Telegrammi. 115
- Subject: Telegrammi. 115
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sun, 28 Feb 2010 01:06:27 +0100
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 115 del 28 febbraio
2010
Telegrammi della nonviolenza in cammino
proposti dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche
della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero:
1. Faccia a faccia
2. Le vittime della guerra
3. Oggi a Viterbo
4. C'era una volta il blu dipinto di blu
5. Maria G. Di Renzo: Stupori
6.
Elena Liotta: Gandhi, Localismo e Decrescita
7. "Azione nonviolenta"
8. Segnalazioni librarie
9. La "Carta" del Movimento Nonviolento
10. Per saperne di piu'
1. EDITORIALE. FACCIA A FACCIA
Faccia a faccia col colpo di stato razzista.
Faccia a faccia con le sue vittime.
Scegliere occorre: o si e' complici del colpo di stato razzista e quindi
nemici dell'umanita'; o si resta esseri umani e quindi si insorge contro il
razzismo. Non vi e' una terza opzione.
*
Occorre un'insurrezione nonviolenta contro il colpo di stato razzista,
schiavista, squadrista.
Occorre un'insurrezione nonviolenta in difesa dei diritti umani di tutti
gli esseri umani.
Occorre un'insurrezione nonviolenta in difesa della Costituzione della
Repubblica Italiana.
Occorre un'insurrezione nonviolenta contro il nazismo che torna.
2. EDITORIALE. LE VITTIME DELLA GUERRA
Le vittime della guerra.
Uccise dalla guerra.
Uccise da chi fa la guerra agli ordini di chi decide la guerra.
*
Le vittime della guerra uccise da chi fa la guerra, da chi ha deciso la
guerra e da chi alla guerra non si oppone.
Le vittime della guerra uccise anche dal governo italiano (l'attuale, i due
precedenti), uccise anche dal parlamento italiano (l'attuale, i due precedenti),
uccise anche dal popolo italiano che alla partecipazione italiana alla guerra
non si oppone.
*
Cessi l'illegale, criminale partecipazione italiana alla guerra in
Afghanistan.
Si impegni l'Italia per la pace, innnanzitutto cessando di partecipare alla
guerra.
Solo la pace salva le vite, e la pace si costruisce cessando di uccidere,
disarmando e smilitarizzando i conflitti, recando soccorsi ai superstiti, con
scelte di responsabilita' e di solidarieta' fondate sul riconoscimento di tutti
i diritti umani a tutti gli esseri umani.
3. INCONTRI. OGGI A VITERBO
Oggi, domenica 28 febbraio 2010, con inizio
alle ore 15,30, presso il centro sociale autogestito "Valle Faul" a
Viterbo, si svolgera' il quattordicesimo incontro di studio del
percorso di formazione e informazione nonviolenta.
L'iniziativa e' ovviamente aperta alla partecipazione di tutte le persone
interessate.
Il centro sociale autogestito "Valle Faul" si trova in strada
Castel d'Asso snc, a Viterbo.
4. RIFLESSIONE. C'ERA UNA VOLTA IL BLU DIPINTO DI
BLU
[Riceviamo e
diffondiamo]
Adesso invece il cielo e' continuamente solcato da
aerei che inquinano, avvelenano la biosfera.
Il dissennato incremento del trasporto aereo sta
contribuendo in ingente misura al surriscaldamento globale del clima, la
principale minaccia ambientale che l'umanita' deve fronteggiare per difendere se
stessa, la sua civilta', il suo futuro, la vivibilita' della biosfera che e'
l'unica casa comune dell'umanita' intera.
*
Occorre ridurre il trasporto aereo, non
incrementarlo a fini di narcotico diporto.
Occorre dare la priorita' all'ambiente e alla
salute, non al profitto di ristrette cricche di speculatori ed al consumismo
selvaggio di ipnotizzati vandali.
*
Occorre opporsi a nuovi mega-aeroporti nel
Lazio.
Occorre opporsi all'ampliamento del sedime di
Fiumicino.
Occorre ottenere la drastica e immediata riduzione
dei voli a Ciampino.
*
Occorre salvare questo pianeta, che e' l'unico che
abbiamo.
*
Il comitato che si oppone al mega-aeroporto di
Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, in difesa della
salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti
Viterbo, 27 febbraio 2010
Per contattare direttamente la portavoce del
comitato, la dottoressa Antonella Litta: tel. 3383810091, e-mail: antonella.litta at libero.it 5.
RIFLESSIONE. MARIA G. DI RIENZO: STUPORI
[Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per questo
intervento.
Maria G. Di Rienzo e' una delle principali collaboratrici di
questo foglio; prestigiosa intellettuale femminista, saggista, giornalista,
narratrice, regista teatrale e commediografa, formatrice, ha svolto rilevanti
ricerche storiche sulle donne italiane per conto del Dipartimento di Storia
Economica dell'Universita' di Sydney (Australia); e' impegnata nel movimento
delle donne, nella Rete di Lilliput, in esperienze di solidarieta' e in difesa
dei diritti umani, per la pace e la nonviolenza. Tra le opere di Maria G. Di
Rienzo: con Monica Lanfranco (a cura di), Donne disarmanti, Edizioni Intra
Moenia, Napoli 2003; con Monica Lanfranco (a cura di), Senza velo. Donne
nell'islam contro l'integralismo, Edizioni Intra Moenia, Napoli 2005. Un piu'
ampio profilo di Maria G. Di Rienzo in forma di intervista e' in "Notizie minime
della nonviolenza" n. 81]
Assieme
ai calendari di celebrita' seminude ed all'annuncio che se si e' ballerine
(non alla Scala, su un cubo) e igieniste dentali si e' perfettamente
attrezzate per la candidatura politica, trovo sul giornale questo trafiletto:
“Sono tre milioni gli italiani che soffrono di disturbi alimentari e sono
soprattutto donne. Giovani, a volte solo bambine, l’anoressia non fa distinzioni
di eta'. La malattia comincia a colpire gia' dai 14 anni, con un’incidenza
dell’1,5%. Un salto di qualita' rispetto anche solo all’ultimo decennio del
secolo scorso, quando l’eta' di esordio di queste patologie era i 17 anni”.
Viene intervistato subito il noto psichiatra che spiega: “Dove arriva la
televisione, dove arriva l'immagine di donna, arriva l'anoressia nervosa. Le
vittime dell'anoressia sono in maggioranza donne perche' il loro cervello
attribuisce un fattore di stima alla magrezza, una proporzione tra peso corporeo
e stima di se'".
Che
strano. Sento lo stupore del medico. Percepisco che bisognera' finanziare
ricerche sul cervello femminile, che deve essere cosi' diverso e sensibile,
soggetto ad essere impressionato istantaneamente e per sempre (quasi un marchio
a fuoco) dalla prima visione televisiva di una sfilata di scheletri molto
eleganti. D'altronde, una volta che si sia spenta la tv, nessuno ti valuta, ti
irride, ti schernisce rispetto al tuo peso corporeo e, soprattutto, alla
relazione fra il tuo peso corporeo e la tua appetibilita' sessuale. Ditemelo
voi, ragazze: a scuola i vostri compagni e le vostre compagne non ci fanno
nessun caso, nevvero? E per strada, quando vi fate una passeggiata a guardare le
vetrine, le immagini dei manichini senza testa (dev'essere impossibile essere
sexy avendone una), le immagini pubblicitarie che vendono i corpi smembrati e
ipersessualizzati di donne e ragazze e persino bambine con auto, birre e
formaggi, non le vedete neppure. E a casa, figuriamoci, non subite nessuna
pressione rispetto al vostro corpo. Tutti vi amano per quel che siete. Sono i
vostri genitori e parenti, dopotutto: potrebbe essere
altrimenti?
Piccola
Luisa, questo e' per te: ti ricordi quando qualche tempo fa ci siamo
incontrate in ascensore? Ti stavi preoccupando di aver mangiato troppo. Mi hai
chiesto come ti vedevo. E io ti ho detto, ed ero completamente sincera,
“Bellissima come sempre”. E ho aggiunto: “Stai attenta a non affamarti, il tuo
corpo e' in crescita, ha bisogno che tu lo nutra. E visto che il tuo
fisico e' del tutto normale smettila di preoccuparti”. “Ma”, hai risposto
ridacchiando e cercando di tirare del grasso inesistente sul ventre, “mio zio
continua a dirmi Cicciona, guarda quanto sei grassa!” Allora mi sono morsa mentalmente le labbra,
ho cassato la reazione primaria (e cioe' “Tuo zio ha detto una cosa imbecille”),
e ho sorriso anch'io: “Lo fa per prenderti in giro, non devi
credergli”.
C'entra qualcosa, con l'anoressia, il silenziare,
minare, sradicare le potenzialita' e le personalita' delle ragazzine spingendole
a credere che debbano essere delle dimensioni di una matita? E che se non lo
sono non saranno amate, non realizzeranno nulla, sono solo schifose e inutili?
Il perdere e perdere peso ha qualcosa a che fare con il desiderio di scomparire?
L'esperto psichiatra potrebbe prendere in considerazione l'idea di indagare sul
perche' il cervello degli uomini attribuisca un “fattore di stima” a donne che si
presentano come cadaveri ambulanti? E sul perche' la stima di se' tendano a
costruirla sullo svilimento dell'altra meta' del
cielo? 6.
RIFLESSIONE. ELENA LIOTTA: GANDHI, LOCALISMO E DECRESCITA [Ringraziamo Elena
Liotta (per contatti: e_liotta at yahoo.it) per averci messo a disposizione il
testo della seguente conferenza comemmorativa di Gandhi tenuta a Orvieto
nel gennaio 2010 nell'ambito del "Laboratorio sugli stili di vita" (che include
decrescita, localismo e nonviolenza). Elena
Liotta, nata a Buenos Aires il 25 settembre 1950, risiede a Orvieto, in Umbria;
e' psicoterapeuta e psicologa analista, membro dell'Ordine degli Psicologi
dell'Umbria, membro dell'Apa (American Psychological Association), socia
fondatrice del Pari Center for New Learning; oltre all'attivita' psicoterapica,
svolta prevalentemente con pazienti adulti, in setting individuale, di coppia e
di gruppo, ha svolto e svolge altre attivita' culturali e organizzative sempre
nel campo della psicologia e della psicoanalisi; tra le sue esperienze
didattiche: professoressa di Psicologia presso la "American University of Rome";
docente in corsi di formazione, e coordinatrice-organizzatrice di corsi di
formazione a carattere psicologico, per servizi pubblici e istituzioni pubbliche
e private; didatta presso l'Aipa, societa' analitica accreditata come scuola di
specializzazione post-laurea, per la formazione in psicoterapia e per la
formazione di psicologi analisti; tra le altre esperienze parallele alla
professione psicoterapica e didattica: attualmente svolge il ruolo di
Coordinatrice psicopedagogica e consulente dei servizi sociali per il Comune di
Orvieto, e di Coordinatrice tecnico-organizzativa di ambito territoriale per la
Regione Umbria nell'Ambito n. 12 di Orvieto (dodici Comuni), per la ex- Legge
285, sul sostegno all'infanzia e adolescenza e alle famiglie, occupandosi anche
della formazione e monitoraggio dei nuovi servizi; e' stata assessore alle
politiche sociali presso il Comune di Orvieto; dopo la prima laurea ha anche
lavorato per alcuni anni in campo editoriale, redazionale e
bibliografico-biblioteconomico (per "L'Espresso", "Reporter", Treccani, Istituti
di ricerca e biblioteche). Autrice anche di molti saggi apparsi in riviste
specializzate e in volumi collettanei, tra le opere di Elena Liotta segnaliamo
particolarmente Educare al Se', Edizioni Scientifiche Magi, Roma 2001; Le
solitudini nella societa' globale, La Piccola Editrice, Celleno (Vt) 2003; con
L. Dottarelli e L. Sebastiani, Le ragioni della speranza in tempi di caos, La
Piccola Editrice, Celleno (Vt) 2004; Su Anima e Terra. Il valore psichico del
luogo, Edizioni Scientifiche Magi, Roma 2005; La maschera trasparente, La
Piccola Editrice, Celleno (Vt) 2006; A modo mio. Donne tra creativita' e potere,
Magi, Roma 2007. Mohandas
K. Gandhi e' stato della nonviolenza il piu' grande e profondo pensatore e
operatore, cercatore e scopritore; e il fondatore della nonviolenza come
proposta d'intervento politico e sociale e principio d'organizzazione sociale e
politica, come progetto di liberazione e di convivenza. Nato a Portbandar in
India nel 1869, studi legali a Londra, avvocato, nel 1893 in Sud Africa, qui
divenne il leader della lotta contro la discriminazione degli immigrati indiani
ed elaboro' le tecniche della nonviolenza. Nel 1915 torno' in India e divenne
uno dei leader del Partito del Congresso che si batteva per la liberazione dal
colonialismo britannico. Guido' grandi lotte politiche e sociali affinando
sempre piu' la teoria-prassi nonviolenta e sviluppando precise proposte di
organizzazione economica e sociale in direzione solidale ed egualitaria. Fu
assassinato il 30 gennaio del 1948. Sono tanti i meriti ed e' tale la grandezza
di quest'uomo che una volta di piu' occorre ricordare che non va
mitizzato, e che quindi non vanno occultati limiti, contraddizioni, ed alcuni
aspetti discutibili - che pure vi sono - della sua figura, della sua
riflessione, della sua opera. Opere di Gandhi: essendo Gandhi un
organizzatore, un giornalista, un politico, un avvocato, un uomo d'azione, oltre
che una natura profondamente religiosa, i suoi scritti devono sempre essere
contestualizzati per non fraintenderli; Gandhi considerava la sua riflessione in
continuo sviluppo, e alla sua autobiografia diede significativamente il titolo
Storia dei miei esperimenti con la verita'. In italiano l'antologia migliore e'
Teoria e pratica della nonviolenza, Einaudi; si vedano anche: La forza della
verita', vol. I, Sonda; Villaggio e autonomia, Lef; l'autobiografia tradotta col
titolo La mia vita per la liberta', Newton Compton; La resistenza nonviolenta,
Newton Compton; Civilta' occidentale e rinascita dell'India, Movimento
Nonviolento (traduzione del fondamentale libro di Gandhi: Hind Swaraj; ora
disponibile anche in nuova traduzione col titolo Vi spiego i mali della civilta'
moderna, Gandhi Edizioni); La cura della natura, Lef; Una guerra senza violenza,
Lef (traduzione del primo, e fondamentale, libro di Gandhi: Satyagraha in South
Africa). Altri volumi sono stati pubblicati da Comunita': la nota e discutibile
raccolta di frammenti Antiche come le montagne; da Sellerio: Tempio di verita';
da Newton Compton: e tra essi segnaliamo particolarmente Il mio credo, il mio
pensiero, e La voce della verita'; Feltrinelli ha recentemente pubblicato
l'antologia Per la pace, curata e introdotta da Thomas Merton. Altri volumi
ancora sono stati pubblicati dagli stessi e da altri editori. I materiali della
drammatica polemica tra Gandhi, Martin Buber e Judah L. Magnes sono stati
pubblicati sotto il titolo complessivo Devono gli ebrei farsi massacrare?, in
"Micromega" n. 2 del 1991 (e per un acuto commento si veda il saggio in
proposito nel libro di Giuliano Pontara, Guerre, disobbedienza civile,
nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele, Torino 1996). Opere su Gandhi: tra le
biografie cfr. B. R. Nanda, Gandhi il mahatma, Mondadori; il recente accurato
lavoro di Judith M. Brown, Gandhi, Il Mulino; il recentissimo libro di Yogesh
Chadha, Gandhi, Mondadori, e quello di Christine Jordis, Gandhi, Feltrinelli.
Tra gli studi cfr. Johan Galtung, Gandhi oggi, Edizioni Gruppo Abele; Icilio
Vecchiotti, Che cosa ha veramente detto Gandhi, Ubaldini; ed i volumi di Gianni
Sofri: Gandhi e Tolstoj, Il Mulino (in collaborazione con Pier Cesare Bori);
Gandhi in Italia, Il Mulino; Gandhi e l'India, Giunti. Cfr. inoltre: Dennis
Dalton, Gandhi, il Mahatma. Il potere della nonviolenza, Ecig. Una importante
testimonianza e' quella di Vinoba, Gandhi, la via del maestro, Paoline. Per la
bibliografia cfr. anche Gabriele Rossi (a cura di), Mahatma Gandhi; materiali
esistenti nelle biblioteche di Bologna, Comune di Bologna. Altri libri
particolarmente utili disponibili in italiano sono quelli di Lanza del Vasto,
William L. Shirer, Ignatius Jesudasan, George Woodcock, Giorgio Borsa, Enrica
Collotti Pischel, Louis Fischer. Un'agile introduzione e' quella di Ernesto
Balducci, Gandhi, Edizioni cultura della pace. Una interessante sintesi e'
quella di Giulio Girardi, Riscoprire Gandhi, Anterem, Roma 1999; tra le piu'
recenti pubblicazioni segnaliamo le seguenti: Antonio Vigilante, Il pensiero
nonviolento. Una introduzione, Edizioni del Rosone, Foggia 2004; Mark
Juergensmeyer, Come Gandhi, Laterza, Roma-Bari 2004; Roberto Mancini, L'amore
politico, Cittadella, Assisi 2005; Enrico Peyretti, Esperimenti con la verita'.
Saggezza e politica di Gandhi, Pazzini, Villa Verucchio (Rimini) 2005; Fulvio
Cesare Manara, Una forza che da' vita. Ricominciare con Gandhi in un'eta' di
terrorismi, Unicopli, Milano 2006; Giuliano Pontara, L'antibarbarie. La
concezione etico-politica di Gandhi e il XXI secolo, Ega, Torino
2006] “La
disposizione a soffrire, invece di far soffrire gli altri, e’ l’essenza della
non-violenza” (Mohandas
K. Gandhi) * La frase
di Gandhi non e’ un invito al masochismo. Si tratta di coltivare lo spirito di
base per sopportare rinunce, che pur creandoci disagio, vanno a favore di altri
esseri umani in condizioni peggiori delle nostre. E per poter sperare che in
caso di bisogno qualcuno lo faccia anche per noi. Un atteggiamento di questo
tipo costituisce il nucleo della fratellanza umana, predicata da tutti i maestri
spirituali del mondo fino ai giorni nostri e funzionerebbe da salvaguardia nei
confronti di tutte le guerre. Non c’e’
bisogno di essere, o voler diventare, monaci e santi per capire che in
situazioni particolari e’ la vita stessa a chiederci di rinunciare,
ridimensionarci, fare un passo indietro, per il bene comune e per evitare la
distruzione di tutti. Gandhi
sostiene che le pratiche nonviolente di resistenza passiva hanno addirittura
bisogno della poverta’ per poter vincere davvero. Non la poverta’ concreta,
subita, che non puo’ dare garanzie di liberta’. Ma quella interiore, la
determinazione del non-attaccamento, di chi non teme di perdere nulla, essendo
indifferente al possesso, anche della vita stessa. Suona quasi eroico. O forse
meglio sobrio, austero. Comunque insolito oggi. Le
parole dei grandi pensatori sono spesso affascinanti e tremende, per chi vive
nell’odierna societa’ dei consumi ed e’ purtroppo dipendente da strati di
possedimenti materiali, anche i piu’ banali e inutili. Oltre
che della poverta’, la nonviolenza avrebbe bisogno per affermarsi come lotta,
anche della verita’, altra potenziale fonte di sofferenza. Dire e ascoltare la
verita’ fa spesso male. E’ una sua caratteristica. Io credo che la verita’
faccia proprio salute, per quanto procuri a volte dolore, come molte terapie,
soprattutto all’inizio, a seconda di quanto si e’ intossicati. Si sa pero’ che
il medico pietoso non aiuta la guarigione! Ma
vediamo ancora la posizione di Gandhi: la ricerca della verita’ non ammette
l’uso della violenza nei confronti dell’avversario che puo’ avere idee diverse
dalle nostre. La verita’, al contrario, ha bisogno di pazienza e comprensione,
soprattutto quando si cerca di distogliere l’altro da un presupposto errore. Ma,
tornando a un punto nevralgico: la pazienza e’ sofferenza, dice Gandhi. E tutti
lo sanno per esperienza. Per questo la difesa della verita’ avviene
primariamente attraverso la nostra sofferenza e non quella dell’avversario (di
cui non possiamo controllare il grado di pazienza). Spostiamoci
di livello. La democrazia e la civilta’ ci chiedono la sospensione della
violenza bruta, della sopraffazione, dell’autoritarismo. L’
avversario non deve essere distrutto, ne’ concretamente ne’ simbolicamente.
Tenere a bada gli impulsi di predazione e annientamento dell’altro, produce
negli esseri umani iscritti nella legge del piu’ forte, quella sofferenza gia’
identificata da Freud come “il disagio della civilta’”. Vivere in societa’ umane
comporta, in qualche misura, la rinuncia al personale egoismo. Purtroppo la
storia ci mostra come la bestia crudele sia pronta a riaffacciarsi non appena
fiuta l’opportunita’ per affondare gli artigli. Gli addomesticamenti sono sempre
temporanei e non bisogna abbassare la guardia
nell’educazione. * Nonviolenza,
solidarieta’ e processi educativi Sempre
Gandhi: “L’educazione alla resistenza passiva e’ la migliore e piu’ nobile
educazione. Non si vorra’ negare infatti che un bambino, prima di iniziare a
scrivere e a conoscere il mondo, debba sapere che cosa e’ l’anima, che cosa e’
la verita’, che cosa e’ l’amore, e quali forze siano latenti nell’anima.
Dovrebbe essere essenziale per una vera educazione, che un bambino imparasse che
nella lotta della vita si puo’ facilmente sconfiggere l’odio con l’amore, il
falso con la verita’ e la violenza con la sofferenza”. Accidenti!
Solo retorica idealizzante, illusioni impossibili da realizzare? Eppure
l’empatia, i “neuroni specchio”, la solidarieta’, l’alterita’, il rispetto per
la diversita’… tutte parole che circolano sempre piu’ spesso a ricordarci -
mentre stiamo diventando “globali”, “planetari” - la comune origine e natura di
esseri umani. Il lato buono, quello naturalmente sociale e cooperativo degli
esseri umani. C’e’ anche quello, si’. Consideriamo
il pensiero di Gandhi intorno alla crescita delle nuove generazioni sullo sfondo
delle festivita’ natalizie da poco trascorse, momento in cui l’orgia
consumistica dell’Occidente trova la sua piena espressione. Mentre disastri
naturali o provocati dall’uomo, riducono se possibile in maggiore poverta’ chi
e’ gia’ povero. Guardiamola, la nave da crociera delle vacanze ricche, mentre
solca i Caraibi dopo il terremoto di Haiti… Senza un
radicale ritorno alla fratellanza umana, qualsiasi discorso che alluda al
“cambiamento di stile di vita” rimane lettera morta. Figuriamoci quando neanche
si pensa alla necessita’ di un cambiamento e addirittura si spera e si lavora
per il ripristino dello stato precedente alla crisi
economica. * Da
Gandhi all’Europa in guerra Nel
1941, in un’intervista, Carl Gustav Jung parla del ritorno forzato a una vita
semplice, a causa della guerra, usando parole come “colpo di fortuna”. Benche’
non intrapreso volontariamente e anche sofferto, questo ritorno gli appare come
un’occasione per la rinascita dell’interiorita’. “La
maggiore facilita’ nelle comunicazioni e le sensazioni a buon mercato offerte
dal cinema, dalla radio, dai giornali e da mille altre ‘occasioni’ di ogni
sorta, hanno in questi ultimi anni fatto avvicinare piu’ a grandi passi la vita
umana alla frenesia della vita americana. Quanto a divorzi, Zurigo ha perfino
gia’ uguagliato i record americani. Tutti i mezzi che dovrebbero servire a far
risparmiare tempo, come la facilita’ nelle comunicazioni e altre comodita’,
paradossalmente non servono affatto a questo scopo ma solo a riempire talmente
il tempo a disposizione che poi non ne rimane piu’ per nulla. E’ inevitabile
allora che ne derivino fretta convulsa, superficialita’ e affaticamento nervoso,
con tutti i sintomi concomitanti, come fame di stimoli, impazienza,
irritabilita’ e instabilita’. Un simile stato puo’ portare a tutto fuorche’ a un
arricchimento della mente e del cuore”. Alla
domanda: Lei crede a un ritorno ai tesori della nostra civilta’? Jung risponde:
“Come mostra l’incremento nelle vendite librarie che si e’ verificato in alcuni
paesi, in casi estremi potra’ perfino succedere che si torni a prendere in mano
un buon libro… senza uno stato di necessita’ alla massa non verrebbe mai in
mente di ritornare ai tesori della civilta’. All’uomo e’ stata cosi’ a lungo
inculcata l’illusione di un continuo e progressivo miglioramento della civilta’
che si cerca di dimenticare piu’ in fretta possibile cio’ che e’ vecchio per non
perdere la coincidenza con il mondo nuovo e migliore, la cui immagine viene
continuamente sbandierata sotto il naso della gente da incorreggibili
progressisti. La nostra nevrastenica ricerca della novita’ di domani e’ una
malattia e non e’ civilta’. Civilta’ significa essenzialmente continuita’ e
prevede un’ampia conservazione dell’antico…”. E questo
nel 1941, che ne direbbe oggi Jung? Anche i “tesori della civilta’” sono visti
oggi come merce da vendere, al pari del territorio, dei luoghi sacri, delle
memorie, di tutto cio’ che avrebbe valenze altre da quelle
commerciali. Cos’e’
l’anima, cos’e’ la verita’, cos’e’ l’amore. Gli interrogativi di Gandhi per le
nuove generazioni, come possono trovare risposte in una cultura che rende
materiale e vendibile anche cio’ che materiale non e’, non e’ mai stato e mai
sara’? Lo
psicologo analista aggiunge che senza anima, senza verita’, senza amore non si
vive o si vive male, si sta sempre peggio. E’ malattia. L’essere umano e’ fatto
cosi’. * Localismo
e Decrescita Due
parole che da qualche anno circolano nella cultura contemporanea, attraversando
vari ambiti a partire dall’economia per arrivare fino alla psicologia. Priviamo
a definire e differenziare. Localismo.
Essere, rimanere vicini alle cose e a se stessi, rispettando la soggettivita’,
per vivere un’esistenza di prima mano, diminuendo l’impatto alienante e sempre
piu’ esasperato dell’attuale societa’ avanzata. Nella sua radice etimologica di
legame con il luogo, Localismo suggerisce una visione spaziale che al centro
pone il “qui ed ora”, la consapevolezza, la testimonianza dell’essere
umano. Decrescita,
per il suo riferimento antagonista alla crescita, richiama la misura, omeostasi
vitale (ricordiamo Piccolo e’ bello, fine anni ’60, di F. Schumacher), ed e’ più
fenomenico in generale (tutto cresce e decresce, la vita stessa). In realta’ il
termine si puo’ applicare a qualsiasi fenomeno e non sempre in modo appropriato.
Ad esempio, diciamo che la luna cresce e decresce (agli occhi degli esseri
umani) mentre sappiamo che rimane sempre della stessa misura, e si tratta di
movimenti d’ombra e luce. Dato che ogni spostamento compare nel campo in
relazione ad altro, attribuire un valore qualitativo univoco risulta pericoloso:
e’ meglio o peggio crescere o decrescere? Sara’ meglio o peggio, essere
“decrescenti” e “localisti” rispetto a globalizzati e in perenne via di
sviluppo? Mah! Chi lo sa? Dipende da cosa, come, quando e
perche’! Parole,
come decrescita e localismo, utilizzate con nuovi significati vanno intese come
indicazioni, direzioni, per raccogliere fenomeni e dati, situazioni e vissuti,
parlando della vita contemporanea e della molteplicita’ di fattori che
influenzano la nostra quotidianita’. Che sorgano discussioni e diverse
interpretazioni rispetto alla loro utilita’ e’ il minimo che possa accadere.
Soprattutto quando la parola “crescere” e l’idea di grandezza sono state
caricate di positivita’ - si veda la gara mondiale dei costosissimi grattacieli
- nel mito dell’andare oltre, superare limiti, uscire da ristrettezze e
frustrazioni, in ogni senso e dimensione. Le due
parole denotano anche raggruppamenti umani, associazioni, movimenti di idee e di
pratiche che si propongono di trasformare gli stili di vita della societa’
contemporanea occidentale, ritenendo che alcune conseguenze a lungo e breve
termine dell’attuale sistema produttivo e consumistico, siano realmente
minacciose per la salute umana e del pianeta, quindi non piu’ sostenibili a
causa di una rottura di equilibri dovuta al “troppo”. Alcune
discipline umanistiche come la psicologia, la sociologia, l’antropologia, che
utilizzano il metodo scientifico dell’osservazione, cioe’ l’universale capacita’
di guardare con attenzione, resa sofisticata grazie a tecniche di misurazione ed
elaborazione di dati, continuano ad analizzare i comportamenti umani e le loro
motivazioni. Emerge che oggi, pur vivendo con fatica i disagi connessi a un
certo stile di vita, pur percependo la crisi generale e l’esistenza di un “resto
del mondo” che sopravvive in condizioni spesso inaccettabili, pur auspicando
urgenti cambiamenti… sono pochissimi gli abitanti delle societa’ avanzate che
mettono concretamente in
discussione il proprio stile di vita e l’influenza che esso sta avendo sulle
altre culture. Si dice che occorre farlo, lo si scrive, lo si proclama anche
dalla politica internazionale con specifici documenti, ma le resistenze e le
dipendenze rimangono feroci. Questo nucleo di menzogna collettiva e diffusa si
aggrava con il tempo. Si aiutano i poveri, soprattutto in disgrazia, ma non si
mette in collegamento la nostra ricchezza con la loro poverta’. Non ci si puo’
permettere neanche di immaginare che la nostra ricchezza sia, anzi e’, la loro
poverta’. * Tecnologia
e scienza: una supremazia piena di ombre Perche’
la scienza, luogo di tanta creativita’ ed intelligenza umana, non riesce a
trovare le soluzioni a questi problemi, si domandano alcuni con molta
semplicita’? Senza la
verita’, direbbe Gandhi, quale che sia, e l’ammissione della difficolta’, non si
va avanti. Si sta fermi e si torna anche malamente
indietro. Eppure,
tanto la psicoanalisi quanto la scienza hanno ormai ricondotto oggetto e
soggetto nello stesso campo: neanche il semplice osservatore e’ staccato dalla
cosa osservata e la sua presenza non e’ mai neutrale. E allora, non basterebbe
gia’ questo? Siamo tutt’uno con il mondo che stiamo consumando. Anzi ci stiamo
autoconsumando. Nel
senso comune, invece, la parola scienza evoca ancora l’attendibilita’ di dati e
risultati “oggettivi” da collezionare, interpretare e poi applicare
strumentalmente, nella generale fantasia di controllo onnipotente sulla realta’.
Verita’ opinabili sono imposte come fatti “scientifici” definitivi, laddove tutta la conoscenza e’ per
principio, per onesta’ intellettuale, provvisoria. Troppi inneggiano ancora
all’intelligenza umana che ha prodotto la tecnologia, la quale “funziona”,
perche’ copia e sostituisce la natura, anzi di piu’: manda l’uomo sulla luna,
produce virus e armi efficienti, oltre che alimenti, medicine e strumenti di
guarigione, commercializzando il tutto, indifferentemente, a vantaggio di pochi.
Ma che dire dell’idiozia della scienza? dei suoi fallimenti, della sua
incapacita’ a prevedere e prevenire conseguenze letali per la specie umana? La scienza - e le sue filiazioni in
perpetuo aggiornamento - non va disgiunta dalla conoscenza dei processi mentali
che la sostanziano dalla sua origine fino all’applicazione, e poi alla ricezione
da parte di chi la utilizza o subisce. La storia del vaccino antinfluenzale e’
un esempio lampante. Tutto un lavoro di “influenzamento” psicologico. La
governabilita’ dei gruppi umani nasce dalla paura per la sopravvivenza e si
appoggia ai bisogni di appartenenza e alla competizione per le risorse. La
scienza tecnologica ha inoltre fornito il grandioso strumento dei mass-media a
chi detiene il potere/controllo. In tutto questo, potremmo dire parafrasando
James Hillman, che si riferisce alla psicoanalisi: “Cento anni di scienza (o
duecento, trecento, quel che e’) e il mondo va sempre
peggio…”. Credo
che anche Gandhi abbia tentato questo richiamo al buon senso di fronte alla
tecnologia applicata alla vita quotidiana, quando nella sua rivoluzione
nonviolenta invitava a non abbandonare la tradizionale tessitura a mano, di
fronte al dilagare dell’industria tessile in India. Sorge
inevitabile un dubbio: sembra che a partire dalla rivoluzione industriale ci
abbiano spacciato per scienza e per tecnologia, come strumenti oggettivi e
quindi “veri”, solo l’ennesimo mito, l’ennesima narrazione collettiva che l’uomo
si autopropone per tollerare la sua ignoranza e la sua angoscia esistenziale.
Non siamo, purtroppo, piu’ felici che in passato, la scienza ci ha dato
pochissimo su questo piano, insieme a tantissime complicazioni e una vita
intasata e soffocante. Di certo ci ha dato solo un po’ di longevita’, non sempre
ben vissuta, e poi tante comodita’, ma solo a noi “fortunati”, invischiati
peraltro in nuove dipendenze. L’illusione
governa sempre la mente umana finche’ c’e’ vita, ma quella della scienza e’
davvero micidiale, puntando come fa, a tutti i costi, verso l’immortalita’ e
l’onnipotenza, e trascurando nel frattempo la vita dell’anima. Il concreto
quotidiano? L’ipertrofia tecnologica ci sta stritolando, corpo e mente, ci
inonda di rifiuti, ci succhia denaro (la tecnologia comunicativa e informatica
e’ al top dei consumi, insieme a quella farmaceutica). * Quando
il buon senso si trasforma in novita’ La
Decrescita, ora intesa come movimento di idee e di pratiche, ritiene che si
possa vivere decorosamente e rispettare l’ambiente naturale e sociale che ci
circonda, diminuendo alcuni eccessi che caratterizzano lo stile di vita della
societa’ tecnologicamente avanzata. La diminuzione non e’ sempre un male, anzi a
volte e’ una liberazione, un togliere carichi inutili, un salutare snellimento
della vita, un recupero di abitudini, modi di fare ed essere, troppo velocemente
spazzati via da induzioni massmediatiche e manipolative, legate al sistema
produttivo consumistico, dilagate dal secondo dopoguerra in poi. Si parla di
poche decine di anni, in fondo. Correggere la rotta si puo’, su questi piani,
per ora, con scelte individuali, di piccoli gruppi che non scalfiscono piu’ di
tanto la macroeconomia, anche se le clamorose crisi del sistema finanziario
dovrebbero far riflettere. Molti pensatori del dopoguerra, critici della
societa’ dei consumi, e altri odierni dicono: bisogna arrivare alla crisi
totale, alla catastrofe, solo cosi’ le cose cambieranno. Oltre che triste,
questa visione appare come il rovescio dell’onnipotenza: cioe’ impotenza
distruttiva. “Che tutto collassi, muoia Sansone con tutti i filistei!”. Non e’
molto intelligente. Basterebbe fermarsi a pensare… Troppo semplice? C’e’ il
fascino lugubre di ricostruire ex novo sulle macerie che incalza
sempre. La
Decrescita non vuole la catastrofe e non pensa di poter cambiare il mondo senza
fatica e pazienza. Comincia invece a cercare di cambiare realta’ prossime,
possibili, vicine, umanamente sostenibili. Ecco qui l’aggancio diretto al
Localismo. La convergenza tra Localismo e Decrescita e’ un fatto intrinseco e
non deve trasformarsi in una questione di lana caprina o di priorita’
enunciative. Entrambi i vertici di osservazione si puntano sulla stessa realta’
e fanno riferimento a simili fonti e oggetti di
approfondimento. Il
Localismo raggruppa in modo meno formalizzato diverse correnti che scelgono una
sintonia nella spazialita’ oltre che nella “misura” cui allude la Decrescita. In
un certo senso, stando alle parole, Localismo potrebbe contenere Decrescita: in
una dimensione di maggiore “vicinanza” si puo’ realizzare la decrescita (ad
esempio dei km di trasporto per gli alimenti, quindi delle risorse energetiche,
dell’inquinamento, ecc.). Pero’, si potrebbe anche dire il contrario: una
visione di decrescita spinge verso un atteggiamento localista (stare vicini,
organizzarsi, con le risorse disponibili). Non c’e’ dubbio che lo sviluppo
incontrollato dei trasporti e l’ampliarsi dell’orizzonte fino alla
globalizzazione, abbiano accelerato la diffusione del sistema capitalistico e
del consumo con tutti i problemi che ora stanno esplodendo, nell’ambiente
naturale e sociale del pianeta. Se
Gandhi fosse vivo oggi, lancerebbe forse una campagna di boicottaggio del
trasporto aereo, per impedire la costruzione di nuovi aeroporti. Se i
viaggiatori si rifiutassero di prendere l’aereo il sistema, forse, capirebbe. Ma lui, per quanto possibile,
si spostava gia’ allora sempre a piedi, un passo dopo l’altro, la
marcia… Sono i
consumatori a poter mettere in scacco i produttori, soprattutto di beni non
vitali. Pero’, se chi e’ convinto di un’idea non riesce ad applicarla neanche
nel suo piccolo, in cui e’ sovrano, perche’ dovrebbero riuscirci coloro che ne
dubitano o quelli che neppure ci pensano? Il
Localismo alimenta un atteggiamento interno di maggiore prossimita’ e
consapevolezza verso se stessi e gli altri. Perche’ si realizzi una decrescita
convinta e convincente, non basta il discorso puramente economico, sul Pil o
altro che sia, non bastano neanche le pratiche, si tratti di raccolta
differenziata, energia solare, eolica, altra, oppure la diffusione dei Gruppi di
acquisto solidale e altre iniziative elencate in opportuni manuali, se tutto
questo non fa contemporaneamente nascere modi nuovi di esistere nel tempo e
nello spazio e relazioni qualitativamente diverse tra gli esseri
umani. Lascio
chiudere a Jung, che si riferiva, sempre nel 1941 alla Svizzera (!): “Piu’ che
gli eccitati discorsi di rinnovamento e gli isterici tentativi di creare un
nuovo orientamento politico, trovo salutari per la nostra patria l’imparziale
scetticismo nei confronti degli sproloqui della propaganda, cosi’ legati alle
mode, la piu’ istintiva prossimita’ alla natura e il riconoscimento dei propri
limiti. Tra qualche tempo si scoprira’ che nella storia del mondo non e’ mai
accaduto niente di realmente ‘nuovo’. Si potrebbe parlare di una vera novita’
solo nel caso in cui si verificasse l’inimmaginabile: che ragione, umanita’ e
amore riportassero una vittoria perenne”. * Nota.
Alcuni riferimenti per l’approfondimento Sito del
Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org;
per contatti: azionenonviolenta at sis.it.
Altre fonti: Centro di ricerca per la pace di Viterbo, foglio “La nonviolenza e’
in cammino” (redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532,
e-mail: nbawac at tin.it,
sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
).Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe La
lettura del Manifesto del Localismo (www.localismus.com)
esplicita per sommi capi alcune specificita’ che si possono articolare
ulteriormente in discussioni laboratoriali, con riguardo alle pratiche, punto
per punto, usufruendo dell’esperienza reale quotidiana e dell’autosservazione
dei partecipanti. Iniziative culturali di taglio piu’ ampio (economia, ambiente,
ecologia, politica, grandi eventi mondiali e altro) sensibilizzano un pubblico
piu’ generale. Si veda a questo proposito anche il sito www.ambientescienze e le relative
attivita’. 7. STRUMENTI. "AZIONE NONVIOLENTA"
"Azione nonviolenta" e' la rivista del
Movimento Nonviolento, fondata da Aldo Capitini nel 1964, mensile di formazione,
informazione e dibattito sulle tematiche della nonviolenza in Italia e nel
mondo.
Redazione, direzione, amministrazione: via Spagna
8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax:
0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org
Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 30 euro sul ccp n. 10250363 intestato ad Azione nonviolenta, via Spagna 8, 37123 Verona. E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando
una e-mail all'indirizzo an at nonviolenti.org scrivendo
nell'oggetto "copia di 'Azione nonviolenta'".
8. SEGNALAZIONI LIBRARIE
Letture
- Ryszard Kapuscinski, Giungla polacca, Feltrinelli, Milano 2009, pp. 190,
euro 9.
*
Riedizioni
- Ryszard Kapuscinski, In viaggio con Erodoto, Feltrinelli, Milano 2005,
2009, pp. 264, euro 7,50.
9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO
NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della
violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello
locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere
che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento
persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che
promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 10. PER SAPERNE DI PIU'
Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti:
azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004
possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 115 del 28 febbraio
2010
Telegrammi della nonviolenza in cammino proposti dal
Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della
nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it, sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare
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