Coi piedi per terra. 474
- Subject: Coi piedi per terra. 474
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- Date: Thu, 21 Jul 2011 06:44:39 +0200 (CEST)
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COI PIEDI PER TERRA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 474 del 21 luglio 2011
In questo numero:
1. Peppe Sini: A colori invertiti
2. Contro la guerra una proposta agli enti locali
3. "Rete No War" e "U.S. Citizens for Peace & Justice": Contro la guerra in Libia un appello ai membri non belligeranti del Consiglio di Sicurezza dell'Onu
4. Alcuni estratti da "Strumenti per ragionare" di Giovanni Boniolo e Paolo Vidali (parte prima)
1. EDITORIALE. PEPPE SINI: A COLORI INVERTITI
Esaminare una situazione attraverso una ipotesi astratta in cui gli attori reali agiscono in ruoli invertiti, talvolta puo' essere un utile esercizio analitico; ad esempio per valutare l'azione della Nato, degli Usa, dell'Unione Europea e di singoli paesi europei nei confronti della Libia.
*
Supponiamo che
1. Supponiamo che un gruppo di italiani perbene denunciasse all'opinione pubblica italiana ed internazionale che al governo nel nostro paese c'e' una cricca di neofascisti, filomafiosi, razzisti, corrotti, corruttori e pervertiti; e che chiamasse il popolo italiano alla rivolta in nome dei fondamenti stessi del diritto, della democrazia, della dignita'.
2. Supponiamo che dopo le prime pacifiche manifestazioni popolari di piazza represse dalle forze di sicurezza taluni signori - personaggi che fino a pochi giorni prima erano ministri, funzionari governativi ed alti gradi militari - si proclamassero "governo provvisorio di transizione" ed iniziassero un colpo di stato armato scatenando di fatto una guerra civile.
3. Supponiamo che alcuni paesi della cosiddetta comunita' internazionale - che so: la Cina, il Pakistan, l'Iran, la Corea del Nord, la Libia - dichiarassero di non poter restare insensibili al grido di dolore del popolo italiano ed iniziassero a bombardare la capitale italiana ed altre citta' facendo strage della popolazione civile, proclamando che lo fanno per proteggere la popolazione civile stessa dalla violenza del regime.
4. E supponiamo che un'organizzazione internazionale asservita a quei paesi avallasse tale guerra di aggressione approvando un'ambigua risoluzione a tal fine utilizzabile.
5. Supponiamo anche che qualcuno di questi stati aggressori rifornisse di armi i golpisti che nel frattempo hanno preso il controllo di parte del territorio, che so, della Toscana o della Campania.
6. E supponiamo che il piu' autorevole dei leader di quella coalizione internazionale di stati aggressori rivendicasse al suo paese il diritto di sequestrare, torturare e fin assassinare chiunque ovunque nel mondo, legittimando qualunque sequestro, tortura e omicidio senza processo col semplice dichiarare "terrorista" la vittima designata.
7. E supponiamo anche che una corte di giustizia internazionale finanziata proprio da quei paesi che hanno cominciato a bombardare Roma ed altre citta', dichiarasse che il capo del governo italiano e' evidentemente un criminale e che con le buone o con le cattive va immediatamente deposto, catturato, rapito e punito (anticipando peraltro il giudizio prima ancora del processo: secondo la scuola giuridica di cui al punto 6), e che conseguentemente la "coalizione di buona volonta'" e' legittimata a qualunque azione a tal fine.
8. Supponiamo infine che bombardamenti e stragi si susseguissero per mesi e mesi. Bombardamenti e stragi. Per mesi e mesi.
Ebbene: non avremmo proprio nulla da obiettare?
Ripeto: non avremmo proprio nulla da obiettare?
*
Questo sta accadendo in Libia
E questa era la nostra ipotesi astratta a parti rovesciate. Veniamo adesso alla realta'.
E la realta' e' esattamente la stessa descritta sopra, con la differenza che non e' Roma ad essere bombardata ma Tripoli, e che la coalizione dei bombardamenti stragisti e' guidata dalla Nato e promossa dagli Usa e da vari paesi europei con la decisiva complicita' dell'Unione Europea e dell'Onu.
Questo sta accadendo in Libia: non siamo dinanzi a un palese crimine contro l'umanita'?
Questo sta accadendo in Libia: non siamo di fronte a una guerra terrorista e stragista?
Questo sta accadendo in Libia: non abbiamo proprio nulla da obiettare?
Ripeto: non abbiamo proprio nulla da obiettare?
*
Cessi la guerra
Ci si impegni ovunque nel mondo affinche' cessi la guerra terrorista e stragista, imperialista e razzista, colonialista e rapinatrice contro la popolazione libica.
Ed in particolare per quanto concerne l'Italia, che di questa guerra e' la fondamentale base militare da cui partono gli attacchi stragisti, il popolo italiano si impegni affinche' cessi immediatamente la partecipazione italiana alla guerra, poiche' essa viola sia il diritto internazionale, sia gli accordi sottoscritti tra Italia e Libia in tempi fin recentissimi, sia la stessa Costituzione della Repubblica Italiana.
*
Frutti di sangue
Quali frutti ci si aspetta da un atto criminale come questa guerra?
Oltre l'orrore delle persone uccise, ferite e mutilate, oltre le devastazioni realizzate e le risorse distrutte e contaminate, ed oltre la scellerata violazione dei trattati e del diritto internazionale e la tragica selvaggia lacerazione nelle relazioni internazionali, ebbene, anche un altro frutto velenoso e' a tutti evidente: quale che sia l'esito della guerra, gli stati terroristi aggressori avranno dato al mondo intero una volta ancora il messaggio che Stati Uniti d'America ed Europa vogliono ancora imporsi come padroni del mondo usando la violenza piu' cinica ed efferata in dispregio del diritto, senza esitare a massacrare le popolazioni del sud del mondo per imporre la loro politica di potenza e di rapina.
E tutti i regimi oppressivi e tutti i poteri criminali del mondo saranno eccellenti allievi e sicuri imitatori di questa abominevole pedagogia della sopraffazione e dello sterminio. E rischiano di diventarlo anche tanti paesi e popoli e movimenti che per disperazione, o per odio della flagrante ingiustizia, o per vendetta del male subito, si faranno anch'essi sciagurati discepoli e feroci imitatori - sulla scala delle loro possibilita' - di questa logica onnicida. E sangue chiamera' sangue.
*
Dal punto di vista dell'umanita'
Cosa ci vuole ancora per capire che la guerra e' sempre un crimine contro l'umanita'?
Cosa ci vuole ancora per capire che a questo punto della storia umana giunti, nell'eta' inaugurata dalla bomba di Hiroshima, ogni guerra mette in pericolo l'esistenza dell'umanita' intera?
Cosa ci vuole ancora per capire che solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'?
2. INIZIATIVE. CONTRO LA GUERRA UNA PROPOSTA AGLI ENTI LOCALI
[Riproponiamo il seguente appello]
Proponiamo a tutte le persone amiche della nonviolenza di inviare al sindaco del Comune, al presidente della Provincia ed al presidente della Regione in cui si risiede, una lettera aperta (da diffondere quindi anche a tutti i membri del consiglio comunale, provinciale, regionale, ed ai mezzi d'informazione) con cui chiedere che l'assemblea dell'ente locale approvi una deliberazione recante il testo seguente o uno analogo.
*
"Il Consiglio Comunale [Provinciale, Regionale] di ... ripudia la guerra, nemica dell'umanita'.
Il Consiglio Comunale [Provinciale, Regionale] di ... riconosce, rispetta e promuove la vita, la dignita' e i diritti di ogni essere umano.
Richiede al Governo e al Parlamento che cessi la partecipazione italiana alle guerre in corso.
Richiede al Governo e al Parlamento che si torni al rispetto della Costituzione della Repubblica Italiana.
Richiede al Governo e al Parlamento che l'Italia svolga una politica internazionale di pace con mezzi di pace, per il disarmo e la smilitarizzazione dei conflitti, per il riconoscimento e l'inveramento di tutti i diritti umani per tutti gli esseri umani.
Solo la pace salva le vite".
3. APPELLI. "RETE NO WAR" E "U.S. CITIZENS FOR PEACE & JUSTICE": CONTRO LA GUERRA IN LIBIA UN APPELLO AI MEMBRI NON BELLIGERANTI DEL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL'ONU
[Riproponiamo il seguente appello che abbiamo ricevuto dalle amiche e dagli amici di "U.S. Citizens for Peace & Justice" di Roma (per contatti: e-mail: info at peaceandjustice.it, sito: www.peaceandjustice.it), e da altre amiche ed altri amici ancora]
Stop alla guerra Nato in Libia: scriviamo ai membri non belligeranti del Consiglio di Sicurezza Onu.
Campagna e-mail promossa dalla "Rete No War" e da "U.S. Citizens for Peace & Justice - Rome".
Alcuni paesi della Nato, in alleanza con alcune petromonarchie del Golfo, stanno conducendo da tre mesi in Libia una guerra illegale a sostegno di una delle due fazioni armate che si affrontano; una guerra fondata su informazioni false, portata pervicacemente avanti con vittime dirette e indirette; una guerra che continua malgrado le tante occasioni negoziali
disponibili fin dall'inizio.
Che fare? La pressione popolare nei confronti dei paesi Nato e' certo necessaria, ma non basta. Potrebbe essere utile, se attuata in massa, una campagna di e-mail dirette a paesi non belligeranti e membri del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, chiedendo loro di agire. Molti di quei paesi hanno gia' manifestato volonta' negoziali e potrebbero utilizzare come strumento di pressione questo appoggio popolare da parte di cittadini di paesi Nato. Gia' agli inizi di marzo, Fidel Castro chiede - invano - ai popoli e ai governi
di appoggiare la proposta di mediazione del Venezuela, approvata dai paesi dell'Alleanza Alba.
Per questa ragione i gruppi "Rete No War" e "U.S. Citizens for Peace & Justice - Rome" hanno consegnato un analogo appello ad alcune ambasciate a Roma.
Ecco come partecipare alla campagna, semplicemente, con una e-mail. Basta mandare il testo qui sotto (in inglese) nel corpo del messaggio agli indirizzi e-mail di: Russia, Cina, India, Sudafrica, Nigeria, Gabon, Bosnia Erzegovina, Libano, Colombia, Portogallo, Germania.
Per ulteriori informazioni su questa iniziativa, scrivete a: boylan at interfree.it o mari.liberazioni at yahoo.it oppure visitate i siti: www.radiocittaperta.it, www.disarmiamoli.org, www.peaceandjustice.it
*
e-mail delle rappresentanze dei paesi: ChinaMissionUN at Gmail.com, rusun at un.int, India at un.int, portugal at un.int, contact at lebanonun.org, chinesemission at yahoo.com, delbrasonu at delbrasonu.org, siumara at delbrasonu.org, bihun at mfa.gov.ba, colombia at colombiaun.org, pmun.newyork at dirco.gov.za, perm.mission at nigerdeleg.org, aumission_ny at yahoo.com, presidentrsa at po.gov.za, info at new-york-un.diplo.de, dsatsia at gabon-un.org, LamamraR at africa-union.org, waneg at africa-union.org, JoinerDJ at africa-union.org, gabon at un.int, Nigeria at un.int, unsc-nowar at gmx.com
*
Nell'oggetto della e-mail scrivere:
Pleare stop Nato war in Libya. Appeal to non-belligerant members of the U. N. Security Council
*
Testo da inviare:
We appeal to non-belligerent members of the U. N. Security Council
to put an end to the misuse of U. N. Security Council Resolution 1973 to influence the internal affairs of Libya through warfare, by revoking it, and to press for a peaceful resolution of the conflict in Libya, backing the African Union's central role in this context.
We thank those countries that have tried, and are still trying, to work towards peace.
Our appeal is based on the following:
- the military intervention in Libya undertaken by some Nato members has now gone far beyond the provisions of Security Council Resolution 1973, and is based on hyped-up accounts of defenseless citizens being massacred by their government, while the truth is that, in Libya, there is an on-going and intense internal armed conflict;
- we are aware of the economic and geo-strategic interests that lie behind the war in Libya and, in particular, behind Nato support of one of the two armed factions;
- Nato military intervention in Libya has killed (and is continuing to kill) countless civilians, as well harming and endangering the civilian population, including migrants and refugees, in various other ways;
- the belief that, at this stage, only non-belligerent countries - and particularly those with U.N. Security Council voting rights - can
successfully bring a peaceful end to the conflict through negotiations and by implementing the opening paragraph of U.N. Security Council Resolution 1973, which calls for an immediate ceasefire.
Respectfully yours,
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4. LIBRI. ALCUNI ESTRATTI DA "STRUMENTI PER RAGIONARE" DI GIOVANNI BONIOLO E PAOLO VIDALI (PARTE PRIMA)
[Dal sito www.tecalibri.it riprendiamo i seguenti estratti dal libro di Giovanni Boniolo, Paolo Vidali, Strumenti per ragionare. Logica e teoria dell'argomentazione, Bruno Mondadori, Milano 2011]
Indice del libro
Introduzione alla seconda edizione; 1. Che cos'e' un ragionamento? 1.1 Segno e linguaggio; 1.2 Il termine; 1.3 L'enunciato; 1.4 Il ragionamento; 1.5 I diversi tipi di ragionamento; 2. Logica, dialettica e retorica; 2.1 I diversi tipi di ragionamento a confronto; 2.2 Il rapporto tra dimostrazione e argomentazione; 2.3 La dialettica e la retorica; 2.4 Le nuove teorie dell'argomentazione; 2.5 Logica, dialettica, retorica; 3. La logica aristotelico-medievale; 3.1 Gli enunciati categorici; 3.2 Il quadrato delle opposizioni; 3.3 Le inferenze immediate; 3.4 La teoria sillogistica; 3.4.1 I modi dei sillogismi; 3.4.2 Sillogismi non categorici; 3.4.2.1 Il sillogismo disgiuntivo (aut); 3.4.2.2 Il sillogismo ipotetico puro; 3.4.2.3 Il sillogismo ipotetico misto; 3.4.2.4 Il sillogismo congiuntivo; 3.4.2.5 Il polisillogismo; 3.4.2.6 Il sorite; 3.4.2.7 L'epicherema; 3.4.2.8 Il dilemma; 3.5 La dimostrazione per assurdo; 4. La logica fregeana; 4.1 Logica enunciativa; 4.1.1 Negazione; 4.1.2 Congiunzione; 4.1.3 Disgiunzione; 4.1.4 Implicazione materiale; 4.1.5 Doppia implicazione materiale; 4.1.6 Contraddizione, tautologia ed equivalenza logica; 4.1.7 Leggi, logiche e regole; 4.2 Logica predicativa; 4.2.1 La negazione degli enunciati quantificati; 4.2.2 Gli enunciati quantificati complessi; 5. Confronto fra le due logiche classiche; 5.1 La quantificazione; 5.2 La teoria delle inferenze; 5.3 Il verbo essere; 6. La logica modale; 6.1 Necessario; 6.2 Contingente e possibile; 6.3 Necessita' della conseguenza e necessita' del conseguente; 6.4 Leggi modali; 6.5 Predicati e modalita'; 7. La definizione; 7.1 Secondo l'uso; 7.2 Secondo la strategia; 7.2.1 Definizione estensionale; 7.2.2 Definizione intensionale; 7.2.3 La definizione quasi-intensionale; 7.3 Secondo lo statuto epistemologico; 8. Gli argomenti; 8.1 Tipologia dell'argomentare; 8.2 Le premesse dell'argomentazione; 8.2.1 I luoghi della cogenza; 8.2.2 I luoghi dell'ideale; 8.2.3 I luoghi dell'esistente; 8.2.4 I luoghi dell'ordine; 8.2.5 I luoghi della persona; 8.3 Della cogenza: gli argomenti deduttivi; 8.4 Della cogenza: gli argomenti pseudo-deduttivi; 8.4.1 Pseudo-identita'; 8.4.2 Incompatibilita'; 8.4.3 Pseudo-contraddizione; 8.4.4 Ritorsione; 8.4.5 Dilemma; 8.4.6 Autofagia; 8.4.7 Pseudo-transitivita'; 8.4.8 Tutto e parte; 8.4.9 Ad humanitatem; 8.5 Dell'ideale: gli argomenti a priori; 8.5.1 Essenza; 8.5.2 Direzione; 8.5.3 Propagazione; 8.5.4 Superamento; 8.5.5 Regola di giustizia; 8.5.6 A fortiori; 8.5.7 Complementarita'; 8.5.8 Compensazione; 8.5.9 Riduzione al superiore; 8.5.10 Etimologia; 8.5.11 Facile; 8.5.12 Coerenza degli effetti; 8.6 Dell'esistente: gli argomenti a posteriori; 8.6.1 Induzione; 8.6.1.1 Induzione completa; 8.6.1.2 Induzione da un solo caso; 8.6.1.3 Induzione per enumerazione semplice; 8.6.1.4 Induzione per eliminazione; 8.6.1.5 I canoni induttivi di Mill; 8.6.2 Argomenti causali; 8.6.2.1 Argomento del post hoc; 8.6.2.2 Argomento della causa; 8.6.2.3 Argomento dell'effetto; 8.6.2.4 Priorita' della causa sull'effetto; 8.6.2.5 Causa prima; 8.6.3 A contrario; 8.6.4 Ad consequentiam; 8.6.5 Spreco; 8.6.6 Superfluo (principio di economia, rasoio di Ockham); 8.6.7 Consolidamento; 8.7 Dell'ordine: gli argomenti strutturali; 8.7.1 Analogia; 8.7.2 Paragone; 8.7.3 Doppia gerarchia; 8.8 Della persona: gli argomenti pragmatici; 8.8.1 Ad hominem; 8.8.2 Modello; 8.8.3 Esempio; 8.8.4 Illustrazione; 8.8.5 Autorita'; 8.8.6 Sacrificio; 9. Le fallacie; 9.1 Della cogenza: fallacie deduttive; 9.1.1 Fallacie di definizione; 9.1.1.1 Definizione troppo ampia; 9.1.1.2 Definizione troppo stretta; 9.1.1.3 Definizione oscura; 9.1.1.4 Definizione circolare (circulus in definiendo, o diallellon); 9.1.1.5 Definizione autocontraddittoria; 9.1.1.6 Ambiguita' (equivocazione); 9.1.2 Fallacie inferenziali; 9.1.2.1 Affermazione del conseguente; 9.1.2.2 Negazione dell'antecedente; 9.1.2.3 Autocontraddittorieta'; 9.1.2.4 Autoconfutazione; 9.1.3 Fallacie sillogistiche; 9.2 Fallacie pseudo-deduttive; 9.2.1 Falsa disgiunzione; 9.2.2 Falso dilemma; 9.2.3 Ad ignorantiam; 9.2.4 Domanda composta (plurium interrogatio); 9.2.5 Questione complessa; 9.2.6 Conclusione irrilevante (ignoratio elenchi); 9.2.7 Composizione 1; 9.2.8 Composizione 2; 9.2.9 Distinzione 1; 9.2.10 Distinzione 2; 9.2.11 Fallacia del giocatore; 9.3 Dell'ideale: fallacie a priori; 9.3.1 Petizione di principio (circulus in probando, diallellus); 9.3.2 Regresso all'infinito; 9.3.3 Transitus de genere ad genus; 9.3.4 Fallacia d'accidente; 9.3.5 Falsa etimologia; 9.3.6 Argumentum ad novitatem; 9.3.7 Argumentum ad antiquitatem; 9.3.8 Anfibolia; 9.3.9 Accento; 9.3.10 Linguaggio pregiudizievole; 9.3.11 Espressione prevalente sul contenuto; 9.3.12 Explanans ad hoc; 9.3.13 Explanandum minato; 9.3.14 Assenza di explanandum; 9.3.15 Explanans non controllabile; 9.4 Dell'esistente: fallacie a posteriori; 9.4.1 Generalizzazione indebita 1 (a dicto secundum quid, ad dictum simpliciter); 9.4.2 Generalizzazione indebita 2 (enumeratio imperfecta, o ab uno descendet omne); 9.4.3 Esempio non rappresentativo; 9.4.4 Fallacia d'accidente converso; 9.4.5 Controevidenza; 9.4.6 Esclusione; 9.4.7 Correlazione causale (post hoc ergo propter hoc); 9.4.8 Effetti congiunti; 9.4.9 Irrilevanza causale; 9.4.10 Causa complessa; 9.4.11 Causa errata (non causa pro causa); 9.4.12 Inversione causale; 9.4.13 Appello alle conseguenze negative ("pendio sdrucciolevole"); 9.5 Dell'ordine: fallacie strutturali; 9.5.1 Falsa analogia; 9.5.2 Meta' campo; 9.6 Della persona: fallacie pragmatiche; 9.6.1 Argumentum ad baculum; 9.6.2 Argumentum ad verecundiam; 9.6.3 Argumentum ad misericordiam; 9.6.4 Argumentum ad judicium; 9.6.5 Argumentum ad populum; 9.6.6 Argumentum ad personam; 9.6.6.1 Ad personam 1 (abusivo); 9.6.6.2 Ad personam 2 (circostanziale); 9.6.6.3 Ad personam 3 (tu quoque); 9.6.7 Avvelenamento del pozzo; 9.6.8 Colpa per associazione; 9.6.9 Ridicolo; 9.6.10 Uomo di paglia (falsa pista); 9.6.11 Due torti fanno una ragione; 10. Come si argomenta e come si discute; 10.1 Come si prepara un'argomentazione; 10.2 Come costruire un'argomentazione; 10.3 Come contro-argomentare; 10.3.1 Si attacca lo status quaestionis; 10.3.2 Si attacca la giustificazione argomentativa; 10.4 Regole per discutere razionalmente; Bibliografia minima; Indice dei nomi.
*
Da pagina IX. Introduzione alla seconda edizione
Questo libro esce in una nuova edizione. Nato per una scommessa, una decina d'anni fa, ha incontrato una fortuna inattesa proprio perche', crediamo, esso riempiva un vuoto. Vuoto di strumenti, perche' nel panorama italiano mancava, in fondo, un libro dedicato alla buona ragione, cioe' alle regole e agli attrezzi del ragionare corretto. Ma anche vuoto di valore, relativamente alla discussione pubblica, al bisogno di confrontare le nostre idee per scoprire una qualche verita', non solo per affermare la propria.
Pubblicato nel 2002 come raccolta di strumenti logici e argomentativi, si e' rivelato un piccolo Organon - si parva licet componere magnis -, un prontuario di facile consultazione che raccoglie regole logiche, strategie argomentative, errori nel ragionamento, esempi di buona discussione. Abbiamo scoperto, nel tempo, che il suo uso si e' diffuso e il suo impiego allargato. Originariamente pensavamo a un destinatario interessato soprattutto alla filosofia. Ma via via abbiamo scoperto che si tratta di un libro per tutti: per chi si occupa di comunicazione, di politica, di pubblicita', di scuola, di formazione aziendale, o per chi coltiva il puro e semplice interesse al condurre bene la propria ragione.
Il bisogno di conoscere le regole e gli strumenti del buon ragionare si e' infatti intensificato, ai nostri giorni, per mille motivi. Siamo oggetto di una costante sollecitazione comunicativa, dovuta al moltiplicarsi dei media, all'enorme quantita' di messaggi a cui possiamo attingere, al costante e martellante richiamo pubblicitario, alla sconcertante sequenza di tesi e di contro-tesi che caratterizzano il dibattito politico, in particolare in Italia.
Per limitarci a quest'ultimo ambito, ci stiamo tragicamente abituando a discorsi che oggi affermano una cosa e domani la negano, con una disinvoltura a dir poco sconcertante. L'arte della smentita, piu' che della replica, sembra diventare una prassi comune, non piu' contrastata. Ma cosi' stiamo perdendo il valore stesso della razionalita', il pregio della coerenza.
L'arte antica del dibattere da secoli, purtroppo, e' stata espunta dal quadro della nostra formazione di base. Nessuno insegna piu' a discutere e gli sforzi per insegnare a pensare si scontrano, come dicevamo, con un'incivilta' comunicativa che da' ragione alla forza (mediatica) e non forza alla ragione.
Tuttavia, al profondo, non crediamo che bastino le tecniche o gli strumenti per condurre bene il proprio pensiero. Diciamo che sono una condizione necessaria, ma non sufficiente per ragionare bene. Se e' utile scoprire di aver commesso un errore, se e' positivo saper cogliere un'incongruenza nella tesi che si sta criticando, se e' importante sapere con quali argomenti e' bene comunicare il proprio pensiero a un uditorio dato, tutto questo non basta. Serve anche altro.
Serve anzitutto un'etica. Perche' argomentare, infatti? Se il fine fosse solo comunicare, o mostrare di aver ragione o, peggio, persuadere a ogni costo, questo libro servirebbe a poco. Anzi, non servirebbe a nulla. Argomentare, infatti, non e' semplicemente dare ragione al proprio pensiero. Argomentare significa mettersi in gioco, con altri, nella ricerca di qualcosa che nessuno possiede: la verita'. Discutere infatti e' il modo piu' civile, e alla lunga il piu' efficace, per comporre le differenze e far convivere le diversita'. Nella discussione, infatti, anche con chi ha posizioni lontanissime dalle proprie, non emergono quasi mai una ragione e un torto. Ma sempre, se la discussione e' onestamente condotta, quello che emerge e' la chiarezza. Chiarezza maggiore sui concetti che utilizziamo e che spesso meritano una definizione piu' precisa e una maggiore comprensione. Chiarezza sui punti d'appoggio delle nostre convinzioni, spesso malfermi, buoni per noi e per chi gia' la pensa come noi, ma non per chi vede il mondo in un altro modo. E infine chiarezza sui punti di partenza, nostri e altrui. Il dissidio, infatti, si percepisce sempre alla foce. Quando cio' che riteniamo appare in palese contrasto con chi non la pensa come noi, spesso alla base non c'e' un cattivo ragionamento, ma un diverso inizio. Nell'esercizio di un'argomentazione onestamente condotta, vengono quindi alla luce quei punti di partenza di cui non eravamo nemmeno consapevoli, convinti, come siamo spesso, che l'ovvieta' di un principio non abbia bisogno di motivazione. E cosi', scoprendo che alle spalle di una divergenza di opinioni c'e' una differenza di presupposti, quello che accade e' una comune educazione a pensare la diversita', a immaginare un mondo che sgorga da fonti diverse, che si alimenta di differenti principi.
Per questo la logica e l'argomentazione sono stati e continuano a essere uno strumento fondamentale della filosofia. Perche' essa descrive e interpreta il mondo con il solo strumento della ragione. Ne' fede, ne' forza, ne' potere, ne' persuasione servono in filosofia: la sola regola del gioco e' mostrare la razionalita' della propria visione del mondo. In questa costante ricerca di ragioni emergono i principi, gli universali, i presupposti, o almeno quello che chi argomenta ritiene tali. E, di nuovo, solo in questa continua conversazione tra intelletti, la filosofia porta alla luce i punti di partenza del nostro conoscere e del nostro agire.
In ogni caso, se gli strumenti del ragionare non bastano, nemmeno un'etica e' sufficiente per saper ragionare. Il ragionamento in atto richiede, anche, un'arte. Saper condurre bene i propri ragionamenti e saperli confrontare con gli altri richiede, infatti, una specifica fantasia, un'intelligenza del pensiero, un'arte del dialogare, appunto. E quest'arte non si insegna. Semmai si impara, ascoltando i grandi pensatori del passato non meno che gli intellettuali del presente. A questa scuola, fatta di apprendistato piu' che di istruzioni, siamo tutti sempre chiamati, probabilmente senza essere mai pronti.
In questa incertezza, infatti, si nutrono il pensiero quando indaga, la ragione quando comprende, la discussione quando serve a deliberare. Come diceva Perelman, la natura stessa dell'argomentazione si oppone alla necessita' e all'evidenza: non si delibera infatti dove la soluzione e' necessaria, ne' si argomenta contro l'evidenza. Per questo le premesse e gli esiti della discussione razionale sono sempre incerti, opinabili, insicuri. Eppure, paradossalmente, solo su questa incertezza si puo' edificare qualcosa di solido. Su questa incertezza si appoggia la condivisione di una verita' cercata insieme e posseduta da nessuno. Si appoggia la dolcezza, la civilta' di una ragione che sola e' capace di convincere senza costringere. Si appoggia la convivenza pacifica, che non a caso ha inventato la democrazia e i parlamenti come il migliore strumento per deliberare insieme quando gli interessi sono divergenti.
La novita' di questa edizione e' nella struttura e nell'approfondimento di alcuni aspetti. Rispetto alla prima edizione abbiamo esemplificato molti passaggi e aggiunto argomenti e fallacie.
Nella prima parte del volume abbiamo cercato di definire che cos'e' un ragionamento (cap. 1), per poi chiarire la differenza tra logica, dialettica e retorica (cap. 2). Da qui abbiamo preso le mosse per illustrare la logica aristotelico-medievale (cap. 3), la logica fregeana (cap. 4), e il loro confronto (cap. 5), per finire con uno sguardo alla logica modale (cap. 6) e alla teoria della definizione (cap. 7).
La seconda parte del libro riguarda la teoria dell'argomentazione. Si inquadrano in una nuova tipologia presupposti, argomenti (cap. 8) e fallacie, cioe' errori nel ragionamento (cap. 9), per concludere fornendo alcune regole per stendere un'argomentazione e condurre una buona discussione razionale (cap. 10).
L'ultima parte del libro (cap. 11, Guida all'analisi, tra dialettica e retorica e cap. 12, Esempi di analisi dialettica e retorica), per una piu' agevole consultazione, e' reperibile sul sito della casa editrice (www.brunomondadori.com) nella sezione dedicata a questo volume. Questi capitoli illustrano lo stretto intreccio che esiste tra logica, dialettica e retorica, attraverso delle analisi condotte su testi sia antichi che contemporanei.
*
Da pagina 1
1. Che cos'e' un ragionamento?
L'esercizio della razionalita' avviene attraverso la costruzione di ragionamenti. Un ragionamento e' infatti un insieme organizzato di enunciati e gli enunciati sono composti da termini. Come si vede, ragionare equivale a utilizzare il linguaggio, ma non ogni uso del linguaggio e' un ragionamento: la logica e la teoria dell'argomentazione sono le discipline che si occupano, appunto, del ragionamento, cioe' del linguaggio organizzato per produrre ragionamenti corretti.
1.1 Segno e linguaggio
Non e' nostra intenzione entrare nella determinazione di che cosa si intenda con linguaggio. Per i nostri fini conta solamente una distinzione, utile a non commettere errori di tipo logico.
Anzitutto va definito il segno, linguistico e non.
Per Ch. S. Peirce (1839-1914) il segno e' "cio' che sta per qualcos'altro". La storia della trattazione del segno ha fatto emergere tre fondamentali componenti: il significante, cioe' la realta' materiale (suono, linea, immagine...) che usiamo per comunicare, il significato, nozione mentale che permette il passaggio tra significante e cio' per cui il segno sta, e il denotato, cio' per cui il segno sta...
Si coglie subito il problema di un rapporto tra segni e realta' mediato dal significato. Possiamo trattare la correttezza nella disposizione di segni, come le parole di una frase, o porci il problema di come un termine o una frase rappresenti qualcosa, oppure di che effetti si vuole produrre quando li pronunciamo.
Il linguaggio, infatti, puo' essere analizzato considerando tre questioni principali:
- sintattica: con essa si valuta la correttezza degli enunciati dal punto di vista delle regole di costruzione che ogni lingua (linguaggio) utilizza;
- semantica: con essa si considera il rapporto tra enunciati e cio' per cui essi stanno, e quindi ha a che fare con la verita' dei primi;
- pragmatica: con essa si intende il fatto che il linguaggio ha a che fare con la produzione di azioni ("Apri la porta, per piacere", "taci").
Noi ci concentreremo soprattutto sui primi due aspetti, mentre tralasceremo il terzo. Con queste premesse possiamo chiarire cosa si intende con termine, enunciato e ragionamento.
1.2 Il termine
"Mario", "bianco", "corre" sono termini. In generale, nomi, verbi, avverbi e aggettivi dotati di senso sono considerati termini. Una frase, per esempio "Il tavolo e' bianco", e' composta di termini.
Esistono pero' anche altri termini, come gli articoli, le preposizioni, le congiunzioni..., che non hanno un senso in se', ma solo nel contesto della frase. "Per", "il", "e" significano qualcosa solo in rapporto ad altri termini: per esempio, "Mario e Giovanni sono fratelli". Tali termini sono utili per modificare il senso della frase, come quando si utilizza la negazione: "Mario non e' italiano". Vi sono, quindi, due classi di termini:
- termini categorematici (o semantici), ovvero quelli in se' dotati di senso;
- termini sincategorematici (o sinsemantici), ovvero quelli non dotati di senso in se', ma che acquistano senso collegandosi ("sin", dal gr. syn, "con") con quelli che ne sono dotati, secondo le regole della sintassi del linguaggio in uso.
Finora abbiamo affermato che i termini sono o non sono dotati di senso proprio. E' la stessa cosa chiederci se sono veri o falsi?
Qui appare una distinzione fondamentale, da tener sempre presente: la distinzione fra termini ed enunciati.
1.3 L'enunciato
Con "enunciato" intenderemo una forma linguistica caratterizzata grammaticalmente, almeno nei casi piu' elementari, da un soggetto, una copula e un predicato.
Dallo studio della grammatica sappiamo che esistono diversi tipi di enunciati. Per i nostri scopi bastera' ricordarne due:
- enunciati dichiarativi, che descrivono una qualche situazione: "Mario e' italiano", "Mario corre";
- enunciati ipotetici, che esprimono un'ipotesi intorno a una qualche situazione: "Se Mario corre, allora arriva prima", "Domani potrebbe nevicare".
Fra questi, saranno gli enunciati dichiarativi che incontreremo con maggior frequenza: d'ora in poi, quando useremo semplicemente il termine "enunciato" intenderemo che l'enunciato e' dichiarativo, se non ci saranno indicazioni diverse.
Gli enunciati sono composti di termini. Qui appare quell'importante distinzione alla quale si accennava poc'anzi. I termini non possono essere veri o falsi: solo gli enunciati sono veri o falsi. Vediamo di capire perche'.
"Tavolo" e' un termine dotato di senso dal momento che dicendo "tavolo" sappiamo che cosa vogliamo dire. Ma se diciamo solo "tavolo", abbiamo detto qualcosa che non e' ne' vero ne' falso. Solo formulando un enunciato come "Il tavolo e' bianco" affermiamo qualcosa che puo' essere vero o falso. Quando costruiamo una frase che afferma o nega certe relazioni tra termini, quindi quando usiamo enunciati dichiarativi, solo allora possiamo parlare di verita' o falsita'. Se il tavolo a cui ci riferiamo nell'enunciato e' proprio quel tavolo bianco che ci sta davanti e diciamo "Il tavolo e' bianco", allora questo e' un enunciato vero; se invece diciamo "Il tavolo non e' bianco" l'enunciato e' falso.
Avremo modo di tornare piu' volte su questo punto. Cio' che conta ora e' ribadire che solo gli enunciati possono essere veri o falsi. Quanto detto serve anche a introdurre un'ulteriore distinzione, quella tra enunciato, proposizione e giudizio:
- l'enunciato dichiarativo (pronuntiatum, sentence, Aussagen) e' l'espressione linguistica, il prodotto linguistico, di cui e' possibile parlare in termini di verita' o di falsita' ("Il tavolo e' bianco", "The table is white", "Der Tisch ist weiss" sono tutti enunciati);
- la proposizione (propositio, proposition, Satz) e' cio' che e' invariante rispetto alle varie espressioni linguistiche di un enunciato: equivale a cio' che "Il tavolo e' bianco", "The table is white", "Der Tisch ist weiss" vogliono dire;
- il giudizio e' l'atto mentale del quale la proposizione e' espressione.
Si tratta di una distinzione non sempre tenuta nel debito conto, al punto che molti autori utilizzano tali termini in modo intercambiabile. Ribadirla pero' mostra che il nostro ragionare si struttura almeno a tre livelli: quello linguistico, in cui scegliamo un linguaggio determinato per affermare o negare qualcosa, quello logico, in cui strutturiamo proposizioni, indipendentemente dal linguaggio usato, e quello mentale, in cui produciamo giudizi.
Come detto, d'ora in poi, per semplicita', quando utilizzeremo il termine 'enunciato' indicheremo sempre l'enunciato dichiarativo, quindi tale da poter essere detto vero o falso.
Prima di abbandonare la riflessione specifica sugli enunciati e' utile introdurre un'ultima classificazione, dal momento che tra i vari enunciati dichiarativi corrono alcune differenze. Possiamo infatti parlare di:
- enunciati affermativi, che affermano una certa situazione;
- enunciati negativi, che negano una certa situazione.
Ognuno di questi enunciati puo' essere:
- un enunciato singolare, che si riferisce a un soggetto ben preciso ("Mario e' un bimbo biondo");
- un enunciato universale, che si riferisce a tutti coloro che sono contraddistinti da una certa caratteristica ("Tutti i conigli sono erbivori" o "Ogni coniglio e' un roditore");
- un enunciato particolare (o esistenziale), che si riferisce a una parte di coloro che sono contraddistinti dall'avere una certa caratteristica ("Alcuni conigli sono bianchi", o "Esistono [ci sono] conigli bianchi").
1.4 Il ragionamento
Un ragionamento, o processo inferenziale, e' una successione di enunciati. Propriamente si tratta di enunciati collegati fra loro da inferenze, cioe' da nessi specifici. Gli enunciati, cosi' collegati, si possono suddividere in tre tipi:
a. gli enunciati da cui prende le mosse il ragionamento, ossia le premesse del ragionamento (ipotesi, assiomi, postulati, principi);
b. l'enunciato con cui il ragionamento si conclude, ossia la conclusione del ragionamento;
c. enunciati intermedi che permettono di passare da quelle premesse a quella conclusione.
Quindi con ragionamento, o processo inferenziale, intenderemo quel procedimento per cui si passa da date premesse a una certa conclusione, attraverso certi enunciati intermedi. Da questo punto di vista, possiamo anche dire che il ragionamento e' finalizzato a giustificare una certa tesi, espressa nella conclusione, a partire da certe premesse: cio' avviene per mezzo di una successione di inferenze o di passi inferenziali.
Va poi sottolineato che non e' la stessa cosa parlare di verita' e di validita'. Il termine "verita'" si riferisce agli enunciati, il termine "validita'" al processo inferenziale. Nel primo caso si analizzano i valori di verita' di singoli enunciati; nel secondo si verifica la correttezza dell'inferenza che consente di passare da un enunciato a un altro. Solo gli enunciati sono veri, o falsi, mentre solo l'inferenza puo' essere valida o invalida, a seconda che segua correttamente o meno le regole che la contraddistinguono come un'inferenza di un certo tipo.
In generale, possiamo avere
1) premesse vere e inferenze valide, ma possiamo anche avere
2) premesse false e inferenze valide, o
3) premesse vere e inferenze invalide, o
4) premesse false e inferenze invalide.
Solo nel primo caso si parlera' di ragionamento corretto; negli altri tre casi il ragionamento e' errato.
Riassumendo possiamo affermare che:
a. sono dotati o non dotati di senso i termini e cio' che con essi si compone, cioe' gli enunciati;
b. sono veri o falsi solo gli enunciati;
c. sono valide o invalide le singole inferenze;
d. sono corretti o errati i ragionamenti.
1.5 I diversi tipi di ragionamento
Abbiamo detto che il ragionamento consente di passare da alcune premesse a una conclusione tramite una successione d'inferenze; cosi' facendo il ragionamento permette di giustificare razionalmente una tesi, espressa nella sua conclusione, a partire da alcune premesse, grazie a tale serie d'inferenze.
Tuttavia non esiste solo un modo di svolgere le inferenze. In altri termini, vi sono vari tipi di ragionamento. Partiamo da alcuni esempi.
Es. 1 A implica B, e A, quindi B.
Es. 2a Se la ricchezza determina la felicita', e Carlo e' ricco, allora Carlo e' felice.
Es. 2b Poiche' in Italia si e' introdotta la legge che permette il divorzio, aumenta il numero di matrimoni che falliscono.
Es. 3 Se sono a Roma, allora sono nel Lazio. Sono nel Lazio, percio' sono a Roma.
L'esempio 1 e' tipicamente un ragionamento dimostrativo, o dimostrazione, ed e' un ragionamento corretto perche' applica in modo valido un'inferenza deduttiva codificata dalla logica, una delle tante che ci permettono di passare, in modo necessario, da premesse assunte come vere ("A implica B", e "A") a conclusioni vere (quindi "B"). Se un ragionamento muove da premesse vere, o presupposte vere, e l'inferenza e' un'inferenza deduttiva valida e necessaria codificata dalla logica, il ragionamento e' una dimostrazione.
L'esempio 2a ci presenta un'altra varieta' di ragionamento. Se si accettano le premesse - "La ricchezza rende felici" e "Carlo e' ricco" - si accetta necessariamente anche la conclusione: "Carlo e' felice". Ma proprio questo e' il punto: una delle premesse ("La ricchezza rende felici") non e' vera, o - almeno - non lo e' per tutti. Qualcuno puo' legittimamente sostenere che la ricchezza non renda felici. L'inferenza in questo ragionamento e' valida e necessaria, essendo un'inferenza deduttiva codificata dalla logica, ma - ripetiamo - le premesse non sono vere, o presupposte vere: questo ragionamento non e' una dimostrazione. Infatti, se fosse vero che la ricchezza rende felici, allora chiunque fosse ricco sarebbe anche felice. Ma questo non accade: esistono persone ricche che non sono felici (come pure persone felici ma non ricche). Insomma, l'inferenza e' necessaria, ma le premesse non sono vere. Per questo parliamo di ragionamento argomentativo. Quando manca la verita' della premessa, siamo di fronte a un ragionamento argomentativo, non a una dimostrazione.
L'esempio 2b ci presenta un'altra varieta' di ragionamento. La premessa e' vera - infatti in Italia e' in vigore, dal 1970, la legge sul divorzio - ma l'inferenza e' discutibile: non e' una delle inferenze necessarie codificate dalla logica che ci consentono di muovere da premesse vere per approdare a una conclusione vera. Non e' detto, infatti, che una legge produca l'effetto che regolamenta. Un fallimento matrimoniale dipende da molte cause e non necessariamente dalla possibilita' di divorziare legalmente. Quindi siamo ancora nel caso di un ragionamento argomentativo in cui la conclusione non e' raggiunta necessariamente: cio' avviene non perche' le premesse non siano vere, come nel caso precedente, ma perche' l'inferenza che collega premesse e conclusione non ha carattere di necessita'.
Il caso dell'esempio 3 e' invece quello di un ragionamento errato: chi ragiona cosi' commette una fallacia, nella fattispecie la fallacia cosiddetta di "affermazione del conseguente". Qui si afferma che se A implica B, e si da' B, allora si da' anche A. Cio' e' sbagliato, perche' la verita' di A non dipende solo dal darsi di alcuni casi in cui B e' vero. Relativamente all'esempio, possiamo essere nel Lazio senza essere necessariamente a Roma: infatti, potremmo essere a Rieti o a Latina.
Concludendo, possiamo affermare che esistono almeno tre tipi di ragionamento:
- ragionamento dimostrativo (o dimostrazione), in cui a) le premesse sono assunte come vere, quindi non discutibili, b) le inferenze sono deduttive e rigidamente codificate dalla logica: percio' la conclusione dell'inferenza segue in modo necessario e non discutibile;
- ragionamento argomentativo (o argomentazione), in cui le premesse sono opinabili e/o le inferenze sono non sempre valide e per questo la conclusione puo' essere sempre discutibile.
- ragionamento fallace (o fallacia), in cui una o piu' inferenze sono invalide: percio' va rigettato anche se le premesse sono vere.
Questi tre tipi di ragionamento, come si e' visto, si caratterizzano tutti per il fatto che la conclusione e' sviluppata dalle premesse per mezzo di un procedimento inferenziale. Ma ci sono anche delle differenze.
Nel caso della dimostrazione si e' soliti dire che il ragionamento avviene in un "ambiente chiuso", nel senso che le sue regole sono fissate strettamente dalla teoria della deduzione, quindi esso non e' discutibile una volta accettato. La dimostrazione e' il ragionamento tipico delle scienze, specie delle scienze formali come la matematica o la logica.
Nel caso dell'argomentazione si dice che il ragionamento avviene in un "ambiente aperto". Le premesse non sono assunte come vere, ne' le regole inferenziali presentano carattere di necessita' stringente: percio' il passaggio dalle premesse alla conclusione non e' tale da comportare la necessita' assoluta della conclusione, che allora si dice "giustificata argomentativamente" o "argomentata" (ma non dimostrata).
Se la dimostrazione e' il ragionamento tipico dell'ambito scientifico, l'argomentazione e' il ragionamento tipico dell'ambito filosofico, ma anche di quello quotidiano. Il ricorso all'argomentazione e', infatti, enormemente piu' diffuso di quello della dimostrazione, perche' per lo piu' ci troviamo in situazioni in cui la nostra razionalita' si esercita su premesse discutibili, su passaggi controversi, su problemi complessi. Nella filosofia, nei tribunali e nella vita di tutti i giorni, ma anche nelle scienze (soprattutto nelle scienze sociali) si ricorre molto spesso a ragionamenti di tipo argomentativo, dei quali ci proponiamo di studiare le forme, le regole e gli errori.
Le fallacie, infine, non sono propriamente dei ragionamenti, dal momento che si basano su inferenze invalide. Sono l'esito di errori nei quali talvolta e' facile incorrere quando si ragiona, percio' e' bene saperle riconoscere e vagliare..
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Da pagina 99
8. Gli argomenti
Il ragionamento argomentativo (o argomentazione) e' un ragionamento situato. Vive infatti in un contesto, vale relativamente all'uditorio a cui si rivolge e per questo puo' costantemente essere messo in discussione. Se non si accettano i punti di partenza o se si discutono i passaggi inferenziali che lo costituiscono, la conclusione diventa incerta e viene sottoposta alla critica razionale. Puo' sembrare un modo insicuro di ragionare ma, nel campo dell'opinabile - il piu' comune e il piu' vasto degli ambiti entro cui sviluppiamo i nostri ragionamenti - l'argomentazione e' la sola pratica razionale utilizzabile. L'argomentazione e' quindi un'inferenza le cui premesse sono opinabili e/o le inferenze sono non sempre necessarie e per questo la conclusione puo' essere sempre discutibile.
La nostra analisi dell'argomentazione si articolera' in tre settori: lo studio delle premesse, in particolare dei luoghi comuni, lo studio delle inferenze argomentative e lo studio degli errori argomentativi, cioe' delle fallacie.
8.1 Tipologia dell'argomentare
Se una lunghissima tradizione, che parte dalla Grecia antica e arriva fino a noi, ci ha consegnato una straordinaria competenza argomentativa, tuttavia non ne esiste ancora una codificazione precisa.
Qui proponiamo di unire in un unico quadro, suddiviso in cinque classi (cogenza, ideale, esistente, ordine, persona) le premesse dell'argomentare (limitatamente ai luoghi comuni), gli argomenti e le fallacie. In particolare:
1. La cogenza: e' l'ambito in cui vige l'effettiva o apparente necessita' dell'inferenza.
2. L'ideale: e' la sfera in cui si sottolineano i valori, le essenze, gli ideali.
3. L'esistente: e' il campo dell'esperienza, della realta' concreta, della pratica vissuta.
4. L'ordine: e' il dominio delle relazioni, dei rapporti, della simmetria, delle corrispondenze.
5. La persona: e' la sfera dell'uomo e della sua azione.
In ognuno di questi ambiti si raccolgono i principi di partenza del nostro ragionare argomentativo, il modo in cui esso si sviluppa (gli argomenti) e il modo in cui si perde (le fallacie).
(parte prima - segue)
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COI PIEDI PER TERRA
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Numero 474 del 21 luglio 2011
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