Minime. 875



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 875 dell'8 luglio 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Clotilde Pontecorvo: Al Presidente della Repubblica
2. Liliana Boranga: Al Presidente della Repubblica
3. Nicoletta Crocella: Al Presidente della Repubblica
4. Gabriella Falcicchio: Al Presidente della Repubblica
5. Angela Giuffrida: Partire dal sessismo e dalle sue cause per eliminare il
razzismo
6. Floriana Lipparini: Una scia di violenza e di morte
7. Sara Michieletto: Al Presidente della Repubblica
8. Antonia Sani: Al Presidente della Repubblica
9. Una preghiera ad alcune persone amiche
10. Appello al Presidente della Repubblica contro il colpo di stato razzista
11. Appello degli intellettuali contro il ritorno delle leggi razziali in
Italia
12. Appello dei giuristi contro l'introduzione dei reati di ingresso e
soggiorno illegale dei migranti
13. Enzo Bettiza ricorda Ralf Dahrendorf
14. Riletture: Raniero Panzieri, La crisi del movimento operaio (Scritti
interventi lettere, 1956-1960)
15. Riletture: Raniero Panzieri, La ripresa del marxismo leninismo in Italia
16. Riletture: Raniero Panzieri, Lotte operaie nello sviluppo capitalistico
17. La "Carta" del Movimento Nonviolento
18. Per saperne di piu'

1. UNA SOLA UMANITA'. CLOTILDE PONTECORVO: AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Caro Presidente,
nell'esprimerLe la massima fiducia, mia personale e di tanti concittadini e
amici, nella Sua capacita' di valutare il possibile carattere
discriminatorio del decreto in oggetto, ci tengo a  farle sapere la mia
preoccupazione rispetto a norme che possono limitare, di norma e di fatto, i
diritti dei migranti che gia' si trovano o che verranno nel futuro nel
nostro Paese.
La prego solo di dare la massima attenzione a quanti, ben piu' competenti di
me, hanno espresso in questo periodo tante perplessita' nei confronti del
ddl cosiddetto della sicurezza. O forse della discriminazione.
Le porgo i miei deferenti saluti.
Clotilde Pontecorvo,
professore ordinario di Psicologia dell'educazione presso l'Universita' di
Roma "La Sapienza"

2. UNA SOLA UMANITA'. LILIANA BORANGA: AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Egregio Presidente della Repubblica,
mi permetto di scriverLe  e di disturbarLa per una questione che reputo
della massima importanza in quanto cittadina di questo Stato di cui Lei e'
ineguagliabile Presidente.
La prego, Signor Presidente, di non ratificare le misure  contenute nel
pacchetto sicurezza approvato dal Senato in seconda lettura il 2 luglio
2009.
La prego, signor Presidente della Repubblica, confidando nel suo senso alto
di giustizia e di rispetto verso gli essere umani tutti, di rinviare alle
Camere quel provvedimento chiedendone la modifica nelle parti palesemente
incompatibili con la Costituzione e le norme del diritto internazionale
recepite nell'ordinamento della Repubblica Italiana.
Signor Presidente, Lei puo' decidere del futuro della Repubblica Italiana ed
e' per questo che io confido in Lei e vengo a Lei con questa mia preghiera.
Voglia gradire, signor Presidente, i migliori auguri di un sereno e buon
lavoro oltre che i miei rispettosi saluti.
Liliana Boranga,
direttrice Radio base popolare network, Mestre Venezia

3. UNA SOLA UMANITA'. NICOLETTA CROCELLA: AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Signor Presidente,
non firmi il cosiddetto "decreto sicurezza", non confermi l'immagine di una
Italia cialtrona, razzista, abbandonata ad un potere senza etica, non firmi
signor Presidente!
Potrei fermarmi qui, ed invitarla a rileggere le argomentazioni precise,
lucide, a mio parere anche determinanti che altre ed altri prima di me le
hanno inviato per motivare questa richiesta. In particolare la invito a
rileggere quanto scrive Maria G. Di Rienzo, che le elenca con precisa
determinazione tutte le brutture di una Italia abbandonata nelle mani di
politici che non rispettano se stessi ed il ruolo che ricoprono, di una
informazione connivente e bloccata in ogni manifestazione di serieta' e di
liberta', di una idea della donna che precipita nel peggiore gorgo del bieco
sfruttamento e della riduzione, quando va bene, alla mera funzione di
decorazione.
In questa Italia, signor Presidente, molte e molti di noi cominciamo a non
sentirsi piu' rappresentati, non ci sentiamo parte di un paese che puo'
legiferare contro le persone, non a loro vantaggio, che prepara un futuro di
scuola ridotta a fabbrica di maestranze obbedienti, intercambiabili,
spaventate e riciclabili, che esibisce le intemperanze e le battute di un
capo del governo ammiccante ai peggiori atteggiamenti attribuiti al maschio
italiano, mentre intanto distrae con le sue giullarate dalla creazione di
leggi ad personam, di leggi che distruggono la scuola, il tessuto sociale,
negano dignita' di cittadini e cittadine ad uomini e donne, in cui la
protezione dell'ambiente, e la gestione di ogni emergenza precipita in una
gestione paradossale e mediatica dei problemi, che vengono sempre affrontati
sopra la testa di cittadine e cittadini, nonostante le loro richieste e
necessita'.
Signor Presidente, ci dimostri, la prego, che lei e' il Presidente di tutti,
che davvero Lei ci rappresenta, e puo' porre un argine, dire no, che questo
non si puo' fare "In nome del Popolo Italiano".
Lei, signor Presidente, e' nella posizione di fermare, di dare una sterzata
alla immagine stessa del Paese, lei ci puo' consentire di sentirci parte di
esso, puo'...
Io credo che lei debba alzare il tono del suo dissenso dal metodo, dai modi
di fare, dall'offesa costante al pensiero ed alle convinzioni della gente,
dal contenuto di leggi incostituzionali, e quindi illegittime.
Ho esitato a scriverle, temo che sia inutile, ma lei puo' dimostrarmi che le
nostre richieste hanno ascolto, che Lei ci rappresenta.
Nicoletta Crocella

4. UNA SOLA UMANITA'. GABRIELLA FALCICCHIO: AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Caro Presidente Napolitano,
sono una ricercatrice dell'Universita' di Bari e da anni studio con passione
e persuasione l'educazione interculturale. Le scrivo per manifestare il mio
dissenso verso il cosiddetto "pacchetto sicurezza", che ritengo un atto di
profonda incivilta' perpetrato ai danni di persone che andrebbero accolte e
sostenute nel loro desiderio di progettare con dignita' la propria
esistenza. Numerosissimi studi mostrano che tra i migranti e le migranti i
livelli di motivazione a inserirsi nel contesto di accoglienza sono molto
alti, che i livelli di prestazione sui luoghi di lavoro sono ottimi e che
gli alunni eccellenti a scuola in Italia sono in aumento e costituiscono una
ricchezza per l'intero contesto scolastico. I migranti, tutti, rappresentano
un incentivo al rinnovamento delle mentalita', incoraggiano con la loro sola
presenza aperture e innovazione. In milioni di famiglie italiane, poi, sono
i migranti a svolgere quei lavori di cura che non possono o non vogliono
accollarsi gli autoctoni, dall'assistenza agli anziani alla cura dei
bambini, non di rado rinunciando con dolore ad accudire i propri anziani, i
propri bambini lasciati nelle terre di origine.
Affinche' questo patrimonio immenso, umano, culturale, non di rado tecnico e
artistico, di conoscenze e know-how, possa svilupparsi e portare aria nuova
in un'Italia in piena decadenza, c'e' bisogno di una sola condizione:
accoglienza. Che significa riconoscimento della dignita' di esseri umani a
tutti, senza eccezione.
In contesti esteri che da molti decenni si sono aperti all'accoglienza dei
migranti, incoraggiando gli ingressi e sostenendo l'integrazione con
politiche aperte e con una difesa senza ritrosie dei diritti umani, come il
Canada, del cui multiculturalismo sono una studiosa, i dati mostrano che i
livelli di conflittualita' sociale sono molto bassi, la criminalita' legata
all'immigrazione e' a livelli bassissimi, la percentuale di "clandestini" e'
irrilevante, la produzione scientifica, culturale, artistica che nasce
dall'incontro tra soggetti di culture diverse e' di eccellente qualita', il
benessere materiale e' molto alto, e si vive senza la paura del diverso.
Tutto questo manca e anzi viene esplicitamente negato dalla legge passata in
Senato il 2 luglio 2009, che crea i presupposti per il dilagare di
comportamenti discriminatori legalizzati, andando addirittura a condannare
indirettamente anche quei cittadini italiani che lavorano per dare dignita'
a chi fa un investimento rischioso e molto doloroso, lasciando il proprio
paese di origine (nel quale rimarrebbe volentieri, se potesse) per cercare
di costruire il proprio futuro in Italia.
Io, come cittadina della Repubblica italiana, dissento da ogni iniquo
provvedimento previsto dalla legge in questione e auspico che lei,
Presidente, non ratifichi quel testo di legge e ne incoraggi la
rivisitazione critica. Voglio vivere e voglio che i miei figli vivano in un
paese dove ogni donna possa partorire in serenita' e vivere senza timori di
persecuzione col suo bambino, in cui gli sfruttatori dei migranti vengano
puniti, ma dove gli e le irregolari che lavorano vengano ringraziati per la
loro fatica nei campi foggiani o nelle case degli anziani con il
riconoscimento pieno del loro lavoro, dove prevale la cultura dell'incontro
e del dialogo su quella della (non fondata) paura e del sospetto, dove tutti
possano essere curati e andare a scuola senza temere alcunche', ne' denunce
ne' insulti. Non voglio vivere nel paese disegnato dal "pacchetto
sicurezza", non mi ci riconosco, anzi mi vergogno profondamente di
appartenervi.
Confidando nel suo intervento, le porgo distinti saluti,
Gabriella Falcicchio,
ricercatrice in Pedagogia generale e sociale, Dipartimento di Scienze
Pedagogiche e Didattiche, Facolta' di Scienze della Formazione, Universita'
degli Studi di Bari

5. UNA SOLA UMANITA'. ANGELA GIUFFRIDA: PARTIRE DAL SESSISMO E DALLE SUE
CAUSE PER ELIMINARE IL RAZZISMO

Anch'io ho scritto al Presidente Napolitano e sto sollecitando amiche e
amici a farlo. Tuttavia sono convinta che sia necessario cominciare a
guardare alle vere cause dell'ennesima crisi che investe il nostro paese e
non solo. Ho scritto percio' l'articolo qui di seguito per dare un
contribuito...
*
Nell'articolo "Il peccato della sodomia", apparso su "l'Unita'" del 4 luglio
e ripreso il giorno dopo da "La domenica della nonviolenza" n. 223, Moni
Ovadia per criticare il famigerato pacchetto sulla sicurezza ricorda
l'episodio biblico in cui la citta' di Sodoma fu da Dio rasa al suolo
perche' ostile verso "lo straniero e il debole" (Genesi, 19:8). Riportando
il tentativo di Lot di salvare due ospiti da una folla minacciosa ha pero'
omesso il racconto di come egli abbia offerto in cambio le sue due figlie
vergini e di come nella Bibbia non ci sia il minimo cenno di riprovazione
nei confronti di un padre cosi' snaturato. Anzi, poiche' gli ospiti erano
angeli, quando Dio decise di distruggere Sodoma e Gomorra, premio' Lot
risparmiandolo assieme alla sua famiglia, mostrando in tal modo di approvare
un costume tanto diffuso e socialmente accettato che il capitolo 9 del Libro
dei Giudici racconta una storia analoga: un altro padre offre la figlia
vergine e la concubina del suo ospite, un uomo della tribu' di casta alta
dei Leviti, minacciato da una masnada di ubriachi, con queste parole: "Ho
una figlia che e' vergine, e il mio ospite ha la moglie; le condurro' a voi:
abusatene e fate di loro quel che vi piace, purche' non commettiate tale
infamia contro il mio ospite". Alla fine la concubina, consegnata dallo
stesso levita alla banda di depravati, venne violentata per tutta la notte e
mori'.
Malgrado il sessismo sia la prima, piu' irrazionale e nociva forma di
razzismo, in quanto colpisce una parte dell'umanita' rilevante non solo
numericamente ma soprattutto perche' e' quella a cui la specie deve la sua
esistenza e la sua conformazione, esso costituisce ancora oggi la struttura
portante di tutte le organizzazioni sociali androcentriche. Ha senso allora
indignarsi e pretendere di cancellare le altre forme di intolleranza
riguardanti la razza, la nazionalita', la classe sociale, l'appartenenza ad
altre religioni e culture se non ci si indigna di fronte alla brutale,
pervasiva oppressione esercitata dai figli sulle madri della specie?
Nonostante la preoccupante escalation di violenze perpetrate sulle donne
perlopiu' in famiglia, da parte degli uomini non c'e' traccia di sdegno
genuino, ne' volonta' di interrogarsi sulle reali cause di questi come di
altri comportamenti maschili chiaramente irrazionali, fatto salvo uno
sparuto numero di volenterosi.
Il sessismo che resiste ostinatamente in tutte le comunita' patrifocali,
differenziandosi solo per il grado di coercizione, e le altre forme di
razzismo che, latenti in alcuni periodi, esplodono in altri sfacciatamente,
sono la spia della peculiare prospettiva con cui gli uomini accostano il
reale. Il loro sguardo si sofferma su singoli aspetti; se l'aspetto fissato
e', ad esempio, il colore, l'uomo bianco riterra' di essere l'esemplare
unico e inarrivabile dell'intera specie, ma cosi' si percepiranno anche gli
altri. Lo stesso meccanismo scatta qualunque sia l'aspetto considerato, come
il ceto, la nazionalita', le convinzioni politiche, religiose, etc.;
naturalmente la donna e' l'aliena per eccellenza, percio' viene discriminata
sempre e dovunque. Altri fattori concorrono a predisporre la mente maschile
all'esclusione, qui basta evidenziare che il razzismo in tutte le sue forme
nasce da difficolta' interne a tale mente la quale, non cogliendo l'insieme,
non ravvisa in ciascuno un essere umano al di la' delle differenze
individuali.
Annamaria Rivera nel suo articolo "Peggio delle leggi fasciste", riportato
dal "Manifesto" sullo stesso numero de "La domenica della nonviolenza",
sottolinea la "mercificazione totale dei corpi femminili" e
l'"espropriazione e marchiatura simbolica dei corpi degli stranieri e dei
minoritari... gli uni e gli altri deumanizzati, dunque esposti ad ogni
insulto ed arbitrio". Ora si puo' ridurre a merce e deumanizzare un essere
umano solo se non lo si riconosce. Tale misconoscimento balza agli occhi se
si riflette sul fatto sorprendente che la politica non ha come fine il
sostegno dei viventi umani ma la conquista di una impossibile primazia da
parte del genere maschile e che, inoltre, le sofferenze e i lutti imposti a
gran parte degli abitanti del pianeta sono assolutamente gratuiti perche' le
risorse ci sono per soddisfare i bisogni di tutti e le tecnologie esistenti,
se usate correttamente, potrebbero realizzare il sogno di ogni madre di
assicurare alle proprie creature la sopravvivenza e una buona qualita' della
vita. Se questo non avviene e' solo perche' il maschio umano non accoglie
nella sua mente non solo l'altro ma neanche se stesso, tant'e' vero che
l'individualismo di cui si fregia, obliando i caratteri di connessione e
interdipendenza del mondo vivente, alla lunga si rivela deleterio per il suo
stesso portatore.
Naturalmente condivido la necessita' di resistere ai colpi mortali inferti
dalla destra oggi al potere, ma se davvero non vogliamo piu' assistere
all'eterno ritorno dell'ottusita' distruttiva che persegue con tenacia la
riduzione a niente della vita, cosi' ben descritta da Nietzsche, occorre
indursi a vedere quanto la realta' che esperiamo ci rimanda
inequivocabilente e cioe' l'inadeguatezza dell'assetto cognitivo che si
picca di governare un mondo di viventi a lui sconosciuto. Seppur necessarie,
le denunce, le manifestazioni e le lotte piu' o meno pacifiche contro
qualcuno o qualcosa, da sole non sono in grado di portare alla formazione di
belle menti aperte, capaci di stringere in un accogliente abbraccio il mondo
vivente e non vivente, ne' sono sufficienti gli appelli di cambiamento ai
partiti di una sinistra che non c'e' e, se sono corretti i presupposti del
superiore discorso, non c'e' mai stata.

6. UNA SOLA UMANITA'. FLORIANA LIPPARINI: UNA SCIA DI VIOLENZA E DI MORTE

Nel saggio "L'Andalusia delle tre religioni" la storica Lucie Bolens parla
di antiche tradizioni mediterranee in tema di accoglienza e scrive: "...La
precarieta' conosciuta in altri tempi, l'erranza, l'isolamento, rimangono un
rischio per tutti; lo straniero indigente rinvia l'immagine di cio' che
siamo stati ieri e che possiamo divenire domani: ecco perche' veniva detto
di lasciare la casa aperta e trattare pellegrini e stranieri come membri
della famiglia".  Poi aggiunge un chiaro riferimento: "L'esempio contrario
della Bibbia e' Sodoma, la citta' che era legalmente chiusa agli stranieri,
e non sopravvisse alla negazione dell'accoglienza: questa l'interpretazione
che i rabbini medievali davano del cataclisma che la distrusse. Il venir
meno delle norme di ospitalita' toglieva ogni senso a quel territorio
protetto da mura che era allora la citta'".
La domanda inquietante che queste parole ispirano e che ci riguarda e' se si
puo' continuare a essere pienamente umani chiudendo le porte all'Altro, allo
Straniero, all'Indigente. E se, quando questo gesto disumano venga
addirittura ratificato da una sciagurata legge, non si mini cosi' alla
radice la ragione stessa del vivere sociale, che sta nel fertile convivere
delle differenze. Chiudere le porte al diverso da se' significa immaginare
una realta' di replicanti omologati ai canoni della cosiddetta normalita'
decisi dal potere, e questo cos'e' se non il seme di una societa'
totalitaria e razzista?
Un seme che ha radici molto antiche. Da tempo infatti molte donne, e alcuni
uomini, si chiedono quanto abbia contato nel farsi sanguinoso della storia
quel primo rifiuto del diverso che fu l'esclusione del genere femminile
dalla costruzione sociale. Un archetipo negativo il cui influsso ancor oggi
pervade ideologie, culture e politiche dominanti, favorendone gli aspetti
piu' autoritari, bellicosi e violenti.
E' la terribile cronaca di tutti i giorni a dircelo. Negli occhi ho Neda, il
suo splendido viso immobilizzato dalla morte. Non sapevo niente di lei,
prima. Penso a Vira, spaventata e sola mentre muore dissanguata perche'
"clandestina". Il suo nome risuona nella mia mente. Mi torna il ricordo
della bella faccia sorridente di Abba, quel sorriso che non mutera' piu'
perche' il tempo di Abba un giorno e' stato fermato. Brucia il cielo a
Viareggio e in un attimo si consuma una strage: quanti carrelli rugginosi
viaggiano per l'Italia come bombe innescate, trascurati per aumentare i
profitti? E a quale numero e' arrivato il conteggio delle donne stuprate e
di quelle uccise dai propri compagni?
Una scia di violenza e di morte unifica questi terrestri inferni e interroga
nel profondo ogni essere senziente. L'integralismo religioso al potere
uccide, il razzismo dilagante uccide, il capitalismo uccide, il maschilismo
imperante uccide. Anche una legge puo' uccidere, se contrabbanda il razzismo
sotto il falso nome di "sicurezza". Per favore, fermiamola. Scriviamo tutte
e tutti al Presidente della Repubblica chiedendogli di non ratificarla. Io
l'ho fatto, aderendo all'iniziativa del Centro per la pace di Viterbo. Spero
che saremo una marea.

7. UNA SOLA UMANITA'. SARA MICHIELETTO: AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Gentile Presidente della Repubblica,
la prego di non voler ratificare le misure incostituzionali contenute nel
cosiddetto "pacchetto sicurezza" approvato dal Senato in seconda lettura il
2 luglio 2009.
La prego di rinviare alle Camere quel provvedimento chiedendone la modifica
nelle parti palesemente incompatibili con la Costituzione e le norme del
diritto internazionale recepite nell'ordinamento della Repubblica Italiana.
Confidando nella sua attenzione, porgo cordiali saluti,
prof. Sara Michieletto
Spinea (Venezia)

8. UNA SOLA UMANITA'. ANTONIA SANI: AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Caro Presidente,
ci e' accaduto altre volte di rivolgerci a Lei per chiederLe di non firmare
leggi votate da un Parlamento che nella sua composizione, provocata da una
legge definita indecente dai suoi stessi promotori, non rispecchia i
principi democratici che dovrebbero sovrintendere alle istituzioni della
nostra Repubblica. Leggi approvate con voto di fiducia relative a
provvedimenti concernenti addirittura il sistema di istruzione, tra i
diritti fondamentali di ogni essere umano.
Ma questa volta Lei deve ascoltarci.
Il "pacchetto sicurezza" e' un insieme di disposizioni fatte per acquisire
facili consensi in un clima di imbarbarimento delle coscienze. Oltre al
gravissimo danno che soffrirebbero uomini, donne, bambini gia' discriminati
dalla sorte, se Lei, Presidente, consentira' a quel testo di divenire legge,
vorra' dire che le pulsioni piu' retrive che albergano negli oscuri meandri
degli individui hanno diritto di cittadinanza in Italia.
Tutto dipende dalla Sua firma.
Presidente, questa volta non firmi!
Antonia Sani,
presidente Wilpf Italia - Lega Internazionale di donne per la Pace e la
Liberta'

9. UNA SOLA UMANITA'. UNA PREGHIERA AD ALCUNE PERSONE AMICHE

Carissime e carissimi,
stiamo sollecitando persone e movimenti a scrivere al Presidente della
Repubblica affinche' non ratifichi le misure razziste, criminogene ed
incostituzionali contenute nel cosiddetto "pacchetto sicurezza" approvato
dal Senato in seconda lettura il 2 luglio 2009, ovvero rinvii alle Camere
quel provvedimento chiedendone la modifica nelle parti palesemente
incompatibili con la Costituzione e le norme del diritto internazionale
recepite nell'ordinamento della Repubblica Italiana.
Vorremmo pregarvi:
a) di scrivere anche voi al Presidente della Repubblica in tal senso, e di
rendere pubblica tale iniziativa comunicandola a mezzi d'informazione ed
interlocutori vari;
b) di esortare altre persone a farlo, rendendo anch'esse pubblica la loro
iniziativa;
c) di inviarci un vostro intervento da pubblicare sul nostro notiziario
telematico quotidiano.
La tempestivita' e' decisiva, ed altrettanto decisiva e' la vastita' della
mobilitazione: sussistono i termini giuridici perche' il Presidente della
Repubblica possa rinviare alle Camere quell'atto, ma e' evidente che sara'
confortato in tale decisione dal visibile pronunciarsi di una vasta parte
del popolo italiano in difesa del diritto, della civilta', dell'umanita'.
Facciamo quanto e' in nostro potere perche' questo accada.
Per scrivere al Presidente della Repubblica l'indirizzo postale e':
Presidente della Repubblica, piazza del Quirinale, 00187 Roma; il fax:
0646993125; l'indirizzo di posta elettronica e':
presidenza.repubblica at quirinale.it ; nel web:
https://servizi.quirinale.it/webmail/
Un cordiale saluto,
il Centro di ricerca per la pace di Viterbo
Viterbo, 7 luglio 2009

10. UNA SOLA UMANITA'. APPELLO AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA CONTRO IL
COLPO DI STATO RAZZISTA

Il colpo di stato razzista compiuto dal governo Berlusconi con la
complicita' di una asservita maggioranza parlamentare puo' e deve essere
respinto.
E' nei poteri del Presidente della Repubblica rifiutare di avallare
l'introduzione nel corpus legislativo di misure palesemente in contrasto con
la Costituzione della Repubblica Italiana, palesemente criminali e
criminogene, palesemente razziste ed incompatibili con l'ordinamento
giuridico della Repubblica.
Al Presidente della Repubblica in prima istanza facciamo ora appello
affinche' non ratifichi un deliberato illegale ed eversivo che viola i
fondamenti stessi dello stato di diritto e della civilta' giuridica, che
viola i principi fondamentali della Costituzione della Repubblica Italiana.
Il "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo
Viterbo, 2 luglio 2009

11. UNA SOLA UMANITA'. APPELLO DEGLI INTELLETTUALI CONTRO IL RITORNO DELLE
LEGGI RAZZIALI IN ITALIA

Le cose accadute in Italia hanno sempre avuto, nel bene e nel male, una
straordinaria influenza sulla intera societa' europea, dal Rinascimento
italiano al fascismo.
Non sempre sono state pero' conosciute in tempo.
In questo momento c'e' una grande attenzione sui giornali europei per alcuni
aspetti della crisi che sta investendo il nostro paese, riteniamo, pero', un
dovere di quanti viviamo in Italia richiamare l'attenzione dell'opinione
pubblica europea su altri aspetti rimasti oscuri. Si tratta di alcuni
passaggi della politica e della legislazione italiana che, se non si
riuscira' ad impedire, rischiano di sfigurare il volto dell'Europa e di far
arretrare la causa dei diritti umani nel mondo intero.
Il governo Berlusconi, agitando il pretesto della sicurezza, ha imposto al
Parlamento, di cui ha il pieno controllo, l'adozione di norme
discriminatorie nei confronti degli immigrati, quali in Europa non si
vedevano dai tempi delle leggi razziali.
E' stato sostituito il soggetto passivo della discriminazione, non piu' gli
ebrei bensi' la popolazione degli immigrati "irregolari", che conta
centinaia di migliaia di persone; ma non sono stati cambiati gli istituti
previsti dalle leggi razziali, come il divieto dei matrimoni misti.
Con tale divieto si impedisce, in ragione della nazionalita', l'esercizio di
un diritto fondamentale quale e' quello di contrarre matrimonio senza
vincoli di etnia o di religione; diritto fondamentale che in tal modo viene
sottratto non solo agli stranieri ma agli stessi italiani.
Con una norma ancora piu' lesiva della dignita' e della stessa qualita'
umana, e' stato inoltre introdotto il divieto per le donne straniere, in
condizioni di irregolarita' amministrativa, di riconoscere i figli da loro
stesse generati. Pertanto in forza di una tale decisione politica di una
maggioranza transeunte, i figli generati dalle madri straniere "irregolari"
diverranno per tutta la vita figli di nessuno, saranno sottratti alle madri
e messi nelle mani dello Stato.
Neanche il fascismo si era spinto fino a questo punto. Infatti le leggi
razziali introdotte da quel regime nel 1938 non privavano le madri ebree dei
loro figli, ne' le costringevano all'aborto per evitare la confisca dei loro
bambini da parte dello Stato.
Non ci rivolgeremmo all'opinione pubblica europea se la gravita' di queste
misure non fosse tale da superare ogni confine nazionale e non richiedesse
una reazione responsabile di tutte le persone che credono a una comune
umanita'. L'Europa non puo' ammettere che uno dei suoi Paesi fondatori
regredisca a livelli primitivi di convivenza, contraddicendo le leggi
internazionali e i principi garantisti e di civilta' giuridica su cui si
basa la stessa costruzione politica europea.
E' interesse e onore di tutti noi europei che cio' non accada.
La cultura democratica europea deve prendere coscienza della patologia che
viene dall'Italia e mobilitarsi per impedire che possa dilagare in Europa.
A ciascuno la scelta delle forme opportune per manifestare e far valere la
propria opposizione.
Roma, 29 giugno 2009
Andrea Camilleri, Antonio Tabucchi, Dacia Maraini, Dario Fo, Franca Rame,
Moni Ovadia, Maurizio Scaparro, Gianni Amelio

12. UNA SOLA UMANITA'. APPELLO DEI GIURISTI CONTRO L'INTRODUZIONE DEI REATI
DI INGRESSO E SOGGIORNO ILLEGALE DEI MIGRANTI

Il disegno di legge n. 733-B attualmente all'esame del Senato prevede varie
innovazioni che suscitano rilievi critici.
In particolare, riteniamo necessario richiamare l'attenzione della
discussione pubblica sulla norma che punisce a titolo di reato l'ingresso e
il soggiorno illegale dello straniero nel territorio dello Stato, una norma
che, a nostro avviso, oltre ad esasperare la preoccupante tendenza all'uso
simbolico della sanzione penale, criminalizza mere condizioni personali e
presenta molteplici profili di illegittimita' costituzionale.
La norma e', anzitutto, priva di fondamento giustificativo, poiche' la sua
sfera applicativa e' destinata a sovrapporsi integralmente a quella
dell'espulsione quale misura amministrativa, il che mette in luce l'assoluta
irragionevolezza della nuova figura di reato; inoltre, il ruolo di extrema
ratio che deve rivestire la sanzione penale impone che essa sia utilizzata,
nel rispetto del principio di proporzionalita', solo in mancanza di altri
strumenti idonei al raggiungimento dello scopo.
Ne' un fondamento giustificativo del nuovo reato puo' essere individuato
sulla base di una presunta pericolosita' sociale della condizione del
migrante irregolare: la Corte Costituzionale (sent. 78 del 2007) ha infatti
gia' escluso che la condizione di mera irregolarita' dello straniero sia
sintomatica di una pericolosita' sociale dello stesso, sicche' la
criminalizzazione di tale condizione stabilita dal disegno di legge si
rivela anche su questo terreno priva di fondamento giustificativo.
L'ingresso o la presenza illegale del singolo straniero dunque non
rappresentano, di per se', fatti lesivi di beni meritevoli di tutela penale,
ma sono l'espressione di una condizione individuale, la condizione di
migrante: la relativa incriminazione, pertanto, assume un connotato
discriminatorio ratione subiecti contrastante non solo con il principio di
eguaglianza, ma con la fondamentale garanzia costituzionale in materia
penale, in base alla quale si puo' essere puniti solo per fatti materiali.
L'introduzione del reato in esame, inoltre, produrrebbe una crescita abnorme
di ineffettivita' del sistema penale, gravato di centinaia di migliaia di
ulteriori processi privi di reale utilita' sociale e condannato per cio'
alla paralisi. Ne' questo effetto sarebbe scongiurato dalla attribuzione
della relativa cognizione al giudice di pace (con alterazione degli attuali
criteri di ripartizione della competenza tra magistratura professionale e
magistratura onoraria e snaturamento della fisionomia di quest'ultima): da
un lato perche' la paralisi non e' meno grave se investe il settore di
giurisdizione del giudice di pace, dall'altro per le ricadute sul sistema
complessivo delle impugnazioni, gia' in grave sofferenza.
Rientra certo tra i compiti delle istituzioni pubbliche "regolare la materia
dell'immigrazione, in correlazione ai molteplici interessi pubblici da essa
coinvolti ed ai gravi problemi connessi a flussi migratori incontrollati"
(Corte Cost., sent. n. 5 del 2004), ma nell'adempimento di tali compiti il
legislatore deve attenersi alla rigorosa osservanza dei principi
fondamentali del sistema penale e, ferma restando la sfera di
discrezionalita' che gli compete, deve orientare la sua azione a canoni di
razionalita' finalistica.
"Gli squilibri e le forti tensioni che caratterizzano le societa' piu'
avanzate producono condizioni di estrema emarginazione, si' che (...) non si
puo' non cogliere con preoccupata inquietudine l'affiorare di tendenze, o
anche soltanto tentazioni, volte a 'nascondere' la miseria e a considerare
le persone in condizioni di poverta' come pericolose e colpevoli". Le parole
con le quali la Corte Costituzionale dichiaro' l'illegittimita' del reato di
"mendicita'" di cui all'art. 670, comma 1, cod. pen. (sent. n. 519 del 1995)
offrono ancora oggi una guida per affrontare questioni come quella
dell'immigrazione con strumenti adeguati allo loro straordinaria
complessita' e rispettosi delle garanzie fondamentali riconosciute dalla
Costituzione a tutte le persone.
25 giugno 2009
Angelo Caputo, Domenico Ciruzzi, Oreste Dominioni, Massimo Donini, Luciano
Eusebi, Giovanni Fiandaca, Luigi Ferrajoli, Gabrio Forti, Roberto Lamacchia,
Sandro Margara, Guido Neppi Modona, Paolo Morozzo della Rocca, Valerio
Onida, Elena Paciotti, Giovanni Palombarini, Livio Pepino, Carlo Renoldi,
Stefano Rodota', Arturo Salerni, Armando Spataro, Lorenzo Trucco, Gustavo
Zagrebelsky

13. MEMORIA. ENZO BETTIZA RICORDA RALF DAHRENDORF
[Dal quotidiano "La Stampa" del 19 giugno 2009 col titolo "Il malumore della
liberta'"]

Non credo che Ralf Dahrendorf sia stato propriamente un filosofo, come lo
definiscono oggi gli affrettati necrologi d'agenzia. Ritengo piuttosto che
lo si debba inserire come un astro di prima grandezza in quella particolare
costellazione, tutta tedesca, dei "Kulturphilosophen", o "pensatori di
cultura", che hanno avuto in Max Weber un massimo esponente. Nel
"Kulturphilosoph" Dahrendorf confluivano, come in Weber, in una miscela
armoniosa, sapientemente dosata, anzitutto il sociologo seguito a breve
distanza dallo storico e dal politologo. Dalla miscela Dahrendorf non
escludeva il passaggio dalla politologia alla politica militante. Difatti,
alla sua carriera di docente erratico fra le maggiori universita' tedesche e
britanniche egli ha aggiunto un curriculum di socialdemocratico impegnato,
di liberale critico, poi di deputato e sottosegretario agli Esteri nella
Germania di Bonn, quindi commissario a Bruxelles, infine Lord a vita in
Inghilterra per decreto della regina Elisabetta. Neanche l'ambiziosissimo
Weber, teorico del conflitto e del carisma in politica, era riuscito a
collezionare i successi accademici e pubblici che il barone Dahrendorf ha
saputo estendere di qua e di la' dalla Manica: dalla storica cattedra di
Tubinga alla London School of Economics, dai palazzi della Comunita' europea
alla Camera dei Lord sul Tamigi.
Eppure l'uomo fortunato era al tempo stesso un personaggio perennemente
scontento e insoddisfatto. Si sentiva liberale fra i socialdemocratici
tedeschi che accusava di autoritarismo, poi continuo' a sentirsi
socialdemocratico fra i liberali che accusava di scepsi conservatrice, non
sopportava l'eurocrazia poiche' ne aveva fatto parte, ma soprattutto
diffidava della natia Germania e in particolare ne detestava la storia che
mise alle strette nel suo libro forse piu' ricco e piu' completo che lessi
nel 1965. Ricordo il titolo solo apparentemente oggettivo e didascalico:
Gesellschaft und Demokratie in Deutschland, Societa' e Democrazia in
Germania. Una cavalcata avvincente di cinquecento pagine, da Bismarck
attraverso Hitler fino ad Adenauer e Ulbricht, per spiegare perche' la
democrazia di stampo occidentale non pote' mai insediarsi in maniera
definitiva e salda nell'ambiguo universo tedesco. Una disamina critica,
acuminata, piena di domande inquietanti che l'autore sembrava lasciare quasi
apposta in parte inevase. Come mai il "mito dello Stato", idealizzato da
Hegel, impedi' ai tedeschi di ottenere una democrazia liberale? Come mai
l'industrializzazione all'epoca guglielmina si combino' con i potentati
feudali del latifondo prussiano? Perche' mai il suddito ha tardato cosi' a
lungo prima di diventare un mezzo cittadino soltanto nella Germania
occidentale? Perche' il fatidico appuntamento con la modernita' novecentesca
s'inabisso' in Germania nella brutale rivoluzione nazionalsocialista?
Perche' infine la patria di Kant e di Goethe partori' l'orrore di Auschwitz?
Tutte domande tremende, contropelo, di un tedesco doc, intriso fino al
midollo di erudizione tedesca, che conferivano al suo disincanto nazionale
una tinta radicale e polemica. Non solo. Esse spiegano, altresi', la sua
fuga di cittadino frustrato dal territorio degli appuntamenti mancati con la
modernita' democratica, il suo cambio di nazionalita', di lingua, di
mentalita', insomma il suo approdo alle antiche sponde liberali e culturali
dell'isola britannica.
Quando, dalla lettura dei libri, passai alla conoscenza diretta dell'uomo
ebbi l'impressione di trovarmi al cospetto di un personaggio coltissimo, ma
deluso, irritabile, suscettibile, piu' disposto al monologo che al dialogo.
Si sarebbe detto che si portasse addosso due pesi: uno della Germania divisa
dal Muro, amputata nella sua interezza nazionale e democratica, l'altro
dell'Europa incompiuta che si contentava di blandire la mezza Germania del
miracolo economico, dimenticando l'altra Germania del totalitarismo
perpetuo. Lo vidi una prima volta a Bruxelles dove, rispondendo depresso
alle mie domande, sparo' ad alzo zero contro la Commissione europea di cui
era il membro culturalmente piu' noto. La seconda volta lo incontrai a
Washington, a un convegno dedicato alla "questione tedesca", questione che
visibilmente suscitava in lui, seduto di traverso sul tavolo della
discussione, un malumore sordo e irrequieto. Si esprimeva in un inglese
perfetto, sincopato, elitario, un inglese da Oxford, e quando prendeva la
parola non la mollava piu'. Ripeteva in sostanza quello che piu' volte aveva
gia' scritto nei suoi saggi, cioe' che la "questione tedesca" non la
potevano risolvere gli "altri" ma soltanto i tedeschi stessi. Si seccava se
qualcuno osava interromperlo e chiedergli maggiori spiegazioni. Gli
rispondeva nel suo inglese forbito e sferzante: "Sara' meglio che la
spiegazione andiate a chiederla sul posto, ai berlinesi stessi, magari a
ridosso del muro comunista. Nessun altro potra' darvi una risposta
migliore".
Oggi tante sinistre orfane di padri e di nonni, in Italia come in Europa, si
danno molto da fare corteggiando la memoria di Tocqueville, Weber, Aron,
Einaudi. Nel loro Parnaso immaginario troneggiava gia' da tempo il "liberale
di sinistra" Dahrendorf. Ma in realta' Lord Dahrendorf, dopo aver teorizzato
la fine dell'era socialdemocratica, era ormai diventato in Inghilterra un
liberale classico. Con tutti i tratti segnaletici di un classico della
liberta': malumore, dubbio, insofferenza, sprezzo per i luoghi comuni e,
soprattutto, per il termine stesso di "senso comune".

14. RILETTURE. RANIERO PANZIERI: LA CRISI DEL MOVIMENTO OPERAIO (SCRITTI
INTERVENTI LETTERE, 1956-1960)
Raniero Panzieri, La crisi del movimento operaio (Scritti interventi
lettere, 1956-1960), Lampugnani Nigri, Milano 1973, pp. 288. A cura di Dario
Lanzardo e Giovanni Pirelli, un'ampia raccolta di testi e interventi della
seconda meta' degli anni Cinquanta di Raniero Panzieri (1921-1964).

15. RILETTURE. RANIERO PANZIERI: LA RIPRESA DEL MARXISMO LENINISMO IN ITALIA
Raniero Panzieri, La ripresa del marxismo leninismo in Italia, Sapere,
Milano 1972, Nuove Edizioni Operaie, Roma 1977, pp. 366. Con introduzione e
note di Dario Lanzardo, un'ampia antologia degli scritti di Panzieri nel
periodo che va dalla fine degli anni Cinquanta al '64. Il lettore giovane e
nuovo non si lasci ingannare dal titolo facilmente equivocabile: Panzieri
non e' mai stato ne' un dogmatico ne' un totalitario.

16. RILETTURE. RANIERO PANZIERI: LOTTE OPERAIE NELLO SVILUPPO CAPITALISTICO
Raniero Panzieri, Lotte operaie nello sviluppo capitalistico, Einaudi,
Torino 1976, p. XL + 112. A cura di Sandro Mancini, quattro ampi, acuti
interventi di Panzieri del periodo dei "Quaderni rossi".

17. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

18. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 875 dell'8 luglio 2009

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su:
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe

Per non riceverlo piu':
nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe

In alternativa e' possibile andare sulla pagina web
http://web.peacelink.it/mailing_admin.html
quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su
"subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione).

L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196
("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing
list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica
alla pagina web:
http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html

Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004
possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web:
http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la
redazione e': nbawac at tin.it