Telegrammi. 631
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- Date: Fri, 29 Jul 2011 00:49:52 +0200 (CEST)
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 631 del 29 luglio 2011
Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Sommario di questo numero:
1. Sette domande a Nanni Salio
2. Giobbe Santabarbara: Da Perugia ad Assisi
3. Peppe Sini: Per la verita'
4. Alcuni testi del mese di ottobre 2006 (parte prima)
5. Pour tout vous dire
6. Afghanistan
7. Afghanistan
8. Sette tesi sulla nonviolenza in quanto politica
9. Franco Alasia
10. Afghanistan
11. Afghanistan
12. Una postilla
13. Anna Politkovskaja
14. Afghanistan
15. Corea
16. Afghanistan
17. Contro il nucleare
18. Segnalazioni librarie
19. La "Carta" del Movimento Nonviolento
20. Per saperne di piu'
1. VERSO LA MARCIA PERUGIA-ASSISI. SETTE DOMANDE A NANNI SALIO
[Ringraziamo Nanni Salio (per contatti: nanni at serenoregis.org) per questa intervista.
Giovanni (Nanni) Salio, torinese, nato nel 1943, ricercatore nella facolta' di Fisica dell'Universita' di Torino, segretario dell'Ipri (Italian Peace Research Institute), si occupa da alcuni decenni di ricerca, educazione e azione per la pace, ed e' tra le voci piu' autorevoli della cultura nonviolenta in Italia; e' il fondatore e presidente del Centro studi "Domenico Sereno Regis", dotato di ricca biblioteca ed emeroteca specializzate su pace, ambiente, sviluppo (sede: via Garibaldi 13, 10122 Torino, tel. 011532824 - 011549005, fax: 0115158000, e-mail: info at serenoregis.org, sito: www.serenoregis.org). Opere di Giovanni Salio: Difesa armata o difesa popolare nonviolenta?, Movimento Nonviolento, II edizione riveduta, Perugia 1983; Ipri (a cura di Giovanni Salio), Se vuoi la pace educa alla pace, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1983; con Antonino Drago, Scienza e guerra: i fisici contro la guerra nucleare, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1984; Le centrali nucleari e la bomba, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1984; Progetto di educazione alla pace, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1985-1991; Ipri (introduzione e cura di Giovanni Salio), I movimenti per la pace, vol. I. Le ragioni e il futuro, vol. II. Gli attori principali, vol. III. Una prospettiva mondiale, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1986-1989; Le guerre del Golfo e le ragioni della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1991; con altri, Domenico Sereno Regis, Satyagraha, Torino 1994; Il potere della nonviolenza: dal crollo del muro di Berlino al nuovo disordine mondiale, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1995; Elementi di economia nonviolenta, Movimento Nonviolento, Verona 2001; con D. Filippone, G. Martignetti, S. Procopio, Internet per l'ambiente, Utet, Torino 2001]
- "La nonviolenza e' in cammino": Quale e' stato il significato piu' rilevante della marcia Perugia-Assisi in questi cinquanta anni?
- Nanni Salio: Don Milani era scettico a proposito delle marce, ma la prima marcia ebbe un significato di rottura in un clima politico assai difficile e Capitini seppe fare un lavoro straordinario per mettere insieme componenti diverse e superare molte avversita'. In seguito la marcia e' stata sempre piu' edulcorata e sebbene in alcuni casi molto partecipata, i contenuti e la qualita' della partecipazione (soprattutto da parte di personaggi politici di rilievo che intervenivano pur essendo responsabili di decisioni nient'affatto condivisibili) lasciava a desiderare. Pur con questi limiti, la marcia e' stata un punto di riferimento soprattutto nei momenti piu' cruciali.
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- "La nonviolenza e' in cammino": E cosa caratterizzera' maggiormente la marcia che si terra' il 25 settembre di quest'anno?
- Nanni Salio: Il tema centrale e' ancora una volta quello della nonviolenza e del ripudio della guerra. Per ragioni di compromesso, non si e' giunti a delineare contenuti piu' avanzati, come quello della difesa popolare nonviolenta, che bisognerebbe sempre avere presente, e dei corpi civili di pace.
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- "La nonviolenza e' in cammino": Quale e' lo "stato dell'arte" della nonviolenza oggi in Italia?
- Nanni Salio: Sul piano teorico abbiamo buone elaborazioni e riflessioni. Molto meno sul piano dell'azione collettiva e su quello organizzativo. Per queste ragioni siamo poco appariscenti nella societa'.
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- "La nonviolenza e' in cammino": Quale ruolo puo' svolgere il Movimento Nonviolento fondato da Aldo Capitini?
- Nanni Salio: Deve continuare a proporre e riproporre il messaggio capitiniano e andare oltre, verso la realizzazione di alternative nel campo della difesa, della trasformazione nonviolenta dei conflitti e della costruzione di una societa' e di una economia sostenibili e nonviolente. Occorre riprendere con forza il tema dell'obiezione di coscienza, estendendolo anche ai militari in servizio (obiezione selettiva), ai lavoratori nelle fabbriche belliche, ai ricercatori. Inoltre, bisogna promuovere forme di organizzazione tra i vari gruppi e movimenti che condividono la cultura della nonviolenza per rendere piu' efficace e incisivo il lavoro collettivo.
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- "La nonviolenza e' in cammino": Quali i fatti piu' significativi degli ultimi mesi in Italia e nel mondo dal punto di vista della nonviolenza?
- Nanni Salio: In Italia: il successo dei movimenti promotori dei referendum e la capacita', nonostante tutto, del movimento No Tav di continuare a resistere. Sul piano internazionale la primavera araba sta dimostrando che e' possibile lottare mediante la nonviolenza collettiva su larga scala, in ogni ambiente culturale, smontando le tesi di coloro che hanno relegato l'islam in una concezione violenta. Infine, l'Islanda ha indicato la strada da seguire per non accettare supinamento il ricatto e l'esproprio operato dai centri criminali della finanza internazionale.
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- "La nonviolenza e' in cammino": Su quali iniziative concentrare maggiormente l'impegno nei prossimi mesi?
- Nanni Salio: Organizzare la protesta e l'opposizione alle manovre finanziarie, seguendo l'esempio islandese, degli indignados, ecc. Continuare l'opera avviata con i referendum per concretizzare le alternative. Tessere una rete di movimenti di base per un'alternativa che dia speranza e metta fuori gioco l'attuale sistema di potere politico.
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- "La nonviolenza e' in cammino": Se una persona del tutto ignara le chiedesse "Cosa e' la nonviolenza, e come accostarsi ad essa?", cosa risponderebbe?
- Nanni Salio: La nonviolenza e' la capacita' di trasformazione creativa e costruttiva dei conflitti, dal micro al macro, per ridurre ogni forma di violenza e pertanto di sofferenza e accrescere le possibilita' di vita felice e armoniosa. La inviterei al nostro Centro Sereno Regis, dove vedrebbe cosa significa operare quotidianamente nella ricerca, nell'educazione e nell'azione e chiederei di coinvolgersi man mano nel nostro lavoro.
2. EDITORIALE. GIOBBE SANTABARBARA: DA PERUGIA AD ASSISI
Sono molti anni che non dedico soverchia attenzione alle piattaforme della marcia Perugia-Assisi elaborate e diffuse dalla Tavola della Pace che la marcia organizza - e merito gliene sia dato -; documenti elefantiaci ed elusivi (conosco la tecnica retorica impiegata: colmare di genericita' e prolissita' un programma per nascondere l'assenza di cio' che e' decisivo).
E quindi non mi aspetto di trovare in quelle piattaforme le due-tre frasi chiare e veritiere che sarebbero necessarie: l'opposizione secca, immediata e concreta alla partecipazione italiana alla guerra; l'opposizione secca, immediata e concreta alla persecuzione razzista; l'opposizione secca, immediata e concreta ad esercito ed armi; la scelta nitida, intransigente e concreta della nonviolenza.
Cosi' come non mi aspetto che la generalita' delle onlus e delle ong si oppongano davvero alla guerra e al razzismo: finche' continuano ad essere foraggiate di pubblici denari e prebende per intercessione dei poteri dominanti che guerra e persecuzione razzista operano, sarebbe per loro come sputare nel piatto in cui mangiano.
Quindi, niente illusioni.
*
Ma alla marcia, quando le condizioni di salute me lo consentono, partecipo con convinzione.
Perche' la marcia e' un'altra cosa rispetto alle fumogene piattaforme su cui e' convocata.
La marcia, lo ho ripetuto molte volte in questi ultimi trent'anni, e' innanzitutto un'assemblea itinerante: e in essa ogni voce e' libera ed ha valore. Ed e' anche l'eredita' feconda di Aldo Capitini, la cui proposta politica e' inequivocabile.
Chi partecipa alla marcia Perugia-Assisi, quali che siano le sue intenzioni, la sua insipienza o la sua ipocrisia, partecipa a un'azione politica di opposizione alla guerra e al fascismo.
Chi poi oltre ad opporsi alla guerra e al fascismo volesse anche cogliere la parte costruttiva (e sostanziale) della proposta capitiniana, ebbene, si accosti alla nonviolenza (e del resto partecipare alla marcia ineludibilmente convoca a un confronto con la nonviolenza e con l'eredita' capitiniana).
E il perplesso (per abito e per metodo) che scrive queste righe, di una cosa almeno e' persuaso: che non si da' azione efficace contro la guerra e contro il fascismo (contro il maschilismo, che della guerra e del fascismo e' la prima radice; contro il razzismo; contro la distruzione delle vite e della natura casa comune dell'umanita' intera) se questa azione non e' nonviolenta.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.
3. EDITORIALE. PEPPE SINI: PER LA VERITA'
I Cie (acronimo di Centri di identificazione ed espulsione), gia' denominati Cpt (acronimo di Centri di permanenza temporanea), sono dei campi di concentramento in cui sono detenute persone che non hanno commesso alcun male.
Il punto non e' che i tempi di detenzione siano piu' lunghi o piu' brevi di qualche mese (anche se ovviamente meno tempo le vittime ci passano e meno male subiscono), ne' che un giornalista o un parlamentare possano visitarli (anche se ovviamente piu' giornalisti e parlamentari li visitano e meno abusi vi si compiono). Il punto e' che bisogna abolirli.
Abolirli.
Abolirli in quanto strutture che violano i fondamentali diritti umani.
*
E chi li ha creati (all'inizio con la legge Turco-Napolitano, poi confermata in questo dalla Bossi-Fini) dovrebbe essere allontanato da ogni pubblico incarico. E processato per crimini contro l'umanita'.
Mi dispiace assai che uno dei colpevoli di questo crimine sia oggi il Presidente della Repubblica. La Repubblica - se cosi' posso esprimermi - non meritava ne' questo orrore ne' questa infamia.
4. HERI DICEBAMUS. ALCUNI TESTI DEL MESE DI OTTOBRE 2006 (PARTE PRIMA)
Riproponiamo alcuni testi apparsi sul nostro notiziario nel mese di ottobre 2006.
5. HERI DICEBAMUS. POUR TOUT VOUS DIRE
Tutta la questione del voto parlamentare di questa estate sulla prosecuzione della illegale e criminale partecipazione militare italiana alla illegale e criminale guerra afgana si riduceva infine a questo: dire si' o dire no alla guerra e alle stragi.
E quindi anche: dire si' o dire no alla flagrante violazione della legalita' costituzionale che quel crimine di necessita' implicava.
Ovvero ancora: dire si' o dire no alla ennesima conferma di una politica internazionale del nostro paese semplicemente golpista e assassina: la politica internazionale che tra i suoi fasti annovera i campi di concentramento per i migranti (governo Prodi, 1998); i massacri della guerra della Nato in Jugoslavia (governo D'Alema, 1999); la partecipazione alla guerra afgana e alla guerra irachena, la legge che consente a chiunque di assassinare una persona in casa propria, e cosi' tante altre nequizie che non c'e' lo spazio per elencarle qui (governo Berlusconi, lungo tutto il quinquennio 2001-2006).
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Dell'intero parlamento solo quattro deputati questa estate hanno detto no alla guerra e alle stragi.
Tutti gli altri hanno ceduto alla guerra e alle stragi. Tutti.
E non ci e' stato risparmiato neanche il ripugnante teatrino ad uso dei gonzi delle dimissioni (ovviamente respinte): teatrino che ha costituito una delle cose piu' squallide di quella vicenda di irresponsabilita' ed imbrogli ed infamie - poiche' il senso di esso era sostenere la folle tesi che nel parlamento italiano non si potesse votare secondo coscienza e secondo Costituzione contro la guerra: e se non e' cedimento al fascismo questo, ebbene, non so cosa cedimento sia.
Ne' ci e' stato risparmiato - dopo l'ignobile plebiscito della camera - il bieco trucco del voto di fiducia in senato: quel medesimo voto di fiducia utilizzato ad ogni pie' sospinto dal governo Berlusconi per far approvare dalla sua masnada le piu' illegali legiferazioni sue, e riutilizzato dal governo Prodi in pro della guerra e delle stragi.
*
Ma non e' bastata l'infamia di un parlamento asservito alla guerra e alle stragi.
C'e' stata anche l'infamia del silenzio complice dei mille burocrati e professorini del pacifismo parastatale e finanziariamente assistito, foraggiato e vezzeggiato da pingui patroni appartenenti ai poteri dominanti. Va da se', foraggiato e vezzeggiato a condizione che si limiti a gestire un po' di beneficienza in appalto (beninteso: dopo aver messo da parte gli stipendi, i fondi pensione ed i comfort per se' e per la consorteria - bisogna pur pensare al futuro), all'incessante turismo convegnistico, agli spettacolini (talora fin collusi con lo squadrismo) ad uso televisivo, alle ben retribuite ciance e alla ben patinata colluvie di carte a spese del pubblico erario, e per il resto non disturbi il manovratore, e lasci cioe' la "grande politica" ad essi pingui patroni, e ai loro bombardieri.
Dopo anni di proclami fin deliranti nel loro rivoluzionarismo da operetta, giunti alla prova tanti movimenti e tante organizzazioni dalle roboanti ragioni sociali si sono allineati ed asserviti anch'essi alla guerra e alle stragi. Sic transit eccetera.
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E c'e' stata un'infamia peggiore: di quelli che pur non avendo alcun bisogno di prostituirsi ai dispensatori di prebende e di carriere, si sono prestati anch'essi a farsi sostenitori e propagandisti del voto a favore della guerra e delle stragi, nel pensier loro fingendosi che si potesse appoggiare la guerra proclamando la pace, anzi, addirittura dicendosi - bonta' loro - "nonviolenti" mentre si accodavano al partito della guerra e delle stragi (neppure "amici della nonviolenza", "nonviolenti" tout court, quale presunzione: e' proprio vero che gli dei accecano coloro che vogliono perdere).
C'e' un luogo di un antico libro in cui il nemico di tutti - la violenza - dice all'uomo nel deserto: "se tu mi adori io ti daro' il potere su tutto". E l'uomo nel deserto sa che deve rispondere no. Non c'e' bisogno di aver letto Hannah Arendt per saperlo.
*
Nella "carta ideologico-programmatica" del movimento nonviolento dettata da Aldo Capitini - che questo foglio ogni giorno riproduce, e non per vezzo - e' lapidariamente scritto che la prima delle fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento e' "l'opposizione integrale alla guerra". E' anche la nostra persuasione.
6. HERI DICEBAMUS. AFGHANISTAN
Perche' cessino le stragi ciascuno deve fare la sua parte.
L'Italia ritiri la sua partecipazione militare alla guerra.
L'Italia contesti alla Nato - alleanza di cui fa parte - le stragi che la Nato sta commettendo, ne chieda la cessazione immediata.
S'impegni per costruire la pace con mezzi di pace, che e' l'unico modo possibile.
Rientri nella legalita' costituzionale ed internazionale.
Cessi di far morire e s'impegni a salvare le vite.
*
Se il governo e il parlamento italiano persistono nel crimine della guerra e delle stragi e' compito di ogni cittadino opporsi. Con la forza della nonviolenza, con l'azione diretta nonviolenta.
Chi elude questo dovere si fa complice della guerra, si fa complice del terrorismo.
7. HERI DICEBAMUS. AFGHANISTAN
L'Italia non puo' svolgere alcuna credibile azione per la pace finche' partecipa alle guerre, finche' fa spedizioni militari, finche' rifornisce di armi regimi criminali.
L'Italia non puo' avere alcuna credibilita' internazionale finche' e' parte delle alleanze che stanno eseguendo stragi in Afghanistan e in Iraq.
L'Italia aiuta il terrorismo internazionale finche' partecipa a guerre terroristiche che violano il diritto internazionale.
L'Italia e' complice del crimine finche' governo e parlamento violano la sua stessa Costituzione.
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Cessi la partecipazione italiana alle guerre.
La pace si costruisce con la pace.
8. HERI DICEBAMUS. SETTE TESI SULLA NONVIOLENZA IN QUANTO POLITICA
1. La nonviolenza e' innanzitutto una politica: e' lotta e proposta politica.
Non staremmo a parlare del messaggio di Gandhi se Gandhi non avesse condotto grandi lotte politiche e non avesse formulato una grande proposta politica.
*
2. Essendo una politica, lotta e proposta politica, la nonviolenza e' concreta.
Ovvero contrasta la violenza nelle condizioni concrete in cui esercita il conflitto contro di essa. Una nonviolenza ideale, astratta, non si da'.
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3. O la nonviolenza e' una politica, lotta e proposta politica, o non e' nulla.
Chi la confonde con una sorta di psicoterapia casalinga, o una mistica laica, o un modesto galateo, o la ragionevole condotta di quell'idealtipico "buon padre di famiglia" di cui si legge sui contratti, ebbene, non sa quel che si dice.
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4. O la nonviolenza, lotta e proposta politica, e' opposizione alla violenza, opposizione la piu' nitida e la piu' intransigente, la piu' concreta e la piu' limpida, o essa alla violenza e' subalterna. Ed allora e' peggio che nulla, e' complicita'.
E poiche' tertium non datur, o la nonviolenza e' la piu' forte e la piu' decisa lotta e proposta politica contro la violenza, o e' violenza e menzogna e vilta' insieme, ovvero: non e' affatto nonviolenza.
Non esiste una nonviolenza reticente e astensionista, temperata e accomodante, facilona e compagnona, sussiegosa e perbenista, in frac o all'amatriciana. La nonviolenza e' scelta di lotta ed ascesi, e' conflitto ed incontro nel conflitto, e nel conflitto riconoscimento di umanita', e solo nel conflitto negoziato, e solo sconfitta la violenza e' riconciliazione tra le parti.
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5. Chiamiamo nonviolenza un insieme di esperienze storiche e di riflessioni legate alla prassi. Del movimento delle classi oppresse e dei popoli oppressi, del movimento delle donne, dei movimenti di resistenza ai totalitarismi, dei movimenti di liberazione dell'umanita', dei movimenti di conservazione della natura; esperienze che con minore o maggiore consapevolezza hanno agito il conflitto politico con fini politici e con mezzi politici per il riconoscimento di tutti i diritti umani a tutti gli esseri umani, per la difesa della biosfera, contro sfruttamento, inquinamento, guerra. Esperienze e riflessioni che hanno assunto come decisivo il principio della dignita' umana di tutti gli esseri umani e si sono adoperate ad inverarlo nella realta'.
Nonviolenza non e' per noi un canone di autori, una dogmatica, un ricettario; ma un insieme di esperienze e riflessioni che ti convocano a una critica e a una scelta, a una responsabilita' e ad un cammino. La nonviolenza e' in cammino.
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6. Quali elementi caratterizzano la politica della nonviolenza?
L'opposizione alla violenza.
L'opposizione concreta alla violenza.
L'opposizione costruttiva alla violenza.
Ovvero: la scelta giuriscostituente, tale per cui la massima dell'azione nonviolenta, di ogni azione nonviolenta - che e' sempre insieme lotta e proposta politica -, sempre sia fondativa di istituti che consentono e promuovono la convivenza, la convivenza civile, la convivenza civile di tutte e tutti.
Ovvero: la coerenza tra mezzi e fini, la scelta della verita', il riconoscimento di umanita', la non distruttivita', la coscienza della comune costitutiva fragilita' e fallibilita', l'etica del limite e della cura, il principio responsabilita'.
*
7. "L'opposizione integrale alla guerra" scrive Capitini essere la prima "direttrice d'azione" del movimento nonviolento per la pace.
Pertanto la nonviolenza in quanto politica e' innanzitutto opposizione alla guerra, alle sue logiche, ai suoi strumenti ed ai suoi apparati. Questo e' il compito dell'ora.
9. HERI DICEBAMUS. FRANCO ALASIA
Da Amico Dolci riceviamo la notizia della scomparsa di Franco Alasia, il grande collaboratore di Danilo, e con Danilo una delle figure piu' vive e luminose della lotta nonviolenta in Italia.
Ai familiari e agli amici ci uniamo nel cordoglio.
A tutte e tutti coloro che ci leggono, l'invito a raccoglierne l'eredita'.
Non si estingue con la morte il valore delle persone buone, resta dono perenne all'umanita' intera il bene da loro operato e l'esempio, l'insegnamento a bene operare.
10. HERI DICEBAMUS. AFGHANISTAN
Cessare di partecipare alle guerre, per potersi opporre a tutte le guerre.
Smilitarizzare i conflitti: negoziati invece che stragi.
Disarmare, cominciando noi per porterlo chiedere agli altri.
Cessare di uccidere, ed invece salvare le vite.
Cessare di gettare risorse in armi ed eserciti, ed invece dare aiuto alle vittime delle guerre: cibo, case, scuole, ospedali, sostegno ad economie autocentrate con tecnologie appropriate, sostegno alla democrazia di base, difesa della biosfera.
La pace si costruisce con mezzi di pace.
La nonviolenza e' la via.
*
Cessi la violazione della legalita' costituzionale ed internazionale.
Costringiamo governo e parlamento a tornare nella legalita'.
Occorre l'azione nonviolenta per la pace e la Costituzione, per salvare le vite e ripristinare la vigenza del diritto.
*
Cessi ogni complicita' con la guerra e con le stragi.
11. HERI DICEBAMUS. AFGHANISTAN
L'Afghanistan oggi e' un Vietnam anche italiano.
E' insieme alla condizione fatta ai migranti la nostra piu' infame vergogna, di uno stato che costantemente viola la propria legge fondamentale, e che provoca morti, deportazioni, riduzione in schiavitu'. Un paese che torna fascista per responsabilita' precisa dei suoi governi e dei suoi parlamenti. Ma anche per responsabilita' dei cittadini che non si ribellano alla guerra e agli eccidi, che non insorgono con la forza della nonviolenza per ottenere il ripristino della legalita' costituzionale: dell'articolo 10 che garantisce agli stranieri perseguitati di trovare in Italia accoglienza, liberta', diritti; dell'articolo 11 che ripudia la guerra.
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Dicono alcuni giornali che nella finanziaria il governo avrebbe inteso includere il finanziamento annuale delle missioni militari all'estero cosiddette "di pace", cosicche' in parlamento non se ne parlasse piu', e la partecipazione alle guerre continuasse nell'indifferenza di tutti. Dicono poi alcuni giornali che quell'articolo verra' riformulato, quella proposta ritirata, parola di non so quale ministro, di quale parlamentare: beninteso, ministro del governo che ha voluto la prosecuzione della guerra e delle stragi, parlamentare del parlamento che ha avallato la guerra e le stragi.
*
La Costituzione italiana proibisce che l'Italia partecipi a guerre che non siano strettamente difensive.
La partecipazione italiana alle guerre in corso in Afghanistan e in Iraq e' una flagrante violazone della legalita' costituzione e del diritto internazionale.
E' dalla fine del secolo scorso che governo e parlamento italiani sono fuorilegge, e l'Italia e' oggi coinvolta in teatri di guerra ove stragi vengono quotidianamente commesse dalle coalizioni militari di cui siamo parte.
Siamo ormai un paese che a pieno titolo fa parte della coalizione terrorista e stragista guidata dal presidente degli Usa.
Siamo un paese reso criminale da governi criminali, e da fin totalitarie maggioranze parlamentari criminali.
Nei teatri di guerra in cui sono stati mandati a morire e ad uccidere, non pochi italiani sono gia' morti per questo; e moltissimi afgani, moltissimi iracheni. E sono morte in tutto il mondo moltissime altre persone per le risposte dei gruppi terroristici a quel terrorismo degli eserciti degli stati occidentali che fa seguito al terrorismo dell'11 settembre che faceva seguito al terrorismo di altri ancor precedente, lungo una plurisecolare catena che o viene spezzata da qualcuno con un atto unilaterale di rinuncia alla vendetta assassina, al sopruso assassino, o trascinera' nel baratro l'umanita' intera.
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La nonviolenza e' il gesto, l'atto che occorre: quel gesto di rottura della catena delle uccisioni. Quel gesto che restaura il primato della vita e della dignita' umana.
Ed e' un presagio di scelta della nonviolenza nelle relazioni internazionali quanto attestano la carta delle Nazioni Unite nel suo preambolo e la Costituzione della Repubblica Italiana nell'undicesimo e decisivo dei suoi principi fondamentali.
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E' necessario il ritiro immediato e completo delle truppe italiane dall'Iraq, ancora non avvenuto sebbene ripetutamente dichiarato.
E' necessario il ritiro immediato e completo delle truppe italiane dall'Afghanistan.
E solo cessando di fare la guerra si apre la via alla possibilita' di costruire la pace, di esercitare un'azione che salvi le vite, che smilitarizzi i conflitti, che apra al riconoscimento della comune umanita', che consenta ricostruzione materiale e civile.
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Ed anche il dispiegamento militare italiano in Libano e' gravissimo un errore, e non solo perche' esso e' come star seduti su una polveriera (massime da parte di uno stato, l'Italia, tuttora coinvolto in guerre imperialiste e stragiste come quella irachena e quella afgana), poiche' tutti sappiamo che al primo incidente - fortuito o provocato - la situazione puo' di nuovo degenerare in guerra aperta; e non solo perche' quel dispiegamento viene percepito dai poteri armati e assassini della regione come una complicita' col loro potere, che il potere degli assassini rafforza, e le vittime quindi opprime ancor piu'. Ma soprattutto perche' altro occorre in quell'area: aiuto umanitario alle popolazioni, corpi civili di pace, disarmo generalizzato, promozione di negoziati politici, una politica coerente e condivisa di riconoscimento e sicurezza per tutte le popolazioni, per tutte le istituzioni democratiche, per tutti gli ordinamenti giuridici statuali, sapendo distinguere tra i diritti dei popoli e le responsabilita' dei regimi, sapendo che tanto la Palestina quanto Israele quanto gli altri paesi dell'area hanno diritto a una propria esistenza statuale e indipendente, in sicurezza e benessere: quella sicurezza e quel benessere che i popoli palestinese, israeliano, libanese e di tutta l'area ardentemente desiderano, come l'intera umanita'. Ma solo la pace costruita con mezzi di pace porta sicurezza e benessere: le guerre e il terrorismo, le occupazioni militari e i fondamentalismi disumanati, ogni terrore ed ogni oppressione, non portano ne' pace ne' giustizia, poiche' ne sono la negazione assoluta.
Occorre la nonviolenza: armi ed eserciti portano solo morte poiche' di morte sono strumenti: e una tregua non e' la pace, la pace viene dal dialogo, dal riconoscimento di umanita'; la nonviolenza come dispiegamento il piu' nitido ed il piu' energico di umana comprensione e solidarieta', essa si' salva le vite, e porta la convivenza. Continuare a investire risorse in eserciti ed armi allontana la pace e la giustizia, continuare con le occupazioni militari - sia pure sotto l'egida dell'Onu - non porta alla ricostruzione materiale e morale: solo la scelta della nonviolenza, solo la scelta della nonviolenza: nonviolenza chiedono le vittime del terrorismo, nonviolenza chiedono le vittime della guerra, nonvioelnza chiedono le vittime delle occupazioni, nonviolenza chiedono le vittime delle devastazioni, della fame, della rapina armata che perdura da secoli.
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L'Italia fortunatamente non ha ancora subito gravi attentati terroristici connessi alla "guerra infinita" voluta da Bush. Speriamo non avvengano mai.
Ma non vi e' dubbio che persistere nella partecipazione militare alle guerre terroristiche neoimperiali e neocoloniali volute dall'amministrazione Bush ha anche come ovvia ricaduta un'esposizione del territorio e della popolazione italiana ad atti di guerra ovvero di terrorismo, poiche' ormai guerra e terrorismo sono una cosa sola, da quando la guerra e' innanzitutto guerra contro popolazioni civili, e non c'e' piu' un definito campo di battaglia, una distinzione netta tra fronte e retrovie: non esistono piui' fronti perimetrabili, tutto il mondo e' lo stesso fronte.
Si', le politiche di guerra di tutti gli ultimi governi espongono l'intera popolazione italiana alla guerra e al terrorismo: altro che politica della sicurezza. Non fosse altro che per questo sarebbe ragionevole che un moto di popolo persuadesse governo e parlamento a rientrare nella legalita' repubblicana, a cessare di partecipare alle guerre, a scegliere invece una politica di pace con mezzi di pace, cio' che noi chiamiamo una politica della nonviolenza.
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Il tempo stringe, cosa si aspetta a far valere la legge e la giustizia, la verita' e l'umanita'?
Cessi la pertecipazione italiana alle guerre e al terrorismo.
S'impegni l'Italia per la pace, il disarmo, la smilitarizzazione dei conflitti.
S'impegni l'Italia a una politica internazionale fondata sul principio di salvare le vite, di promuovere il dialogo e la cooperazione tra i popoli, di democrazia autentica, di riconoscimento di tutti i diritti umani per tutti gli esseri umani.
Si scelga la nonviolenza, fondatrice di una politica inveratrice di civile convivenza.
12. HERI DICEBAMUS. UNA POSTILLA
E' a nostra modesto avviso assolutamente opportuna una seria educazione allo studio del fatto religioso e delle religioni nelle scuole italiane; ma essa sara' impossibile finche' vigera' l'Irc, le cui caratteristiche di propaganda confessionale, di manipolazione ideologica, di mercimonio tra costruzione del consenso ed instrumentum regni sono tanto flagranti quanto inaccettabili, ed ha come ulteriore scandaloso portato l'assurdo di insegnanti operanti nella scuola pubblica ma scelti da un potere che non e' quello dello stato italiano bensi' di una organizzazione che intrinsecamente per le sue finalita' istituzionali non riconosce il principio del rispetto della liberta' di pensiero.
Vi sono oggi nelle scuole italiane docenti impegnati nell'Irc, ovvero nell'insegnamento della religione cattolica, che fanno un lavoro di grande valore, e che nel loro lavoro anticipano per molti versi cio' che andrebbe pur fatto in una prospettiva non solo interconfessionale ma interculturale in senso forte; e ad esse ed essi rendiamo omaggio. Ma l'istituto dell'Irc in quanto tale e' del tutto ingiustificabile, ed incompatibile con una scuola che vuole essere casa di tutte e tutti: sono cose che una volta erano sentire comune di tanta parte della cultura democratica, sia laica che confessionale (cfr. ad esempio Carmine Fotia, Emma Mariconda (a cura di), L'ora illegale, Il manifesto - Sinistra indipendente, Roma s. d., ma 1987; e per un inquadramento ulteriore e piu' ampio Enzo Marzo, Corrado Ocone (a cura di), Manifesto laico, Laterza, Roma-Bari 1999).
Prima si procedera' a una riforma dell'ordinamento scolastico che includa anche lo studio - il severo studio, lo studio vero - delle religioni e del fatto religioso, prima ci si liberera' dell'Irc, e prima la scuola potra' cominciare ad essere anche scuola, e non solo macchina di riproduzione del dominio di classe e delle ideologie ad esso inerenti. L'ambito del sacro e del religioso e' tanta parte dell'esperienza umana e dell'umano sapere, e tutte le grandi religioni apportano altresi' tesori di civilta' e di umanita', di riconoscimento e di liberazione (ma anche - come e' proprio di ogni grande tradizione storica di pensiero e di prassi - di mistificazione e oppressione, di alienazione e violenza): che quindi nella scuola di tutte e di tutti la religione sia materia di studio e ricerca, non occasione di propaganda e di indottrinamento (o peggio ancora: l'ora del passatempo e del torpore, come sovente accade); ora di impegno e di liberta', non di distrazione e di servitu'.
A scuola si studi il fatto religioso, le religioni positive, l'articolazione di saperi che come scienze religiose, e come cognizione del sacro e ricognizione della sfera del sacro, possono essere denominati e variamente definiti; quanto alla fede, alla propria fede quale che essa sia, e' altrove ed altrimenti che deve essere peculiarmente insegnata ed appresa; ed e' nella vita intera che essa deve illuminare, ed essere testimoniata.
13. HERI DICEBAMUS. ANNA POLITKOVSKAJA
Ci sono le parole
e ci sono le pallottole.
E solo le parole salvano le vite.
Ci sono i corpi palpitanti e fragili
e ci sono le pallottole.
E dopo le pallottole i corpi diventano sasso.
C'e' la verita' viva
e ci sono le pallottole
che tutto riducono a menzogna, strazio, nulla.
C'e' l'umanita' fatta di persone
e ci sono le guerre
che l'umanita' estinguono.
Scegliere le parole, i corpi, le persone,
scegliere l'umanita'. Salvare le vite. Dire
ancora e sempre la verita'. Contrastare
tutte le uccisioni.
E' questo che chiamiamo nonviolenza.
14. HERI DICEBAMUS. AFGHANISTAN
Come si puo' accettare che l'Italia continui a partecipare alla guerra e all'occupazione afgana, ad essere corresponsabile delle stragi afgane, stragi che sono terrorismo e che ulteriore terrorismo provocano?
Come si puo' accettare che governo e parlamento persistano nella violazione della nostra legge fondamentale che la guerra ripudia?
Come si puo' accettare di essere complici della guerra terrorista?
15. HERI DICEBAMUS. COREA
Non si e' mai fermata la corsa al riarmo atomico.
Solo rallentata, e per brevi periodi, l'avevano le iniziative di alcuni governanti (quasi solo Gorbaciov) e di estesi movimenti (le campagne antinucleari nelle fasi di piu' ampia e visibile mobilitazione).
Ma fermarla e' necessario.
E per fermarla occorrono iniziative adeguate, delle istituzioni come dei movimenti (iniziative: non proliferazione di proclami, sigle, organigrammi e convegnistica pressoche' autoreferenziali).
*
Ma non si fermera' il riarmo atomico se non si contrasta il riarmo tout court, se non si contrasta il miltarismo e la guerra, se non si avvia una politica internazionale fondata non su armi ed eserciti, ma su nonviolenza e cooperazione: ovvero sul disarmo e la smilitarizzazione dei conflitti.
E non si fermera' il riarmo atomico se non si contrasta anche il nucleare cosiddetto civile. Sarebbe bene che nel nostro paese si recuperasse la memoria delle lotte e delle riflessioni che vent'anni fa fermarono il nucleare.
16. HERI DICEBAMUS. AFGHANISTAN
Chi, se non il popolo italiano, deve battersi - con la forza della nonviolenza - per far cessare la partecipazione militare italiana alla guerra e alle stragi in Afghanistan?
Chi, se non il popolo italiano, deve battersi - con la forza della nonviolenza - per costringere il governo e il parlamento italiani a tornare nella legalita' costituzionale che impone di ripudiare la guerra, quella legalita' costituzionale che e' fondamento e presidio della nostra comune liberta' e che da troppi anni governi golpisti e sanguinari, e maggioranze parlamentari complici, reiteratamente scelleratamente violano?
Chi, se non il popolo italiano, deve - con la forza della nonviolenza - contrastare ad un tempo la guerra, le stragi, l'illegalita' golpista, il terrorismo che ulteriore terrorismo produce, i crimini insomma di cui governo e parlamento italiano si sono fatti responsabili e complici?
Se non ripristiniamo la legalita' costituzionale nel nostro paese, se non facciamo cessare la partecipazione italiana alle guerre, come possiamo sperare di agire per la pace e i diritti dei popoli e delle persone?
Chi non contrasta la guerra e le stragi, della guerra e delle stragi e' complice. Non conta che si dicano e si facciano altre cose, magari buone e degne: poiche' quella complicita' con la guerra e le stragi corrompe e vanifica tutto il resto.
17. HERI DICEBAMUS. CONTRO IL NUCLEARE
Gia' Albert Einstein e Bertrand Russell seppero porre la richiesta secca: salvare l'umanita', ripudiare l'atomica.
Gia' Mohandas Gandhi seppe chiarire che dopo Hiroshima l'alternativa era ancora piu' secca: o la nonviolenza, o la distruzione dell'umanita'.
Gia' Guenther Anders seppe dire questa verita' estrema e ineludibile: la sola esistenza dell'arma atomica e' gia' antiumana.
Gia' in molte e molti nelle vive lotte degli anni '70 e '80 in Italia sapemmo dire che il nucleare tutto - militare e civile - e' una minaccia inaccettabile, un pericolo immenso per l'umanita' intera.
Le varie iniziative (come quella della causa civile promossa da pacifiste e pacifisti contro le atomiche ad Aviano), i vari appelli di questi mesi (come quello promosso da padre Zanotelli) confermano in varie forme e con varie accentuazioni un'esigenza, un'urgenza assoluta: occorre il disarmo, occorre la smilitarizzazione dei conflitti, occorre cessare di costruire le armi - non solo quelle atomiche - e smantellare gli arsenali esistenti; ma occorre anche - aggiungiamo - cessare di costruire anche gli impianti atomici "civili" e smantellare quelli esistenti.
Occorre la scelta della nonviolenza: come base e criterio della politica internazionale (che e' oggi la politica tout court), come principio giuriscostituente.
18. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Riletture
- Antonin Artaud, Eliogabalo o l'anarchico incoronato, Adelphi, Milano 1969, 1991, pp. XXII + 214.
- Antonin Artaud, Il teatro e il suo doppio, Einaudi, Torino 1968, 1978, pp. LII + 284.
- Antonin Artaud, Lettere ai prepotenti, Stampa alternativa - Nuovi equilibri, Viterbo 1999, pp. 32.
- Antonin Artaud, Lettres du delire / Lettere dal delirio, Stampa alternativa, Viterbo 2003, pp. 64.
- Antonin Artaud, Pour les analphabetes / Per gli analfabeti, Stampa alternativa, Viterbo 2002, pp. 32.
- Andre' Breton, Antologia dello humour nero, Einaudi, Torino 1970, 1977, pp. 374.
- Andre' Breton, Arcano 17, Guida, Napoli 1985, pp. 128.
- Andre' Breton, Entretiens (Storia del surrealismo 1919-1945), Schwarz, Milano 1960, Erre Emme, Roma 1991, pp. 160.
- Leonora Carrington, Giu' in fondo, Adelphi, Milano 1979, pp. 84.
- Lanfranco Binni, Breton, La Nuova Italia, Firenze 1971, pp. 152.
- Franco Fortini, Lanfranco Binni, Il movmento surrealista, Garzanti, Milano 1959, 1977, pp. 304.
- Mario Lunetta (a cura di), Il surrealismo, Editori Riuniti, Roma 1976, pp. 148.
- Ivos Margoni (a cura di), Per conoscere Breton e il surrealismo, Mondadori, Milano 1976, pp. VIII + 744.
- Maurice Nadeau, Storia e antologia del surrealismo, Mondadori, Milano 1972, 1976, pp. X + 458.
- Arturo Schwarz, Breton e Trotsky. Storia di un'amicizia, Savelli, Roma 1974, Multhipla, Milano 1980, Erre Emme, Bolsena 1997, pp. 232.
19. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
20. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 631 del 29 luglio 2011
Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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