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Minime. 871
- Subject: Minime. 871
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Sat, 4 Jul 2009 01:02:14 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 871 del 4 luglio 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Scrivere al Presidente della Repubblica affinche' non ratifichi il colpo di stato razzista 2. Appello al Presidente della Repubblica contro il colpo di stato razzista 3. Appello degli intellettuali contro il ritorno delle leggi razziali in Italia 4. Appello dei giuristi contro l'introduzione dei reati di ingresso e soggiorno illegale dei migranti 5. La guerra afgana e noi 6. Peppe Sini: Due anni 7. La lettera aperta del 3 luglio 2007 8. Stefano Catucci: Foucault venticinque anni dopo 9. La newsletter settimanale del Centro studi "Sereno Regis" di Torino 10. Riletture: Franca D'Agostini, Filosofia analitica 11. Riletture: Eleonora Missana, L'etica nel pensiero contemporaneo 12. Riletture: Elena Soetje, La responsabilita' della vita. Introduzione alla bioetica 13. Riletture: Paul Mattick, Critica dei neomarxisti 14. Riletture: Paul Mattick, Christoph Deutschmann, Volkhard Brandes, Crisi e teorie della crisi 15. Riletture: Claudio Pozzoli (a cura di), Il comunismo difficile 16. La "Carta" del Movimento Nonviolento 17. Per saperne di piu' 1. I COMPITI DELL'ORA. SCRIVERE AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA AFFINCHE' NON RATIFICHI IL COLPO DI STATO RAZZISTA Chiediamo a tutte le persone di volonta' buona di scrivere al Presidente della Repubblica affinche' non ratifichi il colpo di stato razzista. L'indirizzo di posta elettronica e': presidenza.repubblica at quirinale.it Chiediamo a tutti i movimenti democratici di promuovere iniziative pubbliche a sostegno della richiesta al Presidente della Repubblica di non ratificare il colpo di stato razzista. * Chiediamo di difendere la legalita', la democrazia, la civilta', i diritti umani di tutti gli esseri umani. Chiediamo di opporsi al regime dell'apartheid, alle deportazioni, ai campi di concentramento, allo squadrismo, al razzismo. Il razzismo e' un crimine contro contro l'umanita'. 2. UNA SOLA UMANITA'. APPELLO AL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA CONTRO IL COLPO DI STATO RAZZISTA Il colpo di stato razzista compiuto dal governo Berlusconi con la complicita' di una asservita maggioranza parlamentare puo' e deve essere respinto. E' nei poteri del Presidente della Repubblica rifiutare di avallare l'introduzione nel corpus legislativo di misure palesemente in contrasto con la Costituzione della Repubblica Italiana, palesemente criminali e criminogene, palesemente razziste ed incompatibili con l'ordinamento giuridico della Repubblica. Al Presidente della Repubblica in prima istanza facciamo ora appello affinche' non ratifichi un deliberato illegale ed eversivo che viola i fondamenti stessi dello stato di diritto e della civilta' giuridica, che viola i principi fondamentali della Costituzione della Repubblica Italiana. Il "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo Viterbo, 2 luglio 2009 3. UNA SOLA UMANITA'. APPELLO DEGLI INTELLETTUALI CONTRO IL RITORNO DELLE LEGGI RAZZIALI IN ITALIA Le cose accadute in Italia hanno sempre avuto, nel bene e nel male, una straordinaria influenza sulla intera societa' europea, dal Rinascimento italiano al fascismo. Non sempre sono state pero' conosciute in tempo. In questo momento c'e' una grande attenzione sui giornali europei per alcuni aspetti della crisi che sta investendo il nostro paese, riteniamo, pero', un dovere di quanti viviamo in Italia richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica europea su altri aspetti rimasti oscuri. Si tratta di alcuni passaggi della politica e della legislazione italiana che, se non si riuscira' ad impedire, rischiano di sfigurare il volto dell'Europa e di far arretrare la causa dei diritti umani nel mondo intero. Il governo Berlusconi, agitando il pretesto della sicurezza, ha imposto al Parlamento, di cui ha il pieno controllo, l'adozione di norme discriminatorie nei confronti degli immigrati, quali in Europa non si vedevano dai tempi delle leggi razziali. E' stato sostituito il soggetto passivo della discriminazione, non piu' gli ebrei bensi' la popolazione degli immigrati "irregolari", che conta centinaia di migliaia di persone; ma non sono stati cambiati gli istituti previsti dalle leggi razziali, come il divieto dei matrimoni misti. Con tale divieto si impedisce, in ragione della nazionalita', l'esercizio di un diritto fondamentale quale e' quello di contrarre matrimonio senza vincoli di etnia o di religione; diritto fondamentale che in tal modo viene sottratto non solo agli stranieri ma agli stessi italiani. Con una norma ancora piu' lesiva della dignita' e della stessa qualita' umana, e' stato inoltre introdotto il divieto per le donne straniere, in condizioni di irregolarita' amministrativa, di riconoscere i figli da loro stesse generati. Pertanto in forza di una tale decisione politica di una maggioranza transeunte, i figli generati dalle madri straniere "irregolari" diverranno per tutta la vita figli di nessuno, saranno sottratti alle madri e messi nelle mani dello Stato. Neanche il fascismo si era spinto fino a questo punto. Infatti le leggi razziali introdotte da quel regime nel 1938 non privavano le madri ebree dei loro figli, ne' le costringevano all'aborto per evitare la confisca dei loro bambini da parte dello Stato. Non ci rivolgeremmo all'opinione pubblica europea se la gravita' di queste misure non fosse tale da superare ogni confine nazionale e non richiedesse una reazione responsabile di tutte le persone che credono a una comune umanita'. L'Europa non puo' ammettere che uno dei suoi Paesi fondatori regredisca a livelli primitivi di convivenza, contraddicendo le leggi internazionali e i principi garantisti e di civilta' giuridica su cui si basa la stessa costruzione politica europea. E' interesse e onore di tutti noi europei che cio' non accada. La cultura democratica europea deve prendere coscienza della patologia che viene dall'Italia e mobilitarsi per impedire che possa dilagare in Europa. A ciascuno la scelta delle forme opportune per manifestare e far valere la propria opposizione. Roma, 29 giugno 2009 Andrea Camilleri, Antonio Tabucchi, Dacia Maraini, Dario Fo, Franca Rame, Moni Ovadia, Maurizio Scaparro, Gianni Amelio 4. UNA SOLA UMANITA'. APPELLO DEI GIURISTI CONTRO L'INTRODUZIONE DEI REATI DI INGRESSO E SOGGIORNO ILLEGALE DEI MIGRANTI Il disegno di legge n. 733-B attualmente all'esame del Senato prevede varie innovazioni che suscitano rilievi critici. In particolare, riteniamo necessario richiamare l'attenzione della discussione pubblica sulla norma che punisce a titolo di reato l'ingresso e il soggiorno illegale dello straniero nel territorio dello Stato, una norma che, a nostro avviso, oltre ad esasperare la preoccupante tendenza all'uso simbolico della sanzione penale, criminalizza mere condizioni personali e presenta molteplici profili di illegittimita' costituzionale. La norma e', anzitutto, priva di fondamento giustificativo, poiche' la sua sfera applicativa e' destinata a sovrapporsi integralmente a quella dell'espulsione quale misura amministrativa, il che mette in luce l'assoluta irragionevolezza della nuova figura di reato; inoltre, il ruolo di extrema ratio che deve rivestire la sanzione penale impone che essa sia utilizzata, nel rispetto del principio di proporzionalita', solo in mancanza di altri strumenti idonei al raggiungimento dello scopo. Ne' un fondamento giustificativo del nuovo reato puo' essere individuato sulla base di una presunta pericolosita' sociale della condizione del migrante irregolare: la Corte Costituzionale (sent. 78 del 2007) ha infatti gia' escluso che la condizione di mera irregolarita' dello straniero sia sintomatica di una pericolosita' sociale dello stesso, sicche' la criminalizzazione di tale condizione stabilita dal disegno di legge si rivela anche su questo terreno priva di fondamento giustificativo. L'ingresso o la presenza illegale del singolo straniero dunque non rappresentano, di per se', fatti lesivi di beni meritevoli di tutela penale, ma sono l'espressione di una condizione individuale, la condizione di migrante: la relativa incriminazione, pertanto, assume un connotato discriminatorio ratione subiecti contrastante non solo con il principio di eguaglianza, ma con la fondamentale garanzia costituzionale in materia penale, in base alla quale si puo' essere puniti solo per fatti materiali. L'introduzione del reato in esame, inoltre, produrrebbe una crescita abnorme di ineffettivita' del sistema penale, gravato di centinaia di migliaia di ulteriori processi privi di reale utilita' sociale e condannato per cio' alla paralisi. Ne' questo effetto sarebbe scongiurato dalla attribuzione della relativa cognizione al giudice di pace (con alterazione degli attuali criteri di ripartizione della competenza tra magistratura professionale e magistratura onoraria e snaturamento della fisionomia di quest'ultima): da un lato perche' la paralisi non e' meno grave se investe il settore di giurisdizione del giudice di pace, dall'altro per le ricadute sul sistema complessivo delle impugnazioni, gia' in grave sofferenza. Rientra certo tra i compiti delle istituzioni pubbliche "regolare la materia dell'immigrazione, in correlazione ai molteplici interessi pubblici da essa coinvolti ed ai gravi problemi connessi a flussi migratori incontrollati" (Corte Cost., sent. n. 5 del 2004), ma nell'adempimento di tali compiti il legislatore deve attenersi alla rigorosa osservanza dei principi fondamentali del sistema penale e, ferma restando la sfera di discrezionalita' che gli compete, deve orientare la sua azione a canoni di razionalita' finalistica. "Gli squilibri e le forti tensioni che caratterizzano le societa' piu' avanzate producono condizioni di estrema emarginazione, si' che (...) non si puo' non cogliere con preoccupata inquietudine l'affiorare di tendenze, o anche soltanto tentazioni, volte a 'nascondere' la miseria e a considerare le persone in condizioni di poverta' come pericolose e colpevoli". Le parole con le quali la Corte Costituzionale dichiaro' l'illegittimita' del reato di "mendicita'" di cui all'art. 670, comma 1, cod. pen. (sent. n. 519 del 1995) offrono ancora oggi una guida per affrontare questioni come quella dell'immigrazione con strumenti adeguati allo loro straordinaria complessita' e rispettosi delle garanzie fondamentali riconosciute dalla Costituzione a tutte le persone. 25 giugno 2009 Angelo Caputo, Domenico Ciruzzi, Oreste Dominioni, Massimo Donini, Luciano Eusebi, Giovanni Fiandaca, Luigi Ferrajoli, Gabrio Forti, Roberto Lamacchia, Sandro Margara, Guido Neppi Modona, Paolo Morozzo della Rocca, Valerio Onida, Elena Paciotti, Giovanni Palombarini, Livio Pepino, Carlo Renoldi, Stefano Rodota', Arturo Salerni, Armando Spataro, Lorenzo Trucco, Gustavo Zagrebelsky 5. ORRORI. LA GUERRA AFGANA E NOI In Afghanistan la guerra sta provocando ulteriori inaudite carneficine. Con la partecipazione del nostro paese. Con la complicita' del mondo intero. Opporsi alla guerra e' un dovere e un diritto dell'umanita' intera. Ancora una volta diciamo che la guerra consiste dell'uccisione di esseri umani. Ancora una volta diciamo che la legge fondamentale del nostro paese ripudia la guerra. Ancora una volta diciamo che a questo crimine, che anche il nostro stato sta compiendo, occorre opporsi. 6. ANNIVERSARI. PEPPE SINI: DUE ANNI [Peppe Sini, responsabile del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo, gia' consigliere comunale e provinciale, e' stato dagli anni '70 uno dei principali animatori del movimento che si oppone alle servitu' energetiche e militari nell'Alto Lazio, e il principale animatore del movimento che si oppose al devastante progetto autostradale della cosiddetta "Supercassia" che avrebbe irreversibilmente distrutto preziosi beni ambientali e culturali; nel 1979 ha fondato il Comitato democratico contro l'emarginazione che ha condotto rilevanti campagne di solidarieta'; ha promosso e presieduto il primo convegno nazionale di studi sulla figura e l'opera di Primo Levi; nel 1987 ha coordinato per l'Italia la campagna di solidarieta' con Nelson Mandela allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano; nel 1999 ha ideato, promosso e realizzato l'esperienza delle "mongolfiere della pace" con cui ostacolare i decolli dei bombardieri che dalla base di Aviano recavano strage in Jugoslavia; nel 2001 e' stato l'animatore dell'iniziativa che - dopo la tragedia di Genova - ha portato alla presentazione in parlamento di una proposta di legge per la formazione delle forze dell'ordine alla nonviolenza; e' stato dagli anni '80 il principale animatore dell'attivita' di denuncia e opposizione alla penetrazione dei poteri criminali nell'Alto Lazio - e negli anni '90 ha presieduto la Commissione d'inchiesta ad hoc istituita dal Consiglio Provinciale di Viterbo -; dal 2000 e' direttore del notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Una sua lettera aperta del 3 luglio 2007 ha dato avvio al movimento che si oppone al devastante progetto del mega-aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo] Il 3 luglio 2007 inviai a qualche persona amica e ad alcuni giornali locali una lettera aperta intitolata "Contro l'aeroporto". Da essa inizio' quel percorso che avrebbe portato alla nascita del movimento di opposizione al mega-aeroporto a Viterbo. Il successivo 24 luglio con un'assemblea presso il centro sociale autogestito "Valle Faul" costituimmo il comitato che da allora ha saputo svolgere un efficace lavoro di informazione, documentazione, coscientizzazione; che ha saputo condurre una efficace lotta nonviolenta che fino ad oggi e' riuscita ad impedire che si realizzasse a Viterbo uno scempio e un crimine immane; che ha promosso a livello nazionale una consapevolezza ed un'iniziativa per la necessaria, urgente, drastica riduzione del trasporto aereo. Due anni di tenace impegno di molte e molti, in difesa della biosfera e dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Non sono stati sprecati. * Oggi a Viterbo Oggi a Viterbo e nell'Alto Lazio la stragrande maggioranza dei cittadini sa, per dirla con la formula sintetica del piu' recente appello cui hanno aderito centinaia e continaia di personalita' della scienza e della cultura, che "la realizzazione del mega-aeroporto avrebbe come immediate conseguenze: lo scempio dell'area del Bulicame e dei beni ambientali e culturali che vi si trovano; la devastazione dell'agricoltura della zona circostante; l'impedimento alla valorizzazione terapeutica e sociale delle risorse termali; un pesantissimo inquinamento chimico, acustico ed elettromagnetico che sara' di grave nocumento per la salute e la qualita' della vita della popolazione locale (l'area e' peraltro nei pressi di popolosi quartieri della citta'); il collasso della rete infrastrutturale dell'Alto Lazio, territorio gia' gravato da pesanti servitu'; uno sperpero colossale di soldi pubblici; una flagrante violazione di leggi italiane ed europee e dei vincoli di salvaguardia presenti nel territorio". La stragrande maggioranza dei cittadini di Viterbo e dell'Alto Lazio sa anche che occorre globalmente ridurre il trasporto aereo e non incrementarlo, poiche' esso e' corresponsabile in rilevante misura della piu' grave emergenza ambientale planetaria che l'umanita' intera deve affrontare: il surriscaldamento del clima. * Due anni dopo Due anni dopo, c'e' ancora da lottare per impedire definitivamente un crimine e una follia come il mega-aeroporto a Viterbo, ma credo sia a tutti evidente che l'impegno in difesa dell'ambiente e della salute, della verita' e dei diritti dei cittadini, e' ogni giorno piu' condiviso, e possiamo confidare che si possa riuscire infine - con l'aiuto di tutte le persone di volonta' buona e delle istituzioni fedeli alle leggi dello stato - sia a salvare l'area archeologica e termale del Bulicame dalla distruzione voluta da nuovi vandali, sia a salvare i viterbesi dal gravissimo avvelenamento che il mega-aeroporto comporterebbe. 7. DOCUMENTI. LA LETTERA APERTA DEL 3 LUGLIO 2007 Contro l'aeroporto Vorrei esprimere la mia contrarieta' al progetto dell'aeroporto a Viterbo. Occorrerebbe ridurre il trasporto aereo, non incrementarlo. Occorrerebbe diminuire i voli e rendere piu' sicuri gli aeroporti, non aumentarli. L'umanita' ha bisogno di piu' lentezza, non di piu' velocita'; di maggior sicurezza, non di maggior rischio. Il pianeta ha bisogno di rispetto e risanamento dell'ambiente, non di ulteriore inquinamento. * Porre la questione in termini di concorrenza campanilistica tra tre citta' (naturalmente ho letto l'interessante studio del Comitato per l'aeroporto di Viterbo, che presuppone la positivita' della scelta di incrementare il trasporto aereo e si concentra sull'argomentare in favore della localizzazione del terzo polo aeroportuale laziale a Viterbo rispetto a Frosinone e Latina) e' un modo per non porre il vero problema: servono davvero nuovi aeroporti? Non servirebbe invece piu' sicurezza, piu' qualita' dell'ambiente, un'economia piu' rispettosa della natura e delle persone? Il territorio viterbese ha bisogno di migliore mobilita' ferroviaria, di maggiori e migliori servizi sanitari e sociali, di una edilizia non speculativa e non devastante che garantisca una casa a tutti, della difesa dell'ambiente e dei beni naturali e culturali, del sostegno alle reali vocazioni produttive centrate sull'agricoltura, sull'artigianato, sui beni ambientali e culturali e quindi anche sull'ospitalita' che sono peculiari dell'Alto Lazio. Vale per il viterbese quello che vale ovunque: occorre un modello di sviluppo autocentrato con tecnologie appropriate. E vale per il mondo intero l'esigenza gia' segnalata da anni sia dagli studiosi che dalle conferenze istituzionali internazionali e dai protocolli in quelle sedi elaborati: l'esigenza di passare a un modello di mobilita' sostenibile, l'esigenza di ridurre le emissioni inquinanti, l'esigenza di una mobilita' che privilegi la sicurezza degli esseri umani e la difesa della biosfera. Il trasporto aereo, come quello automobilistico privato, va drasticamente ridotto, e non incentivato. Continuo a trovare assai persuasive le analisi di Ivan Illich e di Murray Bookchin, di Mohandas Gandhi e di Vandana Shiva, di Alexander Langer e di Guido Viale; ed alcune idee che in forma forse un po' semplificata propone da anni Serge Latouche (e con lui la scuola di pensiero del Movimento antiutilitarista nelle scienze sociali e della "teoria della decrescita" - che su questioni cruciali non e' poi cosi' lontana da alcune intuizioni formulate alcuni decenni fa anche dagli studi promossi dal Club di Roma di Aurelio Peccei). In anni che sembrano assai lontani solo perche' rapidamente dimenticati, molte persone di questa provincia si opposero a devastanti progetti e a umilianti servitu'. Di quelle esperienze di cui ebbi l'onore di essere uno degli animatori e' erede oggi ad esempio la lotta contro le centrali a carbone e quelle sui rifiuti in difesa del diritto alla salute e della legalita', quelle per difendere l'acqua come bene comune, ed altre esperienze ancora di limpido impegno civile. All'epoca argomentai in un'infinita' di articoli, relazioni, opuscoli, bibliografie ragionate le ragioni forti dell'opposizione alla devastazione dell'ambiente e come esse si intrecciassero all'impegno per la legalita' e contro i poteri criminali, e come esse si fondassero su un'analisi non campanilistica ma globale e solidale, fondata su quel "principio responsabilita'" acutamente tematizzato da Hans Jonas. * Last, but not least: da dieci anni non ho piu' incarichi pubblici e ho concentrato il mio impegno civile sulla questione che mi sembra decisiva nel tempo presente: l'opposizione alla guerra e la proposizione di una politica di pace con mezzi di pace, ovvero attraverso la scelta della nonviolenza. Se oggi torno ad occuparmi di una questione che potrebbe sembrare "locale" e' perche' in essa invece vedo implicate questioni generali, e mi sembra - ma posso sbagliarmi, da anni non seguo con adeguata attenzione le vicende locali - che non si siano levate fin qui altre voci a dichiarare con chiarezza una decisa opposizione esplicita ed argomentata alla proposta dell'aeroporto a Viterbo. Grazie per l'attenzione, cordialmente Peppe Sini Viterbo, 3 luglio 2007 8. RIFLESSIONE. STEFANO CATUCCI: FOUCAULT VENTICINQUE ANNI DOPO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 25 giugno 2009 col titolo "Foucault 25 anni dopo. La volonta' di dare forma al morire" e il sommario "Uscire dal mondo in punta di piedi fu la scelta del filosofo francese contro le pretese spettacolari di una societa' del controllo. Il corso terminato tre mesi prima di morire mostra una netta opposizione al tentativo di trasformare la sua ricerca in un corpo di dottrine. Nonostante cio' il suo pensiero rischia di venire cristallizzato in alcuni concetti chiave: biopolitica, cura di se', governamentalita', estetica dell'esistenza"] Venticinque anni fa, nel momento in cui Michel Foucault concludeva il corso Le courage de la verite', nessuno dei suoi ascoltatori al College de France immaginava che sarebbe stato l'ultimo. Malato di Aids, Foucault ne aveva rinviato l'inizio, cominciando a febbraio e non a gennaio, come d'abitudine, ma durante le lezioni non aveva mai dato segni di stanchezza. Spesso aveva anzi prolungato di una decina di minuti l'orario previsto e proprio in quei momenti aveva tentato qualcosa in piu' rispetto alla ricostruzione genealogica della nozione greca di parresia, il "parlar-franco" che era l'oggetto del corso. Il 29 marzo 1984, per esempio, nei dieci minuti supplementari Foucault aveva abbozzato una linea di ricerca che porta dall'antichita' ai nostri giorni, rintracciando la persistenza della parresia nei movimenti ascetici del Medioevo, nella pratica rivoluzionaria del XX secolo, infine nell'arte moderna. L'esigenza artistica di mettere la vita "a nudo" veniva allora presentata da Foucault come l'estrema versione di una forma di vita che ha bordeggiato la storia della filosofia occidentale, ma che gli storici hanno rimosso: quella di una verita' la cui affermazione rischia di ferire i contemporanei e si basa, percio', sul coraggio di sfidarne le conseguenze, siano esse l'isolamento, l'incomprensione o persino la morte. Solo due volte, nel corso, Foucault manifesta il bisogno di interrompersi senza seguire fino in fondo la traccia scritta che aveva preparato (riprodotta da Frederic Gros nell'apparato critico dell'edizione uscita in Francia qualche mese fa). * Le ultime parole La prima lamenta una febbre, la seconda la mancanza di tempo: e' l'ultima lezione e sono le ultime parole da lui pronunciate nell'aula 8 dell'edificio in rue de l'Universite': "Avevo ancora delle cose da dire sul quadro generale di queste analisi. Ma e' troppo tardi. Allora grazie". Parole ovvie, banali, come se ne dicono sempre alla fine di un corso, niente di paragonabile al simbolismo enigmatico dell'ultima frase di Socrate da lui lungamente commentata in quelle settimane ("Critone, dobbiamo un gallo a Esculapio. Paga il debito, non dimenticare"), e tuttavia parole che la morte di Foucault carica, inevitabilmente, di significato: non c'e' stato piu' tempo, dopo quel momento, e cio' che egli ancora aveva da dire e' rimasto sospeso, indeterminato, reso a volte meno vago proprio dalla lettura dei corsi finora pubblicati, ma paradossalmente avviato a cristallizzarsi intorno a un nucleo dottrinario formato da una serie di concetti-chiave: biopolitica, governamentalita', cura di se', estetica dell'esistenza. Difficile capire quanto fosse consapevole della sua malattia. Nella cronologia redatta da Daniel Defert per l'edizione francese dei Dits et ecrits (1994) si legge che negli ultimi mesi del 1983 aveva avuto il sospetto di aver contratto l'Aids, ma che all'inizio dell'anno nuovo una robusta cura di antibiotici gli aveva restituito energia e buonumore, permettendogli di programmare l'inizio del corso e spazzando via i suoi timori. Gia' a marzo, pero', di fronte alle esitazioni dei medici, Foucault era sembrato arrendersi: non chiedeva una diagnosi che, del resto, non gli veniva data e non aveva altra domanda se non quella sul tempo che gli restava. Qualche mese prima aveva cominciato a tradurre insieme a Martin Ziegler un saggio di Norbert Elias, La solitudine del moribondo (Die Einsamkeit des Sterbendes) e la morte, il modo di affrontarla secondo i crismi di una vita filosofica, sarebbe stata al centro anche delle sue lezioni, dando loro retrospettivamente un'intonazione testamentaria. Alcuni dei suoi amici piu' stretti non osavano porgli domande dirette, ma cercavano di strappargli magari obliquamente una spiegazione. * Una esistenza estetica Paul Veyne, molto vicino a Foucault anche come consulente per i suoi studi sul mondo antico, gli chiese se da storico della medicina egli ritenesse che l'Aids fosse davvero una malattia o non piuttosto una leggenda moralizzatrice. "Esiste davvero", rispose Foucault, "non e' una leggenda", e aggiunse di avere affrontato a fondo l'argomento. Altre parole, pero', non vennero spese da lui sull'argomento e il romanzo All'amico che non mi ha salvato la vita di Herve' Guibert, pubblicato nel 1990, lascia pensare che avesse un rapporto di scarsa o rimossa coscienza con il male che lo affliggeva. Ancora Paul Veyne ricorda di avere avuto in quei mesi un dialogo con lui a proposito delle ricerche di Philippe Aries sulle cerimonie funebri nel Medioevo. "Preferisco", avrebbe detto Foucault, "la tristezza dolce della sparizione a qualsiasi tipo di cerimonia", quasi che l'unico compito da perseguire fosse quello di dare senso alla cancellazione, di renderla bella, senza alcun resto da consumare ritualmente. Nell'ultimo corso Foucault tocca di frequente il problema di una bellezza legata piu' alla vita, all'esistenza, e conseguentemente anche alla morte, che non al campo di quelle pratiche tanto care all'Occidente moderno e identificate, dal Rinascimento in poi, con l'opera d'arte. Bisognerebbe scrivere, diceva, una storia dell'esistenza come "oggetto di elaborazione e di percezione estetica", problema delineato nettamente nel pensiero greco ma successivamente ricoperto da un'altra bellezza, quella che la modernita' ha attribuito in via esclusiva "alle cose e alle parole". Foucault non ha avuto il tempo di scriverla, noi non abbiamo la possibilita' di spiarne le tracce nel silenzio che ha accompagnato la sua fine. Nel 1978, ricorda Daniel Defert, Foucault aveva evocato "il gioco del sapere e del silenzio che il malato accetta per rimanere padrone del suo rapporto segreto con la propria morte". Venticinque anni dopo la sua scomparsa, l'aver tenuto alla segretezza di questo rapporto e' ancora ragione di scandalo presso i molti che avrebbero preferito vederlo ergersi pubblicamente a testimone, proprio come avrebbe fatto qualche anno dopo Herve' Guibert. L'esposizione di se' era pero' una tecnica che Foucault aveva analizzato nei testi e nelle pratiche del cristianesimo primitivo, una riproduzione rituale del martirio molto lontana dalla visione dell'esistenza che Foucault legava alla bellezza, nella quale non solo l'autonomia etica, ma anche la gelosa conservazione di un margine di segretezza, di opacita' allo sguardo altrui, giocano un ruolo fondamentale. In una serie di conferenze tuttora inedite, pronunciate nel 1981 all'Universita' Cattolica di Lovanio (Mal faire, vrai dire), Foucault aveva trovato nel De pudicitia di Tertulliano una compiuta teorizzazione di quel modo di esporsi davanti alla comunita' che in latino veniva reso con l'espressione publicatio sui, una maniera di teatralizzare la penitenza tramite un atto di mortificazione, l'offerta al pubblico del proprio statuto di peccatore. "Si uccide in se' questo mondo di morte che non si era voluto lasciare peccando", commenta Foucault, "ci si mostra per quello che si e': morti al peccato e pronti a morire per non peccare piu'". Se si confrontano queste osservazioni con quelle che anni prima, nel corso intitolato Gli anormali (1975), aveva dedicato alla questione del segreto, si comprende la refrattarieta' filosofica di Foucault, dunque non solo personale o idiosincratica, a manifestare la propria malattia, indipendentemente da quanto ne fosse o volesse esserne a conoscenza. L'invisibilita', la cancellazione, il silenzio, diventano cosi' la posta in gioco di un comportamento che non vuole spacciare la sua singolarita' come caso esemplare, non vuole ergersi a "guida" intellettuale o morale nemmeno nell'atto della morte, come se uscire dal mondo in punta di piedi, piuttosto che in pompa magna, fosse un modo per sottrarsi alle pretese spettacolari di una societa' del controllo. All'origine del modello panottico del potere, aveva spiegato in Sorvegliare e punire, c'era stata nel Settecento l'esperienza del serraglio che Le Vaux aveva costruito a Versailles per Luigi XIV, nel quale gli animali erano per la prima volta rinchiusi in gabbie raccolte intorno a un salone da cui il re poteva osservarli. Il potere moderno e' uno sviluppo di questo modello naturalista, "il Panopticon e' un serraglio" dove l'animale "e' sostituito dall'uomo", il raggruppamento delle specie "dalla distribuzione individuale", il re "dall'apparato di un potere furtivo" rendersi invisibile al quale diventa un principio di resistenza. All'indomani della sua morte il quotidiano "Le Monde" rivelo' essere proprio Foucault il filosofo che nel 1980 aveva preteso l'anonimato come condizione per la pubblicazione di un'intervista (Il filosofo mascherato). Molto piu' del silenzio con il quale ha circondato i suoi ultimi giorni, ad ogni modo, un quarto di secolo dopo la sua morte chi continua a far rumore e' il pensiero di Foucault, il rigore di un atteggiamento critico trasformato in forma di vita e consapevolmente rivendicato come tale. Il corso terminato tre mesi prima di morire mostra con evidenza la sua netta opposizione al tentativo di trasformare la sua ricerca in un corpo di dottrine. Foucault, piuttosto, rilancia un progetto di filosofia critica dandogli un accento nuovo, dovuto all'assorbimento di quello che egli chiama un "atteggiamento parresiastico". Se a partire dalla sua fondazione in Socrate e in Platone il discorso filosofico non pone mai una domanda sulla verita' senza interrogarsi, al tempo stesso, sull'etica e sulla politica, sul governo e sulle pratiche di soggettivazione, allora, afferma Foucault, si possono distinguere nella storia atteggiamenti filosofici molto diversi tra loro. * L'allucinazione di Paul Veyne C'e' un "atteggiamento profetico" che consiste nel superare il limite del presente e nel promettere la riconciliazione a venire della verita', della politica e dell'etica. C'e' una "saggezza filosofica" che afferma l'unita' fondamentale di questi tre ambiti, e simmetricamente un "atteggiamento tecnico" che tende, invece, a definire la loro separazione irriducibile: da una parte le condizioni formali della verita', la logica, dall'altra le forme migliori per l'esercizio del potere, dall'altra ancora i principi della condotta morale. Di fronte a queste linee di sviluppo della filosofia, l'"atteggiamento parresiastico" si distingue perche' riconduce - "ostinatamente e sempre ricominciando da capo" - il problema della verita' a quello delle sue "condizioni politiche" e a quello della "differenziazione etica", il problema del potere al "suo rapporto con la verita' e con il sapere da un lato, a quello con la differenziazione etica dall'altro", la questione del soggetto morale a quella "del discorso vero nel quale un tale soggetto si costituisce e delle relazioni di potere nelle quali esso si forma". E' a questo livello, come nota Frederic Gros, che Foucault colloca il suo contributo ed e' per questo che, davanti a chi lamenta la mancanza nel suo pensiero di una "vera" filosofia della conoscenza, o di una "vera" morale, si puo' rispondere, come fa Gros: "fortunatamente", perche' la sua idea e' quella di non concepirli come ambiti autonomi, giustapposti, da esaurire in modo metodico e isolato uno per volta, ma come nodi di una rete che si caratterizza per la reciprocita' dei loro rapporti. Il giorno in cui Foucault mori', Paul Veyne racconta di avere avuto un'allucinazione. Le ultime notizie non erano buone, i medici della Salpetriere, dov'era ricoverato, non sapevano piu' che fare. L'unica consolazione era stata ricevere in ospedale le prime copie dei suoi nuovi libri, L'uso dei piaceri e La cura di se', non ancora usciti in libreria. In autostrada Veyne si vide superato a gran velocita' da un'auto che non riconobbe subito per quello che era, un carro funebre. A guidarlo era proprio Foucault: Veyne lo vide rivolgergli un sorriso subito prima di accorgersi che stava sognando a occhi aperti. La visione, pero', "aveva l'ingegnosita' allegorica dei sogni vicini al momento del risveglio": Foucault stava andando dove andremo tutti, ma la sua intelligenza ci superava tutti con l'eleganza di un ultimo sorpasso. Venticinque anni dopo, ogni volta che lo leggiamo, abbiamo sempre l'impressione che non abbia ancora smesso di superarci in velocita'. * Postilla. Passaggi della vita e delle opere di Foucault Filosofo, archeologo dei saperi, saggista letterario, professore al College de France, tra i grandi pensatori del XX secolo Foucault fu l'unico che realizzo' il progetto storico-genealogico ideato da Nietzsche, che segnalava come mancasse ancora una storia della follia, del crimine e del sesso. Foucault in effetti studio' lo sviluppo delle prigioni, degli ospedali, delle scuole e di altre grandi organizzazioni sociali. Sua e' la teorizzazione che vide il modello del Panopticon, ideato da Jeremy Bentham, come applicabile alla societa' moderna. La produzione di Foucault puo' essere divisa in due periodi: il primo relativo alle teorie raccolte in Storia della follia nell'eta' classica, Nascita della clinica, Le parole e le cose e L'archeologia del sapere. In queste opere Foucault propone un'analisi che definisce "archeologica" dei processi di costituzione e di formazione del sapere in un certo momento, in un certo luogo, per una certa disciplina. In particolare Foucault analizza il formarsi del campo di studi delle "scienze umane". ll secondo periodo della sua produzione e' invece direttamente interessato all'esercizio del potere e al suo funzionamento. Importanti sono anche gli studi di Foucault sulla sessualita', e sul tema della conoscenza. 9. STRUMENTI. LA NEWSLETTER SETTIMANALE DEL CENTRO STUDI "SERENO REGIS" DI TORINO Segnaliamo la newsletter settimanale del Centro studi "Sereno Regis" di Torino, un utile strumeno di informazione, documentazione, approfondimento curato da uno dei piu' importanti e piu' attivi centri studi di area nonviolenta in Italia. Per contatti e richieste: Centro Studi "Sereno Regis", via Garibaldi 13, 10122 Torino, tel. 011532824 e 011549004, fax: 0115158000, e-mail: info at serenoregis.org, sito: www.serenoregis.org 10. RILETTURE. FRANCA D'AGOSTINI: FILOSOFIA ANALITICA Franca D'Agostini, Filosofia analitica. Analizzare, tradurre, interpretare, Paravia, Torino 1997, pp. 216. Una utile introduzione, con un'ampia antologia. 11. RILETTURE. ELEONORA MISSANA: L'ETICA NEL PENSIERO CONTEMPORANEO Eleonora Missana, L'etica nel pensiero contemporaneo, Paravia, Torino 2000, pp. 212. Una utile introduzione, con un'ampia antologia. 12. RILETTURE. ELENA SOETJE: LA RESPONSABILITA' DELLA VITA. INTRODUZIONE ALLA BIOETICA Elena Soetje, La responsabilita' della vita. Introduzione alla bioetica, Paravia, Torino 1997, pp. 138. Una utile introduzione, con un'ampia antologia. 13. RILETTURE. PAUL MATTICK: CRITICA DEI NEOMARXISTI Paul Mattick, Critica dei neomarxisti, Dedalo, Bari 1979, pp. 384. In questa raccolta - articolata in due sezioni: "Critica dei neomarxisti" e "Marxismo e scienza borghese" - di saggi scritti in un ampio arco di tempo, dagli anni '30 agli anni '70, Mattick (1904-1981), valoroso militante del movimento operaio ed acuto pensatore marxista della "corrente calda" consiliare, discute appassionatamente - come si faceva una volta - le opere di riflessione politica, sociologica ed economica di vari autori (Hook, Gillman, Baran e Sweezy, Mandel, Mannheim, Leontief, Myrdal, Samuelson) e nell'ultimo saggio incluso nella raccolta (un saggio originariamente pubblicato nel '62) contribuisce anche al dibattito su "Il marxismo e la nuova fisica". E' ancora un utile libro. 14. RILETTURE. PAUL MATTICK, CHRISTOPH DETSCHMANN, VOLKHARD BRANDES: CRISI E TEORIE DELLA CRISI Paul Mattick, Christoph Deutschmann, Volkhard Brandes, Crisi e teorie della crisi, Dedalo, Bari 1979, pp. 240. Gran parte del volume (le prime 180 pagine) consiste di un ampio saggio di Mattick, ed alla discussione delle tesi di Mattick sono dedicate sostanziose parti dei saggi degli altri due autori nel volume proposti. 15. RILETTURE. CLAUDIO POZZOLI (A CURA DI): IL COMUNISMO DIFFICILE Claudio Pozzoli (a cura di), Il comunismo difficile. I comunisti dei consigli e la teoria marxiana dell'accumulazione e delle crisi, Dedalo, Bari 1976, pp. 240. Dedicato a Paul Mattick, il volume reca saggi di Claudio Pozzoli, Federico Hermanin, Giacomo Marramao, Christoph Deutschman, Mario Cogoy, Paul M. Sweezy e una bibliografia essenziale sul comunismo dei consigli e Mattick. 16. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 17. PER SAPERNE DI PIU' Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 871 del 4 luglio 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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