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Minime. 817
- Subject: Minime. 817
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Mon, 11 May 2009 00:55:34 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 817 dell'11 maggio 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Il governo hitleriano. E tu contrastalo 2. Caterina Pasolini intervista Laura Boldrini 3. Sara Prestianni: Testimonianze di donne migranti detenute nei campi di concentramento libici 4. Francesco Viviano: Salvateci 5. Per la messa fuorilegge dell'organizzazione razzista denominata Lega Nord 6. Per la solidarieta' con la popolazione colpita dal terremoto 7. Claudio Toscani intervista Antonia Arslan 8. Il 5 per mille al Movimento Nonviolento 9. Emuli 10. Stella Morra presenta alcuni libri recenti 11. Riedizioni: Joanna Bourke, La seconda guerra mondiale 12. La "Carta" del Movimento Nonviolento 13. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. IL GOVERNO HITLERIANO. E TU CONTRASTALO Il governo si appresta ad imporre al Parlamento, con voto di fiducia, l'approvazione di un provvedimento razzista e golpista, che introduce il regime dell'apartheid, che fa strame del diritto e dell'umana dignita', che viola la civilta' giuridica e l'ordinamento democratico. Un provvedimento in relazione al quale sono state giustamente evocate le leggi razziali del '38 e la barbarie nazista. E mentre quel voto si avvicina il governo gia' viola il diritto internazionale e la legalita' costituzionale deportando profughi innocenti e gettandoli nelle mani di crudeli aguzzini. Mentre quel voto si avvicina Berlusconi lancia ulteriori proclami razzisti e la Lega gia' propone altre folli e criminali iniziative segregative. Frattanto l'Italia e' in guerra in Afghanistan, una guerra terrorista e stragista, immorale e illegale, mafiosa e razzista. E' in corso un colpo di stato. Resistere occorre. Adesso. Difendere occorre la Costituzione della Repubblica Italiana, le Convenzioni internazionali di protezione degli esseri umani anche dall'Italia sottoscritte. Difendere occorre il diritto e la civilta'. Difendere occorre la vita, i diritti, la dignita' degli esseri umani che i nazisti al governo stanno gia' perseguitando. * Il parlamento respinga lo scellerato progetto del governo hitleriano. La comunita' internazionale denunci e sanzioni la criminale politica di deportazioni del governo hitleriano al potere in Italia. Il popolo italiano insorga, con la forza della democrazia e con la scelta della nonviolenza, in difesa della legalita' e dell'umanita'. 2. UNA SOLA UMANITA'. CATERINA PASOLINI INTERVISTA LAURA BOLDRINI [Dal quotidiano "La Repubblica" del 10 maggio 2009 col titolo "L'Onu: rispettate il diritto d'asilo. Nei centri libici controlli difficili" e il sommario "L'allarme di Laura Boldrini, portavoce dell'Unhcr: non si possono respingere i profughi. I migranti ci parlano del loro viaggio attraverso il deserto e verso l'Italia come di un inferno"] Lei, che di rifugiati si occupa per l'Alto Commissariato, che conosce i campi nel mondo dove vengono rinchiusi, e' preoccupata. Misura le parole ma mette dei paletti Laura Boldrini, portavoce dell'Unhcr, l'agenzia Onu. * - Caterina Pasolini: L'Italia non rispetta diritti e convenzioni? - Laura Boldrini: Respingere in Libia gli immigrati entra in rotta di collisione col diritto di asilo, cosi' come e' regolato da leggi nazionali, europee ed internazionali. Esiste infatti il principio del non respingimento nel caso di gente bisognosa di protezione. * - Caterina Pasolini: Il governo dice che sono clandestini. - Laura Boldrini: Non lo sono. Il piu' delle volte sono rifugiati e lo dimostra il fatto che la meta' di quelli che arrivano a Lampedusa e chiede asilo lo ottiene dall'Italia dopo un accurato lavoro che vede la collaborazione di prefetti e dell'Unhcr in 15 commissioni. Ecco, vorremmo che si intensificasse la collaborazione che c'e' sempre stata col governo italiano. * - Caterina Pasolini: E la Libia? - Laura Boldrini: La Libia non ha firmato la convenzione di Ginevra sui diritti dei rifugiati, non ha un sistema di asilo in linea con gli standard previsti e non possiamo entrare in tutti i centri di detenzione. * - Caterina Pasolini: Quindi? - Laura Boldrini: Non siamo in grado di garantire la loro effettiva protezione se vengono rispediti in Libia, dove stiamo lavorando per avere un riconoscimento formale della nostra presenza potendo cosi' entrare nei centri. * - Caterina Pasolini: Cosa raccontano i richiedenti asilo? - Laura Boldrini: Parlano del loro viaggio attraverso il deserto, in Libia e verso l'Italia, come di un inferno, dove hanno subito trattamenti disumani, violenze, abusi. Soprattutto le donne. E quando sono nei centri di detenzione tutto e' discrezionale, non hanno certezza del diritto ne' di quanto ci resteranno. * - Caterina Pasolini: Che fare? - Laura Boldrini: Visto che sono stati mandati in un paese che non ha firmato la convenzione di Ginevra, per l'Unhcr sarebbe importante che l'Italia ottenga dalla Libia delle rassicurazioni che le persone bisognose di protezione non verranno rimandate nei paesi di origine da cui sono fuggite a causa di persecuzione. In passato purtroppo ci sono state situazioni di questo genere e di alcuni non si e' mai piu' saputo nulla. * - Caterina Pasolini: Cosa dice l'Europa? - Laura Boldrini: Il diritto europeo in materia di asilo fa capo alla convenzione di Ginevra, al principio di non respingimento. La corte di Strasburgo per i diritti umani ha poi detto che non si puo' espellere persone verso paesi dove c'e' il rischio che vengano torturate o siano oggetto di trattamenti degradanti. E' questo vale anche quando si respinge. 3. UNA SOLA UMANITA'. SARA PRESTIANNI. TESTIMONIANZE DI DONNE MIGRANTI DETENUTE NEI CAMPI DI CONCENTRAMENTO LIBICI [Dal sito www.storiemigranti.org riprendiamo le seguenti interviste raccolte a Lampedusa nell'agosto 2007 da Sara Prestianni, col titolo "Donne nelle prigioni libiche"] Fatawhit, Eritrea: "Avevamo gia' lasciato le coste libiche da tre giorni, quando siamo arrivati all'altezza delle piattaforme petrolifere. D'un tratto in mezzo al mare sorgono delle piattaforme immense da cui escono lingue di fuoco. Proprio da la' e' uscita una nave che ci ha accostato. Non so di quale paese fosse, credo che l'equipaggio fosse per meta' libico e per meta' italiano. E' stata quella barca che ci ha scortato fino alle coste libiche e ci ha lasciato nelle mani della polizia. Siamo stati prima portati per due mesi alla prigione di Djuazat, un mese a Misratah e otto mesi a Kufra. Il trasferimento da una prigione all'altra si effettuava con un pulmino dove erano ammassate 90 persone. Il viaggio e' durato tre giorni e tre notti, non c'erano finestre e non avevamo niente da bere. Ho visto bere l'urina. A Misratah ho visto delle persone morire. A Kufra le condizioni di vita erano molto dure, in tutto c'erano 250 persone, 60 per stanza. Dormivamo al suolo, senza neanche un materasso, c'era un solo bagno per tutti e 60, ma si trovava all'interno della stanza dove regnava un odore perenne di scarico. Era quasi impossibile lavarsi, per questo molte persone prendevano le malattie. Mangiavamo una sola volta al giorno, quasi sempre riso. Ho visto molte donne violentate, i poliziotti entravano nella stanza, prendevano una donna e la violentavano in gruppo davanti a tutti. Non facevano alcuna distinzione tra donne sposate e donne sole. Molte di loro sono rimaste incinta e molte di loro sono state obbligate a subire un aborto, fatto nella clandestinita', mettendo a forte rischio la propria vita. Una volta c'era un ragazzo che ha cercato di scappare, voleva tornare nel suo paese, non riusciva piu' a sopportare le condizioni di vita della prigione. Lo hanno preso e lo hanno picchiato tanto da spezzargli le ossa, per poi lasciarlo andare. L'unico metodo per uscire dalle prigione libiche e' pagare". * Saberen, Eritrea: "Siamo stati arrestati quando la nostra barca aveva lasciato le coste libiche da circa un'ora. La polizia ci ha intercettato, ci ha riportato a riva e la' ha cominciato a picchiarci. Le violenze sono continuate anche nella prigione in cui siamo stati portati: Djuazat. Sono rimasta li' per un mese e mezzo. Una volta stavo cercando di difendere mio fratello dai colpi di manganello e hanno picchiato anche me, sfregiandomi il viso. Una delle pratiche utilizzate in questa prigione era quella delle manganellate sulla palma del piede, punto particolarmente sensibile al dolore. Per uscire ho dovuto pagare 500 dollari, in piu' prima di uscire mi hanno rubato i gioielli e gli ultimi soldi che mi restavano". * Selam, Etiopia: "Ho vissuto due anni in Libia. Sono stata arrestata tre volte dalla polizia, la prima volta quando stavo attraversando il deserto, alla frontiera tra Sudan e Libia, due volte quando stavo in casa. Sono stata detenuta un mese nella prigione di Kufra. Dormivo in camerate con altre 50/60 persone, donne e uomini, sul suolo. Ci davano solo dell'acqua salmastra e del pane. Ho assistito alla stupro di una donna. Spesso sono in quattro o cinque poliziotti che violentano una sola donna. Molte rimangono incinta. Molte donne sono morte in seguito agli aborti". * Araya, Etiopia: "Ho vissuto due anni in Libia, sono stata arrestata tre volte. Sono stata detenuta in una prigione vicino a Tripoli. Durante la detenzione ho subito una violenza sessuale da parte dei poliziotti. Erano in piu' di due. Quasi tutte le donne che sono detenute nelle prigioni libiche subiscono delle violenze sessuali da parte della polizia, forse le uniche che sono risparmiate sono le donne con dei figli molto piccoli". * Wendummo, Eritrea: "Ho vissuto tre anni in Libia. Sono stata arrestata in tutto cinque volte: una volta durante il viaggio, nel deserto, due volte quando mi trovavo in casa, una volta quando ero sulla costa aspettando la barca e una volta dopo dieci ore di viaggio in mare, siamo stati intercettati e riportati sulla costa. Ad ogni arresto seguivano uno o due mesi di prigione. Sono stata nella prigione di Kufra e Misratah. A Misratah eravamo 80 donne e 60 uomini nello stesso stanzone, dormendo al suolo. Ho visto piu' volte mio marito farsi picchiare dalla polizia, ma non potevo fare niente, perche' se no avrebbero fatto anche a me quello che stavano facendo a lui. Nel viaggio che mi ha portato a Lampedusa ero sola con mia figlia di 19 giorni, mio marito e' rimasto in Libia". * Hewat, Etiopia: "Ho vissuto due anni in Libia, durante i quali ho subito tre controlli della polizia. La prima volta ero in viaggio, alla frontiera con la Libia, mi hanno arrestata e incarcerata a Kufra. La seconda volta ero in una casa dove avevano radunato tutti coloro che si dovevano imbarcare a breve. La polizia libica ha fatto una retata, sono entrati in casa. Hanno cominciato a picchiare mio marito, ho cercato di fermarli ed hanno picchiato anche me, mi hanno gettata al suolo. Ero incinta e subito dopo ho perso il mio bambino a causa dei colpi. La terza volta sono riuscita a imbarcarmi ma dopo 10 ore di viaggio la barca si e' rotta, la polizia libica ci intercetta, ci riporta sulla costa e siamo tutti trasferiti nella prigione di Djuazat". 4. UNA SOLA UMANITA'. FRANCESCO VIVIANO: SALVATECI [Dal quotidiano "La Repubblica" del 10 maggio 2009 col titolo "Dalla prigione l'appello dei dannati: Ci trattano come bestie, salvateci" e il sommario "Parla un immigrato nigeriano respinto con altri duecento sulle coste della Libia. Il presidente del Consiglio dei rifugiati: Non ci autorizzano ad entrare nei centri"] "Due donne sono morte, sono morte poco dopo che siamo sbarcati a Tripoli dalle motovedette italiane. Erano sfinite, come tanti altri... Ci hanno lasciati sulla banchina, sotto il sole per ore e ore. E quelle due donne, trascinate sulla banchina, non ce l'hanno fatta. Altri due uomini sono in fin di vita. Aiutateci, veniteci a salvare, vi chiediamo di avere pieta'. Ci sono altre donne e dei bambini, non lasciateci qui". Il grido di dolore, di disperazione, arriva da una prigione libica, a Al Zawia, a pochi chilometri da Tripoli, dove da giovedi' scorso si trovano rinchiusi decine di immigrati "respinti" dalle motovedette della Guardia di Finanza e dalla Guardia Costiera, che inizialmente li avevano soccorsi a bordo di tre barconi nel Canale di Sicilia. L'uomo che parla e' un nigeriano, ha 22 anni, e' con la moglie di 18 anni, che ha abortito dopo i giorni in mare e ora nella prigione libica. E tra le donne rispedite a Tripoli, due, come conferma Christopher Hein, presidente del Cir (Consiglio italiano per i rifugiati) erano incinte. "Una di loro - afferma Hein - era in gravi condizioni. Il rappresentante a Tripoli del Cir ha visto che e' stata trasferita d'urgenza in un ospedale di Tripoli. Finora nessuno degli esponenti delle organizzazioni umanitarie ha avuto la possibilita' di entrare nei centri e vedere cosa accade. Le autorita' libiche non ci hanno concesso i permessi, le pratiche burocratiche sono lunghe e difficili. Sono seriamente preoccupato". Ma come sono morte queste donne? Chiediamo al "prigioniero": "Sono morte alcune ore dopo essere state lasciate sulla banchina insieme agli altri. I militari libici trascinavano le donne che erano prive di sensi per la stanchezza mentre altri, anche loro svenuti, venivano lasciati a terra senza nessuna assistenza. Adesso ci hanno ammassato in queste prigioni, stanno separando i cristiani dai musulmani e abbiamo molta paura. La polizia libica e quella italiana lavoravano insieme, gli italiani ci hanno salvati ma poi ci hanno lasciati a Tripoli". Il caos che regna dentro la prigione arriva anche alle nostre orecchie, l'uomo parla tentando di non farsi vedere dai militari libici. "Sono cattivi qui, non ci danno da mangiare, ci trattano come animali. Stiamo soffrendo tutti, in questo momento ci sono due uomini privi di conoscenza a causa della grande fatica che abbiamo affrontato e delle botte dei poliziotti. Vi preghiamo: fate qualcosa. Fateci andare via da qui, qualsiasi posto va bene per noi, abbiamo bisogno di voi ora, stiamo soffrendo". Spesso la conversazione telefonica e' disturbata, cade la linea, riproviamo a chiamare e per fortuna il "prigioniero" ci risponde. Il suo nome e' contenuto nella lunga lista dei 238 (e non 223 come detto dalle fonti italiane) extracomunitari rispediti in Libia, quasi tutti nigeriani, etiopi, eritrei e somali. Ci dice che e' nigeriano e che, come tutti gli altri, prima di arrivare in Libia ha fatto un lungo viaggio con la moglie. "Siamo stati in Libia tanto tempo, ci maltrattavano, e quando finalmente ci hanno concesso di partire l'abbiamo fatto, ma e' stato tutto inutile. Molti di noi sono morti durante la traversata del deserto e quelli che sono sopravvissuti speravano di avere finalmente raggiunto l'Italia". Il nostro interlocutore ci comunica che uomini e donne sono rinchiusi in prigioni separate. "Anche mia moglie e' stata portata via, ho paura che possano farle del male come spesso e' accaduto a tante donne che sono state in Libia. Molte di loro vengono violentate e restano anche incinte. Mia moglie l'ho sempre protetta, ma adesso e' sola e non so cosa possa accadere. Vi supplichiamo, aiutateci, non ci abbandonate". La conversazione con il "prigioniero" nigeriano si conclude con una frase paradossale: "Grazie - dice al cronista - e che Dio vi benedica". 5. INIZIATIVE. PER LA MESSA FUORILEGGE DELL'ORGANIZZAZIONE RAZZISTA DENOMINATA LEGA NORD [Riproponiamo il seguente appello] Al Presidente della Repubblica Italiana Al Presidente del Senato della Repubblica Al Presidente della Camera dei Deputati Oggetto: Richiesta di iniziativa per la messa fuorilegge dell'organizzazione razzista denominata Lega Nord Egregi Presidenti, ci rivolgiamo a voi come massime autorita' dello Stato per richiedere un vostro intervento al fine della messa fuorilegge dell'organizzazione razzista denominata Lega Nord. Tale organizzazione, che pur essendo assolutamente minoritaria nel Paese e' riuscita ad ottenere nel governo nazionale l'affidamento di decisivi ministeri a suoi rappresentanti, persegue e proclama una politica razzista incompatibile con la Costituzione della Repubblica Italiana, con uno stato di diritto, con un ordinamento giuridico democratico, con un paese civile. Ritenendo che vi siano i presupposti per un'azione delle competenti magistrature che persegua penalmente sia i singoli atti e fatti di razzismo, sia l'azione organizzata e continuata e quindi l'associazione a delinquere che ne e' responsabile, con la presente chiediamo un vostro intervento affinche' si avviino le procedure previste dalla vigente normativa al fine della messa fuorilegge dell'organizzazione razzista denominata Lega Nord e della punizione ai sensi di legge di tutti gli atti delittuosi di razzismo da suoi esponenti promossi, commessi, istigati o apologizzati. Con osservanza, Peppe Sini, responsabile del "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo Viterbo, 27 febbraio 2009 6. RIFERIMENTI. PER LA SOLIDARIETA' CON LA POPOLAZIONE COLPITA DAL TERREMOTO Per la solidarieta' con la popolazione colpita dal sisma segnaliamo particolarmente il sito della Caritas italiana: www.caritasitaliana.it e il sito della Protezione civile: www.protezionecivile.it, che contengono utili informazioni e proposte. 7. LIBRI. CLAUDIO TOSCANI INTERVISTA ANTONIA ARSLAN [Dal mensile "Letture" n. 657 del maggio 2009 col titolo "Antonia Arslan: io, cantastorie di un genocidio" e il sommario "La scrittrice italiana di origine armena pubblica con La strada di Smirne il sequel alla tragica vicenda del genocidio armeno raccontata in La masseria delle allodole. Un romanzo per narrare al meglio una realta' storica"] Subito si sa che questo ultimo romanzo di Antonia Arslan, La strada di Smirne (Rizzoli, pp. 286, euro 18,50), riprende da dove concludeva La masseria delle allodole, libro del 2004, prestigiosa "traslazione" narrativa del terribile genocidio degli armeni avvenuto nel 1915. I soprusi su questo popolo non terminarono, infatti, con quella sia pur tragica congiuntura, perche' la tragedia non si era ancora storicamente del tutto compiuta. Vero che Shushanig e i suoi quattro figli si erano, alla fine del racconto precedente, lasciati alle spalle le atrocita' che avevano sconvolto la loro vita e sterminato i loro cari, ma anche in questa nuova vicissitudine la speranza di ricostruire un futuro compromesso cade ancora una volta in frantumi. * - Claudio Toscani: Il libro di oggi sembra piu' una replica che un seguito. - Antonia Arslan: In realta' e' proprio il seguito, perche' se il genocidio, come sterminio programmato di un popolo intero, venne attuato con estrema determinazione e ferocia fra il 1915 e il 1916, poi la guerra duro' fino al novembre 1918. La minoranza armena nell'impero ottomano contava nel 1915 circa due milioni di persone, e ne furono sterminati circa un milione e mezzo. I superstiti, riusciti a sopravvivere in qualche modo, alla fine della guerra (che per l'Impero coincide con l'armistizio di Mudros nell'ottobre 1918) cercarono di ritornare alle loro case, nei loro paesi. I quattro bambini della mia famiglia, con la madre Shushanig, rimasero nascosti per un anno in una cantina di Aleppo, poi furono imbarcati per l'Italia, verso Venezia, con passaporti falsi, e io racconto il loro viaggio (la madre muore il primo giorno di navigazione, si lascia andare a raggiungere il suo amato Sempad appena i figli sono in salvo, e questo e' un fatto storico). Ma racconto anche il tentativo di un parente di ritornare nella piccola citta', e le avventure di Ismene, Isacco e Nazim, che finiscono tutti a Smirne, dove sono testimoni e vittime del tragico incendio che distrusse anche la civilta' greca d'Anatolia. * - Claudio Toscani: Lei dice all'ultima riga del libro che un romanzo e' l'opera di un cantastorie innamorato che non indaga la Storia ma amorosamente racconta le verosimili storie dei suoi personaggi. "Un" romanzo, forse, ma non "questo". - Antonia Arslan: Che cosa risponderle? Che io non sono uno storico di professione, forse, ma ho l'orgoglio dei cantastorie? Certo, queste storie, queste memorie, tramandano molte verita' che a volte gli storici ignorano... * - Claudio Toscani: Lei narra di questa gente, mai esente da persecuzione, con verticale affondo nelle vicissitudini individuali o al massimo familiari. Perche' si tiene lontano dal coinvolgere nella narrazione i grandi responsabili di questo martirio? - Antonia Arslan: Probabilmente, per la prospettiva "dal basso" da cui racconto, che non pretende di vedere tutte le trame degli uomini illustri e delle nazioni, ma vede il risultato delle manovre dei Grandi sulle vite e sui destini dei Piccoli. E anche perche' la prospettiva armena insegna parecchie cose sugli improvvisi capovolgimenti dei destini degli uomini: ci furono nel 1915 persone di etnia armena, ma ormai cittadini europei o americani, che erano nell'Impero magari per caso, in visita da parenti, e che vennero travolti dai massacri e dalle deportazioni solo a causa del loro sangue, in un solo momento la loro esistenza si capovolse, e non gli servi' a niente essere medici o professionisti. * - Claudio Toscani: Allora non e' vero che la Grande Storia annulla le piccole storie degli uomini qualunque! - Antonia Arslan: Gia', non e' vero. Le piccole storie prima o poi saltano fuori, vengono raccontate e commuovono. * - Claudio Toscani: Oltre al dramma storico c'e' il dramma religioso. Dati i molti riferimenti, in questo libro, al cattolicesimo, e' giusto ritenere che l'eccidio degli armeni sia stato messo in atto per ragioni etniche tanto quanto di credo? - Antonia Arslan: E' meglio parlare di cristianesimo, piuttosto che di cattolicesimo. Gli armeni cattolici di rito orientale (anche la mia famiglia lo e') sono solo circa il 10% della popolazione. Il cristianesimo armeno si autodefinisce apostolico o "gregoriano" (dall'apostolo degli armeni, san Gregorio l'Illuminatore), ed e' parte integrante dell'identita' nazionale. Gli armeni non sono ortodossi, sono molto piu' vicini a Roma degli ortodossi, e hanno anche una liturgia differente. Certamente, all'epoca dei massacri, benche' la spinta iniziale fosse opera di un gruppo di ufficiali atei, i "Giovani Turchi", che avevano preso il potere esautorando il sultano, l'odio religioso venne usato per infiammare il popolo e renderlo partecipe e complice, stimolandone anche l'avidita'. * - Claudio Toscani: Dal momento che ancora oggi la storia non ha del tutto riconosciuto e sanzionato i fatti, e che vi permane una coltre di silenzio, che sviluppo vede all'ufficializzazione planetaria di quegli eventi? - Antonia Arslan: Sono abbastanza ottimista (come e' anche nella mia natura). L'opinione pubblica mondiale ha preso sempre piu' coscienza della realta' del primo genocidio del XX secolo, e la battaglia degli intellettuali di Turchia si sta sviluppando in modi che solo dieci anni fa sarebbero stati impensabili. Vedremo adesso se il nuovo presidente americano citera', nel suo discorso ufficiale per il 24 aprile, la parola "genocidio" come aveva promesso solennemente in campagna elettorale. 8. APPELLI. IL 5 PER MILLE AL MOVIMENTO NONVIOLENTO [Dal sito del Movimento Nonviolento (www.nonviolenti.org) riprendiamo il seguente appello] Anche con la prossima dichiarazione dei redditi sara' possibile sottoscrivere un versamento al Movimento Nonviolento (associazione di promozione sociale). Non si tratta di versare soldi in piu', ma solo di utilizzare diversamente soldi gia' destinati allo Stato. Destinare il 5 per mille delle proprie tasse al Movimento Nonviolento e' facile: basta apporre la propria firma nell'apposito spazio e scrivere il numero di codice fiscale dell'associazione. Il Codice Fiscale del Movimento Nonviolento da trascrivere e': 93100500235. Sono moltissime le associazioni cui e' possibile destinare il 5 per mille. Per molti di questi soggetti qualche centinaio di euro in piu' o in meno non fara' nessuna differenza, mentre per il Movimento Nonviolento ogni piccola quota sara' determinante perche' ci basiamo esclusivamente sul volontariato, la gratuita', le donazioni. I contributi raccolti verranno utilizzati a sostegno della attivita' del Movimento Nonviolento e in particolare per rendere operativa la "Casa per la Pace" di Ghilarza (Sardegna), un immobile di cui abbiamo accettato la generosa donazione per farlo diventare un centro di iniziative per la promozione della cultura della nonviolenza (seminari, convegni, campi estivi, eccetera). Vi proponiamo di sostenere il Movimento Nonviolento che da oltre quarant'anni, con coerenza, lavora per la crescita e la diffusione della nonviolenza. Grazie. Il Movimento Nonviolento * Post scriptum: se non fate la dichiarazione in proprio, ma vi avvalete del commercialista o di un Caf, consegnate il numero di Condice Fiscale e dite chiaramente che volete destinare il 5 per mille al Movimento Nonviolento. Nel 2007 le opzioni a favore del Movimento Nonviolento sono state 261 (corrispondenti a circa 8.500 euro, non ancora versati dall'Agenzia delle Entrate) con un piccolo incremento rispetto all'anno precedente. Un grazie a tutti quelli che hanno fatto questa scelta, e che la confermeranno. * Per contattare il Movimento Nonviolento: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 0458009212, e-mail: redazione at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 9. IN CAUDA. EMULI Certi personaggi, che vengono ancora spacciati per "pacifisti", ed invece da anni sono complici della guerra afgana, l'hanno votata, l'hanno propagandata, hanno fatto quanto in loro potere perche' proseguisse la partecipazione militare italiana ad essa, e proseguissero quindi gli omicidi, gli omicidi, gli omicidi di cui la guerra - quella guerra, ogni guerra - consiste. Lugubri complici dei massacri. Certi personaggi, che vengono ancora spacciati per persone "rispettose della legalita', fedeli alla Costituzione", ed invece quando loro o gli amici loro erano al governo hanno violato l'articolo 11 della Costituzione, votando insieme ai fascisti, ai razzisti, ai mafiosi in favore della guerra e delle stragi, e strepitando in tutti i consessi che partecipare a quella guerra, metter mano a quelle stragi fosse cosa buona e giusta. Lugubri complici dei massacri, e complici dell'eversione dall'alto berlusconiana. Certi personaggi, che vengono addirittura spacciati per "nonviolenti", ed invece sono assassini e complici degli assassini. Lugubri complici dei massacri, complici dell'eversione dall'alto berlusconiana, e complici finanche della corruzione delle lingue e delle anime. Emuli di quell'amico di Algernon Moncrieff che era Ernest in citta' e Jack in campagna: sono pacifisti in campagna elettorale e diventano guerrafondai una volta eletti. 10. LIBRI. STELLA MORRA PRESENTA ALCUNI LIBRI RECENTI [Dal mensile "Letture" n. 657 del maggio 2009 col titolo "Lezioni divine da Scritture sacre"] "Leggi spesso, impara piu' che puoi. Addormentati con il codice in mano, la pagina santa sostenga il tuo viso che si piega stanco" (San Girolamo) * I cristiani ascoltano una Parola contenuta in uno scritto che leggono; c'e' un circuito tra occhi e orecchie, perche' tra occhi e orecchie trascorre la nostra corporeita': la sapienza che acquisiamo ha sapore buono, il libro e la lettura sono ruminati in quel misterioso stomaco che e' la nostra interiorita', tocchiamo le pagine e il libro. L'esperienza delle letture della Sacra Scrittura ha coinvolto e coinvolge tutti i cercatori di Dio, tutti coloro che lo celebrano, molti di quelli che lo pregano. I cristiani hanno ereditato da Israele questo legame irrinunciabile con la Scrittura; come Israele la legge e ne ricava vita e sapienza, cosi' anche i cristiani ne ricavano vita e sapienza, a partire da Colui che un giorno nella sinagoga di Nazareth, leggendo nel rotolo del libro, svela se stesso con e nella lettura. Dunque, presentiamo alcune letture attorno alla Lettura per eccellenza. Alcuni di questi libri sono, per cosi' dire, una "cornice", un avvicinamento; altri concentrati in modi diversi attorno a uno dei piu' misteriosi testi della Bibbia, il Cantico dei Cantici, testo che non smette (e non puo' smettere) di attrarci a se', di farci pensare, di rimandarci fuori da noi stessi, magari molto lontano o molto vicino. La lectio divina e' il metodo con cui i monaci da sempre si esercitano sulla pagina sacra; metodo ripreso negli ultimi anni in modi e luoghi diversi. In Italia, ma non solo, la ripresa della lectio e' legata anche al nome di Enzo Bianchi, priore della Comunita' di Bose, che quasi quaranta anni fa, con Pregare la Parola. Introduzione alla lectio divina, ci aveva tutti condotti a pregare con la Sacra Scrittura, nel solco dei padri della Chiesa e dei monaci. Il libro attuale di Enzo Bianchi e' Ascoltare la Parola. Bibbia e Spirito: la "lectio divina" nella chiesa, Qiqajon, 2008, pp. 144, euro 10. Il priore di Bose riprende i temi che gli sono propri; si avverte nelle pagine che gli anni sono passati felicemente nella sua consuetudine con la Scrittura, ma forse con maggior fatica nella compagine ecclesiale. Troviamo spazio per confrontarci con le nostre fatiche di cristiani lettori, qui ed ora; segnalerei una sola notazione: "Una prima difficolta' che ostacola il diffondersi e il radicarsi nelle realta' ecclesiali della pratica della lectio divina e' il primato che, di fatto, viene accordato nelle parrocchie e nelle chiese locali alle molteplici attivita' pastorali e di animazione, sociali e caritative, di assistenza e di organizzazione, rispetto al compito essenziale di trasmettere l'arte di vivere e nutrire la fede" (p. 122). Con delicatezza, ma sembra di capire che la mancanza di una lectio sia uno specie di spartiacque da non sottovalutare. * Una lettura "diversa" Un altro pezzo della "cornice" e' dato dal testo sul Talmud (Jacob Neusner, Il Talmud. Cos'e' e cosa dice, traduzione di Gabriele Mancuso, San Paolo, 2009, pp. 272, euro 19,50). Il Talmud e' un insieme di scritti che regola la vita delle comunita' ebraiche; scritti che discendono dal Pentateuco, la Tora', che gli antichi rabbini commentarono ed esemplificarono. Sul Talmud i rabbini, e non solo loro nelle comunita' ebraiche sparse per il mondo, continuano a studiare e a meditare, in un dialogo ininterrotto tra loro, attraverso i secoli, per poter vivere all'altezza del Patto che li lega al Signore e fa di loro un popolo. E' difficile accostarsi alla Bibbia senza avere nelle orecchie almeno il suono, se non la conoscenza, di un altro ritmo di lettura e di ascolto della pagina sacra. Questo tipo di attenzione, tra l'altro, giova a quella conoscenza del popolo ebraico di cui abbiamo dovere e bisogno. * Letture non scontate Il terzo elemento della cornice ci e' dato da un lettore assiduo e non scontato della Bibbia, Erri De Luca, che con un sacerdote napoletano ci offre un altro dei suoi saggi illuminanti e folgoranti (Erri De Luca e Gennaro Matino, Almeno 5, Feltrinelli, 2008, pp. 84, euro 9,50). Se normalmente la Scrittura ci prende l'anima o la mente, questo viaggio ci porta alla scoperta dei sensi, proprio dei cinque sensi (almeno 5, allude il titolo). L'accesso che i cinque sensi offrono mostra Dio e l'uomo, o meglio Dio e gli uomini di Dio, in un'avventura reale, umana, raccontabile come un viaggio di cui ricordiamo non solo luoghi ma anche gli odori, i sapori e i gesti e la luce di paesaggi inconsueti. Il credente trovera' in questo piccolo libro risonanze poco consuete, ma ricche e fertili; il non credente trovera' posto a questa mensa che la Scrittura e'. Rimane un esempio la fedelta' alla lettura biblica e alla lingua ebraica di Erri De Luca. Il suo esercizio ci ricorda "colui che e' chino sulla scrittura" (come dice la lettera di Giacomo) e ci fa sembrare quel gesto umano, avvicinabile, forse anche il mio gesto, chiunque io sia. * Cantici d'amore Il Cantico dei Cantici e' un testo noto, conosciuto, magari per citazioni, anche da chi non sa che questo misterioso testo amoroso appartiene alla Bibbia. E i commenti al Cantico sono innumerevoli. Ogni epoca e ogni tema religioso ha trovato nei pochissimi capitoli del Cantico una pista sulla quale muoversi. Robert W. Jenson e' un teologo luterano; il suo commento al Cantico (Cantico dei Cantici, edizione italiana a cura di Giuseppe Campoccia e Carla Malerba, Claudiana, 2008, pp. 154, euro 15) segue l'ispirazione della collana di cui fa parte. Si tratta di un commento che, senza nulla togliere al patrimonio acquisito dall'esegesi storico-critica, fin nei suoi ultimi risultati, tiene conto del testo cosi' come e'; lo divide in poesie - d'amore evidentemente - dando poi conto dell'esegesi allegorica e chiudendo il commento a ogni poesia con un riferimento alto all'amore umano. Cosi' chiude: "Ogni amante dica spesso all'amato: 'Affrettati a raggiungermi! Vieni da me!'. E aggiunga anche qualche approssimazione dell'amen come 'La sua venuta e' certa'. Cosi' termina il cantico degli amanti, il cantico del Signore e della sua sposa, e il cantico dell'amore umano, incastonato nel Cantico di Dio" (p. 142). * Amore in esilio Uno sguardo quasi diametralmente opposto sul Cantico e' quello di Massimo Giuliani (Eros in esilio. Letture teologico-politiche del "Cantico dei Cantici", Medusa, 2008, pp. 152, euro 14); parte dalla stessa domanda di Jenson, la domanda di tutti quelli che si avvicinano al Cantico: perche' e' entrato nel canone biblico? E ci accompagna in un viaggio diverso, quello dell'interpretazione politica del Cantico, di cui grande figura e questione e' l'esilio. Interpretazione che si muove dentro le pieghe e le piaghe dell'ebraismo, che trova convincente l'interpretazione della donna del Cantico come di una 'amuna' (per Rashi, una donna avvolta nella vedovanza di un marito vivente), una moglie il cui marito e' assente ma non dichiarato morto. Bene riassume lo spessore del libro e le letture del Cantico che sono riportate e ripercorse il titolo della seconda parte del testo: "Il conflitto delle interpretazioni sul corpo degli amanti". Libro impegnativo e bellissimo. Chissa' che questi libri ci conducano a posare gli occhi, a tendere le orecchie, a stendere le mani verso il Libro dei Libri. 11. RIEDIZIONI. JOANNA BOURKE: LA SECONDA GUERRA MONDIALE Joanna Bourke, La seconda guerra mondiale. Storia di una tragedia civile, Il Mulino, Bologna 2005, Societa' europea di edizioni, Milano 2009, pp. 198, euro 6,90 (in supplemento al quotidiano "Il giornale"). La guerra dal punto di vista delle vittime, un denso saggio di un'acuta storica; un libro prezioso che vivamente raccomandiamo. 12. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 13. PER SAPERNE DI PIU' Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 817 dell'11 maggio 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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