Nonviolenza. Femminile plurale. 381
- Subject: Nonviolenza. Femminile plurale. 381
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- Date: Thu, 30 Jun 2011 07:16:51 +0200 (CEST)
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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 381 del 30 giugno 2011
In questo numero:
1. Oggi a Blera
2. Paolo Arena presenta "Stalker" di Andrej Tarkovskij
3. Allegra Alacevich: Glenda May Jackson
4. Allegra Alacevich: Mahalia Jackson
5. Allegra Alacevich: Wanda Jakubowska
6. Allegra Alacevich: Isabella Leonarda
7. Allegra Alacevich: Maria Adriana Prolo
8. Elisabetta Ceresoli: Tina Modotti
9. Barbara Gabotto: Elisabeth Jacquet de La Guerre
10. Barbara Gabotto: Betsy Jolas
11. Barbara Gabotto: Vitezslava Kapralova
12. Barbara Gabotto: Joan La Barbara
13. Barbara Gabotto: Elisabeth Lutyens
14. Barbara Gabotto: Thea Musgrave
15. Barbara Gabotto: Giulia Recli
16. Barbara Gabotto: Elinor Remick Warren
17. Barbara Gabotto: Tona Scherchen-Hsiao
18. Barbara Gabotto: Alma Schindler Mahler
19. Barbara Gabotto: Ethel Mary Smyth
20. Barbara Gabotto: Barbara Strozzi
21. Barbara Gabotto: Germaine Tailleferre
22. Giovanna Minardi: Ethel Krauze
23. Giovanna Minardi: Nellie Francisca Ernestina Moya Morton (Nellie Campobello)
24. Anna Santoro: Fanny Salazar Zampini
25. Anna Santoro: Maria Savi Lopez
1. INCONTRI. OGGI A BLERA
[Dalle amiche e dagli amici della cooperativa "Il Vignale" di Blera (per contatti: tel. 3475988431 - 3478113696, e-mail: ilvignale at gmail.com) riceviamo e diffondiamo.
Paolo Arena, critico e saggista, studioso di cinema, arti visive, weltliteratur, sistemi di pensiero, processi culturali e comunicazioni di massa, e' uno dei principali collaboratori del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo e fa parte della redazione di "Viterbo oltre il muro. Spazio di informazione nonviolenta", un'esperienza nata dagli incontri di formazione nonviolenta che da due anni si svolgono settimanalmente a Viterbo; nella seconda meta' del 2010 insieme a Marco Graziotti ha condotto un'ampia inchiesta sul tema "La nonviolenza oggi in Italia" con centinaia di interviste a molte delle piu' rappresentative figure dell'impegno nonviolento nel nostro paese. Recentemente ha tenuto una conferenza all'Universita' di Roma "La Sapienza" sul cinema di Tarkovskij.
Andrej Tarkovskij, straordinario regista cinematografico (1932-1986): "testimonianza di fervore stilistico altissimo e di grande impegno morale" (Fernaldo Di Giammatteo). Opere di Andrej Tarkovskij: Il rullo compressore e il violino (1961); L'infanzia di Ivan (1962); Andrej Rublev (1969); Solaris (1972); Lo specchio (1974); Stalker (1979); Nostalghia (1983); Sacrificio (1986). Tra le opere su Andrej Tarkovskij: Tullio Masoni, Paolo Vecchi, Andrej Tarkovskij, Il castoro cinema, Milano 1997, 2001]
Oggi, giovedi' 30 giugno 2011, alle ore 17,30, presso la biblioteca comunale di Blera (Vt), in via Roma n. 61, la cooperativa agricola "Il Vignale" promuove una conferenza su "Il mistero, il dolore, la dignita' umana: una riflessione muovendo da Stalker di Andrej Tarkovskij".
Relatore il critico e saggista Paolo Arena, che su questo argomento ha tenuto recentemente una conferenza presso l'Universita' "La Sapienza" di Roma.
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Cooperativa agricola "Il Vignale"
Per informazioni: tel. 3475988431 - 3478113696; e-mail: ilvignale at gmail.com
2. RIFLESSIONE. PAOLO ARENA PRESENTA "STALKER" DI ANDREJ TARKOVSKIJ
[Riproponiamo il seguente saggio gia' apparso nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 244 del 7 luglio 2010]
Stalker (Urss 1979). Diretto da: Andrej Tarkovskij. Scritto da: Andrej Tarkovskij, Arkadi Strugackij e Boris Strugackij (liberamente tratto dal racconto "Picnic sul ciglio della strada" di Boris e Arkadi Strugackij). Fotografia: Alexander Knyazhinsky. Con: Aleksandr Kaidanovskij, Alisa Freindlich, Anatolij Solonicyn, Nikolaj Grin'ko, Natasha Abramova
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Andrej Arsen'evic Tarkovskij (1932-1986) regista cinematografico e teatrale, scrittore, teorico del cinema. Autore di film di grande impatto estetico e spessore morale. Figlio del poeta Arsenij Aleksandrovic Tarkovskij.
La profonda riflessione e critica a cui chiama gli uomini gli causa dissidi col regime sovietico che lo portano prima ad avere problemi di liberta' di espressione ed infine all'esilio.
L'europa lo accoglie: gira "Nostalghia" in Toscana, "Sacrificio" nella svezia bergmaniana, a Londra mette in scena, con Claudio Abbado, il "Boris Godunov" di Musorgskij. A Venezia "L'infanzia di Ivan" riceve il Leone d'oro nel 1962, a Cannes e' premiato diverse volte.
Opere cinematografiche di Andrej Tarkovskij: Il rullo compressore e il violino (1961); L'infanzia di Ivan (1962); Andrej Rublev (1969); Solaris (1972); Lo specchio (1974); Stalker (1979); Nostalghia (1983); Sacrificio (1986).
Tra le opere critiche su Andrej Tarkovskij: Tullio Masoni, Paolo Vecchi, Andrej Tarkovskij, Il castoro cinema, Milano 1997, 2001.
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Dopo un evento avvolto nel mistero - la caduta di un meteorite, una visita di alieni o persino del divino - un luogo di un fatiscente paese pseudo-russo inizia a mutare. La natura, la realta' fisica e la stessa ragione iniziano a mutare in questo luogo detto la zona. Le persone non riescono a viverci, gli studiosi a comprenderla, i militari a sfruttarla. Recintata e messa in sicurezza, la zona resta vuota e misteriosa, piena di leggenda, inospitale e apparentemente dotata di una vita tutta propria. Gli stalker sono gli unici ad entrarci, e non senza pericolo. Uno di loro accetta di portare due persone fino ad una leggendaria stanza dove sembra che si avverino i desideri di chi la visita.
Le due persone sono un intellettuale che dice di cercare la sua ispirazione ed uno scienziato che si dichiara interessato alla conoscenza. Lo Scrittore, il Professore e lo Stalker: nella zona persino i nomi propri sembrano irrilevanti.
Lo Stalker porta le persone che hanno perso la speranza, quelle a cui non resta altro. Diviene la sua ragione di vita e ne trae come unica soddisfazione la profonda estasi che riceve all'interno della zona.
Tra le tante misteriose e mutevoli regole di questo luogo infatti c'e' quella che gli stalker non possono chiedere nulla per se stessi, altrimenti e' probabile che la soddisfazione ricevuta si ritorca contro di loro come nel caso di Porcospino, colui che ha insegnato allo Stalker tutto sulla zona, stalker anch'esso e suicidatosi per le tragiche conseguenze di un suo desiderio.
Lo Stalker potrebbe chiedere la felicita' per la sua famiglia, la salute per sua figlia mutante, una nuova vita in un luogo meno squallido di quello mostrato dalle meravigliose immagini in bianco e nero virato in seppia di una realta' disastrata e misera. Pero' e' cosi' sopraffatto dall'enigmatica potenza della zona che non lo fa, non cade in tentazione e gioisce nello sperare che le persone che lui accompagna, a rischio della prigione, della vita, della pazzia, diventino meno infelici. Cosi' lo sara' un po' meno anche lui.
All'interno della zona lo Scrittore ed il Professore faticano ad accettare la quantita' di regole non dette e di idiosincrasie dello Stalker, il suo continuo riferirsi a pericoli invisibili ed a prodigi al limite della magia, la sua irrequieta attesa della pace; lo seguono con disincanto e non si abbandonano al suo stesso trasporto.
Anche i loro desideri si rivelano essere altri: il Professore vuole avere successo accademico e distruggere la zona per il rischio che l'umanita' stolta e malvagia se ne impossessi e che uomini non dotti come lui ne sfruttino gli eventuali poteri; porta nascosta una piccola testata nucleare con cui farlo.
Lo Scrittore sembra quasi che voglia sfidare con l'intelletto questo oggetto di fede e provare a tutti i costi le sue ciniche idee sull'umanita', giustificando cosi' l'amarezza della sua vita materialista e misera.
Durante il viaggio le loro interiorita' vengono fuori, le loro convinzioni - quelle predominanti nel mondo - appaiono meschine e grevi. La stanza guardera' dentro di loro ed esaudira' i desideri piu' profondi, quelli che non si dicono e che spesso ci rappresentano in maniera sincera e brutale.
Nessuno dei due riuscira' ad entrare nella camera dei desideri. La possibilita' di essere messi a confronto col vuoto abissale delle proprie anime li atterrisce.
Lo Stalker si dispera, perche' essi non credono, non hanno speranza e non sono quindi capaci di abbandonarsi a qualcosa che vada oltre l'intelligibile. Non riescono a vedere se stessi o il mondo in maniera diversa, migliore. Fanno ritorno. Sono cambiati in qualche modo ma non come si aspettavano.
La desolazione della vita senza misteriosa estasi li ha di nuovo.
Resta il grigio del mondo decadente ed i colorati sprazzi di vita che coloro che sono stati toccati dalla zona - la figlia mutante - recano con se', come dono e maledizione.
Enigma, mistero, contemplazione, incanto, speranza sono parole chiave che possono instradare lo spettatore in una visione sempre personale e mai schematica di questo splendido film.
Non ci sono insegnamenti dogmatici, risposte, fatti evidenti. Si e' continuamente chiamati all'intensa riflessione in proprio oppure alla profonda esperienza estetica tra molteplici simboli e suggerimenti, messaggi misteriosi trasmessi attraverso la forma, il colore o la sostanza di cio' che si vede.
Tra i molti ed importanti segni l'acqua e' protagonista, morbida ma potente: avvolge e consuma come una memoria acida da cui affiorano ricordi di un umanita' decaduta ed arrogante che non ha saputo lasciarsi trascinare dalla sua placida corrente ma si e' ostinata a far barriere, a dare nomi, a costruire ed uccidere, credendosi padrona del mondo.
Spazi sommersi ricoperti di mucillagine, metalli incrostati - armi denaro attrezzature scientifiche, tolte dalle mani dell'uomo ed entrate a fare parte di questo inquietante fiume o bosco - costruzioni strumenti e veicoli reinventati dalla natura, resi muti, svelati nudi nella loro umana inutilita'. Non sembrano neanche piu' cose artificiali. Si direbbe che nella Zona la cultura sia di nuovo sopraffatta dalla natura.
Pochi movimenti di macchina, lunghe sequenze silenziose che mostrano lo stato d'animo dei protagonisti, inquadrature prolungate e penetranti di questa natura che si riappropria dello spazio post-umano in cui l'uomo non e' che un ospite neanche tanto gradito.
Spesso soffia un forte vento, l'acqua goccia, scorre, scroscia e precipita, pochi importanti dialoghi in cui non una sola parola e' sprecata, persa o perdibile: lo smarrimento degli uomini vi abita in maniera sempre piu' evidente mentre certezze e convinzioni vengo arbitrariamente negate da cio' che accade o potrebbe accadere nella zona.
La zona e' groviglio, deserto, campo di battaglia, cimitero, pozzo, labirinto, fiume o palude e solo un cinema non convenzionale poteva raccontarla come la intende Tarkovskij, cioe' non definendola e lasciando allo spettatore questo dovere affinche' anch'egli possa compiervi un viaggio - con tutti i significati rituali che questa parola comporta. Puo' un viaggio essere essere compiuto mediante l'abbandono al trasporto? Questa sembra essere una delle proposte di "Stalker".
E' un cinema in cui "non succede niente" nel senso piu' elevato di sfida al canone filmico: il film mostra, propone, interroga senza presupporre che ci sia una sola risposta, una soluzione. Pur volgendo in un certo senso religioso lo fa senza forzature, senza specificare a cosa si debba credere, invitando ad una speranza generica che ognuno possa nominare come preferisce purche' abbia sempre come meta - piu' o meno raggiungibile ed in maniera piu' o meno tortuosa - la ricerca della felicita' o quanto meno della lotta all'infelicita'.
Al contrario di quello filosofico ed emotivo, il tempo cinematografico a volte e' cosi' rarefatto da poter ospitare degli importanti versi (di Arsenij Tarkovskij e di Fedor Ivanovic Tjutcev) che paradossalmente hanno la funzione di condensare profonde riflessioni in poche parole, per lasciare spazio all'immagine e tempo alla concentrazione.
Se quindi e' ancora possibile scorgere in "Stalker" i tratti tipici della narrazione non c'e' un vero climax tanto caro al cinema mainstream, un puntare dritto verso quella che chiamano catarsi, e che spesso si riduce sempre di piu' allo scontro col cattivo di turno.
Catarsi, quella parola abusata nelle scuole di cinema americane, torna finalmente al suo significato abituale di purificazione: aprirsi alla Zona purifica o almeno cambia profondamente, ma avviene in maniera continua e non con l'istantanea soppressione del pericolo/male: con la resa e non con l'azione. Sconvolgente considerando che si tratta di un'arte che fa della parola "azione" il suo principio fondante.
In questo il film e' compatto sia da un punto di vista visuale che contenutistico, non c'e' praticamente una fase di riscaldamento, un prologo: le cose importanti ci sono da subito e sono tutte collegate l'un l'altra, fondamentali.
Persino lo stacco cromatico all'ingresso nella zona non e' imprevedibile se si sono osservati con attenzione il mondo-grigio e la necessita' dello Stalker di tornare a bearsi - in senso mistico - nella zona.
Come visualizzare altrimenti qualcosa di cosi' potente e diverso? E' necessario dare un nome, una categoria ad uno sconvolgimento tanto sublime?
Anche la fine a questo punto e' improvvisa. Lo spettatore che ha avuto il coraggio di un'esperienza del genere ha bisogno di riflettere subito e certe considerazioni devono nascere a caldo. Solo il tempo per mostrare ancora una volta - con la figlia - il mistero che a volte permea, a volte colpisce, a volte marchia e che agli occhi velati di grigio e' castigo o peggio sfregio gratuito, ma quel colore cosi' desaturato e dolce leggermente acido che circonda la piccola Martiska descrive l'estasi piu' di mille forme o parole.
Quando poi tornati a casa la moglie dello Stalker rompe la cosiddetta quarta parete e confonde la nostra realta' con quella appena mostrata e' evidente il fatto che il film ci chiami ad una riflessione profonda ma alla portata di tutti e soprattutto personale e riferita solo alla nostra individualita'.
Pur sembrando questo rivolgersi a noi della donna disperata (quasi la morale di una favola) una fusione tra cinema e realta' e' possibile che sia l'esatto opposto: la definizione di finzione di quanto si e' appena vissuto e l'invito a proseguire la meditazione per conto proprio ma per il bene di tutti, a distinguere sempre tra ambizione personale e speranza, ad interrogarci su quando l'una sconfini nell'altra.
Ma e' un'introspezione che si fa specchio del mondo fuori di noi: questo legame e' indissolubile a questo punto del film.
Perche' a questo punto abbiamo realizzato che non c'e' vera speranza se non riferita alla collettivita' (al creato? All'universo?) di cui siamo solo una parte minima, non e' chiaro quanto unica e insostituibile, sta a noi deciderlo.
Abbiamo giusto il tempo di ricordare il testo di apertura del film, quell'accenno fantascientifico alla visita di alieni nella zona, alieni che non ci hanno degnato di alcuna attenzione come noi non degnamo di attenzione gli insetti quando facciamo un picnic sul ciglio della strada. Siamo partecipanti, non protagonisti: nel racconto dei fratelli Strugackij piu' genericamente nei confronti dell'altro-non-umano, e per Tarkovskij piu' specificamente nei confronti di qualcosa di sicuramente piu' grande e giusto.
Un film straordinario, in cui il movimento e l'immagine dominano sull'eredita' teatrale del dialogo, qui spesso disseminata e scomposta: affidata al fuori campo mentre ad essere inquadrato e' chi ascolta oppure astratta nelle geometrie assunte dai personaggi nei momenti di viaggio o di riposo circondati da questo misterioso frattale verde e grigio.
Come nello splendido battesimo finale all'esterno della stanza dei desideri, in cui in una serie di inquadrature concentriche la pioggia lava via la durezza dell'ultimo importante dialogo, fissa le ultime considerazioni a cui sono giunti i viaggiatori da entrambi i lati dello schermo e si fa di nuovo sudario sulla zona che si era finalmente svelata a cercatori cosi' disperati.
3. PROFILI. ALLEGRA ALACEVICH: GLENDA MAY JACKSON
[Dal sito www.arabafelice.it riprendiamo la seguente scheda biobibliografica della serie "Dominae" (segnaliamo che queste schede risalgono ad alcuni anni fa).
Per un profilo della curatrice di questa voce, cfr. i "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 557]
Attrice cinematografica e teatrale inglese (Birkenhead, Cheshire, 1941). Nata il 9 maggio, figlia di un minatore, finiti gli studi ando' a lavorare a Londra. Si formo' alla Scuola reale di arte drammatica e esordi' nel 1964 con Peter Brook nella Royal Shakespeare Company interpretando il ruolo di Charlotte Corday in Marat-Sade, lavoro che, trasposto per il grande schermo, le diede fama internazionale. Dotata di un volto fortemente espressivo e di ricca gestualita', l'attrice vinse nel 1969 l'Oscar per Donne in amore di Ken Russell, fornendo in seguito convincenti interpretazioni in Domenica, maledetta domenica di J. Schlesinger (per cui si aggiudica l'Oscar come migliore attrice) e Maria Stuarda regina di Scozia di C. Jarrott (entrambi del 1971). A proprio agio anche nella commedia, si aggiudico' un terzo Oscar nel 1973 per Un tocco di classe di M. Frank, ottenendo poi ulteriori riconoscimenti per Il mistero della signora Gabler (1975, Oscar come migliore attrice) e Una romantica donna inglese (1975) e tornando a lavorare ancora con K. Russell per L'ultima Salome' (1988). Attivamente impegnata in ambito politico, nel 1997 e' stata eletta nel parlamento britannico nelle file dei laburisti.
Filmografia: La vita e' un arcobaleno (1989); L'ultima Salome' (1988); Terapia di gruppo (1987); Tartaruga ti amero' (1985); Indagine incompiuta (1982); Prigioniero del passato (1981); La storia di Patricia Neal (1981); Due sotto il divano (1980); Marito in prova (1979); Visite a domicilio (1978); Adorabile canaglia (1978); Cattive abitudini (1976); Sarah Bernhardt. La piu' grande attrice di tutti i tempi (1976); Una romantica donna inglese (1975); Il mistero della signora Gabler (1975); Le serve (1974); Il sorriso del grande tentatore (1974); Storia di Lady Hamilton (1973); Un tocco di classe (1973); Triplo eco (1972); Maria Stuarda, regina di Scozia (1971); Domenica, maledetta domenica (1971); L'altra faccia dell'amore (1971); Il boy friend (1971); Donne in amore (1969); Marat-Sade (1966).
Bibliografia: AA.VV., Nova, Grande dizionario enciclopedico, Torino, Utet, 2001; Peter Thomson, Brecht: Mother Courage and her Children, Edinburgh, Cambridge University Press 2001.
4. PROFILI. ALLEGRA ALACEVICH: MAHALIA JACKSON
[Dal sito www.arabafelice.it riprendiamo la seguente scheda biobibliografica della serie "Dominae"]
Cantante di gospel (New Orleans 1911 - Evergreen Park, Chicago 1972). Inizia a cantare nelle chiese a cinque anni nel coro diretto dal padre, ascoltando grandi voci blues come I. Cox, M. e B. Smith ma orientandosi verso la musica sacra nera. Trasferitasi a Chicago (1927), fonda un quartetto vocale che si esibisce nelle chiese e in cui si riconosce il suo stile vigoroso e gioioso. Nel '45 la sua fama si estende a tutti gli Usa, imponendo il best seller Move On Up A Little Higher e permettendole di cantare alla Carnegie Hall (1959). Nel '52 compie il primo tour europeo, partecipando negli anni successivi a numerosi festival jazz e programmi radio. Nel 1958 canta nel concerto di Duke Ellington Black, Brown and Beige. Gravemente ammalata si ritira dalle scene, ma dopo la pubblicazione dell'autobiografia Movin 'on up (Andando avanti, 1966), riprende i concerti nonostante le cattive condizioni di salute.
Con uno stile centrato sul calore e l'espressivita' della voce, sull'uso dello shout e di altre forme della musica popolare nera, e' una delle maggiori interpreti di spiritual e gospel. Tra i suoi successi, Silent Night, My Trust in Jesus, When the Saints Go Marchin' in, Sunday at Newport.
Jackson era profondamente coinvolta nei movimenti di difesa dei diritti civili e in particolare in quello guidato da Martin Luther King.
Opere: a) libri: Movin' on up, New York, Hawthorne Books, 1966; Mahalia Jackson Cooks Soul, New York, Aurora Publishers, 1970; b) registrazioni (in ordine cronologico): The treasures of love; One God; A rusty old halo (multi-track vocal); Jesus met the woman at the well (Sony); I'm going to live the life I sing about in my song (Sony); Walk over God's Heaven (Sony); You'll never walk alone; Didn't it rain (Sony); When the Saints go marching in (Sony); Somebody bigger than you and I; When I wake up in glory (Sony); Out of the depths (Sony); Oh Lord, is it I? (Sony); Amazing grace; 23rd November 1954 NYC, Vocal con Falls-Jones Ensemble; Jesus (Sony); I will move on up a little higher (Sony); Keep your hand on the plow (Sony); 31st May 1955 NYC, Vocal with Falls-Jones Ensemble; Silent night, Holy night (Sony); O little town of Bethlehem (Sony); Go tell it on the mountain (Sony); White Christmas (Sony); I wonder as I wonder (Sony); Get away Jordan (Nash/Creed); 1st June 1955 NYC, Vocal con orchestra diretta da Ray Ellis; 2nd June 1955 NYC, Vocal con coro e Falls-Jones Ensemble; 4th August 1955 Chicago, Vocal con coro e Falls-Jones Ensemble; 3rd November 1955 NYC, Vocal con coro e Falls-Jones Ensemble; 19th March 1956 NYC, Vocal con coro e Falls-Jones Ensemble; 22nd September 1956 Hollywood or Chicago, Vocal con coro e Falls-Jones Ensemble; 28th September 1956 Hollywood or Chicago? Vocal con coro e Falls-Jones Ensemble; 5th February 1958 Los Angeles, Vocal con Ellington Orchestra; 20th July 1959 Los Angeles, Vocal con coro e Falls-Jones Ensemble; 21st February 1960 Hollywood,Vocal con orchestra e coro diretto da Percy Faith; 23rd May 1960 Los Angeles, Vocal con orchestra e coro diretto da Johnny Williams; 7th March 1961 Los Angeles, Vocal con orchestra e coro diretto da Johnny Williams; 16th March 1962 Los Angeles, Vocal con orchestra e coro diretto da Johnny Williams; 17th March 1962 Los Angeles, Vocal; 22nd March 1962 Hollywood, Vocal con coro diretto da Thurston Frazier; 11th March 1963 Hollywood, Vocal con "The Jack Halloran Singers"; 12th March 1963 Hollywood, Vocal; 24th September 1963 Los Angeles, Vocal con orchestra diretta da Marty Paich; 2nd August 1965 Chicago, Vocal; 3rd August 1965 Chicago, Vocal; 2nd November 1965 Los Angeles, Vocal; 10th November 1965 Los Angeles, Vocal; 29th April 1966 Hollywood, Vocal; 17th August 1966 Los Angeles, Vocal; 26th August 1966 Los Angeles, Vocal; 26th February or 3rd April 1968 Los Angeles, Vocal; 5th April 1968 Los Angeles, Vocal; 30th August 1968 Los Angeles, Vocal; 31st January 1969, Vocal; 28th August 1969 Los Angeles, Vocal con orchestra e coro diretti da H. B. Barnum; 29th August 1969 Los Angeles, Vocal.
Bibliografia: Laurraine Goreau, Just Mahalia, Baby, New York, Word Books, 1975; Jules Schwerin, Got To Tell It, Oxford, Oxford University Press, 1992.
5. PROFILI. ALLEGRA ALACEVICH: WANDA JAKUBOWSKA
[Dal sito www.arabafelice.it riprendiamo la seguente scheda biobibliografica della serie "Dominae"]
Regista cinematografica polacca (Varsavia 1907). Dopo aver studiato arte e storia all'universita' di Varsavia, ed essere stata tra i fondatori del gruppo Start (Associazione Amatori del Film Artistico), che ebbe notevole importanza nel promuovere il rinnovamento del cinema polacco d'anteguerra, realizzo' il lungometraggio Nad Niemnem (Sulle rive del Niemen, 1939, con K. Szolowski). Fu pero' soltanto nel 1948 che si impose all'attenzione internazionale con L'ultima tappa (Ostatni etap, 1946), una delle piu' severe condanne mai apparse sullo schermo delle atrocita' naziste (di cui Jakubowska, deportata ad Auschwitz e a Ravensbruck, era stata diretta testimone), che le valse due premi: il Grand Prix na Miedzynarodowym Festiwalu Filmowym e il Grand Prix na Festiwalu Filmow; nel 1951 vinse il premio dell'International Peace Advice Bureau. La regista diresse poi numerosi altri film, tra cui Zolnierz zwyciestwa (Il soldato della vittoria, 1953), Spotkania w mroku (Incontri nelle tenebre, 1960), in cui una pianista polacca ritorna a dare un concerto nella citta' tedesca in cui era stata deportata; Koniec naszego wiata (La fine del nostro mondo, 1964), ancora sui campi di sterminio. Dal 1949 al 1974 ha insegnato storia del cinema.
Filmografia: Ostatni etap, 1946; Zolnierz zwyciestwa, 1953; Opowiesc atlantycka, 1955; Pozegnanie z diablem, 1956; Krol Macius I, 1958; Spotkania w mroku, 1960; Historia wspolczesna, 1961; Koniec naszego swiata, 1964; Goraca linia, 1965; 150 na godzine,1972; Bialy mazur, 1979; Zaproszenie, 1986; Kolory kochania, 1988.
Bibliografia: Ewa Mazierska, Wanda Jakubowska's Cinema of Commitment, in "The European Journal of Women's Studies", Volume 08, 1-5-2001; Stuart Leibman, Wanda Jakubowska's The Last Stop [Ostatni Etap], in "Slavic and East European Performance", volume 16, n. 3, autunno 1996.
6. PROFILI. ALLEGRA ALACEVICH: ISABELLA LEONARDA
[Dal sito www.arabafelice.it riprendiamo la seguente scheda biobibliografica della serie "Dominae"]
Compositrice, nacque a Novara il 6 settembre 1620 in una famiglia della piccola nobilta'; due suoi fratelli erano uomini di chiesa presso la cattedrale della citta' che le diede i natali e due sorelle erano suore. Monaca del convento novarese delle Orsoline sin dall'eta' di 16 anni, si occupo' soprattutto di musica sacra vocale pubblicando le sue prime composizioni a 20 anni; ricopri' importanti posizioni nell'istituzione di cui faceva parte (fu Madre, Madre Superiora, Vicaria ed infine Consigliera) in cui lavorava nell'ambito amministrativo. Nel 1693 pubblico' undici sonate a tre e nel 1696 una sonata per violino e per organo, diventando cosi' la prima donna italiana a comporre nel nuovo stile barocco. Siccome l'ordine delle Orsoline ha come fine precipuo l'insegnamento, probabilmente Leonarda insegnava musica.
Opere: Magnificat (op. 19, n. 10); Sonata terza (op. 16); Ave, suavis dilectio (op. 6, n. 5); Litanie della Beata Vergine Maria (op. 10, n. 11); Sonata nona (op. 16); Salve Regina (op. 11, n. 12); Beatus vir (op. 19, n. 4); Sonata duodecima (op. 16).
Bibliografia: Karin Pendle, Women & Music: A History, Bloomington, Indiana University Press, 1991; Paolo Monticelli, Isabella Leonarda, Torino, Centro Studi Piemontesi, 1998.
I lavori di Isabella Leonarda sono in parte eseguiti nel cd: Ars Femina: Isabella Leonarda: the Muse of Novara, ensemble Ars Femina, Coro Favoriti, direttore John Dickson, Nannerl, 1999.
Siti: music.acu.edu/www/iawm/pages/leonarda.html, www.leonarda.com
7. PROFILI. ALLEGRA ALACEVICH: MARIA ADRIANA PROLO
[Dal sito www.arabafelice.it riprendiamo la seguente scheda biobibliografica della serie "Dominae"]
Maria Adriana Prolo detta Adri, "Madama Pelicula nel balon" o "La congelata della Mole", nasce a Romagnano Sesia (No), terza di tre sorelle di un'agiata famiglia molto nota. Il padre autoritario cresce la prole ponendo la realizzazione professionale quale primo obiettivo, mentre la madre, dotata di una raffinata formazione culturale, indirizza le proprie bambine all'arte ed allo studio. Dedicatasi all'apprendimento sin da ragazza, si diletta di poesia e dopo la laurea in materie letterarie collabora alla stesura di saggi con intellettuali dell'epoca (il generale Brancaccio ed altri); la formazione intellettuale della studiosa si arricchisce di corsi di Paleografia, Biblioteconomia e Archivistica, paralleli alla redazione di contributi relativi al Risorgimento e alla vincita del "Premio di perfezionamento Principi di Piemonte" che le permette di trasferirsi a Londra per svolgere attivita' di ricerca.
Maria Adriana Prolo focalizza la propria ricerca sul cinema, decidendo di fondare, nel 1941, un museo per cinefili ed incominciando ad intrattenere una lunga corrispondenza con il francese Henri Langlois, fondatore dell'omologo museo parigino; inizia a raccogliere i materiali che le saranno utili per l'allestimento dell'esposizione permanente, che realizzerra' solo nel 1955, oltre che per il Museo storico-etnografico di Romagnano. Dopo una pausa determinata dallo scoppio della guerra, la studiosa continua a cercare documenti ed oggetti utili al Museo del Cinema. Muore nella sua terra natale nel 1989.
Opere: Nicola Brancaccio e Maria Adriana Prolo, Dal nido savoiardo al trono d'Italia, Zucchi, Milano, 1930; Poesie edite ed inedite della poetessa nizzarda Agata Sofia Sasserno', Treves, Milano, 1937; Torino cinematografica..., in "Bianco e nero", n. 10, ottobre 1938; Storia del cinema muto italiano, Poligono, Milano, 1951; Naissance d'un musee, in "Cahier du cinema", n. 33, marzo 1954; Cabiria, Museo Nazionale del Cinema, Torino, 1977. Documenti e lettere dell'autrice sono conservate presso gli archivi del Museo del Cinema di Torino.
Bibliografia: Carlo Brugo, Romagnano Sesia. Museo Storico Etnografico..., in "Bollettino Storico per la provincia di Novara", anno LXXIV, n. 1, giugno 1983; Carlo Brugo, Professione: fondatrice di musei, "Il monte Rosa", 21 novembre 1987; Donata Pesenti Campagnoni, Maria Adriana Prolo, Torino, Museo del Cinema, 2002.
8. PROFILI. ELISABETTA CERESOLI: TINA MODOTTI
[Dal sito www.arabafelice.it riprendiamo la seguente scheda biobibliografica della serie "Dominae" (segnaliamo che queste schede risalgono ad alcuni anni fa)]
Tina Modotti nasce il 16 agosto 1896 a Pracchiuso, vicino a Udine, da una famiglia operaia. Abbandonata presto la scuola comincia a lavorare per aiutare la famiglia.
A diciassette anni si imbarca per emigrare negli Stati Uniti, raggiunge il padre Giuseppe a San Francisco e lavora in una fabbrica tessile. Ma la sua avvenenza la porta presto a provarsi come attrice di teatro e in seguito va a Hollywood, dove recita in alcuni film muti.
Il suo destino e' segnato dall'incontro con il famoso fotografo Edward Weston, con il quale inizia una lunga relazione amorosa. Nel 1922 Tina ed Edward decidono di trasferirsi in Messico. Questo paese segna un'ulteriore svolta nella sua vita: finita l'avventura con Weston, Tina si dedica completamente alla fotografia ed entra in contatto con il clima politico e culturale post-rivoluzionario che vige nel Messico di quegli anni. Conosce Alfaro Siqueiros, Diego Rivera, Clemente Orozco, Frida Kahlo, Dolores Del Rio... collabora con la rivista "El Machete", e collabora attivamente con il Partito Comunista Messicano. Comincia cosi' a privilegiare la fotografia come strumento di indagine sociale, un campo nel quale Tina Modotti e' riconosciuta come una delle principali interpreti del Novecento.
Le sue foto vengono pubblicate ovunque procurandole nuove amicizie ma anche l'attenzione delle spie fasciste e degli agenti nord-americani, soprattutto in seguito alla sua relazione con il giovane rivoluzionario cubano Julio Antonio Mella. La loro storia dura solo pochi mesi, Mella viene infatti assassinato sotto gli occhi di Tina che viene ingiustamente sospettata dell'omicidio di Mella oltre che di aver partecipato all'attentato contro Pasqual Ortiz Rubio. Viene cosi' espulsa dal Messico e raggiunge Berlino con Vittorio Vidali.
Dopo qualche tempo decide di andare a Mosca, dove lentamente abbandona l'attivita' di fotografa per dedicarsi totalmente alle attivita' del partito e al Soccorso Rosso Internazionale. Viaggia in continuazione fra Mosca, Varsavia, Vienna, Madrid e Parigi, ma nel 1936, con il nome di Maria, raggiunge Vittorio Vidali a Madrid allo scoppio della guerra civile spagnola.
Tina incontra personaggi quali Flor Cernuda, Robert Capa, Hemingway, Rafael Alberti, Malraux, e tanti altri.
Alla fine della guerra riesce a tornare in Messico con altri esuli. Qui conduce una vita difficile, vivendo di traduzioni e frequentando pochi amici. La notte del 5 gennaio 1942, dopo una cena con amici, Tina Modotti e' colpita da infarto nel taxi che la sta riportando a casa.
Bibliografia: Elena Poniatowska, Tinissima, Frassinelli 1997; Riccardo Toffoletti, Arte Vita Liberta', Il Ramo d'Oro 2001; Pino Cacucci, Tina, Tea 1991; Patricia Albers, Vita di Tina Modotti, postmedia 2003.
Siti: Museo Tina Modotti: www.modotti.com
9. PROFILI. BARBARA GABOTTO: ELISABETH JACQUET DE LA GUERRE
[Dal sito www.arabafelice.it riprendiamo la seguente scheda biobibliografica della serie "Dominae" (segnaliamo che queste schede risalgono ad alcuni anni fa).
Su Barbara Gabotto cfr. la breve notizia biografica nei "Telegrammi della nonviolenza in cammino" n. 554]
Nata a Parigi nel 1665, proveniva da una famiglia di musicisti da molte generazioni che viveva sull'isola di Saint-Louis a Parigi. Anche i suoi fratelli e sorelle furono, infatti, musicisti. All'eta' di cinque anni aveva stupito, cantando e suonando il clavicembalo, la corte di Luigi XIV a Versailles. Fu sostenuta da Maria di Lorraine, che aveva promosso una formazione musicale diretta da Marc Antoine Charpentier. Nel 1684 sposo' l'organista Marin de la Guerre. Mori' nel 1729.
La sua prima opera pubblicata, nel 1687, e' una raccolta di brani per clavicembalo, composti con un forte gusto per l'improvvisazione, specialmente nei preludi. Nel 1694 produsse per l'Accademia Reale della Musica la tragedia Cephale et Procris su libretto di Joseph-Francois de Vancy. Nel 1695 e nel 1707 pubblico' sonate, dedicate a Luigi XIV, nelle quali dimostro' un vivo interesse per i nuovi generi musicali che nascevano in Italia. L'aspetto piu' innovativo della sua composizione lo si trova pero' in campo vocale, con le dodici Cantate Francesi del 1708 e 1711 e le cantate Semele, L'isola di Delos, Il sonno di Ulisse del 1715. Viene considerata una tappa fondamentale per lo sviluppo della musica da camera francese.
10. PROFILI. BARBARA GABOTTO: BETSY JOLAS
[Dal sito www.arabafelice.it riprendiamo la seguente scheda biobibliografica della serie "Dominae"]
Allieva di Milhaud e di Messiaen e' anche direttrice d'orchestra, vincendo nel 1953 il primo premio al concorso di Besancon. Ha composto brani considerati dalla forma stravagante, come Caprice a' une voix del 1975 che puo' essere cantato da qualsiasi voce maschile o femminile e prevede l'uso di un pianoforte senza pianista; oppure Mon ami del 1976 che deve essere cantato da una pianista o da un bambino.
11. PROFILI. BARBARA GABOTTO: VITEZSLAVA KARPALOVA
[Dal sito www.arabafelice.it riprendiamo la seguente scheda biobibliografica della serie "Dominae"]
Figlia unica di Vaclav Kapral, musicista ceco insegnante al conservatorio di Brno, inizio' a comporre all'eta' di nove anni. A quindici anni frequento' i corsi di composizione e di direzione d'orchestra a Brno e in seguito a Praga. Nel 1937, vinta una borsa di studio, ando' a studiare con Charles Munch all'Ecm di Parigi, poi con Bohuslav Martinu e Nadia Boulanger. La sua produzione, nonostante la breve vita, e' cospicua ed e' stata frequentemente eseguita dalla Czech Philarmonic. Fuggita a Montpellier a seguito dell'invasione tedesca di Parigi, vi mori' nel 1940.
12. PROFILI. BARBARA GABOTTO: JOAN LA BARBARA
[Dal sito www.arabafelice.it riprendiamo la seguente scheda biobibliografica della serie "Dominae"]
Cantante statunitense, ha sperimentato le capacita' fonico-espressive della voce elaborando tecniche particolari di respirazione. Ha iniziato a registrare proprie composizioni, oltre che di autori come Cage, Reich e Glass, negli anni Settanta.
13. PROFILI. BARBARA GABOTTO: ELISABETH LUYTENS
[Dal sito www.arabafelice.it riprendiamo la seguente scheda biobibliografica della serie "Dominae"]
Esordi' nel 1939 con il Concerto da camera n. 1, poi, nel 1946, abbraccio' il metodo di composizione dodecafonico. E' autrice di musica per il teatro, sinfonica e da camera.
14. PROFILI. BARBARA GABOTTO: THEA MUSGRAVE
[Dal sito www.arabafelice.it riprendiamo la seguente scheda biobibliografica della serie "Dominae"]
Pianista scozzese, allieva di Nadia Boulanger a Parigi, ha composto sei opere, oltre a musica da camera e sinfonica. Come concertista si dedica soprattutto alla musica contemporanea.
15. PROFILI. BARBARA GABOTTO: GIULIA RECLI
[Dal sito www.arabafelice.it riprendiamo la seguente scheda biobibliografica della serie "Dominae"]
Fu allieva di Ildebrando Pizzetti. La sua musica e' ricca di riferimenti naturalistici. Ha composto soprattutto "leggende" e "fiabe" per il teatro, per orchestra e coro. E' morta nel 1970.
16. PROFILI. BARBARA GABOTTO: ELINOR REMICK WARREN
[Dal sito www.arabafelice.it riprendiamo la seguente scheda biobibliografica della serie "Dominae"]
Appartenente all'area del neo-romanticismo americano (assieme a Barber, Hanson e Menotti) ha scritto piu' di duecento composizioni per orchestra, formazioni da camera, pianoforte e voci soliste e corali. E' morta nel 1991.
17. PROFILI. BARBARA GABOTTO: TONA SCHERCHEN-HSIAO
[Dal sito www.arabafelice.it riprendiamo la seguente scheda biobibliografica della serie "Dominae"]
Figlia d'arte (il padre e' il direttore Hermann Scherchen, la madre la compositrice cinese Hsiao Shu-sein), ha studiato musica cinese al conservatorio di Pechino e a Shangai e in Europa e' stata allieva di Henze al Mozarteum di Salisburgo, di Messiaen a Parigi e di Ligeti a Vienna. Si e' dedicata alla musica concreta collaborando con Schaeffer. Le sue composizioni, che si muovono nell'ambito delle avanguardie, conservano alcuni caratteri orientali, in particolare: Tzoue per tre strumenti, Yun-Yu per violino e vibrafono, Tjao-Houen per complesso, Yi per marimba. Ha composto anche per grande orchestra, come Khouan del 1968 e Vague-Tao del 1975.
18. PROFILI. BARBARA GABOTTO: ALMA SCHINDLER MAHLER
[Dal sito www.arabafelice.it riprendiamo la seguente scheda biobibliografica della serie "Dominae"]
Figlia di un pittore, fu allieva stimata di Alexander von Zemlinsky. A 22 anni sposo' Gustav Mahler, poi, dopo la sua morte, sposo' l'architetto Walter Gropius e in seguito lo scrittore Franz Werfel. Notissima negli ambienti artistici dell'epoca, fu fra l'altro amica di Alban Berg (che le dedico' il "Wozzeck"), di Richard Strauss e di Bruno Walter. Mori' nel 1964.
19. PROFILI. BARBARA GABOTTO: ETHEL MARY SMYTH
[Dal sito www.arabafelice.it riprendiamo la seguente scheda biobibliografica della serie "Dominae"]
Considerata uno dei personaggi piu' in vista della musica inglese fra Ottocento e Novecento, studi al conservatorio di Lipsia, risentendo quindi di un forte influsso della musica romantica tedesca. E' autrice di sei opere, tra cui The wreckers del 1906, e di musica sinfonica e per coro. E' morta a Woking nel 1944.
20. PROFILI. BARBARA GABOTTO: BARBARA STROZZI
[Dal sito www.arabafelice.it riprendiamo la seguente scheda biobibliografica della serie "Dominae"]
Fu attiva soprattutto a Venezia, nota come cantante particolarmente virtuosa. Compose madrigali e cantate che ebbero una buona risonanza nell'epoca.
21. PROFILI. BARBARA GABOTTO: GERMAINE TAILLEFERRE
[Dal sito www.arabafelice.it riprendiamo la seguente scheda biobibliografica della serie "Dominae"]
Studio' al conservatorio di Parigi con Ravel, del quale subi' l'influenza assieme a quella di Satie, ed entro' a far parte del celebre "Gruppo dei sei" (con Poulenc, Milhaud, Auric, Durey e Honegger). Nel 1921 partecipo' alla scrittura collettiva del balletto Les maries de la Tour Eiffel ideato da Cocteau, nel 1923 compose l'opera Marchand des oiseaux, poi ancora balletti, musica da camera, sinfonica e vocale. Nel 1961 l'opera da camera Le maitre basata su un testo di Ionesco. Fu anche autrice di ottime musiche pianistiche, fra cui Jeu de plein air per due pianoforti. E' morta nel 1983.
22. PROFILI. GIOVANNA MINARDI: ETHEL KRAUZE
[Dal sito www.arabafelice.it riprendiamo la seguente scheda biobibliografica della serie "Dominae" (segnaliamo che queste schede risalgono ad alcuni anni fa).
Per un profilo dell'autrice di questa voce, cfr. "Nonviolenza. Femminile plurale" n. 347]
Scrittrice messicana, conseguita la laurea in Lettere alla Unam, subito dopo ha cominciato a lavorare per "Canal 11", per il quale scriveva sceneggiature e produceva programmi culturali. Attualmente lavora a "Televisa", la maggiore rete di comunicazione del paese. Ha diretto vari seminari di creazione letteraria e insegna alla Scuola di scrittori "Sogem". Secondo alcuni critici, appartiene alla letteratura de la onda, sviluppatasi in Messico negli anni '70 e che si caratterizzo' per la sua rottura con i modelli e il linguaggio tradizionali, considerati stantii, e per la sua attenzione verso i problemi della gioventu' messicana.
Opere: a) prosa: Ninas (1982); Intermedio para mujeres (1982); Donde las cosas vuelan (1985); El lunes te amare' (1987); Mujeres en Nueva York (1993); b) poesia: Poemas de mar y amor (1982); Para cantar (1984); Fuegos y juegos (1985); Ha venido a buscarte (1989); Juan (1994); Houston (1996); c) teatro: Nana Maria (1987); d) saggi: Como acercarse a la poesia (1992); e) letteratura infantile: Cuento contigo (1996).
Bibliografia: Giovanna Minardi, Passione e scrittura. Antologia di narratrici messicane del XX secolo, Palermo, Anteprima, 1998.
23. PROFILI. GIOVANNA MINARDI: NELLIE FRANCISCA ERNESTINA MOYA MORTON (NELLIE CAMPOBELLO)
[Dal sito www.arabafelice.it riprendiamo la seguente scheda biobibliografica della serie "Dominae"]
Conosciuta con lo pseudonimo di Nellie Campobello, nacque nel 1900 a Villa Ocampo (Messico), fu ballerina, coreografa e scrittrice. Visse i suoi primi anni nello stato di Durango, in mezzo alla violenza, al disordine e all'entusiasmo provocati dalla rivoluzione scoppiata nel paese, che descrivera' poi nella sua opera Cartucho. Nel 1923 si trasferi' a Citta' del Messico, dove pubblico' il suo primo libro di versi, Yo! (1928). Pioniera della danza moderna messicana, fondo' il "Ballet Carroll" ed il gruppo di Ballo Statale, fu inoltre direttrice della Scuola Nazionale di Danza dal 1932 al 1953. Non si hanno notizie certe sulla sua scomparsa dalla scena pubblica del paese avvenuta negli anni 70. Alcuni dicono che sia finita in un ospizio per anziani, considerata quasi pazza; altri, ipotizzano che sia stata uccisa.
Opere: a) versi: Yo! Versos por Francisca (1928); b) prosa: Cartucho (1931); Las manos de mama' (1937); c) saggi: Ritmos indigenas de Mexico (1940); Apuntes sobre la vida militar de Francisco Villa (1940). Nel 1960 la "Compania General de Ediciones" di Citta' del Messico pubblico' la sua opera omnia col titolo di Mis libros.
Bibliografia: Giovanna Minardi, Passione e scrittura. Antologia di narratrici messicane del XX secolo, Palermo, Anteprima, 1998.
24. PROFILI. ANNA SANTORO: FANNY SALAZAR ZAMPINI
[Dal sito www.arabafelice.it riprendiamo la seguente scheda biobibliografica della serie "Dominae" (segnaliamo che queste schede risalgono ad alcuni anni fa).
Per un profilo dell'autrice di questa voce, cfr. "Nonviolenza. Femminile plurale" n. 345]
Nata nel 1853 a Bruxelles (dove il padre, Demetrio Salazar, patriota di origine calabrese, trapiantato giovanissimo a Napoli, era stato esiliato dopo il 1848), figlia di Dora Calcutt, donna colta, animatrice del suo salotto letterario-politico frequentato da illustri personaggi, a sette anni saluto' a Napoli l'arrivo di Garibaldi tra le braccia del padre. A quindici anni sposo' tale Zampini, uomo interessato e meschino, dal quale piu' tardi si separera', affrontando, dopo la morte dei genitori, la vita, sola con tre figli. Fece pubbliche conferenze ed esercito' la professione di scrittrice e giornalista, pubblicando trattati, saggi, romanzi, collaborando a vari giornali, dirigendo la collana Biblioteca azzurra, fondando la "Rassegna degli interessi femminili" (1886-88), e piu' tardi, nel 1900, "The Italian Review". Ordinaria di lingua e letteratura inglese nella Scuola superiore di magistero femminile di Roma, Fanny propose un Programma della scuola per ragazze. Partecipo' a Parigi nell'89 al Congresso internazionale delle opere ed istituzioni femminili, e, unica tra le italiane, al Congresso internazionale femminile a Washington, con una relazione che non porto' di persona, ma che le procuro' lettere e conoscenze d'oltreoceano. Nel 1890 mando' un intervento alla Esposizione delle arti e delle industrie femminili di Firenze.
Opere: Tra l'ideale e il reale, Napoli, Rondinella, 1879; Manuale di economia domestica, Napoli, 1880; Cenno sui costumi del popolo napoletano, Napoli, 1880; Briciole, Napoli, 1881; Costumi popolari (di Napoli), in Memorie di Napoli..., C. A. Bronner e C.ia, Napoli, 1882; Uno sguardo sull'avvenire delle donne in Italia, Napoli, E. Detken, 1886; Antiche lotte, speranze nuove, Napoli, Tocco, 1891; La vita e le opere di Robert Browning ed Elisabeth Barrett (Ed. nazionale, Torino-Roma, 1907, ma gia' Tocco, Napoli, 1896, col titolo Robert e Elisabeth Browning); Cavalieri moderni, romanzo, Roma, Voghera, 1905; Studi sulla vita e le opere di Cristina Rossetti e Jane Austen, 1922; Olivia Agresti Rossetti, Roma, "La Nuova Antologia", 1922; Margherita di Savoia, prima regina d'Italia, Roma, Tip. Irlandese.
Bibliografia: A. Santoro, Intellettuali sulla scena, in "Leggendaria", novembre-dicembre 1994; A. Santoro, Piccola antologia di scrittrici campane, Napoli, Intra Moenia, 2001; A. Santoro, Napoli e la Campania, in Il Novecento, a cura dell'Istituto Croce e dell'Universita' di Napoli.
25. PROFILI. ANNA SANTORO: MARIA SAVI LOPEZ
[Dal sito www.arabafelice.it riprendiamo la seguente scheda biobibliografica della serie "Dominae"]
Maria Savi Lopez nacque a Napoli nel 1846. Musicista, poeta, narratrice, studiosa di letteratura italiana, fu ricercatrice, a livello internazionale, di tradizioni popolari e di leggende. Insegnante, si occupo' dei problemi della scuola e dell'educazione. Mori' nel 1940.
Opere: Casa Leardi, Torino, Speirani, 1886; Versi, Torino, 1886; Battaglie nell'ombra, Torino, 1887; Leggende delle Alpi, Torino, Loescher 1889; Le donne italiane nel '300, Firenze, Civelli, 1890; Fra le Ginestre, Napoli, Pierro, 1892; Nei paesi del Nord, Torino, 1893; Leggende del mare, Torino, Loescher, 1894; Miti e leggende degli indigeni americani, Milano, 1894; La dama bianca, Catania, Giannotta, 1899; Il poema di Gudrun, Estratto, Roma, Unione Ed., 1913; S. Caterina da Siena, Milano, Alpes, 1924; Nei regni del sole. Antiche civilta' americane, Roma, Treves, 1926; Citta' morte - dal Messico all'Honduras, Firenze, Rinascimento del Libro, 1931.
Bibliografia: A. Santoro, Narratrici italiane dell'Ottocento, Napoli, Federico e Ardia, 1987; Ead., Piccola antologia di scrittrici campane, Napoli, Intramoenia, 2001; Ead., Scrittrici, in Napoli e La Campania, il Novecento, a cura dell'Istituto Croce.
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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Numero 381 del 30 giugno 2011
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