Voci e volti della nonviolenza. 426



 

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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"

Numero 426 del 17 settembre 2011

 

In questo numero:

1. Mao Valpiana: Dell'obiezione

2. Sette domande a Maria G. Di Rienzo

3. Sette domande a Giovanni Russo Spena

4. Virginia Woolf: Il valore della risata

5. Natalia Aspesi: L'incipit di una introduzione a "Una stanza tutta per se'" di Virginia Woolf

6. Pietro Citati presenta "Persuasione" di Jane Austen

 

1. EDITORIALE. MAO VALPIANA: DELL'OBIEZIONE

[Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org) per questo intervento.

Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle e autorevoli della nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive e ha lavorato come assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di intervento nel sociale"); attualmente e' presidente del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del consiglio direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; nel giugno 2005 ha promosso il digiuno di solidarieta' con Clementina Cantoni, la volontaria italiana rapita in Afghanistan e poi liberata. Con Michele Boato e Maria G. Di Rienzo ha promosso l'appello "Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza?" da cui e' scaturita l'assemblea di Bologna del 2 marzo 2008 e quindi il manifesto "Una rete di donne e uomini per l'ecologia, il femminismo e la nonviolenza". Un suo profilo autobiografico, scritto con grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4 dicembre 2002 de "La nonviolenza e' in cammino"; una sua ampia intervista e' nelle "Minime" n. 255 del 27 ottobre 2007; un'altra recente ampia intervista e' in "Coi piedi per terra" n. 295 del 17 luglio 2010]

 

La Perugia-Assisi e' la marcia dell'obiezione alla cultura bellica, dell'obiezione alla politica di guerra, dell'obiezione alle spese militari, dell'obiezione di coscienza alle armi e agli eserciti.

 

2. VERSO LA MARCIA PERUGIA-ASSISI. SETTE DOMANDE A MARIA G. DI RIENZO

[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per questa intervista.

Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sydney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005; (a cura di), Voci dalla rete. Come le donne stanno cambiando il mondo, Forum, Udine 2011. Cfr. il suo blog lunanuvola.wordpress.com Un piu' ampio profilo di Maria G. Di Rienzo in forma di intervista e' in "Notizie minime della nonviolenza" n. 81; si veda anche l'intervista in "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 250, e quella nei "Telegrammi" n. 425]

 

- "La nonviolenza e' in cammino": Quale e' stato il significato piu' rilevante della marcia Perugia-Assisi in questi cinquanta anni?

- Maria G. Di Rienzo: Il mantenere presente che la pace e' un'armonia vivente creata dallo stabilire relazioni giuste con se stessi, gli altri esseri umani, le altre forme di vita, la Terra intera.

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- "La nonviolenza e' in cammino": E cosa caratterizzera' maggiormente la marcia che si terrà il 25 settembre di quest'anno?

- Maria G. Di Rienzo: Inevitabilmente, il collegamento con la crisi profondissima (di valori e cultura, sociale, economica, politica) in cui si trova il paese che la ospita, un paese in guerra a dispetto della propria Costituzione e che neppure ne e' del tutto consapevole.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quale e' lo "stato dell'arte" della nonviolenza oggi in Italia?

- Maria G. Di Rienzo: Molto volonteroso, poco visibile e troppo commemorativo.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quale ruolo puo' svolgere il Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini, e gli altri movimenti, associazioni e gruppi nonviolenti presenti in Italia?

- Maria G. Di Rienzo: Credo che, almeno a breve termine, continueranno a svolgere ognuno il proprio ruolo nella posizione che hanno scelto e con i referenti che hanno scelto. Non vedo al momento aperture o novita' di sorta.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quali i fatti piu' significativi degli ultimi mesi in Italia e nel mondo dal punto di vista della nonviolenza?

- Maria G. Di Rienzo: Ovunque le lotte e le iniziative delle donne. Ma finche' sono quasi da sola a vederle e a raccontarle capisco che e' difficile crederci. Persino quando le donne sono uccise nel processo le notizie passano sotto silenzio. Susana Chavez, 36 anni, e' stata assassinata all'inizio di quest'anno (torturata, soffocata con un sacchetto di plastica e smembrata) perche' leader del movimento "Ni una mas" che chiede giustizia per il femminicidio costante a Ciudad Juarez. Non ho colto uno straccio di rimando non solo sui media del mainstream (figurarsi) ma neppure da parte di coloro che mi inondano di esortazioni alla protesta via mail quando l'assassinato si chiama Felipe o Ahmed o Giovanni. L'anno scorso la campagna "One day struggle", organizzata da gruppi di donne, ha visto iniziative concomitanti sulla difesa dei diritti umani in Libano, Bangladesh, Malesia, Iran, Egitto, Pakistan, Palestina, Tunisia, Turchia, Ghana, Pakistan e Sudan: l'avesse realizzato chiunque altro - possibilmente senza "F" sulla carta d'identita' - l'avreste saputo ben prima di oggi. In India le "Madri dei semi" (Bihana maa) percorrono il paese identificando, collezionando, facendo germinare e scambiando le sementi tradizionali che liberano i coltivatori dalla stretta dei biopirati; in Brasile 70.000 Margaridas (margherite, in onore di Margarida Maria Alves, leader sindacale assassinata nel 1983) in camicette porpora e cappelli di paglia marciano chiedendo diritti per le donne che lavorano nelle foreste e nelle zone rurali; in Messico una cooperativa di pescatrici sta diffondendo "l'ecologia delle mangrovie", restaurando un ambiente devastato dagli uragani e, soprattutto, dal cambiamento climatico. Mai sentito nulla al proposito? Che strano...

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- "La nonviolenza e' in cammino": Su quali iniziative concentrare maggiormente l'impegno nei prossimi mesi?

- Maria G. Di Rienzo: Posso parlare solo per me stessa: la mia priorita' e' la violenza di genere. Ma non perche' sono donna, non perche' sono femminista, non perche' ho scelto un tema che conosco: e' la mia priorita' perche' la violenza di genere e' la base fondante della melma insanguinata che inonda l'Italia da vent'anni (quella che e' diventata la "nostra cultura", sapete), perche' la violenza di genere e' il principio da cui sciamano tutte le altre ed io voglio che cio' finisca a partire dalle radici, affinche' la mala pianta non cresca piu' e noi tutti, donne ed uomini, si possa coltivare al suo posto rispetto e cooperazione.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Se una persona del tutto ignara le chiedesse "Cosa e' la nonviolenza, e come accostarsi ad essa?", cosa risponderebbe?

- Maria G. Di Rienzo: La nonviolenza e' il coraggio dell'amore. Per avvicinarti ad essa troverai molte vie (libri, esempi, persone); puoi bussare alla porta del Movimento Nonviolento, sicuramente ti ascolteranno e sapranno consigliarti. Nel frattempo rifletti sulla "regola d'oro": non fare ad altri cio' che non vorresti fatto a te.

 

3. VERSO LA MARCIA PERUGIA-ASSISI. SETTE DOMANDE A GIOVANNI RUSSO SPENA

[Ringraziamo Giovanni Russo Spena (per contatti: g.russospena at libero.it) per questa intervista.

 

Giovanni Russo Spena, militante politico, giurista, gia' parlamentare, e' impegnato nella sinistra e nei movimenti per i diritti. Tra le opere di Giovanni Russo Spena: Peppino Impastato: anatomia di un depistaggio, Editori Riuniti, Roma 2001. Dalla Wikipedia, edizione italiana, riportiamo per minimi stralci la seguente scheda: "Giovanni Russo Spena (Acerra, 10 novembre 1945), laureatosi in giurisprudenza nel 1969, docente universitario a Napoli. Impegnato nel Movimento Politico dei Lavoratori, poi nel Partito di Unita' Proletaria, divenuto poi Pdup per il comunismo, nel 1978 aderi' a Democrazia Proletaria, partito di cui fu segretario nazionale dal 1987 fino al 1991. Sempre nel 1987 fu eletto deputato. Nel 1991 fu favorevole allo scioglimento di Dp in Rifondazione Comunista. Fu riconfermato deputato nel 1992. Nel 1996 fu eletto senatore. Nel 2001 viene rieletto alla Camera. Nel 2006 viene rieletto senatore ed e' presidente del gruppo parlamentare del Prc al Senato. Dopo la caduta del secondo governo Prodi annuncia di non volersi piu' candidare al Parlamento. Dal settembre 2008 e' responsabile del Dipartimento Giustizia del Prc"]

 

- "La nonviolenza e' in cammino": Quale e' stato il significato piu' rilevante della marcia Perugia-Assisi in questi cinquanta anni?

- Giovanni Russo Spena: Significato decisivo. La marcia ha tenuto vivo lo spirito postbellico che permeo' la costruzione della nuova Onu: mai piu' campi di concentramento, mai piu' guerre. Essa si e' fondata soprattutto su un paradigma fondamentale: non vi e' pace senza giustizia nel rapporto tra i popoli. La pace non e' solo assenza di guerra ma un pieno di iniziative quotidiane positive, sia individuali che collettive. La Marcia, costruendo una nuova coscienza civica, un nuovo senso comune che mette insieme laici e donne e uomini di fedi diverse, ha saputo esprimere la critica etica e politica ai poderosi processi di riarmo ed al complesso militare-industriale che pretende la guerra per il suo keynesismo militare.

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- "La nonviolenza e' in cammino": E cosa caratterizzera' maggiormente la marcia che si terrà il 25 settembre di quest'anno?

- Giovanni Russo Spena: La Marcia cade quest'anno nel contesto della grave crisi della globalizzazione liberista. Credo che il tema da mettere a fuoco sia quello della crescita delle spese militari rispetto alla distruzione dello stato sociale, del diritto al lavoro, dei diritti universali costituzionali. Non si tratta solo di dati quantitativi, pur rilevanti, ma dell'affermazione di un'idea di societa', di una concezione alternativa della statualita' per la costruzione di un nuovo spazio pubblico. Dovremo, ovviamente, riaffermare il valore e i contenuti della partecipazione di massa ai referendum sui "beni comuni". Anche la pace e' un "valore d'uso" che non puo' subire scambio e mercificazione.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quale e' lo "stato dell'arte" della nonviolenza oggi in Italia?

- Giovanni Russo Spena: A me pare che vi sia una diffusione (forse carsica, non prorompente, ma reale). Non vi e' dubbio che i processi di esasperazione sociale stiano, spesso, inducendo a cortocircuiti violentisti. Occorre, forse, una piu' convincente campagna di opinione tesa a dimostrare che, storicamente, la nonviolenza e' straordinariamente efficace per raggiungere obiettivi civili, democratici, ma anche classisti. La forza della nonviolenza sta nella diffusione straordinaria sul territorio dei gruppi che professano cooperazione internazionale, accoglienza dei migranti, diplomazia dal basso, commercio equo e solidale, ecc. Siamo fuori dal circuito mediatico e politico, ma dentro la societa'.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quale ruolo puo' svolgere il Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini, e gli altri movimenti, associazioni e gruppi nonviolenti presenti in Italia?

- Giovanni Russo Spena: Ne consegue il ruolo dei movimenti come animatori dei processi di  autogestione sociale che, senza politicismi ed opportunismi, tentano di condizionare le istituzioni, sempre piu' mute, distanti, nemiche. Il militarismo cresce a dismisura nelle istituzioni per la retorica bellicista e nazionalistica del governo (ma anche di gran parte del centrosinistra e dello stesso presidente della Repubblica). Dovremo rafforzare la mobilitazione contro le politiche imperialiste e colonialiste.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quali i fatti piu' significativi degli ultimi mesi in Italia e nel mondo dal punto di vista della nonviolenza?

- Giovanni Russo Spena: Due mi sembrano i grandi processi internazionali: le rivolte democratiche, classiste, nonviolente delle ragazze e dei giovani arabi, che dimostrano che i processi rivoluzionari nei paesi arabi non portano necessariamente al fondamentalismo. Le piazze giovanili spagnole, greche, in parte francesi ed italiane dimostrano la forza della nonviolenza. E' importante che i movimenti non cadano nella trappola del potere che provoca, reprime, incrimina, arresta per creare la tragica spirale: repressione/risposta violenta e disperata. Anche dai paesi latinoamericani, dalle comunita' indigene innanzitutto, vengono esempi importantissimi di conquiste e di realizzazioni di popolo assolutamente pacifiche, forti della nonviolenza.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Su quali iniziative concentrare maggiormente l'impegno nei prossimi mesi?

- Giovanni Russo Spena: Ho gia' detto, riassumendo, che le azioni immediate, a mio avviso, tra le altre, sono essenzialmente tre: riduzione delle spese militari; mobilitazione di massa per il ritiro delle truppe; riorganizzazione delle azioni di obiezione, internazionaliste, di nonviolenza nei territori, coniugando la mobilitazione locale con grandi obiettivi globali, generali. Ad esempio: quando critichiamo l'Unione Europea per la sua politica fallimentare e repressiva sul piano economico, dobbiamo anche ricordare la nostra contrarieta' all'esercito europeo (che, altrimenti, nascera' sotto i nostri inconsapevoli occhi).

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- "La nonviolenza e' in cammino": Se una persona del tutto ignara le chiedesse "Cosa e' la nonviolenza, e come accostarsi ad essa?", cosa risponderebbe?

- Giovanni Russo Spena: Per comprendere l'essenza della nonviolenza penso al rapporto tra mezzi e fini: la nonviolenza non e' centrismo mediatorio, non e' assenza di lotta di classe ma il metodo piu' efficace per raggiungere i risultati di critica e di sconfitta del potere in quanto lo indebolisce di fronte all'opinione pubblica. Non siamo idealmente lontani dalla concezione gramsciana dell'egemonia e della conquista delle "casamatte". Non vi sono, oggi, Palazzi d'Inverno da assaltare ma processi di autogestione e di contropotere da conquistare disgregando anche i potero militari dell'avversario di classe. Ci accostiamo alla nonviolenza attraverso due percorsi: quello dell'utopia quotidiana (alla Bloch, per intenderci), elaborando la necessita' di una societa' sobria, pacificata, egualitaria, ove la liberazione individuale e' fondamento delle liberta' collettive. In secondo luogo, credo sia essenziale il protagonismo, l'azione diretta, la partecipazione all'associazionismo e al volontariato.

 

4. MAESTRE. VIRGINIA WOOLF: IL VALORE DELLA RISATA

[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo il seguente estratto da Virginia Woolf, Voltando pagina. Saggi 1904-1941, a cura di Liliana Rampello, il Saggiatore 2011, estratto apparso sul "Sole 24 ore" del 4 settembre 2011. E' la traduzione dell'articolo "The Value of Laughter", apparso sul "Guardian" il 16 agosto 1905.

Virginia Woolf, scrittrice tra le piu' grandi del Novecento, nacque a Londra nel 1882, promotrice di esperienze culturali ed editoriali di grande rilievo, oltre alle sue splendide opere narrative scrisse molti acuti saggi, di cui alcuni fondamentali anche per una cultura della pace. Mori' suicida nel 1941. E' uno dei punti di riferimento della riflessione dei movimenti delle donne, di liberazione, per la pace. Opere di Virginia Woolf: le sue opere sono state tradotte da vari editori, un'edizione di Tutti i romanzi (in due volumi, comprendenti La crociera, Notte e giorno, La camera di Jacob, La signora Dalloway, Gita al faro, Orlando, Le onde, Gli anni, Tra un atto e l'altro) e' stata qualche anno fa pubblicata in una collana ultraeconomica dalla Newton Compton di Roma; una pregevolissima edizione sia delle opere narrative che della saggistica e' stata curata da Nadia Fusini nei volumi dei Meridiani Mondadori alle opere di Virginia Woolf dedicati (ai quali rinviamo anche per la bibliografia). Tra i saggi due sono particolarmente importanti per una cultura della pace: Una stanza tutta per se', Newton Compton, Roma 1993; Le tre ghinee, Feltrinelli, Milano 1987 (ma ambedue sono disponibili anche in varie altre edizioni). Numerosissime sono le opere su Virginia Woolf: segnaliamo almeno Quentin Bell, Virginia Woolf, Garzanti, Milano 1974; Mirella Mancioli Billi, Virginia Woolf, La Nuova Italia, Firenze 1975; Paola Zaccaria, Virginia Woolf, Dedalo, Bari 1980; Nadia Fusini, Possiedo la mia anima. Il segreto di Virginia Woolf, Mondadori, Milano 2006; Liliana Rampello, Il canto del mondo reale. Virginia Woolf, la vita nella scrittura, Il saggiatore, Milano 2005. Segnaliamo anche almeno le pagine di Erich Auerbach, "Il calzerotto marrone", in Mimesis, Einaudi, Torino 1977]

 

In passato si pensava che la commedia rappresentasse i difetti della natura umana e la tragedia ritraesse gli uomini piu' grandi di quanto siano. Per dipingerli come veramente sono, si deve, a quanto pare, trovare una via di mezzo tra le due, e il risultato e' o qualcosa di troppo serio per essere comico, o di troppo imperfetto per essere tragico, e questo possiamo chiamarlo umorismo. L'umorismo, come ci e' stato detto, e' negato alle donne, che possono essere tragiche o comiche, mentre quel particolare amalgama che rende una persona dotata di umorismo e' solo appannaggio degli uomini. Ma gli esperimenti sono pericolosi, e nel cercare di raggiungere il punto di osservazione privilegiato dell'umorista - mentre si tiene in equilibrio sul pinnacolo negato alle sue sorelle - il maschio ginnasta non di rado precipita ignominiosamente sull'uno o sull'altro versante, o piomba a capofitto nel grottesco, oppure scende sul duro suolo della banalita' seriosa, dove, per rendergli giustizia, va detto che si trova del tutto a suo agio. Puo' essere che la tragedia - un ingrediente necessario - non sia cosi' comune come al tempo di Shakespeare e per questo l'epoca attuale abbia dovuto provvedere un sostituto decoroso che fa a meno di sangue e pugnali, e appare al suo meglio con un cappello a tuba o indossando una lunga redingote. Lo si potrebbe chiamare lo spirito della solennita', e se gli spiriti appartengono a un genere, non c'e' dubbio che questo sia maschile. Ora, la commedia appartiene al sesso delle Grazie e delle Muse, e quando questo solenne gentiluomo si fa avanti a offrire i suoi omaggi, la commedia guarda e ride, e guarda ancora finche' viene sopraffatta da un'irresistibile risata, e corre a nascondere la sua ilarita' nel petto delle sue sorelle. Cosi' l'umorismo nasce assai raramente e la commedia deve molto lottare perche' questo avvenga.

La pura, spontanea risata, quella che sentiamo provenire dalla bocca dei bambini e di sciocche donne, e' tenuta in discredito. Si sostiene sia la voce della frivola stupidita', che non trae ispirazione ne' dal sapere ne' dall'emozione, che non offre messaggi, non comunica informazioni; e' un'emissione vocale come l'abbaiare di un cane o il belato di una pecora, ed e' al di sotto del livello di dignita' di una razza che ha inventato una lingua per potersi esprimere. Ma ci sono cose che vanno oltre le parole e non al di sotto, e la risata e' una di queste. Perche' la risata e' l'unico suono, per quanto non articolato, che nessun animale puo' produrre. Se il cane disteso sul tappeto davanti al caminetto si lamenta per il dolore o abbaia per la contentezza, sappiamo cosa vuole comunicare e non ci troviamo nulla di strano, ma supponiamo che si metta a ridere? Supponiamo che quando entriamo nella stanza non esprima la sua legittima gioia, nel vederci, agitando la coda o leccandoci, ma scoppi rumorosamente a ridere - mostrando i denti - e sia scosso dalle risate e mostri tutti i segni tipici di un grandissimo divertimento. La nostra reazione sarebbe di ritrarci inorriditi, come se una voce umana fosse uscita dalla bocca di un animale. E nemmeno possiamo immaginare che esseri superiori a noi possano ridere; la risata sembra infatti appartenere essenzialmente ed esclusivamente agli uomini e alle donne. La risata e' l'espressione dello spirito comico dentro di noi, e questo spirito ha a che fare con le stranezze, le eccentricita', le deviazioni da una modello riconosciuto. Esprime il suo commento nella risata improvvisa e spontanea che scoppia senza che quasi sappiamo perche', senza che possiamo dire quando. Se ci prendessimo il tempo per pensare - per analizzare l'impressione che lo spirito comico registra - senza dubbio scopriremmo che cio' che e' superficialmente comico, e' fondamentalmente tragico, e mentre avremmo il sorriso sulla labbra, i nostri occhi si riempirebbero di lacrime. Questa - le parole sono di Bunyan - e' stata accettata come definizione dell'umorismo; ma la risata della commedia non comporta l'obbligo delle lacrime. Nello stesso tempo, sebbene il suo compito sia relativamente lieve se confrontato con quello dell'umorismo vero e proprio, il valore della risata nella vita e nell'arte non puo' essere sopravvalutato. L'umorismo abita sulle vette; solo le menti eccezionali possono salire sulle cime da dove tutti gli aspetti della vita si possono vedere come in un panorama; ma la commedia cammina sulla strada comune e riflette il banale e il casuale, le colpe veniali e le particolarita' di tutti quelli che passano davanti al suo lucido specchietto.

La risata, piu' di qualunque altra cosa, mantiene il nostro senso delle proporzioni; e' li' a ricordarci sempre che siamo soltanto umani, che nessun uomo e' del tutto un eroe o completamente un malvagio. Immediatamente, appena dimentichiamo di ridere, perdiamo il senso delle proporzioni e della realta'. I cani, misericordiosamente, non sanno ridere, perche', se potessero farlo, si renderebbero conto delle terribili limitazioni che comporta l'essere cani. Uomini e donne sono sufficientemente in alto nella scala della civilta' da essere ritenuti capaci di conoscere le loro mancanze e di ricevere il dono di riderne. Ma rischiamo di perdere questo prezioso privilegio, o di scacciarlo dai nostri cuori, per colpa di un'enorme massa di conoscenze approssimative. Per poter ridere di una persona si deve, tanto per cominciare, essere capaci di vederla per come e'. Tutto il suo paludarsi con le insegne della ricchezza, del rango, e del sapere, se e' soltanto un accumulo di esteriorita', non deve ottundere la lama tagliente dello spirito comico, che affonda nel vivo. Tutti sanno che i bambini hanno una maggiore capacita', rispetto agli adulti, di conoscere gli uomini per quello che sono, e credo che il verdetto che le donne emettono sul carattere delle persone non sara' smentito il giorno del Giudizio. Le donne e i bambini, dunque, sono i principali rappresentanti dello spirito comico, perche' non hanno gli occhi annebbiati dal sapere, ne' le menti ingombrate da teorie libresche, il che fa si' che uomini e cose preservino nitidamente i loro tratti originali. Tutte le odiose, soffocanti escrescenze che hanno ricoperto a dismisura la nostra vita moderna, le cerimonie pompose, le convenzioni, e le noiose celebrazioni solenni, niente temono di piu' del balenare di una risata, che, come un lampo, le inaridisce e le dissecca fino a lasciarne solo le ossa. E' perche' la loro risata possiede questa qualita' che i bambini sono temuti dalle persone consapevoli della propria affettazione e falsita'; ed e' probabile che, per la stessa ragione, le donne siano guardate con tanta sospettosa disapprovazione nelle professioni dotte. Il pericolo e' che possano ridere, come il bambino nella favola di Hans Andersen, che notava apertamente che il re era nudo, mentre gli adulti ne ammiravano lo splendido abbigliamento - che non esisteva.

In arte, come nella vita, tutti gli errori piu' grossolani derivano dalla mancanza di misura, e dalla tendenza a essere esageratamente e ostentatamente seri. I nostri grandi scrittori usano un linguaggio eccessivamente ampolloso, e si compiacciono di frasi magniloquenti, quelli minori moltiplicano gli aggettivi e si crogiolano in quel sentimentalismo che nelle classi inferiori produce il sensazionalismo dei manifesti e il melodramma. Noi andiamo ai funerali e al capezzale dei malati molto piu' volentieri che ai matrimoni o alle cerimonie festose, e non siamo capaci di spazzare via dalla nostra mente la convinzione che c'e' qualcosa di virtuoso nelle lacrime e che il nero e' il colore che piu' ci si addice. Non c'e' niente, in verita', tanto difficile quanto ridere e far ridere, ma non esiste qualita' che valga di piu'. E' una lama che recide cio' che e' superfluo, riproporziona e restituisce giusta misura e sincerita' alle nostre azioni e alla parola scritta e parlata.

 

5. LIBRI. NATALIA ASPESI: L'INCIPIT DI UNA INTRODUZIONE A "UNA STANZA TUTTA PER SE'" DI VIRGINIA WOOLF

[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo il seguente frammento apparso su "La Repubblica" del 2 settembre 2011 col titolo "Il libro che illumina tutte le donne" e la nota "Anticipiamo l'inizio dell'introduzione a Una stanza tutta per se'".

Natalia Aspesi e' una prestigiosa giornalista e scrittrice, acuta e brillante osservatrice dei fenomeni di costume, critica cinematografica e di altre espressioni artistiche e forme di spettacolo; e' nata, vive e lavora a Milano, dove ha iniziato l'attivita' giornalistica alla "Notte", diventando successivamente inviata del "Giorno" e poi di "Repubblica", giornale cui collabora dalla fondazione. E' stata tra le promotrici dell'appello "Se non ora, quando" con cui e' stata convocata la manifestazione delle donne del 13 febbraio 2011]

 

La mia e' stata forse l' ultima generazione che si e' sentita dire da maschi orgogliosi di non essere femmine, "ma c'e' mai stato uno Shakespeare, un Galileo, un Michelangelo donna?". Non si sapeva cosa rispondere, come difenderci, perche' ignoravamo quel luminoso libriccino che e' Una stanza tutta per se' che pure esisteva, almeno in inglese, dal 1929. Negli anni ' 60, si sa, la Woolf era gia' un mito anche da noi per i suoi romanzi (Orlando era stato pubblicato in Italia addirittura negli anni del fascismo), ma solo in un ristretto cerchio di coltissime signore e fini letterati, che magari avevano potuto delibarne addirittura in lingua originale. Anche da noi se ne moltiplicavano le edizioni, tutti gli editori volevano nobilitarsi con la loro Woolf: ma noi ragazze qualsiasi, per quanto volonterose, alla decima pagina di Gita al faro o di La signora Dalloway, ci sentivamo prese da una lucida sonnolenza: non eravamo ancora pronte per quella meravigliosa prosa, ne' sapevamo niente della vita elegante, appassionata, dolente, deviata, di questa sottile signora dal lungo naso e dallo sguardo ferito, che poi a 59 anni aveva piantato li' tutto, il devoto marito Leonard e i confusi intrecci intellettuali ed erotici del gruppo di parenti e amici detto di Bloomsbury, suicidandosi nel fiume davanti a casa (vedi il film The hours, 2002, in cui Nicole Kidman - Virginia Woolf si riempie le tasche di sassi e scende in acqua). Eravamo gia' molto arrabbiate, avevamo gia' letto e La mistica della femminilità e L' eunuco femmina e Sputiamo su Hegel e Il secondo sesso e ogni giornalino femminista dei primi anni ' 70 che capitava, quando pur sospirando di trepidazione e pur temendolo troppo sofisticato, poco rivoluzionario, approdammo a Una stanza tutta per se'...

 

6. LIBRI. PIETRO CITATI PRESENTA "PERSUASIONE" DI JANE AUSTEN

[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo il seguente articolo apparso sul "Corriere della sera"del 5 settembre 2011 col titolo "E Jane Austen restitui' la scrittura alle donne".

Pietro Citati (Firenze, 1930), e' scrittore, saggista, critico letterario tra i piu' noti e apprezzati; collaboratore di varie riviste ("Il punto", "L'approdo", "Paragone") e quotidiani ("Il giorno", "Corriere della sera", "La repubblica"), condirettore della Fondazione Lorenzo Valla. Tra le opere di Pietro Citati: Goethe, 1970; Il te' del cappellaio matto, 1972; Manzoni, 1973, 1980; Alessandro Magno, 1974, 1985; La primavera di Cosroe, 1977; I frantumi del mondo, 1978; Il velo nero, 1979; Vita breve di Katherine Mansfield, 1980; I racconti dei gatti e delle scimmie, 1981; Il migliore dei mondi impossibili, 1982; Tolstoj, 1983; Vita e morte degli Incas, 1984; Cinque teste tagliate, 1984; Il sogno della camera rossa, 1986; Kafka, 1987; Il viaggio degli uccelli, 1988; Storia prima felice, poi dolentissima e funesta, 1989; Ritratti di donne, 1992; La caduta del Messico, 1992; La colomba pugnalata, 1995; La luce della notte, 1996; La collina di Brusuglio, 1997; L'armonia del mondo, 1999; Il romanzo europeo dell'800, 1999; Il male assoluto. Nel cuore del romanzo dell'Ottocento, 2000; La mente colorata. Ulisse e l'Odissea, 2002; Israele e l'Islam. Le scintille di Dio, 2003; La civilta' letteraria europea da Omero a Nabokov, 2005; La morte della farfalla, 2006.

Jane Austen (1775-1817) e' scrittrice di acutezza sovrana e sensibilita' cosi' profonda e vibratile che leggendola ci si chiede sovente se non sia sottovalutata per il fatto che nella scrittura e nell'invenzione evito' sempre il fracasso e il vortice, e quel linguaggio espressionistico che equivale all'abuso dei timpani in un'esecuzione musicale, preferendo invece la levita', l'ironia, l'ellissi, il ritegno espressivo, l'arte del fluire e del sottrarre anziche' quella delle cataste e delle cascate. Opere di Jane Austen: Senno e sensibilita' (1811), Orgoglio e pregiudizio (1813), Mansfield Park (1814), Emma (1816), L'abbazia di Northanger (1817), Persuasione (1817); cfr. anche almeno "Nonviolenza. Femminile plurale", n. 314 e n. 343]

 

Le prime pagine di Persuasione (Einaudi) sono, probabilmente, l'inizio piu' bello, frivolo e perfido, che Jane Austen abbia mai scritto. Sir Walter Elliott di Kellynch Hall, nel Somersetshire, "era un uomo che non prendeva mai in mano altro libro che il Baronetage": noi diremmo il Libro oppure l'Annuario della nobilta'. Vi trovava scritto il suo nome, la sua data di nascita, la data del suo matrimonio, il nome della moglie, quello del padre della moglie, l'anno della morte della moglie; e infine la data di nascita delle tre figlie e del figlio nato morto.

Non gli bastava: sir Elliott aveva aggiunto con la massima precisione il giorno e il mese in cui aveva perduto la moglie (data che, purtroppo, noi ignoriamo); il giorno, il mese, l'anno in cui la sua ultima figlia, Mary, si era sposata, e quale era il nome del genero, e quale il nome del padre del genero e il paese e la contea in cui abitava. Non crediamo che il Baronetage fosse un semplice libro, come quelli dei romanzieri, che si leggono velocemente dal principio alla fine, e talvolta si dimenticano. Il Baronetage era indimenticabile come l'Iliade. Sir Walter Elliott lo apriva e lo chiudeva, lo leggeva e lo rileggeva: ritornava sempre di nuovo su quelle semplici sillabe, che riempivano la sua vita; il libro occupava le sue ore d'ozio, lo consolava di quelle di malinconia, e aboliva ogni sensazione sgradevole della sua esistenza.

Il secondo inizio e' tanto tenero quanto il primo era perfido. Anne, seconda figlia di Sir Walter Elliott, capiva tutte le cose, intuiva tutte le sensazioni, percepiva i sentimenti, coglieva i caratteri con un dono piu' acuto e sottile, forse, di tutti gli altri personaggi della Austen. Adorava camminare. Conosceva il piacere dell'esercizio fisico, della bella giornata, degli ultimi bagliori dell'anno sulle foglie rossicce: mentre la sua intelligenza luminosa ripeteva qualche verso tra le migliaia che descrivono l'autunno: la stagione suprema.

Amava le cose quiete e nascoste: c'era, in lei, un angolo della mente che non poteva aprire a nessuno; ma proprio da questo segreto silenzioso irrompeva, a tratti, una rivelazione quasi sovrannaturale di luce. Verso la fine del romanzo, Jane Austen giunge a dire, sia pure attraverso la voce di un personaggio, che Anne era "la quintessenza della perfezione". Siamo giunti al sublime: parola che Jane Austen, la brunetta, non amava, visto che sosteneva di dipingere con pennelli finissimi e quasi invisibili "su pezzettini d'avorio, non piu' larghi di un pollice".

Quando Persuasione si apre, Anne Elliott ha ventisette anni. Nove anni prima si era innamorata del capitano di marina Frederick Wentworth, intelligente, vivace e brillante: oggi diremmo pieno di fascino. Era stato un amore profondo: un breve periodo di quasi ineffabile felicita'. Ma quel periodo era stato "troppo breve": il padre di Anne aveva giudicato "degradante" un'unione simile, e un'amica di casa "un evento infausto". Troppo giovane, troppo debole, Anne aveva rinunciato. E, come si trattasse di un fiore o di un frutto, era sfiorita, appassita: il suo splendore giovanile era svanito: pensava che il suo futuro fosse spezzato per sempre; e viveva soffocata, rassegnata, sacrificata. A partire da quel momento - visto che la societa' non perdona l'amore felice o infelice - era diventata un'esclusa. Non era nessuno, ne' per il padre ne' per le sorelle: la sua parola non aveva peso; e il suo destino era quello di cedere, in ogni occasione, alla volonta' degli altri.

Come in tutti i romanzi della Austen, sullo sfondo di Anne Elliott sta una famiglia (anzi un intrico di famiglie imparentate). Ogni famiglia e' una struttura, una istituzione, una legge, una ripetizione: sta ora piu' in alto ora piu' in basso sulla scala dei rapporti di classe: obbedisce a abitudini, psicologie, idee fisse, parole d'ordine; e possiamo essere certi che i veli delle finestre, le lettere di condoglianze, il colore dei tappeti, lo stile dei quadri e dei sofa' rivelano, ogni volta, una musica e un profumo che non si possono confondere. La famiglia possiede soprattutto un timbro: il chiacchiericcio femminile. Quasi sempre a casa Elliott le donne parlano in un certo modo: a casa Russell, Musgrove, Harville, Benwick, Croft e in ogni appartamento della mondana citta' di Bath si ascolta un gorgheggio e un cinguettio incomparabili. Quella femminile e' in realta' l'unica chiacchera del mondo, perche' gli sfortunati o fortunatissimi uomini osano di rado avventurarsi nel regno della parola.

La Austen possedeva un fortissimo senso della societa': non meno robusto, vasto e incisivo di quello che aveva Balzac. Il suo giudizio sulle persone e le situazioni e' persino piu' duro e feroce. La societa' rappresentata in Persuasione e' vanitosa, presuntuosa, egoista, tronfia e sciocca. Per fortuna, possiamo aggiungere che e' comica: ma e' comica soltanto perche' irreparabilmente e impenetrabilmente sciocca. Dagli sguardi acutissimi della brunetta non si salva niente. Oppure si salva tutto, perche' persino le piu' pesanti e rozze cretinerie diventano, appena giungono tra le sue mani, lievi, inverosimili, aeree, persino poetiche. E' il miracolo che nessun lettore della Austen riuscira' mai a spiegare.

Persuasione e' un libro assolutamente unico nell'opera della Austen - uno squillo incomparabile di dolore e felicita'. Di solito, raccontava obbedendo ad una doppia ottica: orchestrava una doppia partitura: se il personaggio principale era romanzesco, quello minore era prosastico; se il personaggio principale era ardente e appassionato, quello minore amava la discrezione; se il personaggio principale era duro e brillante, quello minore era bonario e compassionevole. Con Persuasione, composto negli ultimi mesi di vita, quando cerco' di eludere e giocare lievemente con la propria morte, la Austen rinuncio' per sempre al gioco complicato del doppio. Malgrado gli indugi e le inquietudini, Anne Elliott e Frederick Wentworth rivelano alla fine di essere posseduti dalla medesima luce: la luce intensa e nitida della passione.

Anne Elliott e Frederick Wentworth si erano conosciuti nove anni prima dell'inizio del romanzo; e quanto tempo passa, mesi, forse un anno, un tempo dilatato e prolungato, spossante e lentissimo, prima che il romanzo e l'amore trovino insieme il loro culmine. C'e' un'attesa, che non dice il proprio nome. I due non sanno parlarsi: non osano parlarsi, o tentare di inseguire almeno vagamente l'ombra delle parole. Si sentono separati: separati per sempre, o immersi in una confusione quasi penosa.

A poco a poco, riaffiora la voce del cuore: che tenerezza e ricordi e dolore e silenzi e malinconie e improvvise incursioni di gioia e di luce, mentre i colori della giovinezza tornano a fiorire sulle guance una volta appassite di Anne. Tutto procede attraverso quei piccolissimi tocchi e quegli effetti indiretti, che la Austen amava: il capitano si accorge di riamare Anne guardando cogli occhi di un uomo che la ammira; il capitano rivela il suo amore per lei parlando dell'amore di un altro; Anne confessa i suoi sentimenti discorrendo, con un terzo personaggio, intorno alla tenerezza femminile. A poco a poco, la distanza dello spazio e nel cuore diminuisce. La parola amore non viene mai pronunciata, ma si avvicina silenziosamente agli sguardi dei lettori.

Nel penultimo capitolo di Persuasione, Anne Elliott discorre con un vecchio amico, il capitano Harville, intorno alla memoria, alla dimenticanza, all'amore maschile e femminile. Sorride. "Si', noi certamente non vi dimentichiamo cosi' presto quanto voi vi scordate di noi. Forse, piu' che un merito, e' il nostro destino. Non possiamo farne a meno. Viviamo tranquille, confinate in casa, preda dei nostri sentimenti. Voi siete costretti all'azione. Avete sempre una professione, degli interessi, degli affari di uno o di un altro tipo, che vi riportano subito nel mondo; siete sempre occupati, e i cambiamenti di vita attenuano i vostri sentimenti". Sorridendo, Anne sa di parlare di se stessa: suo e' l'amore, sua la memoria, e intanto, seduto a un tavolo accanto a lei, il capitano Wentworth scrive in silenzio una lettera e ascolta in silenzio quelle parole che lo riguardano.

Con un sorriso simile a quello di Anne, il capitano Harville ribatte: "Permettete di dirvi che esempi storici o narrativi, sia in prosa sia in versi, sono contro di voi. Credo di non aver mai letto in vita mia un libro che non ricordasse qualche caso di inconstanza femminile. Voi potreste osservare che sono tutti libri scritti da uomini". "Credo di si', dice Anne Elliott al capitano, Vi prego. Non parlate di esempi nei libri. Gli uomini hanno avuto, molto piu' di noi, la possibilita' di narrare la loro storia. La penna e' in mani maschili... Apprezzo, aggiunge Anne, tutti i sentimenti provati da uomini come voi. Credo voi uomini pronti ad ogni azione grande e buona nelle vostre vite coniugali; pronti ad affrontare ogni ardua prova, ogni difficolta' domestica, fino a che - se mi permette l'espressione - fino a che vi resta uno scopo, cioe' finche' vive la donna che amate, e vive per voi. Tutto il privilegio che rivendico al mio sesso... e' quello di amare piu' a lungo, anche quando la vita e la speranza sono finite".

Dopo la piccola sonata di Anne Elliott, la penna non e' piu' rimasta esclusivamente in mani maschili: l'ha presa in mano saldamente e per sempre, con segni sia maschili sia femminili, l'autrice di Persuasione. Tra qualche mese morira'. Lei lo ignora, sebbene sia pallidissima, e con la voce estremamente debole, quasi un sussurro. E intanto accompagna Anne Elliott e Frederick Wentworth, fianco a fianco, braccio sotto braccio, lungo Union Street, fino a Gay Street, e forse fino a Belmont, o dalle parti di Camden Place, dovunque un profumo d'"eternita'" seguisse le loro parole e i tranquilli e appartati vialetti di ghiaia.

 

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Numero 426 del 17 settembre 2011

 

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