Telegrammi. 627
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- Date: Mon, 25 Jul 2011 00:41:32 +0200 (CEST)
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 627 del 25 luglio 2011
Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Sommario di questo numero:
1. Altre prestigiose personalita' aderiscono all'appello affinche' il Parlamento non rifinanzi le guerre e le stragi
2. "Associazione italiana medici per l'ambiente": Arsenico nelle acque e negli alimenti: rispettare subito le leggi per tutelare la salute di tutti
3. Mariapia Veladiano presenta "Insegnare al principe di Danimarca" di Carla Melazzini
4. Alcuni testi del mese di agosto 2006 (parte terza)
5. Murray Bookchin
6. No al militarismo. La nonviolenza e' la via
7. Verso Pisa
8. Lungo le torri di guardia
9. Odradek e i suoi fratelli
10. Verso Pisa
11. La terza guerra del governo Prodi, anzi la quarta
12. Paolo Boringhieri
13. Ne' illusi ne' rassegnati
14. Segnalazioni librarie
15. La "Carta" del Movimento Nonviolento
16. Per saperne di piu'
1. INIZIATIVE. ALTRE PRESTIGIOSE PERSONALITA' ADERISCONO ALL'APPELLO AFFINCHE' IL PARLAMENTO NON RIFINANZI LE GUERRE E LE STRAGI
Altre prestigiose personalita' della cultura e dell'impegno civile esprimono il loro sostegno all'appello affinche' il Parlamento non rifinanzi le guerre e le stragi in Afghanistan e in Libia.
Tra le piu' recenti adesioni pervenute particolarmente significativa quella di Massimo Bonfatti, presidente dell'autorevole associazione umanitaria "Mondo in cammino", e quella del professor Alessandro Pizzi, gia' sindaco di Soriano nel Cimino e fondamentale punto di riferimento dell'ambientalismo scientifico e delle buone pratiche amministrative nell'Alto Lazio.
All'appello hanno aderito anche vari movimenti ed associazioni da ogni parte d'Italia.
*
Di seguito riproduciamo il testo integrale dell'appello affinche' il Parlamento non rifinanzi le guerre e le stragi in Afghanistan e in Libia:
"Chiediamo a tutte le persone di volonta' buona e di retto sentire di far sentire la propria voce al Parlamento italiano affinche' non rifinanzi le guerre e le stragi in Afghanistan e in Libia.
La partecipazione italiana a quelle guerre e' illegale, poiche' viola l'art. 11 della Costituzione della Repubblica Italiana.
La partecipazione italiana a quelle guerre e' gia' costata troppe morti, tra cui quaranta giovani soldati italiani.
La partecipazione italiana a quelle guerre costituisce anche uno sperpero scellerato ed assurdo di enormi risorse finanziarie dello stato italiano.
Quegli ingenti fondi non siano piu' utilizzati per provocare la morte di esseri umani, e siano utilizzati invece per garantire in Italia a tutti il diritto alla casa, alla scuola, alla salute, all'assistenza.
Chiediamo che il Parlamento ripudi la guerra, nemica dell'umanita'.
Chiediamo che il Parlamento riconosca, rispetti e promuova la vita, la dignita' e i diritti di ogni essere umano.
Chiediamo al Parlamento che cessi la partecipazione italiana alle guerre in corso.
Chiediamo al Parlamento che si torni al rispetto della Costituzione della Repubblica Italiana.
Chiediamo al Parlamento che l'Italia svolga una politica internazionale di pace con mezzi di pace, per il disarmo e la smilitarizzazione dei conflitti, per il riconoscimento e l'inveramento di tutti i diritti umani per tutti gli esseri umani.
Solo la pace salva le vite".
2. APPELLI. "ASSOCIAZIONE ITALIANA MEDICI PER L'AMBIENTE": ARSENICO NELLE ACQUE E NEGLI ALIMENTI: RISPETTARE SUBITO LE LEGGI PER TUTELARE LA SALUTE DI TUTTI
[Dall'"Associazione italiana medici per l'ambiente" di Viterbo (per contatti: isde.viterbo at gmail.com) riceviamo e diffondiamo]
L'Associazione italiana medici per l'ambiente - Isde (International Society of Doctors for the Environment) negli ultimi anni e di recente e' piu' volte intervenuta sui rischi per la salute derivanti dall'esposizione cronica delle popolazioni ad acque ed alimenti contenenti arsenico.
In numerosi incontri pubblici e attraverso documenti inviati anche alle competenti istituzioni e' stato ampiamente e ripetutamente illustrato come l'arsenico, sostanza cancerogena certa di classe 1, secondo la classificazione dell'Agenzia internazionale di ricerca sul cancro (Iarc), sia direttamente correlato alla eziopatogenesi di molte patologie oncologiche; in particolare al tumore del polmone, della vescica, del rene e della cute. Sempre piu' segnalazioni lo correlano inoltre anche ai tumori del fegato e del colon.
L'assunzione cronica di arsenico, soprattutto attraverso acqua contaminata, e' indicata da una cospicua e rilevante documentazione scientifica anche quale responsabile di patologie cardiovascolari, neurologiche, diabete di tipo 2, lesioni cutanee, disturbi respiratori, disturbi della sfera riproduttiva e malattie ematologiche.
Nei documenti della nostra Associazione sono sempre stati indicati anche gli interventi per tutelare la salute pubblica nelle aree interessate da questa problematica ambientale: impianti di dearsenificazione da realizzare su ogni presa d'acqua degli acquedotti comunali, e nel frattempo utilizzo di forme alternative di approvvigionamento idrico, anche mediante autobotti, per tutta la popolazione e in particolare per le donne in gravidanza, i neonati, i bambini, i malati e le industrie alimentari.
Il 14 giugno 2011 e il 18 luglio 2011 la nostra Associazione ha rivolto nuovi e specifici appelli per evitare subito l'esposizione delle donne in gravidanza e dei bambini ad acque ed alimenti contenenti arsenico.
Questi appelli trovano le loro ragioni nelle vigenti disposizioni di legge ed in quanto evidenziato da una vasta letteratura scientifica internazionale che, con sempre maggiori riscontri, evidenzia il legame tra l'esposizione cronica ad acque ed alimenti contenenti arsenico, in donne in gravidanza e bambini, e molte patologie del neurosviluppo (Ndd) - autismo, disturbo da deficit dell'attenzione (Add - attention deficit disorder), disturbo dell'attenzione da iperattivita' (Adhd - attention deficit hyperactivity disorder), disturbi dell'apprendimento, della memoria, della capacita' di lettura, riduzione del quoziente intellettivo, patologie dell'apparato respiratorio, perdita fetale, aumento dei casi di morte infantile e neoplasie.
A tutt'oggi pero' dobbiamo registrare e denunciare purtroppo un gravissimo ritardo e una quasi generalizzata incapacita' delle istituzioni responsabili di affrontare e risolvere questo problema, insieme ad un costante ed irresponsabile tentativo di minimizzazione o addirittura di negazione della sua gravita'.
Come dobbiamo anche denunciare il persistente mancato rispetto del Decreto legislativo n. 31 del 2 febbraio 2001, che fissa in 10 microgrammi/litro il valore massimo dell'arsenico nelle acque destinate ad uso potabile e per le preparazioni alimentari, e di quanto recentemente stabilito dal Decreto Ministeriale dell'11 maggio 2011 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 151 del primo luglio 2011.
In questo Decreto si legge all'articolo 2:
"L'acqua distribuita, pur nei limiti consentiti dall'articolo 1, non deve essere utilizzata per il consumo potabile dei neonati e dei bambini fino all'eta' di 3 anni. E' rimessa all'Autorita' regionale la verifica che le industrie alimentari, nel territorio interessato dal provvedimento di deroga, attuino i necessari provvedimenti, anche nell'ambito del piano di autocontrollo, affinche' l'acqua introdotta come componente nei prodotti finali non presenti concentrazioni dei parametri in deroga superiori ai limiti stabiliti dal decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31".
E all'articolo 3 lo stesso Decreto impone: "1. Le Regioni devono provvedere ad informare la popolazione interessata in attuazione del disposto di cui all'articolo 13, comma 11, del decreto legislativo 2 febbraio 2001, n. 31, relativamente alle elevate concentrazioni dei predetti valori nell'acqua erogata quale che ne sia l'utilizzo, compreso quello per la produzione, preparazione o trattamento degli alimenti. 2. Nell'ambito dell'informativa di cui al comma 1, le Regioni devono, inoltre, informare circa le modalita' per ridurre i rischi legati all'acqua potabile per la quale e' stata concessa la deroga, e in particolare circa l'utilizzo da parte di neonati e di bambini fino all'eta' di 3 anni."
L'"Associazione italiana medici per l'ambiente" fa pertanto nuovamente appello a tutte le istituzioni perche' si adoperino per il pieno rispetto delle vigenti disposizioni di legge ed attuino, come gia' piu' volte indicato, interventi rapidi, concreti e risolutivi per la completa dearsenificazione delle acque ad uso potabile ed informino in modo corretto e diffuso tutti i cittadini residenti nei Comuni richiamati nel Decreto ministeriale gia' citato.
Le amministrazioni comunali, provinciali, regionali e le autorita' e le societa' di gestione dei servizi idrici, in particolare, al fine di garantire subito la sicura e completa salubrita' delle acque di cui la dearsenificazione e' parte sostanziale, in considerazione dei rischi sanitari sopra esposti hanno il dovere di agire immediatamente utilizzando le migliori tecnologie disponibili, per l'acquisto e messa in opera delle quali possono e devono utilizzare anche fondi propri, avviando successivamente le procedure di recupero di quanto anticipato e speso a tutela della salute pubblica.
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Associazione italiana medici per l'ambiente - Isde (International Society of Doctors for the Environment - Italia) di Viterbo
Viterbo, 24 luglio 2011
3. LIBRI. MARIAPIA VELADIANO PRESENTA "INSEGNARE AL PRINCIPE DI DANIMARCA" DI CARLA MELAZZINI
[Dal quotidiano "La Repubblica" del 21 luglio 2011 col titolo "Napoli, le classi di strada che danno lezioni di speranza. Una scuola da ragazzi" e il sommario "Un libro di Carla Melazzini, scomparsa due anni fa, ci spiega la vita tra i banchi. L'importanza di saper accogliere gli studenti e di ascoltarli, fuori dal bon ton istituzionale. Questo testo ci fa capire come, contro ogni logica, si possano ancora fare le cose insieme. L'autrice scrive: Noi insegnanti dobbiamo imparare la dura arte del dialogare".
Mariapia Veladiano, vicentina, e' laureata in filosofia e teologia, insegna lettere, collabora con la rivista "Il Regno". Tra le opere di Mariapia Veladiano: La vita accanto, Einaudi, Torino 2010.
Carla Melazzini, maestra di strada impegnata nell'esperienza del Progetto Chance a Napoli, nata in Valtellina nel 1944, ha studiato a Pisa alla fine degli anni '60, ha vissuto a Napoli, e' morta il 14 dicembre 2009]
C'e' oggi una ferocia emotiva che accompagna il parlare di scuola, una battaglia di censure, giudizi, illazioni. Un criticare gli insegnanti comunque incapaci, i programmi arcaici, gli studenti accidiosi, il tutto dall'angolo ben protetto del proprio chiamarsi fuori. Ma la scuola non sopporta il chiamarsi fuori di nessuno perche' non e' lo spazio di un altrove estraneo alla sorprendente varieta' della vita.
Questo libro di Carla Melazzini, Insegnare al principe di Danimarca (Sellerio, pp. 272, euro 14) racconta la quotidianita' di una scuola totale, potente, civile, salvifica. Si tratta di undici anni di Progetto Chance, un´esperienza nata a Napoli nel 1998 dalla realta' dei "maestri di strada", la cui voce piu' nota e' quella di Marco Rossi Doria, e rivolta ad adolescenti con una storia di dispersione scolastica e di disagio sociale. Carla Melazzini parla in prima persona, da insegnante che in Chance ha messo tutta la sua professionalita'. E insieme parla con quella riflessivita' vigile ed empatica che e' necessaria per poter leggere quel che ci succede e poi condividerlo. Perche' non rappresenti solo l'esito felice di un'esperienza singolare. Ed e' certo singolare ed estrema l'esperienza di Chance, perche' nasce nel contesto estremo dei Quartieri Spagnoli, di S. Giovanni, di Soccavo a Napoli.
Ma quel che la' ci arriva addosso con la durezza dell'evidenza e' in tutto simile a quel che succede con dinamiche magari piu' composte e nascoste in tutte le scuole. Succede che gli adolescenti portano tra i banchi le loro vite. E cosi' puo' arrivare in classe il principe di Danimarca, nella figura fragile e aggressiva di Mimmo, 15 anni, che e' sicuro di dover uccidere l'uomo per il quale la madre ha abbandonato di schianto una mattina lui e i suoi quattro fratelli, e finche' l'emozione di questo imperativo assoluto domina il giovanissimo Amleto napoletano, non c'e' lo spazio interiore per "imparare" cio' che i programmi gli chiedono. E viene bocciato e ancora bocciato e rinviato alla solitaria realizzazione del suo progetto di morte, propria e altrui. La figura dell'"allontanamento" dalla scuola e' la rappresentazione di un fallimento che diventa devastante per la persona e subito dopo per la societa', contro la quale puo' rivolgersi la violenza che non ha trovato le parole per dirsi e superarsi.
Come si fa allora? Si accoglie, scrive Carla Melazzini, si accoglie la forma scomposta, ogni volta imprevedibile, multiforme in cui le angosce e le paure dei ragazzi si esprimono: turpiloquio, minaccia, disinteresse, aggressivita'. E insieme ci si sorveglia sulle nostre reazioni, spesso di difesa sul principio, perche' le loro paure incrociano le nostre e non e' male quando questo accade, perche' vuol dire che il rapporto c'e', che e' rotto l'incantamento perverso che governa il bon ton di tanta vita d'aula: il "facciamo finta che". Che davvero gli studenti ascoltino diligentemente per cinque ore i docenti che parlano. Che davvero pensino cio' che scrivono nei loro compiacenti temi in classe. "L'insegnante deve imparare la dura arte del dialogare", scrive Carla Melazzini, e il dialogo non tollera l'irrilevanza di uno degli interlocutori. E qui l'accusa verso la societa' adulta dalla quale i ragazzi si sentono considerati estranei, insignificanti e in stato di minorita', arriva attraverso le parole di un allievo il cui parlare sgrammaticato dice insieme il fallimento di questa societa': "Gli adulti si impadronano della nostra vita".
E ancora ci si chiede: che fare? Bisogna ascoltare, riflettere e riparare: "Le cose migliori nascono dalla riflessione e dalla riparazione degli errori". Tante volte ricorre il termine "riparare" nel libro. A dire che i pezzi possono essere ricomposti, che non c'e' un destino scritto come piacerebbe alla nostra coscienza omissiva. E infatti Mimmo alla fine rinuncia a usare il coltello che il quarto giorno aveva esibito minaccioso. E la scuola diventa lo spazio di una dissociazione possibile dal modello violento del contesto da cui i ragazzi provengono. Un luogo in cui si impara ad "allentare le maglie della paura e dell'odio".
La scuola puo' essere anche cosi': un turbine di dare e ricevere, di sbagliare e correggersi, di dirsi, ferirsi, perdonarsi. Quel che succede quando ci si incontra e ci si vede davvero e niente resta piu' come prima. Non e' un libro solo di scuola questo meravigliosamente scritto da Carla Melazzini. E' per tutti gli adulti che credono davvero di avere una responsabilita' in quel che accade intorno a loro. E' un libro di nuda onesta'. E' tremendo nell'accusare le perversioni di certa scuola tradizionale che non sa leggere i propri fallimenti (le invettive contro il liceo classico, "obitorio della scuola italiana", non rendono giustizia alla passione di tanti docenti che ci lavorano, ma hanno la crudezza di un avvertimento biblico: attenti, puo' succedere a chiunque di perdersi). E' commovente, malinconico, struggente nel riconoscere come nella scuola sia in gioco la vita, tante vite. Dice insieme la felicita' di insegnare e di imparare. E del resto non si puo' parlar di scuola con distacco. Il male e' grande e c'e' nella scrittura di Carla Melazzini un credere ed operare quasi contro ogni speranza. E questo e' qualcosa che si puo' fare solo insieme. Insieme ad altri adulti che non si arrendono. E a ragazzi che imparano il loro valore.
Carla Melazzini non c´è più. Il libro si chiude con il ritratto immenso che Cesare Moreno, marito e compagno nell'avventura di Chance e nella vita, le dedico' nel giorno in cui lei se ne ando'. Maestri e professori sanno bene che non e' vero che nella nostra scuola, come ha scritto disperatamente uno studente di Chance con il dolore di una ferita non ancora riparata, "tutto e' piu' sbagliato di quanto gia' sembri". Pero' ci si deve bene attrezzare a farsi carico di giovanissimi tragici principi di Danimarca che vorrebbero solo una vita normale.
4. HERI DICEBAMUS. ALCUNI TESTI DEL MESE DI AGOSTO 2006 (PARTE TERZA)
Riproponiamo ulteriori testi apparsi sul nostro notiziario nel mese di agosto 2006.
5. HERI DICEBAMUS. MURRAY BOOKCHIN
Molte cose abbiamo imparato molti anni fa da Murray Bookchin, deceduto sul finire dello scorso mese.
E soprattutto che era giunta l'ora di un'apertura oltre ogni dogmatismo, di integrare nuove e piu' complesse riflessioni, di esplorare nuove vie di ricerca e d'azione per un'umanita' di persone libere ed eguali.
La sua proposta libertaria che non elude il nodo delle istituzioni della civile convivenza, la sua tematizzazione dell'ecologia sociale, la sua costante ricerca e azione contro ogni autoritarismo ed ogni feticismo ed ogni alienazione, restano un lascito tuttora fecondo: e rispetto alle banalita' e fin trivialita' di tanto dibattito attuale le cose da lui scritte decine di anni or sono (come del resto anche quelle piu' recenti) mantengono la loro fragranza e la loro luminosita', come un pane ancora fresco, come una stella sempre lucente. E in questa travagliata navigazione, e in questo faticoso operare, lo sa il cielo quanto ne abbiamo bisogno.
6. HERI DICEBAMUS. NO AL MILITARISMO. LA NONVIOLENZA E' LA VIA
La pace si costruisce con mezzi di pace.
Una politica internazionale fondata sulle armi e gli eserciti produce e riproduce guerre.
In Libano come ovunque occorre pace e solidarieta', politica e riconciliazione, disarmo e riconoscimento di umanita'.
Gli eserciti porteranno solo altra guerra, altre stragi, altre vittime.
La nonviolenza e' la via.
7. HERI DICEBAMUS. VERSO PISA
Una cosa servirebbe assai che emergesse nitida dal convegno pisano dei primi di settembre nel centenario della nascita del satyagraha: l'uscita delle persone italiane amiche della nonviolenza dalla subalternita'.
La consapevolezza cioe' finalmente assunta da parte delle persone amiche della nonviolenza (la nonviolenza vera: ahimsa e satyagraha) che la nonviolenza non e' l'equivalente del "socialismo della cattedra" centosessant'anni dopo; che la nonviolenza non e' ideologia di ricambio per reduci o orfani di pregresse affiliazioni; che la nonviolenza non e' un vestitino della domenica che si possa indossare o lasciar nel como' a seconda dei casi; che la nonviolenza non e' quell'affare da bravi ragazzi che non sanno del mondo e delle malizie sue.
No, la nonviolenza e' una grande proposta politica di lotta contro ogni oppressione, di trasformazione della societa', di affermazione della dignita' umana e del diritto alla vita di tutti gli esseri umani.
La nonviolenza e' l'eredita' e l'orizzonte delle lotte per i diritti umani e dei popoli dall'antichita' ad oggi.
La nonviolenza e' l'inveramento teorico e pratico di quanto vale delle grandi tradizioni culturali e politiche dell'umana storia.
La nonviolenza e' la corrente calda dell'esperienza del movimento operaio, la proposta d'azione del dispiegarsi della coscienza di sfruttate e sfruttati in lotta per un'umanita' di persone libere, ciascuna diversa e tutte eguali in diritti.
La nonviolenza e' l'insegnamento delle lotte dei popoli oppressi contro il colonialismo, l'imperialismo, il razzismo, per l'estensione concreta all'umanita' intera dei principi di liberta' nella giustizia, di eguaglianza nella diversita', di fraternita' e sororita'.
La nonviolenza e' il cruciale portato ermeneutico, metodologico ed operativo dell'esperienza dei movimenti delle donne che negli ultimi due secolo hanno costituito la maggiore esperienza storica e teoretica della nonviolenza in cammino.
La nonviolenza e' il prendersi cura degli altri e del mondo, nel riconoscimento del legame tra individuo e societa', tra persona e umanita', tra le generazioni presenti e quelle passate e future, tra l'umanita' e la natura.
La nonviolenza e' l'unica proposta politica adeguata alle sfide del terzo millennio dell'era volgare. L'alternativa oggi non e' piu' solo tra socialismo o barbarie come all'inizio del Novecento, ma tra nonviolenza o catastrofe.
8. HERI DICEBAMUS. LUNGO LE TORRI DI GUARDIA
"There must be some way out of here
said the joker to the thief"
(Bob Dylan, All along the watchtower)
Non sono solo i mafiosi, i negrieri, gli assassini.
Gli assassini degli esseri umani costretti da secoli di rapina, dalla fame "frusta dei popoli", dalle guerre dichiarate e non dichiarate che insanguinano il sud del mondo tutto.
Gli assassini sono in primo luogo i governi del nord ricco del mondo, che mentre proseguono la rapina del sud ivi appaltando il lavoro sporco ai dittatori o alle borghesie compradore locali o ai mercenari delle corporation, o al legame scorsoio della Banca Mondiale, insieme negano ai rapinati l'accesso in quella vasta spelonca-scrigno dei quaranta ladroni che chiamiamo Europa occidentale.
Sono gli accordi di Schengen che uccidono innumerevoli poveri cristi nel canale di Sicilia.
E' il governo italiano il primo responsabile di quelle morti.
*
Vi e' un solo modo per far cessare le stragi: rendere effettivo ed applicare rigorosamente quanto recita l'articolo 10, comma terzo, della Costituzione della Repubblica Italiana, che testualmente afferma: "Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle liberta' democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge".
Ovvero denunciare gli infami, stragisti accordi di Schengen e rinegoziare una politica europea dell'accoglienza, della solidarieta', dell'umanita; ovvero cessare di perseguitare i migranti, abolire i campi di concentramento, abrogare la legislazione neofascista e razzista sull'immigrazione che le vite dei migranti mercifica e appalta ai poteri mafiosi.
Ovvero riconoscere a tutti gli esseri umani il diritto di salvare la propria vita; ovvero riconoscere che vi e' una sola umanita'.
Ovvero: inverare la Costituzione nata dalla Resistenza contro l'inumano.
*
All along the watchtower e' una canzone di Bob Dylan in cui ho sempre sentito stridere e ruggire di strazio una verita' altrimenti indicibile. Io la reco incisa nel cuore nell'esecuzione di Jimi Hendrix. Possa finire questo orrore, possa venire il tempo della pace. E tu avverala quella profezia dell'internazionale futura umanita', gia' troppo tempo e' passato, e troppo, troppo dolore.
9. HERI DICEBAMUS. ODRADEK E I SUOI FRATELLI
Un governo e un parlamento (rappresentato dalle commissioni esteri e difesa in seduta bicamerale congiunta) ormai preda della follia militarista e incapaci di una politica internazionale che non sia di potenza e di guerra, ovvero omicida e suicida: scilicet onnicida, hanno dichiarato la volonta' di mandare soldati italiani a morire nella guerra libanese.
Pazzi e criminali.
*
L'unico intervento utile ed efficace possono essere i corpi civili di pace, che molti anni fa Alexander Langer propose all'Unione Europea.
L'unico intervento utile ed efficace della cosiddetta comunita' internazionale deve essere disarmato e nonviolento.
Deve consistere nel fornire gratuitamente aiuti alle vittime tutte; risorse, assistenza e cooperazione gratuita per la ricostruzione di casa, strade, scuole, ospedali, agricoltura, artigianato, industria, commercio e servizi (e quindi le basi materiali della sussistenza indispensabili per ricostruire relazioni umane, per trovare parole per dire il dolore, per avviare percorsi di elaborazione del lutto, di ascolto reciproco e di riconciliazione).
Deve mirare a costruire la pace con mezzi di pace, la legalita' con la persuasione e il consenso, la democrazia con l'inveramento dei diritti umani di tutti gli esseri umani, la societa' civile come opera della mobilitazione popolare in un processo di coscientizzazione che deve essere dal basso, autonomo, autoctono - sostenuto dagli aiuti materiali internazionali, ma non imposto da chicchessia.
A tutto cio' non possono dare alcun contributo i soldati stranieri. Al contrario: essi sono un ostacolo.
Meno che mai i soldati del nord del mondo. Che sono non solo un ostacolo, ma un duplice, triplice pericolo.
Ed ancor meno i soldati di paesi che in questo momento stanno conducendo guerre illegali e criminali: la cui presenza sarebbe interpretabile come ulteriore gesto di sopraffazione e umiliazione, come violenza che solo alimenta violenza ulteriore.
*
L'unico aiuto che l'Italia puo' dare alla popolazione libanese, alla popolazione israeliana, alla popolazione palestinese e':
a) nell'azione in sede internazionale affinche' l'Onu invii solo corpi civili di pace (il fatto che oggi istituzionalmente non esistano non e' un ostacolo: con le esperienze condotte negli ultimi decenni dalla societa' civile internazionale non e' difficile realizzarne in tempi ristrettissimi);
b) in una piu' intensa politica di cooperazione di pace con i paesi dell'area;
c) in una piu' ampia azione di sostegno a tutte le vittime;
d) in una politica di disarmo: senza disarmo non si fermeranno mai le guerre. Ma il disarmo comincia solo se qualcuno unilateralmente comincia a disarmare;
e) in una politica che affermi il diritto del Libano alla sovranita' territoriale, il diritto di Israele alla sicurezza e al riconoscimento da parte di tutti gli stati dell'area, il diritto dei palestinesi a uno stato nei confini precedenti la guerra dei sei giorni; una politica che ripudi la guerra e il terrorismo, una politica che costruisca la pace promuovendo il disarmo e la gestione e risoluzione per via negoziale dei conflitti internazionali; una politica il cui primo passo concreto e cogente deve essere il ritiro delle truppe dall'Afghanistan come dall'Iraq: ritiro senza di cui l'Italia non ha alcuna credibilita' e quindi alcuna voce in capitolo.
Quando gli sciagurati irresponsabili cialtroni del governo e del parlamento lo capiranno sara' sempre troppo tardi.
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Disarmo e smilitarizzazione devono divenire i cardini di una politica internazionale sollecita del bene dell'umanita' intera.
La scelta della nonviolenza deve divenire il criterio cui informare l'agire politico di tutte le istituzioni democratiche.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.
10. HERI DICEBAMUS. VERSO PISA
Il convegno promosso dai "Quaderni satyagraha" e dal Centro Gandhi di Pisa che in quella citta' si terra' dall'8 all'11 settembre puo' essere, al di la' degli aspetti meramente celebrativi, non solo palestra accademica e passerella di candori come tante volte e' accaduto in passato, ma anche un momento di verita', di esplicito confronto, di ricerca non ipocrita e non menzognera.
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Recenti vicende hanno rivelato in forme fin paradossali quanti e quanto profondi equivoci ancora offuscano non solo la percezione della nonviolenza da parte di soggetti ignari delle sue prove e del suo portato e ad essa ostili o che ne fanno un uso proditorio e strumentale (si pensi alle talora fin ripugnanti sciocchezze che sulla nonviolenza dicono i vertici di partiti politici - radicali, verdi, prc - che pretendono di appropriarsene dopo averla mutilata di ogni verita' ed averla ridotta al suo osceno contrario, a mera ideologia di ricambio, a mero paravento), ma anche la lettura di essa da parte di persone che pure se ne sentono attratte e che talora ad essa si sono accostate con intima persuasione.
Il convegno pisano puo' essere il luogo - uno dei luoghi e dei momenti - in cui si torna a riflettere sia sui caratteri fondamentali della nonviolenza, sia anche sul suo concreto inveramento nella sfera pubblica, e particolarmente nell'agire politico hic et nunc. Uscendo da ogni subalternita', da ogni ambiguita', da ogni complicita' con la violenza, e le sue ideologie, le sue strutture, le sue manifestazioni.
*
Si pongono ormai domande ineludibili:
- le persone e i movimenti che si dichiarano amici della nonviolenza possono continuare a vivacchiare nel ghetto della testimonianza e della ricerca, o non devono invece finalmente proporre la nonviolenza come principio di organizzazione sociale, come progetto politico, come proposta giuriscostituente e come movimento storico?
- il collateralismo a ideologie ed organizzazioni violentiste e oppressive, e la subalternita' a varie forme di "disordine costituito", collateralismo e subalternita' troppo a lungo coltivati (fraintendendo e in definitiva tradendo il concetto capitiniano di "aggiunta") devono persistere, fino all'esito sciagurato e insensato di appoggiare addirittura la guerra, o non devono invece cessare, per dar luogo piuttosto a una capacita' persuasa di autonomia e fin di egemonia - che fu propria ad esempio di Gandhi - nel porsi alla guida del processo di trasformazione sociale nelle sue mille concrete occasioni di inveramento?
- e si deve continuare a permettere che si spaccino per nonviolenza azioni irresponsabili, acquiescenze innominabili, ambiguita' che danno luogo ad effettuali complicita' con l'oppressione e l'ingiustizia, o non si deve finalmente decidersi a fare chiarezza ed a porre senza esitazioni la necessita' della coerenza tra mezzi e fini, operando anche le rotture indispensabili?
- ed ancora: si deve continuare a tacere sugli scandalosi tratti autoritari e patriarcali che hanno reso oppressive almeno in alcuni tratti anche alcune esperienze storiche della nonviolenza, o non si deve finalmente cogliere la necessita' che la nonviolenza si liberi anche da queste catene e riconosca nei femminismi - nei pensieri e nelle prassi dei movimenti delle donne, ed anche delle donne senza movimenti - forse la sua piu' coerente tradizione storica di lotta e di ricerca (senza eludere i nodi terribili del generare e dell'estinguersi, della vita e del fallire della vita, che l'esperienza delle donne ha saputo affrontare con infinitamente maggior densita' e serieta' rispetto a quanto ha fatto l'esperienza maschile), e ci si disponga tutte e tutti quindi all'ascolto della voce delle donne, affrontando anche finalmente in un corale colloquio franco e leale quanto vi era di carente ed inerte, ed a tratti di discutibile e fin inaccettabile in tradizioni e figure che pure mantengono intatto tutto il loro valore e che da una demitizzazione e demonumentalizzazione e verifica critica hanno solo da guadagnare in comprensione e in amore, in illimpidimento della loro verita' liberandole dalle scorie - e talora non sono solo scorie, ma tratti costitutivi di potere che opprime - che le maculano?
E molte altre domande ancora si potrebbero certo aggiungere, ma per questa volta fermiamoci qui.
*
Si dira': un convegno e' un'occasione di studio, non e' ne' un congresso di fondazione ne' una conferenza programmatica. Vero. Ma qui non si tratta ne' di fondare ne' di programmare alcunche', si tratta di cercare di illimpidire i termini di cio' che ci sta a cuore, di fare opera di chiarificazione sui fondamenti e sulle prassi conseguenti.
Attenzione, pero': non stiamo affatto proponendo una nuova dogmatica, ma il suo esatto contrario: della nonviolenza noi proponiamo una nozione complessa ed aperta, dialettica e contestuale, critica e autocritica, e come insieme di insiemi, ma che ha due punti fermi nel portato ermeneutico ed assiologico, epistemologico e metodologico, operativo e progettuale, del densi e complessi concetti di ahimsa e satyagraha, che noi leggiamo in una prospettiva storica e relazionale: nonviolenza come teoria-prassi della responsabilita', della solidarieta' e della liberazione.
Ovviamente il convegno pisano, dal punto di vista di chi scrive queste righe, e' anche un passaggio di un cammino.
Gia' in ottobre forse vi sara' per iniziativa del Movimento Nonviolento un seminario di approfondimento specifico sulla politica della nonviolenza oggi in Italia. Che riprendera' la discussione avviata al convegno fiorentino di qualche mese fa: quell'incontro su "nonviolenza e politica" venuto forse ad un tempo troppo presto e troppo tardi: troppo tardi rispetto alla necessita' di incidere piu' adeguatamente sulle prospettive di mutamento del quadro politico (occorreva per questo che avesse avuto luogo forse un anno prima), e troppo presto rispetto alla catastrofe del pacifismo parastatale manifestatasi in forme flagranti e fin dirompenti in occasione del decreto governativo e del voto parlamentare di rifinanziamento della partecipazione italiana alla guerra afgana.
*
E del resto nei prossimi mesi si trattera' anche di portare a una prima sintesi (provvisoria, rivedibile, certo, ma sintesi vera) quel percorso avviato con la marcia specifica per la nonviolenza Perugia-Assisi del settembre 2000, che - sia detto en passant - fu anche l'occasione che diede luogo alla nascita di questo foglio che da allora ad oggi ha inteso non solo documentare la complessita' e la varieta' delle riflessioni e delle esperienze della nonviolenza, non solo porre a confronto tradizioni diverse e tutte invitarle a un colloquio dal punto di vista della nonviolenza, non solo fornire strumenti e materiali di riflessione e per l'azione, non solo promuovere o sostenere alcuni dibattiti ed alcune iniziative; ma forse anche soprattutto accompagnare un cammino di riconoscimento reciproco tra persone e tra esperienze, senza pretese di rappresentanza o peggio di direzione, ma certo nel senso che la marcia Perugia-Assisi del 2000 intendeva sollecitare e forse nuovamente aprire: nuovamente, intendiamo, poiche' la prima apertura era stata quella dell'originaria Perugia-Assisi capitiniana e della fondazione del Movimento Nonviolento: oltre quarant'anni dopo e' tempo di fare un passo ulteriore.
Il passo ulteriore della definitiva uscita dei movimenti e delle persone amiche dalla nonviolenza dalla timidezza e dalla marginalita', dalla mera testimonianza e dal mero studio, dalla subalternita' e dalla confusione, dalla rassegnazione e dalle meschinita', dalle piccole baruffe e dalle piccole furbizie, dalle grandi incertezze ed acquiescenze.
Orsu', in cammino.
11. HERI DICEBAMUS. LA TERZA GUERRA DEL GOVERNO PRODI, ANZI LA QUARTA
E cosi', mentre ancora non e' stato definitivamente effettuato neppure il tanto sbandierato ritiro del contingente militare italiano dall'Iraq, mentre prosegue la partecipazione militare italiana alla guerra afgana, il governo italiano decide di rischiare di gettare le truppe italiane nella fornace di un terzo conflitto: sapendo bene che un intervento militare internazionale in Libano non solo non sara' di alcuna utilita' per affrontare le cause profonde del conflitto mediorientale, non solo e' di per se' pernicioso e pericolosissimo, ma internazionalizzera' ed espandera' ulteriormente la guerra e il terrorismo.
In piena continuita' con il governo precedente, una politica internazionale militarista, guerrafondaia, razzista e di potenza: una politica folle e criminale, una politica che totalmente confligge con la Costituzione della Repubblica.
Tre guerre. E a dirsela tutta non sarebbero solo tre, c'e' anche la quarta: la guerra ai migranti, appaltati alle mafie schiaviste, deportati nei campi di concentramento, assassinati nel "mare nostrum" dalla politica razzista e stragista europea e italiana.
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Occorre opporsi a tutte le guerre.
Occorre una politica internazionale finalmente antimilitarista e disarmista: perche' la pace si costruisce solo con mezzi di pace.
Occorrono i corpi civili di pace per fare un'efficace opera di interposizione nonviolenta nelle aree di conflitto.
Occorre recare aiuti umanitari a tutte le vittime: le armi e gli armigeri non servono, le armi e gli armigeri uccidono.
Ed occorre opporsi a tutti i razzismi, occorre riconoscere tutti i diritti umani a tutti gli esseri umani.
Occorre la scelta della nonviolenza.
12. HERI DICEBAMUS. PAOLO BORINGHIERI
Basterebbe l'impresa delle edizioni di Freud e di Jung a rendere l'editore del cielo stellato uno dei benemeriti maggiori della cultura in lingua italiana. Ma la sua casa editrice e' stata anche quella di fondamentali opere della cultura scientifica, dell'antropologia, ed anche delle culture orientali. E se il cappotto di Gogol' da cui tutti siamo usciti - noi lettori in italiano nel Novecento vissuti - e' stato cucito soprattutto nelle sartorie di Laterza e di Einaudi, senza casa Boringhieri (oggi Bollati Boringhieri, ma questa e' ormai gia' un'altra storia) non avremmo avuto un nutrimento essenziale, e - se ci e' concesso piccino un calembour - il nostro mondo sarebbe meno magico.
13. HERI DICEBAMUS. NE' ILLUSI NE' RASSEGNATI
Alla politica governativa militarista, guerrafondaia, razzista, stragista ed incostituzionale occorre opporsi, oggi come ieri.
E' stato indispensabile in aprile votare la coalizione cosiddetta di centrosinistra per difendere la democrazia e la Costituzione, per sconfiggere la destra eversiva berlusconiana; ma e' altrettanto indispensabile oggi opporsi a una politica internazionale scellerata che e' la mera prosecuzione di quella berlusconiana.
Chi si faceva illusioni sul governo egemonizzato dai messeri che nel 1998 riaprirono i campi di concentramento in Italia e che nel 1999 fecero dell'Italia la base della guerra terrorista contro la Jugoslavia, dismetta le illusioni e le menzogne.
Ma anche chi si e' rassegnato ad accettare ogni crimine ed ogni infamia da parte del governo attuale per paura del ritorno al potere della coalizione eversiva berlusconiana, dismetta la rassegnazione e la pusillanimita'.
E' proprio la politica internazionale attuale dell'attuale governo che favoreggia la crescita e il trionfo (culturale, prima ancora che politico) della destra eversiva berlusconiana.
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Alle scelte politiche governative militariste, guerrafondaie, razziste, stragiste ed incostituzionali e' indispensabile opporsi.
E' necessaria e urgente un'opposizione di sinistra, impegnata per la pace con mezzi di pace, per la democrazia con la forza della democrazia, per la legalita' costituzionale senza eccezioni.
E' indispensabile che in Italia, dinanzi alla catastrofe della ex-sinistra burocratica e stalinista, dinanzi alla catastrofe del pacifismo parastatale e squadrista, dinanzi al riprodursi e all'espandersi del regime della corruzione, dinanzi al sempre piu' sfrenato militarismo imperialista, si ponga una sinistra che faccia della scelta della nonviolenza, della forza della verita', un elemento centrale della sua riflessione e della sua azione.
Una sinistra antimilitarista, una sinistra disarmista, una sinistra solidale, una sinistra dei diritti umani e dei popoli, una sinistra delle differenze e dell'eguaglianza, una sinistra ecologista, antiautoritaria, antipatriarcale, della responsabilita' e della liberazione: una sinistra nonviolenta.
Rompendo ogni subalternita', ogni collateralismo, ogni ambiguita'.
E chiamando tutte le persone di volonta' buona, tutti i movimenti e l'associazionismo democratico, tutte le forze politiche democratiche e le istituzioni rappresentative a un confronto senza reticenze e senza ambiguita'.
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Questo occorre dir chiaro: un governo che fa la guerra non rappresenta il popolo italiano e non e' fedele alla democrazia; un governo che viola la Costituzione non rappresenta il popolo italiano e non e' fedele alla democrazia; un governo razzista che perseguita e fa morire i migranti non rappresenta il popolo italiano e non e' fedele alla democrazia.
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La nonviolenza e' lotta contro la violenza, l'oppressione, la menzogna.
La nonviolenza e' lotta contro tutte le uccisioni, tutte le guerre, tutte le organizzazioni armate, tutte le armi.
La nonviolenza e' lotta per salvare le vite ed affermare i diritti umani di tutti gli esseri umani.
La nonviolenza e' in cammino.
14. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Riletture
- Stephane Hessel, Indignatevi!, Add Editore, Torino 2011, pp. 64.
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Riedizioni
- Hannah Arendt, Alcune questioni di filosofia morale, Einaudi, Torino 2006, 2009, pp. X + 116, euro 9,50.
15. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
16. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 627 del 25 luglio 2011
Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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