Voci e volti della nonviolenza. 404



 

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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"

Numero 404 del 23 agosto 2011

 

In questo numero:

1. Mao Valpiana: Sarebbe bello

2. Sette domande a Monica Lanfranco

3. Sette domande a Giulia Morini

4. Sette domande a Fredo Olivero

5. Sei domande a Mariella Zadro

6. Giulio Vittorangeli: Per Jerry Masslo e per noi

 

1. EDITORIALE. MAO VALPIANA: SAREBBE BELLO

[Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org) per questo intervento.

Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle e autorevoli della nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive e ha lavorato come assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di intervento nel sociale"); attualmente e' presidente del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del consiglio direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; nel giugno 2005 ha promosso il digiuno di solidarieta' con Clementina Cantoni, la volontaria italiana rapita in Afghanistan e poi liberata. Con Michele Boato e Maria G. Di Rienzo ha promosso l'appello "Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza?" da cui e' scaturita l'assemblea di Bologna del 2 marzo 2008 e quindi il manifesto "Una rete di donne e uomini per l'ecologia, il femminismo e la nonviolenza". Un suo profilo autobiografico, scritto con grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4 dicembre 2002 de "La nonviolenza e' in cammino"; una sua ampia intervista e' nelle "Minime" n. 255 del 27 ottobre 2007; un'altra recente ampia intervista e' in "Coi piedi per terra" n. 295 del 17 luglio 2010]

 

Sarebbe bello se ogni marciatore che partecipera' alla marcia, portasse appeso al collo un cartello, anche solo un foglio di quaderno, con scritto il proprio personale impegno contro la guerra, firmato con nome e cognome.

 

2. VERSO LA MARCIA PERUGIA-ASSISI. SETTE DOMANDE A MONICA LANFRANCO

[Ringraziamo Monica Lanfranco (per contatti: monica.lanfranco at gmail.com) per questa intervista.

Monica Lanfranco e' giornalista e formatrice sui temi della differenza di genere e sul conflitto. Ha fondato il trimestrale di cultura di genere "Marea". Ha collaborato con Radio Rai International, con il settimanale "Carta", il quotidiano "Liberazione", con Arcoiris Tv, "Linus". Cura e conduce corsi di formazione per gruppi di donne strutturati (politici, sindacali, scolastici) sulla storia del movimento delle donne e  sulla comunicazione di genere, e sulla risoluzione nonviolenta dei conflitti. Ha insegnato Teoria e tecnica dei nuovi media all'Universita' di Parma. Il suo primo libro e' stato nel 1990 Parole per giovani donne - 18 femministe parlano alle ragazze d'oggi. Nel 2003 ha scritto assieme a Maria G. Di Rienzo, Donne disarmanti - storie e testimonianze su nonviolenza e femminismi. Nel 2005 e' uscito il volume Senza velo - donne nell'Islam contro l'integralismo. Nel 2007 ha prodotto e curato il film sulla vita e l'esperienza politica della senatrice Lidia Menapace dal titolo Ci dichiariamo nipoti politici. Nel 2009 e' uscito Letteralmente femminista. Perche' e' ancora necessario il movimento delle donne (Edizioni Punto Rosso). I suoi siti sono www.monicalanfranco.it, www.altradimora.it, www.mareaonline.it, www.radiodelledonne.org. Si veda anche l'intervista nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 350]

 

- "La nonviolenza e' in cammino": Quale e' stato il significato piu' rilevante della marcia Perugia-Assisi in questi cinquanta anni?

- Monica Lanfranco: Ho partecipato solo una volta alla marcia, ed e' stato proprio a quella dell'autunno del 2001, dopo la devastante e intensa estate del G8 di Genova, ma ho sempre considerato l'appuntamento una tappa del percorso personale e collettivo delle realta' che lavorano per il cambiamento.

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- "La nonviolenza e' in cammino": E cosa caratterizzera' maggiormente la marcia che si terra' il 25 settembre di quest'anno?

- Monica Lanfranco: Personalmente credo che la crisi nella quale siamo immerse e immersi non sia solo economica ma valoriale e sociale; nonostante l'apparente benessere di chi vive in relativa democrazia e media economia quello che mi fa paura e' la deriva di violenza accettata e considerata come componente imprescindibile: tra donne e uomini, in primo luogo. Questo vissuto di ineluttabilita', confermato e asseverato anche e soprattutto dai media, e' una eredita' devastante per le giovani generazioni.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quale e' lo "stato dell'arte" della nonviolenza oggi in Italia?

- Monica Lanfranco: In questi ultimi dieci anni nei quali ho molto girato per il paese mi sono resa conto che c'e' moltissima ignoranza sull'argomento, si fa poca formazione e si sottovalutano le conseguenze sociali e culturali di questa lacuna, anche nei movimenti che dovrebbero invece essere molto attenti e sensibili alle pratiche, di piazza e nelle esperienze collettive.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quale ruolo puo' svolgere il Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini, e gli altri movimenti, associazioni e gruppi nonviolenti presenti in Italia?

- Monica Lanfranco: Credo che potrebbe uscire maggiormente fuori dalle scuole ortodosse e ascoltare di piu'.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quali i fatti piu' significativi degli ultimi mesi in Italia e nel mondo dal punto di vista della nonviolenza?

- Monica Lanfranco: Per me l'esperienza delle Donne in nero resta un paradigma; credo che la deriva in Val Susa sia un segnale preoccupante, e penso che l'unica strada sia quella di rafforzare iniziative glocal (come "Usciamo dal silenzio" e "Se non ora quando") che cioe' non pensano solo alle grandi adunate ma al coinvolgimento nelle realta' locali delle donne e degli uomini con diverse modalita', e non sempre in quelle classiche del corteo.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Su quali iniziative concentrare maggiormente l'impegno nei prossimi mesi?

- Monica Lanfranco: La violenza contro le donne, la presa di coscienza maschile, il rigore sui messaggi culturali in tema di convivenza civile, sessismo, omofobia e migranti, fermo restando il rifiuto del multiculturalismo acritico e relativista.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Se una persona del tutto ignara le chiedesse "Cosa e' la nonviolenza, e come accostarsi ad essa?", cosa risponderebbe?

- Monica Lanfranco: Come ha detto Vandana Shiva, citata nel nostro "Donne disarmanti - Storie e testimonianze su nonviolenza e femminismo": "Gli animali non sono fatti per vivere imprigionati in gabbie. Gli esseri umani non sono fatti per vivere imprigionati nei mercati, o per vivere disperati e disponibili se non possono essere consumatori nel mercato globale. La nostra deumanizzazione crescente e' alle radici del crescere della violenza. Reclamare la nostra umanita', in modo inclusivo e compassionevole, e' il primo passo verso la pace. La pace non si creera' dalle armi e dalle guerra, dalle bombe e dalla barbarie. La violenza non si contiene propagandola. La violenza e' diventata un lusso che la specie umana non pio' piu' permettersi, se vuole sopravvivere. La nonviolenza e' diventato un imperativo per la sopravvivenza".

 

3. VERSO LA MARCIA PERUGIA-ASSISI. SETTE DOMANDE A GIULIA MORINI

[Ringraziamo Giulia Morini (per contatti: giulia.morini at gmail.com) per questa intervista.

"Mi chiamo Giulia Morini, ho 24 anni e sono di Modena. Sono una lavoratrice precaria, operatore sociale in un piccolo comune. Sono consigliere comunale a Modena per il Partito Democratico e nella mia attivita' politica mi occupo prevalentemente di politiche sociali, integrazione, ambiente e diritti dei detenuti. Faccio volontariato nel mio quartiere dove organizzo attivita' sportive per i giovani e gli anziani. Faccio parte del Forum del Terzo Settore della Provincia di Modena"]

 

- "La nonviolenza e' in cammino": Quale e' stato il significato piu' rilevante della marcia Perugia-Assisi in questi cinquanta anni?

- Giulia Morini: Ho partecipato a diverse Marce per la Pace e ne conservo un ricordo nitido e gioioso. La Marcia per la Pace non ha solo il valore della testimonianza, ma e' un importante momento di unita' tra persone, movimenti ed aggregazioni di diversa ispirazione, unite dalla richiesta di un mondo diverso, fondato su principi etici e solidali. E' uno degli eventi con la piu' alta carica politica che conosca.

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- "La nonviolenza e' in cammino": E cosa caratterizzera' maggiormente la marcia che si terra' il 25 settembre di quest'anno?

- Giulia Morini: Viviamo un momento storico, economico e sociale inedito. La crisi ci ha mostrato chiaramente che questo modello di sviluppo, fondato su iniquita' esasperate e logiche sbagliate, non ha prodotto benessere a lungo termine. Allo stesso tempo, abbiamo assistito alle rivolte del Mediterraneo: una generazione di giovani e' riuscita a mettere in discussione regimi retrivi. L'Inghilterra ha vissuto giorni di paura perche' incapace di costruire un strategia per il futuro, per i giovani, per gli emarginati. Sempre piu' persone si spostano in fuga da situazioni intollerabili e bussano alle porte di un'Europa sempre piu' anziana, affamata di giovani energie. E' un momento di profonda trasformazione: la politica deve essere motore di un cambiamento positivo, altrimenti le comunita' nazionali rischiano di cadere preda di tensioni, paure, integralismi. Un mondo diverso e' ora piu' che mai possibile, ma soprattutto necessario.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quale e' lo "stato dell'arte" della nonviolenza oggi in Italia?

- Giulia Morini: Credo che la nonviolenza sia un valore radicato nella societa' civile del nostro paese. I cittadini italiani hanno mostrato piu' volte di avere a cuore battaglie nonviolente decisive per il nostro futuro: penso alla lunga esperienza del movimento di tutela dell'acqua come bene comune, battaglia che quest'anno e' stata coronata dalla vittoria del referendum. Credo che la politica dovrebbe imparare dai movimenti per la pace e la nonviolenza: in un paese in cui il confronto politico e' spesso esasperato, ai limiti del decoro, sarebbe importante riscoprire i valori del dialogo, del confronto, del dubbio e dell'umilta'.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quale ruolo puo' svolgere il Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini, e gli altri movimenti, associazioni e gruppi nonviolenti presenti in Italia?

- Giulia Morini: Come ho detto, il movimento nonviolento e' Politica, con la "p" maiuscola. E' una galassia di associazioni e gruppi che avanzano richieste precise al mondo della politica e delle istituzioni. Il movimento deve continuare a fare questo e sensibilizzare l'opinione pubblica nel farlo. Bisogna spingere i cittadini a pretendere di piu' dai propri governanti: chi si candida a governare deve avere un disegno per il futuro. Bisogna domandargli "Come pensi di affrontare la questione ambientale ed energetica?", "Su cosa deve essere fondata la politica estera dei prossimi anni?", "Come si coniugano i diritti ed i doveri, la solidarieta' e la legalita'?". Sono grandi domande, alle quali la politica non puo' permettersi, pero', di rinunciare.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quali i fatti piu' significativi degli ultimi mesi in Italia e nel mondo dal punto di vista della nonviolenza?

- Giulia Morini: Il 14 agosto scorso il Partito Radicale ha promosso una grande mobilitazione nonviolenta per riaccendere i riflettori sulla "questione carceri" in Italia (che ormai non puo' piu' essere definita emergenza, essendo divenuta drammaticamente cronica). Hanno aderito associazioni, gruppi, partiti, organizzazioni. C'e' chi ha fatto lo sciopero della fame, chi ha semplicemente postato su facebook un commento, ma la mobilitazione c'e' stata, nonostante il clima festivo. Ho aderito con convinzione perche' la situazione delle carceri e' lo specchio della difficolta' della nostra societa': se non sappiamo garantire la dignita' e l'utilita' della pena, vuol dire che ci manca un'intera visione sul valore della persona e sul ruolo che la Repubblica deve esercitare, come sancito dall'art. 3 della Costituzione. Ho provato una profonda commozione quando ho ascoltato le parole del Primo Ministro norvegese, all'indomani della strage dell'isola di Utoya. Ho visto un uomo distrutto da una tragedia assurda, feroce, intollerabile, un uomo che, come tutti noi, non riusciva a spiegare un orrore cosi' cieco. Eppure ha detto pubblicamente che il suo paese avrebbe reagito con l'amore, che il suo paese non avrebbe mai messo in discussione il proprio modello di vita, profondamente etico, profondamente aperto. Il popolo norvegese si e' unito davanti a queste parole. Credo che la Norvegia abbia insegnato a tutto il mondo che la paura, l'odio e la violenza non sono strumenti per combattere l'orrore.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Su quali iniziative concentrare maggiormente l'impegno nei prossimi mesi?

- Giulia Morini: Credo che il Movimento Nonviolento debba chiedere alla politica nazionale di rivedere radicalmente la propria agenda. In un momento di recessione economica rischiano di essere messi in discussione pilastri fondamentali del nostro stato sociale, penso alla lotta alla poverta', al valore dell'integrazione, alla cooperazione internazionale. I cittadini devono dire chiaramente che queste priorita' non possono essere legate alla congiuntura economica, ma rappresentano l'ossatura di uno stato civile che anela alla costruzione di una societa' migliore.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Se una persona del tutto ignara le chiedesse "Cosa e' la nonviolenza, e come accostarsi ad essa?", cosa risponderebbe?

- Giulia Morini: Ritornerei sulle parole del Premier norvegese. Essere nonviolenti significa reagire con sdegno alle ingiustizie, significa essere militanti del cambiamento, ma significa anche aver incisi nel proprio Dna valori supremi ai quali non si puo' rinunciare. Significa avere la consapevolezza che le ingiustizie vanno rimosse, ma che un paese, una comunita' non puo' uscire abbrutita dal cambiamento. "Noi non metteremo in discussione il nostro modello di vita" vuol dire questo: se cancellassimo l'etica, la solidarieta', la tutela della liberta' e della dignita', l'orrore avrebbe vinto. Chi vuole agire nella nonviolenza deve trovare le ragioni per indignarsi e i valori per i quali impegnarsi.

 

4. VERSO LA MARCIA PERUGIA-ASSISI. SETTE DOMANDE A FREDO OLIVERO

[Ringraziamo Fredo Olivero (per contatti: migranti at diocesi.torino.it) per questa intervista.

Fredo Olivero, 68 anni, direttore Migrantes Piemonte e Valle d'Aosta e Ufficio Pastorale Migranti della diocesi di Torino. Da 30 anni impegnato per i diritti dei migranti, sia come attivita' lavorativa (presso il Comune di Torino), sia come diocesi dal 1995. Don Fredo Olivero e' in Italia una delle figure piu' autorevoli dell'impegno di solidarieta', di pace e di nonviolenza; e' autore di molte utilissime pubblicazioni. Cfr. anche l'intervista nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 285]

 

- "La nonviolenza e' in cammino": Quale e' stato il significato piu' rilevante della marcia Perugia-Assisi in questi cinquanta anni?

- Fredo Olivero: Il significato e' stato molto diverso nei 50 anni. Prima era una testimonianza (quasi incompresa), oggi e' diventata una proposta di stile di vita e di rapporto con i popoli che gli stranieri rendono attuale.

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- "La nonviolenza e' in cammino": E cosa caratterizzera' maggiormente la marcia che si terra' il 25 settembre di quest'anno?

- Fredo Olivero: Il giudizio negativo sulle varie guerre a cui diamo il nostro contributo, negando l'evidenza e chiamandole "missioni di pace". Il giudizio negativo sulla prevaricazione nei confronti di chi vive in mezzo a noi e non vogliamo rispettare.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quale e' lo "stato dell'arte" della nonviolenza oggi in Italia?

- Fredo Olivero: Molto piu' elaborato, ma non riesce ad incidere sulla gente normale.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quale ruolo puo' svolgere il Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini, e gli altri movimenti, associazioni e gruppi nonviolenti presenti in Italia?

- Fredo Olivero: Un ruolo di testimonianza, di informazione, di coinvolgimento in stili di vita diversi, rispettosi dei poveri e del creato.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quali i fatti piu' significativi degli ultimi mesi in Italia e nel mondo dal punto di vista della nonviolenza?

- Fredo Olivero: Credo quelli indiani e thailandesi. E poi la reazione della Norvegia all'attentato di luglio 2011.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Su quali iniziative concentrare maggiormente l'impegno nei prossimi mesi?

- Fredo Olivero: Le rivolte in Nord Africa, l'opposizione alla violenza della scelta nucleare.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Se una persona del tutto ignara le chiedesse "Cosa e' la nonviolenza, e come accostarsi ad essa?", cosa risponderebbe?

- Fredo Olivero: La difesa della pace come vita possibile (la guerra non e' il metodo migliore per risolvere le tensioni). Convivenza tra diversi. Sostegno ad iniziative concrete per costruire una societa' diversa (dal microcredito alla tutela dei diritti delle donne, ecc.).

 

5. VERSO LA MARCIA PERUGIA-ASSISI. SEI DOMANDE A MARIELLA ZADRO

[Ringraziamo Mariella Zadro (per contatti: mariella-bruno at libero.it) per questa intervista.

"Sono nata a Tarquinia, ma residente a Viterbo fin dalla prima infanzia. Diplomata, ho iniziato studi di sociologia con Ferrarotti all'Universita' di Roma, non conclusi. Attualmente sono insegnante di scuola primaria presso la Scuola Statale "Silvio Canevari" di Viterbo. Seguo le problematiche socio-politiche della citta'; in particolare da alcuni anni con un gruppo di residenti seguiamo il problema dell'elettrosmog causato dalla telefonia mobile. Con molti amici ho condiviso tante iniziative per il verde pubblico, il traffico cittadino, la chiusura del centro storico e per la salvaguardia della scuola pubblica"]

 

- "La nonviolenza e' in cammino": Quale e' stato il significato piu' rilevante della marcia Perugia-Assisi in questi cinquanta anni?

- Mariella Zadro: Inizialmente la marcia Perugi-Assisi rappresentava un appuntamento inderogabile per tutte le persone che s'interessavano del sociale inteso come movimento costruttivo, propositivo e attivo.

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- "La nonviolenza e' in cammino": E cosa caratterizzera' maggiormente la marcia che si terra' il 25 settembre di quest'anno?

- Mariella Zadro: Un forte momento di aggregazione e identita'. Ricordo, ero "piccolina", l'entusiasmo col quale si partecipava, la voglia di esserci e il piacere di organizzare un momento alquanto gratificante.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quale e' lo "stato dell'arte" della nonviolenza oggi in Italia?

- Mariella Zadro: Stiamo vivendo, a mio avviso, un momento politico molto confuso e frammentato che non riesce a programmare o trovare delle soluzioni immediate alle problematiche esistenti.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Quale ruolo puo' svolgere il Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini, e gli altri movimenti, associazioni e gruppi nonviolenti presenti in Italia?

- Mariella Zadro: Attualmente non riescono ad incidere piu' di tanto.

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- "La nonviolenza e' in cammino": Su quali iniziative concentrare maggiormente l'impegno nei prossimi mesi?

- Mariella Zadro: Riprendere i "rapporti umani" tra le persone; ridisegnare un programma per tutto il sociale, partendo dal rispetto del bambino "straniero" che arriva a scuola e terminando col rapporto con il vicino di casa a volte molto ingombrante...

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- "La nonviolenza e' in cammino": Se una persona del tutto ignara le chiedesse "Cosa e' la nonviolenza, e come accostarsi ad essa?", cosa risponderebbe?

- Mariella Zadro: "La liberta' attraverso la tolleranza"; potrebbe sembrare uno slogan, ma speriamo di poterlo mettere in atto, ognuno nel proprio ruolo sociale.

 

6. MEMORIA. GIULIO VITTORANGELI: PER JERRY MASSLO E PER NOI

[Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per questa intervista.

Giulio Vittorangeli, nato a Tuscania (VT) il 18 dicembre 1953, impegnato da sempre nei movimenti della sinistra di base e alternativa, ecopacifisti e di solidarieta' internazionale, con una lucidita' di pensiero e un rigore di condotta impareggiabili; e' il responsabile dell'Associazione Italia-Nicaragua di Viterbo, ha promosso numerosi convegni ed occasioni di studio e confronto, ed e' impegnato in rilevanti progetti di solidarieta' concreta; ha costantemente svolto anche un'alacre attivita' di costruzione di occasioni di incontro, coordinamento, riflessione e lavoro comune tra soggetti diversi impegnati per la pace, la solidarieta', i diritti umani. Ha svolto altresi' un'intensa attivita' pubblicistica di documentazione e riflessione, dispersa in riviste ed atti di convegni; suoi rilevanti interventi sono negli atti di diversi convegni; tra i convegni da lui promossi ed introdotti di cui sono stati pubblicati gli atti segnaliamo, tra altri di non minor rilevanza: Silvia, Gabriella e le altre, Viterbo, ottobre 1995; Innamorati della liberta', liberi di innamorarsi. Ernesto Che Guevara, la storia e la memoria, Viterbo, gennaio 1996; Oscar Romero e il suo popolo, Viterbo, marzo 1996; Il Centroamerica desaparecido, Celleno, luglio 1996; Donne in America latina, Celleno, luglio 1997; Primo Levi, testimone della dignita' umana, Bolsena, maggio 1998; La solidarieta' nell'era della globalizzazione, Celleno, luglio 1998; I movimenti ecopacifisti e della solidarieta' da soggetto culturale a soggetto politico, Viterbo, ottobre 1998; Rosa Luxemburg, una donna straordinaria, una grande personalita' politica, Viterbo, maggio 1999; Nicaragua: tra neoliberismo e catastrofi naturali, Celleno, luglio 1999; La sfida della solidarieta' internazionale nell'epoca della globalizzazione, Celleno, luglio 2000; Ripensiamo la solidarieta' internazionale, Celleno, luglio 2001; La cultura del nuovo impero: l'uomo a dimensione di merce, Celleno, luglio 2002; America Latina: il continente insubordinato, Viterbo, marzo 2003; America Latina: l'alternativa al neoliberismo, Viterbo, aprile 2004; Mulukuku: un progetto di salute mentale in Nicaragua, Viterbo, novembre 2010. Ha coordinando il Gruppo di approfondimento "Vivere nel nord  impegnati nel sud", all'interno del Convegno "Vivere e amare attraverso le contraddizioni", promosso dall'Associazione Ore Undici, e svolto a Trevi nell'Umbria (Pg), 25-30 agosto 2001. Ha partecipato alla trasmissione di "Rai Utile", del 24 gennaio 2006, dal titolo "America Latina e' sviluppo". Ha contribuito alla realizzazione, stesura, pubblicazione e presentazione di tre libri: Que linda Nicaragua!, Associazione Italia Nicaragua, Fratelli Frilli editori, Genova 2005; Nicaraguita, la utopia de la ternura, Terra Nuova, Managua, Nicaragua, 2007; Nicaragua. Noi donne le invisibili, Associazione Italia-Nicaragua di Viterbo, Davide Ghaleb editore, Vetralla 2009. Per anni ha curato una rubrica di politica internazionale e sui temi della solidarieta' sul settimanale viterbese "Sotto Voce" (periodico che ha cessato le pubblicazioni nel 1997). Attualmente cura il notiziario "Quelli che solidarieta'". Cfr. anche l'intervista in "Coi piedi per terra" n. 325.

Su Jerry Masslo dalla Wikipedia, edizione italiana, rirpendiamo per stralci la seguente voce: "Jerry Essan Masslo (Umtata, 1959 - Villa Literno, 25 agosto 1989) fu un rifugiato sudafricano assassinato da una banda di criminali, la cui vicenda personale emoziono' profondamente l'opinione pubblica e porto' ad una riforma della normativa per il riconoscimento dello status di rifugiato. La morte di Jerry Essan Masslo rappresento' per l'Italia la presa d'atto della necessita' di garantire adeguati diritti e doveri agli immigrati, che nel corso degli anni Ottanta erano cresciuti considerevolmente di numero fino a raggiungere le seicentomila unita' nel 1990. Poco dopo la sua tragica scomparsa ebbe luogo a Roma la prima manifestazione antirazzista mai organizzata in Italia sino ad allora, con la partecipazione di oltre 200.000 persone, italiani e stranieri. La vicenda del mancato riconoscimento dello status di rifugiato a Jerry Masslo, porto' il governo a varare, in tempi record, il Decreto Legge 30 dicembre n. 416, recante norme urgenti sulla condizione dello straniero, convertito poi nella Legge n. 39 del 1990: la legge Martelli. La legge Martelli, all'articolo 1, riconobbe agli stranieri extraeuropei sotto mandato dell'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, lo status di rifugiato, eliminando la "limitazione geografica" per i richiedenti asilo politico, stabilita in base alla Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951, ratificata in Italia con la legge 24 luglio 1954 n. 722. Furono inoltre riconosciuti e garantiti i diritti dei lavoratori stranieri. La morte di Jerry Essan Masslo segno' l'inizio d'una nuova stagione della convivenza multietnica in Italia. Della vita di Jerry Masslo si possiedono solo poche informazioni, quante bastano perche' la sua vicenda possa essere considerata esemplare anche per comprendere il fenomeno dell'immigrazione ed il difficile cammino verso l'integrazione in Italia. Jerry Masslo nacque a Umtata, attualmente Mthatha, Sudafrica, citta' che tra il 1976 ed il 1994 e' stata capitale del Bantustan del Transkei ("zona al di la' del fiume Kei"), da cui provengono molti leader neri del Sud Africa, come Walter Sisulu e Nelson Mandela, che attualmente vive nel villaggio di Qunu, a pochi chilometri da Mthatha. Nonostante le condizioni di poverta' in cui Jerry Masslo e' vissuto, una capanna di legno e lamiere, riusci' a portare avanti gli studi, nelle scuole per "soli neri". Il padre, dopo un interrogatorio da parte della Polizia, non fece piu' ritorno a casa e divento' uno dei tanti "Missing" ("Scomparsi"). Sposato con tre figli, durante una manifestazione Jerry Masslo perse una figlia, della tenera eta' di sette anni, falciata da un proiettile vagante sparato dalla polizia. Da studente politicamente attivo, Jerry Masslo aveva simpatie per i movimenti di massa per i diritti della popolazione oppressa, come l'African National Congress (Anc), lo United Democratic Front (Udf) e la Black Consciousness (Bc), che avevano deciso di opporsi all'apartheid. Nel 1987 Jerry Masslo decise di andare via dal bantustan. Dopo aver messo in salvo la moglie ed i due bambini nel vicino Zimbabwe, raggiunse Lusaka, nello Zambia, dove vivevano alcuni suoi familiari. Insieme al fratello decisero di imbarcarsi clandestinamente per l'Europa, aiutati da un loro amico marinaio, nascosti in una scialuppa di salvataggio con viveri ed acqua per il viaggio, su una nave cargo nigeriana. Durante il viaggio, a causa di una violenta febbre che colpi' suo fratello, Jerry Masslo fu costretto a scendere dalla nave alla ricerca di farmaci, a Port Harcourt, in Nigeria. Acquistati i farmaci pero' non riusci' piu' a risalire sulla nave che salpo' proseguendo il suo tragitto. In seguito Jerry Masslo non riusci' piu' ad avere notizie di suo fratello. Per raggiungere l'Europa fu costretto a vendere gli unici oggetti di valore che aveva, un bracciale ed un orologio, ricordo del padre, per poter comprare un biglietto d'aereo per Roma Fiumicino, dove atterro' il 21 marzo del 1988. Al suo arrivo a Roma Jerry Masslo fece immediatamente domanda d'asilo politico alle autorita' di pubblica sicurezza, le quali, istruite a norma del principio della "limitazione geografica", furono obbligate a notificare un diniego, perche' l'asilo politico poteva essere richiesto solo dai cittadini dei paesi dell'Est Europa, per cui un cittadino di un paese dell'Africa non poteva avvalersi di questo diritto in Italia. Di fronte al diniego opposto dalla Polizia, Jerry Masslo chiese ed ottenne di essere messo in contatto telefonico con la sede italiana di Amnesty International, che dopo avere ascoltato la sua storia lo mise in contatto con l'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr). Alle sollecitazioni dell'Unhcr presso il Ministero dell'Interno, fu contestato dai funzionari del Viminale che la richiesta non poteva essere accolta in quanto, oltre alla "riserva geografica", erano interessati dagli "accadimenti in Sud Africa una pluralita' di suoi connazionali senza pero' denotare intenti persecutori diretti e personali nei confronti del richiedente". La decisione definitiva e non impugnabile pero' consentiva il rilascio di Jerry Masslo, dopo due settimane di trattenimento in una cella dell'aeroporto di Roma Fiumicino, in quanto all'epoca non era previsto alcun meccanismo coercitivo di accompagnamento alla frontiera. Poteva rimanere in Italia sebbene senza alcuno status giuridico definito. In seguito Jerry Masslo, accolto presso una struttura della Comunita' di Sant'Egidio, la "Tenda di Abramo", fece domanda di espatrio per il Canada, indicando nel modulo la volonta' di ricongiungersi con la moglie ed i figli. Accolto presso la struttura di accoglienza, incomincio' ad imparare la lingua italiana e ad esercitare dei lavori occasionali. Nell'estate successiva decise di spostarsi a Villa Literno, dove da altri immigrati gli era stato riferito che era possibile lavorare per la raccolta del pomodoro. Le condizioni di vita delle migliaia di immigrati che gia' da alcuni anni raggiungevano Villa Literno, per cercare lavoro nelle campagne, erano durissime. Villa Literno alla fine degli anni Ottanta era una citta' di circa 10.400 abitanti, che viveva prevalentemente di agricoltura, in cui un ruolo preponderante era svolto dalle attivita' economiche collegate al controllo del territorio da parte del clan dei casalesi. I campi di pomodoro finanziati dall'Aima e dalla Cee richiedevano, durante il periodo della raccolta, un massiccio impiego di forza lavoro bracciantile, non disponibile tra gli italiani alle condizioni economiche dei produttori. Per questo motivo la citta' comincio' a diventare meta degli immigrati, che seguivano la stagionalita' dei lavori in agricoltura, spostandosi di volta per volta nelle localita' dove veniva richiesto il lavoro, attraverso delle vere e proprie catene di richiamo. Durante il periodo della raccolta del pomodoro la popolazione immigrata raggiungeva anche le quattromila unita'. Jerry Masslo, ogni mattina all'alba, insieme a centinaia di immigrati, raggiungeva il quadrivio del paese, ribattezzato dai liternesi la "piazza degli schiavi", per attendere l'arrivo dei caporali e recarsi nei campi a raccogliere il pomodoro. Il lavoro poteva durare anche quindici ore al giorno e veniva pagato a "cassette" (ottocento o mille lire a cassetta), i contenitori da 25 kg di prodotto che dovevano essere riempiti e contati a fine giornata per il calcolo della paga giornaliera. Per poter raggiungere una paga giornaliera di 40.000 lire era necessario riempire piu' di quaranta casse. La notte, insieme ad altri immigrati, Jerry Masslo alloggiava, come gran parte degli immigrati, nei ruderi dei casolari in campagna, dormendo su cartoni, senza luce ne' servizi igienici. Nell'estate del 1988 rimase due mesi a Villa Literno, dopodiche', finita la stagione della raccolta, ritorno' a Roma presso la struttura di accoglienza che l'aveva accolto, la "Tenda di Abramo". Le condizioni lavorative a Roma non cambiarono per lui ed intanto il visto per il Canada non veniva rilasciato. L'estate successiva ritorno' a Villa Literno per lavorare alla raccolta del pomodoro. La situazione che vi trovo' era diversa rispetto all'anno precedente, nelle baracche dove dormivano gli immigrati stava maturando la consapevolezza sulle condizioni di sfruttamento alle quali gli immigrati erano costretti a sottostare. Alle riunioni partecipava attivamente anche Jerry Masslo. Gli immigrati si erano appellati al sindacato, ma le resistenze erano forti. Intanto a Villa Literno cominciarono a moltiplicarsi gli episodi d'intolleranza nei confronti degli immigrati. Dopo il lavoro, gli immigrati non potevano piu' passeggiare liberamente, per timore che venissero malmenati da alcuni ragazzi del paese, che avevano organizzato dei veri e propri "squadroni" che pestavano gli immigrati per terrorizzarli e costringerli a stare lontani dalle vie del centro della citta'. Per le strade i carabinieri trovarono dei volantini rivolti ai liternesi che venivano incitati alla violenza contro gli immigrati, in cui era scritto: "E' aperta la caccia permanente al nero. Data la ferocia di tali bestie... e poiche' scorazzano per il territorio in branchi, si consiglia di operare battute di caccia in gruppi di almeno tre uomini". La situazione degli immigrati nelle campagne di Villa Literno intanto incomincio' a destare l'attenzione dei media italiani, e una telecamera di una troupe del Tg2, che stava intervistando gli immigrati sulle loro condizioni, raccogliera' anche una testimonianza di Jerry Masslo. Quasi al termine della stagione di raccolta nei campi, la sera del 24 agosto 1989, Jerry Masslo si era ritirato nel capannone di via Gallinelle, dove dormiva con altri 28 immigrati. Un gruppo di quattro persone, con i volti coperti, fece irruzione con armi e spranghe chiedendo che venissero consegnati loro tutti i soldi che avevano addosso. Per gli immigrati, che non avevano altro sistema che conservare tra i loro indumenti tutto il denaro che guadagnavano, significava dover consegnare agli assalitori tutto cio' che avevano guadagnato in due mesi ed oltre di lavoro. Alcuni consegnarono subito il denaro, altri si rifiutarono. Al rifiuto degli immigrati di consegnare il denaro uno dei ladri colpi' alla testa, con il calcio della pistola, un sudanese di 29 anni, Bol Yansen. Jerry Masslo, che era rimasto in piedi davanti ai balordi rifiutandosi di dare loro i suoi risparmi, fu colpito all'addome da tre colpi di pistola calibro 7,65. Nel trambusto successivo alla sparatoria gli assalitori fuggirono via, per timore della reazione degli immigrati. Nella sparatoria venne ferito anche Kirago Antony Yrugo, cittadino keniano, che riusci' a sopravvivere. Jerry Masslo mori' prima dell'intervento dei medici. La Cgil per Jerry Masslo chiese i funerali di Stato, che si tennero il 28 agosto alla presenza del vicepresidente del Consiglio Gianni De Michelis e di altre rappresentanze delle istituzioni. Ai funerali accorsero le televisioni di tutta Italia per riprendere l'evento, il Tg2 si collego' in diretta, e trasmise nella consueta rubrica "Nonsolonero", per intera, l'intervista rilasciata da Jerry Masslo: "Pensavo di trovare in Italia uno spazio di vita, una ventata di civilta', un'accoglienza che mi permettesse di vivere in pace e di coltivare il sogno di un domani senza barriere ne' pregiudizi. Invece sono deluso. Avere la pelle nera in questo paese e' un limite alla convivenza civile. Il razzismo e' anche qui: e' fatto di prepotenze, di soprusi, di violenze quotidiane verso chi non chiede altro che solidarieta' e rispetto. Noi del terzo mondo stiamo contribuendo allo sviluppo del vostro paese, ma sembra che cio' non abbia alcun peso. Prima o poi qualcuno di noi verra' ammazzato ed allora ci si accorgera' che esistiamo". La morte di Jerry Masslo ebbe un grande risalto mediatico. Il Tg3 nazionale apri' con la notizia: "Squadrone della morte a Villa Literno spara sui lavoratori di colore". Nei giorni successivi intervennero sulla vicenda l'Onu, il Papa, il Presidente della Repubblica e tutto il mondo politico italiano, il sindacato e l'associazionismo. Il 20 settembre 1989 a Villa Literno si tenne il primo sciopero degli immigrati contro il caporalato al servizio della camorra, un evento di portata storica per l'Italia. Il 7 ottobre 1989 a Roma si svolse la prima grande manifestazione nazionale contro il razzismo, con alla testa uno striscione che ricordava il profugo politico sudafricano. In quella stagione si formera' la prima generazione di antirazzisti in Italia. L'allora Presidente della Camera, Nilde Iotti, incontro' una delegazione di immigrati a Villa Literno. Nel febbraio del 1990 entra in vigore la legge Martelli, primo discusso tentativo di affrontare i temi dell'immigrazione in un paese che scopriva di essere diventato non piu' terra d'emigrazione ma luogo dove migliaia di stranieri, che all'epoca avevano superato abbondantemente il mezzo milione di presenze, decidevano di trasferirsi per migliorare le proprie condizioni di vita. Nell'estate del 1990 venne realizzato a Villa Literno il Villaggio della Solidarieta', una grande tendopoli dotata di servizi per gli immigrati, intitolata a Jerry Masslo, allestita grazie all'impegno volontario di giovani provenienti da tutta Italia. Nel corso dei primi anni Novanta presero corpo le prime forme di accoglienza per immigrati e per l'integrazione scolastica dei loro figli. Nonostante la nascita di alcune associazioni, tra queste un'associazione fondata da medici intitolata a Jerry Masslo, la condizione dei migranti nelle campagne di Villa Literno non ricevette adeguate misure di sostegno per l'organizzazione di servizi di accoglienza, assistenza ed integrazione. L'assenza di strutture di accoglienza obbligo' i migranti ad organizzarsi in un insediamento intorno ad un casolare diroccato, che arrivo' ad ospitare fino a 2.500 persone. Le difficili condizioni igienico-sanitarie fecero diventare famoso l'insediamento con il nome di "Ghetto di Villa Literno". I clan della camorra, infastiditi dalla eccessiva attenzione mediatica che le campagne di Villa Literno riscuotevano per l'utilizzo massiccio dei braccianti immigrati, reagirono causando il rogo del Ghetto di Villa Literno, nonostante l'intenzione della prefettura di Caserta di individuare una soluzione alternativa, con un progetto di oltre un miliardo di lire, di cui avrebbe dovuto farsi carico l'amministrazione di Casal di Principe entro l'estate, prima del vertice G7 che si sarebbe tenuto a Napoli. La concomitante tragedia dell'assassinio di don Giuseppe Diana sposto' pero' drammaticamente l'attenzione mediatica dagli immigrati al grave problema di ordine pubblico rappresentato dal clan dei casalesi, il tempo necessario affinche' il "Ghetto" di Villa Literno venisse incendiato nell'autunno del 1994. Monsignor Raffaele Nogaro, vescovo di Caserta defini' l'incendio del Ghetto di Villa Literno, un "incendio di Stato""]

 

In Italia, il primo provvedimento organico sull'immigrazione e' la legge Martelli del 1990. A questa legge si giunge grazie all'onda di emozione che scuote il nostro Paese dopo l'assassinio di Jerry Essan Masslo avvenuto a Castel Volturno, la sera del 24 agosto 1989, ad opera di una squadraccia del luogo che aveva fatto irruzione nel capannone dove dormiva insieme ad una trentina di immigrati. L'obiettivo era quello di rapinarli, ma la reazione coraggiosa dei lavoratori indusse i quattro delinquenti a sparare ferendo due persone e uccidendo il trentenne sudafricano.

La sua vicenda e' stata recentemente ricordata nel libro "Voi li chiamate clandestini", di Laura Galesi e Antonello Mangano, edito da Manifestolibri.

"Jerry Essan Masslo arriva all'aeroporto di Fiumicino il 21 marzo del 1988. Fugge dal Sudafrica dell'apartheid, il padre era scomparso dopo un interrogatorio della polizia. Presenta domanda di asilo in Italia, ma in quegli anni i rifugiati ammessi sono soltanto quelli che fuggono dall'Est socialista. Masslo per vivere e' costretto ad andare a Villa Literno, a raccogliere i pomodori. Le condizioni sono durissime, ma dopo due mesi di lavoro e' il tempo del ritorno a Roma, in attesa del visto per il Canada. La prima stagione e' solo fatica, durante la seconda arriva la morte. Non per caso. Nel paese si erano organizzate squadre per la caccia permanente al nero. 'Data la ferocia di tali bestie (...) e poiche' scorrazzano per il territorio in branchi, si consiglia di operare battute di caccia in gruppi di almeno tre uomini'. Cosi' scrivono alcuni balordi in un volantino rinvenuto dai carabinieri. 'Pensavo di trovare in Italia uno spazio di vita, una ventata di civilta' (...) Prima o poi qualcuno di noi verra' ammazzato e allora ci si accorgera' che esistiamo', aveva detto mesi prima in una intervista al Tg2. Parole profetiche, il morto sarebbe stato lui stesso".

L'altra importante conseguenza dell'uccisione di Jerry Masslo fu la proclamazione del primo sciopero nazionale organizzato dai migranti. Soltanto il primo marzo 2010 avremmo assistito al secondo sciopero.

Non solo, molti ricorderanno la conseguente prima manifestazione antirazzista nella storia d'Italia, il 7 ottobre 1989, a Roma, dove trecentomila persone (italiani e stranieri) sfilarono per strada manifestando per i propri diritti: "La nostra condizione di clandestini permette a datori di lavoro disonesti e alla criminalita' organizzata di usarci per mettere in pericolo i diritti che voi lavoratori italiani avete conquistato sin dalla Resistenza..." (dal volantino che proclamava lo sciopero nazionale, le cui parole, due decenni dopo, sono drammaticamente attuali).

"Parliamo di 21 anni fa, di un'epoca in cui il fenomeno migratorio era ancora poco presente nella societa' italiana, che stava iniziando il suo passaggio da terra di emigrazione a terra di immigrazione. Eppure c'era gia' la Lega, spalleggiata in certe manifestazioni xenofobe dal Pri di La Malfa e dall'Msi; c'erano gia' gli atti di razzismo e di violenza contro gli immigrati; e c'era gia' la prima manifestazione per i diritti dei lavoratori stranieri. Dopo un ventennio, ci si accorge come siamo ancora fermi li'. La violenza e' maggiore, lo sfruttamento e' identico. A Villa Literno e' cambiato poco e gli stagionali dell'agricoltura vivono ancora in condizioni terribili" (dalla prefazione del giornalista Fabrizio Gatti al libro "I volti del primo marzo, voci da un'altra Italia", Marotta & Cafiro editori).

Poco e' cambiato in quelle terre, se non in peggio; basta ricordare la drammatica rivolta di Rosarno del dicembre 2008, una della pagine piu' vergognose della nostra storia repubblicana.

Troppi sembrano rimuovere il fatto inconfutabile che il degrado in terra di camorra non dipende certamente dagli stranieri; preferendo parlare come la Lega Nord e trattare queste persone come extraterrestri. In un altro libro, "Le Rosarno d'Italia", un bel reportage di Stefania Ragusa (Vallecchi editore), sottotitolo: "Storie di ordinaria ingiustizia", si descrive l'aneddoto di un esule algerino che in tribunale dichiara di venire dalla Luna. "Ma in che Paese?" chiede il giudice pensando a una omonimia. E lui risponde: "In cielo, vostro onore. Devo per forza venire dalla Luna perche' voi continuate a trattarmi come un extraterrestre".

La figura di Jerry Masslo rimane assolutamente attuale, purtroppo, la sua vicenda sembra sciaguratamente destinata a riproporsi, vista la grande indifferenza che si e' insinuata penetrando, amara come piombo, nella bocca e nelle viscere piu' basse di ampi strati della popolazione italiana.

 

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Numero 404 del 23 agosto 2011

 

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