Telegrammi. 251



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 251 del 14 luglio 2010
Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail:
nbawac at tin.it
 
Sommario di questo numero:
1. Maria G. Di Rienzo: Dead women walking
2. Contro la guerra e contro il razzismo

3. Paolo Arena e Marco Graziotti intervistano Paolo Cacciari

4. Giobbe Santabarbara: Minima una testimonianza sulla tecnica deliberativa nonviolenta del metodo del consenso

5. Prestigiosi ospiti il 5 agosto a Viterbo

6. Il cinque per mille al Movimento Nonviolento
7. "Azione nonviolenta"
8. Segnalazioni librarie
9. La "Carta" del Movimento Nonviolento
10. Per saperne di piu'

 

1. EDITORIALE. MARIA G. DI RIENZO: DEAD WOMEN WALKING

[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per questo intervento.

Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista, narratrice, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia Economica dell'Universita' di Sydney (Australia); e' impegnata nel movimento delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005. Un piu' ampio profilo di Maria G. Di Rienzo in forma di intervista e' in "Notizie minime della nonviolenza" n. 81]

 

E' incredibile. Sono realmente sconvolta: l'omicidio di donne, in Italia, e' ancora reato. Nonostante la valanga di spiegazioni e giustificazioni forniteci da psicologi, opinionisti e pensatori, nonostante i loro pianti sui raptus, sulle difficolta' economiche degli uomini e sullo strapotere dei cadaveri femmine, nonostante attualmente le donne siano assassinate a causa della temperatura (come ci hanno spiegato, in modo assai rassicurante e sensato, durante un telegiornale). E' ancora sbagliato. Mi domando per quanto.

Ieri, non potendo ignorare la sequenza di omicidi, era tutto un fiorir di fervorini sulla stampa, da destra a sinistra, dove spuntavano frasi del tipo “Centri antiviolenza sono presenti su tutto il territorio nazionale e presso tutte le squadre mobili della polizia ci sono sezioni specializzate contro le violenze sessuali nei confronti di donne e minori, il mobbing e lo stalking. Ma, purtroppo, la spirale di vittime continua”. I giornali non sanno perche'. I loro compitini stentati sulla violenza di genere sono affiancati da dive in bikini, modelle anoressiche, escort e veline di successo, e riportano giulivi i commenti de “il sottosegretario” alla Giustizia, che si chiama Maria Elisabetta ma dio ci guardi dallo “sminuirla” identificandola come donna. Sopra e sotto ci sono gli “studi” che “provano”, di volta in volta, l'ineluttabilita' del maschio dominatore e violento o l'innato masochismo delle donne, e persino quanto benefico e naturale sia mentire. (Sospetto che quest'ultimo “studio” lo abbiano finanziato i nostri politici, ma portate pazienza, sono una vecchia maligna).

E cosi', abbiamo “Centri antiviolenza su tutto il territorio nazionale”? Fantastico. Si trascura di dire che siamo gia' stati ripresi, come stato membro, dall'Unione Europea perche' non ne abbiamo abbastanza, e perche' parecchi di quelli che ci sono non riescono ad arrivare agli standard minimi per fare un buon lavoro. Non e' soprendente, il governo centrale e quelli locali non hanno un piano per finanziarli, non hanno idee al proposito e non intendono apprendere nulla dalle volontarie che li tengono in piedi o dai gruppi di donne che li hanno creati.

E cosi', “presso tutte le squadre mobili della polizia ci sono sezioni specializzate contro le violenze sessuali nei confronti di donne e minori, il mobbing e lo stalking”? Ma chi scrive queste cose ha mai provato ad andare a fare un esposto o una denuncia per molestie, persecuzioni eccetera? Bisogna avere la faccia di palta che ho io, per riuscirci, sopportando lo scherno, il disinteresse, i risolini, i pellegrinaggi da un ufficio all'altro, gli inviti a “lasciar perdere” e a “non drammatizzare”: non tutte siamo cosi' persistenti o cosi' insensibili alle umiliazioni. Non tutte siamo abbastanza informate. Non tutte, soprattutto se stiamo facendo questa cosa da sole e abbiamo alle spalle un bel po' di traumi, siamo in quel momento abbastanza forti o decise. E sembra che neppure vada bene, mostrare di avere carattere: si rischiano sentenze come quella recente della Cassazione (25138), dove dopo tre anni di ingiurie, minacce e percosse da parte del marito la donna non era, per i giudici, “sufficientemente intimorita”. Quindi lo hanno assolto.

E poi, per la prevenzione serve davvero fare denuncia? Il signore che ha ammazzato due “ex fidanzate” in un giorno solo (30 giugno) nei dintorni di Milano, ne aveva prese sette, di denunce per stalking. Mi immagino il suo sconcerto. Perche' mai lo denunciano, se tutto intorno a lui gli sta dicendo che ha ragione, che con le donne “questo e altro”, che un vero uomo si fa rispettare, che le donne sono pezzi di carne a sua disposizione, che le donne amano essere maltrattate, che il sesso e' violenza, e che la violenza e' potere? Dead women walking. Ecco come siamo descritte e come si deve trattarci. Come cadaveri ambulanti.

I commentatori di professione, pero', cascano dalle nuvole: solo il 7,3% delle violenze sulle donne vengono denunciate, e “la spirale di vittime continua”. Magari, il giorno prima, il loro quotidiano (orgoglioso, libero ed alfiere del giornalismo d'indagine) ha ospitato il fine corsivo di un maestro della penna, che dopo aver vomitato in esso tutto il suo odio verso le donne concludeva, letteralmente, con l'invito agli uomini a praticare sesso solitario dietro le siepi, piuttosto di aver a che fare con le loro simili. Signori, se le vostre relazioni con le donne sono composte di calci, pugni, ingiurie, ricatti e persecuzioni, per favore, dategli ascolto. E spingetevi ancora piu' in la': state distanti, nel vostro club di uomini con il pelo sul petto, e se sentite il bisogno di “donne” ritagliate le loro figurine dai vostri giornali e riducete in pezzi quelle, non noi. Noi siamo fatte di carne, sangue e spirito. Noi vogliamo vivere.

 

2. RIFLESSIONE. CONTRO LA GUERRA E CONTRO IL RAZZISMO
 
Non passi giorno senza che tu dica che la guerra e il razzismo sono crimini contro l'umanita'.
Non passi giorno senza che tu dica che l'umanita' guerra e razzismo ha il dovere di abolire.
Non passi giorno senza che tu dica che solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.
Non passi giorno senza che tu dica che contro guerra e razzismo occorre insorgere ora.
Vi e' una sola umanita'.
La nonviolenza e' in cammino.
 
3. LA NONVIOLENZA OGGI IN ITALIA. PAOLO ARENA E MARCO GRAZIOTTI INTERVISTANO PAOLO CACCIARI
[Ringraziamo Paolo Arena (per contatti: paoloarena at fastwebnet.it) e Marco Graziotti (per contatti: graziottimarco at gmail.com) per averci messo a disposizione questa intervista a Paolo Cacciari.

Paolo Arena e Marco Graziotti fanno parte della redazione di "Viterbo oltre il muro. Spazio di informazione nonviolenta", un'esperienza nata dagli incontri di formazione nonviolenta che si svolgono settimanalmente a Viterbo.

Su Paolo Cacciari si veda la risposta all'ultima domanda di questa intervista]

 

- Paolo Arena e Marco Graziotti: Come e' avvenuto il suo accostamento alla nonviolenza?

- Paolo Cacciari: Tanti anni fa, mia moglie, Bruna Bianchi, che insegna Storia delle donne a Ca' Foscari, mi ha fatto conoscere Tolstoj e Gandhi. Poi ho capito, nel concreto svolgimento della mia attivita' politica, che non vi e' alternativa possibile al cambiamento che non passi attraverso il convincimento e il coinvolgimento.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali personalita' della nonviolenza hanno contato di piu' per lei, e perche'?

- Paolo Cacciari: Aldo Capitini, perche' mi ha fornito una lettura immediatamente politica della nonviolenza (il legame con la democrazia). E Danilo Dolci per la sua analisi sulla distinzione tra potere e dominio.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali libri consiglierebbe di leggere a un giovane che si accostasse oggi alla nonviolenza? E quali libri sarebbe opportuno che a tal fine fossero presenti in ogni biblioteca pubblica e scolastica?

- Paolo Cacciari: Tolstoj, Il regno di Dio e' in voi. Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, a cura di Giuliano Pontara.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali iniziative nonviolente in corso oggi nel mondo e in Italia le sembrano particolarmente significative e degne di essere sostenute con piu' impegno?

- Paolo Cacciari: Cosa intendete per “iniziative nonviolente”? Bisognerebbe uscire dall’idea che le iniziative nonviolente siano solo quelle targate dalle associazioni nonviolente. Anche la resistenza alla Fiom a Pomigliano e' stata nonviolenta. Penso, comunque, che l’obiezione fiscale alle spese militari rimanga sempre essenziale. Penso poi al lavoro che stanno facendo vari gruppi di interposizione e riconciliazione (Balcani, Palestina). Se guardiamo alle grandi emergenze in generale, penso che la mobilitazione appena avviata sulla giustizia climatica in vista della ripresa dei lavori della conferenza tra le parti sulle emissioni di gas climalteranti a Cancun possa essere un campo di impegno determinante.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: In quali campi ritiene piu' necessario ed urgente un impegno nonviolento?

- Paolo Cacciari: In tutti. Non credo che i conflitti si possano scegliere.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali centri, organizzazioni, campagne segnalerebbe a un giovane che volesse entrare in contatto con la nonviolenza organizzata oggi in Italia?

- Paolo Cacciari: Quelli che conosco mi sembrano tutti piu' che meritevoli: Nanni Salio a Torino, la Casa della nonviolenza di Mao Valpiana a Verona, il Centro Gandhi di Pisa... Il vostro.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Come definirebbe la nonviolenza, e quali sono le sue caratteristiche fondamentali?

- Paolo Cacciari: Nel mio libro Decrescita o barbarie, edito da Carta (ora scaricabile gratuitamente anche da internet, piccolo spot pubblicitario!), ho citato Ekkehart Krippendorff, l’autore de L’arte di non essere governati, Fazi, 2003, che ha scritto in un fascicolo di “Azione nonviolenta”: “La nonviolenza e' qualcosa di diverso da una semplice posizione intellettuale generica di pura negazione - la a-violenza, cioe' la negazione della violenza (...). Essa puo' essere solo l’espressione pratica e il comportamento concreto di una visione positiva e creativa della vita”. E’ una definizione che mi piace molto.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e femminismo?

- Paolo Cacciari: Se c’e' un principio femminile, e' quello della vita, della cura, della rigenerazione.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza ed ecologia?

- Paolo Cacciari: Vandana Shiva e' l’autrice e l’attivista che piu' mi ha ispirato e che meglio declina nonviolenza, femminismo, popoli e culture native, biodiversita', saperi locali... ecologia.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Quali rapporti vede tra nonviolenza e lotte del movimento dei lavoratori e delle classi sociali sfruttate ed oppresse?

- Paolo Cacciari: Per uno come me che viene da una cultura marxista e da un impegno comunista, questo nodo e' stato molto difficile da sciogliere. Qualche anno fa ho promosso un convegno sulla nonviolenza (riprendendo in mano i lavori di Alberto L’Abate sul marxismo) per conto del Partito della Rifondazione Comunista (gli atti sono stati pubblicati da "Liberazione" e Punto Rosso: Agire la nonviolenza, 2004) che ha avuto un forte impatto in tutta l’area “antagonista”, altermondialista, ancora scossa dalle tragiche giornate del G8 di Genova e dalla seconda guerra del Golfo. Essere riusciti a far assumere esplicitamente l’opzione nonviolenta ad un partito di tradizione operaia, comunista (per quanto piccolo) e' per me un motivo di grande interesse teorico e pratico. Quel convegno ha fatto crollare dei tabu' (da ambedue le parti: marxisti e pacifisti nonviolenti). Avevamo scritto nella lettera di convocazione: “Di fronte alla illimitata capacita' di violenza del liberismo armato, piu' che mai, se ce ne fosse stato ancora bisogno, e' dimostrato che ‘l’altro mondo possibile’ potra' essere generato solo da una forza opposta e rovesciata altrettanto grande”. Insomma, la rivoluzione o e' nonviolenta o e' solo la sostituzione “al potere” di forze diverse, ma uguali. Il mito della rivoluzione armata (in tutte le sue versioni) nei militanti della sinistra e' ancora forte, ma con quel convegno eravamo riusciti a dimostrare non solo l’errore, ma anche l’esistenza di una alternativa piu' efficace e coraggiosa per cambiare lo stato delle cose presenti. Questi temi suscitarono un grande dibattito sul quotidiano "Liberazione". I vari articoli sono stati raccolti e pubblicati in un volume.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione sull'economia?

- Paolo Cacciari: Io ho maturato una convinzione molto radicale (che la crisi attuale conferma) sull’economia capitalistica, cioe' sull’economia fondata sul principio del profitto e dell’accumulazione infinita. Esattamente come affermiamo che la democrazia non e' esportabile e la pace non e' raggiungibile se non con mezzi pacifici, cosi' il rapporto di produzione capitalistico non e' usabile per produrre "cose" che siano estranee da alienazione e mercificazione. Solo modalita' di lavoro e di consumo altre potrebbero produrre beni relazionali utili, la cura e la manutenzione dei beni comuni, la piena soddisfazione di se'. Il vizio presuntuoso - tutto occidentale, machiavellico - di separare la via dalla meta, le modalita' dagli obiettivi, le procedure dai risultati, ha portato a colossali abbagli. In ogni processo vi sono coerenze interne che ne determinano l’esito. Insomma penso che il capitalismo sia del tutto incompatibile con una societa' nonviolenta.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Cosa apporta la nonviolenza alla riflessione sull'etica e sulla bioetica?

- Paolo Cacciari: Alla fine, il nocciolo della questione e' tutto qui. Al fondo di tutti i nostri mali vi e', intrisa nella modernita', l’idea della separazione tra etica e politica, tra etica ed economia, tra etica e scienza, tra etica e razionalita' tecnica, tra etica e qualsiasi pratica umana specifica che si sia dotata di uno statuto logico autonomo. In definitiva, si puo' dire che tutto il pensiero occidentale mira a dispiegare il potere di agire umano oltre ogni obbligo derivante da norme morali, da considerazioni sul bene e sul male, sul giusto e l’ingiusto. Per raggiungere questo risultato anche l’etica e' stata disciplinarizzata e assegnata nella disponibilita' esclusiva degli scienziati, dei filosofi e dei preti a seconda dei casi, che posseggono le leggi della natura, della vita, della societa' e della psicologia degli uomini, del trascendentale. Ogni “etica” ha avuto un proprio “codice” specifico. Un’etica fatta a fette. Un tale modo di pensare, che sottrae i comportamenti umani al giudizio di valore, li limita e li relativizza. Ha scritto Edgar Morin, l’autore de Il metodo (Il metodo. Etica, Cortina, 2004) che: “La scienza moderna si e' fondata sulla disgiunzione tra giudizio di fatto e giudizio di valore, cioe' la conoscenza da una parte e l’etica dall’altra”. Ancora: “A partire da Machiavelli l’etica e la politica si sono trovate ufficialmente disgiunte. Nella concezione del principe (il governatore) e' tenuto ad obbedire all’utilita' e all’efficienza, e non alla morale”. La razionalita' strumentale (i mezzi) da una parte, gli obiettivi (i fini) dall’altra. Con Max Weber e Lenin si e' giunti a dire esplicitamente che ci sono due etiche: quella pubblica (della responsabilita' collettiva) a cui devono rispondere le elites a capo delle istituzioni, cui e' deputata la gestione del “bene generale”, e quella privata, spontanea, istintiva, delle persone che agiscono con modalita' non organizzate, detta della “convinzione”, o della “coscienza”, o delle “intenzioni”, o dei "principi", a cui ogni individuo deve rispondere in proprio ubbidendo a canoni morali, a precetti religiosi, a tradizioni culturali consolidate. Ecco, questa distinzione e' alla base della modernita' e ha portato ai disastri che vediamo.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Tra le tecniche deliberative nonviolente ha una grande importanza il metodo del consenso: come lo caratterizzerebbe?

- Paolo Cacciari: L’unico democratico, appunto. Ma per capirne il significato profondo bisogna forse partire dall’inizio. Io penso che la democrazia, in radice, sia una tensione permanente all’autogoverno. Io vedo la democrazia come conflitto inesauribile tra demos e kratos (in contrapposizione alla dominazione), come processo evolutivo e trasformativo. Come rivendicazione continua di allargamento della partecipazione alle scelte, come pressione per estendere sempre di piu' gli spazi della decisione pubblica, cioe' politica. Al fondo noi pensiamo che vi sia una “domanda incontenibile di liberta'”, una insofferenza “naturale”, nell’indole umana, per ogni costrizione. Quasi una “legge spirituale della liberta' individuale”, che risponde all’ideale kantiano della “autolegislazione dell’essere umano”. Il “fare democrazia” e', quindi, “empowerment”, darsi il potere da soli, processo di autoemancipazione, di autonomia dal potere costituito, di autocostruzione delle norme sociali: “anti/contro-potere/dominio”. In ognuno di noi, diceva Gandhi, c’e' la facoltà di discernere il bene e il male. Se fossimo davvero liberi (da condizionamenti, da manipolazioni, da costrizioni) di rispondere in coscienza, non avremmo dubbi, come non ce li ha un bambino. Miguel Abensour (La democrazia contro lo stato) ha scritto: “La democrazia non e' un regime politico, ma un’azione e una modalita' dell’agire politico”. Per noi la democrazia viene prima e va oltre la rappresentanza. E non dobbiamo nemmeno pensare (come invece fanno molti “realisti”, disincantati e rinunciatari) che la partecipazione non sia una aspirazione permanente dei cittadini, per il solo fatto che oggi viene a loro negata. Quindi una politica che voglia davvero porsi il problema della trasformazione della societa' in senso democratico e di giustizia non puo' non porsi l’obiettivo (una precondizione) di facilitare e organizzare la formazione di movimenti di persone impegnate in prima persona. Prendo in aiuto Vandana Shiva (Il bene comune della terra): “... i regimi totalitari e dittatoriali si combattono a partire dalle realta' locali, perche' i processi e le istituzioni su larga scala sono connotati dal potere dominante. I piccoli successi sono invece alla portata di milioni di individui, che insieme possono dare vita a nuovi spazi di democrazia e liberta'. Su larga scala le alternative che ci vengono concesse sono ben poche. Per converso la realta' quotidiana ci offre mille occasioni per mettere a buon frutto le nostre energie”. Piu' o meno anche Lea Melandri dice le stesse cose: “E’ attraverso modificazioni conflittuali dell’assetto dei micropoteri che si realizzano i mutamenti piu' radicali dei modi di vita e dei meccanismi di riproduzione sociale”. Ne discende che la “sovranita'” va trascinata giu', giu' fino a identificarsi nelle condizioni materiali, reali, quotidiane delle persone. Non puo' esserci un interesse generale “sovraordinato” e penalizzante la vita di ogni singolo individuo. La prima regola della democrazia, quindi, dovrebbe essere la condivisione. Ridurre la democrazia al principio di maggioranza e' stravolgerne il significato originario, un vero rovesciamento dei fini. Il consenso come obbligo sociale e' l’unica vera garanzia contro la sopraffazione e l’autoritarismo senza autorita'.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Nonviolenza e movimenti sociali, istituzioni, forze politiche: quali rapporti?

Seguendo il ragionamento svolto prima, si puo' dire che la politica sia l’azione pratica per mettere a frutto nello spazio pubblico, collettivo l’esperienza di vita quotidiana. L’estensione della buona amministrazione della casa ai beni comuni e allo spazio collettivo. La politica come un processo collettivo plurale che conduca ad una autorappresentazione dei gruppi e dei movimenti di cittadinanza attiva. Un processo che ha bisogno di attrattori politici (come nel caso del referendum contro la privatizzazione dell’acqua), ma non necessariamente di un partito ordinatore. Capisco che si tratta di superare modi di pensare consolidati e costituzionalizzati nell’art. 49. I partiti, e solo loro, sono chiamati a “concorrere a determinare la politica nazionale”. Immaginare una democrazia oltre la rappresentanza e' cosa non facile: serve decolonizzare la mente dall’idea che la politica sia solo quella cosa che si conchiude dentro la sfera istituzionale nel gioco stretto elezioni-partiti-governo. Per riuscirci serve passare attraverso una critica serrata e spietata alle forme di democrazia (e' ancora possibile chiamarla cosi'?) realmente esistenti. Senza un’opera di disconoscimento della presunta neutralita' dello stato non sara' possibile costruire una forza politica davvero autonoma e libera dai condizionamenti strutturali e ideologici del capitalismo. Ha scritto Arundhati Roy (Quando arrivano le cavallette) a proposito del crepuscolo della democrazia: “Che cosa ne abbiamo fatto della democrazia? In che cosa l’abbiamo trasformata? Che succede una volta che si e' consumata, svuotata, privata di senso? Cosa succede quando ciascuna delle sue istituzioni si e' fatta metastasi fino a trasformarsi in una entita' maligna e pericolosa? Cosa succede ora che capitalismo e democrazia si sono fusi in un unico organismo predatorio dell’immaginazione limitata e costretta, incentrata quasi esclusivamente sull’idea della massimizzazione del profitto? (...) Viene da chiedersi se sia rimasto qualche legame tra elezioni e democrazia”.

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- Paolo Arena e Marco Graziotti: Potrebbe presentare la sua stessa persona (dati biografici, esperienze significative, opere e scritti...) a un lettore che non la conoscesse affatto?

- Paolo Cacciari: Ho 61 anni. Ho una laurea in storia dell’architettura e un diploma di giornalista professionista raggiunto lavorando all’"Unita'" alla fine degli anni ’70. In realta' ho speso la mia vita nelle amministrazioni pubbliche come consigliere comunale e assessore a Venezia, consigliere regionale ed anche parlamentare nell’ultimo tragico governo Prodi. Con il Pci e con Rifondazione comunista poi. Ho collaborato con varie associazioni e comitati ambientalisti. Nel Veneto abbiamo dato vita ad una rete che si chiama AltroVe (altro Veneto). Collaboro con la rivista "Carta". Tra le cose che ho pubblicato segnalo: Storia dell’ecologia. La rovina di Venezia, in “Natura, capitalismo, socialismo”, n. 19/1991; Venezia derubata. Idee e Fatti di un ventennio 1973-1993, (con Scaglione, Benzoni e Bettin), supplemento al n. 20 di “Avvenimenti”, 1993; La salvaguardia di Venezia. Dieci anni di battaglie, supplemento ad “Arc” n. 23, marzo 1995; Racconti di disubbidienza ambientale, in “Ecologia Politica” nn. 1-2, 1996; Presentazione a: Difendere l’ambiente nel Veneto: conflitti e comitati locali, a cura di Antony Zamparutti, Quaderno OV, supplemento n. 6/2000; Presentazione a: Tipologie dei natanti veneziani, Comune di Venezia, 2001; Moltitudini e cittadinanze tra locale e globale, in “Esodo” n. 4, 2002; Per una critica ai modelli concertativi, in: Aa.Vv., La democrazia possibile, Carta e Intra Moenia, 2002; Presentazione e cura di: Aa.Vv., Agire la nonviolenza. Prospettive di liberazione nella globalizzazione, Edizioni Punto Rosso e Liberazione, 2004; Pensare la decrescita. Sostenibilita' ed equita', Carta e Intra Moenia, 2006; Il comune non pensa solo all’immondizia, in: Cambieresti? La sfida di mille famiglie alla societa' dei consumi, I libri dell’Altreconomia, 2006; Per una mappa dei conflitti territoriali, in: Sulla comunita' politica, Punto Rosso, 2007; Prefazione a: Lucia Vastano, Vajont, l’onda lunga, Ponte alle grazie, 2008; Decrescita o barbarie, Carta, 2008 (ora scaricabile gratuitamente da internet dal sito di Simplicissimus); L’articolo 11 della nostra Costituzione dice che la guerra va bandita, in Aa.Vv., Intercultura e nonviolenza. Possibili strade di pace, Clueb, 2008; Equita' e sostenibilita', in Aa.Vv., Il dolce avvenire. Esercizi di immaginazione radicale del presente, Diabasis, 2009; Prefazione a: Alberto Castagnola, La fine del liberismo. Guida alla grande crisi finanziaria, Carta e Intra Moenia, 2009; La green economy non salvera' il mondo, in “Cometa” n. 2/2009; Caritas in veritate. Nuovi rapporti tra Chiesa, politica ed economia?, in “Il tetto”, dicembre 2009; A difesa della decrescita, in: Aa.Vv., Decrescita. Idee per una civilta' post-sviluppista. Sismondi Editore, 2009; Decrecimento o barbarie. Para una salida nonviolenta del capitalismo, Icaria, Barcelona 2010; Postfazione a: Roberto Lorusso, All’alba della notte bianca. Liberare le citta' dalla politica spettacolo e realizzare il bene comune, Editori Riuniti University Press, 2010.

 

4. ESPERIENZE. GIOBBE SANTABARBARA: MINIMA UNA TESTIMONIANZA SULLA TECNICA DELIBERATIVA NONVIOLENTA DEL METODO DEL CONSENSO
 
Noi amici della nonviolenza qui a Viterbo da diversi anni facciamo cosi': al termine delle nostre assemblee si prendono solo le decisioni su cui tutti i partecipanti al processo decisionale esprimono un persuaso ed argomentato accordo. Decidiamo poche cose, sovente dopo una riflessione assai ampia e complessa, a cui tutti i presenti partecipano.
Sara' perche' siamo fortunati, sara' perche' sappiamo costruire una forte affinita' e un autentico ascolto reciproco, sara' perche' siamo persone ragionevoli, riusciamo sempre a giungere a delle decisioni, decisioni esplicitamente, sinceramente unanimi.
E quando a prendere una determinata decisione si rinuncia perche' una sola persona vi si oppone quand'anche tutte le altre la sostengano, ebbene, cio' non lo sentiamo come uno scacco, ma come una conferma del nostro rispettarci, ascoltarci, sentirci solidali, camminare insieme, insieme lottare.
Nella nostra esperienza il metodo del consenso funziona, funziona sempre. Basta volerlo scegliere in serieta' e onesta'.

 

5. INIZIATIVE. PRESTIGIOSI OSPITI IL 5 AGOSTO A VITERBO

[Riceviamo e diffondiamo]

 
L'illustre magistrato Ferdinando Imposimato e la prestigiosa saggista ambientalista Marinella Correggia parteciperanno il 5 agosto 2010 a Viterbo all'iniziativa pubblica per il terzo anniversario del comitato che si oppone al mega-aeroporto.
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Il comitato fu costituito il 24 luglio 2007 con una assemblea presso il centro sociale autogestito "Valle Faul" di Viterbo; fin dalla fondazione al comitato partecipo' anche Alfio Pannega, figura storica della Viterbo popolare e antifascista, che e' deceduto il 30 aprile scorso e che sara' ricordato ancora una volta il 5 agosto dai suoi compagni di vita e di lotte.
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Il 5 agosto 2010, in una delle piu' belle piazze di Viterbo, utilizzando variegate forme espressive (e col prezioso contributo di artisti dell'immagine, del suono e della parola), il comitato riassumera' questi tre anni di esperienze di impegno per la verita', per l'ambiente, per i diritti umani, per la legalita', per salvare l'area naturalistica, archeologica e termale del Bulicame dall'insensato ed illegale mega-aeroporto degli speculatori, degli avvelenatori, dei vandali.
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Il comitato ringrazia fin d'ora i prestigiosi ospiti che parteciperanno all'iniziativa.
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Il comitato che si oppone al mega-aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, in difesa della salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti
Viterbo, 13 luglio 2010
Per informazioni e contatti: e-mail: info at coipiediperterra.org, sito: www.coipiediperterra.org, recapito postale: c/o Centro di ricerca per la pace, strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo
Per contattare direttamente la portavoce del comitato, la dottoressa Antonella Litta: tel. 3383810091, e-mail: antonella.litta at gmail.com

 

6. APPELLI. IL CINQUE PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO
 

Anche con la prossima dichiarazione dei redditi si puo' destinare il cinque per mille al Movimento Nonviolento.

Non si tratta di versare denaro in piu', ma solo di utilizzare diversamente soldi gia' destinati allo Stato.

Destinare il cinque per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e' facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il numero di codice fiscale del Movimento Nonviolento, che e': 93100500235.

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Per ulteriori informazioni: tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org

 
7. STRUMENTI. "AZIONE NONVIOLENTA"
 
"Azione nonviolenta" e' la rivista del Movimento Nonviolento, fondata da Aldo Capitini nel 1964, mensile di formazione, informazione e dibattito sulle tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo.
Redazione, direzione, amministrazione: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org
Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 30 euro sul ccp n. 10250363 intestato ad Azione nonviolenta, via Spagna 8, 37123 Verona.
E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando una e-mail all'indirizzo an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto "copia di 'Azione nonviolenta'".
 
8. SEGNALAZIONI LIBRARIE
 
Riletture
- Angelo Marchese, L'officina del racconto. Semiotica della narrativita', Mondadori, Milano 1983, pp. VI + 246.
- Angelo Marchese, L'officina della poesia. Principi di poetica, Mondadori, Milano 1985, 1997, pp. IV + 332.
 
9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
 
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.
 
10. PER SAPERNE DI PIU'
 
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
 
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 251 del 14 luglio 2010
 
Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
 
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