[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
Telegrammi. 183
- Subject: Telegrammi. 183
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 7 May 2010 00:52:02 +0200
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 183 del 7 maggio 2010
Telegrammi della nonviolenza in cammino
proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche
della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero:
1. Il colpo di stato razzista in Italia
2. La guerra terrorista e stragista in Afghanistan
3. Una lettera aperta alla Ministra del Turismo
4. Si e' svolto a Viterbo il 5 maggio un incontro di formazione
5. Contro la guerra, la nonviolenza (parte prima) 6.
"Azione nonviolenta"
7. Segnalazioni librarie
8. La "Carta" del Movimento
Nonviolento
9. Per saperne di piu'
1. EDITORIALE. IL COLPO DI STATO RAZZISTA IN ITALIA
Il colpo di stato razzista in Italia.
Ti chiedi cosa stai facendo tu per salvare le vittime, per far cessare
l'orrore.
Occorre un'insurrezione nonviolenta per i diritti umani di tutti gli esseri
umani.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'.
2. EDITORIALE. LA GUERRA TERRORISTA E STRAGISTA IN AFGHANISTAN
La guerra terrorista e stragista in Afghanistan.
Ti chiedi cosa stai facendo tu per salvare le vittime, per far cessare
l'orrore.
Occorre un'insurrezione nonviolenta per i diritti umani di tutti gli esseri
umani.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'. 3. CARTEGGI. UNA LETTERA APERTA ALLA MINISTRA DEL
TURISMO
[Riceviamo e
diffondiamo]
Gentile Ministra del Turismo,
le scriviamo ancora una volta per segnalarle
l'illiceita' e l'insensatezza della realizzazione di un mega-aeroporto nocivo,
distruttivo e fuorilegge a Viterbo; e per chiedere la sua rinnovata
attenzione ed il suo impegno in difesa dell'ambiente e della salute della
popolazione di Viterbo, dei beni paesaggistici e culturali, delle autentiche
vocazioni produttive del territorio, del vero e valido turismo che deve essere
rispettoso dei luoghi, delle culture, delle tradizioni, delle risorse
locali.
*
Come lei gia' sa, la realizzazione di un
mega-aeroporto nella preziosa area naturalistica, archeologica e termale del
Bulicame di dantesca memoria, un'area di immenso pregio ambientale, culturale e
terapeutico, e a ridosso di popolosi quartieri della citta', avrebbe come
immediate conseguenze: lo scempio dell'area del
Bulicame e dei beni ambientali e culturali che vi si trovano; la devastazione dell'agricoltura della zona circostante;
l'impedimento alla valorizzazione terapeutica e
sociale delle risorse termali; un pesantissimo
inquinamento chimico, acustico ed elettromagnetico che sara' di grave nocumento
per la salute e la qualita' della vita della popolazione locale (l'area e' nei
pressi di popolosi quartieri della citta'); il
collasso della rete infrastrutturale dell'Alto Lazio, territorio gia' gravato da
pesanti servitu'; uno sperpero colossale di soldi
pubblici; una flagrante violazione di leggi
italiane ed europee e dei vincoli di salvaguardia presenti nel
territorio.
*
Lei sa anche che un mega-aeroporto produce un enorme inquinamento
che provoca gravi danni alla salute della popolazione che vive nei
dintorni; che nel caso specifico del
mega-aeroporto a Viterbo manca completamente la Valutazione d'impatto
ambientale, obbligatoria per legge; che la
magistratura viterbese ha gia' emesso avvisi di garanzia per il reato di
corruzione a carico di amministratori e dirigenti del Comune di Viterbo in
relazione alla modifica del Piano regolatore nelle aree toccate dalle opere
connesse alla realizzazione del mega-aeroporto.
*
Gentile Ministra del Turismo,
Viterbo nell'ambito della mobilita' ha bisogno non
di un insensato ed illegale mega-aeroporto, ma di migliorare la rete ferroviaria
ed i collegamenti con Roma, con Orte e con Civitavecchia; una mobilita'
coerente con la difesa e la valorizzazione dei beni ambientali e culturali e
delle vocazioni produttive del territorio viterbese.
*
Migliaia di cittadini e centinaia di illustri
scienziati, docenti universitari, illustri personalita' delle istituzioni, della
cultura, della vita civile hanno gia' aderito al nostro appello in difesa del
Bulicame, dell'ambiente, dei diritti dei cittadini, per il rispetto delle legge
vigenti.
*
Gentile Ministra del Turismo,
con la presente lettera vorremmo chiedere un suo
pronunciamento ed un suo impegno per impedire che si realizzi un crimine ed una
follia, il crimine e la follia costituiti dalla realizzazione a Viterbo di un
mega-aeroporto nocivo, distruttivo e fuorilegge.
* Siamo peraltro a sua disposizione per illustrare
dettagliatamente e con dovizia di documentazione quanto sopra sommariamente
esposto.
Auspicando un cenno di riscontro, voglia gradire distinti saluti,
*
Il Comitato che si oppone al mega-aeroporto di
Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, in difesa della
salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti
Viterbo, 6 maggio 2010
Per informazioni e contatti: e-mail: info at coipiediperterra.org, sito:
www.coipiediperterra.org, recapito
postale: c/o Centro di ricerca per la pace, strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo.
Per contattare direttamente la portavoce
del comitato, la dottoressa Antonella Litta: tel. 3383810091, e-mail: antonella.litta at gmail.com 4. INCONTRI. SI E' SVOLTO A VITERBO IL 5
MAGGIO UN INCONTRO DI FORMAZIONE
Mercoledi' 5 maggio si e' svolto a
Viterbo un incontro di formazione alla comunicazione nonviolenta in ambito
comunitario (nell'ambito di uno specifico percorso formativo iniziato da diversi
mesi).
All'incontro ha preso parte il responsabile del
"Centro di ricerca per la pace" di Viterbo.
Nella prima parte dell'incontro si e' svolta una presentazione reciproca
dei partecipanti.
Nella seconda parte sono stati riassunti alcuni elementi fondamentali
dell'interazione comunicativa con particolar riferimento al parlare in
pubblico.
Nella terza parte si e' messo in pratica il metodo del consenso
nell'esaminare una scelta concreta relativa alla prospettiva di un impegno
ecoequosolidale in forma di condivisione comunitaria.
5. RIFLESSIONE. CONTRO LA GUERRA, LA NONVIOLENZA (PARTE
PRIMA) [Ripubblichiamo ancora una volta ampia parte di un testo gia' diffuso nel
2001 (e gia' ripresentato su questo foglio piu' volte), nato dalla rifusione di
materiali precedenti e parzialmente apparso in Fondazione Venezia per la ricerca
sulla pace, Annuario della pace, Asterios, Trieste 2001]
"Contro la falsa armonia del mondo ottenuta buttando via le vittime" (Aldo
Capitini)
Parte prima. Verso la guerra? Tre tesi
I. Affermare che la guerra sia inevitabile e' aver gia' ceduto alla
guerra.
La guerra non e' mai inevitabile.
II. Affermare un rapporto rigidamente deterministico tra modello di
sviluppo e guerra consolida quel modello di sviluppo trasformandolo in destino e
ricatto.
Ogni paradigma teorico ed ogni assetto pratico della fabrilita' umana puo'
essere modificato. La guerra non e' mai necessaria.
III. Il processo della trasformazione sociale puo' assumere forme diverse,
chiunque si attardi ancora nella trista ed equivoca metafora della violenza
forcipe della storia non e' stato informato di Auschwitz e di Hiroshima.
La guerra e' in quanto tale nemica dell'umanita'.
*
Parte seconda. Di dove veniamo? Dal Novecento
Ci venne formulata la domanda: se si guardasse dalla finestra della pace
sul Novecento, che cosa si dovrebbe dire?
A questa domanda la prima, istintiva risposta e': un muto agghiacciato moto
di orrore.
Il Novecento e' stato il secolo della guerra, dei genocidii, del
dispiegamento della violenza con una estensione e profondita' tali come mai si
erano dati nella storia dell'uomo e del mondo. Le immense risorse messe a
disposizione dagli enormi progressi della scienza, della tecnica e
dell'organizzazione sociale sono state usate prevalentemente a fini cosi'
abissalmente antiumani, di devastazione ed annichilimento delle persone e della
biosfera, che la disperazione e' il primo moto.
E tuttavia questa risposta, la percezione dell'orrore, e' ad un tempo
assolutamente necessaria e palesemente insufficiente.
Non solo: in quanto essa si risolvesse in mera contemplazione atterrita
dell'orrore, e pertanto pietrificazione dinanzi all'orrore, e dunque nei fatti
si convertisse in resa all'orrore, ebbene, allora essa sarebbe una risposta non
solo insufficiente, ma indegna ed iniqua, poiche' sfocerebbe in una effettuale
complicita' con l’orrore (sia pure per mera omissione, e sia pure come nudo
essere schiacciati e sentirsi impotenti).
Vi e' dunque una seconda necessaria risposta, che attiene alla volonta'
piu' che alla percezione, che concerne la facolta' del decidersi e dell'agire
oltre che la facolta' del conoscere ed interpretare; ed e' la risposta seguente:
che al male occorre non arrendersi; che alla violenza occorre resistere;
all'ingiustizia negare il consenso.
Tra i nomi che si possono dare a questa seconda risposta vi sono i
seguenti: il principio responsabilita', la scelta della nonviolenza.
*
Ma cosa e' il punto di vista della pace?
Se e' proprio di ogni essere umano percepirsi come vivente e come valore,
come preziosa scintilla senziente e pensante, e quindi rivendicare a se' dei
diritti, e quel diritto fondamentale che e' il diritto di esistere senza del
quale nessun altro diritto puo' darsi, ebbene, ne consegue che tale diritto a
tutti gli esseri umani compete e va dunque riconosciuto: "nessuno sia respinto
nel nulla" ha scritto una volta Elias Canetti; "ogni vittima ha il volto di
Abele", ha detto una volta Heinrich Boell. Dalla rivendicazione da parte di
ognuno del proprio irriducibile diritto di vivere discende l'affermazione di
tale diritto per ciascun essere umano; discende il principio fondativo di ogni
civile convivere: "tu non uccidere".
Discende che la guerra, il dare la morte, ovvero il negare il soccorso e la
vita, confliggono con cio' che di piu' radicale ed inalienabile, perche' appunto
costitutivo, vi e' in ogni essere umano.
Ovvero: ne discende che umanita' e pace sono uno stesso concetto, e che
ogni volta che contro qualcuno si rompe quel patto di mutuo soccorso che tutti
gli uomini stringe, e' all'intera umanita' che si reca offesa, e a se
stessi.
*
Il secolo di Auschwitz e di Hiroshima
Il Novecento e' il secolo di Auschwitz e di Hiroshima.
Chi si provasse a pensare al ventesimo secolo cercando di abbracciarne con
lo sguardo l'intero decorso, cogliendolo nella sua globalita' e nelle sue
peculiari emergenze, nel suo completo tracciato vedrebbe io credo come una
gigantesca fornace e voragine che lo frattura, vedrebbe un cratere che ancora
erutta, vedrebbe l'anticreazione all'opera nel mondo.
E' il secolo che si apre con il trionfo della rapina coloniale e con la
carneficina della grande guerra 1914-1918.
Ed e' il secolo che s'inabissa fino al Lager e alla Bomba.
E dopo e nonostante un lungo e contrastato sforzo dell'umanita' per
risalire dal baratro della violenza e delle schiavitu' verso una vita piu'
degna, e' il secolo che si chiude con un regime di apartheid planetario che
condanna i quattro quinti dell'umanita' attuale a una vita di sofferenze e molti
alla morte per fame e di stenti; che si chiude con una crescente devastazione di
quanto vi e' di vitale e di degno nel mondo, nella natura e nella civilta'; che
si chiude - tristo sigillo - con la guerra tornata fin nel cuore dell'Europa
(ovvero di una delle aree privilegiate del mondo, nella cittadella del nord
ricco, e ricco certo perche' secolare rapinatore e oggi altresi' sfacciato
usuraio), con guerre in cui sono riemersi il razzismo genocida e le armi
atomiche, mentre negli sterminati sud del mondo le guerre e la fame ed i morti
per le strade sono la realta' quotidiana di un "disordine costituito" mondiale
che senza infingimenti, ed anzi celebrandosi come culmine della storia,
saccheggia interi continenti e sacrifica chi vi vive.
Cosicche' si torna ad Auschwitz, a Hiroshima: cifra ed emblema del secolo
che muore, e sinistro presagio, truce eredita'. Io scrivo queste righe e provo
orrore.
*
Resistenza e apertura nonviolenta
Ma il Novecento e' stato anche altro: donne e uomini vi sono stati che
hanno spezzato secolari catene; donne e uomini vi sono stati che si sono opposti
alla violenza in nome dell'umanita'; donne e uomini splendenti di dignita',
portatori di speranza: nel loro camminare eretti, portatori di concreta utopia,
profeti e prefigurazione di un'umanita' di liberi ed eguali.
Il Novecento e' stato il secolo dell'orrore e della resistenza all'orrore;
dell'inesorabile disperazione e dell'inesauribile speranza; delle tenebre piu'
profonde e delle piu' fulgide luci sorte a contrastarle.
Vi e' stato Auschwitz: ma vi e' stato anche Primo Levi, che Auschwitz ed i
suoi autori ha sconfitto per sempre nel cuore e nelle menti di chiunque abbia
letto i suoi libri, si sia accostato alla sua testimonianza.
Vi e' stata l'atomica su Hiroshima e Nagasaki: ma vi e' stato anche
Guenther Anders che l'eta' atomica ha totalmente smascherato e ci ha dato
ragioni e strumenti per lottare contro l'orrore impensabile e concreto che ci
supera ed annichilisce e che pure possiamo e dobbiamo contrastare.
Vi e' stata la guerra: ma vi e' stato anche Mohandas Gandhi che ci ha
dimostrato che e' possibile lottare contro di essa nel modo piu' limpido ed
intransigente, e ci ha proposto la rivoluzione necessaria per cambiare il corso
della storia: la nonviolenza, che e' la forza della verita', la forza
dell'amore.
L'apartheid trionfa tuttora su scala planetaria: ma Nelson Mandela ci ha
dimostrato che se un uomo di volonta' buona sa dire di no, e sceglie nitida la
lotta per la dignita' di ognuno e di tutti contro ogni servitu', allora
l'umanita' e' invincibile.
L'oppressione di genere ancora dimidia e squarcia l'umanita': ma Virginia
Woolf ci ha spiegato che chi per secoli ha avuto la lingua tagliata reca in se'
saggezza, verita' ed amore sufficienti a rovesciare il mondo rovesciato.
La distruzione della biosfera divora irreversibilmente risorse
insostituibili: ma Vandana Shiva ci ha fatto vedere che se una popolazione sa
abbracciare gli alberi essa salva gli alberi e se stessa.
E' stato il secolo del totalitarismo, implicito tanto nel primato della
tecnica come nelle ideologie del suolo e del sangue come nei miti della
redenzione attraverso la denegazione ed il sacrificio del diverso; il
totalitarismo ai cui idoli hanno sacrificato signorie illustrissime, e sui cui
altari sono state arse seminagioni intere di uomini e donne innocenti. Ma contro
il totalitarismo sono insorti avversari coraggiosi, donne e uomini che quando
tutto sembrava perduto hanno saputo tutto salvare e sia pure al prezzo della
propria stessa vita: gli infiniti martiri di tutte le Resistenze, cui scrivendo
queste parole ancora ci inchiniamo memori e grati.
La morte e' stata eretta a dea e padrona (da Heidegger alle SS, il
Novecento e' stato un secolo follemente necrofilo), ma e' stata combattuta sul
piano teorico e pratico da tanti generosi.
Il mondo e' stato incendiato dalle ideologie dell'esclusione e della
sopraffazione: ma vi e' stato anche Ernesto Balducci e la sua proposta dell'uomo
planetario; ma vi e' stato anche Emmanuel Levinas e la sua responsabilita'
dinanzi al volto muto e sofferente dell'altro.
L'orgia della cultura consumista che tutto divora ed in primo luogo la
nostra coscienza: ma di contro anche la riflessione di Hans Jonas ed il suo
"principio responsabilità", ed il lavoro concreto ed efficace di esperienze come
quella del Centro Nuovo Modello di Sviluppo.
La disumanizzazione: ma vi e' stato anche Franco Basaglia e la sua lotta
luminosa per restituire umanita' a coloro cui era stata negata.
Cosi' il Novecento non e' solo il secolo dell'orrore, ma anche il secolo
della resistenza all'orrore. Non e' solo il secolo delle guerre, ma anche il
secolo della resistenza alle guerre. Non e' solo il secolo della disperazione,
ma anche il secolo della speranza e della responsabilita'. E' il secolo di
Auschwitz e di Hiroshima, ed e' il secolo della Resistenza e dell'inizio della
lotta nonviolenta per un'umanita' di liberi ed eguali.
*
Miti, retoriche, ideologie: la complicita' con l’orrore
Ci viene proposta una domanda sul ruolo che nel dispiegarsi della violenza
abbiano i miti, le retoriche, le ideologie; di come la dimensione del sacro si
leghi a quella della violenza; di come le chiese e le agenzie educative (ma tra
le chiese e le agenzie educative possiamo collocare altresi' i movimenti
politici, i mass-media, e una serie infinita di "-ismi" e di istituzioni)
possano venir arruolate nelle fila degli eserciti e dei torturatori.
Domande che fanno tremare le vene e i polsi. Poiche' invero questo e'
accaduto: che i miti delle origini come quelli del progresso abbiano prodotto
stragi infinite; che le retoriche dell'identita' e della supremazia abbiano
spinto ad uccidere il diverso da se'; che le ideologie abbiano trasformato
seguaci di idee in assassini spietati; che sacro e violenza si siano spesso
stretti in un nodo scorsoio; che quasi ogni chiesa abbia sacrificato a dei
assetati di sangue, e quasi ogni agenzia educativa abbia insegnato quella sola
corrotta virtu': l'obbedienza, che tutto travolge, e giustifica ogni abominio.
Invero tutto questo e' accaduto. E l'umana ragione troppo fragile schermo e'
stata, e l’umana solidarieta' non ha saputo essere difesa efficiente o rimedio
adeguato.
*
Ma anche: racconto, comunicazione, condivisione
Invero questo e' accaduto ed e' quindi legittimo avere in sospetto i miti,
le retoriche, le ideologie, ed il sacro, e le chiese e le scuole. Ma si e' anche
dato il contrario.
Si e' dato il raccontare che istituisce fraternita' ed umanita' effonde e
riscatta: si pensi al raccontare e alla riflessione sul raccontare di Primo
Levi; si pensi alla trasmissione del sapere attraverso le generazioni nel
racconto orale che ci scalda intorno al fuoco e piu' del fuoco nel freddo e nel
buio della notte.
E le retoriche possono anche essere coscienza che comunicare e' difficile e
richiede consapevolezza, concentrazione, responsabilita'; e che nell'interazione
sociale invece di vincere si puo' convincere (vincere insieme); ed essere dunque
coscienza del dubbio, arte di prudenza, atteggiamento di ascolto, e base,
canale, strumento di democrazia, di civile convivere e condursi.
E le ideologie oltre che falsa coscienza ed alienazione (l'analisi
insuperata di Marx) possono essere anche una richiesta e uno sforzo di rendersi
conto e di dare ragione, una ricerca comune (la "religio", come legame,
collegamento, discorso comune tra gli uomini).
E le chiese, le comunita', le "ecclesie" (includendo quindi tra esse ogni
forma di comunita' tenuta insieme da valori, interessi, bisogni comuni e
profondi) possono anche essere convivenza solidale, condivisione del pane, una
legge che non opprime ma sostiene e libera, e si fondino pure su sogni e
illusioni: non sono forse sogni e illusioni tanta parte della stoffa di cui
consistiamo?
E le agenzie educative (dalla scuola al partito politico, dal lavoro alla
comunita' scientifica, dalle infinite sedi della socializzazione al movimento di
rivendicazione) possono anche trasmettere esperienze e saggezza, essere ricerca
comune ed educazione reciproca: coscientizzazione (Paulo Freire).
In breve: e' la volonta' degli uomini che decide; il male non e' mai
necessario: ed a tutti e' dato, sempre, di contrastarlo.
*
Gli uomini ora sanno
E comunque noi oggi sappiamo: sappiamo, ce lo ha spiegato Primo Levi, che
la strada dell'ossequio e del consenso e' senza ritorno, e porta ai campi di
sterminio. Sappiamo, lo ha ripetuto tante volte Mohandas Gandhi, che il potere
oppressivo si regge anche sul consenso delle vittime e sull'indifferenza di chi
sta a guardare. Sappiamo, lo scrisse memorabilmente Lorenzo Milani, che
l'obbedienza non e' piu' una virtu', ma la più subdola delle tentazioni, e che
ognuno deve sentirsi l'unico responsabile di tutto. Gli uomini ora sanno. Ognuno
deve sentirsi responsabile di tutto.
*
Le tre verita' di Hiroshima
Nel 1981 aprendo un celebre convegno di "Testimonianze" sul tema Se vuoi la
pace, prepara la pace, Ernesto Balducci (uno dei piu' lucidi e limpidi
costruttori di pace di questo secolo) pronuncio' un forte discorso. In esso
enuncio' quelle che chiamo' "le tre verita' di Hiroshima". Rileggiamo le sue
parole.
"La prima verita' contenuta in quel messaggio e' che il genere umano ha un
destino unico di vita o di morte. Sul momento fu una verita' intuitiva, di
natura etica, ma poi, crollata l'immagine eurocentrica della storia, essa si e'
dispiegata in evidenze di tipo induttivo la cui esposizione piu' recente e piu'
organica e' quella del Rapporto Brandt. L'unita' del genere umano e' ormai una
verita' economica. Le interdipendenze che stringono il Nord e il Sud del
pianeta, attentamente esaminate, svelano che non e' il Sud a dipendere dal Nord
ma e' il Nord che dipende dal Sud. Innanzitutto per il fatto che la sua economia
dello spreco e' resa possibile dalla metodica rapina a cui il Sud e' sottoposto
e poi, piu' specificamente, perche' esiste un nesso causale tra la politica
degli armamenti e il persistere, anzi l'aggravarsi, della spaventosa piaga della
fame. Pesano ancora nella nostra memoria i 50 milioni di morti dell'ultima
guerra, ma cominciano anche a pesarci i morti che la fame sta facendo: 50
milioni, per l'appunto, nel solo anno 1979. E piu' comincia a pesare il fatto,
sempre meglio conosciuto, che la morte per fame non e' un prodotto fatale
dell'avarizia della natura o dell'ignavia degli uomini, ma il prodotto della
struttura economica internazionale che riversa un'immensa quota dei profitti
nell'industria delle armi: 450 miliardi di dollari nel suddetto anno 1979 e
cioe' 10 volte di piu' del necessario per eliminare la fame nel mondo. Questo
ora si sa. Adamo ed Eva ora sanno di essere nudi. Gli uomini e le donne che,
fosse pure soltanto come elettori, tengono in piedi questa struttura di
violenza, non hanno piu' la coscienza tranquilla.
La seconda verita' di Hiroshima e' che ormai l'imperativo morale della
pace, ritenuta da sempre come un ideale necessario anche se irrealizzabile, e'
arrivato a coincidere con l'istinto di conservazione, il medesimo istinto che
veniva indicato come radice inestirpabile dell'aggressivita' distruttiva. Fino
ad oggi e' stato un punto fermo che la sfera della morale e quella dell'istinto
erano tra loro separate, conciliabili solo mediante un'ardua disciplina e solo
entro certi limiti: fuori di quei limiti accadeva la guerra, che la coscienza
morale si limitava a deprecare come un malum necessarium. Ma le prospettive
attuali della guerra tecnologica sono tali che la voce dell'istinto di
conservazione (di cui la paura e' un sintomo non ignobile) e la voce della
coscienza sono diventate una sola voce. Non era mai capitato. Anche per questi
nuovi rapporti fra etica e biologia, la storia sta cambiando di qualita'.
La terza verita' di Hiroshima e' che la guerra e' uscita per sempre dalla
sfera della razionalita'. Non che la guerra sia mai stata considerata, salvo in
rari casi di sadismo culturale, un fatto secondo ragione, ma sempre le culture
dominanti l'hanno ritenuta quanto meno come una extrema ratio, e cioe' come uno
strumento limite della ragione. E difatti, nelle nostre ricostruzioni
storiografiche, il progresso dei popoli si avvera attraverso le guerre. Per una
specie di eterogenesi dei fini - per usare il linguaggio di Benedetto Croce -
l'"accadimento" funesto generava l'"avvenimento" fausto. Ma ora, nell'ipotesi
atomica, l'accadimento non genererebbe nessun avvenimento. O meglio,
l'avvenimento morirebbe per olocausto nel grembo materno
dell'accadimento'.
*
Un messaggio da Assisi: sei impegni per la pace
Il 24 settembre 2000 si e' svolta, promossa dai movimenti nonviolenti, una
marcia da Perugia ad Assisi contro tutti gli eserciti e le guerre. Ai
partecipanti si chiedeva l'adesione e l'impegno personale sui sei punti del
"Manifesto 2000 per una cultura della pace e della nonviolenza" lanciato dai
Premi Nobel per la Pace; e' un programma che ci pare opportuno proporre alla
lettura e alla riflessione.
"1. Rispettare ogni vita. Rispettare la vita e la dignita' di ogni essere
umano senza alcuna discriminazione ne' pregiudizio;
2. Rifiutare la violenza. Praticare la nonviolenza attiva, rifiutando la
violenza in tutte le sue forme: fisica, sessuale, psicologica, economica e
sociale, in particolare nei confronti dei piu' deboli e vulnerabili, come i
bambini e gli adolescenti;
3. Condividere con gli altri. Condividere il mio tempo e le risorse
materiali coltivando la generosita', allo scopo di porre fine all'esclusione,
all'ingiustizia e all'oppressione politica ed economica;
4. Ascoltare per capire. Difendere la liberta' di espressione e la
diversita' culturale, privilegiando sempre l'ascolto e il dialogo senza cedere
al fanatismo, alla maldicenza e al rifiuto degli altri;
5. Preservare il pianeta. Promuovere un consumo responsabile e un modo di
sviluppo che tengano conto dell'importanza di tutte le forme di vita e
preservino l'equilibrio delle risorse naturali del pianeta;
6. Riscoprire la solidarieta'. Contribuire allo sviluppo della mia
comunita', con la piena partecipazione delle donne e nel rispetto dei principi
democratici, al fine di creare, insieme, nuove forme di solidarieta'".
Se una lezione e un programma di lavoro dall'esperienza del secolo che si
e' concluso possiamo trarre, ci pare che nelle parole di Balducci e nell'appello
dei Premi Nobel per la Pace se ne possa trovare una traccia. E dunque al
lavoro.
*
Parte terza. Ci sono alternative? La nonviolenza
Guardiamoci intorno
I quattro quinti dell'umanita' vivono una vita di enormi sofferenze; le
guerre, la fame, lo sfruttamento, l'oppressione e l'ingiustizia strutturale
tengono in condizioni disumane la maggior parte dell'umanita'; la biosfera
(ovvero quella sottile pellicola del nostro pianeta in cui soltanto esiste vita
vegetale, animale ed umana) e' messa a rischio da un modello di sviluppo
criminale; ingenti risorse che potrebbero offrire benessere a molti, vengono
invece rapinate, sperperate, distrutte da pochi; e' crescente l'inquinamento
dell'ambiente e la distruzione di risorse non rinnovabili; le nuove tecnologie
(particolarmente quelle informatiche e quelle biologiche) contengono grandi
potenzialita' ma implicano enormi rischi e richiedono per la loro gestione un di
piu' di democrazia, di razionalita', di responsabilita'; si pone il problema di
quale pianeta stiamo predisponendo per le generazioni future; pace, democrazia e
diritti umani mai come oggi costituiscono una triade di esigenze irrefutabili e
irrinviabili.
*
Dieci ferite della contemporaneita'
Un recente volume che analizza alcune figure e correnti della riflessione
morale contemporanea (AA. VV., Etiche della mondialita', Cittadella, Assisi
1996) propone questa descrizione schematica della situazione presente:
"Le ferite piu' laceranti della contemporaneita' possono essere
ricapitolate nel quadro seguente, articolato in dieci punti:
1) l'invadenza e gli effetti sconvolgenti di un ordine economico mondiale
che, per assicurare l'opulenza ad una minoranza dell'umanita', produce per tutti
gli altri la fame, il sottosviluppo, la disoccupazione, la degradazione del
lavoro;
2) la crisi ecologica, con intollerabili danni alla biosfera ed alle
condizioni per la sopravvivenza delle diverse forme di vita sulla terra;
3) la crisi demografica, con la crescente sproporzione tra popolazione e
risorse disponibili;
4) l'acuirsi delle tensioni etniche e religiose, delle discriminazioni di
casta e di sesso, nonche' la traduzione irresponsabile del principio
dell'autodeterminazione dei popoli;
5) la crisi delle relazioni interumane di solidarieta' e l'esclusione di
intere fasce della societa';
6) il ricorso alla guerra come risoluzione delle controversie
internazionali;
7) l'esistenza di regimi dittatoriali ed il ripetersi della violazione dei
diritti umani in molti stati;
8) l'espandersi delle organizzazioni criminali transnazionali e del mercato
mondiale delle droghe;
9) il monopolio occidentale del sistema informativo-comunicativo e
l'omologazione delle culture sotto il liberismo assoluto dell'Occidente;
10) la difficolta' di indirizzare al bene comune dell'umanita' le dinamiche
e gli esiti della ricerca scientifica e della tecnologia".
Si potrebbe dire diversamente, di alcune cose si potrebbe discutere, ma il
quadro complessivo e' all'incirca questo.
Vari studiosi e vari rappresentanti di movimenti che lottano per la
dignita' umana, concordano nel denunciare la situazione presente come
intollerabile; cfr. ad esempio le analisi proposte dalla prestigiosa rivista "Le
Monde diplomatique", o le analisi del Marcos portavoce dell’esperienza zapatista
in Chiapas, o le riflessioni della Rete di Lilliput. Come si puo' accettare
questa situazione?
*
Che fare?
Si pone il problema di opporsi a tanta violenza, a tanto dolore, a tanta
ingiustizia, a tanta follia.
Ed occorre quindi elaborare e praticare delle adeguate etiche planetarie;
dei comportamenti concreti capaci di contrastare la catastrofica deriva
presente; una azione politica coerente ed efficace; progetti, dinamiche,
istituzioni all'altezza delle necessita'. Come fare?
Noi crediamo che per la lotta che occorre condurre alcuni strumenti
operativi importanti li offra la teoria-prassi della nonviolenza.
*
La proposta della nonviolenza come teoria-pratica di liberazione
La nonviolenza e' una possibile risposta a questo urgente problema: alla
violenza crescente si puo', si deve, opporre la nonviolenza.
Ma detto questo e' stato detto ancora ben poco: cosa e' la
nonviolenza?
In prima approssimazione potremmo dire che la nonviolenza e' una
teoria-pratica di liberazione, ovvero una proposta di azione finalizzata
all'affermazione concreta e immediata della dignita' umana; una proposta
pratica, ma che implica dei giudizi di valore, e quindi una teoria: un punto di
vista che concerne questioni morali, politiche, gnoseologiche (cioe' relative
alla teoria della conoscenza), antropologiche (ovvero una visione dell'uomo e
della cultura). Ma essenzialmente a nostro avviso la nonviolenza e' lotta contro
la violenza, lotta contro l'ingiustizia, lotta che afferma la responsabilita' di
ognuno per il bene di tutti, lotta che nel suo stesso farsi istituisce
democrazia, diritti umani, difesa della biosfera.
*
La nonviolenza come cosa complessa
La nonviolenza e' una teoria-prassi sperimentale ed in continuo sviluppo
creativo, dalle molteplici dimensioni ed interpretazioni, quindi da studiare
rigorosamente.
La nonviolenza non e' una cosa semplice. Lo stesso termine si presta a
diverse interpretazioni; i suoi ambiti applicativi sono molto diversificati,
coloro che alla nonviolenza si sono accostati o che di strumenti, tecniche,
riflessioni di essa hanno fatto uso, ne hanno dato interpretazioni molto
diverse.
Lo stesso Gandhi, che ne e' il vero e proprio fondatore, ne ha dato
definizioni diverse ed ha elaborato un concetto di essa sperimentale,
contestuale, dinamico, critico. Sperimentale perche' la nonviolenza non e' un
dogma ma un concreto operare in quanto tale constantemente ri-discutibile;
contestuale, perche' e' solo nel vivo del conflitto, solo nella concretezza
della lotta contro l'ingiustizia, che la nonviolenza in quanto prassi si da', si
misura e si definisce; dinamico, perche' appunto la nonviolenza non e' un che di
statico, di ipostatizzato, di prefissato, di preconfezionato, ma si realizza nel
processo della lotta, nel vivo del conflitto, nel cuore della storia e della
societa', ed agisce come parte in causa, come elemento contraddittorio e
propulsivo, come rottura del disordine costituito e come progetto di
trasformazione; critico, perche' la nonviolenza non e' uno stato di quiete, di
appagamento, la fine di alcunche', ma un costante rovello, un'incessante
verifica, una lotta interminabile, e quindi anche una serrata critica ed
autocritica.
La nonviolenza non e' una ideologia o una filosofia politica e sociale in
piu'; ma non e' neppure un mero repertorio di strumenti e di tecniche; essa si
propone come una teoria-prassi compatibile con altre teorie morali e politiche,
ma ha una sua autonomia e coerenza che ne fa una cosa complessa, inconclusa, in
sviluppo, ma insieme una cosa non confondibile, non sussumibile, non
addomesticabile.
*
Dimensioni ed interpretazioni della nonviolenza
Dimensioni: vedremo che la nonviolenza ha diverse dimensioni, una di esse
e' quella della scelta etico-politica, e quindi della condotta personale e
collettiva nella vita quotidiana come nei conflitti politici, sociali e
culturali; una seconda dimensione e' quella delle tecniche di lotta e delle
forme di gestione delle relazioni e dei conflitti; una terza dimensione e'
quella della nonviolenza come strategia di lotta contro le ingiustizie; una
quarta dimensione e' quella del progetto politico, economico e sociale che la
scelta nonviolenta implica se le sue premesse vengono svolte fino alle ultime
conseguenze.
Intepretazioni: si potrebbe dire che vi sono tante interpretazioni della
nonviolenza quanti sono coloro che la hanno adottata e che su di essa hanno
riflettuto.
Per quanto ci concerne, noi qui proponiamo un approccio non dogmatico, ma
sperimentale ed aperto, concreto e contestuale; pertanto questo stesso scritto
non e' un formulario tuttologico, o un ricettario onnivalente, ma la proposta e
la descrizione - certo intenzionata, certo non neutrale - di una serie di tesi
su cui comunque la discussione e la riflessione restano aperte.
(Parte prima - Segue)
6.
STRUMENTI. "AZIONE NONVIOLENTA"
"Azione nonviolenta" e' la rivista del Movimento Nonviolento, fondata
da Aldo Capitini nel 1964, mensile di formazione, informazione e dibattito sulle
tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo.
Redazione, direzione, amministrazione: via Spagna 8, 37123 Verona, tel.
0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail:
an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org
Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 30 euro sul ccp n. 10250363 intestato ad Azione nonviolenta, via Spagna 8, 37123 Verona. E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando una e-mail all'indirizzo
an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto
"copia di 'Azione nonviolenta'".
7. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Letture
- AA. VV., Afghanistan addio!, "Limes. Rivista italiana di geopolitica", n.
2/2010, Gruppo Editoriale L'Espresso, Roma 2010, pp. 300, euro 14.
- Enrique Paez, Il viaggio di Abdel, Zambon Editore, Verona-Frankfurt 2009,
pp. 104, euro 9,90. Per richieste alla casa editrice: e-mail: zambon at zambon.net, sito: www.zambon.net
8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO
NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della
violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello
locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere
che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento
persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che
promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 9. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti:
azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal
dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web:
http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 183 del 7
maggio 2010
Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal
Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della
nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare
su:
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu':
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina
web
http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno
2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa
alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete
telematica alla pagina web:
http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal
dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web:
http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per
contattare la redazione e': nbawac at tin.it |
- Prev by Date: Telegrammi. 182
- Next by Date: Telegrammi. 184
- Previous by thread: Telegrammi. 182
- Next by thread: Telegrammi. 184
- Indice: