Telegrammi. 467



 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 467 del 15 febbraio 2011

Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza

Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

 

Sommario di questo numero:

1. Rosella De Leonibus: II coraggio della nonviolenza

2. Si e' svolto il 14 febbraio a Viterbo un incontro di studio

3. Per sostenere il Movimento Nonviolento

4. "Azione nonviolenta"

5. Segnalazioni librarie

6. La "Carta" del Movimento Nonviolento

7. Per saperne di piu'

 

1. RIFLESSIONE. ROSELLA DE LEONIBUS: IL CORAGGIO DELLA NONVIOLENZA

[Ringraziamo Rosella De Leonibus (per contatti: r.deleon at tin.it) per averci messo a disposizione il seguente estratto dal capitolo "Il coraggio della nonviolenza" (pp. 139-155) del suo libro C come coraggio, Cittadella Editrice, Assisi 2010.

Rosella De Leonibus vive a Perugia e lavora come psicoterapeuta della Gestalt con adulti, adolescenti, coppie e gruppi. Si occupa anche di formazione e supervisione di equipes, e collabora con istituzioni pubbliche e private per progetti di prevenzione, di sensibilizzazione ed educazione sociale, con particolare attenzione ai temi della genitorialita', dell'adolescenza e della relazione di coppia. Da una decina di anni collabora con la Pro Civitate Christiana di Assisi: come relatrice in occasione dei convegni sulla coppia, sulla terza eta' e sul mondo giovanile, come responsabile scientifico e docente del Corso triennale per l'acquisizione di abilita' di Counselling, e come collaboratrice della rivista "Rocca", dove tiene rubriche periodiche. Oltre a numerosi articoli di psicologia applicata, editi in riviste di settore e in altri periodici, ha pubblicato Psicologia del quotidiano (2005) e Cose da grandi: nodi e snodi dall'adolescenza all'eta' adulta (2006) entrambi editi dalla Cittadella Editrice. Suoi contributi sono stati pubblicati in altri volumi di tematiche psicologiche e di formazione permanente. E' responsabile della collana "Alfabeti per le emozioni" nell'ambito delle psicoguide di Cittadella Editrice, per cui ha pubblicato P come paura (2009) e C come coraggio (2010)]

 

"Un'idea feconda: la nonviolenza non e' (soltanto), il non fare violenza. E' cercare e imparare i mezzi diversi dalla violenza per affrontare efficacemente, per la giustizia, i conflitti nei quali solitamente si usa la violenza. Non e' un'ideologia, nel senso negativo di schema astratto sovrapposto alla realta', che impedisce di capirla e di agirvi. E' un'idea feconda, perche' ha mosso e muove la realta' verso la riduzione e la liberazione dalla violenza, che e' sempre offesa e dolore, e si riproduce all'infinito. Senza la ricerca appassionata e pratica della nonviolenza positiva, c'e' solo la rassegnazione, l'adattamento, la complicita' (almeno passiva), alla violenza"

(Enrico Peyretti)

*

La violenza non e' l'unica via

Allarghiamo un po' il campo di osservazione, fino ad uscire dal nostro confine personale, fino ad includere il contesto in cui si snodano le nostre vite individuali.

C'e' un campo piu' vasto dove possiamo guardare le vicende del coraggio, spazi di vissuto collettivo che reclamano la nostra attenzione di persone appartenenti ad una comunita', ad una socialita', al mondo.

Osservando col grandangolo le emozioni che di manifestano al livello globale, si intravedono altri fenomeni.

Accanto e dentro alle passioni tristi, come le chiamava Spinoza, ci sono emozioni, nella post-modernita', molto frequentate nel loro lato oscuro. La fatica dell'incontro col diverso diventa odio paranoide, l'orgoglio diventa autoglorificazione onnipotente, l'aggressivita' vira in rabbia distruttiva, la responsabilita' si allenta fino alla rimozione fisica dell'altro dal proprio orizzonte visivo e dal confine nazionale. L'appartenenza slitta nella cancellazione di ogni pensiero critico. La persuasione manipola indisturbata sul grande numero.

Il modello di vita fondato sulla difesa e l'attacco e' cosi' familiare che non e' per niente immediata la percezione della possibilita' positiva di altri paradigmi. La somma del gioco resta zero: se io vinco, tu sei costretto in qualche modo a morire.

E le varie forme del coraggio ferito diventano un problema che attraversa intere comunita', torcendo i diversi sistemi valoriali collettivi in direzioni che finiscono per convergere su un punto: il coraggio fa naufragio nella violenza, la quale si', manifesta multiforme ingegno.

Piccoli potenti semi di una nuova forma di coraggio, gia' nutriti dall'antichita', sono stati piantati nel secolo scorso, e hanno messo in discussione quelli che sembravano ormai accettati come fondamenti naturali della convivenza umana.

La violenza e la vendetta non sono l'unica via. La guerra e tutte le sue derivazioni quotidiane, quelle della mano armata, ma anche quelle della "ragione armata", come la denominava Raimon Panikkar, non rappresentano l'unica possibilita' di gestire i conflitti e affrontare l'ingiustizia.

Si puo' partire da se stessi, dal rapporto con il proprio mondo interno, per riconoscere, osservare, contenere e trasformare questi nuclei del pensiero violento che ci sembrano cosi' familiari. Quel ripartire da se' che in-segna la caratteristica nuova del pensiero del movimento delle donne, e' lo stesso ripartire da se' che trasforma la rabbia dell'oppresso in azione lucida di disobbedienza civile, passando attraverso la scelta di esporsi di persona, nella propria vulnerabile nonviolenza positiva, facendo di essa "l'arma piu' potente", come la definiva Gandhi.

In questa ricerca e' fondamentale l'aver rimesso al centro del discorso la persona, e l'altro come suo interlocutore, limite e possibilita' insieme. L'altro, l'altra, senza la maiuscola della trascendenza, persona vivente e specifica, come ciascuno di noi soggetto di esperienza e di vissuti emozionali, un altro/a nei cui panni possiamo entrare per integrare concretamente due possibilita' di conoscenza: quella della partecipazione empatica e quella del decentramento cognitivo. Comprendere unilateralmente il suo vissuto e riconoscere unilateralmente il punto di osservazione dal quale l'altro attribuisce significato alle proprie esperienze: e' il riconoscere l'umanita' di tutti gli esseri umani, e' rispondere all'appello muto del volto dell'altro, come scriveva Levinas, accettando, ognuno, di portare su di se' la responsabilita' per l'umanita' intera e per il mondo. I care, mi riguarda: il mondo, l'umanita', l'altro, sono me. Non vinco io e perdi tu, non perdo io e vinci tu. L'unica vittoria possibile sara' la vittoria al mondo (Vinoba), una vittoria che liberera' anche gli stessi oppressori, anche l'altro. L'altro, uomo o donna, simile nell'esperienza o diverso nella cultura e nelle scelte di vita, e' interlocutore ineludibile, con cui interagire nel quadro storico dato. (...)

*

Sul piano psicologico il lavoro e' duro e complesso: non si tratta di negare la violenza. E men che mai si trattera' di negare la radice vitale e propulsiva dell'aggressivita' umana, quella capacita' di "andare verso" (dal latino ad-gradere) che, oltre ad essere il motore della sopravvivenza individuale, e' la strada su cui viaggia ogni forma di affermazione di se' e di autonomia, quell'andare verso che e' la naturale base biologica del coraggio e del cambiamento.

Piuttosto stiamo parlando di come riconoscere la realta' di questa pulsione (Bramucci ed altri), e di come integrarne l'espressione, al pari di qualunque altra pulsione vitale, come la fame o la sessualita', all'interno di un codice culturale nuovo, che ne potenzi la forza trasformativa e la orienti, liberandola dalla ego-logica della predazione, e soprattutto dalla deriva verso la reattivita' distruttiva e verso la violenza.

L'aggressivita' naturale degli esseri umani puo' evolvere in una diversa direzione, piuttosto che trascendere in attacco e contrattacco, distruzione e vendetta, e diventare la piu' potente energia di umanizzazione e liberazione per se' e per gli altri. (...)

*

All'interno di un contesto culturale improntato alla logica della sopraffazione da parte del piu' forte, l'aggressivita' come pulsione vitale si deforma in pulsione distruttiva che informa le relazioni e le societa' umane. La struttura culturale che e' sottesa a questa deriva puo' essere smontata, e la via e' una sola: partire da se'. "Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo", insegnava Gandhi.

Pensata come utopia, questa pratica smaschera la presunta naturalita' dei paradigmi culturali nei quali siamo immersi, e li mette radicalmente in discussione. E' la via che si e' incarnata in grandi esperienze e speranze storiche, come quella del movimento delle donne, che negli anni Settanta ha scalzato fin dalla sua radice il fondamento epistemico del dominio patriarcale (la cultura del passato non aveva focalizzato nel rapporto uomo/donna l'origine prima di ogni altra violenza, in quanto violenza su quel grembo femminile che e' la prima icona del fare spazio al diverso, il primo originario luogo di accoglienza e responsabilita' per l'altro).

E' la via che ha seguito Martin Luther King, pagando di persona la realizzazione di quel sogno di integrazione tra bianchi e neri d'America che ancora muove le menti e i cuori di milioni di persone.

E' la via che ha seguito Mohandas Gandhi per sostenere la dignita' dei suoi connazionali e conseguire l'indipendenza del suo paese, costruendo il paradigma di una rivoluzione culturale di cui ancora non sono state esplorate che in piccola parte le possibilita'.

Sul piano psicologico questa via chiede un lavoro profondo e forte: un grado di educazione del coraggio molto elevato, che chiama in causa cuore e cervello, e anche certamente il fegato, quando la risposta repressiva violenta dell'interlocutore mette il soggetto che agisce con la nonviolenza positiva davanti alla prova finale. Chiama in gioco anche il cervello, per smontare i comodi stereotipi con cui ci si abitua a guardare la realta', immersi in un brodo culturale assai pervasivo, che non lascia troppi spazi per prenderne distanza. Fa appello anche alla coscienza sociale, al riconoscimento dell'altro in quanto interlocutore necessario, come si e' detto poco sopra.

Questo coraggio non comporta il semplice autocontrollo o peggio la repressione degli impulsi. Vuole invece educare l'impulso attraverso l'affinamento delle competenze a comunicare e ad interagire, e soprattutto allena a diventare consapevoli e responsabili di se stessi, pensieri, emozioni e azioni.

Si comincia dalla scelta delle parole, che devono lasciar cadere come scorie inutili le accuse, le denigrazioni, le enfasi eccessive, le argomentazioni a proprio vantaggio, e ogni forma di ingiuria, che marcherebbe per sempre il segnale della guerra. Se siamo compagni di viaggio allora sara' chiarezza e fermezza, e autorevole serena affermazione, la chiave del comunicare nonviolento.

Si continua sull'allenamento alla tenacia: instancabile, non molla la presa fino a che c'e' respiro.

L'educazione emotiva e' l'altro versante: una centralita' assoluta della nonviolenza nel nucleo del mondo emozionale non significa atarassia, o freddezza d'animo. E' l'educazione appassionata di ogni emozione, che c'e' e si fa sentire, ma si ordina, si rastrema intorno a questo centro, al cui servizio spendera' il proprio calore vitale.

E' una pedagogia seria e impegnativa, che conduce, nel suo obiettivo finale, ad una attitudine del comportamento poggiata su una costante calma interiore e una gentile ma ferma assertivita' nei modi, ad un rispetto dignitoso verso se stessi e l'ambiente, ad uno sguardo su di se' umile e sereno, che non disdegna lo humor e si ridimensiona con l'autoironia, un atteggiamento mai contrito, lontano mille miglia da ogni vittimismo o lamentela passiva. C'e', insieme, un'attenzione costante alla qualita' della propria energia vitale, unico strumento dell'azione nonviolenta, che deve essere pronto e disponibile anche per prove straordinarie. Si e' pronti a sentirsi minoranza, a non ricevere, nel tempo breve e medio, ne' gratificazioni ne' consensi, e si e' pronti a sostenere a lungo il peso della scelta, con la propria persona e nella propria persona. E' tratta dal lavoro di Aldo Capitini questa sintesi, una radicale ridefinizione del coraggio. (...)

*

Nel microcosmo di ogni interazione quotidiana, cosi' come nella dimensione macro in scala sociale, la nonviolenza e' qualcosa di molto piu' ampio della liberazione dall'oppressore, e' un mondo che ha a che vedere con un altro fondamento della vita: la nascita, dove l'altro sono io, e qualcuno mi fa posto, mi da' nutrimento e amore, di modo che diventi anche io capace di amare.

Tende ad un principio etico, la teoria e la pratica dell'azione nonviolenta positiva, e nello stesso tempo si propone come antropologia e come pedagogia. La sua essenza e' una tecnica sociale di azione, ma la sua base continua ad essere nell'atto interiore di rivolgersi con l'anima in primis, ma sempre anche con l'azione, ad ogni singolo individuo come prossimo, in modo da interiorizzarlo.

Aldo Capitini, il fondatore e testimone italiano della nonviolenza, conio' questo termine, in un clima culturale che portava ancora le ferite della guerra e dello shock di Hiroshima e Nagasaki, un clima densamente attraversato dalla paura e dalla minaccia della guerra fredda tra le due maggiori potenze mondiali dell'epoca. Non-violenza o non violenza significherebbe la mera astensione dall'uso distruttivo della forza, e potrebbe giustificare comportamenti di fuga, rassegnazione, indifferenza, fino alla omissione di soccorso. Nonviolenza, un nome tutto unito, senza la contrapposizione del trattino, e' invece la pratica di opposizione attiva alla forza che costringe e distrugge. Non e' solo una posizione filosofica o etica, non vive sopraelevata come teoria.

Si pone innanzitutto come teoria-prassi, non dogmatica ma partecipata, una teoria-prassi che si declina strada facendo attraverso la sperimentazione, attraverso esperienze creative e aperte. Non parte da dogmi o da precetti, ma richiede ogni volta un pensare e un fare specifico, che nasce dal contatto profondo e autentico con la situazione e i suoi fattori.

E' una realta' che si propone su piu' dimensioni, ciascuna e' significativa e tutte contribuiscono a definire ogni singola area. Ci limitiamo a riportarle, per individuarne la profondita' e la vastita' di articolazioni, senza entrare, in questo scritto, nelle implicazioni sociali e politiche ne' nella tecnica dell'azione positiva nonviolenta.

Un insieme di ragionamenti e valori, attraverso i quali vengono definite una serie di tecniche di comunicazione, di approccio alla relazione interpersonale, alle modalita' di presa di decisione e alle formule organizzative, ma non solo. La nonviolenza vive anche nelle forme e nei modi di intervento sociale, e nella gestione quotidiana dei conflitti, come abbiamo visto sopra. E' anche un ampio ed ambizioso progetto sociale di convivenza, che sostiene la dignita' di tutti gli esseri umani. Infine e' un corpus interdisciplinare di proposte nel campo psico-sociale, nella politica e nella antropologia.

L'idea-forza più innovativa nella cultura del XX secolo. (...)

*

Nonviolenti non vuol dire fragili. Secondo Gandhi, per praticare la nonviolenza bisogna essere intrepidi e avere un coraggio a tutta prova. Vulnerabili, si', perche' lo strumento di questa pratica e' attivo e umano, espone l'umano nel suo corpo, nella sua tenuta emotiva, nella sua condotta rispetto al gruppo. Fragili no, perche' la nonviolenza e' azione integrale e intransigente davanti all'ingiustizia, il contrario esatto dell'ignavia, della resa passiva, dell'egoismo che chiude prima un occhio e poi tutt'e due, e poi tace. Fragili no, perche' carichi di concreta e operosa speranza, potenti e rigorosi. Nella pratica della nonviolenza i mezzi non possono essere un fatto secondario, e non possono che andare nella stessa direzione degli scopi. Sono mezzi che chiedono una assunzione personale e collettiva di responsabilita', il rifiuto totale della complicita', il contrario dell'indifferenza. Mezzi coraggiosi per ritrovare la forza che unisce.

Mezzi che sono coessenziali ad un metodo, metodo che e' contenuto, contenuto che e' principio e scopo: astensione dalla violenza, disposizione al sacrificio, rispetto per la verita', impegno costruttivo, gradualita' delle azioni, pronti a sostenere questa qualita' del coraggio quando la lotta si fa lunga.

Una idea e una pratica della forza che ha ridato speranza a centinaia di milioni di persone in tutto il mondo, permettendo loro di uscire dalle condizioni di sottomissione. Una forza che ricostruisce dignita' e valore per tutti gli esseri umani, supera il paradigma vincitori/vinti, per entrare in una visione del mondo che riconosce il legame indissolubile che ci unisce.

 

2. INCONTRI. SI E' SVOLTO IL 14 FEBBRAIO A VITERBO UN INCONTRO DI STUDIO

 

Lunedi' 14 febbraio 2011 a Viterbo, presso la sede del "Centro di ricerca per la pace", si e' svolto un incontro di studio.

Argomento centrale dell'incontro la riflessione e l'opera storiografica di Marc Bloch, con particolar riferimento alla sua classica Apologia della storia o mestiere di storico.

L'incontro si e' svolto nell'ambito di un'iniziativa di promozione del diritto allo studio in corso da mesi.

 

3. APPELLI. PER SOSTENERE IL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Sostenere economicamente la segreteria nazionale del Movimento Nonviolento e' un buon modo per aiutare la nonviolenza in Italia.

Per informazioni e contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org

 

4. STRUMENTI. "AZIONE NONVIOLENTA"

 

"Azione nonviolenta" e' la rivista del Movimento Nonviolento, fondata da Aldo Capitini nel 1964, mensile di formazione, informazione e dibattito sulle tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo.

Redazione, direzione, amministrazione: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org

Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 30 euro sul ccp n. 10250363 intestato ad Azione nonviolenta, via Spagna 8, 37123 Verona.

E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando una e-mail all'indirizzo an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto "copia di 'Azione nonviolenta'".

 

5. SEGNALAZIONI LIBRARIE

 

Riletture

- Vladimir Jankelevitch, Henri Bergson, Morcelliana, Brescia 1991, pp. 388.

- Italo Mancini, Bonhoeffer, Vallecchi, 1969, Morcelliana, Brescia 1995, pp. 486.

 

6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

 

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.

Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:

1. l'opposizione integrale alla guerra;

2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;

3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;

4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.

Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.

Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

 

7. PER SAPERNE DI PIU'

 

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

 

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

Numero 467 del 15 febbraio 2011

 

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