svolte usando la miglior tecnologia disponibile, il consorzio Kpo non si cura della sicurezza dei suoi lavoratori piu' di quanto si curi della sicurezza dei residenti all'esterno del campo. Sebbene nel paese esista una legislazione che protegge l'ambiente, Kpo la ignora. Quando le loro violazioni delle leggi ambientali diventano palesi, come nel caso delle improvvise eruzioni di gas, si appellano a cavilli burocratici per non far proseguire le cause legali, e persino quando sono condannati e devono pagare delle multe i soldi non arrivano mai ai residenti del villaggio: restano al corrotto governo nazionale. Percio', il governo non ha alcun incentivo a fermare l'inquinamento facendo pressione sulle compagnie petrolifere affinche' rispettino i regolamenti.

Lo scorso anno i residenti di Berezovka hanno avuto un'altra sorpresa: nel loro suolo si aprono crateri (un effetto che si sa associato all'estrazione di petrolio). "Adesso ho paura di vivere in casa mia", dice Nagaisha Demesheva, che ha scoperto un cratere nella sua piccola proprieta' nel dicembre 2010. Immaginatevi se fosse successo alla villa di John Watson della Chevron o di Vagit Alekperov della Lukoil, il sesto uomo piu' ricco della Russia. E' proprio vero che non siamo tutti eguali.

"Steppa Verde" ha tentato di aver giustizia tramite gli investitori del Kpo. Ma dopo tre proteste formali alla Banca Mondiale, che ha prestato 150 milioni di dollari per il progetto petrolifero nel Kazakistan, Svetlana e Rosa hanno deciso che non perderanno piu' tempo a presentare il caso in simili uffici: hanno scoperto che per quanto i funzionari esprimano loro simpatia, nessuna azione concreta viene intrapresa per migliorare o risolvere la loro situazione. Dovendo fronteggiare oppositori a piu' livelli impiegano tecniche molteplici e flessibili: ad esempio, alleandosi con "Salvezza Verde", un'ong non-profit del Kazakistan, il loro gruppo ha denunciato legalmente il governo per il fallimento nel proteggere i suoi cittadini. Due famiglie e un'impresa commerciale hanno vinto in tribunale il diritto di essere collocati altrove. E' un precedente significativo, sebbene non ci siano ancora segni di implementazione della sentenza. Ad ogni modo, i residenti di Berezovka non saranno soddisfatti sino a che tutti non saranno ricollocati in un'area sicura, distanti dalle emissioni tossiche che stanno rovinando le loro vite.

 

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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"

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Numero 456 del 26 novembre 2011

 

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