La domenica della nonviolenza. 242



 

==============================

LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA

==============================

Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino"

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100

Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 242 del 10 aprile 2011

 

In questo numero:

1. Associazione "Respirare": Un appello al Parlamento italiano

2. Mao Valpiana: Quindicesimo giorno di digiuno nonviolento collettivo a staffetta "per opporsi alla guerra e al nucleare"

3. Renata Bedendo: Rabi'a al'Adawiyya

4. Sylvie Coyaud: Maria Gaetana Agnesi

5. Monica Dematte': Nilofar Akmut

6. Franca Fortunato: Cristina Trivulzio Belgioioso e le donne del Risorgimento

 

1. APPELLI. ASSOCIAZIONE "RESPIRARE": UN APPELLO AL PARLAMENTO ITALIANO

[Riceviamo e diffondiamo]

 

Gentili senatrici e senatori,

gentili deputate e deputati,

compito delle civili istituzioni e' favorire l'umana convivenza.

Opporsi alle persecuzioni, alle uccisioni, alle stragi.

Difendere i diritti umani di tutti gli esseri umani.

La Costituzione della Repubblica Italiana, fondamento dell'ordinamento giuridico al cui servizio in quanto parlamentari vi siete poste e posti, esplicitamente ed inequivocabilmente si oppone alla guerra "come strumento di offesa alla liberta' degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali" (art. 11); ed esplicitamente ed inequivocabilmente impone di accogliere ed assistere i migranti in fuga da fame, dittature e guerre, poiche' "Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle liberta' democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge" (art. 10).

Alla luce del dettato costituzionale, alla luce del diritto internazionale, ma ancor piu' alla luce del lume della ragione e della coscienza, vi chiediamo di far cessare la partecipazione italiana alle illegali guerre terroriste e stragiste (e tutte le guerre lo sono, costitutivamente consistendo dell'uccisione di esseri umani) in corso in Afghanistan e in Libia; vi chiediamo di accogliere ed assistere tutti gli esseri umani migranti in fuga da fame, dittature e guerre; vi chiediamo che l'Italia si adoperi per la pace con mezzi di pace, per salvare le umane vite, per difendere la civilta' umana.

Vi e' una sola umanita'.

Vi e' un diritto umano che tutti gli altri diritti fonda: il diritto a non essere uccisi, il dovere di non uccidere, il dovere di non consentire che si uccida, il dovere di salvare le umane vite.

*

L'associazione "Respirare"

Viterbo, 9 aprile 2011

L'associazione "Respirare" e' stata promossa a Viterbo da associazioni e movimenti ecopacifisti e nonviolenti, per il diritto alla salute e la difesa dell'ambiente.

 

2. INIZIATIVE. MAO VALPIANA: QUINDICESIMO GIORNO DI DIGIUNO NONVIOLENTO COLLETTIVO A STAFFETTA "PER OPPORSI ALLA GUERRA E AL NUCLEARE"

[Ringraziamo Mao Valpiana (per contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org) per questo intervento.

Mao (Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle e autorevoli della nonviolenza in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive e ha lavorato come assistente sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel Movimento Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo innovativo di intervento nel sociale"), e' segretario nazionale del Movimento Nonviolento, responsabile della Casa della nonviolenza di Verona e direttore della rivista mensile "Azione Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini. Obiettore di coscienza al servizio e alle spese militari ha partecipato tra l'altro nel 1972 alla campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza e alla fondazione della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato segretario nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad un'azione diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato per "blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del consiglio direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio della War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la pace da Trieste a Belgrado nel 1991; nel giugno 2005 ha promosso il digiuno di solidarieta' con Clementina Cantoni, la volontaria italiana rapita in Afghanistan e poi liberata. Con Michele Boato e Maria G. Di Rienzo ha promosso l'appello "Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne e uomini ecologisti e amici della nonviolenza?" da cui e' scaturita l'assemblea di Bologna del 2 marzo 2008 e quindi il manifesto "Una rete di donne e uomini per l'ecologia, il femminismo e la nonviolenza". Un suo profilo autobiografico, scritto con grande gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4 dicembre 2002 de "La nonviolenza e' in cammino"; una sua ampia intervista e' nelle "Minime" n. 255 del 27 ottobre 2007; un'altra recente ampia intervista e' in "Coi piedi per terra" n. 295 del 17 luglio 2010]

 

Sono piu' di 90 le amiche e gli amici della nonviolenza che hanno finora aderito al digiuno "per opporsi alla guerra e al nucleare", che prosegue dal 27 marzo scorso, e che hanno gia' annunciato la loro adesione almeno fino a domenica 17 aprile. Ma altri ancora si stanno aggiungendo, e si proseguira' oltre. Si digiuna in ogni parte d'Italia, da Torino a Trieste, da Cagliari a Firenze, da Ferrara a Bari.

La nonviolenza e' contagiosa; abbiamo iniziato con un digiuno di 48 ore, che sta proseguendo da 15 giorni.

Solitamente mangiare con gli amici e' il piu' bel momento di convivialita'; dividere il pane con chi ha fame e l'acqua con chi ha sete e' il primo comandamento dell'umanita'. Oggi condividiamo il digiuno e la sofferenza che stanno vivendo i profughi dal nord Africa e le vittime di Fukushima. Rimanere senza cibo e' un modo per vivere la compassione. Rimanere in silenzio e' un modo per evidenziare quanta violenza c'e' nella parole di menzogna (la prima vittima della guerra e' la verita'): "operazione umanitaria" per nascondere che e' una guerra; "nucleare sicuro e pulito" per nascondere i rischi e i costi dell'energia atomica.

Il mare e' diventata il simbolo di queste due tragedie provocate dall'uomo: il Mediterraneo e' il cimitero dei profughi di guerra, l'oceano Pacifico trasporta la radioattivita' che e' la nuova peste del mondo.

Vogliamo liberarci dalla guerra, vogliamo liberarci dal nucleare.

Chi desidera aderire al digiuno lo puo' comunicare a: azionenonviolenta at sis.it (indicare nome, cognome, citta', giorno o giorni di digiuno).

Di seguito l'elenco dei digiunanti aggiornato alle ore 19 del 9 aprile 2011.

Hanno finora digiunato a staffetta da domenica 27 marzo a giovedi' 7 aprile: Mao Valpiana (Verona), Caterina Del Torto (Ferrara - Verona), Elisabetta Pavani (Ferrara), Raffaella Mendolia (Mestre - Venezia), Lucia Grieco (Mestre - Venezia), Sergio Paronetto (Verona), Daniele Lugli (Ferrara), Maddalena Soffi (Verona), Domenico Letizia (Caserta), Alessandro Pizzi (Soriano - Viterbo), Luca Giusti (Genova), Massimiliano Pilati (Trento), Piercarlo Racca (Torino), Angela Dogliotti Marasso (Torino), Enrico Peyretti (Torino), Rocco Pompeo (Livorno), Caterina Bianciardi (Livorno), Mirella Martini (Mestre - Venezia), Vincenzo Benciolini (Verona), Gabriella Falcicchio (Bari), Albachiara Orlando e Stefano Daga (Oristano), Gavina Galleri (Cagliari), Giovanni e Graziella Ricchiardi (Torino), Mira Mondo (Condove - Torino), Claudia Pallottino (Torino), Evelina Savini (Jesi), Angela Genco (Jesi), Angela Liuzzi (Jesi), Pier Cesare Bori (Bologna), Marzia Manca (Cagliari), Tommaso Gradi (Ferrara), Laura Cappellari (Pedavena - Verona), Aurora Bedeschi (Ferrara), Marco Baleani (Gubbio), Silvana Valpiana (Verona), Claudia Capra (Brescia), Paolo Predieri (Brescia), Adriano Moratto (Brescia), Anna Zonari (Ferrara), Tiziana Valpiana (Verona), Marina Nardovino (Verona), Carmine Buro (Prato), Pier Cesare Bori (Bologna), Pietro Del Zanna (Poggibonsi), Pierpaolo Loi (Monserrato - Cagliari), Raffaele Ibba (Cagliari), Maria Erminia Satta (Tempio Pausania), Andrea Zanetti (Orvieto), Lucia Agrati (Roma), Claudia Bernacchi (Padova), Marzia Manca (Cagliari), Maria Elena Sulis (Cagliari), Ignazio Carta (Cagliari), Frate Antonio Santini (Trieste), Ettorina Rubino (Trieste), Massimiliano Brignone (Torino), Danilo Villa (Monza), Maria Grazia Misani (Monza), Stefano Panozzo (Padova - Bruxelles), Tiziana Cimolino (Trieste), Francesca Cimolino (Trieste), Arianna Salan (Verona), Beatrice Pascucci (Cesena), Marco Rizzinelli (Marcheno - Brescia), Liliana Obad (Trieste), Gianfranco Aldrovandi (Guastalla), Paolo Predieri (Brescia), Pier Cesare Bori (Bologna), Giorgio Pellis (Trieste), Marzia Manca (Cagliari), Raffaele Ibba (Cagliari), Pietro Del Zanna (Poggibonsi), Marco Baleani (Gubbio), Paola, Giovanni, Benedetta Baleani (Gubbio), Alessandro Capuzzo (Trieste), Giorgio Pellis (Trieste), Anna Bellini (Ferrara).

Proseguono: domenica 10 aprile: Claudia Pallottino (Torino), Massimiliano Brignone (Torino), Serena Pulcini (Trieste), Gloria Germani (San Casciano - Firenze), Teresa Piras (Iglesias); lunedi' 11 aprile; Edvino Ugolini (Trieste), Cristina Cometti (Milis - Oristano); martedi' 12 aprile: Mao Valpiana (Verona), Jolanda Spallitta (Alessandria); Enrico Gabbioneta (Sesto ed Uniti - Cremona); mercoledi' 13 aprile: Marco Rizzinelli (Marcheno - Brescia); giovedi' 14 aprile: Rosaria Tutino (Trieste), Antonio Poce (Ferentino - Frosinone); venerdi' 15 aprile; Cinzia Picchioni (Torino); domenica 17 aprile: Luciano Ferluga (Trieste). Evelina Savini (Jesi), Angela Genco (Jesi), Angela Liuzzi (Jesi) porteranno avanti il digiuno a staffetta, alternandosi, fino alla fine della guerra; Marco Baleani digiunera' tutti i venerdi'; Marco Rizzinelli digiunera' tutti i mercoledi'.

 

3. PROFILI. RENATA BEDENDO: RABI'A AL'ADAWIYYA

[Dal sito www.enciclopediadelledonne.it

Renata Bedendo, "laureata in lingua e cultura araba a Venezia. Licenziata in Teologia alla Pontificia Universita' del Laterano. E' membro del Consiglio di Presidenza del Cti (Coordinamento Teologhe Italiane). Socia di Eswtr "European Society of Women in Theological Research". Ha fondato il Cadr (Centro Ambrosiano di Documentazione per le Religioni). E' membro della Commissione Diocesana per l'Ecumenismo e il Dialogo di Milano. Collabora con l'Universita' Statale di Milano ed e' Ambasciatore di Pace di Iifwp (Interreligious and International Federation for World Peace). Ha vissuto in diversi paesi arabi e si occupa da sempre di dialogo islamo-cristiano in particolare con le donne"]

 

Rabi'a al'Adawiyya (Basra (Iraq) 713 - 801).

Rabi'a al 'Adawiyya e' la piu' importante rappresentante della ricerca teologica islamica del II secolo dell'Egira, VIII della nostra era; e' stata soprannominata dalla tradizione musulmana "la testimone dell'amore di Dio" (sahidat al'isq al-ilahi: e' lo stesso termine utilizzato da 'Abd al Rahman Badawi, Sahidat al'isq al-ilahi Maktabat al Nahdah al-Misriyyah, Cairo 1953, nel quale raccoglie i detti di Rabi'a conservati soprattutto dalla tradizione Sufi).

Nacque in una famiglia poverissima, quarta figlia, (da qui il nome Rabi'a). Venne venduta giovanissima come schiava a causa di una grave carestia che si abbatte' sulla regione, ma il suo severissimo padrone fu conquistato dalle sue straordinarie parole e la lascio' presto libera.

Della sua vita sappiamo molto poco e spesso la leggenda, che vuole giustificare la sua santita', per marcare meglio la sua conversione, le attribuisce una vita di ballerina o di suonatrice di liuto, e naturalmente di peccatrice. Questi elementi non ci appaiono nuovi in quanto ricordano la descrizione di Maria Maddalena nei Vangeli.

Di certo sappiamo che, liberata dalla schiavitu', si ritiro' nel deserto dove visse la sua lunga vita nella poverta', nella preghiera e nella ricerca di Dio.

Il suo pensiero si sviluppa in una via mistica molto semplice ma molto impegnativa: amare solo Dio escludendo le creature, desiderare ardentemente di incontrarlo e amarlo per se stesso e non per esserne ricompensata.

La vera fede consiste nel dimenticare le prove che vengono da Dio per pensare solo a Dio (probabilmente si riferisce alla sura di Giuseppe (Corano 12) 22-32. Una esauriente spiegazione di questi versetti si puo' trovare in: J. Guardi - R. Bedendo Teologhe, Musulmane, Femministe, Effata', Cantalupa (To) 2009, pp. 83-91).

Unica nella storia dell'Islam, compie l'esperienza del deserto. E, altra eccezionalita' all'interno della tradizione religiosa a cui appartiene, rifiuta tutte le proposte di matrimonio ricevute.

Cosi' si esprime su questo argomento: "Il matrimonio è obbligatorio per chi e' libero di scegliere. Ma io non ho la libera disposizione di me stessa, perche' appartengo a Dio. E' a Lui che bisogna domandare la mia mano. Nella vita ci sono tre cose che mi preoccupano: se qualcuno me ne liberera', prendero' marito. La prima: dopo la morte potro' o non potro' presentare la mia fede in tutta la sua purezza? La seconda: nel giorno della risurrezione mi verra' o non mi verra' messo nella mano destra il libro delle buone azioni? La terza: in quale direzione saro' condotta in quel giorno, quando alcuni saranno portati a destra verso il paradiso e altri a sinistra verso l'inferno? Dovrei preoccuparmi di un marito quando ho simili problemi su cui meditare?" (Montgomery Watt, Lelong, Caspar, Cragg. Le grandi figure dell'Islam, Cittadella Editrice, Assisi 1989, p. 121).

La tematica affrontata da Rabi'a e' audace e scandalizzera' non poco i rigoristi della prima e della seconda generazione musulmana. E' audace parlare di Dio come trascendente assoluto che non puo' essere misurato con il metro e i parametri delle creature umane. Cosi' e' audace parlare poi del rapporto Dio/donna in termini pervasi di erotismo; ma tutta la ricerca successiva fara' invece tesoro delle intuizioni di Rabi'a e, usando i suoi termini, parlera' di Dio come dell'Amato Bene.

Bibliografia: R. Caspar, Rabi'a et le pur amour de Dieu, in Ibla 121/1, Tunis 1968, pp. 76-95; C. Valdre' (a cura di), I detti di Rabia, Adelphi, Milano 1979; V. Vacca (a cura di), Vita e detti di santi musulmani, Tea, Milano 1988; voce "Rabi'a al-'Adawiyya al-Kaysiyya" in Encyclopedie de l'Islam, Nouvelle edition, E. J. Brill, Leiden 1995, vol. VIII (Ned - Sam) pp. 367-369; C. Greppi, Rabi'a: la mistica, Jaca Book, Milano 2003.

 

4. PROFILI. SYLVIE COYAUD: MARIA GAETANA AGNESI

[Dal sito www.enciclopediadelledonne.it

Sylvie Coyaud "Nata a Parigi, residente a Milano, parla di scienza alla radio dal 1987 e ne scrive su D. La Repubblica delle Donne, Il Sole - 24 Ore, varie testate on-line (e non); e anche sul suo blog. Va fiera di premi, medaglie e riconoscimenti per la divulgazione, in particolare che nel 2003 degli astronomi abbiano dato il suo nome a un asteroide e nel 2009 degli entomologi a un bel buprestide verde dai grandi occhi rossi, l'Agrilus coyaudi. Ultimo libro: La scomparsa delle api, Mondadori, 2008. Penultimo: Lucciole e Stelle, brevi storie di ricerche serie e no, La Chiocciola, 2006".

Su Maria Gaetana Agnesi dalla Wikipedia, edizione italiana, nel 2008 abbiamo ripreso la seguente scheda: "Maria Gaetana Agnesi (Milano, 16 maggio 1718 - Milano, 9 gennaio 1799) e' stata una matematica e benefattrice italiana. Primogenita di ventuno figli, nasce a Milano, pochi anni dopo l'annessione della Lombardia all'Impero asburgico in conseguenza del trattato di Utrecht (1713), da una facoltosa famiglia arricchitasi con l'industria della seta. Maria Gaetana mostra ben presto di possedere una straordinaria intelligenza e una particolare propensione per le lingue straniere. Il padre, Pietro Agnesi, che, come da tradizione, aveva deciso di far istruire il primo figlio maschio, deve riconoscere e incoraggiare queste doti e decide di provvedere all'istruzione della primogenita con illustri precettori. Grazie al loro aiuto Maria Gaetana apprende perfettamente, tanto da meritarsi il soprannome di Oracolo Settilingue, l'italiano, il tedesco, il francese, il latino, il greco, lo spagnolo e l'ebraico. Dalla corrispondenza privata dell'Agnesi emerge che nel 1737 Maria Gaetana, per obbedire al padre, passa dallo studio delle lingue e dell'eloquenza, ai difficili studi di filosofia e di matematica. Infatti la casa degli Agnesi e' nel frattempo diventata uno dei salotti piu' in vista di Milano, dove sfilano i curiosi, ma anche gli intellettuali d'Italia e di mezza Europa. Sono proprio costoro che introducono Maria Gaetana agli elementi di Euclide, alla logica e alla metafisica, alla fisica generale, particolare e sperimentale. Diventa poi abitudine di Maria Gaetana esporre nel salotto di casa Agnesi, per desiderio del padre, i propri progressi con varie tesi filosofiche che vengono pubblicate nel 1738, in una raccolta dal titolo Propositiones Philosophicae contenente 191 tesi, tratte dalle pubbliche discussioni, riguardanti questioni di logica, botanica, cosmologia, ontologia, meccanica, pneumatologia (la scienza degli spiriti). L'Agnesi esprime, in molti di questi saggi, la sua convinzione che anche le donne debbano essere istruite. Nonostante i successi ottenuti, giunta all'eta' di ventun anni, chiede al padre il permesso di diventare monaca, ma per rimanere in casa ad accudirlo si risolve a sacrificare le sue inclinazioni, a condizione pero' di non prendere piu' parte alla vita mondana ed avere il permesso di recarsi in chiesa a suo arbitrio. Maria, "tranquillata nell'animo", decide di dedicarsi intensamente allo studio dell'algebra e della geometria. Inizia, dunque, ad analizzare l'opera postuma del marchese de L'Hopital, Traite' Analytique des Sections Coniques, e ne compone un commento, mai pubblicato, chiedendo delucidazioni e consigli, per via epistolare, a rinomati matematici. In quello stesso periodo viene chiesto il suo aiuto e la sua collaborazione da parte degli stessi autori, per giudizi e commenti su opere di prossima pubblicazione. Nel 1740, a 22 anni, Maria Gaetana inizia un periodo di studi in collaborazione con padre Ramiro Rampinelli, professore di fisica e matematica a Milano nel monastero degli Olivetani di San Vittore e pioniere della matematica analitica. Con l'aiuto del Rampinelli, l'Agnesi studia il testo dell'abate Reyneau, Analisi dimostrata (del 1708), ed e' in questo periodo che rinuncia a pubblicare il suo commento sulle sezioni coniche per disporsi, incoraggiata dal suo mentore, alla stesura di un testo di analisi, le Istituzioni Analitiche ad uso della Gioventu' Italiana pubblicate in italiano nel 1748. Per l'opera le giungono plausi da tutta l'Europa: i dotti dell'Accademia Reale di Francia lodano il libro come un'opera avanzatissima, la migliore mai apparsa nel genere; l'imperatrice Maria Teresa d'Austria le invia un anello di brillanti in un prezioso cofanetto; il papa Benedetto XIV le invia benedizioni e doni preziosi. Anche al mondo del teatro giunge eco del successo dell'opera, tanto che il Goldoni le dedica un sonetto. Le viene offerta la cattedra di matematica all'Universita' di Bologna su indicazione di Benedetto XIV, ma l'Agnesi la rifiuta per dedicarsi agli studi privati e all'istruzione dei fratelli, delle sorelle e dei domestici della casa. Nel 1752, alla morte del padre, colui al quale Maria Gaetana non avrebbe mai disubbidito, si ritira completamente dalla vita pubblica per dedicarsi alla cura dei poveri, dei malati e allo studio delle Sacre Scritture. Maria Gaetana rende casa Agnesi un rifugio delle inferme e lei stessa diviene serva e infermiera; apre un piccolo ospedale, va a vivere direttamente con le malate e, per far fronte alle spese, dopo aver venduto tutti i suoi averi si rivolge ai conoscenti, alle autorita', alle opere pie. Finalmente, grazie ad una donazione del principe don Antonio Tolomeo Trivulzi, nel 1771 viene istituito a Milano il Pio Albergo Trivulzio, e il cardinale Giuseppe Pozzobonelli invita Maria Gaetana a ricoprire la carica di Visitatrice e Direttrice delle Donne, specialmente inferme. Successivamente nel 1783 si trasferisce al Pio Albergo, in qualita' di direttrice. Nel frattempo non abbandona i suoi studi in materia religiosa, tiene lezioni pubbliche di catechismo: pur senza titoli accademici e' oramai una teologa, tanto e' vero che il cardinale Pozzobonelli, per decidere sull'ortodossia di uno scritto su politica e religione, e' proprio a lei che si rivolge. Coloro che si rivolgono all'Agnesi per ottenere pareri di carattere scientifico vengono invece cortesemente scoraggiati: l'Accademia di Torino, ad esempio, le chiede di esaminare i lavori di Lagrange intorno al calcolo delle variazioni e lei si sottrae, adducendo le sue serie occupazioni. Continua a lavorare al Trivulzio per 26 anni fino al giorno della morte, il 9 gennaio 1799. Bibliografia: Maria Gaetana Agnesi, Propositiones Philosophicae, Milano (1738); A. F. Frisi, Elogio storico di Donna Maria Gaetana Agnesi, ristampa della edizione milanese del 1799 curata e commentata da Arnaldo Masotti e Giuseppina Biggiogero, Scuola Tipografica del Pio Istituto dei Figli della Provvidenza Milano (1965); C. B. Boyer, Storia della matematica, Arnoldo Mondadori Editore, Milano (1990); G. Lolli, La crisalide e la farfalla, Bollati Boringhieri, Torino (2000); G. Tilche, Maria Gaetana Agnesi, la scienziata santa del Settecento, Rizzoli, Milano (1984); C. Truesdell, Archive for History of Exact Science, 40, pp. 113-142, (1989); M. Mazzotti, "Maria Gaetana Agnesi: Mathematics and the Making of Catholic Enlightenment", Isis, 2001, 92: 657-683; M. Mazzotti, The World of Maria Gaetana Agnesi, Mathematician of God, Johns Hopkins University Press, Baltimore (2007)". Cfr. anche "Nonviolenza. Femminile plurale", n. 171]

 

Maria Gaetana Agnesi (Milano 1718 - 1799).

La sua, da alcune generazioni, era una famiglia ricca grazie al commercio della seta. Maria Gaetana e' la primogenita di Pietro, docente di matematica e membro del Consiglio segreto, con carica compratagli dal padre. Pietro avra' altri venti figli. Prima con Anna Brivio che muore all'ottavo parto, poi con Marianna Pezzi che muore dopo il secondo, e infine con Antonia Bonati, giovane e robusta che sopravvive a undici parti in dodici anni, nonche' al marito. Si capisce perche' Gaetana non si sposera', ma non anticipiamo.

Fra le sue sorelle e sorellastre Paola, fondatrice dell'Ospedale Fatebenesorelle, e Maria Teresa, musicista clavicembalista e compositrice.

Il padre ha l'ambizione di far parte della societa' aristocratica. Il suo Sesamo e' quella bambina che impara il francese dalla governante e il latino ascoltando le lezioni del fratello. Presto sa anche greco, tedesco, spagnolo, ebraico, oltre all'italiano. Viene soprannominata "Oracolo settelingue" e il padre comincia a esibirla nel proprio salotto. A nove anni traduce in latino e recita "davanti a una colta adunanza" un'orazione scritta dal precettore a sostegno degli studi femminili. Forse una risposta ai critici di Pietro che incoraggiava tendenze poco consone a una futura donna di casa?

Nel 1737, inizia a studiare filosofia: dai presocratici a Cartesio e Newton; in un anno attraversa etica, ontologia, logica, cosmologia, meteorologia, biologia, metafisica, fisica, ottica e presenta i suoi progressi durante "accademie" tenute in salotto davanti a varie celebrita'. E nel 1738 difende alla presenza di ministri, senatori e letterati le 191 tesi poi pubblicate nelle Propositiones Philosophicae. Purtroppo, il volume contiene soltanto le tesi e non le "dispute", cioe' il pensiero di Gaetana. Un contemporaneo riferisce che "Ella... stabiliva la propria opinione, sciogliendo le molte obiezioni che le venivano fatte, con copiosa eloquenza e purita' di lingua latina anche nelle cose piu' secche e malagevoli a spiegarsi latinamente" (Frisi).

Il latinista francese Charles de Brosses, amico degli enciclopedisti e presidente del parlamento di Borgogna, scrive nelle Lettere dall'Italia di non aver trovato in tutto il paese alcuno che lo dilettasse quanto Gaetana. Come altri stranieri di rango, va in visita dal prodigio che quel giorno spiega, sempre latinamente, il flusso e riflusso delle fontane paragonandolo al moto delle maree. De Brosses non lo sa, ma Gaetana vuole entrare in convento. Il padre rifiuta, non puo' fare a meno de "la delizia del viver suo" e del salotto. Lei ubbidisce ma contratta, e ottiene di vestire "semplice e dimesso, di recarsi ad ogni suo arbitrio in Chiesa, e di totalmente lasciare i balli, i Teatri e i profani divertimenti".

Esaurita la filosofia, Gaetana studia le matematiche che "ci conducono sicurissimamente a raggiungere la verita' e a contemplarla, della qual cosa niente e' piu' piacevole". Il risultato del suo impegno - e del suo "divertimento" come tiene a precisare - sono le Instituzioni Analitiche ad uso della gioventu' italiana, due volumi di oltre mille pagine di cui segue la composizione facendo trasferire i torchi dello stampatore Richini in casa sua perche' i tipografi facciano come vuole lei. Il libro, magnificamente illustrato e delizia dei bibliofili, affronta il piu' arduo problema matematico del tempo: il calcolo infinitesimale che avendo avuto due fondatori - Leibniz nel 1684 e Newton nel 1687 - si era sviluppato in due forme indipendenti fra molte polemiche. Gaetana traduce non solo dal latino all'italiano i lavori sparsi dei contemporanei, ma unifica le diverse espressioni e sistemi di pensiero che le sottendono. Dedica il tutto a Maria Teresa d'Austria, da donna a donna: "Fra quanti pensieri o' io avvolto nell'animo... un solo mi conforta, ed e' questo, la considerazione del Vostro Sesso, che da Voi illustrato per bella sorte e' pur mio". Grazie, risponde l'imperatrice che ricambia con diamanti.

Seguono fama e onori. Scrive il Frisi che "appena uscita questa opera alla luce tutti i fogli letterari d'Italia e molti altri fuori di essa emularonsi prestamente nell'annunziarla e nel darne diligentissimi estratti". L'Accademia della Crusca che sta compilando il celebre Dizionario trae dal libro il lessico dei termini matematici che cosi' entrano nell'uso. L'Accademia delle scienze di Parigi dichiara che "non si erano ancor vedute apparire in lingua alcuna delle istituzioni d'analisi che potessero condurre gli studiosi cosi' presto e cosi' lontano nella comprensione" e ne fa tradurre la parte II su raccomandazione di D'Alembert, Condorcet e Vandermonde... In Inghilterra lo traduce Colson, professore di matematica a Cambridge e curatore dei testi di Newton. Papa Benedetto XIV le regala una corona di pietre preziose legate in oro, una medaglia d'oro anch'essa e la cattedra di matematica all'universita' di Bologna.

Gaetana non va a Bologna, ha altro da fare: soccorre gli indigenti accogliendoli in casa e blandendo il padre con occasionali "accademie". Proprio dopo una di queste, riuscita strepitosa, Pietro va dal governatore austriaco, conte Pallavicini, per ringraziarlo di essere intervenuto. Il conte coglie l'occasione per rimproverarlo della poca premura nel maritare le figlie. Segue "un clamoroso alterco". Pietro viene colto da malore e muore poco dopo, il 19 marzo 1752. Quel "fortunoso accidente toglie di mezzo l'impedimento, Maria Gaetana rende interamente pubblico quel sistema di vita nascosta alla quale si sentiva inclinata e intraprende in forma secolare la vita monacale che aveva desiderato" (Frisi).

Divide l'eredita', organizza in casa un ospedale e per finanziarlo vende il corredo e i diamanti dell'imperatrice; alla fine mendica sussidi per i suoi poveri da quelli che la acclamavano ai tempi del salotto. Finche' i domestici non la lasciano piu' entrare.

Segue un decennio di poverta', scelta perche' il fratello Giuseppe l'adora e la accoglierebbe volentieri. Scelta perche'? Non lo sappiamo e tra noi ne discutiamo parecchio, come i biografi d'altronde che parlano di "psicologico enigma". Nel 1771, e' nominata direttrice (Priora) del reparto femminile del Luogo Pio Trivulzio, nel palazzo che il principe Trivulzio ha appena lasciato per testamento all'arcivescovado milanese per ricoverare gli anziani poveri (e per evitare che finisca agli odiati cugini con i quali era in processo da quarant'anni). Malgrado l'enorme lavoro di organizzazione e cura che lei svolge con tipica determinazione, si ritaglia del tempo per frequentare qualche salotto - di nuovo ben accolta, data l'alta carica - e per lo studio delle sacre scritture e dei Padri della Chiesa alla ricerca di altre verita'. Dei suoi manoscritti religiosi, tranne Il cielo mistico in cui riunisce il linguaggio del Vangelo e quello del Cantico dei Cantici ("traduttrice", ancora una volta), si e' persa traccia. Muore nella sua stanza del Trivulzio il 9 gennaio 1799 e viene sepolta in una fossa comune, come voleva lei che nella vita ha sempre fatto quello che voleva.

Bibliografia: Carla Vettori Sandor, L'opera scientifica ed umanitaria di Maria Gaetana Agnesi, in "Alma mater studiorum", 1989; Giovanna Tilche, Maria Gaetana Agnesi - La scienziata santa del Settecento, Milano, Rizzoli 1984; Elogio storico di Donna Maria Gaetana Agnesi di Antonio Francesco Frisi, Milano, Galeazzi 1799; Luisa Anzoletti, Maria Gaetana Agnesi, Milano, Cogliati 1900; Arnaldo Masotti, Maria Gaetana Agnesi, in Rendiconti del seminario matematico e fisico di Milano, vol. XIV, 1940; G. Cavazzutti (a cura di), Maria Gaetana Agnesi, pubblicazione del liceo scientifico "M. G. Agnesi" di Merate, 1999.

 

5. PROFILI. MONICA DEMATTE': NILOFAR AKMUT

[Dal sito www.enciclopediadelledonne.it

Monica Dematte', "nata a Trento, cresce sull'altipiano di Pine' (Trento), si istruisce a Bologna e in Cina. Si dedica alla scoperta e al sostegno di artisti viventi, alla cura di mostre, alla scrittura. Coltiva la memoria"]

 

Nilofar Akmut (Londra 1956 - vivente).

Nata il 7 ottobre 1956 a Londra, Princess Beatrice Hospital, da Arif Akmut e Nasima Temuri.

Trascorre l'infanzia a seguito del padre Arif Akmut, diplomatico del governo pakistano e scrittore di testi di poesia ed economia, e della madre Nasima Temuri, avvocatessa, tra Londra, l'India e infine il Pakistan. Qui il padre e' fra i fondatori del Ppp (Pakistani People's Party), da cui prendera' poi le distanze. Le donne della famiglia della madre hanno una grande influenza su Nilofar, perche' nonostante abbiano vissuto il problematico periodo della separazione dall'India (e quindi il trasferimento dal suolo indiano a quello pakistano nel 1947) avevano ricevuto un'istruzione e/o avevano avuto esperienze lavorative fuori casa, a differenza della maggior parte delle donne dell'epoca. L'istruzione superiore di Nilofar ha luogo a Karachi (St. Joseph Grammar School) e a Lahore (National College of Arts), poi a Londra presso la Byam Shaw School of Art (1979) e dal 1986 al 1988 alla Slade School of Art. Dopo il matrimonio vive qualche anno a Dubai (1995), ma negli ultimi tempi risiede a Londra, Brixton, e quando puo' trascorre lunghi periodi in Pakistan. Ama viaggiare.

Il percorso artistico di Akmut e' iniziato nell'ambito della pittura, unica possibile scelta nel Pakistan del tempo (anni Settanta), ma si e' poi indirizzato verso l'installazione e la performance. Attualmente Nilofar e' molto attratta dalla fotografia e dal video. Il suo lavoro e' impregnato di contenuti sociali e politici; tra i temi che le interessano e di cui si e' occupata di piu', la dolorosa separazione fra l'India e il Pakistan (partition), le questioni legate alla minacciata liberta' di espressione e movimento delle donne nei paesi islamici, il rapporto fra il Pakistan (ex West Pakistan) e il Bangladesh (ex East Pakistan), nonche' varie problematiche emerse durante alcuni mesi di vita e lavoro in Afghanistan. E inoltre la decostruzione e successiva, complessa ricostruzione dell'identita' nazionale del popolo pakistano, ancora incapace,secondo Nilofar, di provare un senso di appartenenza verso il proprio paese. I temi femministi europei la interessano fin dagli anni Settanta, anche se verifica l'impossibilita' di adattarli pari pari alla realta' del subcontinente indiano. Akmut sente la necessita' di esprimere quello che lei considera "verita' storica", e non si sottrae a questo scopo anche se puo' essere rischioso. Il suo linguaggio artistico e' una combinazione di ricerca, produzione, mostra e performance.

La prima installazione commissionatale e' Partition per il Birmingham Museum & Art Gallery, nel 1993, durante il primo festival delle arti visive del sud-est asiatico, Transition of riches.

Tra le opere piu' significative: Testimonial, frutto del lavoro di quindici anni, dal 1992 al 2007. Una grande installazione formata da vari oggetti, fra cui leggii, gabbie e soprattutto enormi libri fatti artigianalmente contenenti testi scritti a mano, fotocopie, disegni, mappe e fotografie, una sorta di "diario fatto di presenze e assenze, di visibile e invisibile". I temi "rivelano l'oscura storia del susseguirsi in Pakistan di regimi militari". I libri hanno un'apparenza "occidentale" (codici) ma si sfogliano da destra a sinistra. La loro misura e la loro stazza alludono al peso della storia del genere umano, che "ricostruisce sulle sue rovine solo per ripetere ancora una volta lo stesso ciclo di eventi". Nilofar sceglie di partire dalla sua storia personale, influenzata dalla travagliata storia delle famiglie materna e paterna, per estendersi alle vicende di intere comunita'.

Amnesia (2007) e' un installazione che comprende anche suoni, luci, testi e una performance. Riguarda il terribile conflitto fra il Pakistan (West Pakistan) e il Bangladesh (all'epoca, East Pakistan), che era stato dal governo pakistano "incamerato come parte del proprio stato, inizialmente, e poi rigettato con una calcolata carneficina nel 1971". L'opera e' "una monumentale struttura in acciaio che si ispira al lavoro del costruttivista russo Vladimir Tatlin Modello del monumento per la Terza Internazionale", attraverso cui l'artista chiede "verita' e riconciliazione" attraverso il "riconoscimento della colpa".

They came home to roost (Sono venuti a casa per restarvi) e' una performance che ha avuto luogo nel 2006 nelle stradine del quartiere a luci rosse (Diamond Market) della citta' vecchia di Lahore. Nilofar ha deciso di "sfidare il ridicolo e di portare la sua pratica artistica occidentale nei quartieri piu' poveri e malfamati di Lahore, trattando un tema di importanza globale, la dominazione del mondo da parte degli Stati Uniti". L'artista si e' vestita di una bandiera statunitense e si e' posta sul capo una gabbia. Ha camminato per le vie all'indietro, fino a raggiungere una casa dove la performance continua con un urlo che fa rabbrividire, e un uomo su una sedia a rotelle legge la dichiarazione universale per i diritti umani che chiede "liberta', giustizia e pace nel mondo".

Infine Of oranges and apples e' una performance dai toni molto forti diretta contro la legge Hudood, che prevede la testimonianza di quattro uomini a favore di una donna per comprovare che essa e' stata stuprata e non ha invece commesso adulterio. Anche questo evento ha avuto luogo a Lahore, nel 2005. Un testo esplicativo dell'artista dice che "atti di violenza sono stati commessi sulle donne da tempi immemorabili, sia a livello statale che familiare". La cosiddetta legge Hudood, promulgata il 10 febbraio 1979 durante il dispotico regime militare di Zia ul Haq, viene considerata da alcuni come "divina", mentre molti gruppi di attivisti per i diritti umani ne hanno chiesto piu' volte l'annullamento. Il presidente Musharraf ha liberato con un'ordinanza molte donne che marcivano in prigione a causa di questa legge, ma non l'ha annullata. Nilofar lamenta con coraggio e determinazione il fatto che la popolazione femminile del Pakistan sia tuttora nelle mani di un decreto ingiusto imposto da regole patriarcali datate.

 

6. PROFILI. FRANCA FORTUNATO: CRISTINA TRIVULZIO BELGIOIOSO E LE DONNE DEL RISORGIMENTO

[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it) riprendiamo il seguente articolo originariamente apparso su "Il pensiero" di marzo 2011 col titolo "Le donne del Risorgimento".

Franca Fortunato e' docente di filosofia e giornalista.

Su Cristina Trivulzio Belgiojoso dalla Wikipedia riportiamo per estratto la seguente scheda: "Cristina Trivulzio Belgiojoso (Milano, 28 giugno 1808 - Milano, 5 luglio 1871) e' stata una patriota italiana che partecipo' attivamente al Risorgimento italiano. Fu editrice di giornali rivoluzionari, scrittrice e giornalista. Il suo nome completo era: Maria Cristina Beatrice Teresa Barbara Leopolda Clotilde Melchiora Camilla Giulia Margherita Laura Trivulzio. Cristina, figlia di Gerolamo Trivulzio e Vittoria dei Marchesi Gherardini, rimase orfana di padre molto presto. La madre si risposo' poco tempo dopo con Alessandro Visconti D'Aragona ed ebbe un figlio maschio e tre altre figlie femmine. Cristina fu molto attaccata ai suoi fratelli e sorelle (Alberto, Virginia "Valentina", Giulia , Teresa). Non si sa molto della storia di Cristina da bambina. Le poche informazioni che si hanno sono tratte da una lettera in cui lei si descrive alla sua amica Ernesta Bisi, contrariando un frenologo che pretendeva di conoscere le persone solamente dalla forma del loro corpo. Cristina stessa dice: "Ero una bambina melanconica, seria, introversa, tranquilla, talmente timida che mi accadeva spesso di scoppiare in singhiozzi nel salotto di mia madre perche' credevo di accorgermi che mi stavano guardando o che volevano farmi parlare". Ernesta Bisi era la sua maestra di disegno. A quel tempo usava insegnare alle giovinette di nobile famiglia il canto, il disegno e altre forme d'arte. Nonostante la differenza d'eta', rimasero grandi amiche per sempre e le confidenze piu' intime saranno fatte proprio a lei. Ernesta la introdusse nel mondo della "cospirazione", attraverso le sue amiche. Il momento piu' importante della giovinezza di Cristina e' il matrimonio con il bello e giovane principe Emilio Barbiano di Belgiojoso. Molti cercarono di dissuaderla, conoscendo le abitudini libertine di Emilio, ma alla fine il matrimonio si fece. Ci furono grandi invitati nella chiesa di S. Fedele a Milano il 24 settembre 1824. La piu' ricca ereditiera d'Italia si portava una dote di 400.000 lire austriache (piu' di 4 milioni di euro odierni). Aveva solo 16 anni quando acquisto' il titolo di principessa. Il matrimonio non duro' molto. Ufficialmente non divorziarono mai, ma in realta' si separarono pochi anni dopo, rimanendo buoni amici (con qualche alto e basso) fino alla morte. Il marito continuo' la sua vita libertina, accompagnandosi con la contessa Anna Berthier di Wagram per dieci anni nella sua villa sul lago di Como Villa Pliniana. Alla fine degli anni Venti Cristina, dopo l'arresto del patrigno si avvicino' alle persone piu' coinvolte con i movimenti per la liberazione. Gli austriaci, che dominavano la Lombardia dal 1815, e specialmente il capo della polizia Torresani iniziarono la loro opera di spionaggio che duro' fino all'unita' d'Italia. Era bella, potente, e poteva dare molto fastidio. Fortunatamente la sua fama, la sua posizione sociale, e la sua solerzia nella fuga, la salvarono da arresti facili. Agli austriaci non andava di sembrare "cattivi" con l'elite milanese, e faceva loro comodo chiudere un occhio sulle sue frequentazioni. Non va inoltre dimenticato che il nonno di Cristina, il marchese Maurizio dei Gherardini, fu Gran Ciambellano dell'Imperatore d'Austria e poi, fino alla sua morte a Torino, anche Ministro Plenipotenziario d'Austria presso il Regno Sabaudo. Un arresto della nipote avrebbe ulteriormente ingigantito lo scandalo. Nonostante cio', con la dovuta cautela, il governo di Vienna le mise comunque i bastoni fra le ruote, e sentendosi costantemente minacciata, Cristina scappo' nel sud della Francia. Il racconto di questa fuga e' stato raccontato da alcuni biografi con aspetti rocamboleschi. E' sicuro in ogni caso che lei si sia trovata in Provenza sola e senza soldi. Tutti i suoi averi erano stati congelati dalla polizia austriaca e per molto tempo non pote' attingere alcun denaro. L'ultima liquidita' era stata infatti impegnata a pagare i debiti del marito, in cambio della sua liberta'. Si ritrovo' sola ed ospite di amici nel paesino di Carqueiranne. Qui entro' in scena un nuovo amico, tale Pietro Bolognini detto "il Bianchi", ex notaio di Reggio Emilia, a cui le spie austriache assegnarono subito il ruolo di amante. Qui conobbe Augustin Thierry, uno storico divenuto da poco tempo cieco, che le rimarra' amico fino alla morte. Dopo alcuni mesi, nonostante la mancanza di soldi, sbarco' a Parigi e si trovo' un appartamentino vicino alla chiesa della Madeleine. Si arrangio' con pochi soldi per alcuni mesi. Si cucino' per la prima volta da sola i suoi pasti e si guadagno' da vivere cucendo pizzi e coccarde. Una vita un po' diversa da quella a cui era abituata a Milano; eppure quando aveva iniziato quest'avventura, non aveva riflettuto molto prima di agire, anche se sapeva di dover cosi' affrontare tempi difficili. Sarebbe stato semplice recuperare i suoi soldi e stare comoda nei suoi palazzi a Locate o a Milano. Le sarebbe bastato star tranquilla e non alzare troppa polvere di fronte al Torresani. Persino il governatore austriaco Hartig ed il Metternich in persona si scambiavano lettere riguardo alla principessa e placavano il loro capo della polizia, che l'avrebbe invece volentieri incarcerata. Dopo poco tempo, un po' con i soldi inviati dalla madre e un po' con quelli recuperati dai suoi redditi, riusci' a cambiare casa e ad organizzare uno di quei salotti d'aristocrazia, dove riuniva esiliati italiani e borghesia europea. Negli anni Trenta frequento' il poeta tedesco Heinrich Heine, il compositore ungherese Franz Liszt, lo storico francese Francois Mignet, il poeta francese Alfred de Musset e tanti altri. Ebbe anche una fitta corrispondenza con l'"eroe dei due mondi" La Fayette, vecchio generale protagonista della rivoluzione francese. Le attribuirono tanti amanti, un po' come ci si aspetterebbe oggi da una bella donna ricca in una situazione del genere. Aveva ancora rapporti di amicizia con il marito, con cui condivideva pero' il pensiero politico e nient'altro. In questi dieci anni ella continuo' a contribuire alla causa italiana, cercando di influenzare i potenti, scrivendo articoli e diventando addirittura editrice di giornali politici, quando non trovava altri editori disposti a pubblicare suoi scritti giudicati pericolosi. A lei continueranno ad arrivare richieste di soldi per fini patriottici, e lei cerchera' di distribuirne tantissimi, in modo da aiutare i poveri esuli italiani, di cui lei era ormai diventata la referente parigina, e investendo in sommosse o addirittura organizzando movimenti di armi per i "ribelli" italiani. Nel 1834, ad esempio, dono' 30.000 lire (su un suo budget complessivo di centomila) per finanziare il colpo di mano mazziniano nel Regno di Sardegna, in cui peraltro perse la vita Giovanni Battista Scapaccino, considerato la prima Medaglia d'Oro al Valor Militare del futuro esercito italiano. Per l'occasione, la nobildonna aveva persino ricamato con le proprie mani le bandiere degli insorti. Nel 1838 la sua vita subisce una rilevante svolta con la nascita di Maria, la sua prima figlia. Il padre naturale non era sicuramente il marito, che non frequentava. E' stato ipotizzato fosse il suo amico Francois Mignet o il suo segretario Bolognini. Da quel momento ella lascia i suoi salotti ed i suoi ricevimenti e trascorre alcuni anni di semi-isolamento. Trascorre una vacanza in Inghilterra con i suoi fratelli e sorelle, e in questa occasione si reca a trovare Napoleone III in esilio riuscendo a strappargli una promessa: dopo che avra' acquistato potere in Francia, cerchera' di operare a favore della causa risorgimentale italiana. Accadra' invece che, una volta andato al potere in Francia, i suoi comportamenti nei confronti della causa risorgimentale procureranno a Cristina Trivulzio Belgiojoso molte contrarieta'. Successivamente ella torna a Parigi per circa un anno, per poi tornare finalmente nella sua Locate, dove inizia le sue opere sociali. Qui organizza asili e scuole e trasforma il suo palazzo in un falansterio, ovvero nel centro di una comunita' secondo il modello ideato da Charles Fourier; a questo modello ella apporta alcune modifiche da lei ideate. Inoltre crea uno scaldatoio pubblico e dona delle doti alle sposine piu' povere. Cristina vorrebbe anche modificare gli insegnamenti religiosi, che ritiene in parte criticabili, ma non procede in questa direzione che avrebbe incontrato notevoli ostacoli. Cristina Trivulzio Belgiojoso continua anche la sua opera politica cercando di convincere tutti che l'unica soluzione per muoversi verso l'unione italiana era di supportare Carlo Alberto e quindi il prevalere della dinastia dei Savoia. Il suo obiettivo non era una monarchia, ma una repubblica italiana simile alla francese; tuttavia, se per arrivare alla repubblica bisognava prima unire l'Italia, l'unico mezzo era di appoggiare la monarchia dei Savoia. Nel 1848, trovandosi a Napoli durante l'insurrezione che porta alle cinque giornate di Milano, parte subito per questa citta'; inoltre paga il viaggio ai circa duecento napoletani che decidono di seguirla, tra gli oltre 10.000 patrioti che si erano assiepati sul molo per augurarle buona fortuna. Per qualche mese si respira aria di liberta', ma si sviluppano anche forti discordie interne sulle modalita' del proseguimento della lotta. Pochi mesi dopo, il 6 agosto 1848, gli austriaci ritornano a Milano e lei, come molti altri, e' costretta all'esilio per salvarsi la vita. Si calcola che almeno un terzo degli abitanti di Milano espatriasse prima del ritorno degli austriaci. Passato un anno, Cristina Trivulzio Belgiojoso si ritrova in prima linea nel corso dell'insurrezione romana divampata dal 9 febbraio al 4 luglio del 1849. A lei assegnarono l'organizzazione degli ospedali, compito che assolse con dedizione e competenza, tanto da poter essere considerata come antesignana di Florence Nightingale. Anche a Roma la rivolta e' sedata e per di piu' proprio con l'aiuto dei francesi sui quali Cristina tanto aveva contato. Sfumata anche questa speranza di liberta' e sentendosi tradita dal suo stesso amico Napoleone III, salpa su una nave diretta a Malta. Inizia cosi' un viaggio che la porta in Grecia per finire in Asia Minore, nella sperduta e desolata valle di Ciaq Maq Oglu', vicino alla odierna Ankara, Turchia. Qui, sola con la figlia Maria e pochi altri esuli italiani, senza soldi e mantenendosi solo a credito, organizza un'azienda agricola. Da qui invia articoli e racconti delle sue peripezie orientali ed in tal modo riesce a raccogliere dei denari che le consentono di continuare a vivere per quasi cinque anni. Nel 1855, grazie ad una amnistia, riottiene i permessi dall'autorita' austriaca e riesce a tornare a Locate. Nel 1858 muore il suo ancora legale marito Emilio e pochi anni dopo ella riesce finalmente a far legittimare sua figlia Maria. Nel 1860, dopo il matrimonio di sua figlia con il buon Ludovico Trotti Bentivoglio, inizia una vita da suocera. Nel 1861 si costituisce finalmente l'Italia unita, da lei tanto desiderata, e lei puo' lasciare la politica con una certa serenita'. Da questo momento vive appartata tra Milano, Locate ed il lago di Como. Acquista una villetta a Blevio dove si trasferi' con il suo fedele Budoz, il servo turco che l'aveva seguita ormai da vent'anni e Miss Parker, la governante inglese che aveva vissuto con lei fin dal suo viaggio del 1839 in Inghilterra. Muore nel 1871, a soli 63 anni. Aveva avuto una vita con molte peripezie e aveva sempre sofferto di varie malattie, nonche' un tentativo di omicidio che le aveva lasciato diverse ferite. Viene sepolta a Locate, dove la sua tomba si trova tuttora. Al suo funerale non partecipa nessuno dei politici dell'Italia che lei cosi' grandemente aveva contribuito ad unire. Opere di Cristina Trivulzio di Belgiojoso: Vita intima e vita nomade in Oriente, Pavia-Como, Ibis; Emina, Ferrara, Tufani, 1997; Un principe curdo, Ferrara, Tufani, 1998; Le due mogli di Ismail Bey, Ferrara, Tufani, 2008; "Della presente condizione delle donne e del loro avvenire", in "Leggere Donna" n. 150, gennaio-marzo 2011, Tufani; Politica e cultura nell'Europa dell'Ottocento, Napoli, Loffredo, 2010; "Ai suoi concittadini. Parole", in La prima donna d'Italia. Cristina Trivulzio di Belgiojoso tra politica e giornalismo (a cura di di Mariachiara Fugazza, Karoline Rorig), Franco Angeli; opere su Cristina Trivulzio di Belgiojoso: Raffaello Barbiera, La principessa di Belgioioso, i suoi amici e nemici, il suo tempo, Milano, Treves, 1902 Testo in facsimile, "La biblioteca digitale di Milano"; Raffaello Barbiera, Passioni del Risorgimento. Nuove pagine sulla Principessa Belgiojoso e il suo tempo, Milano, Treves 1903; Aldobrandino Malvezzi, La principessa Cristina di Belgioioso, Milano, Treves 1936; H. Remsen Whitehouse, A Revolutionary Princess. Christina Belgiojoso Trivulzio. Her life and times, E. P. Dutton, New York, 1906; Augustine Thierry, La Princess Belgiojoso, Librairie Plon, 1926; Giulio Caprin, Donna piu' che donna, Garzanti, Milano, 1946; Luigi Severgnini, La principessa di Belgioioso. Vita e opere, Milano, Virgilio 1972; Emilio Guicciardi, Cristina di Belgiojoso Trivulzio cento anni dopo, Milano 1973; Charles Neilson Gattey, Cristina di Belgiojoso (A bird of curious plumage), Firenze, Vallardi 1974; Brett Archer Brombert, Cristina Belgiojoso, Milano, Dall'Oglio 1981; Elena Cazzulani, Cristina di Belgiojoso, Lodi, Lodigraf, 1982; Ludovico Incisa e Alberica Trivulzio, Cristina di Belgioioso, Milano, Rusconi 1984; Arrigo Petacco, La principessa del Nord, Milano, Rizzoli 1992; Angela Nanetti, Cristina di Belgioioso, una principessa italiana, EL, Trieste, 2002; Emmanuel-Philibert de Savoie, Princesse Cristina, le roman d'une exilee, Edition Michel Lafon, 2002; Mino Rossi, Cristina Trivulzio, principessa di Belgioioso. Il pensiero politico, Franciacorta, 2005; Mino Rossi, Principessa liberta', Ferrara, Tufani, 2006; Mariachiara Fugazza e Karoline Roerig (a cura di), "La prima donna d'Italia". Cristina Trivulzio di Belgiojoso tra politica e giornalismo, Milano, Franco Angeli, 2010. Un sito dedicato a Cristina Trivulzio di Belgiojoso: www.cristinabelgiojoso.it". Cfr. anche almeno l'articolo di Giancarla Codrignani in "Nonviolenza. Femminile plurale" n. 310]

 

Il Risorgimento nell'immaginario collettivo e' sicuramente un evento storico prettamente maschile. Uomini sono i suoi protagonisti, eroi, sovrani, pensatori, dominatori e liberatori, di cui parlano i testi scolastici. Poche/i sanno delle donne che con i loro scritti e le loro azioni lottarono e pagarono per un'Italia libera e unita. Sono le "signore" - come le chiama Donatella Massara nell'ipertesto "Trame femminili nel processo di indipendenza italiana" su www.donneeconoscenzastorica - appassionate interpreti del processo d'indipendenza che pagarono in tutti i modi per l'idea liberale di una Italia libera e unita. Donne che hanno portato sulla scena pubblica il loro desiderio di liberta', lottando per difendere prima di tutto la loro e nostra liberta' di donne. E' a partire da se' che lottarono per un'Italia libera dall'oppressione dello straniero e pagarono con denari, con la galera, con la requisizione dei beni, in alcuni casi persero i figli, o la loro stessa vita; in altri furono ferite sul campo di guerra. Organizzarono ospedali e curarono i feriti. Crearono esperienze piu' libere e umane di carceri per le donne e per il vastissimo numero di prostitute italiane che circolavano in quegli anni con la patente professionale. Si inventarono scuole di mutuo insegnamento e esperienze socialiste, si impegnarono nella militanza e nella organizzazione di istituti protettivi e educativi. Donne che abbandonarono mariti, in qualche caso anche la prole, peregrinarono con il loro uomo per l'Europa e in qualche caso non si sposarono, ne' ebbero figli. Donne protagoniste del processo unitario ed eroiche patriote.

E' di una di loro, in particolare, che voglio scrivere in questo centocinquantesimo anniversario dell'Unita' d'Italia. Il suo nome e' Cristina Trivulzio Belgioioso.

Di altre ricordo solo i nomi: Adelaide Bono Cairoli, Anita Ribeiro Da Silva Garibaldi, Antonietta De Pace, Clara Carrara Maffei, Costanza Trotti Arconati, Giuditta Bellerio Sidoli, Giulia Colbert Falletti, Enrichetta Di Lorenzo, Jessie White Mario, Olimpia Rossi Savio, Maria Teresa Serego Alighieri Gozzadini, Teresa Casati Confalonieri, Virginia Oldoini Castiglione. La lombarda Maria Gambarana Frecavalli e la napoletana Bianca Milesi, arrestate e processate come appartenenti alla societa' segreta delle Giardiniere, nome con cui venivano indicate le donne appartenenti alla Carboneria. Camilla Marchi, Giuseppina Perlasca Bonizzoni, Teresa Valenti Gonzaga Arrivabene e Luigia e Barbara Vassalli, le martiri di Belfiore.

Nobile, intelligente, appassionata, libera, Cristina Trivulzio Belgioioso e' stata una donna insofferente all'oppressione straniera. Orfana all'eta' di quattro anni, allevata da un tutore, a sedici, destinata a un triste cugino, si ribella e sposa invece Emilio di Belgioioso. Appena si accorge dei tradimenti del marito, lo lascia. Si allontana da Milano e comincia a vivere la propria vita in giro per l'Italia e l'Europa. La polizia austriaca incomincia a interessarsi di lei. Durante un soggiorno a Lugano manifesta aperta simpatia nei confronti del partito repubblicano vincitore delle elezioni in quella citta'. Le viene ingiunto di rientrare a Milano, ma teme di venir rinchiusa in convento e scappa in Francia. Le vengono confiscati i beni. A Parigi apre un salotto in rue d'Anjou frequentato da poeti, musicisti, politici, patrioti. Torna a Milano nel 1840 con la figlia Maria, avuta da una relazione. Lottera' per tutta la vita per farla riconoscere dal marito e poterla, cosi', riconoscere anche lei. Apre asili, scuole maschili e femminili per i poveri, con grande scandalo dei nobili lombardi che non capiscono perche' si debbano istruire i contadini. Si butta nella lotta patriottica. Nel 1845 rileva la rivista patriottica "La gazzetta italiana" e la trasforma nell'"Ausonio". E' per l'unita' d'Italia sotto la monarchia dei Savoia. Nel 1847 viaggia in tutta Italia e allaccia rapporti con i maggiori esponenti del Risorgimento: Cavour, Cesare Balbo, Niccolo' Tommaseo, Giuseppe Montanelli e molti altri. Fa visita anche a Carlo Alberto. Dopo i moti a Milano del 1848 da giornalista diventa rivoluzionaria. Gli avvenimenti del '48 e '49 la trovano in prima linea. Dopo le Cinque giornate arriva a Milano guidando la "Divisione Belgioioso", un gruppo di duecento volontari da lei reclutati e trasportati in piroscafo a Genova e da li' a Milano. La delusione del "tradimento" di Carlo Alberto l'avvicina ai repubblicani. Si unisce ai patrioti della Repubblica Romana, adoperandosi giorno e notte negli ospedali durante l'assedio della citta'. Cristina allora inventa le "infermiere". Fino ad allora negli ospedali ad aiutare i medici c'erano solo i "facchini" per il trasporto dei malati, gli attuali portantini. Lei pensa a un corpo di volontarie laiche dedite ad aiutare i malati. Assolda cosi' uno stuolo di dame, di borghesi e di prostitute, creando grande scandalo. Fallita la Repubblica Romana, dopo essersi battuta in tutti i modi per salvaguardare i feriti e i prigionieri, amareggiata e delusa, va via dall'Italia e si ferma in Cappadocia dove fonda una colonia agricola aperta ai profughi italiani. Torna in Italia nel 1861 dove fonda il giornale "L'Italie". Muore nel 1871. Il suo ultimo scritto e' un appello a noi donne sue posteri: "Vogliano le donne felici ed onorate dei tempi avvenire rivolgere tratto tratto il pensiero ai dolori ed alle umiliazioni delle donne che le precedettero nella vita, e ricordare con qualche gratitudine i nomi di quelle che loro apersero e prepararono la via alla non mai prima goduta, forse appena sognata felicita'".

 

==============================

LA DOMENICA DELLA NONVIOLENZA

==============================

Supplemento domenicale de "La nonviolenza e' in cammino"

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100

Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 242 del 10 aprile 2011

 

Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su:

nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe

 

Per non riceverlo piu':

nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe

 

In alternativa e' possibile andare sulla pagina web

http://web.peacelink.it/mailing_admin.html

quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).

 

L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web:

http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html

 

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it