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Telegrammi. 272
- Subject: Telegrammi. 272
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 4 Aug 2010 00:41:00 +0200
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 272 del 4 agosto 2010
Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal
Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della
nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero:
1. Peppe Sini: Opporsi alla guerra nell'unico modo possibile
2. Una commemorazione di Alfio Pannega in occasione della prima festa
popolare del quartiere del Carmine a Viterbo il 24 luglio 2010
3. Il cinque per mille al Movimento Nonviolento
4.
"Azione nonviolenta"
5.
Segnalazioni librarie
6. La "Carta" del Movimento
Nonviolento 7. Per saperne di piu'
1. EDITORIALE. PEPPE SINI: OPPORSI ALLA GUERRA
NELL'UNICO MODO POSSIBILE
C'e' un solo modo per opporsi alla
guerra.
Cessare di prendervi parte. Smilitarizzare i
conflitti. Disarmare. Proporre ed agire la politica della nonviolenza nello
scenario delle relazioni internazionali.
Solo con una politica di pace, di antimilitarismo e
di disarmo si contrasta la guerra e le stragi di cui essa consiste.
La nonviolenza, e solo la
nonviolenza, appronta strumenti e strategie adeguate: dalla difesa popolare
nonviolenta ai corpi civili di pace, dal percorso del transarmo alla scelta del
disarmo unilaterale, dall'obiezione di coscienza alle spese militari
fino alla riconversione dell'industria bellica a produzioni civili;
abolendo il conflitto armato e sostituendolo con la cooperazione solidale,
responsabile e liberatrice: nell'affermazione dei diritti umani di tutti
gli esseri umani, nella piena consapevolezza dell'unita' del genere
umano.
Solo la pace salva le vite, solo la pace costruisce
la giustizia.
Chi non si oppone alla guerra ne e'
complice.
La guerra e' sempre la risorsa degli
oppressori.
Chi non si oppone agli eserciti e alle armi e' gia'
complice della guerra e dell'oppressione. 2. MEMORIA. UNA COMMEMORAZIONE DI ALFIO PANNEGA IN
OCCASIONE DELLA PRIMA FESTA POPOLARE DEL QUARTIERE DEL CARMINE A VITERBO IL 24
LUGLIO 2010
[Ricostruita
a memoria, questa e' la trama delle principali riflessioni svolte a
braccio nella commemorazione di Alfio Pannega in occasione della prima
festa popolare del quartiere del Carmine a Viterbo il 24 luglio
2010.
Alfio Pannega nacque a Viterbo il 21 settembre
1925, figlio della Caterina (ma il vero nome era Giovanna), epica figura di
popolana di cui ancor oggi in citta' si narrano i motti e le vicende
trasfigurate ormai in leggende omeriche, deceduta a ottantaquattro anni nel
1974. E dopo gli anni di studi in collegio, con la madre visse fino alla
sua scomparsa, per molti anni abitando in una grotta nella Valle di Faul, un
tratto di campagna entro la cinta muraria cittadina. A scuola da bambino
aveva incontrato Dante e l'Ariosto, ma fu lavorando "in mezzo ai butteri
della Tolfa" che si appassiono' vieppiu' di poesia e fiori' come poeta a
braccio, arguto e solenne declamatore di impeccabili e
sorprendenti ottave di endecasillabi. Una vita
travagliata fu la sua, di duro lavoro fin dalla primissima giovinezza. La
raccontava lui stesso nell'intervista che costituisce la prima parte del libro
che raccoglie le sue poesie che i suoi amici e compagni sono riusciti a
pubblicare pochi mesi fa (Alfio Pannega, Allora ero giovane pure io, Davide
Ghaleb Editore, Vetralla 2010): tra innumerevoli altri umili e indispensabili
lavori manuali in campagna e in citta', per decine di anni ha
anche raccolto gli imballi e gli scarti delle attivita' artigiane e
commerciali, recuperando il recuperabile e riciclandolo: consapevole
maestro di ecologia pratica, quando la parola ecologia ancora non si usava.
Nel 1993 la nascita del centro sociale occupato
autogestito nell'ex gazometro abbandonato: ne diventa immediatamente
protagonista, e lo sara' fino alla fine della vita. Sapeva di essere un monumento vivente della Viterbo popolare, della
Viterbo migliore, e il popolo di Viterbo lo amava visceralmente. E' deceduto il
30 aprile 2010, non risvegliandosi dal sonno dei giusti. Alcuni interventi
commemorativi della sua persona sono raccolti nei "Telegrammi della
nonviolenza in cammino" n. 265]
1. Provo sempre un profondo imbarazzo
quando mi si chiede di ricordare persone che ho conosciuto e che non sono piu'
in vita. Poiche' so che l'altrui ricordo non puo' riuscire a rendere loro
giustizia: perche' la memoria col tempo si affievolisce e si offusca, il
ricordo per progressive rielaborazioni si semplifica e riduce, e quel che si
narra gia' non e' piu' il ricordo sorgivo, ma via via sempre piu' il
ricordo di cio' che si e' gia' narrato; e nel
racconto si perde sovente l'essenziale di quel volto, di quella voce,
di quell'incontro, di quella vicenda, di quel cammino. Cosi' accade che quella
persona che abbiamo conosciuto vitale, sfaccettata, ricca di mille tratti
cangianti e fin contraddittori, nel descriverla si finisce con l'intagliarla
e ridurla a una maschera mortuaria, irrigidendola in un monumento di pietra
sia pure dal gesto nobile e il volto olimpico, ma quella persona non era cosi',
era anche infiniti altri gesti e parole e posture ed espressioni e
relazioni e smarrimenti, in un rapporto col mondo che era mobile e vario,
fluido e mutevole sempre.
Eppure non conosco altro modo per rendere omaggio a
un vecchio amico e compagno di lotte e di ragionamenti che tenerne vivo il
ricordo parlandone cosi', alla buona, con altri amici che lo conobbero - per
lungo tratto di vita o in un breve incontro - e con tanti che non
potranno conoscerlo piu' se non attraverso il racconto di chi
resta.
E mi commuove che in questa prima festa popolare
del quartiere del Carmine, promossa dal centro sociale occupato autogestito
"Valle Faul" di cui Alfio e' stato l'anima, il nostro incontro che e'
insieme di convivialita' e di riflessione si apra nel ricordo di Alfio Pannega,
che molte persone che qui vivono conoscevano e amavano, e che sanno che per
tutte loro Alfio aveva una parola amichevole, un motto frizzante, una
solidarieta' sincera, un'amista' che neppure la morte cancella.
*
2. Mi e' capitato, come capita a tutti nella vita,
di incontrare persone che mi hanno lasciato un dono impegnativo, che mi hanno
recato un messaggio ineludibile; che mi hanno fatto sapere, capire qualcosa di
decisivo, qualcosa che riguardava la mia stessa vita, qualcosa che mi ha aiutato
a capire il mondo, a volere il bene e a lottare contro il
male.
E poiche' sono ormai invecchiato anch'io, gia'
molti di questi messaggeri il cui messaggio ho ascoltato e ha parlato al mio
cuore sono morti. E per cosi' dire la loro morte mi impegna ad essere ora io
stesso un testimone di quel loro messaggio, a tramandarne l'eco, il riverbero
che ne ho trattenuto.
Se mi volgo indietro ricordo con infinita
gratitudine tra questi messaggeri del bene che mi hanno parlato Primo Levi
e Vittorio Emanuele Giuntella, che resistettero nel lager; ricordo Achille
Poleggi e Sauro Sorbini, che sono la storia della Viterbo migliore, popolare e
antifascista, repubblicana, socialista e libertaria, che hanno saputo combattere
la menzogna e l'ingiustizia quando tanti, troppi altri cedevano; Alfio Pannega
e' stato uno di questi messaggeri del bene, di questi messaggeri della verita',
di questi testimoni della dignita' umana, di questi combattenti della buona
battaglia.
*
3. Ho raccontato in altre circostanze alcuni
aspetti della sua persona, ed alcuni episodi della nostra amicizia, che nel
rimembrarli sempre mi commuovono; ma oggi non vorrei raccontare episodi solenni
o patetici, aneddoti e detti esemplari.
Oggi vorrei semplicemente, sobriamente, in poche
parole, condividere con voi la rievocazione di alcuni tratti del suo carattere
di cui non sempre si sottolinea adeguatamente la fecondita' e la
pregnanza.
E vorrei anche dire di una mia
preoccupazione.
Ed infine vorrei altresi' esprimere un fermo mio
convincimento, un'intima persuasione: che Alfio sia ancora segno di
contraddizione ed appello alla lotta, testimonianza vivente del dovere di ogni
essere umano di essere di aiuto all'umanita' intera, con il braccio e con il
cuor - per dirla con il linguaggio dei libretti d'opera.
*
4. Innanzitutto vorrei ricordare questo tratto
luminoso del suo carattere, che incantava chiunque lo incontrava sia pur per un
attimo solo: la sua inesausta gioia di vivere.
Alfio Pannega era una persona felice, e non solo
felice, ma allegra, a cui piaceva fare festa, giocare, ballare, godere di
ogni innocente piacere. Sapeva scherzare e sapeva ridere anche di se stesso.
Anche quando giocava il ruolo del burbero benefico sempre nelle sue uscite
sentivi l'autoironia della persona che molte esperienze aveva attraversato
e sa che tutte le persone hanno bisogno di tenerezza ed hanno diritto
alla misericordia.
E cosi' non solo nelle amicizie era fedele fino
all'abnegazione, ma nei confronti di chiunque - di chiunque, anche
il viandante sconosciuto, anche l'ospite oscuro, e finanche la persona di
cui a buon diritto si poteva diffidare o da cui si eran subiti
torti - sapeva essere generoso, generoso di una generosita'
incondizionata, felice dell'altrui felicita'.
Sapeva che la sua generosita' migliorava le altre
persone, migliorava il mondo. Ed anche nei confronti di coloro che gli avevano
fatto del male sapeva essere compassionevole: combatteva il male, e cercava di
salvare le persone, di indurle ad elevarsi, a liberarsi dalla cattiveria, dalla
cattivita'.
Era intransigente nel contrastare il potente che
opprime, poiche' era fermo come una torre e duro come la pietra nell'opporsi al
male, ma verso l'essere umano sempre sapeva trovare il modo di interloquire, con
gentilezza soave.
Amava la vita ed era felice della sua vita, che non
era stata una vita facile, una vita comoda, al contrario; ma era stata una
vita nobile, una vita degna, una vita luminosa: era stata una vita di poverta',
di lavori umili e faticosi, di duro sfruttamento subito, anche di indicibili
stenti - per molti anni con la madre amatissima aveva abitato in una grotta -;
ed anche di profonda ed amarissima incomprensione da pare di tanti che
pur pretendevano di conoscerlo e di spacciarsi per suoi amici ed
invece con i loro pregiudizi lo riducevano ad uno stereotipo astratto, a
una maschera vuota, e ne sfruttavano la bonta' senza conoscerne e
quindi senza riconoscerne i meriti e le virtu' grandi.
Ma questa sua vita di poverta' lui aveva saputo
colmarla di mlle tesori: l'aveva colmata di amore, di generosita', di dignita'
splendente, di morale e civile virtu'; di antifascismo come scelta e modo
di vita, di resistenza ad ogni ideologia della menzogna e ad ogni prassi
dell'oppressione; di "ironia che resiste e contesa che dura" per dirla con
le parole del poeta della Verifica dei poteri.
Era una vita spoglia, essenziale, ed insieme
ricca, preziosa. Una vita orgogliosamente proletaria, orgogliosamente
antifascista, orgogliosamente nonviolenta.
La vita di un essere umano cosi' come l'umanita'
dovrebbe essere.
*
5. E insieme al suo amore per la vita vorrei
ricordare il suo inesauribile amore per il mondo: tutto il mondo, tutta la
vita, tutte le persone, tutte le creature viventi. In un atteggiamento di
appassionata meraviglia, di franca gratitudine, di intimo dialogo.
In primo luogo, un inesauribile amore per la
bellezza della natura. Che conosceva cosi' intimamente per esperienza concreta e
per meditazione profonda, per studi condotti sui libri e soprattutto per
studo condotto nella relazione vitale, a tu per tu, col gran libro
dell'universo. Ed e' indimenticabile la sua profonda, vibratile empatia, oltre
che con le persone, con gli animali, e con le piante.
In secondo luogo, un inesauribile amore per il
lavoro umano, per la perizia, l'arte dell'artigiano, il mestiere di chi sa fare
le cose e delle cose e del mondo sa prendersi cura. E conosceva tutti i
mestieri e si era cimentato in tutte le prove: aveva la sapienza del contadino,
dell'operaio e dell'artigiano, di chi sapeva seminare e accudire le
piante e parimenti sapeva riciclare tutti gli scarti della societa' dei
consumi.
In terzo luogo, un inesauribile amore per il sapere
come esito prezioso di tutte le esperienze di tutti gli esseri umani della
storia del mondo.
Ed in quarto luogo e conclusivamente vorrei
ricordare il suo inesauribile amore per la poesia, che sapeva cogliere
ovunque.
Il giorno della sua scomparsa, quando al culmine
del dolore e dello smarrimento gli amici piu' stretti ci incontrammo al centro
sociale per le tristi incombenze dei funerali, nell'annuncio mortuario poi
affisso per le vie della citta' a caratterizzarlo queste due parole volemmo
fossero scritte insieme al suo nome: compagno e poeta.
*
6. Quest'uomo e' stato, per me e per molti, un
maestro di verita' e di virtu'. E tale resta, anzi confido che nel corso del
tempo sempre piu' la citta' si rendera' conto di questo suo magistero esercitato
nell'umilta' e nella condivisione, nella poverta' e nell'ospitalita', senza
cattedre e senza prosopopea. Senza opprimere nessuno, ed anzi a tutti recando
soccorso ogni volte che ne ebbe la possibilita'.
Alfio Pannega e' stato maestro di un'etica della
resistenza, della responsabilita' e del prendersi cura degli
altri.
Maestro di un'etica, una
pratica dell'ospitalita' e della generosita'.
Maestro di un'etica, una
pratica dell'opposizione nitida e intransigente
all'ingiustizia.
Maestro di un'etica, una pratica della
solidarieta' egualitaria.
Maestro di un'etica, una pratica della
compassione attiva e degnificante.
E tutto cio' nella piu' limpida semplicita',
esercitando nell'essenzialita' che e' propria dei poveri una benevolenza, una
compassione senza limiti. Che molti frutti continuera' a dare
ancora.
*
7. Accennavo all'inizio, e voglio ora dirlo in modo
piu' ampio e articolato, che certo si corre il rischio di mummificare Alfio, di
irrigidirlo in una maschera, in un monumento muto, in una immaginetta
devozionale; il rischio di pietrificarlo, di raggelarlo, e quindi di spegnerlo
ed imprigionarlo in una posa, lui che volle sempre essere libero come il
vento.
E poiche' per tutta la sua vita ha dovuto subire
questa pretesa di ridurlo a bozzetto strapaesano, a figurina oleografica, almeno
noi quel medesimo errore, sia pure con intenti e in direzione opposti, non
dobbiamo commetterlo.
E ad esempio trovo che non gli renda giustizia
monumentalizzarlo, impagliarlo nel ruolo di "poeta" facendo riferimento
solamente ai versi che ci ha lasciato, alle improvvisazioni a braccio (con
l'arte dei poeti popolari delle nostre campagne - Alfio era uno di loro -, che
cantano ottave perfette nel metro, nella lingua e alla scuola dei poemi
cavallereschi quattro-cinquecenteschi), alle declamazioni dei classici che piu'
amava - Dante su tutti -: certi tratti
legnosi, meccanici, del suo declamare i classici che amava e del suo
improvvisare a voce o scrivere versi, non gli rendono giustizia; la poesia di
Alfio e' stata molto piu' che nelle sue liriche (alcuni tratti delle
quali io trovo sublimi) nelle sue scelte di vita, nell'esempio che ha
dato costante; certo, ora ci restano quelle poche poesie (la maggior parte
delle quali raccolte anni fa in un ciclostilato e quest'anno in un volume a
stampa che molto lo rese felice negli ultimi mesi di vita), qualche intervista e
qualche registrazione - perlopiu' casuale - di sue declamazioni e suoi
interventi a iniziative diverse; ma io credo che un piu' fedele ritratto di
Alfio e della sua prassi poetica - e della sua azione educativa e civilizzatrice
- lo avremo quando le persone che hanno vissuto con lui in questi diciassette
anni di centro sociale occupato autogestito avranno composto il mosaico
delle loro testimonianze in forma di autoanalisi popolare (la formula di Danilo
Dolci, il grande combattente e maieuta nonviolento) restituendo ognuna
l'immagine di Alfio che ha colto e condiviso, a formare collettivamente un piu'
adeguato ritratto dell'uomo, del compagno di lotte, del poeta
integrale.
Cosi' come non gli rende giustizia, ma anzi a me
sembra lo umili se proposto come totalizzante e decontestualizzato, lo
stereotipo del linguaggio colorito e il repertorio delle frasi celebri. Certo,
Alfio aveva anche un linguaggio colorito, e certe sue frasi lapidarie
agevolmente, agilmente s'incidevano nella memoria degli interlocutori e -
passando di bocca in bocca - nella memoria collettiva e nell'immaginario
mitico della citta'. Ma quel linguaggio colorito era solo il prestito
espressivo dell'ambiente in cui aveva vissuto; nella sua anima e nelle sue
amicizie e nei suoi gesti e nelle sue scelte parlava anche
e innanzitutto una lingua raffinata e sobria, nitida e rigorosa,
quella di Dante, e attraverso Dante la lingua di Francesca e di Farinata e di
Ulisse e di Ugolino come Dante ce li ha consegnati: una lingua volta a
volta dolce e dolente, e solenne ed eroica, la lingua che nel suo stesso dirsi
esorta alla virtu' e alla conoscenza, ed amorevolmente si piega a confortare
tutti i feriti dalla vita, e ad indicare la venusta' del mondo e di ogni persona
che in esso e' vissuta, vive e vivra'.
*
8. E adesso vorrei dire di quella che per me e' la
chiave interpretativa privilegiata per cogliere il miracolo della vita e
dell'opera di questa persona, e rivelare quello che sovente mi accade di
percepire essere un segreto inaspettato per tante persone che pur credevano di
conoscerlo questo uomo buono e schivo, generoso e modesto nel suo fare il
bene: la sua consapevolezza
politica.
La sua consapevolezza politica, e la sua acutezza politica, la sua capacita' di
comprensione politica del mondo e dei compiti dell'ora, dei doveri di ogni
persona decente.
So che molti stentano a crederlo quando lo dico (e
magari sospettano che io inconsciamente o strumentalmente proietti in lui
qualcosa di mio, che e' nel mio essere e sentire piuttosto che nella
persona al cui ascolto mi collocai, con cui interloquii da pari, e di cui
qui parlo), ma Alfio Pannega e' stato un militante politico straordinariamente
consapevole. Certo, a modo suo e nelle forme in cui le sue scelte di vita e le
condizioni in cui ha vissuto glielo hanno consentito.
Or mi sovviene, e qui vorrei
narrare, un'antica conversazione, credo degli anni '70 o '80, quando
scoprii quale Alfio Pannega autentico si celasse sotto la scorza dell'Alfio
Pannega della vulgata e dell'immaginario collettivo. Mi capito' di poterci
parlare a quattr'occhi per ore una volta, la prima volta, e mi si squaderno' la
ricchezza e la complessita' di idee e la finezza di comprensione e di
interpretazione dell'uomo.
Ci conoscevamo gia', ma per me allora lui era
solo quel personaggio storico della Viterbo popolare cosi' come veniva
rappresentato nello stereotipato discorso comune: un personaggio commovente
nella sua profonda umanita', ma cui non si prestava ascolto a lungo; ed io ero
all'epoca un militante e - chiedo venia - dirigente politico della sinistra, non
solo autorevole per rigore morale e capacita' organizzative e di
leadership, ma cui si riconosceva - come dire - grande cultura e
un temibile acume.
Ebbi allora la fortuna e l'intelligenza di voler
lungamente parlare con Alfio, di volerlo ascoltare davvero e davvero
discuterci; non per sentirmi ripetere l'aneddotica di cui solitamente
veniva richiesto, ma per ragionare con lui - come si dice - "della vita e della
morte", del senso e dei fini del nostro politico agire di militanti egualitari,
solidali, accudenti, rivoluzionari quindi.
Seppi da allora e non dimenticai piu' che
l'approccio paternalistico con cui molti gli si accostavano era un errore e
un oltraggio, che quell'uomo era non solo un militante consapevole del movimento
delle oppresse e degli oppressi in lotta per la liberazione dell'umanita', ma
che le sue stesse scelte di vita, pur cosi' fortemente condizionate dalle
condizioni oggettive di oppressione di classe, erano altresi' scelte reali,
ovvero volizioni autentiche: scelte di resistenza, antifascismo in atto,
rivoluzione socialista e libertaria che comincia, spirito dell'utopia e
principio speranza che si fa ortopedia del camminare eretti - per usare le
formule di Ernst Bloch -, la speranza egualitaria e liberatrice cosi'
come l'avevano pensata e praticata Spartaco e Rosa Luxemburg e Franco
Basaglia. E, last but not least, che la qualita' della sua riflessione politica
era di un elevato livello morale ed intellettuale, assai al di sopra delle
formule pappagallescamente ripetute all'epoca da tanti che s'impancavano a guide
e profeti e poi si e' visto che fine hanno fatto nel gran teatro del mondo e
nella palude della societa' dello spettacolo e del generalizzato
asservimento.
Io so che Alfio Pannega, quali che fossero i suoi
limiti esperienziali ed espressivi, e' stato un militante del movimento operaio
di una profondita' di sguardo e di una saldezza di giudizio che coloro che
pretendevano di rappresentarlo neppure si sognavano.
*
9. Ma detto questo ancora una cosa mi resta da
dire, ed e' quella che per me conta di piu', e che ho gia' ripetuto
cosi' tante volte che forse per molte persone che mi ascoltano oggi sara'
noiosa: e' accaduto ad Alfio un miracolo che non a tutti capita: di aver vissuto
per cosi' dire due vite; a un certo punto, gia' anziano, la sua vita ha avuto
l'occasione di un mutamento radicale: quando pareva gia' condannato a una
vecchiaia di stenti e di solitudine, di malanni crescenti e di crescente vuoto e
di incombente istituzionalizzazione, avvenne che di colpo si trovo' intorno
tante persone con cui condivise gli ultimi due decenni di vita in un rapporto di
straordinaria vicinanza e intensita'.
Non si tratto' di una metamorfosi nel suo modo di
essere, poiche' resto' vieppiu' se stesso, ma di
un'intensificazione profonda e di una vasta apertura relazionale si',
poiche' ebbe finalmente modo di esprimersi in un contesto capace di
comprenderlo, di riconoscerlo, e di porsi alla sua scuola. Senza
paternalismi, senza subalternita', in eguaglianza di dignita' e di diritti, e
proprio per questo naturalmente riconoscendo ad Alfio un magistero, una
saggezza, una sapienza, un'autorevolezza che precedentemente gli era stata
tenacemente negata da una citta' sorda e stordita.
Era l'11 luglio 1993, e con l'occupazione
dell'ex-gazometro nella Valle di Faul, un'area abbandonata confinante con la
minuscola casa di Alfio, Alfio entro' trionfalmente nella vita dei giovani e
meno giovani occupanti, e loro entrarono nella sua.
Alfio divenne il centro sociale occupato
autogestito "Valle Faul" ed il centro sociale occupato autogestito "Valle
Faul" divenne Alfio. Non fu un processo
ovvio, ne' lineare, ma sempre piu' l'esperienza di un uomo d'eta'
e d'infinite odissiache e qoheletiche vicissitudini a lungo
emarginato, e l'esperienza di un gruppo di giovani fiduciosi e ribelli,
divennero una cosa sola: un'esperienza di solidarieta' e di lotta per i diritti
che da allora ad oggi e' stata e resta - tra mille difficolta', limiti e
contraddizioni, certo - una delle cose piu' appassionanti di questa
citta'.
E non c'e' bisogno che io qui ricordi adesso le sue
ultime lotte per i diritti di tutti: sono lotte che la gente del Carmine conosce
bene, perche' sono le stesse che ogni giorno chi vive in questo quartiere
popolare deve combattere: per un ambiente vivibile, per il diritto al lavoro,
alla casa, all'assistenza, alla salute, al sapere, al rispetto della dignita'
propria e di tutti. Sono le lotte della gente del Carmine, sono le lotte del
centro sociale, sono le lotte dell'umanita' intera.
*
10. E questo discorso non si conclude quindi in
tono elegiaco e dimesso, nello smorzarsi della voce, acquietandosi, e per cosi'
dire consegnando Alfio al silenzio. Al contrario, questo discorso si conclude in
forma di rivendicazione e di appello, di enunciazione di una contraddizione -
che e' sociale e politica - e di invito all'arduo operare per il bene
comune, alla lotta contro l'iniquita' e le strutture di dominio in cui essa
si deposita e cristallizza a gravare sulla vita degli esseri
umani.
Alfio Pannega e' ancora segno di
contraddizione, spina nella carne, appello alla lotta.
La sua memoria convoca e scuote. La sua figura
interpella al giudizio e all'azione collettiva solidale e
liberatrice.
A chi vorrebbe inchiodarlo nel silenzio dei
trapassati, noi diciamo che Alfio ha vissuto ed e' morto da persona
felice perche' giammai arresa alla menzogna e all'ingiustizia, da persona
generosa e quindi non riconciliata,
costruttrice di pace e quindi non pacificata. Una persona mai
rassegnata, mai silenziata. Un resistente.
La memoria di Alfio e' la memoria di un combattente
nonviolento contro l'oppressione di classe, contro il razzismo, contro la
devastazione della biosfera.
Non permettiamo che sia dimenticato, e non
permettiamo che la sua memoria sia sfigurata.
Se permettessimo che la sua testimonianza e
la sua lotta finissero con la sua scomparsa, allora e solo allora sarebbe
morto per sempre, e il senso e l'impegno e la speranza della sua vita e della
sua lotta e del suo insegnamento sarebbero per sempre annichiliti.
Queste cose in questa piazza in questa
giornata di convivialita' metteva conto che fossero dette,
perche' questa festa popolare, come Alfio l'avrebbe voluta e come i suoi
compagni del centro sociale l'hanno organizzata insieme a tante persone del
quartiere alle quali anch'io esprimo la mia gratitudine, non e' una festa
dell'oblio e dello stordimento, ma una festa della coscienza e della
conoscenza, del riconoscimento e della riconoscenza. Alfio e' ancora un nostro maestro. Alfio e' ancora
un nostro compagno. Alfio e' ancora vivo finche' tu resisti. 3. APPELLI.
IL CINQUE PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Anche con la prossima dichiarazione dei redditi si puo' destinare il cinque per mille al Movimento Nonviolento. Non si tratta di versare denaro in piu', ma solo di utilizzare diversamente soldi gia' destinati allo Stato. Destinare il cinque per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e' facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il numero di codice fiscale del Movimento Nonviolento, che e': 93100500235. * Per ulteriori informazioni: tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 4.
STRUMENTI. "AZIONE NONVIOLENTA"
"Azione nonviolenta" e' la rivista del Movimento Nonviolento, fondata
da Aldo Capitini nel 1964, mensile di formazione, informazione e dibattito sulle
tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo.
Redazione, direzione, amministrazione: via Spagna 8, 37123 Verona, tel.
0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail:
an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org
Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 30 euro sul ccp n. 10250363 intestato ad Azione nonviolenta, via Spagna 8, 37123 Verona. E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando una e-mail all'indirizzo
an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto
"copia di 'Azione nonviolenta'".
5. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Riletture
- Valeria Ando', L'ape che tesse. Saperi femminili nella Grecia antica,
Carocci, Roma 2005, pp. 296.
- Martin Bernal, Atena nera. Le radici afroasiatiche della civilta'
classica, Pratiche, Parma 1991, Nuove Pratche Editrice - Est, Milano 1997, pp.
XXX + 674.
- Italo Lana, Studi sul pensiero politico classico, Guida, Napoli 1973, pp.
VI + 484.
6. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e
internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento
dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della
creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo
di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 7. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
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possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 272 del 4 agosto 2010
Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su:
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