Telegrammi. 237
- Subject: Telegrammi. 237
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 30 Jun 2010 01:10:29 +0200
TELEGRAMMI DELLA
NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 237
del 30 giugno 2010
Telegrammi della nonviolenza in cammino
proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche
della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero:
1. Mao Valpiana, Daniele Lugli: Una lettera del Movimento Nonviolento alla
Tavola della Pace
2. Diffida al Ministro dei Trasporti
3. La
sezione dell’Anpi di Cinisello Balsamo ricorda Giuseppe Gozzini
4.
Vittorio Bellavite ricorda Giuseppe Gozzini
5.
Edoarda Masi ricorda Giuseppe Gozzini
6. Luigi
Ciotti ricorda Mario Picchi
7.
Centro italiano di solidarieta’: Un profilo di don Mario Picchi
8. Il cinque per mille al Movimento Nonviolento
9.
"Azione nonviolenta"
10.
Segnalazioni librarie
11. La "Carta" del Movimento
Nonviolento 12. Per saperne di piu'
1. LETTERE. MAO VALPIANA, DANIELE LUGLI: UNA
LETTERA DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO ALLA TAVOLA DELLA PACE
[Dal Movimento
Nonviolento (per contatti: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803,
fax: 0458009212, e-mail: azionenonviolenta at sis.it, sito: www.nonviolenti.org) riceviamo e
diffondiamo.
Mao
(Massimo) Valpiana e' una delle figure piu' belle e autorevoli della nonviolenza
in Italia; e' nato nel 1955 a Verona dove vive e ha lavorato come assistente
sociale e giornalista; fin da giovanissimo si e' impegnato nel Movimento
Nonviolento (si e' diplomato con una tesi su "La nonviolenza come metodo
innovativo di intervento nel sociale"), e' segretario nazionale del Movimento
Nonviolento, responsabile della Casa della nonviolenza di Verona e direttore
della rivista mensile "Azione Nonviolenta", fondata nel 1964 da Aldo Capitini.
Obiettore di coscienza al servizio e alle spese militari ha partecipato tra
l'altro nel 1972 alla campagna per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza
e alla fondazione della Lega obiettori di coscienza (Loc), di cui e' stato
segretario nazionale; durante la prima guerra del Golfo ha partecipato ad
un'azione diretta nonviolenta per fermare un treno carico di armi (processato
per "blocco ferroviario", e' stato assolto); e' inoltre membro del consiglio
direttivo della Fondazione Alexander Langer, ha fatto parte del Consiglio della
War Resisters International e del Beoc (Ufficio Europeo dell'Obiezione di
Coscienza); e' stato anche tra i promotori del "Verona Forum" (comitato di
sostegno alle forze ed iniziative di pace nei Balcani) e della marcia per la
pace da Trieste a Belgrado nel 1991; nel giugno 2005 ha promosso il digiuno di
solidarieta' con Clementina Cantoni, la volontaria italiana rapita in
Afghanistan e poi liberata. Con Michele Boato e Maria G. Di Rienzo ha promosso
l'appello "Crisi politica. Cosa possiamo fare come donne e uomini ecologisti e
amici della nonviolenza?" da cui e' scaturita l'assemblea di Bologna del 2 marzo
2008 e quindi il manifesto "Una rete di donne e uomini per l'ecologia, il
femminismo e la nonviolenza". Un suo profilo autobiografico, scritto con grande
gentilezza e generosita' su nostra richiesta, e' nel n. 435 del 4 dicembre 2002
de "La nonviolenza e' in cammino"; una sua ampia intervista e' nelle "Minime" n.
255 del 27 ottobre
2007.
Daniele Lugli
e' il presidente nazionale del Movimento Nonviolento. nato a Suzzara (Mn) nel
1941, risiede a Ferrara; laureato in giurisprudenza, opera in associazioni senza
fini di lucro e si occupa in particolare di questioni inerenti i diritti umani,
la pace, la trasformazione dei conflitti, la partecipazione e l'ambiente; e'
Difensore civico della Regione Emilia Romagna. Figura storica della nonviolenza,
unisce a una lunga e limpida esperienza di impegno sociale e politico anche una
profonda e sottile competenza in ambito giuridico ed amministrativo, ed e'
persona di squisita gentilezza e saggezza
grande] Cari amici, scriviamo a nome e per conto del Movimento Nonviolento, al riguardo del cinquantesimo anniversario della Marcia Perugia-Assisi nel 2011. Come noto il Movimento Nonviolento fu fondato da Aldo Capitini proprio all'indomani della Marcia del 1961 per proseguire negli impegni scaturiti dalla marcia stessa. La storica prima Marcia della Pace Perugia-Assisi fu promossa da Aldo Capitini del Centro per la Nonviolenza. Il Movimento Nonviolento, che prosegue l’opera capitiniana, indisse altre tre identiche marce nel 1978, 1981 e 1985. Successivamente la paternita' dell’iniziativa e' stata fatta propria dalla Tavola della Pace, con la meritoria promozione di una serie di altrettali marce, fino ad oggi. Molti dei protagonisti ed organizzatori della prima Marcia sono ancora attivi ed impegnati nel Movimento (da Pietro Pinna a Daniele Lugli, da Franco Perna ad Alberto L'Abate, ecc.) e con loro riteniamo che nell’occasione della celebrazione del cinquantesimo anniversario della Marcia, la Tavola della Pace ed il Movimento Nonviolento debbano accordarsi per provvedere in comune nella promozione congiunta della Marcia della Pace del 25 settembre 2011. Per questo riteniamo utile un incontro da concordare. Cordiali saluti, Mao Valpiana, segretario del Movimento Nonviolento Daniele Lugli, presidente del Movimento Nonviolento 2. DOCUMENTI. DIFFIDA AL MINISTRO DEI TRASPORTI
[Riceviamo
e diffondiamo]
Al ministro dei Trasporti
e per opportuna conoscenza: alla ministra dell'Ambiente, al ministro
della Salute, al prefetto di Viterbo,
al sindaco del Comune di Viterbo, al presidente della Provincia di Viterbo, alla presidente della Regione Lazio, a tutti i consiglieri del Comune di Viterbo,
a tutti i consiglieri della Provincia di Viterbo, a tutti i consiglieri della Regione Lazio,
ai mezzi
d'informazione
Oggetto: Diffida
*
Signor Ministro dei Trasporti,
nei giorni scorsi abbiamo appreso dai mezzi
d'informazione che Lei intenderebbe perseverare nella volonta' di realizzare a
Viterbo, nel cuore della preziosa area naturalistica, archeologica e termale del
Bulicame, un insensato ed illegale mega-aeroporto: un
mega-aeroporto gravemente nocivo per la salute della popolazione viterbese;
un mega-aeroporto distruttivo di beni ambientali, culturali, sociali,
economici e terapeutici di inestimabile valore ed insostituibili; un
mega-aeroporto che costituisce uno sperpero folle e criminale di
risorse pubbliche; un mega-aeroporto che flagrantemente viola le leggi
vigenti.
Con la presente vorremmo ricordarle che nel corso
degli ultimi anni numerosi studi ed inoppugnabili documentazioni hanno
definitivamente dimostrato l'insensatezza e l'illegalita' di questa operazione
speculativa e vandalica, inquinante e distruttiva.
Pertanto con la presente siamo a diffidarla dal
voler ulteriormente favoreggiare un'iniziativa inammissibile.
E preannunciamo fin d'ora tutte le iniziative
legali adeguate al fine di impedire la commissione della serie di crimini che la
realizzazione del mega-aeroporto nell'area del Bulicame a Viterbo comporta,
ricordandole altresi' come la magistratura abbia gia' aperto un'inchiesta per
corruzione a carico di amministratori e dirigenti del Comune di
Viterbo.
Distinti saluti,
*
Il Comitato che si oppone al mega-aeroporto di
Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, in difesa della
salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti
Viterbo, 29 giugno 2010
Per informazioni e contatti: e-mail: info at coipiediperterra.org, sito:
www.coipiediperterra.org, recapito
postale: c/o Centro di ricerca per la pace, strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo
Per contattare direttamente la portavoce
del comitato, la dottoressa Antonella Litta: tel. 3383810091, e-mail: antonella.litta at gmail.com
3.
MEMORIA. LA SEZIONE DELL’ANPI DI CINISELLO BALSAMO RICORDA GIUSEPPE
GOZZINI [Dal
sito della sezione di Cinisello Balsamo dell’Associazione nazionale partigiani
d’Italia (http://anpicinisello.blogspot.com) riprendiamo il seguente ricordo dal
titolo “A 73 anni ci ha lasciato Giuseppe Gozzini, un maestro di
pace”] Giuseppe
Gozzini era nato a Cinisello Balsamo nel
1936 in una famiglia operaia, il padre era saldatore alla Breda. Cresce
nell’ambiente dell’oratorio San Luigi e dell’Azione Cattolica, animato da
profondi sentimenti di giustizia e uguaglianza e dal desiderio di andare a fondo
di tutte le cose. Laureato
in giurisprudenza, lavora come pubblicista, scrivendo anche per riviste di forte
impegno politico e sociale, rivelando una cultura e un’acutezza di pensiero che,
per forza di cose, catturano chi entra in contatto con lui. Durante
il ’68 e’ attivo nella controinformazione e negli
anni dell’universita’ frequenta la Corsia dei Servi a Milano dove conosce padre
Camillo De Piaz. Nel
novembre del 1962, chiamato alle armi, rifiuta di indossare la divisa militare:
sara’ il primo obiettore di coscienza cattolico italiano, scelta che ai quei
tempi equivaleva a reato militare. Il
suo coraggioso gesto, costatogli una condanna a sei mesi di carcere militare,
suscita nell’Italia degli anni Sessanta un notevole scalpore e crea un caso
mediatico di notevoli proporzioni. Mai in Italia si era visto un giovane
cattolico, settentrionale, istruito, di buona famiglia, disobbedire in modo
cosi' palese e intransigente ad un’istituzione dello Stato. Gozzini, tuttavia,
vive l’obiezione al servizio militare come la piu' naturale conseguenza del
proprio credo. Esplode,
clamoroso, il "caso Gozzini". Viene dunque incarcerato e processato, ma ne
prendono le difese il sindaco di Firenze Giorgio La Pira e due preti toscani.
Padre Ernesto Balducci che sara' denunciato a sua volta per un articolo apparso
su "La Nazione" e condannato in Corte d'Appello a otto mesi di reclusione (15
ottobre '63), sentenza poi confermata in Cassazione (giugno '64), e don Lorenzo
Milani, che diffonde una lettera aperta ai cappellani militari che sara'
pubblicata su "Rinascita" (citato in giudizio, don Milani sara' assolto il 17
febbraio '66). Dalla lettera e dagli atti del successivo processo scaturira' un
libro fondamentale: L'obbedienza non e' piu' una
virtu'. Il
suo gesto segna uno spartiacque nella storia dell’obiezione di coscienza in
Italia; da quel momento anche altri giovani si sentono motivati a rifiutare il
servizio militare in nome del proprio pacifismo e giustificano questa scelta con
il proprio essere cattolici. Gozzini e' solo il primo di una serie di casi che avvengono fra il 1962 e il 1972, anno di promulgazione della prima legge sull’obiezione di coscienza al servizio militare in Italia. Giuseppe
Gozzini esce dal carcere nel 1963, si avvicina al gruppo dei "Quaderni rossi",
si presenta come un cattolico di formazione marxista, come lo erano stati Felice
Balbo o Franco Rodano (gli amici di padre Camillo De Piaz). Convinto
dell'importanza della "nonviolenza di parte", anima
critica e figura del dissenso, s'impegna costantemente, soprattutto nella
controinformazione di base, scrivendo e promuovendo iniziative editoriali per i
movimenti, documentando l'opposizione degli obiettori americani alla guerra nel
Vietnam. Dopo la prima guerra del Golfo (1991) riprende i contatti in Italia con
l'area pacifista ed e' tra i fondatori della rivista "Guerre &
pace". L’Amministrazione
comunale di Cinisello Balsamo gli assegna, nel 2004, l’onorificenza “Spiga
d’Oro” con la seguente motivazione:
“Per essere stato nel 1962 il primo obiettore di coscienza
cattolico, un testimone che ha fatto della nonviolenza un principio fondamentale
della propria vita, con un impegno costante contro la guerra promuovendo una
cultura di pace. Con questa sua azione ha favorito un nuovo modo di pensare, di
intendere e praticare un diverso servizio al Paese, attraverso attivita' di
carattere sociale e assistenziale espletate nelle associazioni e negli enti
pubblici. Una obiezione di coscienza intesa come strumento di ogni persona per
testimoniare valori e scelte di vita che concorrono alla realizzazione di se' e
dell’intera societa' civile”. Gozzini si impegna a fondo per insegnare ai giovani l’importanza della scelta pacifista e nonviolenta e, infatti, tornera' spesso nella sua citta' per incontrare i ragazzi che prestano servizio civile presso l’Amministrazione comunale. Il
20 aprile 2006, in occasione del LXI anniversario della Liberazione, sara'
a Cinisello Balsamo per presentare il suo libro Sulla
frontiera. Camillo De Piaz, la Resistenza, il Concilio e oltre; durante la
presentazione sara' al suo fianco padre Camillo. Avremmo
voluto averlo ancora qui a parlare del suo ultimo libro Esercizi di
memoria, il '68 visto dal basso. Sussidio didattico per chi non c'era.
Una cronistoria dettagliata dei movimenti sociali, che hanno trasformato
modi di pensare e di vivere, idee e comportamenti di una generazione fino al
'75. Ma purtroppo la sua ultima uscita pubblica con i
"movimenti" era stata per l’aeroporto Dal Molin, poi il letto, l’ospedale, la
fine: "Se ne e' andato sereno", hanno detto la moglie e le due figlie, e
l’hanno detto con un sorriso, davanti alla modesta bara di legno chiaro coperta
solo dalla bandiera della pace ai funerali nella chiesa di San
Simpliciano. Non
altre insegne, non un fiore, un grido, una persona famosa, un politico. La
piccola folla di giovani che avevano capito il suo esempio, di vecchi che
l’avevano conosciuto fin da ragazzo, forse anche di persone che con la religione
avevano avuto sempre poco a che fare, e' entrata seria, ma amichevole, con
una grande gioia e pace dentro di se'. Almeno, da come tutti si salutavano, e da
cio' che qualcuno aveva detto parlando dall’altare. Durante la messa, il vecchio don Germano, suo amico anche negli anni piu' difficili, ha detto due parole e poi si e' commosso e ha di botto lasciato la balaustra. Moltissimi si sono accostati all’eucaristia per ricordare questo "ragazzo" (negli anni non era cambiato: la pulizia interiore gli impediva di invecchiare) che veniva definito cattolico-marxista ed era amico degli anarchici. Non era stato solo il primo obiettore cattolico, era stato anche il primo che, contro le versioni dei media, aveva pubblicamente difeso l’immagine dell’anarchico Pino Pinelli, precipitato da una finestra della Questura dopo la strage del dicembre 1969 in piazza Fontana. Aveva il coraggio cristiano. Manchera',
a chi lo ha conosciuto e a tutta la societa' civile, il suo impegno, il suo
rigore, la sua dolcezza. A
Giuseppe Gozzini un saluto affettuoso dalla sua citta'.
4.
MEMORIA. VITTORIO BELLAVITE RICORDA GIUSEPPE
GOZZINI [Dal
sito di “Adista” (www.adistaonline.it) riprendiamo il seguente ricordo dal
titolo “E’ morto Giuseppe Gozzini, primo obiettore cattolico, profeta della
‘nonviolenza di parte’”] Giuseppe
Gozzini e'
morto a Milano il 13 maggio a 73 anni, dopo due anni di sofferta malattia. La
sua scomparsa ha avuto purtroppo poca risonanza, anche nell’area pacifista e
della sinistra alternativa, di cui Beppe e' stato un protagonista per tutta
la vita. Ai funerali, sabato 15 maggio, nella parrocchia di S. Simpliciano,
Giuseppe e' stato pero' accompagnato dalla presenza e dall’amicizia dei
tanti amici, cattolici, anarchici, non credenti incontrati nel corso della sua
lunga militanza politico-ecclesiale. A celebrare, l’anziano salesiano
don Germano Proverbio,
amico fraterno di iniziative di rottura. Dall’altare, don Germano ha ricordato
le caratteristiche di una personalita', quella di Gozzini, tanto schiva quanto
profetica. Pensare a Beppe - ha detto - e' avere in mente un modo di essere
uomo e cittadino, una specie di modello dell’antiretorica nel modo di pensare e
di vivere, in famiglia, nei rapporti con gli amici (e coi meno amici), nel
concentrarsi in un impegno culturale e sociale durato una vita, sempre ai
margini o esterno ai tanti luoghi comuni di ogni cultura di massa, a partire da
quella che si dice per il cambiamento; i semi che Beppe ha personalmente e in
modo originale e da solo diffuso per tutta la vita, spesso non adeguatamente
riconosciuti e valorizzati, hanno poi contribuito - ha detto il salesiano -
nonostante tutto, alla crescita del Paese e al raggiungimento di conquiste di
grande civilta', come l’obiezione di coscienza al potere nella sua dimensione
piu' direttamente ed esplicitamente violenta, quello delle strutture
militari. Di
famiglia operaia, Gozzini era nato nel 1936 a Cinisello Balsamo, vicino Milano,
dove inizio' la sua attivita' di organizzatore di iniziative di base. La
conoscenza con padre Camillo De
Piaz, della Corsia dei Servi, di padre David Maria Turoldo, il
rapporto con Jean Goss
del Mir, la lettura di don Primo
Mazzolari sono gli incontri che faranno di Gozzini un militante
della nonviolenza e del pacifismo. Dopo aver aiutato disertori francesi della
guerra d’Algeria, nel novembre del 1962, richiamato alle armi, si rifiuto' di
indossare la divisa militare; fu il primo cattolico italiano. Il processo e la
condanna a sei mesi di carcere senza condizionale ebbero enorme risonanza.
Testimone al processo fu, tra gli altri, Aldo Capitini. Padre Ernesto Balducci prese le sue
difese e fu, a sua volta, condannato. Successivamente, fu don Lorenzo Milani, anche in seguito
alla vicenda di Gozzini (con cui tenne un contatto epistolare), con la sua
“Lettera ai cappellani militari” a subire un processo e a dare una risonanza
ancora piu' vasta alla questione dell’obiezione di coscienza. Si estese cosi' un
movimento antimilitarista che ebbe, alla fine, un positivo esito parlamentare
con l’approvazione della legge 772 nel 1972 sull’obiezione di coscienza al
servizio militare. Intanto,
per Gozzini uscito dal carcere nel 1963, si apri' una seconda stagione di vita;
gia' prima dell’obiezione aveva letto non solo Tommaso o Agostino, ma anche
Il Capitale di Karl Marx e gli
scritti di Rosa Luxemburg, avvicinandosi al gruppo dei “Quaderni rossi” che proponevano una
critica del Pci da sinistra. Gozzini si presenta come un cattolico di formazione
marxista, come lo erano stati nel primo dopoguerra Felice Balbo e Franco Rodano. Fino
alle soglie del ’68, pur continuando a far parte del gruppo formatosi intorno ai
“Quaderni rossi”, Gozzini
mantiene i contatti con altri gruppi di impronta antimilitarista e conosce
cosi', fra gli altri, Giuseppe
Pinelli. La mattina dopo che Pinelli “e' stato morto” nella
Questura di Milano, sara' il primo a sostenere l’impegno nonviolento di questo
sconosciuto ferroviere, con una lettera aperta pubblicata da decine di giornali
e riviste. In
questi anni e in quelli che seguono, inizio' a domandarsi che senso avesse
impegnarsi in gruppi che si occupano del problema della pace, quasi fosse una
“specializzazione”, isolata dalle altre battaglie che si combattevano sul fronte
culturale, politico, religioso. Anche lottare contro l’ingiustizia sociale
partendo da un’analisi di classe e' un modo per contribuire alla pace.
Il superamento evangelico della contrapposizione fra amico e nemico non esclude
la scelta “da che parte stare”, con chi impegnarsi per abbattere il “disordine
costituito”. Anche Gesu' stava dalla parte dei poveri, dei pubblicani, delle
samaritane. Su questa convinzione di fondo (l’importanza della “nonviolenza di parte”), partecipa al ’68, impegnandosi soprattutto nella controinformazione di base, scrivendo e promuovendo iniziative editoriali per i movimenti, documentando, ad esempio, l’opposizione alla guerra nel Vietnam degli obiettori di coscienza negli Usa e di migliaia di soldati americani ammutinati e disertori. Dopo
la prima guerra del Golfo (1991) riprende i contatti in Italia con l’area
pacifista ed e' tra i fondatori della rivista “Guerre & pace”. L’ultimo suo impegno
di un’abbondante produzione pubblicistica (dal punto di vista professionale
Gozzini era copywriter e
lavorava per agenzie di comunicazione) fu la redazione di una biografia di padre
Camillo, pubblicata per le edizioni Scheiwiller quattro anni fa, con il titolo
Sulla frontiera. Camillo De Piaz: dalla
Resistenza al Concilio.
5.
MEMORIA. EDOARDA MASI RICORDA GIUSEPPE GOZZINI [Dal
sito de “L’ospite ingrato” (www.ospiteingrato.org) riprendiamo il seguente
ricordo apparso col titolo “Ricordare Giuseppe Gozzini”, trascrizione a cura del Centro
Fortini di un intervento di Edoarda Masi a Radio Popolare del 18 maggio
2010] Beppe
Gozzini ha avuto un momento di notorieta' quando nei primi anni Sessanta fece la
prima obiezione di coscienza dei cattolici al servizio militare. Ne segui'
l’imprigionamento per alcuni mesi a Firenze. Un grande successo dei fiorentini
di opposizione, specialmente cattolici, nella Firenze di quel tempo. Poi
seguirono le polemiche di Balducci, di don Milani. Beppe Gozzini e' una
personalita' esemplare del secolo XX: poco conosciuto, in fondo, mentre era un
uomo di eccezionali qualita', di estrema intelligenza e sensibilita'. Suo padre
era un operaio e Beppe ha mantenuto per tutta la vita la tradizione del
proletario, anche se grazie alle sue capacita' ha studiato da giovane con
l’aiuto dei preti, poi pagandosi gli studi superiori. Faceva il mestiere di
pubblicitario, che non gli piaceva, nel quale pero' ebbe molto successo. Lo
faceva per campare: aveva la famiglia, con la moglie Paola, molto amata. E'
stata una coppia meravigliosa. Quello che di meglio l’Italia ha dato nel secolo
scorso, che pochi conoscono. E' un uomo che e' il frutto della
tradizione socialista e cattolica del proletariato, insieme a una borghesia
antagonista che, in parte, era di alto livello, non quella di oggi. Gli ultimi
sprazzi di capitalismo con degli aspetti positivi. Gozzini fu intransigentemente
all’opposizione. Era capace di distinguere, da vero credente cristiano e
cattolico, i grandi dogmi dai motivi religiosi dalla politica corrente. La forza
dell’opposizione, oltre che dalla tradizione socialista, gli veniva proprio da
questa conoscenza profonda del vero cristianesimo. Quindi fu sempre in
opposizione, quando era necessario, alle politiche delle gerarchie
ecclesiastiche. Fu un uomo che espresse quel miscuglio di cattolicesimo e
socialismo anarchico della tradizione italiana, che fu raccolto non
esplicitamente, ma nella pratica, dal Partito comunista, e che espresse anche in
Italia cio' che e' stata la grandezza del XX secolo: il fatto che motivi,
che un tempo erano stati solo di avanguardie operaie o di elite intellettuali,
sono divenuti patrimonio di interi popoli, di milioni di persone, in Italia e
nel mondo. E' stato il periodo che e' cominciato con la prima guerra
mondiale, le rivoluzioni d’Europa, il movimento della decolonializzazione, poi
la socialdemocrazia del secondo dopoguerra: tutto questo prese forma anche in
uomini come Gozzini. Sono il tessuto vero, positivo, di un’Italia che oggi
sembra scomparsa nella miseria. Scomparsa perche' in tutto il mondo sappiamo che
il sistema vigente e' in crisi. Non una momentanea crisi economica, ma una
crisi di struttura, sulla via del tramonto, e che trascina via per primi gli
anelli piu' deboli. Per questo dobbiamo ricordare uomini come Beppe, non per
tornare al passato, ma perche' guardare questo passato recente ci puo' servire
per costruire finalmente un futuro possibile.
6. MEMORIA. LUIGI CIOTTI RICORDA MARIO PICCHI
[Dal
sito del Gruppo Abele (www.gruppoabele.org) riprendiamo il
seguente comunicato del 31 maggio 2010 dal titolo "Don Ciotti: Don
Picchi ha dato dignita' e speranza"]
Don Luigi Ciotti ricorda don Picchi: "E' stato un prete generoso, che ha
speso la sua vita per dare dignita' e speranza alle persone. E che lascia tanti
affetti e cose concrete". Cosi' don Luigi Ciotti, presidente del Gruppo Abele e
Libera ricorda don Mario Picchi.
"Ci lascia l'impegno educativo e l'attenzione ai giovani - sottolinea don
Ciotti -, la capacita' di andare oltre la superficie del disagio, di coglierne
le cause sociali, il contributo per cambiare le leggi, per costruire contesti di
maggiore giustizia e accoglienza. E quel 'Progetto uomo' che condensa lo spirito
di un' opera tutta al servizio delle persone".
"Mi legava a don Mario - dice don Ciotti - l'essere partiti in quegli anni
dalla strada, ma anche la fedelta' a una Chiesa davvero al servizio dei poveri,
dei fragili, degli esclusi".
"L'ultima immagine che conservo di lui - conclude - e' quella di una
persona che affronta con grande dignita' la malattia: con quella bombola di
ossigeno che si portava sempre appresso, ma che non gli ha impedito, anche negli
ultimi tratti della vita, di continuare a dare ossigeno, e speranza, ai progetti
e alle persone incontrate nel suo cammino". 7.
MEMORIA. CENTRO ITALIANO DI SOLIDARIETA’: UN PROFILO DI DON MARIO
PICCHI [Dal
sito del Ceis (www.ceis.it) riprendiamo la seguente notizia biografica su don
Mario Picchi (1930-2010) deceduto a Roma il 29 maggio] Nel 1968, occupandosi di ferrovieri e dei loro figli, con grande attenzione ai problemi dei giovani, comincio' a riunire e ad animare i primi gruppi di volontariato, creando una prima associazione denominata Centro Internazionale di Solidarieta'. Attraverso azioni di sensibilizzazione, recite teatrali e altre iniziative, si cercava di attirare l’attenzione della pubblica opinione su problemi nazionali e internazionali. Un primo risultato fu una raccolta di denaro inviato in Nigeria alle popolazioni in grave difficolta' negli anni della sanguinosa guerra del Biafra. Da quelle iniziative prese corpo il Centro Italiano di Solidarieta' (CeIS di Roma), al quale, da allora, dedico' tutto il suo tempo e tutte le proprie energie. Il CeIS si costitui' legalmente come libera associazione nel 1971 e don Mario Picchi trovo' aiuto nel pontefice Paolo VI, che gli offri' un appartamento in un palazzo di proprieta' del Vaticano, in piazza Benedetto Cairoli, presso Largo di Torre Argentina, nel cuore di Roma. Si chiuse cosi' il periodo della vita in strada, della ricerca affannosa di un alloggio giorno dopo giorno e notte dopo notte: ma di quel primo periodo restava la porta del CeIS aperta sulla strada e disponibile ad accogliere chiunque fosse in difficolta' e avesse bisogno di un aiuto, morale e spirituale, ma anche economico e concreto, un piatto caldo o un letto dove riposare. Negli anni '70 l’attenzione del sacerdote e dei suoi collaboratori volontari - giovani studenti, insegnanti, professionisti, alcuni religiosi e religiose - si diresse principalmente verso il problema della tossicodipendenza, perche' questa era la necessita' piu' impellente. Dall’uso di amfetamine e allucinogeni, nonche' dei derivati della cannabis, si stava passando con una situazione epidemiologica drammatica all’uso di eroina. L’Italia era del tutto impreparata, non disponeva neppure di una legge adeguata, considerato che fino al 1975 le uniche destinazioni per un tossicodipendente erano il carcere o il manicomio. I mass media criminalizzavano indiscriminatamente l’assuntore di droghe. Le famiglie vivevano nella disperazione e nella paura. I governanti non sapevano come tradurre in atti politici la loro preoccupazione. L’allarme sociale cresceva in modo esponenziale. L’intuizione di don Mario e dei suoi collaboratori fu duplice. Sul piano concettuale, capire - e poi trasmettere tale convinzione - che l’attenzione doveva essere posta sulla persona e non sulle droghe. Chi sta male e vuol sballare puo' farlo con qualsiasi sostanza, anche legale, con l’alcool, con i farmaci prescrivibili dai medici, con gas, colle, vernici... Ha bisogno dunque di un ripensamento dei propri valori, di ritrovare la voglia di vivere, di un cammino interiore, opportunamente accompagnato da operatori preparati, per abbandonare la droga. La crisi di astinenza e' dolorosa ma dura pochi giorni o poche ore: il punto e' come non tornare, poi, alla droga. Sul piano pratico, il CeIS guardo' con interesse a quanto si era realizzato in quei Paesi stranieri in cui l’emergenza droga, e l’eroina in particolare, si erano diffuse prima che in Italia. Partecipando a convegni internazionali e guidando viaggi di studio, don Picchi si rese conto che una risposta importante e foriera di successi era la comunita' terapeutica residenziale, indicata fin dall’inizio non come una panacea o una soluzione buona per chiunque, ma certo come una struttura di contenimento in cui la vita in comune, la possibilita' del confronto quotidiano con gli altri e con le proprie responsabilita', le dinamiche dell’auto-aiuto e i vari strumenti pedagogici e terapeutici messi in campo erano in grado di allontanare i giovani dalla tossicodipendenza. Nel settembre 1978 a don Picchi fu affidata l’organizzazione dei III Congresso mondiale delle Comunita' Terapeutiche, celebrato a Roma con circa 500 delegati da ogni Paese e continente. Fu quello il momento decisivo in cui l’Italia scopri' l’esistenza delle comunita' terapeutiche e inizio', molto lentamente, a trasformare la paura e lo scoraggiamento in azione concreta. La prima comunita' terapeutica del CeIS si apri' nel febbraio 1979 alla periferia di Roma, nella borgata del Trullo, in una piccola struttura messa a disposizione dalle suore olandesi di Tillburg. Vi confluirono i primi ospiti e operatori, anch’essi alle prime esperienze: “Sant’Andrea”, questo il nome della comunita' terapeutica, fu anche la prima scuola di formazione per operatori. L’incontro con Giovanni Paolo II, che invito' don Mario a concelebrare messa in Vaticano e ne ascolto' le preoccupazioni, permise al CeIS di cominciare una straordinaria avventura che lo ha trasformato da piccolo gruppo di volontariato in una delle associazioni non governative piu' note a livello internazionale nell’ambito sociale. La villa ai Castelli Romani ceduta dal papa divenne nel novembre 1979 la comunita' terapeutica “San Carlo, il grande laboratorio educativo-terapeutico delle piu' importanti strategie del CeIS, ospitando fino a 130 residenti al giorno e oltre 3.000 nei suoi 31 anni di vita. La “Casa del Sole”, altra villa nel comune di Castel Gandolfo, si trasformo' nella Scuola di formazione internazionale che ha accolto docenti e discenti di tutto il mondo, psicologi, psichiatri, psicoterapeuti, sociologi, pedagogisti, e persone desiderose di avviare iniziative sul modello del CeIS di Roma. Tali iniziative si sarebbero sviluppate in alcuni Paesi europei, a cominciare dalla Spagna (e poi Portogallo, Danimarca, Slovenia, ecc.) e dall’America Latina, con presenze significative anche in Asia e in Africa. Le strutture e le metodologie di lavoro proposte erano flessibili e tengono conto delle situazioni storiche, religiose, politiche, economiche e culturali di ciascun Paese. Ma si richiamavano a una precisa filosofia d’intervento, che don Mario Picchi chiamo' semplicemente, dal 1980, “Progetto Uomo”. “Progetto Uomo” non e' una metodologia specifica o un credo filosofico ne' tantomeno una terapia, ma piu' semplicemente l’insieme di principi e di valori che guidano l’azione di chi pone la persona umana al centro della storia, come protagonista affrancata da ogni schiavitu', tesa al rinnovamento, alla ricerca del bene, delle liberta', della giustizia. E' la valorizzazione della propria identita' rispettando nello stesso tempo quella degli altri, valorizzando il dialogo e la cooperazione. “Progetto Uomo” - ha ripetuto sempre don Mario Picchi - vuol dire “amare”. Amare tutte le creature e il loro valore, senza giudicarle, ma rispettandole e aiutandole. Il suo significato nel XXI secolo - aveva aggiunto recentemente - rimane intatto e si pone anzi con rinnovato vigore dinnanzi alle tante sfide riguardanti le nuove generazioni e la sofferenza di uomini e donne di ogni eta'. L’esperienza e i sistemi formativi del CeIS hanno dunque promosso, in molti Paesi, la nascita di decine di programmi e associazioni che si collegano al “Progetto Uomo”. L’organizzazione, sempre a Roma, dell’VIII Congresso mondiale delle Comunita' Terapeutiche nel 1984, l’anno di maggiore allarme sociale e politico nei confronti della droga, suscito' ulteriormente l’interesse generale per cio' che il mondo e le metodologie comunitarie erano in grado di offrire ed anche per le necessarie iniziative di reinserimento sociale e lavorativo, di coinvolgimento attivo delle famiglie, di impegno educativo per la prevenzione. In Italia la maggior parte di queste associazioni si riunirono nella Federazione Italiana delle Comunita’ Terapeutiche (Fict), di cui don Mario e' rimasto presidente fino al 1994. A Roma e nella provincia si sono moltiplicate le strutture e i servizi del Centro Italiano di Solidarieta', evolutisi nel tempo secondo le nuove esigenze e richieste degli utenti. Dalla comunita' terapeutica per assuntori di droghe con legami sociali ancora saldi (comunita' terapeutica “Santa Maria”, in origine a Torvaianica sul litorale laziale e poi nel complesso di via Appia Nuova, in zona Capannelle), al Programma “Serale” per adulti lavoratori; dall’Accoglienza diurna ai servizi specifici per adolescenti (“Mentore”) e per bambini di famiglie problematiche (“Mani Colorate” nella struttura di lungotevere Raffaello Sanzio, gia' sede della Comunita' di Reinserimento degli ospiti provenienti dalla comunita' terapeutica, negli anni '80); dalle attivita' in favore delle scuole e degli insegnanti, oltre che degli studenti (“Koine’” e poi “Gulliver”), per la prevenzione del malessere e la promozione del benessere, alle iniziative culturali, educative, informative con la rivista “Il delfino” (dal 1976), il centro studi e la biblioteca “Agora'”, i libri, i manuali, i rapporti di progetto e dalla fine degli anni Novanta la newsletter e il sito internet); dal “Barone Rampante” per persone senza fissa dimora a “Eco” per giovani in doppia diagnosi (tossicodipendenza e problemi psichiatrici); dall’assistenza domiciliare ai malati di Aids al gruppo di volontariato per l’assistenza agli anziani; dalle iniziative in favore di stranieri immigrati, rifugiati e richiedenti asilo politico alla piu' recente comunita' “La Casa” per pazienti psichiatrici dimessi dagli ospedali. Nel 1985 l’Assemblea generale del’Onu ha riconosciuto il CeIS di Roma come Organizzazione non governativa del Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite. In tal modo il CeIS ha potuto operare sistematicamente come agenzia esecutiva di progetti finanziati dall’Onu, che porteranno a una cinquantina di iniziative in tutto il mondo, la piu' importante delle quali e' l’Ospedale Generale Universitario di Coroico, in Bolivia, un modello di efficienza e un punto di riferimento per la crescita dell’educazione sanitaria, della prevenzione e dell’aggregazione sociale di tutto il povero territorio degli Yungas dove i contadini vivevano quasi esclusivamente della coltivazione della coca rivenduta ai narcotrafficanti. Don Mario, coadiuvato dal vicepresidente Juan Pares y Plans (1930-2009), instancabile “ambasciatore” dell’organizzazione e mente creativa nel disegnare nuovi progetti e servizi sempre anticipando i tempi, conducono il CeIS ad una collaborazione attiva anche con l’Unione Europea, il Ministero degli Affari Esteri e alcuni governi di Paesi stranieri. Don Picchi fu chiamato fin dagli ultimi anni Settanta a far parte di numerose commissioni istituite dal Governo e da Enti locali. In tal modo pote' contribuire a portare le idee del CeIS nel mondo della scuola e dell'istruzione, della giustizia penale e delle carceri, della sanita' (in particolare quando si diffuse l’Aids che porto' con se' grandi paure e pregiudizi), della finanza al servizio del sociale (per questo motivo venne chiamato a far parte per alcuni anni del Consiglio di Amministrazione della Cassa di Risparmio di Roma). Ha incontrato piu' volte, con gli operatori e gli ospiti delle sue strutture, papa Wojtyla e inoltre capi di Stato e di governo italiani (i presidenti Pertini, Cossiga, Scalfaro e Ciampi) e stranieri, ministri, esperti internazionali, personaggi della cultura, dell’arte, della scienza. Oltre ad essere stato il direttore editoriale della rivista “Il delfino”, don Mario Picchi e' autore di numerosi libri, alcuni tradotti in varie lingue. Il suo “Progetto Uomo” e' stato pubblicato in varie edizioni, dalla prima del 1981 alle ultime Un Progetto per l’Uomo (1994) e Progetto Uomo nel Terzo Millennio (2005), dalle edizioni Paoline prima e dal Centro Italiano di Solidarieta’ poi. Tra le altre sue pubblicazioni, Intervista sulla droga e sull’uomo (Bompiani, 1984), Vincere la droga (Piemme-Mondadori 1990), Dietro la droga un uomo (Franco Angeli 1991), La sfida del Vangelo (San Paolo 1994) e, per le edizioni del CeIS, La vita e' una meravigliosa avventura (1986), La provocazione della droga. Lettere aperte (1987), Il cuore e i talenti (1988), La farfalla e l’uragano (1991), Riflessi di speranza (1993), Senza fare miracoli (1997), A braccia aperte 2002), Negli occhi degli altri (2009). Don Mario Picchi ha ricevuto, tra gli altri, i seguenti riconoscimenti: Howard Mowrer Award della World Federation of Therapeutic Communities (1992); Three of Life Award della Organization of the Mayors of the Capital of the World (1993); Premio del Comitato “Roma Europea” (1995); Paul Harris Fellow (2000); Premio di solidarieta' “Vittorio Bachelet” (2003); Premio Provincia di Roma per la Solidarieta' (2003); Premio Simpatia del Comune di Roma (2004); Decorazione “Simon Bolivar” con il grado di Commendatore della Repubblica Boliviana (2004); Premio della Solidarieta' della Federazione Italiana delle Comunita' Terapeutiche (2004); Premio della European Federation of Therapeutic Communities (2007). Don Mario Picchi e' stato anche insignito del titolo di Grande Ufficiale al Merito della Repubblica Italiana. 8. APPELLI.
IL CINQUE PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Anche con la prossima dichiarazione dei redditi si puo' destinare il cinque per mille al Movimento Nonviolento. Non si tratta di versare denaro in piu', ma solo di utilizzare diversamente soldi gia' destinati allo Stato. Destinare il cinque per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e' facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il numero di codice fiscale del Movimento Nonviolento, che e': 93100500235. * Per ulteriori informazioni: tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 9.
STRUMENTI. "AZIONE NONVIOLENTA"
"Azione nonviolenta" e' la rivista del Movimento Nonviolento, fondata
da Aldo Capitini nel 1964, mensile di formazione, informazione e dibattito sulle
tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo.
Redazione, direzione, amministrazione: via Spagna 8, 37123 Verona, tel.
0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail:
an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org
Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 30 euro sul ccp n. 10250363 intestato ad Azione nonviolenta, via Spagna 8, 37123 Verona. E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando una e-mail all'indirizzo
an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto
"copia di 'Azione nonviolenta'".
10. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Riletture
- Agnes Heller, Etica generale, Il Mulino, Bologna 1994, pp. 310.
*
Riedizioni
- Stieg Larsson, La regina dei castelli di carta, Marsilio, Venezia 2009,
2010, Rcs Quotidiani, Milano 2010, 2 voll. per pp. 446 + 416, euro 6,90
+ 6,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e
internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento
dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della
creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo
di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 12. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004
possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 237 del 30 giugno 2010
Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su:
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu':
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web
http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196
("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing
list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla
pagina web:
http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004
possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la
redazione e': nbawac at tin.it |
- Prev by Date: Coi piedi per terra. 277
- Next by Date: Coi piedi per terra. 278
- Previous by thread: Coi piedi per terra. 277
- Next by thread: Coi piedi per terra. 278
- Indice: