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Minime. 912
- Subject: Minime. 912
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Fri, 14 Aug 2009 00:56:32 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 912 del 14 agosto 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Emily Dickinson: Non chiedon altro che la nostra gioia 2. Un appello urgente 3. Esposto recante la notitia criminis concernente varie fattispecie di reato configurate da misure contenute nella legge 15 luglio 2009, n. 94 4. Esposto recante la notitia criminis concernente il favoreggiamento dello squadrismo 5. Istruzioni per l'uso e indirizzi utili 6. Floriana Lipparini: Afghanistan, finta pace e vera guerra 7. Alberto Burgio: Neofeudalesimo 8. Gli esperimenti scientifici del dottor Quatermass 9. Oreste Bossini ricorda Arrigo Quattrocchi 10. Gianfranco Capitta ricorda Arrigo Quattrocchi 11. Stefano Catucci ricorda Arrigo Quattrocchi 12. Riletture: Janine Cahen e Micheline Pouteau, Una resistenza incompiuta 13. La "Carta" del Movimento Nonviolento 14. Per saperne di piu' 1. MAESTRE. EMILY DICKINSON: NON CHIEDON ALTRO CHE LA NOSTRA GIOIA [Da Emily Dickinson, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 1997, 2005, p. 951. Emily Dickinson visse ad Amherst, Massachusetts, tra il 1830 e il 1886; molte le edizioni delle sue poesie disponibili in italiano con testo originale a fronte (tra cui quella integrale, a cura di Marisa Bulgheroni: Emily Dickinson, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 1997, 2005; ma vorremmo segnalare anche almeno la fondamentale antologia curata da Guido Errante: Emily Dickinson, Poesie, Mondadori, Milano 1956, poi Guanda, Parma 1975, e Bompiani, Milano 1978; e la vasta silloge dei versi e dell'epistolario curata da Margherita Guidacci: Emily Dickinson, Poesie e lettere, Sansoni, Firenze 1961, Bompiani, Milano 1993, 2000); per un accostamento alla sua figura e alla sua opera: Barbara Lanati, Vita di Emily Dickinson. L'alfabeto dell'estasi, Feltrinelli, Milano 1998, 2000; Marisa Bulgheroni, Nei sobborghi di un segreto. Vita di Emily Dickinson, Mondadori, Milano 2002] Non chiedon altro che la nostra gioia - sono le predilette della terra e ci donano intero il loro volto in cambio del piu' misero sorriso. 2. UNA SOLA UMANITA'. UN APPELLO URGENTE A tutte le persone che ci leggono chiediamo di presentare esposti alle magistrature e ad altre istituzioni affinche' siano abrogate le misure razziste e squadriste contenute nel cosiddetto "pacchetto sicurezza" e siano processati i colpevoli del tentativo di colpo di stato da esse misure configurato. * Vorremmo che nel lasso di tempo piu' breve possibile migliaia di esposti raggiungano tutte le Procure d'Italia e numerosi altri pubblici ufficiali ed attivino cosi' le procedure che portino con la massima tempestivita' possibile all'intervento della Corte Costituzionale che abroghi le illegali e criminali misure razziste, squadriste e golpiste contenute nella legge 15 luglio 2009, n. 94. * Vorremmo che si sviluppasse un movimento di dimensioni massive, corale, di popolo, in difesa della Costituzione e dell'umanita', in difesa della legalita' e della civilta', un movimento che si opponga al razzismo e allo squadrismo, che si opponga al tentativo di colpo di stato del governo dell'eversione dall'alto. * Proponiamo di utilizzare come modello gli esposti che abbiamo presentato noi stessi e di seguito riportiamo, oppure di formularne, presentarne, diffonderne di piu' elaborati e dettagliati ancora; in ogni caso di agire tempestivamente nel richiedere che le competenti magistrature intervengano per ripristinare la legalita' violata dai golpisti razzisti. Agire tempestivamente, poiche' ogni giorno che passa il razzismo miete vittime. Agire tempestivamente, per la legalita' e i diritti umani di tutti gli esseri umani. Con la forza della verita'. Con la forza del diritto. Con la forza dell'ordinamento giuridico. Con la forza della nonviolenza. 3. UNA SOLA UMANITA'. ESPOSTO RECANTE LA NOTITIA CRIMINIS CONCERNENTE VARIE FATTISPECIE DI REATO CONFIGURATE DA MISURE CONTENUTE NELLA LEGGE 15 LUGLIO 2009, N. 94 Alla Procura della Repubblica di Viterbo Al Presidente del Tribunale di Viterbo Al Presidente della Corte d'Appello di Roma Al Presidente della Corte di Cassazione Al Presidente della Corte Costituzionale Al Sindaco del Comune di Viterbo Al Presidente della Provincia di Viterbo Al Presidente della Regione Lazio Al Questore di Viterbo Al Prefetto di Viterbo Al Presidente del Consiglio dei Ministri Al Presidente della Camera dei Deputati Al Presidente del Senato della Repubblica Al Vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura Al Presidente della Repubblica Italiana Al Presidente del Parlamento Europeo Al Presidente della Commissione Europea Al Presidente del Consiglio d'Europa Al Segretario generale delle Nazioni Unite Oggetto: Esposto recante la notitia criminis concernente varie fattispecie di reato configurate da misure contenute nella legge 15 luglio 2009, n. 94 Con il presente esposto si segnala alle istituzioni in indirizzo, al fine di attivare tutti i provvedimenti di competenza cui l'ordinamento in vigore fa obbligo ai pubblici ufficiali che le rappresentano, la notitia criminis concernente il fatto che nella legge 15 luglio 2009, n. 94, recante "Disposizioni in materia di sicurezza pubblica", volgarmente nota come "pacchetto sicurezza", sono contenute varie misure, particolarmente all'art. 1 e passim, che configurano varie fattispecie di reato con specifico riferimento a: a) violazioni dei diritti umani e delle garanzie di essi sancite dalla Costituzione della Repubblica Italiana; b) violazione dei diritti dei bambini; c) persecuzione di persone non per condotte illecite, ma per mera condizione esistenziale; d) violazione dell'obbligo di soccorso ed accoglienza delle persone di cui all'art. 10 Cost.; e) violazione del principio dell'eguaglianza dinanzi alla legge. Si richiede il piu' sollecito intervento. Alle magistrature giurisdizionalmente competenti si richiede in particolare che esaminati i fatti di cui sopra procedano nelle forme previste nei confronti di tutti coloro che risulteranno colpevoli per tutti i reati che riterranno sussistere nella concreta fattispecie. L'esponente richiede altresi' di essere avvisato in caso di archiviazione da parte della Procura ex artt. 406 e 408 c. p. p. Giuseppe Sini responsabile del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo Viterbo, 8 agosto 2009 4. UNA SOLA UMANITA'. ESPOSTO RECANTE LA NOTITIA CRIMINIS CONCERNENTE IL FAVOREGGIAMENTO DELLO SQUADRISMO Alla Procura della Repubblica di Viterbo Al Presidente del Tribunale di Viterbo Al Presidente della Corte d'Appello di Roma Al Presidente della Corte di Cassazione Al Presidente della Corte Costituzionale Al Sindaco del Comune di Viterbo Al Presidente della Provincia di Viterbo Al Presidente della Regione Lazio Al Questore di Viterbo Al Prefetto di Viterbo Al Presidente del Consiglio dei Ministri Al Presidente della Camera dei Deputati Al Presidente del Senato della Repubblica Al Vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura Al Presidente della Repubblica Italiana Al Presidente del Parlamento Europeo Al Presidente della Commissione Europea Al Presidente del Consiglio d'Europa Al Segretario generale delle Nazioni Unite Oggetto: Esposto recante la notitia criminis concernente il favoreggiamento dello squadrismo Con il presente esposto si segnala alle istituzioni in indirizzo, al fine di attivare tutti i provvedimenti di competenza cui l'ordinamento in vigore fa obbligo ai pubblici ufficiali che le rappresentano, la notitia criminis concernente il fatto che nella legge 15 luglio 2009, n. 94, recante "Disposizioni in materia di sicurezza pubblica", volgarmente nota come "pacchetto sicurezza", e' contenuta una misura, quella di cui all'art. 3, commi 40-44, istitutiva delle cosiddette "ronde", che palesemente configura il favoreggiamento dello squadrismo (attivita' che integra varie fattispecie di reato), anche alla luce di pregresse inquietanti esternazioni ed iniziative di dirigenti rappresentativi del partito politico cui appartiene il Ministro dell'Interno e di altri soggetti che non hanno fatto mistero ed anzi hanno dato prova di voler far uso di tale istituto a fini di violenza privata, intimidazione e persecuzione, con palese violazione della legalita' e finanche intento di sovvertimento di caratteri e guarentigie fondamentali dell'ordinamento giuridico vigente. Si richiede il piu' sollecito intervento. Alle magistrature giurisdizionalmente competenti si richiede in particolare che esaminati i fatti di cui sopra procedano nelle forme previste nei confronti di tutti coloro che risulteranno colpevoli per tutti i reati che riterranno sussistere nella concreta fattispecie. L'esponente richiede altresi' di essere avvisato in caso di archiviazione da parte della Procura ex artt. 406 e 408 c. p. p. Giuseppe Sini responsabile del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo Viterbo, 8 agosto 2009 5. AGENDA. ISTRUZIONI PER L'USO E INDIRIZZI UTILI Un esposto all'autorita' giudiziaria piu' essere presentato recandosi presso gli uffici giudiziari o presso un commissariato di polizia o una stazione dei carabinieri. Puo' essere anche inviato per posta. Deve essere firmato da una persona fisica, precisamente identificata, e deve recare un indirizzo per ogni comunicazione. Noi proponiamo alle persone che vogliono partecipare all'iniziativa di presentare e/o inviare i due esposti che abbiamo preparato alla Procura competente per il territorio in cui il firmatario (o i firmatari - gli espsoti possono essere anche sottoscritti da piu' persone) risiede, e ad altre magistrature di grado superiore (la Corte d'appello e' nel capoluogo di Regione, la Corte di Cassazione e' a Roma; sempre a Roma sono le altre istituzioni statali centrali). Proponiamo anche di inviare l'esposto al sindaco del Comune in cui si risiede (idem per il presidente della Provincia, idem per il presidente della Regione; ed analogamente per questore e prefetto che hanno sede nel capoluogo di provincia). Ovviamente i modelli di esposto da noi preparati possono essere ampliati, o resi piu' dettagliati, se lo si ritiene opportuno. Ed altrettanto ovviamente gli esposti possono essere inviati anche ad ulteriori istituzioni. * Diamo di seguito gli indirizzi delle istituzioni centrali cui inviare gli esposti; gli indirizzi delle istituzioni territoriali variano ovviamente da Comune a Comune, da Provincia a Provincia e da Regione a Regione. Al Presidente della Corte di Cassazione: Palazzo di Giustizia, Piazza Cavour, 00193 Roma; e-mail: cassazione at giustizia.it; sito: www.cortedicassazione.it Al Presidente della Corte Costituzionale: Piazza del Quirinale 41, 00187 Roma; tel. 0646981; fax: 064698916; e-mail: ccost at cortecostituzionale.it; sito: www.cortecostituzionale.it Al Presidente del Consiglio dei Ministri: Palazzo Chigi, Piazza Colonna 370, 00187 Roma; tel. 0667791; sito: www.governo.it Al Presidente della Camera dei Deputati: Palazzo Montecitorio, Piazza Montecitorio, 00186 Roma; tel. 0667601; e-mail: fini_g at camera.it; sito: www.camera.it Al Presidente del Senato della Repubblica: Piazza Madama, 00186 Roma; tel. 0667061; e-mail: schifani_r at posta.senato.it; sito: www.senato.it Al Vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura: Piazza dell'Indipendenza 6, 00185 Roma; tel. 06444911; e-mail: segvpres at cosmag.it; sito: www.csm.it Al Presidente della Repubblica Italiana: piazza del Quirinale, 00187 Roma; fax: 0646993125; e-mail: presidenza.repubblica at quirinale.it; sito: www.quirinale.it Al Presidente del Parlamento Europeo: rue Wiertz 60 - Wiertzstraat 60, B-1047 Bruxelles - B-1047 Brussel (Belgium); tel. +32(0)22842005 - +32(0)22307555; sito: www.europarl.europa.eu Al Presidente della Commissione Europea: 1049 Brussels (Belgium); sito: http://ec.europa.eu/index_it.htm Al Presidente del Consiglio d'Europa: Avenue de l'Europe, 67075 Strasbourg (France); tel. +33(0)388412000; e-mail: cm at coe.int; sito: www.coe.int/DefaultIT.asp Al Segretario generale delle Nazioni Unite: United Nations Headquarters, Between 42nd and 48th streets, First Avenue and the East River, New York (Usa); sito: www.un.org Gli invii per fax o per posta elettronica o attraverso gli spazi ad hoc nei siti non sostituiscono l'invio postale dell'esposto: si suggerisce quindi di inviare sempre comunque anche copia cartacea degli esposti per posta (con raccomandata). Infine preghiamo tutte le persone che presenteranno esposti di comunicarcelo per e-mail all'indirizzo: nbawac at tin.it 6. RIFLESSIONE. FLORIANA LIPPARINI: FINTA PACE E VERA GUERRA [Ringraziamo Floriana Lipparini (per contatti: effe.elle at tin.it) per questo intervento] E' durato poche ore lo spazio riservato sulle pagine web dei quotidiani alle esternazioni dei ministri La Russa e Frattini in merito alla presenza dei soldati italiani in Afghanistan, che avrebbero invece dovuto sollevare notevole clamore, se questo fosse un paese normale e le violazioni della Costituzione contassero ancora qualcosa. I due ministri, chiedendo di cambiare il codice che regola la presenza dell'esercito italiano in Afghanistan, finora ufficialmente in "missione di pace", hanno svelato quel che tutti dovrebbero aver gia' capito: e' da parecchio che gli italiani partecipano a guerre in paesi lontani, mimetizzate sotto l'etichetta di missioni internazionali. Nella nostra epoca i poteri mondiali hanno perfezionato i falsi pretesti da sempre usati per giustificare le guerre, giungendo spudoratamente a rovesciare il senso delle parole nel loro contrario. L'aggressione armata a un paese sovrano per rapinarlo delle risorse e' diventata una operazione di peacekeeping. Insomma, basta un giochetto verbale: la guerra la chiamiamo imposizione della pace, e tutto quadra. La presenza armata in Afghanistan e' stata contrabbandata come una nobile missione per "portare la democrazia" (ma la democrazia non e' un pacco da recapitare con la forza), e in particolare per "liberare le donne dal burqa": peccato che di democrazia se ne veda ben poca e la condizione delle donne non sia migliorata affatto, costrette a difendersi dai talebani da un lato e dalle bombe dall'altro. Da tempo, senza distinzioni fra destra e sinistra che in questo vanno perfettamente d'accordo, l'Italia si e' tranquillamente allineata a una cinica dottrina: e' lecito fare la guerra fuori dei propri confini in nome dei propri interessi. In altre parole, possiamo invadere un Paese che non ci minaccia in alcun modo, e bombardarlo senza riguardo per i civili, pur di accaparrarci quelle maledette fonti energetiche di cui abbiamo continuamente bisogno per mantenere il nostro "livello di vita". In questi anni, per soprammercato, la falsa coscienza tanto utile a coprire gli interventi armati si e' estesa anche ad altri aspetti della vita collettiva. Le parole del potere suonano sempre piu' false in ogni campo. Se le bugie su una realta' cosi' tragica come la guerra hanno funzionato con tanto successo, perche' non adottarle come metodo universale buono a tenere il malcontento sotto controllo? La Russa pero' non e' cosi' audace da portare fino in fondo la sua operazione verita' che evidentemente gli serve per trovare altri fondi da destinare alla missione, e forse rendere meno vulnerabili i soldati coinvolti nella sciagurata vicenda. Passare dal finto "codice di pace" a un vero "codice di guerra" gli deve esser parso troppo esagerato. Ed ecco la proposta: un codice ne' di pace ne' di guerra. Un prodigio di relativismo: come dire ne' vero ne' falso, ne' giorno ne' notte, ne' giusto ne' sbagliato… Quando si dice la diplomazia. Putroppo pero' le vittime della guerra cui gli italiani partecipano non sono "ne' vive ne' morte", sono morte e basta. E la guerra e' guerra, come dovrebbero ben sapere anche quegli esponenti dei partiti di sinistra che si baloccano con distinzioni verbali di lana caprina per tacitarsi la coscienza. Eppure il rifiuto della guerra e della violenza e' stato per anni al centro dell'impegno di un grande movimento, e in particolare ha rappresentato il cuore della lucida riflessione critica di molte donne sul patriarcato. Non solo una riflessione: ne sono nate anche mille esperienze, mille iniziative di donne che hanno coniugato pensiero e azione con la presenza viva nei luoghi difficili colpiti dalle guerre. Poi questo percorso si e' interrotto, forse anche perche' la nostra violenza domestica tanto a lungo ignorata - quella vera e propria guerra che da millenni si consuma ai danni delle donne nelle case e nelle strade - ha giustamente richiesto tutte le energie. Pero' ci sono momenti in cui non si puo' tacere per non essere complici, e occorre dire parole di verita', per preservare quel tanto di umano che ancora rimane. Non e' bombardando e uccidendo che si aiutano le popolazioni a liberarsi da regimi integralisti e corrotti e dagli attacchi terroristici. Se e' davvero questo lo scopo da raggiungere, sono altre le vie da percorrere: interposizione, diplomazia popolare, sostegno alla societa' civile, alle associazioni femminili e alle organizzazioni per i diritti umani, aiuti economici mirati... Ma lo scopo della nostra e altrui presenza armata in Afghanistan evidentemente e' un altro: in qualunque zona del mondo, i cosiddetti corridoi dove passano gli oleodotti vanno presidiati con le armi per assicurarne lo sfruttamento in pro dell'Occidente. Senza contare il fatto che ogni guerra serve comunque a testare le nuove armi prodotte da un'industria assassina. E senza contare gli effetti nocivi sull'ambiente che armi vecchie e nuove producono anche a lunghissimo termine. Adesso, la parziale rottura dell'ipocrisia di stato rende nota anche alle coscienze meno sensibili questa gravissima verita': stare in Afghanistan significa partecipare attivamente alla guerra, in contrasto con l'articolo 11 della nostra Costituzione. In altre parole, significa condividere la responsabilita' di ogni vita cancellata, di ogni corpo dilaniato. Una verita' che ogni pacifista conosce e denuncia da tempo, anche se e' sempre piu' difficile rompere il muro dell'indifferenza. Sembra di ripetere parole gia' mille volte dette invano. Certo sappiamo quale oscuro e profondo viluppo di pulsioni legate anche al rapporto fra i sessi vi sia all'origine della violenza guerresca, e quanto complicato sia affrontarne il nodo. Tuttavia sarebbe gia' un successo riuscire a decostruire quel castello di menzogne su cui si fonda la retorica bellicista. La guerra non e' solo la morte di ogni umanita', e' anche uno strumento obsoleto, arcaico, inquinante ed antieconomico, legato alle vecchie logiche dello sviluppo illimitato. Almeno su questo piano, i nuovi sguardi sul mondo che si stanno moltiplicando, a partire dai ragionamenti sulla decrescita, sull'ambiente e sulla green economy, possono dare nuova linfa e nuove parole a un movimento stanco che deve ritrovare impegno ed energia. 7. UNA SOLA UMANITA'. ALBERTO BURGIO: NEOFEUDALESIMO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 12 agosto 2009 col titolo "Bossi e il razzismo di stato, un attacco neofeudale all'unita'"] Ormai e' chiaro a tutti che la Lega guida il governo con mano sicura e chiarezza d'intenti. Varato (complice l'"opposizione") il federalismo fiscale, incassato il reato di immigrazione clandestina e istituite le ronde, e' tornata al primo amore: la disunita' d'Italia, il dagli al terrone parassita. Ieri la metafora gentile era il tricolore nel cesso. Oggi sono l'esame di dialetto, la purezza anagrafica dei dirigenti scolastici, il boicottaggio dell'anniversario della prima Unita'. E le gabbie salariali, alle quali i nostri capitani d'industria e lo statista di palazzo Chigi hanno subito concesso il benestare. Il punto e' sempre lo stesso: sancire la superiorita' dei padani e, insieme, la non redimibile inferiorita' dei sudici, parenti ai migranti. Non e' pura propaganda. Non e' solo guerra di nervi dentro il governo, lucrando sulla debolezza del "consumatore finale". E non si tratta nemmeno soltanto di quattrini, che pure evidentemente c'entrano, sia con il federalismo, sia con le gabbie salariali e con la distruzione del contratto collettivo nazionale di lavoro. La posta e' piu' alta, ma si ha l'impressione che pochi lo intendano. Stiamo sottovalutando gli effetti (intellettuali e morali oggi, politici e materiali domani) della sistematica picconatura dell'unita' nazionale. In un Paese di recentissima e squilibratissima unificazione. In un quadro politico privo di argini al dilagare della destra. In un paesaggio sociale devastato dalla crisi e dall'emarginazione del movimento operaio. In un contesto culturale regredito (dove il senso comune e' calibrato dai reality, dai centri commerciali e dal gossip): gli insulti razzisti di Bossi e dei suoi all'Italia e al Mezzogiorno sono percepiti come il nulla-osta per giudizi e comportamenti distruttivi senza limiti. Si prepara un autunno amaro per milioni di poveri vecchi e nuovi. Ma ai poveri del nord si concede ora una nuova via di fuga: non solo qualche spicciolo in piu' in un tessuto economico un po' meno arretrato, ma anche la soddisfazione di fargliela finalmente pagare a quei pezzenti del sud, fannulloni e ignoranti, usi a vivere a sbafo a carico del nord alacre e operoso. Difficile dire dove possa portare la distruzione del senso di appartenenza a una comunita' nazionale. Ma si deve sapere che nulla e' scontato e nulla impossibile. Chi, trent'anni fa, avrebbe immaginato di dover fare i conti nuovamente col razzismo di Stato? Non c'e' niente di naturale nell'idea di essere uguali e niente di irreversibile nella sua faticosa acquisizione. Dopo due decenni di sistematica sottovalutazione del pericolo della destra, sarebbe il caso, ora, di fare molta attenzione. Lo diciamo a quella parte della sinistra che sa distinguere tra lo Stato e la sua degenerazione nazionalista, che conosce la funzione progressiva (socialmente unificante) dello Stato costituzionale e puo' quindi decifrare l'attacco neofeudale della destra all'unita' nazionale. Rifletta, questa parte della sinistra, e corra ai ripari, prima che sia troppo tardi. 8. L'ANGOLO DEL PERDIGIORNO. GLI ESPERIMENTI SCIENTIFICI DEL DOTTOR QUATERMASS Dieci anni senza televisione. Chissa' che i cervelli non ricomincino a funzionare. 9. MEMORIA. ORESTE BOSSINI RICORDA ARRIGO QUATTROCCHI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 28 aprile 2009 col titolo "Verdi e Rossini stelle fisse della sua passione"] Arrigo Quattrocchi apparteneva a una generazione di studiosi che ha dato concretezza e solidita' alle intuizioni pionieristiche di musicologi come Alberto Zedda, Philip Gossett, Pierluigi Petrobelli. Le loro ricerche avevano dato vita, a partire dagli anni '60, alla fondamentale esperienza delle edizioni critiche delle opere del grande '800 italiano, il fenomeno piu' importante avvenuto nell'ambito degli studi musicali moderni. Quel movimento intendeva non solo stabilire un metodo storico rigoroso nello studio delle fonti, ma rifondare una coscienza critica dello stile interpretativo. Fedele d'Amico aveva intuito per primo in certe sfumature del canto di Maria Callas la possibilita' di riportare in vita, in epoca moderna, la forza espressiva drammatica anche nella vocalita' belcantistica, aprendo la possibilita' di un avvicinamento completamente nuovo agli studi musicologici. Arrigo era figlio di questa nuova tendenza disciplinare, che legava in maniera stretta la ricerca storiografica e la prassi esecutiva. La nascita alla fine degli anni '70 del Rossini Opera Festival, al quale Quattrocchi collaboro' in molte occasioni, rappresento' l'emblema di questa nuova unione tra teoria e prassi, che rispecchiava per molti versi la sua stessa vicenda biografica. Dopo studi di pianoforte e di composizione, Arrigo Quattrocchi si laureo' in Storia della musica a Roma sotto la guida di Pierluigi Petrobelli, distinguendosi come uno dei giovani ricercatori piu' promettenti. L'ambiente musicologico romano, al quale dedico' anche studi importanti come la Storia dell'Accademia filarmonica romana, ebbe un influsso sulle sue scelte anche attraverso altre figure, soprattutto quella di Fedele d'Amico. Lo sbocco naturale dei suoi interessi fu la collaborazione con la Fondazione Rossini di Pesaro, per la quale Arrigo Quattrocchi ha compiuto lavori importanti come l'edizione critica del libretto della Donna del lago. La sua attivita' scientifica culmino' con la preparazione dell'edizione critica di Jerusalem di Giuseppe Verdi, versione francese dei Lombardi alla prima Crociata, rappresentata per la prima volta in epoca moderna al Teatro Carlo Felice di Genova nel 2000. A testimonianza dell'unione tra l'intelligenza dello storico e la scrupolosita' del filologo, Arrigo pubblico' un saggio sui rapporti tra Verdi e la scena teatrale parigina in una raccolta di scritti in onore del suo maestro Pierluigi Petrobelli (Pensieri per un maestro, Edt), nel quale raccontava con magistrale chiarezza il contesto storico nel quale era nato quel rifacimento francese dell'opera risorgimentale. Verdi e Rossini sono stati gli autori che Arrigo ha studiato piu' a fondo, ma anche il '900 storico ha rappresentato uno dei temi importanti delle sue ricerche. Gli Studi su Luigi Dallapiccola, pubblicati dalla casa editrice Lim a cura di Quattrocchi, costituiscono tuttora uno dei contributi di maggior rilievo sulla figura del musicista istriano. Anche nel campo degli studi musicali Arrigo Quattrocchi ha portato quelle qualita' che tutti gli hanno sempre riconosciuto sia nell'ambito della critica musicale, sia nel suo lavoro alla radio. Il rispetto per il testo musicale non ha mai rappresentato nei suoi giudizi di critico un dogma aprioristico, bensi' un punto di riferimento essenziale per cogliere la specificita' del linguaggio artistico. A noi, lettori delle sue recensioni sul "Manifesto", manchera' l'equilibrio razionale con il quale sapeva misurare la sostanza di un fenomeno effimero come l'interpretazione, che nella sua scrittura di stile preciso e comprensibile, lontano da ogni forma di petrarchismo accademico, diventava un fatto di cultura realmente significativo. 10. MEMORIA. GIANFRANCO CAPITTA RICORDA ARRIGO QUATTROCCHI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 28 aprile 2009 col titolo "Arrigo Quattrocchi tra rigore e leggerezza. L'autorevole dolcezza di un melomane"] La mancanza di Arrigo Quattrocchi sulle pagine del "Manifesto" mi sembra impossibile, irreale. Una assenza che mi rendera' piu' difficile scrivere di un'opera, o tentare di illustrare la giungla malridotta degli enti musicali, delle normative contraddittorie, dei colpi di mano governativi. Lui si muoveva in tutti quei terreni disgraziati e spesso loschi in maniera impeccabile: sereno e autorevole, non aveva mai paura di dire la verita', gli interessi scomodi di ogni parte, i condizionamenti pelosi che mascheravano meschine guerre di potere, o professioni "sindacali" di parte o comunque corporative e strumentali. Nessuno come lui ha commentato con tanta lucidita', per fare l'ultimo esempio, il groviglio imbarazzante creato all'Opera di Roma dagli sghembi colpi di mano del sindaco Alemanno e dei suoi misteriosi consiglieri. La sua assenza pesera' non perche' non ci siano altri valenti critici musicali, sul "Manifesto" come su altri giornali. E' che lui era diverso da tutti: dolcissimo e autorevole, tranquillo e tecnologico. E scriveva in maniera assolutamente chiara, nonostante la prosa ricca e impeccabile, e il rigore critico che non abbandonava mai. Ho condiviso con lui la visione di molti spettacoli musicali, ogni volta stupendomi, vigliaccamente ammirato, di trovarlo nella platea del Maggio fiorentino, o al festival rossiniano di Pesaro, o "semplicemente" alla Scala. Il fatto che girasse su una sedia a rotelle, sembrava piu' un problema per gli altri che non suo. Perfino la pigra Rai di via Asiago dovette predisporre per i nuovi studi, qualche anno fa, un ascensore dove entrasse la sua carrozzina. Nei teatri erano tutti entusiasti che arrivasse lui, e quindi lo favorivano con discrezione. Lui ha avuto da ridire solo una volta, e non per barriere teatrali, quanto piuttosto per il ponte di Calatrava a Venezia. E in radio come sul "Manifesto", Arrigo era una certezza, per qualsiasi ascoltatore. Di contenuto e di comunicazione. Le sue recensioni, anche quelle piu' brevi, mantengono nel tempo l'autorita' di un saggio. Anche se l'umanita' ricchissima, quella che gli ha permesso di affrontare una particolare condizione di vita senza mai lamentarsi in pubblico, con un eterno e rassicurante sorriso, poteva uscire certo nelle pieghe di un racconto d'opera, nel tifo per un personaggio o per la sua musica. O nell'illustrazione della grandezza di un interprete. Sempre geniale e fulminante, sempre lontano dai luoghi comuni. Non a caso era uno dei pochi critici musicali che un'opera, oltre a sentirla, la "vedeva", e vi si poteva appassionare o infastidire, sempre con la sua classe impareggiabile. Provocando semmai qualche senso di colpa in chi come me si e' trovato ad affiancarlo nella doppia cronaca di uno spettacolo musicale di particolare attrattiva o risonanza. Mi manchera' perfino quella mia inadeguatezza davanti a un maestro. 11. MEMORIA. STEFANO CATUCCI RICORDA ARRIGO QUATTROCCHI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 28 aprile 2009 col titolo "Arrigo Quattrocchi tra rigore e leggerezza. Una forza musicale" e il sommario "Ci ha lasciato domenica mattina, all'eta' di 48 anni, il nostro critico musicale Arrigo Quattrocchi. Allievo di Pierluigi Petrobelli, approdo' con la sua attivita' scientifica all'edizione critica della Jerusalem di Verdi. I suoi interessi andavano dal barocco ai nostri giorni, ma i suoi studi si fermarono soprattutto sul patrimonio ottocentesco italiano. L'ultimo saluto, mercoledi' alle 11 allo Spazio risonanze dell'Auditorium romano"] Una sola volta, anni fa, Arrigo Quattrocchi mi confesso' quanto la sua visione del futuro fosse condizionata da un'aspettativa di vita limitata. La malattia che lo avrebbe costretto su una sedia a rotelle gli impediva di immaginare progetti a lunga scadenza, il problema essendo semmai come vivere senza limitarsi semplicemente a sopravvivere, trovando nel presente la consistenza che gli era impedito di proiettare nel tempo. Come sempre ne parlava in modo asciutto, costringendo il suo interlocutore a misurarsi con l'oggettivita'. Per le emozioni, le passioni, c'erano altri momenti e altri campi. C'era la musica, naturalmente, e c'erano gli amici, moltissimi. Verso la musica e l'amicizia manifestava la stessa generosita', poiche' se il tempo dato aveva l'evanescenza del presente, bisognava concederglisi senza riserve, investendovi energie che apparivano talvolta sovrumane. La tecnologia era per lui un'opportunita' di autonomia ma anche di impegno sociale. Sapeva che farne uso gli era prezioso, ma faceva in modo che le prove di forza quotidiane contro le angherie imposte ai disabili nel nostro paese acquistassero un rilievo pubblico, fossero non l'espressione di un caso singolo, ma di una vita esemplare, quella di un apripista per i diritti altrui. Non era incline ai compromessi, ne' di fronte alla violazione di un diritto ne' di fronte alla musica. Bisognerebbe rileggere le sue recensioni per capire cos'e' una critica musicale moderna, analitica e costruttiva: pochi e sobri gli aggettivi, cronaca ridotta al minimo, giudizi rivolti al merito del fatto musicale ed espressi con nettezza. La sua base era il rigore dell'informazione, la conoscenza diretta delle partiture, una memoria d'ascolto solidissima, la capacita' di riconoscere sinteticamente il senso di un'interpretazione, di coglierla in relazione a una matrice culturale complessiva che non considera la musica un mondo separato. Di qui il fatto che scrivere di musica, per Arrigo Quattrocchi, aveva immediatamente un valore politico. Lavorare per "Il manifesto" e' stato per lui il modo migliore di mettere in evidenza questo legame. Non la politica dell'impegno o delle ideologie, ma la politica che riguarda il rapporto con la memoria e con il presente, il modo in cui anche l'esecuzione di un'opera di repertorio rivela un punto di vista sull'attualita'. Giuseppe Sinopoli, al quale e' stato legato da una breve ma intensissima amicizia, aveva voluto conoscerlo dopo avere constatato che era l'unico critico italiano da cui un artista avesse qualcosa da imparare. Altri non sanno ancora quanto la memoria del loro lavoro dovra', in futuro, al modo in cui Arrigo ha saputo leggerlo. Un tratto di leggerezza e di delicatezza gli era connaturato e si rivelava anche nei gusti musicali, che privilegiavano sopra ogni cosa il canto e il senso del gioco. Preferiva Haendel a Bach, nella musica del quale diceva con sarcasmo di sentire lo stesso "puzzo d'organo e d'incenso" che lo teneva a distanza anche da Bruckner. Ha vissuto con entusiasmo l'epoca della Rossini-Renaissance, impegnandosi in studi molto minuziosi da cui sono nati saggi di precisione pari alla loro densita'. Il tutto senza presunzione professorale, senza far distinzione fra l'impegno profuso negli scritti d'accademia, nella preparazione di edizioni critiche e nei suoi molti testi di carattere divulgativo, dai programmi di sala di quasi tutti i maggiori teatri e festival italiani a un libro come La musica in cento parole (Carocci, 2003). La parola "divulgazione" suona in realta' stonata: Arrigo non ha mai amato "la concezione gerarchica e forse anche paternalistica" di quella forma di trasmissione del sapere che si muove dall'alto verso il basso, "dal sapiente all'ignaro", come scrive in Di una e molte divulgazioni, in Parlare di musica (a cura di Susanna Pasticci, Meltemi 2007). E tuttavia il bisogno della divulgazione, in un paese che relega la musica in un ruolo assai marginale, gli appariva cosi' urgente da coinvolgerlo in un progetto sperimentale all'Auditorium di Roma da cui e' nato un testo del tutto antiaccademico, Viaggio nella musica (Musica per Roma 2006). Rivolgendosi a un pubblico di adolescenti, esclude subito un orientamento nozionistico e parte dall'analisi di una canzone di Sanremo per tessere un filo che riporti il presente alle piu' antiche questioni della forma e del rapporto fra testo e musica. Arrigo Quattrocchi rivendicava la cura della lingua come "elemento centrale" del compito divulgativo, ma sulla qualita' del lavoro non faceva distinzioni: nell'edizione critica della Jerusalem di Verdi, da lui realizzata nel 1999, o in un programma di sala come quello che nei primi anni '90 dedico' alla cantata Giovanna d'Arco di Rossini, c'e' la stessa esigenza di esattezza che permea il piccolo, prezioso lessico della Musica in cento parole. Il mondo musicale di cui Arrigo Quattrocchi si e' occupato e nutrito spazia dal barocco ai nostri giorni, ma il suo interesse di studioso si e' concentrato in prevalenza sul patrimonio italiano - dalle vicende poco note di un librettista rossiniano, Andrea Leone Tottola, all'opera di un compositore come Luigi Dallapiccola. Il suo gusto per l'evidenza del documento storico lo ha portato anche a scrivere una storia dell'Accademia Filarmonica Romana, istituzione della quale era socio accademico, e un testo sulla Vita operistica romana nell'Ottocento che valeva per lui anche come pietra di paragone per le vicende attuali. Sulla stampa aveva esordito negli anni '80 scrivendo ritratti di interpreti per il mensile "Musica e Dossier" e fin da quei primi testi appariva chiaro come per lui la dimensione esecutiva non fosse l'effetto contingente di una partitura, ma il solo modo di farla vivere e conferirle un senso. La passione per la filologia musicale non contraddiceva questo assunto, perche' tornare a una prassi esecutiva caduta in disuso significava esplorare una potenzialita', dar corpo a una maniera diversa di pensare. Il suo interesse per il Verdi di Riccardo Muti andava in questa direzione, cosi' come la collaborazione con tanti direttori d'orchestra, noti e meno noti al grande pubblico, da Claudio Abbado a Fabio Luisi. Il titolo della trasmissione che nell'ultimo decennio ha condotto su Radio3, "Esercizi di memoria", non era suo, l'aveva gia' trovato. Eppure niente sembra corrispondergli meglio di quel titolo e dell'orario notturno in cui andava in onda: l'esercizio di memoria come progetto di vita e il tono amichevole come unica forma di stile comunicativo per presentare i risultati delle sue ricerche negli archivi Rai, ai quali il suo senso della qualita' e della sintesi conferiva spesso un aspetto di meraviglia. La parola "amico" e' quella che compare piu' di frequente nei blog che commentano la sua trasmissione, ai quali spesso interveniva di persona: la comunita' allargata della rete ha corrisposto al suo investimento. Ma e' un esercizio di memoria ancora piu' acuto quello a cui la sua scomparsa ci costringe, per non dimenticare come la musica, prima ancora che un'organizzazione di suoni, possa essere soprattutto una forma di vita. E come la forma data alla propria vita, superando ostacoli e pressioni, si avvicini alla dimensione etica di un'opera d'arte. 12. RILETTURE. JANINE CAHEN E MICHELINE POUTEAU: UNA RESISTENZA INCOMPIUTA Janine Cahen e Micheline Pouteau, Una resistenza incompiuta. La guerra d'Algeria e gli anticolonialisti francesi 1954-1962, Il Saggiatore, Milano 1964, 2 voll. per complessive pp. LVIII + 942. Un saggio documentario la cui rilettura e rimeditazione oggi e qui sarebbe per piu' motivi assai utile. 13. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 14. PER SAPERNE DI PIU' Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 912 del 14 agosto 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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