Archivi. 13



 

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ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

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Supplemento de "La nonviolenza e' in cammino" (anno XII)

Numero 13 del 13 gennaio 2011

 

In questo numero:

1. Poiche' le armi uccidono, tu allora

2. Osvaldo Caffianchi: Dalle parole ai fatti. Si' al referendum brasiliano per vietare il commercio delle armi

3. Benito D'Ippolito: Sette lapidi per dire un si'

4. Le ragioni del si'. Nei volti di persone assassinate

5. Benito D'Ippolito: Incidente a Kabul

6. Ricciardo Aloisi: Io sono quello

7. Tu

8. Osvaldo Caffianchi: Paesaggio dopo la battaglia

9. "Forum comunitario di lotta alla violenza" di Bahia: Mi hanno ammazzato e non potro' votare

 

1. EDITORIALE. POICHE' LE ARMI UCCIDONO, TU ALLORA

[Riproponiamo i seguenti testi gia' ripublicati ne "La domenica della nonviolenza" n. 216 del 17 maggio 2009]

 

Riproponiamo ancora una volta i testi seguenti, che gia' ripubblicammo con la seguenti parole introduttive.

"Meno armi, meno uccisioni. Il disarmo salva le vite. Nel 2005 si tenne in Brasile profetico un referendum per l'abolizione del commercio delle armi assassine. Lo perdemmo, ma gia' il fatto di averlo realizzato indica all'umanita' una via. Altri, li' e altrove, dovremo farne, finche' vinceremo. Questo foglio ha l'orgoglio grande di aver compreso quanto decisiva fosse per l'umanita' intera quella iniziativa, e s'impegno' a promuovere la solidarieta' dall'Italia con le sorelle e i fratelli brasiliani. Tra i molti testi che pubblicammo e ripubblicammo allora (tra cui utilissimi materiali brasiliani che traducemmo allora e che restano ancora ottimi strumenti di informazione, coscientizzazione e lotta) c'erano anche i testi che di seguito si ripropongono".

 

2. OSVALDO CAFFIANCHI: DALLE PAROLE AI FATTI. SI' AL REFERENDUM BRASILIANO PER VIETARE IL COMMERCIO DELLE ARMI

 

C'e' gente che di disarmo chiacchiera

chiassosamente nei bar e nei salotti

e nelle conferenze per la pace

elegantissimi, interminabilmente.

 

E questi sono i complici

degli assassini.

 

E poi c'e' gente che il disarmo lo fa.

 

E questi salvano il mondo.

 

3. BENITO D'IPPOLITO: SETTE LAPIDI PER DIRE UN SI'

 

Aveva barato e io me n'ero accorto

non era per i soldi, solo non volevo

passare per fesso. Per questo l'ho detto.

 

Potevo immaginare

che avrebbe estratto il pezzo?

 

Potevo immaginare che un ferro cosi' piccolo

pungendomi nel cuore in una vampa

mi avrebbe tolto tutto in un momento?

 

E in quel bar c'ero entrato per bere solo un goccio.

 

*

 

D'accordo, si', l'avevo tamponato.

Aveva fretta, e avevo fretta anch'io.

Ma poi strillava la sua bella macchina

che invece era un catorcio e glielo dissi.

Fu allora che mi fulmino'. Ricordo

sopra la fiamma la faccia da gufo.

 

*

 

Nel sottoscala c'erano gli indiani

la principessa c'era da salvare

ero nell'ultima trincea, i crucchi

venivano. E soltanto io potevo

salvare tutti, si', come in quel film.

Nei miei dieci anni ero grande ormai

da prender la pistola nel cassetto

quando mi cadde e mi trapasso' il petto

non c'erano piu' indiani o principesse

solo ero in casa e non avevo forza

per dire aiuto, o forse non volevo.

 

Mi dissanguai in silenzio, per fortuna

ero gia' morto quando torno' a casa

la mamma con la spesa dal mercato.

 

*

 

La prima pietra, certo, lo ricordo

ma sono storie di un tempo lontano

o di un mondo ancora da venire.

In questo invece io ero innamorato

e lei mi amava e certo a suo marito

non lo potevo andare a raccontare.

Ci penso' qualcun altro e quando venne

avrei voluto dirgli che poteva

rompermi il naso e che poi mi ascoltasse

ma lui aveva in tasca la 38.

 

*

 

Delle due l'una, se si e' una famiglia

uno porta i calzoni e gli altri sotto.

 

Invece sempre lagne, arrivi a casa

che sei una bestia, che sei stanco morto

e mai una volta che il pranzo sia pronto

e mai una volta che ti si obbedisca.

 

Insomma, un uomo e' un uomo, le ho sparato.

Poi tutto era cosi' sporco e vuoto

che mi son messo la pistola in bocca

e ho chiuso gli occhi e non li ho piu' riaperti.

 

*

 

Ci pare a tutti di essere i piu' furbi

cosi' ogni tanto mi ero immaginato

che se venivano a rubarmi a casa

gli davo il fatto loro e buonanotte.

Sai quante volte mi ero esercitato

con la mia torva immagine allo specchio.

Ci pare a tutti di essere il piu' volpe.

 

Poi son venuti e tutto era confuso

e la pistola era cosi' pesante

che non riuscivo a tener dritto il braccio

ridendo la strappo' dalle mie mani

quasi volevo ringraziarlo, e invece

sentii un botto che sfondava i timpani

e la puzza di fumo e poi piu' niente.

 

*

 

E una e due e tre volte ripetei

fermosparo fermosparo fermosparo

poi chiusi gli occhi e strinsi il pugno e dentro

nel pugno strinsi il ferro e parti' il colpo.

Poi vidi Ignazio che gia' rantolava

e non mi resse il cuore e anch'io mi spensi.

 

4. LE RAGIONI DEL SI'. NEI VOLTI DI PERSONE ASSASSINATE

 

UNA SERA DI CHICO MENDES

 

"Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho serbato la fede"

(2 Tm 4, 7)

 

La selva e nella selva l'altra selva

quella nei laghi neri del cuore

quella ove incontri lupe, leoni, lonze

e i killer prezzolati dai padroni.

 

La selva e nella selva vivi gli alberi

e sotto la corteccia il sangue loro

ed e' mestieri di cavarne stille,

fratelli alberi, abbiamo fame anche noi.

 

La selva e nella selva gli abitanti

della selva. Ed ecco stabiliamo

un patto nuovo tra noi della foresta,

fratelli umani che dopo noi vivrete.

 

La selva e noi, le donne antiche e gli uomini

antichi e gli uomini e le donne che eccoci.

Stringiamo un patto, sorelle piante, ci diciamo

parole di rispetto e di dolore, fratelli alberi

abbiamo fame anche noi, hanno fame anche altri, tutti

vogliamo vivere.

 

La selva e nella selva io Chico Mendes

e tre proiettili che passo dopo passo

di ramo in ramo di talento in talento

dal portafogli e dalla scrivania

fino alla tasca e alla cintura e alla fondina

e' tanto che mi cercano, e cercano me

Chico Mendes, il sindacalista

l'amico della foresta, l'amico della nonviolenza.

 

Ed e' gia' questo ventidue dicembre

del mille novecento ottantotto

questa e' la porta di casa mia, sono

le cinque e tre quarti. E mi sotterreranno

nel giorno di Natale antica festa.

Piangono nella selva lente lacrime

di caucciu' le piante, piange l'indio

piange Ilzamar, Sandino ed Elenira

piangono e piangono i compagni tutti,

il sindacato piange e piange il cielo

in questa sera senza luce e senza scampo.

 

Mentre mi accascio guardo ancora il mondo

che possa vivere

ho fatto la mia parte.

 

*

 

PIPPO FAVA

 

Degli infiniti mondi questo era

dei ciarlatani il mondo.

E dei mafiosi.

 

E delle oppresse e degli oppressi in lotta

per il riscatto e per la dignita'.

 

Ti offrivano casse di vini pregiati e sorridendo

ti dicevano di smettere, ma chi te lo fa fare, pensa

alla salute.

 

Ministri e cavalieri, stallieri e magnati

ti guardavano come una sfinge, cosa poteva volere

quella faccia di greco antico

che certo amava la vita.

 

Amava la vita ed amava la Sicilia

che e' la vita quando la vita e' insieme felice e amara.

Amava la Sicilia che e' la Grecia

di Empedocle e il mondo quando tutto

era colmo di dei e di dee. Amava

la Sicilia che non si arrende, la Sicilia

dei contadini e degli zolfatari,

degli emigranti e delle magre donne

forti come la roccia.

 

Era uno come Diderot: fece piu' che delle opere

fece delle persone.

Trovo' compagni e suscito' la lotta, quando

tutti tacevano e lui levo' la voce, e cosi' quando

sarebbe stato facile cedere in una smorfia,

in un ammiccare ironico e lieve, e invece lui

levo' la voce.

 

Lo avevano avvisato, non dite di no. Avvisato

lo avevano, ma lui

niente

e con quel sorriso e con quel cercare grane

sempre d'attorno andando col fiuto e con la tigna.

Lo avevano avvisato ma lui niente

testa dura che voleva spianare le montagne.

 

Poiche' non lo fermarono i sorrisi

poiche' non lo fermavano gli avvisi

poiche' cresceva intorno a lui, tramite lui

quella cosa che si chiama Resistenza

e puoi dirla solamente in lieve soffio,

mandarono a fermarlo infine i killer.

 

Sono passati anni e a quella notte

tante altre fredde notti di dolore

si sono aggiunte tale che s'incrina

il mondo sotto il peso della mole.

 

Sono passati anni e Pippo Fava

e' ancora qui, compagni, e vive ancora

e vivra' ancora finche' tu non cedi.

 

*

 

UNA CANZONE PER MARIANELLA GARCIA

 

Ay Marianella, Marianella Garcia

potevi fare la vita dei signori

i tuoi buoni studi, il tuo seggio in parlamento

ma tu scegliesti di stare con noi poveri.

Ay Marianella che pioggia di sangue.

 

Era Marianella sorella di noi morti

perche' amava la vita e che la vita

fosse degna di essere vissuta.

Ay Marianella si spensero le stelle.

 

Era intrepida e vestita di umilta'

sapeva che i fascisti la cercavano

e ti raggiunse la furia dei fascisti.

Ay Marianella la furia dei fascisti.

 

Parlava la lingua dei contadini e degli angeli

sapeva le parole che guariscono

parole di luce e di pane.

Ay Marianella la terra nera e rossa.

 

Sapeva tutte le cose e anche le cose

che tutti sanno e e' difficile dire

e lei le diceva con voce di uccellino.

Ay Marianella che fredda e' la notte.

 

Ti ammazzarono come hanno ammazzato

i morti che cercavi e che il tuo sguardo

resuscitava nel cuore del popolo.

Ay Marianella che pianto infinito.

 

Cosi' dura e' la nostra dura vita

che anche nella gioia noi piangiamo

ma mentre ti piangiamo ricordiamo

con gioia che sei stata e resti viva.

Ay Marianella, Marianella Garcia.

 

*

 

EPIGRAFE PER IL RESISTENTE JOSEF MAYR-NUSSER

 

Almeno io ti voglio ricordare, e ringraziare ancora,

Josef Mayr-Nusser che fosti arruolato

a forza nelle SS e che dicesti no.

 

Sul treno per Dachau, nel vagone bestiame

moristi da resistente, non da carnefice.

 

Avessero molti fatto la tua scelta

non avrebbero inondato il mondo

quanto dolore, quante lacrime, quanto sangue.

 

Almeno io qui ti ringrazio ancora

Josef Mayr-Nusser che dicesti no.

 

*

 

PER OSCAR ROMERO

 

Prima di essere Romero Romero

non era ancora Romero. Tutti

dobbiamo divenire cio' che siamo

e che non siamo finche' non ci troviamo

a quell'antico bivio della scelta.

 

Era Romero uomo di fede

ma la sua fede non era ancora

la fede di Romero, prima occorse

che quella fede nella fede lo trovasse

gliela recasse un popolo piagato.

 

Cosi' dall'astratto al concreto

dicono certi antichi dottori

muovesi il mondo, il mondo vecchio e stanco

cosi' si mosse anche Oscar Romero

muovendo incontro a verita' e martirio.

 

Dicono: cosa si puo' fare? Nulla.

E dicono anche: cosa

si puo' fare? Tutto.

E non e' vero. Ma quel che e' da fare

tu fallo, e cosi' sia.

 

Sotto lo sguardo degli assassinati

Oscar Romero incontro' se stesso

sotto lo sguardo degli assassini

incontro' se stesso Oscar Romero.

 

Viene sempre quell'ora inesorabile

in cui devi levare la tua voce.

Tu non vorresti, vorresti restare

nel silenzio che sa molte lusinghe

molti segreti, e molti pregi reca.

Ma viene sempre l'ora della voce.

 

Venne quell'ora per Oscar Romero

a rivelargli il volto e il nome suo

venne quell'ora recata dal silenzio

degli assassinati e recata dal silenzio

degli assassini, e giungi al paragone.

 

Prese ad un tempo la parola e la croce

e messosi alla scuola degli scalzi

ne fu piu' che avvocato, compagno.

Sapeva anche lui dove quella portava

strada, sapeva anche lui quale suono

avrebbe spento un giorno la sua voce.

 

Come chiodi che secco un martello

nel legno batte e conficca, il colpo

della pallottola irruppe nel suo corpo

fatto legno, fatto vino, fatto croce

fatto pane, fatto luce, per sempre

raggiunse Romero Romero, ormai voce

per sempre dell'intera umanita'.

 

*

 

IN MEMORIA DI DIETRICH BONHOEFFER

 

I.

Quando impiccarono Dietrich Bonhoeffer

dal cielo si senti' come un sospiro

profondo.

Il buon Signore aveva perso un forte

e buon compagno, e ne gemeva triste.

 

All'ora nona si rirallegrava

il cielo tutto

che' Dietrich Bonhoeffer

compiuta la sua corsa era tornato

infine a casa.

 

II.

E voi miei cari a cui qui intorno al fuoco

in questa veglia io riracconto ancora

la storia vera e la vera leggenda

del buon Dietrich Bonhoeffer, resistete

come lui resistette.

 

E non crediate

che non ha senso questo nostro esistere

resistere, cercare, accarezzare

lottare per la vita e la giustizia.

 

*

 

L'INTERPRETE

 

Mi informa compunta la televisione

che sulla strada tra Mossul e Tikrit

dei soldati americani hanno sparato

all'automobile di un diplomatico italiano

membro del governo di occupazione,

che si erano sbagliati e si sono dispiaciuti,

gli italiani sono buoni amici,

gli americani ragazzi un po' irruenti.

 

Dell'interprete iracheno assassinato

perche' parlarne? perche' scusarsi?

Il suo volto e il suo nome non contano,

la sua vita neppure.

 

Messo in abisso

qualcosa di distorto e di profondo

vi e' qui da interpretare, ma l'interprete

e' per l'appunto morto.

 

*

 

BLUES DEL NOSTRO FRATELLO DOTTOR KING

 

Era poco piu' che un ragazzo, il nostro fratello dottor King

la storia lo aspettava a una fermata d'autobus

e la storia quel giorno

aveva il volto stanco e i piedi gonfi

di nostra sorella Rosa Parks, che sempre sia lodata.

 

Era poco piu' che un ragazzo, il nostro fratello dottor King

ma aveva un sogno e quando sogni forte

non c'e' muraglia che possa resistere

ed e' quel sogno che mette in cammino

la carovana umana, che sempre sia lodata.

 

Era poco piu' che un ragazzo, il nostro fratello dottor King

paziente lo attendeva il suo sicario

e quelli che pagarono il sicario

ancora comandano, certo

ma l'anima di King non l'hanno infranta, che sempre sia lodata.

 

Ancora comandano, e' vero, gli oppressori

ma la marcia di Martin Luther King,

poco piu' che un ragazzo, non l'hanno fermata

essa continua con le nostre gambe

coi nostri sogni, e vinceremo noi. Che sia lodato il cielo e anche la terra.

 

*

 

UNA LEGGENDA APOCRIFA OVVERO EULOGIA DI MASSIMILIANO DI CARTAGINE

 

I.

Solo questo so di te, che nell'anno

195 ti fucilarono

perche' obiettore al servizio militare.

 

Immagino che venne un centurione

coi suoi esperti di pubbliche relazioni,

psicologi, pubblicitari, sceneggiatori di telenovelas,

a dirti mentre eri in galera

sei un bravo giovane, chi te lo fa fare

vieni con noi, imparerai un mestiere.

E Massimiliano rispose di no.

 

Mandarono da lui certi suoi parenti, certi prominenti

concittadini, a dirgli

lo sai che noi cartaginesi

siamo gia' guardati con sospetto

per certe vecchie storie di Alpi e di elefanti

di annibali e di asdrubali e scipioni

non metterti a fare casino

vesti la giubba, non c'e' altro da fare

e combattere per l'impero ha pure i suoi vantaggi.

Ma Massimiliano rispose di no.

 

E vennero allora a persuaderlo

certi amici di quando al campetto

giocavano insieme a pallone, gli amici

del bar: Massimilia' falla finita

da quando ti sei messo con quei tizi

del galileo morto ammazzato

ti stai mettendo in un mare di guai.

Che diamine mai hai contro i marines?

Falla finita con quei beduini

da' retta al nostro buon signor Belcore

la paga e' buona ed il lavoro e' poco.

E quello cocciuto, come un mulo a dire no.

 

II.

Dicono male delle corti marziali

dicono male dei plotoni d'esecuzione

forse che e' meglio farlo col coltello

in un vicolo buio di notte?

 

Dicono che siamo repressori

e genocidi addirittura; e andiamo!

forse che non ci vuole anche un po' d'ordine

in questo letamaio di colonie?

e il roman way of life non costa niente?

Eppure la volete, la televisione

il telefonino.

 

E allora poche storie, lo ammazzammo

perche' dovemmo, mica potevamo

lasciarlo andare il vile disertore

oltretutto terrone, anzi affricano.

 

La civilta', insomma, va difesa.

 

III.

Quante incertezze, quanta paura certo durasti.

Solo i babbei

pensano che gli eroi sono una specie

di nazisti spretati. E invece i martiri

hanno paura come noi, e tremano

come noi, come noi dubitano

di star tutto sbagliando, di sprecare per nulla la vita.

 

Ma infine ristette fermo nel suo no

Massimiliano di Cartagine. E fu fucilato.

 

IV.

Ecco, io mi alzo in piedi nell'assemblea

e prendo la parola, e dico:

obietta alla guerra e alle uccisioni

combatti contro gli eserciti e le armi

scegli la nonviolenza.

 

Ecco, io prendo la parola in assemblea,

mi alzo in piedi e dico:

fermiamo le fabbriche di armi

assediamo le basi militari

impediamo i decolli dei bombardieri

strappiamo gli artigli alle macchine assassine.

 

Ecco, io dico al soldato: diserta

io dico al ferroviere: ferma il convoglio

io dico al vivandiere: non preparare

di carne umana il pranzo al generale.

 

Ecco, io dico, la guerra

puo' essere, deve essere fermata.

Con l'azione diretta nonviolenta.

Con il gesto del buon Massimiliano

cartaginese, che i romani fucilarono.

 

*

 

RACHEL CORRIE

 

Quelli di noi che hanno passato notti

al freddo e al gelo sanno che vuol dire

non avere una casa.

 

E quelli di noi che hanno avuto paura

subendo minacce e percosse, di essere uccisi

sanno cos'e' la paura.

 

E quelli di noi che ai padri hanno chiuso

sul letto di morte gli occhi, sanno sanno

sanno la morte che orrendo nemico e' di tutti.

 

E quelli di noi che hanno avuto lo strazio

di vedere morire gli amici e di vedere

eserciti muovere alla caccia

di carne umana, come possono, come possiamo

tacere, restare nelle tiepide case

col cibo caldo tra i visi amici.

 

Cosi' Rachele mosse di lontano

verso quel cuore del mondo che ha nome Palestina.

 

Cosi' Rachele mise l'anima sua e il suo corpo

tra l'esercito e le vittime

tra le ruspe che demoliscono

e le case in cui poter vivere ancora.

 

Cosi' Rachele la molto amata

torno' in Palestina.

Lo dico a te Labano, lo dico a te Giacobbe.

 

Cosi' Rachele fu uccisa e questa morte

e' la morte di tutte le donne che portano vita

lungo i tornanti di questa preistoria

di Margarete dai capelli d'oro

di Sulamith dai capelli di cenere.

 

Non ho parole, ho solo greve un pianto

e molte amare memorie e una speranza sola:

che resusciti Rachele

nella pace tra i popoli, nel ricordo

dell'orrore, nell'alleanza nuova

che a tutte e tutti riconosca vita,

che a tutte e tutti riconosca dignita'.

 

E' questa resurrezione

questa compresenza dei morti e dei viventi

nella comune lotta per l'umano

cio' che qui chiamo ancora nonviolenza.

 

E' la lotta di Rachele

la nonviolenza in cammino.

 

*

 

ETTY HILLESUM, O LA FORZA DELLA VERITA'

 

Scegliere il bene, pensare col cuore,

condividere il dolore, avere cura

degli afflitti, totalmente ripudiare

la violenza, rifiutare

la salvezza per se' che affoga gli altri.

 

Fare la scelta della compassione

in nulla cedere al male

salvare tutti dinanzi all'orrore

salvare almeno l'umanita' futura.

 

*

 

ROSA LUXEMBURG

 

Quando e' normale prendere il fucile

e strappare la vita alla gente

allora la galera e' il posto giusto

per le persone giuste, e li' era Rosa.

 

Quando e' normale che la gente buona

per prima venga presa e assassinata

per prima Rosa viene data ai pesci.

 

Ma questa norma dei vampiri Rosa

insegno' a smascherare, a contrastare,

per costruire un mondo non piu' barbaro

in cui normale sia esser d'aiuto.

 

*

 

EDITH STEIN, DELLA COSCIENZA

 

Tutto e' pensiero e storia e tutto si rovescia

nella coscienza, e tutto vi si specchia.

 

Sta a te tenere limpido lo specchio

vedervi riflessa la via

tendere le braccia

salvare in te il mondo, aprire

porta dopo porta il varco

alla liberazione di tutti.

 

*

 

MILENA JESENSKA'

 

Vi e' una prima Milena, l'amica di Kafka

che e' il pozzo silenzioso che il praghese

colma delle parole in cui cerca di sciogliere

l'infinito auscultarsi nella notte: acque,

e delle acque la rottura che non viene

e il mistero che non affiora, e la luna,

la luna nel pozzo.

 

E vi e' una seconda Milena, la Milena restituita

da Margarete che la incontro' nel lager.

Oscuro mistero, che la sua vita

sia stata salvata dalla memoria

di chi la incontro' nell'inferno nazista.

 

Ed e' la Milena delle rotture

e del coraggio, la donna

che sa dire di no e di si',

che lotta inesausta, che e' uno

dei volti piu' belli della Resistenza.

 

*

 

OLYMPE DE GOUGES, O LA FORZA DELLA VERITA'

 

Credette Olympe che la rivoluzione

fosse fatta per liberare tutti

- e dunque tutte -

e fosse fatta perche' le uccisioni

cessassero - ed a tutti

e tutte fosse la vita fatta salva.

 

Tratta al patibolo perche' affermava

sia l'uguaglianza che la differenza

tratta al patibolo perche' affermava

che e' delitto uccidere, e demenza.

 

*

 

RUTH FIRST, O DEL POTERE DI TUTTI

 

Convincerla  a piantarla di pensare, di parlare, di opporsi al razzismo

non era possibile.

Cosi' la spensero con un pacco bomba

un pomeriggio dell'ottantadue.

 

Era stato spedito quel pacco molti anni

prima, era l'anno sessantatre, fu allora

che non bastando quei centodiciassette

giorni di carcere il regime razzista

spedi' quel pacco che vent'anni dopo

la raggiunse a Maputo. Le poste

sudafricane erano forse lente

ma inesorabili. Lei

non aveva cessato un solo giorno

di lottare contro l'apartheid

di costruire il potere di tutti

di resistere ad ogni razzismo.

 

Non era possibile farla tacere

cosi' la spensero con un pacco bomba.

Ma ancora lotta, ancora parla, ancora pensa

Ruth ogni volta che qualcuno ovunque

nel mondo si ribella alla menzogna

alla violenza all'ingiustizia all'odio

ogni volta che ovunque qualcuno

afferma il potere di tutti, l'umanita' comune,

li' Ruth First e' stata ascoltata

e quindi il pacco bomba non riusci'

a raggiungere l'intento, nel tragitto

si perse, e Ruth First l'assassinata

e' ancora qui, ed e' invece crollato

il regime che pensava di annientarla.

 

*

 

LITANIA DEI MORTI IN PREGHIERA

 

Leggo sul giornale la notizia assente

lungo una strada una discarica abusiva

sulla discarica deposti, scaricati

morti asfissiati sei giovani migranti:

sei clandestini, leggo sul giornale

che aggiunge: il tir

partendo in fretta e furia

con una ruota ha calcato il capo spento

di uno dei morti, schiacciandolo

facendone scempio.

 

Vedo

la scena tutta: la strada, il grande camion

il cumulo maleodorante dei rifiuti

la fretta di sgravare a terra il carico

inerte, lo sguardo da lupo il fiato affannoso

le bestemmie masticate in gola

di chi scaglia tra i residui i residui

corpi. Vedo

il camion pesante macigno, il fumo

dei gas di scappamento, il crocchiare

orribile che non posso, non posso dire.

E vedo ancora

come sacchi quei corpi rotti

che attendono l'alba, il giorno, il passaggio

delle automobili, il sole

che alto si leva, il tempo

che passa e che fermenta, finche' viene

qualcuno e si ferma

ed e' tardi.

Poi vedo che arrivano uomini molti,

si fermano auto e furgoni, ed e' tardi.

Vengono le telecamere, le macchine

fotografiche, un momento ancora,

ancora un momento prima di gettare

un velo pietoso, il pubblico cannibale

vuole vedere il sangue, lo scempio.

Poi tutto si avvolge. Tutto torna nero.

Tutto resta nero, e nel nero un piu' cupo

nero che sembra quasi rosso. E un silenzio

tumescente.

 

Leggo il giornale, uno dei poveri

cristi ammazzati cosi' dalle leggi di Schengen e dalle mafie

transnazionali cui lo stato ha appaltato

il mercato del diritto a fuggire

dalla morte altra morte trovando,

leggo il giornale uno dei cristi poveri

stringeva ancora in mano una piccola, una piccola coroncina

da preghiera.

 

Mentre affogavano tra le balle di cotone

pregavano, pregavano i miseri clandestini.

 

Ascoltala tu la loro pia preghiera.

Ascoltala tu, che leggi queste righe.

Tu poni mano a far cessar la strage.

 

Ipocrita lettore, mio simile, mio frate.

Ascoltala tu la voce dei morti

e poni mano tu, poniamo mano insieme, a far cessar la strage.

 

*

 

BALLATA PER UNA REGINA

 

Ci sono cose che non sai come dirle

e allora le scrivi a righe interrotte.

 

Dilaniata dai randagi la salma

e' stata scoperta giorni addietro

di una giovane donna nigeriana

resa schiava in Italia e venduta

come carne e cavita' sulla strada

tra Tuscania e Tarquinia, tra le tombe

etrusche, le romaniche chiese, le ubertose

campagne che vanno alla maremma.

 

Leggo sui giornali gli impietosi

dettagli di cronaca nera, gli empi

segni di sempre da quando Caino

al campo invito' suo fratello.

 

Leggo sui giornali, i giornali locali

(non e' notizia da cronaca italiana

una persona annientata e abbandonata ai cani:

e' invece fatto

che sconvolge l'ordine del mondo, ma di questo

sapevano dire Eschilo e Mimnermo, non le aulenti

di petrolio pagine quotidiane).

 

E dunque leggo sui giornali locali:

dicono che si chiamasse Regina, venisse

dalla Nigeria, presa e recata

schiava in italia, dicono

chi l'abbia uccisa non sapersi.

 

E invece io so chi l'ha uccisa:

anche se non l'ho mai vista ne' da viva ne' ormai resa cosa

immota e deturpata. Io so

chi l'ha uccisa, e lo sappiamo tutti.

 

E non solo l'eventuale fruitore di servigi

che in un raptus puo' averle torto il collo

a quel piccolo giocattolo che costava quattro soldi

 

e non solo il racket che fornisce

carne giovane e fresca di fanciulle ai lupi

che usciti di scuola o dall'ufficio

sulle loro carcasse di ferro perlustrano

i fiumi d'asfalto alla caccia di prede

 

e non solo lo stato italiano che vede

tanto orrore per le sue strade

e non agisce per salvare le vite

concrete di esseri umani, non agisce

per far valere quella legge che vieta

nel nostro paese la schiavitu'

 

e non solo.

Io stesso mi sento le mani

sporche di sangue, io stesso che so

che a questo orrore resistere occorre

e che da anni non so fare altro

che spiegare come applicare

quell'articolo della legge 40

combinato con quell'altro articolo

del codice penale e come e qualmente

le istituzioni potrebbero salvare

la vita di tante Regine assassinate.

E nulla di piu' ho saputo fare.

 

E queste parole che ho aggiunto

avrei voluto tacerle.

 

*

 

ALCUNI ALTRI OMISSIS DA UN RAPPORTO

 

La notte era assai buia

l'auto aveva quattro ruote

i nostri ragazzi sono impetuosi

gli italiani e' difficile distinguerli

dagli arabi, dai terroristi, dai cani.

 

La notte era assai buia

sparano i mitra, servono a questo

ve lo avevamo detto mille volte

di starci dietro, dietro e non di fronte

di starvene accucciati, come tutti.

 

La notte era assai buia

per questo mancammo gli altri due.

 

*

 

ANCORA UNA CANTATA DEI MORTI INVANO

 

E noi siamo i soliti morti

i soliti morti invano

quelli come sempre poco furbi

che non sapevano guardar lontano

e quelli come sempre troppo furbi

che non sapevano guardar vicino.

Adesso siamo qui, presi all'uncino

nello sheol infrante estinte spoglie

morti per sempre come tutti i morti,

e come tutti i morti morti invano.

 

E noi anche avevamo attese e voglie

e vite personali e aspetto umano

di femmine e di maschi, e come foglie

discerpaci ed invola un vento vano.

E i sogni alati e le gioie e le doglie

tutto disparve qual miraggio arcano

quando al lume dei giorni e al buon cammino

per sempre ci strappo' il colpo assassino.

 

E voi che questa voce che si spegne

avete cuore di ascoltare ancora

sappiate che anche le nostre eran degne

di essere vissute vite, e l'ora

che ce le tolse - ed erano ancor pregne

di luce e di belta' che t'innamora -

non fu di caso o fato il cupo frutto:

furono uomini a rapirci tutto.

 

E tu che ancora senti e ancora vedi

a te affidiamo un'ultima parola:

ferma la guerra, con le mani e i piedi;

ferma la guerra e bruciati la gola

a forza di gridarlo; e se non cedi

vi e' speme che s'inceppi questa mola

e cessi questa storia di orchi e brace

e possa venir l'ora della pace.

 

Ma noi siamo solo i soliti morti

i soliti morti invano

quelli come sempre poco furbi

che non sapevano guardar lontano

e quelli come sempre troppo furbi

che non sapevano guardar vicino.

Adesso siamo qui, presi all'uncino

nello sheol infrante estinte spoglie

morti per sempre come tutti i morti,

e come tutti i morti morti invano.

 

5 BENITO D'IPPOLITO: INCIDENTE A KABUL

 

Uccidono, le armi. E le persone

muoiono. Quanti

dovranno ancora morire

prima di capire,

prima di capire.

 

6. RICCIARDO ALOISI: IO SONO QUELLO

 

Io sono quello che raccoglie la gente

morta ammazzata in mezzo alla strada.

Certo fuggi' da quegli squarci l'anima

e tutto il resto e' come fosse nulla.

 

Io sono quello che chiude gli occhi ai morti

perche' non vedano per sempre questo orrore.

L'urlo dell'orco spensa la fiamma

tenebre vennero di eterna solitudine.

 

Povera gente che si tuffa a pesce

nella saracinesca della morte.

Per ogni buco inchiodato nella carne

un altro tallero ingurgita lo scrigno.

 

E io sono quello che lava del sangue

le strade dell'alba, le strade dei sogni.

Mi turo il naso, mi tappo le orecchie

vedo passare l'orchestra dei diavoli.

 

Poi viene il giorno che non ce la fai piu'

non reggi piu' che si ammazzi la gente

piu' non sopporti chi lavora per la morte

e ti disgusta questo mondo rovesciato.

 

Io sono quello che vota si' al disarmo.

 

7. TU

 

La mano assassina fermala tu.

Solo il disarmo salva la vita.

 

8. OSVALDO CAFFIANCHI: PAESAGGIO DOPO LA BATTAGLIA

 

Nei siti della stampa brasiliana

le ultime condanne a morte leggo.

 

Ai miei studenti sempre dico: e' questo

il limite della democrazia

che anche scelte scellerate possono

essere assunte, e allora e' saggia cosa

che prima di votare tutti sappiano

quello che e' in gioco: e in gioco qui e' la vita

di innumeri concreti cristi e criste.

 

Ai miei studenti sempre dico: tu

tu non uccidere, salva le vite.

Ai miei studenti sempre solo dico:

pensa a fermare la mano assassina

e tutto il resto verra' poi in dono.

 

Io sono grato a voi, amiche e amici

che dal Brasile avete questa lotta

condotto per salvare vite umane

e umana dignita', per tutto il mondo.

 

E vi chiedo perdono per non essere

riuscito a dare anch'io una mano ancora.

 

Ci fossimo a voi stretti tutte e tutti

altro sarebbe stato il risultato

e il mondo oggi sarebbe piu' abitabile

l'umanita' sarebbe piu' felice.

 

Ma anche questo so, che a contrastare

la morte severina ancora e ancora

continueremo insieme, che la lotta

per il disarmo, per la nonviolenza

per l'internazionale umanita'

di eguali e libere persone ancora

continua. E che la verita' e' in marcia.

Ed e' coi nostri piedi che cammina.

 

Solo il disarmo ferma le uccisioni

solo la nonviolenza salva tutti.

 

9. "FORUM COMUNITARIO DI LOTTA ALLA VIOLENZA" DI BAHIA: MI HANNO AMMAZZATO E NON POTRO' VOTARE

[Da "La domenica della nonviolenza" n. 40 del 25 settembre 2005 riprendiamo ancora il seguente testo preceduto dalla nota introduttiva: "Ringraziamo Maria Eunice Kalil (per contatti: mabice at terra.com.br) per averci inviato questo appello per il si' al referendum del 23 ottobre per la proibizione del commercio delle armi diffuso dal 'Forum comunitario di lotta alla violenza' di Bahia. Maria Eunice Kalil e' responsabile del 'Forum comunitario di lotta alla violenza' di Bahia, Brasile (per contatti: fccv at ufba.br). La traduzione italiana, non del tutto letterale, e' di Benito D'Ippolito"]

 

Mi hanno ammazzato. E non potro' votare

per il disarmo che salva la gente.

Rubato mi hanno i miei anni e la vita.

 

Mi hanno ammazzato a quindici, a vent'anni

ho perso il conto di quante pallottole

hanno ficcato a forza dentro me.

 

Pallottole vaganti, casuali,

sparate tra le risa, a passatempo,

le carni mi trafissero ugualmente

quelle per caso e quelle d'improvviso

nell'attimo rabbioso, o con la mente

gelida. Un lampo, e tu non sei piu' niente.

 

Per futili motivi mi ammazzarono

per un sorpasso e per una frenata

per uno sguardo, un capogiro, un bacio.

 

Mi hanno ammazzato perche' c'era un'arma.

 

E non potro' votare piu'. Sarete

voi a votare anche per me, votando

quel si' che altre salvera' persone.

 

Quel si' che e' il modo di fare felice

ed onorare me, e molti, e tutta

l'umanita'. Il disarmo dona vita.

 

Il 23 ottobre vota si'.

 

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ARCHIVI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO

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Numero 13 del 13 gennaio 2011

 

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