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Coi piedi per terra. 288
- Subject: Coi piedi per terra. 288
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 10 Jul 2010 11:34:55 +0200
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COI PIEDI PER TERRA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in
cammino"
Numero 288 del 10 luglio
2010
In questo numero:
1. Segnalazioni librarie
2. Contro la guerra, la nonviolenza (parte seconda e
conclusiva)
3. Per contattare il comitato che si oppone al mega-aeroporto di Viterbo e
s'impegna per la riduzione del trasporto aereo
1. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Riletture
- Luisella Battaglia, Etica e diritti degli animali, Laterza, Roma-Bari
1997, pp. XVI + 192.
- Silvana Castignone, Povere bestie. I diritti degli animali, Marsilio,
Venezia 1997, 1999, pp. 120.
- Paola Cavalieri, La questione animale. Per una teoria allargata dei
diritti umani, Bollati Boringhieri, Torino 1999, pp. 192. 2. RIFLESSIONE. CONTRO LA GUERRA, LA NONVIOLENZA (PARTE
SECONDA E CONCLUSIVA)
[Ripubblichiamo ancora una volta ampia parte di un testo gia' diffuso nel
2001 (e gia' ripresentato piu' volte sul nostro notiziario), nato dalla
rifusione di materiali precedenti e parzialmente apparso in Fondazione Venezia
per la ricerca sulla pace, Annuario della pace, Asterios, Trieste 2001. La prima
parte e' apparsa nel notiziario di ieri]
Cosa e' la nonviolenza: questioni terminologiche preliminari
1. Il termine
Il termine "nonviolenza" e' la traduzione italiana del concetto coniato da
Gandhi per definire la sua proposta ed azione di lotta; Gandhi utilizza due
termini: ahimsa, che potremmo tradurre come "non violenza", o anche "assoluto
contrario della violenza", "radicale opposizione alla violenza", ed anche
"in-nocenza", "assoluto rifiuto di fare del male"; e satyagraha, che potremmo
tradurre come "forza della verita'", "attaccamento, adesione alla verita'", "ma
anche "forza coesiva della verita'"; non solo: la radice indoeuropea "sat"
designando non solo il vero, ma l'essere, il bene, il divino come infinitamente
vero e buono, il termine coniato da Gandhi significa altresi' "prossimita' al
bene", "contatto con l'essere", "unita' con il e nel giusto e verace",
"coessenzialita'": insomma i termini gandhiani ahimsa e satyagraha definiscono
un campo semantico ad un tempo molto preciso, molto profondo ed insieme molto
ampio. Il termine italiano nonviolenza li traduce entrambi unificandoli; la sua
peculiare forma grafica (scrivere cioe' "nonviolenza" tutto attaccato e non
separando "non" e "violenza") e' stata proposta da Aldo Capitini, il maggior
pensatore e promotore della nonviolenza in Italia, per sottolineare la
positivita' ed originalita' del concetto.
Il termine "nonviolenza" e' quindi recente, risale a Gandhi ed e' del tutto
novecentesco.
2. Il concetto
Ci si e' posti spesso il problema se sia recente anche il concetto cui il
termine si riferisce. Come e' noto una diffusa antologia di scritti gandhiani
edita per le cure dell'Unesco si intitola Antiche come le montagne, e fa
riferimento ad una celebre frase gandhiana in cui la nonviolenza e' definita
appunto "antica come le montagne".
Ahinoi, qui mettiamo in discussione questa autorevole opinione, ed en
passant contesteremo anche la fattura di questo celebre libro come di molte
altre antologie gandhiane. E cominciamo da questa seconda opposizione: spesso si
pubblicano raccolte di scritti gandhiani riducendo i suoi ragionamenti in
"pillole", in frasi celebri astratte dal contesto. Ma Gandhi non e' stato uno
scrittore sistematico, un accademico, un trattatista, bensi' un militante; e la
sua scrittura e' quasi esclusivamente giornalistica ed epistolare, sempre mirata
alla concreta lotta da condurre in quel preciso momento ed in quella precisa
situazione; e stando cosi' le cose non e' infrequente che Gandhi torni
autocriticamente sulle sue precedenti opinioni per modificarle; cosi' come e'
assolutamente ovvio che in momenti e situazioni diverse egli si esprima in modo
diverso e vi siano quindi testi gandhiani che estrapolati dal contesto e posti
l'uno di fronte all'altro possono sostenere due tesi perfettamente opposte. Da
cio' deduciamo la necessita' di evitare la pubblicazione di "pillole" gandhiane,
per quanto brillanti ed acuminate possano essere singole frasi ridotte ad
aforismi, e proponiamo invece che si pubblichi (e quindi si legga) Gandhi in
edizioni che diano conto del contesto in cui i singoli testi proposti alla
riflessione concretamente si inseriscono (da questo punto di vista non si
lodera' mai abbastanza per il suo rigore e la sua lealta' la fondamentale
antologia di scritti gandhiani curata da Giuliano Pontara per Einaudi: Mohandas
Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi, Torino, piu' volte
ristampata).
Peraltro del carattere sperimentale, aperto, contestuale e concreto della
sua proposta teorico-pratica Gandhi era pienamente consapevole, al punto da
intitolare la sua autobiografia Storia dei miei esperimenti con la verita' (in
traduzione italiana disponibile oggi col titolo stabilito dagli editori La mia
vita per la liberta', Newton Compton, Roma), ripetutamente sottolineandovi come
la sua ricerca, le sue esperienze e riflessioni, lo portassero ad un
atteggiamento non dogmatico e ad una concezione costitutivamente aperta,
sperimentale, dialettica, creativa della nonviolenza.
Detto questo, passiamo alla prima questione proposta: il concetto di
nonviolenza e' antico o recente? Noi propendiamo per la seguente risposta: il
concetto di nonviolenza e' recente, e risale a Gandhi; la prassi della
nonviolenza e' invece effettivamente antica ed ha molte manifestazioni nel corso
della storia dell’umanita'.
3. La prassi
Vi sono nel passato prenovecentesco innumerevoli episodi di riflessione e
prassi nonviolente, ma in essi raramente la nonviolenza si presenta come un
concetto autonomo e fondativo dell'azione; piu' spesso e' implicato da
motivazioni o da finalita' che restano altre.
Facciamo alcuni esempi: sono sicuramente altissime figure di nonviolenti
alcuni fondatori e rappresentanti di religioni: ma in queste personalita', nella
loro predicazione, nelle loro esperienze, non era centrale l'idea di un'azione
riformatrice etico-politico-sociale nonviolenta; centrale e' una posizione e
proposta religiosa e trascendente.
Orbene, si potrebbe obiettare che anche in Gandhi la prospettiva religiosa
e' centrale; cio' e' vero, ma e' non meno vero che la proposta della nonviolenza
non si configura come parte speciale di un progetto religioso da assumere tout
court, ma come teoria-prassi dotata di una sua autonomia e di una sua capacita'
persuasiva anche rispetto a persone che non ne condividono i fondamenti
religiosi. Ed in effetti e' possibile aderire alla teoria-prassi nonviolenta
senza aderire ad una posizione religiosa.
Ancora: nel corso della storia molti movimenti sociali hanno fatto uso di
tecniche di lotta nonviolente; hanno proposto e praticato programmi sociali e
politici nonviolenti; hanno adottato etiche personali e collettive nonviolente;
basti pensare a tante esperienze del cristianesimo (il cui ruolo storico
nell'abbattimento del sistema schiavistico antico e dell'ideologia ad esso
inerente e' indiscutibile), con punte rilevantissime - un solo esempio:
Francesco d'Assisi -; dell'umanesimo - anche qui un solo esempio: l'irenismo
erasmiano -; dell'illuminismo; del socialismo in molte delle sue concrete
vicende di pensiero e di lotta; delle tradizioni che oggi definiremmo
"ecologiste" - includendo in esse anche culture tradizionali comunitarie
distrutte dalla furia colonialista -. Tuttavia una compiuta (ancorche' aperta e
felicemente inconcludibile) teorizzazione della nonviolenza ed una pratica
politico-sociale centrata su di essa e' un fatto dell'ultimo secolo.
Poi, naturalmente, in alcune delle figure piu' rilevanti della nonviolenza
contemporanea ed autocosciente la radice della riflessione, della scelta e
dell'impegno puo' benissimo essere religiosa, cosi' e' in Gandhi, cosi' in Lanza
del Vasto, cosi' in Martin Luther King, cosi' anche - in modo a lui peculiare -
in Aldo Capitini (che pure interagisce con l'antifascismo politico e la
tradizione otto-novecentesca azionista, mazziniana ma anche liberal-socialista
come e' noto); ma molte delle persone che hanno aderito ai movimenti di lotta da
essi suscitati potevano benissimo non condividere quella radice e pur sentirsi
completamente presi da quelle proposte analitiche ed operative, di riflessione e
di lotta, ed aderirvi quindi toto corde muovendo da una prospettiva
integralmente laica.
Fondamentalmente laica ci pare di poter considerare la proposta di Danilo
Dolci, o quella ecofemminista di Vandana Shiva, o l'elaborazione di Gene Sharp,
o di Johan Galtung, o di Giuliano Pontara. Ed un rappresentante illustre della
nonviolenza come Jean Marie Muller ha pertinentemente argomentato nel senso del
riconoscimento dell'autonomia teorica della nonviolenza e della possibilita' di
un'adesione ad essa indipendentemente dall'eventuale credo religioso personale;
ed analogamente ha argomentato, in una piu' ampia riflessione sull'uomo
"planetario" che deve fronteggiare qui e adesso sfide globali terribili e
cruciali e costruire una cultura della pace che a tutti chiede un peculiare
contributo, uno straordinario sacerdote cattolico come Ernesto Balducci.
Insomma, la prassi nonviolenta e' un fenomeno che ha una lunga tradizione
storica; la concettualizzazione della nonviolenza come teoria-prassi specifica
risale a Gandhi ed e' quindi fenomeno relativamente recente; la terminologia
precisamente corrispondente e' gandhiana, e la sua piu' adeguata traduzione e
peculiare trascrizione italiana e' merito particolare di Aldo Capitini.
*
Cosa e' la nonviolenza: alcune definizioni classiche
Venendo alla definizione di cosa la nonviolenza sia, preliminarmente
ripetiamo che di essa sono state date definizioni molteplici non solo a seconda
dei diversi protagonisti che ne hanno fatto uso e dei diversi autori che ne
hanno scritto, ma anche dalla stessa persona, militante e/o studioso, in fasi e
contesti diversi della sua riflessione e del suo agire.
Qui proponiamo una nostra definizione sintetica ed aperta: la teoria-prassi
della nonviolenza si basa sull'amore-forza della verita', e' lotta contro la
violenza condotta in modo rigoroso e radicale, praticando la coerenza tra mezzi
e fini; la nonviolenza si caratterizza per un atteggiamento sperimentale e non
dogmatico, di apertura e comprensione; la nonviolenza e' agire nelle situazioni
di conflitto, e' resistenza concreta e intransigente contro l'oppressione, e'
progetto sociale di eguaglianza e di liberazione testimoniato e costruito
nell'azione diretta.
Di seguito indichiamo alcuni testi di riferimento presso cui è possibile
trovare alcune definizioni classiche di essa date dai più grandi studiosi e
militanti della nonviolenza.
1. Alcune definizioni di Gandhi: segnaliamo qui come riferimento la bella
antologia di scritti di Mohandas Gandhi, Teoria e pratica della nonviolenza,
Einaudi, Torino 1973 e successive edizioni.
2. Alcune definizioni di Aldo Capitini: segnaliamo qui come riferimento la
bella antologia di scritti di Aldo Capitini, Il messaggio di Aldo Capitini,
Lacaita, Manduria 1977.
3. Una sintesi di Giuliano Pontara: segnaliamo qui (oltre ai vari suoi
volumi - di cui i più recenti sono La personalita' nonviolenta e Guerra,
disobbedienza civile, nonviolenza, ambedue presso le Edizioni Gruppo Abele,
Torino, 1996 -, ed alla notevole introduzione a Gandhi, Teoria e pratica della
nonviolenza, cit.) particolarmente le brevi voci Gandhismo e Nonviolenza in
Norberto Bobbio, Nicola Matteucci, Gianfranco Pasquino (a cura di), Dizionario
di politica, Utet, Torino, poi in edizione economica Tea, Milano.
4. Una sintesi di Jean Marie Muller: segnaliamo qui particolarmente l’opera
di Jean Marie Muller, Strategia della nonviolenza, Marsilio, Padova 1975.
5. Una sintesi di Gene Sharp: segnaliamo qui l'opera fondamentale di Gene
Sharp, Politica dell’azione nonviolenta, Edizioni Gruppo Abele, Torino
1985-1997, tre volumi. 6. Una sintesi di Christian Mellon e Jacques Semelin:
segnaliamo qui il volumetto di Christian Mellon e Jacques Semelin, La
non-violence, P.U.F., Paris 1994.
*
Dodici sguardi sulla nonviolenza
Ci permettiamo di riprodurre qui alcune nostre proposte di definizione, che
ovviamente offriamo alla discussione.
1. Rompere la complicita'. Alla base della nonviolenza vi e' la
consapevolezza che il potere ingiusto ed oppressivo si regge anche sulla
complicita' delle vittime e degli indifferenti: la nonviolenza e' in primo luogo
un appello a rompere la complicita' con l'ingiustizia, a toglierle il consenso,
ad uscire dalla passivita', a prendersi la propria responsabilita', a lottare
per la verita' e la giustizia.
2. La nonviolenza e' lotta. E' lotta contro la violenza, contro
l'ingiustizia, contro la menzogna. E' lotta perche' ogni essere umano sia
riconosciuto nella sua dignita'; e' lotta contro ogni forma di sopraffazione; e'
lotta di liberazione per l'uguaglianza di tutti nel rispetto e nella
valorizzazione della diversita' di ognuno. E' la forma di lotta piu' profonda,
quella che va piu' alla radice delle questioni che affronta. E' lotta contro il
potere violento, cui si oppone nel modo piu' completo, rifiutando la sua
violenza e rifiutando di riprodurre violenza. Afferma la coerenza tra i mezzi ed
i fini, tra i metodi e gli obiettivi. Tra la lotta e il suo risultato c'e' lo
stesso rapporto che c'e' tra il seme e la pianta. Chi lotta per la liberazione
di tutti, deve usare metodi coerenti. Chi lotta per l'uguaglianza deve usare
metodi che tutti possano usare. Chi lotta per la verita' e la giustizia deve
lottare nel rispetto della verita' e della giustizia. E' lotta contro il male,
non contro le persone. E' lotta per difendere e liberare, per salvare e per
convincere, e non per umiliare o annientare altre persone. E' lotta fatta da
esseri umani che non dimenticano di essere tali. Che non si abbrutiscono, che
non vogliono fare del male, bensi' contrastare il male. E' lotta per l'umanita'.
La nonviolenza e' il contrario della vilta'. E' il rifiuto di subire
l'ingiustizia; e' il rifiuto di ogni ingiustizia, sia di quella contro di me,
sia di quelle contro altri. La nonviolenza e' lotta. E' lotta per la verita', e'
lotta per la giustizia, e' lotta di liberazione e di solidarieta', e' lotta
contro ogni oppressione.
3. Otto brevi caratterizzazioni della nonviolenza. La nonviolenza e' forte:
puo' opporsi efficacemente alla forza delle armi; puo' sfidare coerentemente i
piu' grandi poteri del mondo. La nonviolenza e' umile: non richiede attitudini
eccezionali, pose monumentali, proclami retorici; non richiede ingenti risorse
fisiche o finanziarie; richiede limpidezza di condotta ed assunzione di
responsabilita'. La nonviolenza e' concreta: interviene realmente nel conflitto;
porta la pace e la giustizia nel suo stesso porsi; si oppone ugualmente alla
vigliaccheria ed alla violenza; educa alla dignita' umana. La nonviolenza e'
coerente: e' l'unico modo coerente di lottare contro la violenza; e' l'unico
modo coerente di affermare la dignita' di ogni essere umano; e' l'unico modo
coerente per ridurre l'ingiustizia e il dolore nel mondo. La nonviolenza e' il
potere di tutti: poiche' tutti possono lottare con la nonviolenza, poiche' la
nonviolenza fa appello a tutti, poiche' la nonviolenza rispetta la dignita' di
tutti e di ciascuno. La nonviolenza e' adesione alla verita', e' forza della
verita': da Gandhi a Capitini gli amici della nonviolenza sanno che essa e'
incompatibile con la menzogna, con i sotterfugi, con gli intrighi e le
doppiezze: la nonviolenza e' l'amore per la verita' che irrompe nell'agire
politico e sociale, e' il principio responsabilita' (il rispondere al volto
dell'altro che muto e sofferente ti interroga - Levinas -, il farsi carico del
mondo e dell'umanita' - Jonas -) che si rende operare autentico; e' la critica
della ragion pratica che si fa movimento di solidarieta' e di liberazione. La
nonviolenza e' lotta come amore: lotta integrale contro l'ingiustizia e la
menzogna, lotta integrale per la comunicazione e la dignita', lotta integrale
contro la violenza; lotta integrale per i diritti umani, lotta integrale per
un'umanita' di eguali, liberi e fraterni. La nonviolenza e' utopia concreta,
principio speranza, ortopedia del camminare eretti: abbiamo usato queste tre
formule del filosofo Ernst Bloch per significare che la nonviolenza e' concreta
azione e concreto progetto politico e sociale di dignita' umana e difesa della
biosfera; che la nonviolenza e' inveramento della speranza in una lotta coerente
e che nel suo stesso farsi e' liberante; che la nonviolenza e' affermazione ed
istituzione del diritto e dei diritti, legalita' e democrazia in cammino.
4. Quattro regole di condotta per l’azione diretta nonviolenta: I. A
un'iniziativa nonviolenta possono partecipare solo le persone che accettano
incondizionatamente di attenersi alle regole della nonviolenza. II. Tutti i
partecipanti devono saper comunicare parlando con chiarezza, con tranquillita',
con rispetto per tutti, e senza mai offendere nessuno. III. Tutti i partecipanti
devono conoscere perfettamente senso, fini, modalita' e conseguenze dell’azione
diretta nonviolenta; devono averne piena conoscenza, e devono esserne
completamente convinti; in particolare sottolineiamo la necessita' di essere
pienamente informati e consapevoli delle conseguenze cui ogni singolo
partecipante puo' andare incontro, conseguenze che vanno accettate pacificamente
e onestamente, ed alle quali nessuno deve cercare di sottrarsi. IV. Tutti devono
rispettare i seguenti princìpi della nonviolenza: a) non fare del male a nessuno
(se una sola persona dice o fa delle stupidaggini, o una sola persona si fa
male, l'azione diretta nonviolenta e' irrimediabilmente e totalmente fallita, e
deve essere immediatamente sospesa); b) spiegare a tutti (amici, autorita',
interlocutori, interpositori, eventuali oppositori) cosa si intende fare, e che
l'azione diretta nonviolenta non e' rivolta contro qualcuno, ma contro la
violenza; c) dire sempre e solo la verita'; d) fare solo le cose decise prima
insieme con il metodo del consenso ed annunciate pubblicamente (cioe' a tutti
note e da tutti condivise); nessuno deve prendere iniziative personali di nessun
genere; la nonviolenza richiede lealta' e disciplina; e) assumersi la
responsabilita' delle proprie azioni e quindi subire anche le conseguenze che ne
derivano; f) mantenere una condotta nonviolenta anche di fronte all'eventuale
violenza altrui. Chi non accetta queste regole non puo' partecipare all'azione
diretta nonviolenta, poiche' sarebbe di pericolo per se', per gli altri e per la
riuscita dell'iniziativa che deve essere, appunto, rigorosamente nonviolenta.
Per poter partecipare ad un'azione diretta nonviolenta e' necessario aver
partecipato prima alla discussione ed all'organizzazione che ha portato alla sua
decisione e realizzazione, ed e' altresì assolutamente indispensabile aver
partecipato ad un training di addestramento alla nonviolenza.
5. Una definizione fondamentale: la "carta" del Movimento Nonviolento. Una
definizione breve e precisa degli obiettivi e dei metodi di chi si impegna con e
per la nonviolenza e' nella carta ideologico-programmatica del Movimento
Nonviolento fondato da Aldo Capitini: [Non lo riproduciamo qui poiche' e' gia'
integralmente trascritto in tutti i numeri di questo stesso notiziario - anche
nel presente - come penultimo testo].
6. Necessita' dell'addestramento alla nonviolenza. La nonviolenza non e'
ne' un atteggiamento spontaneo, ne' un banale "volersi bene"; bensi': a) una
meditata scelta etico-politica di trasformazione delle relazioni personali e
sociali, b) un insieme di tecniche di lotta rigorose ed assai elaborate, c) una
strategia di lotta profondamente caratterizzata, d) un progetto di relazioni
umane e politiche radicalmente alternativo a quelle dominanti. Quindi la
nonviolenza non è affatto "spontanea", va conosciuta e coltivata. Nessuno si
sorprende se un soldato deve addestrarsi, nessuno si sorprende se un medico deve
studiare: ebbene, la nonviolenza richiede un addestramento e uno studio non
inferiori ma superiori a quelli richiesti al soldato ed al medico. Senza studio
non e' possibile comprendere la nonviolenza; senza addestramento non e'
possibile condurre l'azione nonviolenta. Proprio perche' la nonviolenza e' una
proposta morale, sociale e politica di lotta di liberazione che nel suo stesso
farsi inveri la dignita' umana di ognuno e di tutti, essa richiede un impegno di
conoscenza, di preparazione, di discussione, di consapevolezza e di capacita'
critica e autocritica assolutamente superiore a quello richiesto in altre forme
di organizzazione, in altri ambiti di studio, in altre proposte di azione.
7. I diritti umani, presi sul serio. Scegliamo la nonviolenza perche' essa
e' l’unica teoria-prassi dell’azione politica e sociale collettiva che si
prefigge nel suo stesso svolgersi il rispetto dei diritti umani di tutti, non
solo di coloro che partecipano all'azione, ma anche di coloro che la subiscono.
La nonviolenza non rinvia la realizzazione dei diritti umani ad un futuro
successivo alla conclusione della lotta, essa realizza i diritti umani nel corso
stesso della lotta. La nonviolenza non nega umanita' agli avversari con cui
lotta, essa riconosce l'umanita' degli avversari con cui lotta. La nonviolenza
e' lotta intransigente per affermare la dignita' umana di tutti e per affermarla
subito. Essa e' nei suoi metodi e nel suo svolgersi coerente con i suoi fini:
poiche' il fine e' la dignita' umana e la liberazione dall'oppressione, la lotta
nonviolenta nel suo stesso svolgimento deve realizzare la dignita' di tutti e
prefigurare la liberazione di tutti. Per questo diciamo che la nonviolenza e'
lotta come amore.
8. La liberazione umana, subito. Inoltre scegliamo la nonviolenza perche'
essa e' l'unica teoria-prassi dell'azione politica e sociale collettiva che
realizza nel suo stesso farsi una forma autentica di democrazia diretta,
rapporti egualitari e non gerarchici, che prefigura gia' nella sua
organizzazione relazioni umane e sociali liberate e liberanti; perche' consente
la partecipazione di tutti ed abolisce rapporti di potere e di oppressione. Per
questo essa adotta il metodo del consenso, per questo essa non e' solo una forma
di lotta ma anche una occasione di costruzione di rapporti umani solidali; per
questo nella nonviolenza si richiede una piena limpidezza di comportamenti e una
forte lealta' nei confronti di tutti, di sottoporre tutto alla discussione
comune, e di scegliere sempre e solo gli obiettivi e le forme di lotta che tutti
i partecipanti condividono.
9. La nonviolenza e' gestione del conflitto. La nonviolenza e' gestione del
conflitto, la cui esistenza essa riconosce e valorizza. La nonviolenza non e'
una visione idilliaca ed illusoria, quindi narcotizzante, dei rapporti sociali;
ma la consapevolezza della conflittualita' degli ideali e degli interessi, delle
situazioni esistenziali e delle relazioni sociali, dei rapporti economici e
politici, degli assetti culturali e ideologici. Essa si propone di intervenire
nel conflitto e di farlo umanizzando il conflitto, valorizzandone la dimensione
morale e conoscitiva, gestendolo in modo da renderlo fecondo di rapporti umani
piu' giusti, lottando incessantemente contro la violenza, contro l'ingiustizia,
contro l'inganno. Si puo' essere nonviolenti solo nel conflitto, si puo' essere
nonviolenti solo se si lotta per la giustizia. Gli indifferenti, coloro che
chiudono gli occhi, chi se ne sta chiuso in casa sua, non hanno nulla a che
vedere con la nonviolenza. La nonviolenza e' lotta integrale e intransigente
contro l'ingiustizia. La nonviolenza e' il contrario della vilta', il contrario
dell'egoismo, il contrario della passivita', il contrario del motto fascista "me
ne frego". La nonviolenza e' quella specifica forma di gestione del conflitto
che ripudia la violenza e si propone come fine precipuo di combatterla e di
abolirla.
10. La nonviolenza e' ripudio assoluto della violenza. La nonviolenza e'
opposizione assoluta alla violenza: non ammette complicita', meschinita' o
sotterfugi. La nonviolenza smaschera e ripudia i sofismi sulla "violenza buona",
sulla "guerra giusta", e simili infamie: la nonviolenza si oppone sempre e
comunque alla guerra e alla violenza. Ovviamente gli amici della nonviolenza
riconoscono agli oppressi il diritto di legittima difesa; ovviamente gli amici
della nonviolenza hanno la capacita' di ricostruire i rapporti di causa ed
effetto che producono l'oppressione e la violenza, e si battono in primo luogo
contro le cause e le condizioni strutturali che producono ingiustizia,
sopraffazione, sofferenza, violenza. Lo stesso Gandhi era esplicito nel
dichiarare che di fronte alla violenza la cosa peggiore e' la vilta', e che se
non si ha la forza di resistere con la nonviolenza, gli oppressi hanno il dovere
di resistere comunque; ma aggiungeva che la nonviolenza e' incomparabilmente
piu' forte e migliore della resistenza violenta, e che occorre avere la forza di
scegliere sempre e comunque la nonviolenza. Noi riteniamo che vi siano
argomentazioni ineludibili che ci convincono a ripudiare la violenza come metodo
di lotta; argomenti che ci persuadono quindi ad ammettere solo la nonviolenza
come metodo di lotta.
11. Per la critica della violenza. Elenchiamo alcune ragioni essenziali per
cui occorre essere rigidamente contro la violenza. Citiamo da Giuliano Pontara,
voce Nonviolenza, in AA. VV., Dizionario di politica, Tea, Milano 1992: I. il
primo argomento "mette in risalto il processo di escalation storica della
violenza. Secondo questo argomento, l’uso della violenza (...) ha sempre portato
a nuove e piu' vaste forme di violenza in una spirale che ha condotto alle due
ultime guerre mondiali e che rischia oggi di finire nella distruzione
dell'intero genere umano"; II. il secondo argomento "mette in risalto le
tendenze disumanizzanti e brutalizzanti connesse con la violenza" per cui chi ne
fa uso diventa progressivamente sempre piu' insensibile alle sofferenze ed al
sacrificio di vite che provoca; III. il terzo argomento "concerne il
depauperamento del fine cui l'impiego di essa puo' condurre (...). I mezzi
violenti corrompono il fine, anche quello piu' buono"; IV. il quarto argomento
"sottolinea come la violenza organizzata favorisca l'emergere e l'insediamento
in posti sempre piu' importanti della societa', di individui e gruppi autoritari
(...). L'impiego della violenza organizzata conduce prima o poi sempre al
militarismo"; V. il quinto argomento "mette in evidenza il processo per cui le
istituzioni necessariamente chiuse, gerarchiche, autoritarie, connesse con l'uso
organizzato della violenza, tendono a diventare componenti stabili e integrali
del movimento o della societa' che ricorre ad essa (...). 'La scienza della
guerra porta alla dittatura' (Gandhi)". A questi argomenti da parte nostra ne
vorremmo aggiungere altri due: VI. un argomento, per cosi' dire, di tipo
epistemologico: siamo contro la violenza perche' siamo fallibili, possiamo
sbagliarci nei nostri giudizi e nelle nostre decisioni, e quindi e' preferibile
non esercitare violenza per imporre fini che potremmo successivamente scoprire
essere sbagliati; VII. soprattutto siamo contro la violenza perche' il male
fatto e' irreversibile (al riguardo Primo Levi ha scritto pagine indimenticabili
soprattutto nel suo ultimo libro I sommersi e i salvati). Agli argomenti contro
la violenza Pontara aggiunge opportunamente un ultimo decisivo ragionamento: "I
fautori della dottrina nonviolenta sono coscienti che ogni condanna della
violenza come strumento di lotta politica rischia di diventare un esercizio di
sterile moralismo se non e' accompagnata da una seria proposta di istituzioni e
mezzi di lotta alternativi. Di qui la loro proposta dell'alternativa satyagraha
o della lotta nonviolenta positiva, in base alla duplice tesi a) della sua
praticabilita' anche a livello di massa e in situazioni conflittuali acute, e b)
della sua efficacia come strumento di lotta" per la realizzazione di una
societa' fondata sulla dignita' della persona, il benessere di tutti, la
salvaguardia dell'ambiente.
12. Perche' ci diciamo "amici della nonviolenza" e non "nonviolenti". Ci
diciamo "amici della nonviolenza" e non "nonviolenti" perche', come spiegava
Aldo Capitini, dobbiamo essere modesti e realistici: la nonviolenza e' un ideale
cui tendere, un ideale assai impegnativo, una pratica da verificare giorno per
giorno nella vita quotidiana, nei rapporti interpersonali come nelle grandi
lotte necessarie; e solo nella verifica quotidiana per un verso, e nel momento
piu' aspro della lotta, per l'altro, si evidenzia la nostra capacita' di
attenerci ad essa, di esserne creativamente gli artefici; quindi evitiamo di
sembrare sbruffoni, e consideriamoci per quello che siamo: donne e uomini in
ricerca, per un’umanita' di liberi ed eguali, appunto: amici della
nonviolenza.
*
Perche' riteniamo necessaria la scelta della nonviolenza
Scopo di questo scritto e' propugnare la tesi che per fronteggiare la
situazione planetaria attuale sia necessario adottare la nonviolenza come teoria
e come prassi per elaborare e realizzare modifiche strutturali ad un "ordine
internazionale" iniquo e distruttivo ed a forme di organizzazione, di produzione
e riproduzione sociale assolutamente ingiuste ed alienate.
Crediamo che solo la nonviolenza costituisca una teoria-prassi che
logicamente e coerentemente possa contrapporsi sistematicamente ed efficacemente
alla violenza dominante, possa costituire una metodologia di lotta adeguata,
possa indicare e prefigurare un modello di relazioni personali e sociali
desiderabili e sostenibili.
Proponiamo la scelta della nonviolenza a quanti sono impegnati per la pace,
la democrazia, i diritti umani, la difesa della biosfera, in quanto essa e'
coerente e compatibile con i loro obiettivi.
Sottolineiamo che formuliamo la proposta della nonviolenza come esigenza di
verita' e di concretezza; di intervento attivo e immediato; di azione coerente e
rigorosa; di assunzione personale e collettiva di responsabilita'; di rifiuto
della complicita', della vilta', dell'indifferenza.
Rimarchiamo che la proposta di dedicarsi allo studio e di far uso della
teoria-prassi della nonviolenza non vuol essere sostitutiva di altri approcci e
di altre teorie: crediamo che essa sia compatibile con un impegno religioso come
con un impegno laico; che essa sia compatibile con varie tradizioni filosofiche,
di filosofia morale, di filosofia del diritto e di filosofia politica; che essa
sia giovevole ed arricchente per movimenti di liberazione e di solidarieta' che
si richiamano sia a tradizioni religiose, sia a tradizioni politiche ordinate a
fini di giustizia e liberta', di eguaglianza e dignita' umana, di emancipazione
degli oppressi, di difesa e promozione dei diritti sociali, civili, politici,
umani; e particolarmente alle tradizioni liberali, democratiche, socialiste e
libertarie.
*
Parte quarta. Per i lettori distratti? Una bibliografia essenziale
[Qui la omettiamo, gli interessati possono richiederla gratuitamente
inviando una e-mail alla casella di posta elettronica nbawac at tin.it].
*
Parte quinta. Verso la pace? Tre ultime tesi, e un congedo
Tre tesi sulla violenza
I. Chiunque ancora propugni la tesi che possa esistere una "violenza
giusta" e' complice degli assassini, e mette in pericolo il futuro
dell'umanita'.
II. Chiunque ancora ritenga che i suoi fini particolari, sia pur
nobilissimi, possano essere al di sopra del fine di salvare la civilta' umana
dal pericolo della distruzione, mette a repentaglio la vita dell'umanita'
intera.
III. Chiunque non abbia capito che anche l'uccidere un solo uomo equivale
ad affermare la liceita' di ucciderci tutti, costui coopera alla fine del
mondo.
Mohandas Gandhi e Guenther Anders queste cose le capirono e le dissero
molto tempo fa.
Solo la scelta della nonviolenza puo' salvare il mondo. Occorre decidersi.
"Lo tempo e' poco omai che n'e' concesso" (Dante, Inferno, XXIX, 11).
*
Congedo
Il dolore, che tutti ci accomuna. Il dolore lacerante e inestinguibile ogni
volta che un essere umano perde la vita.
E la facolta' di pensare, che tutti ci accomuna. La facolta' di unirci,
l'umanita' intera, contro il male e la morte.
Che vi siano al mondo esseri umani resi cosi' disperati e alienati da
essere disposti a uccidere ed essere uccisi: questa e' la logica che presiede a
tutti gli eserciti e a tutti i terrorismi, a tutte le guerre e a tutte le
stragi.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'. 3. RIFERIMENTI. PER CONTATTARE IL COMITATO CHE SI
OPPONE AL MEGA-AEROPORTO DI VITERBO E S'IMPEGNA PER LA RIDUZIONE DEL TRASPORTO
AEREO
Per informazioni e contatti: Comitato che si oppone
al mega-aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo,
in difesa della salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti:
e-mail: info at coipiediperterra.org , sito: www.coipiediperterra.org
Per contattare direttamente la portavoce del
comitato, la dottoressa Antonella Litta: tel. 3383810091, e-mail: antonella.litta at gmail.com
Per ricevere questo notiziario: nbawac at tin.it
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COI PIEDI PER TERRA
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Supplemento de "La nonviolenza e' in
cammino"
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione:
strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail:
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Numero 288 del 10 luglio
2010
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