Archivi. 25



 

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ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XII)

Numero 25 del 25 gennaio 2011

 

In questo numero:

1. Bruno Segre: Per non dimenticare la Shoah (parte settima)

2. Bruno Segre: Per non dimenticare la Shoah (parte ottava)

 

1. MEMORIA. BRUNO SEGRE: PER NON DIMENTICARE LA SHOAH (PARTE SETTIMA)

[Riproponendo il seguente testo che gia' riproducemmo nel nostro notiziario nel 2005, ancora una volta ringraziamo di cuore Bruno Segre per averci permesso di riprodurre sul nostro foglio ampi stralci dal suo utilissimo libro Shoah, Il Saggiatore, Milano 2003, la cui lettura vivamente raccomandiamo. Riportando passi di esso abbiamo omesso tutte le note, ricchissime di informazioni e preziose di riflessioni, per le quali ovviamente rinviamo chi legge al testo integrale edito a stampa.

Bruno Segre, storico e saggista, e' nato a Lucerna nel 1930, ha studiato filosofia alla scuola di Antonio Banfi; si e' occupato di sociologia della cooperazione e di educazione degli adulti nell'ambito del movimento Comunita' fondato da Adriano Olivetti; ha insegnato in Svizzera dal 1964 al 1969; per oltre dieci anni ha fatto parte del Consiglio del "Centro di documentazione ebraica contemporanea" di Milano; per molti anni ha presieduto l'associazione italiana "Amici di Neve Shalom Wahat as-Salam"; nel quadro di un'intensa attivita' pubblicistica, ha dedicato contributi a vari aspetti e momenti della cultura e della storia degli ebrei; dirige la prestigiosa rivista di vita e cultura ebraica "Keshet" (sito: www.keshet.it). Tra le opere di Bruno Segre: Gli ebrei in Italia, Giuntina, Firenze 2001; Shoah, Il Saggiatore, Milano 1998, 2003]

 

Verso la "soluzione finale"

La cosiddetta "operazione Barbarossa", cioe' l'invasione dell'Unione Sovietica avviata il 22 giugno 1941, apre il capitolo piu' brutale dell'impegno nazista teso ad assicurare alla Germania il suo "Lebensraum" ("spazio vitale"). Le forze che varcano il confine tra il Reich nazionalsocialista e le province polacche occupate dai sovietici costituiscono la piu' potente armata che sia stata mai messa assieme in Europa: circa quattro milioni di uomini, 3.300 carri armati, 5.000 aerei. Con tutta evidenza, la mobilitazione di una macchina da guerra di simili dimensioni non sarebbe possibile se l'intero apparato produttivo tedesco, e in particolare i grandi colossi dell'industria, non aderissero in pieno agli orientamenti espansionistici della dirigenza nazista: orientamenti che promettono loro i frutti di una gigantesca "battuta di caccia" nelle risorse di manodopera e di materie prime presenti in un territorio che, nei deliranti progetti di Hitler, dovrebbe estendersi dall'Atlantico alle foreste della Siberia. Ma la mera indicazione delle spinte e dei condizionamenti economici non sembra sufficiente a spiegare il carattere e l'andamento dell'aggressione tedesca all'Urss. E benche' sia difficile tenere separate le necessita' economiche e strategico-militari dai postulati politico-ideologici del regime, e' indubbio che soltanto l'odio ideologico per il "bolscevismo ebraico", che i nazisti hanno per anni inculcato nel popolo tedesco, spiega il carattere spaventosamente feroce della "guerra di annientamento" condotta a oriente per tre anni e mezzo.

"I russi non sono esseri umani ma un conglomerato di animali" osserva Goebbels nel suo diario. Dei 5 milioni di soldati sovietici fatti prigionieri lungo tutto il corso della guerra, circa 2 milioni moriranno in prigionia e un milione sparira' senza lasciare tracce. Ma gia' nel Mein Kampf Hitler assimila lo slavo, razza inferiore, all'ebreo, razza maledetta, e al comunista, che sarebbe l'espressione suprema dello spirito semitico, l'ultimo "tentativo dell'ebraismo del XX secolo per estendere il suo dominio sul mondo".

Combattere contro l'Unione Sovietica significa dunque, insieme, affermare il diritto di una razza superiore a dominare la "sottoumanita'" degenerata e abbattere i fondamenti stessi del potere giudaico, incarnati nel movimento comunista mondiale: "La razza nordica ha il diritto di dirigere il mondo (...). Per questo non potremo mai ammettere una cooperazione con la Russia che e' un corpo di bestia tartara sormontato da una testa d'ebreo". Genocidio per gli ebrei, abbrutimento e servitu' perpetua per i popoli vinti: questo e' "l'ordine nuovo" promesso dai nazisti. Come osserva Klaus Hildebrand, "con l'aggressione alla Russia - sia quando tra il giugno e l'agosto-settembre sembro' delinearsi la vittoria, sia in seguito sotto il trauma del disastroso fallimento dell'operazione Barbarossa - la politica razziale nazionalsocialista raggiunse il suo punto culminante".

Tre settimane dopo l'inizio delle operazioni, il 14 luglio 1941, le avanguardie tedesche sono penetrate lungo le direttrici di Leningrado, Mosca e Kiev cosi' profondamente nel territorio sovietico che Hitler puo' impartire ordini affinche' le armate all'est vengano "considerevolmente ridotte nel prossimo futuro" per essere impiegate contro la Gran Bretagna; e il 18 settembre e' gia' in grado di ordinare che Mosca sia cancellata dalla faccia della terra. Mentre l'esercito si inoltra nelle sconfinate pianure russe e ucraine, quattro Einsatzgruppen delle SS, designate con le lettere A, B, C e D e a loro volta suddivise in Einsatzkommandos con un organico complessivo di circa novemila uomini, operano nelle retrovie per dare attuazione a un ordine, emanato da Hitler, di passare per le armi sommariamente i commissari politici e i funzionari comunisti dell'Urss: un ordine che viola deliberatamente le convenzioni di Ginevra e dell'Aia, e che Himmler e Heydrich estendono a tutta la popolazione ebraica delle regioni invase.

Cosi', in condizioni di incredibile barbarie, a carico degli ebrei sovietici hanno inizio quelle che Leon Poliakov definisce "le eliminazioni caotiche". Per esempio, il 29-30 settembre 1941, nel vallone di Babi Yar presso Kiev una squadra dell'Einsatzgruppe C, coadiuvata da miliziani ucraini, falcia a raffiche di mitragliatrice 33.771 uomini, donne e bambini, gettandoli poi nel vallone e ricoprendoli di terra, mentre il 30 novembre l'Einsatzkommando 2 dell'Einsatzgruppe A elimina a Riga, la capitale lettone, 10.600 ebrei, in parte deportati dalla Germania.

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Con l'avvio della campagna di Russia, il potenziale omicida del nazismo si scatena in tutta la sua ampiezza. Su 4,7 milioni di ebrei presenti nel territorio dell'Urss prima dell'invasione, si calcola che siano uccise dai tedeschi o dai loro alleati oltre due milioni e duecentomila persone. Di queste, circa settecentomila sono liquidate nella prima ondata delle "eliminazioni caotiche", dall'estate 1941 alla primavera 1942: Cinquecentomila per mano delle Einsatzgruppen e duecentomila a opera di altri carnefici tedeschi o indigeni (ucraini, lettoni, lituani ecc.); circa 360.000 ebrei cadranno nella seconda ondata, che avra' luogo tra l'agosto e il novembre 1942. Il comandante dell'Einsatzgruppe B, Artur Nebe, che in seguito paghera' con la vita la partecipazione al complotto del luglio 1944 per uccidere Hitler, in un rapporto del 23 luglio 1941 inviato all'Rsha, riferisce che nel territorio della Bielorussia risiede un milione e mezzo di ebrei. "In quest'area, proprio per lo straordinario numero di ebrei che vi sono, una soluzione della questione ebraica durante la guerra appare impossibile.  Essa puo' essere raggiunta solo con le deportazioni".

Nell'autunno del 1941, cioe' tre mesi prima della conferenza di Wannsee, Reinhard Heydrich e Adolf Eichmann, che nell'Rsha dirige la sezione IV-B-4 incaricata di gestire l'arresto e i trasporti degli ebrei, procedono alla "evacuazione" per ferrovia di molte decine di migliaia di ebrei tedeschi, austriaci, boemi, moravi verso i ghetti di Lodz, Varsavia e Lublino e verso le citta' ex sovietiche di Minsk e Riga: localita' in cui l'ordinanza hitleriana sull'esecuzione sommaria consente ogni sorta di "esperimenti", compreso il "trattamento particolare" (da tradurre con "massacro").

Una volta avviato, l'omicidio di massa degli ebrei si intensifica rapidamente. Nell'estate del 1941, probabilmente in luglio, Hitler doveva gia' avere dato la sua approvazione allo studio di un piano per lo sterminio di tutti gli ebrei dell'Europa sotto il controllo nazista, ma non e' possibile stabilire quando e in quali termini cio' sia stato comunicato a Himmler e a Heydrich. In ottobre il piano per la soluzione finale si presenta sotto forma di deportazione verso i campi di sterminio equipaggiati con gas velenoso, e in questa direzione si compiono i primi importanti passi, come il trasferimento dalla Germania alla Polonia di personale gia' adibito all'esecuzione del programma del Terzo Reich per l'eutanasia, in codice "azione T4". E' chiaro che l'eliminazione fisica dell'intera popolazione ebraica europea ha assunto ormai caratteri di priorita'.

In questa cornice fanno la loro comparsa (8-14 dicembre 1941) le prime camere a gas mobili, montate su speciali autocarri denominati nei documenti tedeschi "Gaswagen" (furgoni a gas), camuffati da automezzi della Croce Rossa, all'interno dei quali viene immesso il monossido di carbonio dello scarico della combustione dei motori a nafta, provocando la morte di chi vi e' rinchiuso. Il primo "esperimento" viene realizzato a Chelmno, un villaggio polacco a occidente di Varsavia, dove vengono utilizzati cinque forgoni, tre dei quali con una capienza di 150 persone e due di 100. Le vittime (ebrei che abitano nei villaggi dei dintorni) muoiono lungo il tragitto che li porta alle fosse comuni, ubicate in un bosco a qualche chilometro di distanza. Pochi giorni dopo, un identico "esperimento" e' avviato a Zemun, nei pressi di Belgrado, dove nel giro di sei mesi vengono gassati circa quindicimila ebrei provenienti dalle varie regioni della Serbia.

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Il 20 gennaio 1942, in un'elegante villa Jugendstil di Wannsee, poco fuori di Berlino, Reinhard Heydrich convoca una quindicina di professionisti dello sterminio a una riunione con colazione di lavoro. Il tema all'ordine del giorno e' uno solo: mettere a punto i dettagli organizzativi della "soluzione finale" del problema ebraico.

La radicalizzazione della soluzione del problema ebraico coincide con la radicalizzazione della guerra. L'incontro di Wannsee si tiene infatti tre settimane dopo l'entrata in guerra degli Stati Uniti, in una fase del conflitto in cui l'esercito hitleriano sta subendo pesanti rovesci sul fronte russo. Attorno a Heydrich e ai suoi principali collaboratori (a cominciare da Adolf Eichmann), la conferenza vede riuniti gli esponenti dell'amministrazione del "Governatorato generale" e i rappresentanti di tutti i dicasteri e gli uffici del Reich (per la precisione: degli interni, della giustizia, dei territori dell'Est, degli esteri, della cancelleria del Reich, del piano quadriennale, della segreteria del partito nazionalsocialista) coinvolti nella gigantesca operazione di deportazione e annientamento degli ebrei d'Europa. Heydrich, nella sua relazione, chiarisce che se in passato si trattava di ottenere "l'epurazione dello spazio vitale tedesco" mediante misure quali l'emigrazione e la deportazione degli ebrei, ora si tratta di trovare una "soluzione definitiva della questione ebraica" per tutta l'Europa, a cominciare dai territori occupati o sottoposti all'influenza del Terzo Reich. Il piano che egli si propone di attuare su incarico del feldmaresciallo Goering investe il destino di undici milioni di ebrei dei vari paesi europei, fra i quali figurano non solo i paesi alleati o occupati, ma anche quelli nemici, come la Gran Bretagna, e quelli neutrali come il Portogallo, la Turchia europea, la Svezia e la Svizzera.

La maggior parte degli storici concorda nel rilevare che, tipicamente, Hitler e i suoi luogotenenti ammantano le loro attivita' piu' criminali di un linguaggio eufemistico, fanno di tutto per mantenere segreti i loro piani omicidi e sono notoriamente imprecisi quando si tratta di definire le competenze delle diverse autorita', specialmente riguardo alle questioni piu' delicate. Pertanto nell'agghiacciante protocollo della conferenza di Wannsee - quindici pagine di verbale stilate da Eichmann -, la parola "eliminazione" non compare mai, preferendosi pudicamente sostituirla con un eufemismo: "evacuazione". Gli ebrei, sostiene Heydrich, dovranno essere condotti in treno verso ghetti di transito e poi trasferiti, quando le condizioni tecniche lo permetteranno, in campi nelle regioni orientali, dove dovranno, separati gli uomini dalle donne, lavorare ad attivita' (quali la costruzione di strade) capaci di eliminarne un gran numero "per naturale indebolimento". E qui viene l'idea centrale del progetto. A questo punto "il nucleo che alla fine sopravvivra' a tutte le vicende, poiche' in questo caso si trattera' della parte piu' capace di resistenza, dovra' essere trattato in maniera conforme dato che, costituendo il frutto di una selezione naturale, qualora fosse lasciato in liberta', andrebbe considerato come la cellula germinale di una nuova rinascita ebraica (vedi l'esperienza storica)". Tradotto in chiaro, questo discorso significa che la macchina mortale e' ormai in moto.

Tutti i personaggi presenti a Wannsee approvano a grandi linee il progetto esposto da Heydrich, teso a eliminare gli ebrei per "indebolimento naturale" e tramite "ogni altro sistema che prevenga la rinascita di una comunita' ebraica in Europa". E in tal modo avallano l'istituzione di una serie di fabbriche di cadaveri perfettamente organizzate: i campi di sterminio.

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Dopo avere sperimentato altri metodi omicidi, dopo l'invenzione dei furgoni a gas con i quali le Einsatzgruppen e altri reparti uccidono gli ebrei a migliaia, i nazisti decidono di costruire impianti a gas permanenti. Diversamente da quanto in generale si ritiene, la decisione di usare il gas in impianti mobili o permanenti non e' dettata da considerazioni di efficienza, ma dalla ricerca di un metodo che eviti alla truppa il peso psicologico delle uccisioni cosiddette "selvagge". Testimonianze fornite nel dopoguerra chiariscono che gia' a meta' agosto del 1941 lo stesso Heinrich Himmler ha dato  facolta' di esperire metodi di esecuzione capitale diversi dalle fucilazioni di massa, causa di abbrutimento tra gli effettivi delle Einsatzgruppen.

Il primo grande centro di eliminazione mediante camere a gas permanenti viene allestito a Belzec (Galizia orientale), dove le esecuzioni vengono avviate a partire dal   17 marzo 1942. Gli autori dei crimini di massa sono uomini delle SS, assistiti da miliziani ucraini ed estoni; le vittime sono soprattutto ebrei evacuati da Lublino e Leopoli.

I campi della morte vedono la luce soprattutto in Polonia poiche', in tutta Europa, la Polonia e' il paese con la massima concentrazione demografica di ebrei e si offre percio', sotto il profilo logistico, come l'ambiente piu' adatto a ospitare gli impianti dello sterminio. La collocazione dei vari campi  obbedisce a precise considerazioni strategiche, in quanto ognuno dei Lager e' destinato a eliminare gli ebrei di una determinata regione: gli ebrei del Warthegau finiranno a Chelmno, gli oltre due milioni di ebrei del "Governatorato generale" nei tre campi di Belzec, Sobibor (presso i confini dell'Ucraina) e Treblinka (un centinaio di chilometri a oriente di Varsavia), e quelli dell'Europa occidentale, meridionale e sudorientale ad Auschwitz.

Sobibor e Treblinka entrano in funzione rispettivamente nel maggio e nel luglio 1942. Questi centri utilizzano camere a gas alimentate dall'ossido di carbonio emesso da motori a nafta. Le cifre dei morti sono elevatissime, soprattutto a Treblinka, dove viene consumata la "grande azione" a carico degli ebrei gia' ammassati nel ghetto di Varsavia.

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Ma il programma di sterminio approvato dalla conferenza di Wannsee trova la realizzazione piu' micidiale e tecnologicamente piu' raffinata ad Auschwitz (Oswiecim, in polacco), una cittadina a ovest di Cracovia, da cui dista circa 50 chilometri. Sorge nei dintorni di Auschwitz quel Lager che, come e' noto, e' destinato a diventare il piu' grande cimitero ebraico del mondo. Di Auschwitz si parla generalmente come di un unico campo, ma in realta' si tratta di un complesso concentrazionario che copre una superficie di 40 chilometri quadrati, suddiviso in tre  distinti Lager di grosse dimensioni: Auschwitz 1; Auschwitz 2 o Birkenau; e Auschwitz 3, noto come Monowitz, cui vanno aggiunti oltre quaranta sottocampi. Auschwitz 2 diventa il centro dello sterminio di massa a partire dal 1942, mentre ad Auschwitz 3 la fabbrica del complesso chimico IG Farbenindustrie, che produce gomma sintetica, assorbe molti dei prigionieri idonei al lavoro pesante.

Il nucleo originario (Auschwitz 1) e' un campo di concentramento simile a molti altri, istituito nella primavera del 1940 tramite il riuso di una vecchia caserma dell'esercito polacco. Il primissimo trasporto di 30 prigionieri vi viene effettuato il 20 maggio 1940. Si tratta di criminali comuni (Berufsverbrecher) di nazionalita' tedesca, trasferiti dal Lager di Sachsenhausen e destinati, come vuole la pluriennale pratica imperante nei campi di concentramento nazisti, a svolgere "funzioni ausiliarie" nel nuovo campo. Del ruolo che costoro andranno in realta' ad assolvere testimonia il fatto stesso che i militi delle SS li informano - appena arrivati - che avranno il compito di sorvegliare dei "delinquenti" polacchi. In tutta evidenza si tratta di una provocazione, cinica e calcolata: infatti nei ricordi e nelle relazioni dei detenuti internati allora nel campo, abbondano le violenze e le varie forme di vessazioni inflitte ai prigionieri polacchi proprio da parte dei delinquenti comuni (oltre che, naturalmente, dal personale delle SS del quale i criminali sono una sorta di longa manus, incaricata di compiere un'opera di crudele e diretto controllo dei detenuti e delle squadre di lavoro).

Fin dai primi giorni, a capo del campo viene messo il capitano delle SS Rudolf Hoess: classe 1900, gia' aiutante nei Lager di Dachau e Sachsenhausen, condannato infine a morte da un tribunale polacco e impiccato nell'aprile 1947, non a Varsavia ma ad Auschwitz "in una delle tante forche che l'imputato aveva fatto drizzare".

Auschwitz 1 inizia a operare come campo di lavoro e di internamento, non quindi, in origine, come campo di sterminio. E' comunque un campo duro, con le sue esecuzioni sommarie, la sua routine micidiale. A partire dal 14 giugno 1940, giorno in cui vi arrivano 728 detenuti, i primi trasporti vi concentrano prigionieri politici polacchi. Durante il trasporto, ad alcuni prigionieri vengono messe le manette o legate le mani, rendendo ancora piu' gravose le gia' difficili condizioni di viaggio. E certo, gia' in questo periodo i non moltissimi ebrei via via aggregati agli altri deportati "ariani" hanno una probabilita' media di sopravvivenza che non supera i dieci giorni.

Ma per il momento, tutto cio' nulla ha a che fare con la "soluzione finale". Auschwitz 2, ossia il campo di sterminio vero e proprio, viene allestito nella prima meta' del 1942 a Birkenau, qualche chilometro a ovest della cittadina, e molto lontano dagli impianti industriali cui dovrebbe fornire la manodopera servile. Ma contemporaneamente ai recinti e ai baraccamenti, sorgono anche le prime camere a gas, con annessi i due primi crematori. Quando inizia a funzionare regolarmente, al principio dell'estate del 1942, il campo consiste di due impianti ben distinti: da una parte i baraccamenti per alloggiare gli "abili al lavoro"; dall'altra gli stabilimenti per l'eliminazione degli "inabili" e per la distruzione dei cadaveri. Entrambi gli impianti saranno ampliati e perfezionati nel corso dei due anni successivi. Ai primi recinti (separati per gli uomini e per le donne) ne saranno via via aggiunti dei nuovi, spesso improvvisati e orrendamente sovraffollati; e si appronteranno due nuove camere a gas con i relativi crematori.

I primi ebrei deportati a Birkenau dall'ovest vi giungono il 26 marzo 1942 dalla Slovacchia. Il 31 marzo arriva un primo carico di ebrei da Drancy (Francia); non si tratta di "francesi" ma esclusivamente di "stranieri" che vengono internati nelle baracche: le camere a gas entreranno in funzione soltanto il 4 maggio. Il primo convoglio di cui e' attestata la selezione immediata, e che inaugura cosi' il periodo di funzionamento sistematico del campo, e' quello di circa 1.000 ebrei francesi che raggiungono Auschwitz il 22 giugno 1942: quel giorno ne vengono messi a morte solo 200. Fino all'agosto del 1942, e' raro che venga gassato piu' del 30% dei nuovi arrivi. Ma gia' in agosto si raggiungono punte di 700 persone al giorno, con un salto della percentuale verso l'indice del 65%, sul quale finira' per attestarsi.

Ad Auschwitz, cosi' come negli altri grandi campi di sterminio, il centro nodale dell'intera struttura e' il luogo di selezione, situato a poche centinaia di metri dalle camere a gas. L'estrema semplicita' delle selezioni, su cui si fonda la loro letale efficacia, costituisce il segreto dell'elevatissima "produttivita'" di queste fabbriche di morti.

Ma nella preparazione del genocidio non va sottovalutato il ruolo che il Ministero tedesco dei trasporti riesce in quegli anni a svolgere. Senza il suo contributo non sarebbe mai possibile, in pieno conflitto mondiale, trasportare ai centri di sterminio milioni di persone da ogni angolo di Europa. L'intero movimento, realizzato su comuni carri-merci ermeticamente sigillati dall'esterno, e' coordinato dalla sezione IV-B-4 dell'Rsha, di cui e' responsabile Adolf Eichmann. Allorche' i deportati, al termine di viaggi massacranti, giungono nei pressi dei Lager di destinazione, viene operata una prima selezione, solitamente sulla banchina stessa dello scalo d'arrivo. Da una parte vengono allineati gli uomini, dall'altra le donne con i bambini. Pianti e grida disperate si levano dalle file per l'inaspettata, improvvisa separazione che non lascia neppure il tempo per un addio, un bacio, una parola di incoraggiamento. I deportati devono poi avvicinarsi a turno ai medici SS che, secondo l'aspetto fisico, decidono della loro attitudine al lavoro. Con un gesto inviano gli uni a destra, gli altri a sinistra. Gli infermi, le mamme con i bambini, le donne gravide, gli anziani e quanti appaiono di costituzione debole sono destinati al gas. Fatti salire su camion, sulle cui fiancate e' dipinta una croce rossa, oppure talvolta anche a piedi, vengono condotti al centro di sterminio. Quanti riescono a superare la selezione iniziale, essendo considerati adatti al lavoro, vengono avviati ai blocchi dove sono situati i bagni; si spogliano, consegnando ai sorveglianti cio' che hanno addosso. Poi, nudi, dopo essere stati completamente rasati da squadre di barbieri, entrano nelle docce. Il tutto deve svolgersi di corsa sotto una pioggia di botte e di improperi, cosa particolarmente penosa per le donne, che devono effettuare queste operazioni sotto gli sguardi e i dileggi delle SS di guardia. Dopo la doccia avviene la distribuzione dei vestiti e, infine, l'immatricolazione. I dati del deportato sono trascritti su un formulario, e il prigioniero riceve un numero che viene tatuato sull'avambraccio sinistro.

Auschwitz e' l'unico campo in cui e' introdotta la pratica del tatuaggio per contrassegnare i prigionieri, e cio' avviene poiche' l'elevato tasso di mortalita' di questi ultimi (varie centinaia ogni giorno) rende difficile l'identificazione dei cadaveri. Con l'introduzione del tatuaggio i prigionieri vengono identificati sulla base dei numeri impressi sull'avambraccio, e a Birkenau i morti sono disposti davanti ai blocchi in modo da rendere visibile il braccio con il tatuaggio. Oltre ad agevolare l'identificazione dei cadaveri, i tatuaggi facilitano naturalmente anche il riconoscimento degli evasi (in caso di cattura). Il numero di matricola che ogni detenuto registrato riceve e' infine impresso su due pezzi di tela che vengono cuciti rispettivamente  sul lato sinistro della casacca, all'altezza del torace, e sulla cucitura esterna della gamba destra dei pantaloni.

In data 23 ottobre 1943, il Kalendarium di Danuta Czech registra: "Con un trasporto dell'Rsha proveniente da Bergen-Belsen sono giunti 1.800 ebrei polacchi - uomini, donne e bambini -, che sono muniti di passaporti con il visto per i paesi dell'America Latina. La maggior parte di loro ha ricevuto questi visti in cambio di un'alta somma di denaro pagata con l'autorizzazione della Gestapo nell'Hotel Polski di Varsavia, da dove sono stati poi portati nel campo di transito di Bergen-Belsen. Si tratta di cosiddetti Austauschjuden ("ebrei di scambio"). A Bergen-Belsen un rappresentante dell'Rsha, il dr. Seidl, ha controllato i loro documenti e ha poi deciso che i numerosi componenti delle singole famiglie non erano parenti. I passaporti con l'autorizzazione all'espatrio avevano solo lo scopo di salvare i loro proprietari dall'annientamento. Li si invita a prepararsi per la partenza per il campo di Bergau, presso Dresda, e si comunica loro che il loro bagaglio gli sarebbe stato spedito successivamente. All'ultimo istante, al trasporto vengono aggiunti altri 70 ebrei giunti a Bergen-Belsen. Solo dopo il loro arrivo sulla rampa di scarico, comprendono di essere stati portati ad Auschwitz, un luogo ben noto agli ebrei polacchi. Sulla rampa uomini e donne vengono separati. Le donne vengono portate al crematorio II e gli uomini al crematorio III. Dopo un controllo dei documenti di viaggio e un annuncio che prima avrebbe dovuto esserci ancora una disinfezione, gli uomini delle SS conducono le donne allo spogliatoio. L'ordine di spogliarsi provoca inquietudine tra le fila delle donne. Tuttavia, le SS incominciano a strappare loro di dosso anelli e orologi. A questo punto una delle donne, che capisce di trovarsi in una situazione senza via d'uscita, scaglia una parte dei vestiti che gia' si e' tolta in faccia all'SS-Oberscharfuehrer Schillinger, gli strappa la pistola e gli spara tre colpi. Viene colpito anche l'SS-Unterscharfuehrer Emmerich. Le altre donne si gettano a mani nude addosso alle SS; a uno feriscono a morsi il naso, a un altro graffiano il volto. Le SS chiedono soccorso. Dopo che questo e' giunto, una parte delle donne viene abbattuta a colpi d'arma da fuoco mentre le altre sono trascinate nelle camere a gas e uccise. L'SS-Oberscharfuehrer Schillinger muore mentre viene trasportato all'ospedale; l'SS-Unterscharfuehrer Emmerich guarisce dopo qualche tempo, ma resta paralizzato a una gamba".

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Benche' molte informazioni sui massacri in atto nei Lager circolino in Occidente sin dal 1942, le prime relazioni che descrivono in termini esaurienti cio' che sta avvenendo entro il perimetro di Auschwitz-Birkenau vedono la luce nella primavera-estate del 1944 sulla base delle testimonianze rese da cinque evasi: persone che si sono trovate nella condizione di conoscere i meccanismi di funzionamento della vita e della morte ad Auschwitz grazie al fatto che quattro di loro hanno svolto funzioni di scritturale (Blockschreiber) in diversi blocchi del campo e uno di loro ha ricoperto la posizione di anziano del blocco (Blockaeltester). I resoconti ai quali si fa qui riferimento sono tre: uno stilato da Jerzy Tabeau (un maggiore dell'esercito polacco), fuggito il 19 novembre 1943; un altro reso sulla scorta delle testimonianze di due ebrei slovacchi - Alfred Wetzler e Rudolf Vrba (nome originario: Walter Rosenberg) - evasi insieme il 7 aprile 1944; e un ultimo redatto da altri due prigionieri ebrei - Arnost Rosin e Czeslaw Mordowicz, slovacco il primo, polacco il secondo - fuggiti insieme il 27 maggio 1944.

L'evasione di Wetzler e Vrba da Auschwitz e' rocambolesca. Rimasti nascosti per tre giorni sotto una pila di legname nel settore di Birkenau chiamato Mexico i fuggiaschi, al termine di un viaggio disperato durato diciotto giorni, raggiungono il 25 aprile la cittadina di Zilina nella Slovacchia settentrionale. Qui riescono a mettersi in contatto con alcuni membri dell'Ustredna Zidov, il Consiglio ebraico della Slovacchia. Il rapporto di sessanta cartelle dattiloscritte, steso dai due ex prigionieri, viene tradotto dallo slovacco e spedito in Ungheria, in Vaticano, in Palestina e in Svizzera. In Ungheria, dove dal 15 maggio sono iniziate massicce deportazioni di ebrei verso Auschwitz, il rapporto inizia a circolare solo nel giugno successivo, mentre in Slovacchia esso viene subito consegnato da due leader, Gisi Fleischmann e il rabbino Michael Dov Weissmandel, a monsignor Giuseppe Burzio, incaricato d'affari della Santa Sede a Bratislava, il quale invia a sua volta il rapporto in Vaticano il 22 maggio 1944, quantunque il plico sembri giungere a destinazione soltanto alla fine d'ottobre. Dalla Svizzera Allen Dulles, il capo dell'Oss (Office of Strategic Services, i servizi dell'intelligence americana in Svizzera) indirizza il documento al War Refugee Board di Washington. Qui il rapporto viene fuso con gli altri due resoconti paralleli, quello di Jerzy Tabeau e quello di Rosin e Mordowicz, dando origine a una relazione, nota anche come il Wrb Report, che viene resa di pubblico dominio, in 59 pagine, nel novembre 1944. Contemporaneamente il rapporto viene pubblicato anche in Svizzera in due diverse versioni: l'una dal titolo "L'extermination des Juifs en Pologne. Depositions et temoins oculaires", edita a Ginevra a cura del dr. Alfred Silberschein (del Comitato di soccorso del Congresso ebraico mondiale), e l'altra  dal titolo "Souvenirs de la maison des morts. Le massacre des Juifs", in 76 pagine, senza indicazioni di data e di luogo d'edizione, ma di sicura matrice elvetica. A seguito della pubblicazione da parte del War Refugee Board, il "New York Times" offre spazio ad ampi stralci del documento nella sua edizione del 26 novembre 1944: troppo tardi, pero', perche' la commozione suscitata presso l'opinione pubblica riesca a tradursi in concrete iniziative capaci di offrire salvezza agli oltre quattrocentomila ebrei gia' deportati dall'Ungheria.

Il Wrb Report da' di Auschwitz-Birkenau una circostanziata descrizione, con molti particolari circa la planimetria, gli impianti di sterminio, l'organizzazione interna e il servizio di sorveglianza, il sistema di immatricolazione dei detenuti, la vita d'ogni giorno, le reazioni delle SS alle fughe dei prigionieri, le selezioni iniziali sulla banchina d'arrivo (le rampe), le selezioni interne, le punizioni, le uccisioni, le gassazioni. Nel documento, fra l'altro, si afferma: "[Dalla stanza di preparazione B] una porta e alcuni gradini conducono alla camera a gas C, stretta e molto lunga, situata a livello leggermente inferiore. Le pareti di questa camera sono nascoste da tende che danno l'illusione di un'immensa stanza da bagno. Nel tetto piatto si aprono tre finestre, che possono essere chiuse ermeticamente dal di fuori. L'ambiente e' attraversato da rotaie che conducono alla camera dei forni. Cosi' si svolgono le 'operazioni'. I disgraziati sono condotti nella stanza B, e gli si dice che devono fare un bagno e spogliarsi in questo locale. Per convincerli che faranno davvero il bagno, due uomini vestiti di bianco consegnano a ciascuno un asciugamano e un pezzo di sapone. Poi vengono spinti nella camera a gas C. Possono entrarci 2.000 persone, ma ciascuno non dispone strettamente che dello spazio per restare in piedi. Per riuscire a fare entrare quella massa nel locale, si sparano ripetutamente colpi d'arma da fuoco per obbligare le persone che sono gia' dentro a stringersi. Quando tutti sono all'interno si chiude con il catenaccio la pesante porta. Si aspettano alcuni minuti, probabilmente perche' la temperatura della camera possa raggiungere un certo grado, poi alcune SS, munite di maschere antigas, salgono sul tetto, aprono le finestre e lanciano all'interno il contenuto di alcune scatole di latta: un preparato sotto forma di polvere. Le scatole portano la scritta 'Zyklon' (insetticida); sono state fabbricate ad Amburgo. Si tratta probabilmente di un composto di cianuro che diventa gassoso a una data temperatura. In tre minuti tutti gli occupanti del locale sono morti. Finora non e' mai stato trovato all'apertura della camera a gas un solo corpo che desse un segno qualunque di vita (...). La camera viene quindi aperta, aereata, e il 'Sonderkommando' comincia a trasportare i cadaveri, su vagoncini piatti, verso i forni crematori, dove vengono bruciati".

Questo Sonderkommando, un'unita' operativa comprendente piu' di 900 membri divisi in tre squadre che lavorano otto ore ciascuna, e' il "Commando speciale" incaricato della gassazione e della cremazione del materiale umano che senza interruzione, con l'arrivo dei convogli, viene destinato al gas. Proprio perche' in possesso di questo spaventoso segreto, il Sonderkommando, costituito quasi esclusivamente di prigionieri ebrei, viene eliminato periodicamente ogni tre mesi. Oltre alla mansione di recuperare sui cadaveri gli oggetti d'oro, comprese le protesi dentarie, e di tagliare i capelli alle donne (che vengono utilizzati quale materiale isolante per i veicoli dell'esercito tedesco, aerei e sottomarini), gli uomini che lo compongono hanno anche quella di far credere ai prigionieri destinati al gas che stiano per essere sottoposti a spidocchiamento. Citato come teste al processo di Norimberga, il comandante di Auschwitz, Rudolf Hoess, rivelera' che gli uomini del Sonderkommando "erano abilissimi in questo compito: convincevano le donne e parlavano con dolcezza ai bambini cosi' che questi, rasserenati, entravano nelle camere giocando fra loro. (...) I 'Sonderkommando' erano quasi sempre ebrei, spesso provenienti dalle stesse zone dei deportati. Di loro i prigionieri si fidavano: chiedevano informazioni sulla vita nel campo e notizie di altri gruppi famigliari giunti prima".

Il 7 ottobre 1944, avvalendosi della collaborazione di altri prigionieri, e particolarmente di donne che lavorano alla fabbrica di munizioni Union-Werke, e collegandosi con i partigiani polacchi della zona, operanti all'esterno di Auschwitz, i membri del Sonderkommando (ebrei polacchi, ungheresi e greci) danno inizio a una disperata rivolta durante la quale riescono a incendiare e a fare esplodere il crematorio IV; e dopo avere dato battaglia aperta alle SS, tentano la fuga. I tedeschi li riacciuffano e stroncano la ribellione. In seguito a questo episodio, su ordine verbale di Himmler le selezioni e i trattamenti omicidi con il gas vengono interrotti.

In una testimonianza scritta dell'ottobre 1965, Primo Levi e Leonardo De Benedetti ricordano d'avere personalmente assistito, poco prima del Natale 1944, all'impiccagione di tre prigionieri, rei di avere tentato di promuovere una simultanea insurrezione nel Lager di Monowitz (Auschwitz 3). E per parte sua Giuliana Tedeschi rammenta d'essere stata testimone oculare, nel Lager di Auschwitz 1, dell'impiccagione di quattro giovani ebree polacche (5 gennaio 1945), ree di avere sottratto l'esplosivo e di averlo passato ai membri del Sonderkommando.

Nelle settimane successive, con l'avvicinarsi delle avanguardie dell'Armata Rossa, il complesso di Auschwitz e' smobilitato, le SS demoliscono i crematori e le camere a gas e la popolazione residua viene trasferita a scaglioni in altri campi di concentramento "normali" all'interno del Reich. Il 18 gennaio 1945 viene effettuata l'evacuazione in massa dei superstiti verso ovest. Nel cuore dell'inverno, varie decine di migliaia di prigionieri sono caricati su carri ferroviari aperti o avviati a piedi. Alcuni contingenti, come quelli diretti a Dachau e a Bergen-Belsen, marceranno per oltre un mese subendo per via perdite enormi. Ad Auschwitz rimangono 2.819 persone ammalate, che i soldati sovietici entrati nel campo il 27 gennaio troveranno vive assieme ai cadaveri di 648 fra ebrei, polacchi e zingari.

Un calcolo numerico esatto dell'entita' dello sterminio perpetrato ad Auschwitz non si potra' mai compiere. Nella loro criminale ma lucida follia i nazisti riescono spesso a occultare, insieme con le loro vittime, anche le prove. Tuttavia, alla luce di stime recenti, suscettibili di aumentare via via che nuovi documenti verranno reperiti, il perimetro di Auschwitz inghiotte circa settecentomila vite, di ebrei e non ebrei (prigionieri di guerra sovietici, zingari e cosi' via). Sui 750.000 ebrei deportati nel campo, 550.000, dichiarati inabili, muoiono nelle camere a gas. E, come sempre, l'eliminazione immediata colpisce i piu' deboli: i bambini, le donne e i vecchi.

Ad ogni modo, questo computo non comprende le vittime delle "marce della morte" al momento dell'evacuazione, ne' coloro che moriranno piu' tardi nei campi del Reich o dopo la liberazione definitiva dei campi.

 

2. MEMORIA. BRUNO SEGRE: PER NON DIMENTICARE LA SHOAH (PARTE OTTAVA)

 

La deportazione degli ebrei italiani

"In maggioranza, gli ebrei italiani e gli ebrei stranieri che hanno cercato rifugio in Italia sono sopravvissuti. Tuttavia la tempesta razziale e' esplosa in un paese dove la minoranza ebraica, profondamente radicata, era insediata nella vita civile e produttiva, negli ambienti militari, nella magistratura, nelle professioni, nell'insegnamento, nell'industria, e da due secoli non conosceva discriminazioni, appoggiava il governo e non aveva motivo di credere che un giorno sarebbe stata possibile la promulgazione delle leggi razziali. Ma tali leggi furono proposte da un capo del governo che non aveva precedenti di pregiudizi razziali, un re d'Italia le firmo', e divennero una realta' italiana. Vi furono arresti, retate, deportazioni, esecuzioni, migliaia di morti". Cosi' argomenta Furio Colombo nella  prefazione, ampia e molto densa, da lui scritta per l'edizione italiana del saggio di Susan Zuccotti su L'Olocausto in Italia.

La "soluzione finale" fa la sua comparsa in Italia pochi giorni dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, sotto forma di alcune iniziative definibili come "selvagge". Sulla sponda piemontese del Lago Maggiore stazionano, con il ruolo piu' o meno dichiarato di forze d'occupazione, alcune compagnie del II Reggimento SS della Panzerdivision Leibstandarte Adolf Hitler. Si tratta di un'unita' di fanteria corazzata spostata nell'Italia del nord dopo la caduta di Mussolini (25 luglio 1943), proveniente dal fronte russo e quindi abituata ad assistere, se non a partecipare, agli eccidi di massa perpetrati fra le popolazioni ebraiche dalle Einsatzgruppen. Il 15 settembre, uomini in servizio presso tale reggimento arrestano e, dopo una detenzione di alcuni giorni, massacrano 54 ebrei, 15 dei quali fuggiti in Italia da Salonicco per sottrarsi al terrore dell'occupazione tedesca. L'eccidio che i tedeschi  compiono non si sa se a scopo di rapina o per puro sadismo, viene consumato con risvolti di particolare efferatezza in varie localita': Meina, Baveno, Arona, Stresa e alcune altre.

Il 18 settembre reparti di questo stesso II Reggimento SS rastrellano e catturano nelle valli del cuneese circa 350 ebrei, per lo piu' d'origine polacca, fuggiti dal sud della Francia nell'illusione che, con l'armistizio, l'Italia possa diventare un'accogliente terra d'asilo. Il 16 settembre, 35 ebrei di Merano e Bolzano cadono in una retata a opera di elementi altoatesini aggregati a un corpo di polizia locale che collabora con le SS. Questi ebrei vengono inviati al campo di internamento di Reichenau, in Austria, ove rimarranno presumibilmente fino ai primi di marzo del 1944, per essere poi trasferiti ad Auschwitz.

Subito dopo e' la volta degli ebrei di Roma, su cui si abbatte il 26 settembre l'imposizione di una taglia di 50 chilogrammi d'oro da consegnarsi entro 36 ore, pena la deportazione di 200 membri della Comunita' romana. Il 29 settembre, cioe' il giorno successivo alla consegna dell'oro affannosamente raccolto, i nazisti irrompono nei locali della Comunita' asportando l'archivio corrente, senza per altro trascurare di fare man bassa del denaro contenuto nella cassaforte. Il 13 ottobre e' la volta delle due piu' importanti biblioteche ebraiche che conservano testi antichi e preziosi: la biblioteca della Comunita' e quella del Collegio rabbinico italiano. Ma a tutto cio' fara' seguito, infine, la grande retata del 16 ottobre, nel corso della quale 1.022 persone verranno catturate con un'azione fulminea avente per epicentro l'antico ghetto, e deportate ad Auschwitz. Soltanto 17 riusciranno a sopravvivere, mentre 839 (le prime vittime italiane dello Zyklon-B) subiranno l'immediata eliminazione nelle camere a gas di Birkenau.

*

Nel frattempo, tra il 15 e il 22 settembre 1943, nelle regioni dell'Italia centro-settentrionale occupate dai tedeschi viene varato il nuovo governo fascista della Repubblica sociale italiana (Rsi, conosciuta anche come Repubblica di Salo') con a capo Benito Mussolini. Lo Stato neonato e' un regime-fantoccio, del tutto asservito alla potenza occupante, e che nei confronti degli ebrei non tarda a seguire una linea molto piu' dura di quella tenuta dal fascismo italiano dopo l'adozione, nel 1938, delle leggi per la "difesa della razza". Con il manifesto programmatico approvato il 14 novembre 1943 dal  Partito fascista repubblicano nel corso del suo Congresso a Verona (la cosiddetta "Carta di Verona"), il regime di Salo' emana contro gli ebrei, sia "puri" che "misti", sia italiani che stranieri residenti in Italia, una serie di provvedimenti che gli stessi nazisti non avevano osato imporre a taluni dei paesi occupati, quali la Danimarca, e neppure agli altri alleati: non alla piccola Bulgaria che, come s'e' visto, si era rifiutata di applicarli; non all'Ungheria che li emanera' soltanto quando Hitler  invadera' militarmente il territorio magiaro (19 marzo 1944).

Gia' le leggi razziali italiane del 1938 non appaiono sostanzialmente piu' miti di quelle nazionalsocialiste; anzi, contengono alcune specifiche disposizioni dal carattere piu' marcatamente persecutorio - quali per esempio alcune norme sulla proprieta' o l'esclusione totale degli studenti dalle scuole pubbliche - rispetto alla legislazione antiebraica vigente in Germania prima della "Notte dei cristalli" (9-10 novembre 1938). Ma i nuovi provvedimenti resi operativi a Verona (al punto settimo, la "Carta" recita: "Gli appartenenti alla razza ebraica sono stranieri. Durante questa guerra appartengono a nazionalita' nemica") prevedono che gli ebrei, in quanto "nemici",  vengano arrestati e chiusi in campi di concentramento, e che i loro beni siano confiscati, vale a dire rubati: un complesso normativo che non trova precedenti in alcun rapporto internazionale. A questo proposito, Guido Fubini fa notare che al varo del famigerato punto settimo segue prima il bando del duce del 13 dicembre 1943, che ordina a tutti gli ebrei di presentarsi per essere internati nei campi di concentramento  e poi, a poco piu' di un mese di distanza, il decreto del duce del 4 gennaio 1944, n. 2, che dispone la confisca di tutti i beni, mobili e immobili, appartenenti ad ebrei, e "la devoluzione del prezzo di vendita allo Stato a parziale ricupero delle spese assunte per assistenza, sussidi e risarcimenti di danni di guerra ai sinistrati delle incursioni aeree nemiche". "Con tali provvedimenti", chiarisce Fubini, "gli ebrei venivano sottoposti a una condizione peggiore di quella dei cittadini di paesi dichiaratamente in guerra con l'Italia, protetti dalle norme del diritto internazionale, e per i quali la legge italiana prevedeva di regola non la confisca ma il solo sequestro dei beni: agli ebrei [italiani] veniva infatti negato non solo il diritto di avere ma anche il diritto di essere. I provvedimenti della Repubblica sociale italiana toglievano loro anche la tutela giuridica del diritto alla vita. Non si ravvisano precedenti ne' nel diritto romano pre-  e post-giustinianeo, ne' nel diritto comune".

Un'ordinanza di polizia del ministro degli interni di Salo', in vigore sin dal 30 novembre 1943, prescrive che tutti gli ebrei residenti nel territorio della Rsi, qualunque sia la loro nazionalita', siano "inviati in appositi campi di concentramento". Tale ordinanza diventa subito operativa con un rastrellamento che porta all'arresto di 150 ebrei a Venezia (5-6 dicembre), cui seguono numerose altre retate portate a termine interamente da militi italiani in tutta l'Italia centro-settentrionale, dal confine italo-svizzero sino alle province di Firenze, Livorno e Perugia.

*

Di qui trae origine la decisione, da parte della Rsi, di allestire appositamente per gli ebrei catturati un grande campo di concentramento. La scelta cade su un'area agricola nel territorio di Fossoli, a pochi chilometri da Carpi, dove incominciano ben presto ad affluire i primi gruppi di ebrei arrestati nel corso delle retate. Ma gia' prima del 15 marzo 1944, data in cui la gestione del campo passa ufficialmente nelle mani delle SS, Fossoli funziona quale principale centro di transito per ebrei e oppositori politici italiani diretti ai campi di sterminio dell'Europa orientale, primo fra tutti Auschwitz.

Le testimonianze presentate nel processo (Berlino, aprile 1971) contro il colonnello delle SS Friedrich Bosshammer, capo della sezione IV-B-4 dell'Rsha per l'Italia (l'ufficio di Eichmann) riferiscono in quali condizioni si svolgono questi trasferimenti. Il convoglio partito da Fossoli, cioe' dalla stazione ferroviaria di Carpi la mattina del 22 febbraio 1944, trasporta circa 500 ebrei d'ambo i sessi, fra cui molti malati gravissimi e, come testimonia Primo Levi, anche una donna di 88 anni, la veneziana Anna Jona, moribonda. Si tratta di ebrei italiani e stranieri catturati in varie localita' da agenti italiani della Pubblica Sicurezza, in ossequio alla citata ordinanza di polizia del 30 novembre 1943. Il treno si compone di dodici vagoni-merce e una carrozza viaggiatori, occupata dalle SS che scortano i prigionieri. Trentuno dei deportati sono bambini al di sotto dei 12 anni; il piu' giovane, Leo Mariani proveniente da Venezia, ha appena compiuto tre mesi; uno fra i piu' vecchi, un uomo di 75 anni, muore prima di giungere ad Auschwitz, e la stessa sorte tocca ad altri due ultrasettantenni. Una volta al giorno il convoglio si ferma in aperta campagna e la scorta distribuisce pane, marmellata e acqua.

Il treno arriva a destinazione dopo quattro giorni, la sera del 26 febbraio, alle 21. La selezione ha luogo l'indomani e, in base ai documenti conservati nell'archivio del Museo di Auschwitz, 95 uomini e 29 donne entrano nel Lager come "idonei al lavoro"; gli altri, fra cui tutti gli anziani e le madri con i loro bimbi, vengono gassati. Dei 124 ebrei che passano la selezione si salveranno 15 uomini e 8 donne.

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Durante l'occupazione tedesca, gli ebrei che risultano presenti nel nostro paese sono poco piu' di trentatremila; altri 1.900 vivono a Rodi e nelle isole dell'Egeo, gia' possedimenti italiani (Dodecanneso). Dal settembre 1943 all'aprile 1945, nel corso di uno dei piu' oscuri e sconvolgenti periodi della storia dell'Italia contemporanea, gli ebrei di cui e' accertata la deportazione dal territorio "metropolitano" sono 6.806, mentre i deportati dal Dodecanneso ammontano a 1.820 (pari rispettivamente al 27 e al 96 per cento degli ebrei presenti). Su un totale di 8.626 deportati, 7.557 periranno nelle camere a gas o nei campi di lavoro coatto. Altri 322 verranno massacrati in occasione di eccidi documentati (come alle Fosse Ardeatine, 24 marzo 1944, dove 75 ebrei cadranno assieme a 260 non ebrei).

Queste macabre statistiche non riescono a coprire i casi di un altro migliaio di ebrei, residenti o in transito allora in Italia, il cui martirio sembra destinato a restare anonimo. Nei mesi in cui questa tragedia va consumandosi, gli ebrei italiani trovano aiuti, soccorsi e complicita' generose, talvolta eroiche, presso la gente del popolo, i soldati, i sacerdoti, i conventi, i funzionari civili, singoli individui che a proprio rischio salvano migliaia di vite e che, talvolta, pagano la loro opposizione alla barbarie spingendosi fino a condividere la stessa sorte toccata agli ebrei. Mirabili ed esemplari restano le iniziative di assistenza ai profughi ebrei assunte a Genova dal cardinale Pietro Boetto e a Firenze dal cardinale Elia Della Costa dopo la chiusura, nelle due citta', degli uffici delle rispettive Comunita' israelitiche.

Al livello, invece, del governo e delle autorita' periferiche della Rsi, le responsabilita' nel processo di sterminio degli ebrei in Italia sono dirette e pesantissime. Dalla polizia fascista che conduce i rastrellamenti di ebrei d'intesa con le SS, ai militi della Guardia nazionale repubblicana che scortano i convogli dei deportati dall'Italia fino ai cancelli di Auschwitz; dalla cieca e sorda burocrazia statale che rapina i beni ebraici per finanziare il sottogoverno di Salo', agli organi di stampa che plaudono ai successi delle retate e delle deportazioni: la Rsi accetta il proprio ruolo di esecutrice zelante delle direttive naziste senza obiezioni e senza frapporre ostacoli.

Mentre lo stesso Mussolini non esita a sottoscrivere di suo pugno l'autorizzazione alle deportazioni, va detto che la persecuzione omicida e' realizzata, anche nel nostro paese, da migliaia di fanatici e tollerata da una maggioranza terrorizzata, preoccupata o indifferente.

E nelle ore piu' cupe del genocidio, lo stesso Vaticano, purtroppo, non riesce a esprimere una chiara condanna morale, preferendo osservare un diplomatico silenzio.

(segue)

 

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ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

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Numero 25 del 25 gennaio 2011

 

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