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Minime. 756
- Subject: Minime. 756
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 11 Mar 2009 01:14:58 +0100
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 756 dell'11 marzo 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Mao Valpiana: Un gravissimo atto di discriminazione contro i rom a Verona 2. Una lettera aperta a Verona 3. Peppe Sini: No al campo di concentramento a Tarquinia, no a tutti i campi di concentramento 4. Maria G. Di Rienzo: Perche' abbiamo bisogno della storia delle donne 5. Dorina Bianchi: La salute e' un diritto di tutte le persone 6. Il saccheggio del pubblico erario per l'appaltificio clientelare. La lobby avvelenatrice dei mega-aeroporti getta la maschera 7. La "Carta" del Movimento Nonviolento 8. Per saperne di piu' 1. UNA SOLA UMANITA'. MAO VALPIANA: UN GRAVISSIMO ATTO DI DISCRIMINAZIONE CONTRO I ROM A VERONA [Ringraziamo Mao Valpana (per contatti: mao at sis.it) per questo intervento] A Verona oltre duecento cittadini e cittadine veronesi (e molto altri se ne stanno aggiungendo) hanno firmato una lettera aperta, rivolta alle autorita' civili e religiose, e a tutta la stampa locale, preoccupati per quanto accaduto all'alba di giovedi' 5 marzo quando agenti di Polizia hanno "schedato" gli abitanti presso le piazzole di sosta di Strada La Rizza, solo perche' appartenenti alla minoranza etnico-linguistica Rom. Si tratta di un brutto episodio di discriminazione razziale. Di seguito riportiamo il testo integrale della lettera aperta, seguita dalle firme dei sottoscrittori. Oggi l'avvocatessa Federica Panizzo ha depositato presso la Procura della Repubblica l'esposto-denuncia, relativo ai fatti del 5 marzo. Con tale esposto don Francesco Cipriani e altri cittadini residenti in Strada La Rizza chiedono all'Autorita' giudiziaria "di valutare se l'intera operazione si connoti, per le modalita' con le quali e' stata condotta e per aver coinvolto una intera categoria di persone (anche minori di eta') cittadine e cittadini italiani individuate esclusivamente in base all'appartenenza ad una minoranza etnica, per essere discriminatoria per motivi di appartenenza etnica, razziale, religiosa e lesiva, quindi, del principio della pari dignita' sociale". * per informazioni, adesioni, contatti: Mao Valpiana, tel. 3482863190, Movimento Nonviolento: via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803, fax: 045 8009212, sito: www.nonviolenti.org 2. UNA SOLA UMANITA'. UNA LETTERA APERTA A VERONA [Attraverso Mao Valpana (per contatti: mao at sis.it) riceviamo e diffondiamo] Lettera aperta alle autorita' civili e religiose veronesi e alla stampa locale Cosa accadrebbe se domani in un qualsiasi condominio di Borgo Roma, Borgo Trento o Borgo Venezia arrivassero funzionari di Polizia in divisa, svegliando all'alba tutti i membri delle nostre famiglie, per fotografarci di fronte e di profilo, con un cartello identificativo in mano, dicendoci che si tratta di un'operazione di controllo? come reagiremmo? Certamente lo riterremmo intollerabile e gravemente lesivo della nostra dignita'. Noi sottoscritti, cittadine e cittadini veronesi, abbiamo saputo che, all'alba del 5 marzo 2009, agenti di Polizia della Questura di Verona hanno videofilmato e fotografato, di fronte e di profilo, le persone residenti o domiciliate presso le piazzole di sosta di Strada La Rizza, Forte Azzano, famiglie residenti in Verona da decenni; si tratta di nostri concittadini italiani che si riconoscono come appartenenti alla minoranza etnico-linguistica Rom. Apprendiamo da un quotidiano locale che questi concittadini sarebbero stati fotografati da personale di Polizia con un cartello in mano indicante cognome, nome e data di nascita e numero progressivo, nonostante il possesso da parte loro delle carte di identita' e la loro regolare iscrizione ai registri anagrafici; sarebbero stati sottoposti a tale procedura anche alcuni minorenni. In qualita' di semplici cittadini e cittadine, riteniamo che il possesso di carta di identita' e la regolare iscrizione nei registri anagrafici locali, dovrebbero preservarci, a prescindere dalla nostra appartenenza linguistica, religiosa, etnica o dalle provenienze culturali o geografiche di ciascuno di noi, dal subire metodi di identificazione che, al di fuori dei casi tassativamente previsti dal nostro ordinamento, riteniamo lesivi della dignita' personale. Se, poi, come risulta da talune agenzie Ansa, tale procedura fosse stata effettivamente programmata unicamente con riferimento a persone residenti nei "campi nomadi" veneti, la nostra preoccupazione non potrebbe che aumentare: riservare un trattamento deteriore ad un'intera categoria di persone a causa della loro appartenenza ad una minoranza etnica, costituisce certamente offesa intollerabile ai piu' basilari principi giuridici su cui si fonda la nostra comunita'. Dove non c'e' democrazia e dove non c'e' pace per i Sinti, i Rom, gli "zingari", non ci sara' pace e democrazia neppure per tutti gli altri, perche' tutti siamo parte di questa citta': ci attiviamo dunque per noi stessi, per la nostra comunita' civile, per i nostri figli, perche' la citta' e la societa' in cui con responsabilita' ed onesta consapevolezza vogliamo vivere nasca dal rispetto del diritto e della vita di ognuno. Non vogliamo limitarci ad una mera testimonianza di solidarieta', ma anche attivarci perche' tutti, ma proprio tutti, possano da una parte diventare titolari di diritti civili, economici, sociali, politici e culturali, e dall'altra assumersi la responsabilita' di doveri per una inclusione sociale che non comporti annullamento della propria specificita' e non generi e alimenti conflittualita'. * Primi firmatari: Mao Valpiana, Michela Semprebon, Carlo Castiglioni, Carlo Melegari, Matteo Danese, Renzo Fior, Marco Menin, Tommaso Vitale, Maria Lughezzani, Stefano Schena, Zampini Enrico, Banterle Cinzia, Zampini Irene, Cristina Simonelli, Teresa Sabbadini, Lucia Pinali, Ermanno Arreghini, Antonio Tosi, Melania Bortolotto, Jean-Pierre Sourou Piessou, Silvano Pietropoli, Gianfranco Rigoli, Roberto Tosetto, Nadia Perlini, Niccolo' Da Ronco, Franco Pisu, Daniela Granuzzo, Giuseppe Mirandola, Maria Rita Serantoni, B. Rosa Debattisti, Luigi Forigo, Corrado Brutti, Marisa Velardita, Alessandra Bazzani, Anna Salomoni, Barbara Bianchini, Renzo Fiorentini, Maria Grazia Melegari, Maria Giuseppina Scala, Caterina Polla, Serena Betti, Angelo Campedelli, Giovanni Claudio Zuffo, Elis Mirandola, Roberta Papalini, Judith Pinnock, Chiara Todeschini, Antonella Iovino, Fabio Moser, Maria Pia Pautrie Bornati, Michela Faccioli, M. Linda Bubola, Aldo Sala, Stefano Roveda, Diego Zardini, Emanuela Borin, Roberta Bortone, Stefania Bozzi, Paola Bozzini, Anna Buranello, Luca Cipriani, Marta da Colle, Marta d'Agostino Tortorella, Lorenzo Dalai, Lucia De Cesaris, Carmine Ferrara, Renato Fianco, Gianfranca Fois, Gaetano Giavon, Annie Jacquet, Simonetta Jaramilloi, Paola Juris, Raffaele Ladu, Catiuscia Marini, Giancarlo Montagnoli, Aldo Palazzese, Roberta Papalini, Giovanna Pettenello, Luisa Pietrangelini, Annamaria Rossi Bufo, Nadia Sgaramella, Alberto Sperotto, Franco Toffali, Diego Tuzzolo, Maria Pia Vigilante, Giovanna Bisazza, Gaetano Giavoni, Paola Fresco, Florencia Ferrari, Roberto Rossignoli, Rosa Marcato, Davide Hudorovich, Giseppe Marchi, Giliana Venturelli, Elisa Mazzi, Luigia Tommasi, Maria Sguizzato, Maria Rosa Venturelli, Giovanni Comparotto, Daniela Romani, Giuseppe Barni, Paolo Ferrari, Marco Ambrosi, Michele Fiorillo, Michela Toluzzo Dabbene, Silvana Valpiana, Dino Poli, Antonino Leone, Giuseppe Malizia, Chiara Raccagni, Anna Braioni, Elisa Gagni, Giovanni Pettoello, Carla Pedenovi, Irene Marini, Loretta Viscuso, Jessica Cugini, Pier Maria Mazzola, Riccardo Milano, Domenico Bolla, Lorenza Zoppini, Marianita Montresor, Francesca Gonzato, Marco Passigato, Moira Calvetti, Roberto Beccaletto, Paolo Fabbri, Tiziana Valpiana, Bruno Fini, Michele Stua, Gianni Pettenella, Maria Picotti, Marco Pettenella, Fiorini Katharina, Giorgio Salvi, Gregorio Cristante, Maria Cristina Cristante, Tito Brunelli, Fabio Salandrini, Francesco Campana, Ivo Conti, Miria Pericolosi, Laura Sebastio, Micaela Sgro', Luciana Chiumenti, Giorgio Voltan, Silvano Nicoletto, Giuseppe Aldegheri, Elena Ziviani, Rospia Bonomi, Maria Teresa Ratti, Ilaria Fave', Anna Cugusi, Anna Benciolini, Abram Alessandra, Annamaria Romito, Valeria Tommasini, Sergio Paronetto, Carlo Ramella, Cristina Alessi Marzia Barbera, Daniele Bettinetti, Giovanni Bisazza, Emanuela Borin, Roberta Bortone, Stefania Bozzi, Paola Bozzini, Anna Buranello, Simone Cerrina Feroni, Valeria Chignola, Luca Cipriani, Matteo Cristani, Marta da Colle, Marta d'Agostino Tortorella, Lorenzo Dalai, Maria Isabella D'Autilia, Lucia De Cesaris, Carmine Ferrara, Renato Fianco, Gianfranca Fois, Paola Fresco, Vincenzo Genovese, Gaetano Giavoni, Isabel Granados, Annie Jacquet, Simonetta Jaramilloi, Paola Juris, Raffaele Ladu, Antonino Leone, Paola Lorenzetti, Ileana Lusetti, Catiuscia Marini, Marta Meo, Elis Mirandola, Stefano Mocellin, Giancarlo Montagnoli, Patrizia Novelli, Aldo Palazzese, Serenella Palmas, Roberta Papalini, Giovanna Pettenello, Luisa Pietrangelini, Giudith Pinnock, Annamaria Rossi Bufo, Nadia Scardeoni, Nadia Sgaramella, Alberto Sperotto, Chiara Stella, Chiara Todeschini, Franco Toffali Antonio Tondi, Diego Tuzzolo, Laura Vendramini, Maria Pia Vigilante, Stefania Ziglio, Giovanni Claudio Zuffo, Leonardo Venturini, Maria Cannata, Alice Silvestri, Rosella Benedetti, Pietro Benciolini, Antonello Piombo, Mauro Peroni, Andrea Girardello, Anna Polin, Perina Adriano, Eugenia Sturiale, Carlo Castellani, Enzo Righetti, Maurizio Grotta. 3. UNA SOLA UMANITA'. PEPPE SINI: NO AL CAMPO DI CONCENTRAMENTO A TARQUINIA, NO A TUTTI I CAMPI DI CONCENTRAMENTO I mass-media hanno diffuso la notizia dell'intenzione di realizzare a Tarquinia (Vt) un nuovo "centro di identificazione ed espulsione" (in sigla: Cie) per immigrati non in regola con il permesso di soggiorno. Queste strutture sono veri e propri campi di concentramento in cui vengono illegalmente e disumanamente detenute persone che non hanno commesso nessun reato e che anzi venendo in Italia in fuga da paesi in cui si muore per guerre, dittature e fame, hanno esercitato il diritto di cercare ed ottenere asilo nel nostro paese ai sensi dell'art. 10 della Costituzione della Repubblica Italiana che testualmente afferma: "Lo straniero, al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle liberta' democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d'asilo nel territorio della Repubblica". Cosi' come gia' ci opponemmo nel 1998 all'istituzione del "Centri di permanenza temporanea" (i famigerati Cpt, che dei nuovi Cie sono l'antecedente), luoghi di illecita detenzione in cui gia' molte persone hanno trovato la morte, ci opponiamo ai nuovi Cie. Ci opponiamo alla realizzazione di un campo di concentramento a Tarquinia. Ci opponiamo a tutti i campi di concentramento ovunque nel mondo. Ci opponiamo alla politica razzista e disumana del governo eversore. Ci opponiamo all'infamia di recludere e vessare persone innocenti. Ci opponiamo alla mostruosita' di riconsegnare delle persone fuggite da paesi in cui si muore per guerre, dittature e fame, nelle mani dei loro carnefici. Ogni vittima ha il volto di Abele. Vi e' una sola umanita'. 4. EDITORIALE. MARIA G. DI RIENZO: PERCHE' ABBIAMO BISOGNO DELLA STORIA DELLE DONNE [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per averci messo a disposizione il testo di questa sua recente conferenza] Circa dieci anni fa, tenevo un corso di storia delle donne nella mia citta'. Lo avevo basato su alcune figure storiche non molto indagate, e poco considerate nonostante la loro importanza in vari campi dello scibile umano. Nell'incontro dedicato ad Ipazia di Alessandra, in cui il mio scopo era parlare di donne e scienza, citai la vicenda di Maria Gaetana Agnesi, l'inventrice o la scopritrice (a seconda di come si veda la matematica) della "Curva di Agnesi". Si tratta di una funzione matematica rappresentata graficamente come un "cappello di strega", il che tra parentesi me la rende simpatica anche se sono negata per i numeri. Una donna fra il pubblico fece un salto sulla sedia e mi interruppe. Era eccitata e commossa. "Io sono un'insegnante di matematica", disse, "Ho studiato la Curva di Agnesi, ma nessuno mi aveva mai detto che Agnesi era una donna". Perche' l'amica fra il pubblico provava un'emozione cosi' forte? Perche' aveva dovuto combattere per tutta la vita con gli stereotipi di genere, i quali sostenevano (e sostengono) che le donne non sono portate per le scienze esatte e che quindi lei sarebbe stata un fallimento se si fosse dedicata a cio' per cui provava interesse. E perche' nessuno le aveva mai detto che "il matematico italiano Agnesi" era femmina? Perche' senza queste omissioni intenzionali nella narrazione storica risulterebbe chiaro che le donne hanno determinato quanto gli uomini il corso degli eventi e le forme dell'umana cultura. Nel bene e nel male, a seconda di che significato si voglia dare a questi due termini. Abbiamo governato, profetizzato, fondato stati, abbiamo coltivato e costruito, creato arte e scienza, lottato per i nostri diritti e per i nostri popoli. Siamo state diplomatiche e spie, sacerdotesse e mediche, reazionarie e rivoluzionarie, guerriere e pacifiste. C'eravamo, sempre. Ma le "cronache ufficiali" ne tengono scarso conto. La nostra storia e' stata rimpiazzata con un elenco interminabile di uomini in cui fa capolino ogni tanto una regina o una cortigiana. * Io ricordo con precisione il mio primo incontro con la storia che si insegna a scuola. All'inizio di tutto sta una figurina sul sussidiario delle elementari: un disegno che avrebbe dovuto rappresentare la preistoria, la vita dei nostri antenati cavernicoli. In primo piano c'e' un uomo che lavora una scheggia di selce, in secondo piano un gruppo di uomini insegue un dinosauro con le lance, e sullo sfondo, in lontananza, donne e bambini stanno attorno ad una pentola sul fuoco, all'imboccatura della caverna. Osservando le punte delle lance degli improbabili cacciatori si capiva subito che erano punte di selce come quella in primo piano. Il messaggio d'insieme era inequivocabile. Il suo primo tratto era: agli uomini il fuori, l'attivita', la lotta, il provvedere sostentamento; alle donne il dentro, la cucina, la cura, i bambini. Il secondo tratto: i primi manufatti umani sono stati pensati solo dai maschi, e principalmente per uccidere. Il terzo tratto: in tutto cio' vi e' una gerarchia valoriale, e cioe' quel che gli uomini fanno e' in primo piano, importante e fondamentale per la civilta', quel che le donne fanno e' meno importante, sta sullo sfondo. Per circa quattromila anni alle donne si e' raccontata questa favola. Tramite la storia, ma anche tramite la letteratura, la storia dell'arte, e tramite religioni e leggi e usi e costumi. In molte ci crediamo ancora e la perpetuiamo. In molte ci abbiamo creduto, per poi scoprirne i limiti e le menzogne e contestarla. In molte non ci abbiamo mai creduto, e alcune hanno indagato le origini della favola e altre no. Ed e' grazie a coloro che si sono prese la briga, e credo anche il gusto, di indagare noi oggi sappiamo che non e' andata come nella rappresentazione grafica che vi ho descritto, e che ad esempio dalla nostra comparsa sul pianeta circa 990.000 anni orsono, per i primi 900.000 anni non abbiamo mangiato carne, e quando ci siamo decisi a farlo le "cacce" non erano ai dinosauri ma a vermetti, lucertole, e animali di piccola taglia. E sempre sulla scala dei 990.000 anni la guerra abbiamo cominciato a farla circa 5.000 anni fa, quindi non c'e' modo di considerarla il motore della civilta' e della storia. Se l'umanita' e' sopravvissuta ai disastri naturali e poi a quelli orchestrati dall'umanita' stessa e' in virtu' della cooperazione e della condivisione, che sono poi i tratti originari delle piu' antiche civilta' che conosciamo. Io sono comunque una di quelle donne a cui la favola non suonava giusta, fin da piccola (soprattutto perche' produceva un ammontare allucinante di sofferenze). Cosi' mi sono domandata: Eva ha mangiato la mela della conoscenza e poi ha avuto una crisi d'amnesia? E' vero che tutto quello che uso, dalla lingua agli attrezzi, e' frutto della genialita' di una sola parte dell'umanita', mentre l'altra scodellava marmocchi e restava a guardare? Ora, a scanso di equivoci, chiarisco subito che produrre deliziosi marmocchietti e marmocchiette ed aver cura di loro, aiutarli a crescere, eccetera, qualora tu lo voglia, ne ricavi piacere e senso, e possa gestire senza intralci la tua fertilita', e' semplicemente il continuare la vita umana sulla terra, e direi che e' un lavoretto importante. * Comunque, per rispondere alle domande di cui sopra sono diventata una studiosa di storia, e nello specifico di storia delle donne. Che e' materia necessariamente interdisciplinare perche' le fonti diciamo "standard" sovente non forniscono alcuna informazione sulle vite delle donne e quel poco che si trova e' altrettanto sovente venato da pregiudizi, visto attraverso gli occhiali degli stereotipi di genere e in tal modo narrato. La storia delle donne non si puo' trovare, e non si puo' raccontare, con il solo ausilio dei libri sugli scaffali, ma necessita che con la stessa accortezza si valutino le storie orali ed il folclore, le fiabe e i miti, i diari e le lettere, i reperti archeologici, eccetera. Questo perche' cancellazioni e dimenticanze intenzionali, e proibizioni vere e proprie, hanno posto tutta una serie di dati e testimonianze fuori dall'ufficialita'. Alle donne europee non fu consentito neppure consultare biblioteche e fonti documentali sino al XVIII secolo e in molte universita', europee e non, alcune biblioteche resteranno chiuse all'ingresso delle donne sino al XX secolo (che e' l'altroieri, tanto per dire). Il mio percorso di ricerca ha seguito, senza volerlo ma fedelmente, quello che e' stato il percorso della storia delle donne in senso ampio: il recupero della cultura e della simbologia femminile, l'indagine sui modi e sulle cause dell'oppressione storica delle donne, l'indagine su come l'assortimento di ruoli di genere assunti di volta in volta da uomini e donne, in societa' e periodi diversi, funzioni come mantenitore dell'ordine sociale o innovatore e trasformatore dello stesso. Piu' di trent'anni di studi di genere, in tutto il mondo, hanno prodotto una mole immensa di lavoro, di cui pero', tristemente, si continua ad usufruire molto poco se si eccettuano alcuni ambiti specializzati. * In Italia, poi, rispetto ad altri paesi europei o agli Stati Uniti, abbiamo qualche difficolta' particolare nel gestire la faccenda. Un problema sono le esternazioni di alti esponenti del Vaticano, i quali periodicamente (l'ultimo di cui io so e' il messo papale Cordes, la data e' il 4 febbraio scorso) attaccano il concetto di "genere" come la fonte di ogni male per gli esseri umani di sesso maschile: sapere che i ruoli vengono dalla socializzazione degli individui e non dalla biologia e' cosa che secondo il Vaticano ha castrato i maschi (sono le esatte parole del messo), li ha svirilizzati, li induce a lasciare le proprie famiglie, a commettere crimini e addirittura a suicidarsi. Naturalmente la colpa e' delle femministe, ed eroicamente lo stato vaticano si oppone a questa tragedia rifiutando ad esempio di firmare la Cedaw, ovvero la Convenzione per porre fine a tutte le discriminazioni contro le donne del 1979, e attaccando, quando puo', i paesi che stanno per firmarla (ne mancano un po' fra le nazioni del mondo, fra cui gli Stati Uniti, anche se Obama ha detto che la firmera'). In realta', queste esternazioni non sarebbero un problema, per gli studi di genere, se ad esse non fosse accoppiato un alto grado di sudditanza da parte delle gerarchie politiche italiane. Per cui qualsiasi cosa un cardinale, un vescovo o il papa dicano i politici di tutte le parti si affrettano a dichiararsi d'accordo o ad assicurare che ne verra' tenuto debito conto, e poiche' la maggior parte di quel che passa nelle scuole lo decide il Ministero della Pubblica Istruzione credo che prima di vedere l'educazione al genere come materia della scuola dell'obbligo, o la proliferazione di studi di genere nelle universita' italiane, dovra' passare ancora del tempo. * Un secondo problema riguarda specificatamente gli studi sulle societa' matriarcali. C'e' una sorta di rigetto, da parte di molte donne magari interessate a periodi storici e studi storici diversi, ed e' un rigetto che ha motivazioni molteplici, ma per farla breve il principale e' la presenza, o la menzione, di un sacro o di un divino femminile. Tante non ne vogliono sentir parlare perche' l'associazione che fanno subito, mentalmente, e' quella di un rovesciamento speculare di cio' che conoscono come religione: e poiche' cio' che conoscono come religione non e' di solito affermativo o positivo per le donne, il loro rifiuto ha una sua logica. Comunque, non abbiamo tracce di oppressione semplicemente rovesciata di segno in nessuna delle societa' umane piu' antiche di cui abbiamo evidenza scientifica, e la presenza di questo divino femminile non si puo' paragonare in alcun modo alle religioni monoteiste organizzate odierne. Il solo nominare la spiritualita' pero' tende a mettere a disagio alcune persone, soprattutto negli ambiti politici della sinistra, ed e' per questo che una partecipante ad un circolo di streghe, formatosi nell'ambito di un partito di sinistra, mi ha detto: Facciamo queste cose, ne ricaviamo senso, piacere e conoscenza, indaghiamo la nostra storia passata, ma non ne parleremmo mai con i nostri compagni. Io credo che queste donne sarebbero d'accordo con Bonnie Raitt, quando dice: la religione e' per le persone che hanno paura di andare all'inferno, la spiritualita' e' per chi all'inferno c'e' gia' stato. * Il terzo problema riguarda la legittimazione. E cioe' hanno status e valore solo i prodotti che provengono da determinate associazioni, o da particolari persone, o che possono vantare la presentazione o la prefazione di tal madrina o tal padrino. Sara' che in Italia siamo tutti un po' mafiosi, ma il problema in sostanza e' che non si riesce a far senso comune delle cose che gruppi e individui elaborano sulla storia delle donne anche a causa di veti e scomuniche. Alla bambina, o al bambino, che oggi chiedono "Perche' non posso far questo e perche' devo far quello? Perche' va cosi'?", si rispondera' ancora, spesso, "Perche' e' sempre andata cosi'". E se i piccoli seccatori insistono si potra' aggiungere "Queste sono le nostre sacre e originarie e pure tradizioni (laiche o religiose non importa, il confucianesimo e' un esempio di patriarcato laico che non ha bisogno di dio per stabilire una gerarchia). Per cui noi facciamo le cose in questo modo e tu ti adegui". Ma c'e' un problema. Chi puo' davvero dire quando le nostre pure e sacre tradizioni hanno avuto inizio? Vi svelo uno schemino sociologico. Per dare ad un uso lo status di "sacra tradizione" ci vogliono grosso modo tre generazioni. La prima e' quella dei pionieri, diciamo cosi', quelli e quelle che stabiliscono: da oggi, nel nostro gruppo la tal cosa la facciamo cosi'. Sono degli innovatori, sostanzialmente: tutti i profeti delle maggiori religioni monoteiste hanno stabilito nuovi costumi atti a sostituire quelli che c'erano gia'. Se chiedete ai pionieri perche' la tal cosa la fanno cosi', risponderanno: il nostro profeta ci ha detto... e' la volonta' di dio... i saggi anziani hanno deciso... eccetera, eccetera. Non parleranno di tradizioni, perche' sono ancora tutti vivi coloro che potrebbero rispondergli: col fischio che questa e' la nostra tradizione, e' da giovedi' scorso che abbiamo deciso questa cosa. Allora passiamo a chiederlo alla generazione successiva: la quale, ancora, non si azzardera' a parlare di tradizione sacra del nostro popolo, dira' di usi e costumi appresi dai padri e dalle madri. E' vero, ammetteranno magari, prima facevamo in altro modo, ma era un modo impuro, eretico, pagano, sbagliato, socialmente dannoso o che ne so: l'uso derogatorio del linguaggio comincia ad erodere i fatti, a mischiare interpretazioni, a costruire leggende. Ma e' solo con la terza ondata, diciamo cosi', che la memoria di cio' che e' stato precedentemente, a livello storico, scompare. I nipoti dei pionieri risponderanno alla domanda "perche' fate cosi'" con: "perche' abbiamo sempre fatto cosi', sono le nostre sacre tradizioni!". Marlene Starr, per farvi un esempio, e' una discendente degli abitanti originari del Canada, gli indiani canadesi se volete. Se voi oggi esaminate le relazioni tra i sessi nel suo gruppo osserverete uno sbilanciamento a favore degli uomini, la specializzazione dei ruoli, un discreto tasso di violenza di genere. Potreste concludere che sono le loro tradizioni e che volete rispettarle. Ecco pero' cosa racconta Marlene: "Nelle societa' aborigene tradizionali, donne ed uomini avevano ruoli di eguaglianza. Questo e' stato distrutto dal colonialismo, in special modo dall'Indian Act che ha creato e stabilito le scuole che noi dovevamo frequentare. Ci e' stato ossessivamente ripetuto, in queste scuole e altrove, sia tramite insegnamenti diretti, sia tramite la proposta di modelli, che dovevamo accettare come giusta e inevitabile l'inferiorita' delle donne. La filosofia de 'la forza fa il diritto' ha fatto danni incommensurabili alle nostre comunita', e ci vorranno anni di risocializzazione prima che noi si possa riacquistare l'equilibrio che avevamo prima". * Generalmente le donne sono state addestrate a non aver relazione con la storia, e a non reclamarla per se stesse. La mancanza di una consapevolezza storica ottiene che le donne continuino a fare tutto, invece di cambiare tutto. L'equazione e' semplice: se sei senza passato, sei pure senza futuro. Ci sono quattro modi principali in cui la nostra cultura si impegna contro la consapevolezza storica delle donne. Il primo e' la ferma omissione delle donne dalla storia presente, ovvero dalle notizie. Circa il 15% dell'informazione di cronaca riguarda le donne, usualmente come vittime di violenza o come autrici di crimini. Chiunque abbia mai organizzato qualcosa sulle donne e per le donne e delle donne lo sa: se non hai l'aggancio giusto o il seno scoperto sei invisibile. Il secondo modo, complementare, e' l'omissione della storia dai giornali e dagli inserti cosiddetti "femminili" (quelle cose che si chiamano "Donna e Mamma", "Donna Moderna" e cosi' via). Si ha, leggendoli, la curiosa sensazione che il tempo non esista. Un cronosisma, come avrebbe detto Kurt Vonnegut. Qui le notizie sono pettegolezzi, chi ha sposato chi, chi ha lasciato chi, eccetera. Il tuo destino come donna e' sicuramente nelle tue mani: ci sono diete per te, e cosmetici per te, e test per insegnarti ad acchiappare il principe azzurro. Non hai passato, non hai futuro, e' un eterno presente nella casetta di Barbie. Dal che emerge semplicemente il terzo tipo di pressione: ovvero il tema ideologico che se le donne si prendono sul serio perdono la loro femminilita'. Questo e' un tema ricorrente e sempreverde. Ho perso il conto degli studi psico-socio-tuttologi creati per spiegarci che abbiamo voluto tutto, e quindi abbiamo perso la nostra vera natura, siamo diventate uomini, abbiamo messo in crisi gli uomini e quindi gli uomini scappano da noi ed il nostro orologio biologico ticchetta impazzito, solo e triste. "Ormai comandano le donne", di sicuro l'avete sentito o letto da qualche parte. Pensate che qualche tempo prima di Cristo lo diceva pure Catone il censore, e non avrete bisogno che sia io a dirvi che e' propaganda. E per chi crede che il termine post-femminismo sia qualcosa di vent'anni fa rendo noto che esso fu coniato gia' nel 1919, per dare l'avvio ad una campagna di denigrazione delle suffragiste. Il quarto modo in cui la nostra cultura si impegna contro la consapevolezza storica delle donne e' l'erosione della memoria. I libri di testo non riportano la storia delle donne, i media non la conoscono, l'arte la ignora. In grazia di cio', molte giovani pensano che la discriminazione sessuale sia cosa che non le riguarda direttamente. O che il diritto di voto l'hanno sempre avuto. O che sia sempre stato legale interrompere una gravidanza e divorziare. Ignorano tutte quelle madri, reali e simboliche, che si sono incatenate davanti ai Parlamenti, che hanno fatto scioperi della fame, che si sono autodenunciate per aver abortito (anche quando non era vero), che hanno scritto e parlato e proposto e perseverato. E cosi' queste ragazze, quando si trovano di fronte alla lettera di dimissioni in bianco da firmare per essere assunte, o quando al colloquio di lavoro chiedono loro se sono fidanzate o se pensano di far figli sono seccate, ma sono soprattutto scioccate. E pure quelle che non si arrendono, non avendo passato sono costrette ogni volta a ripartire da zero, a reinventare modelli di attivismo e di resistenza, o a fare affidamento su modelli altrui. Questo e' il rischio nel rimanere indifferenti alla nostra propria storia: perdere quel che abbiamo ottenuto, e consegnare un futuro indecente alle bambine di oggi. Forse impareremo, prima o poi, ad onorare le nostre eroine, magari mentre sono ancora vive, a pretendere le loro facce sui francobolli, e le loro vicende nella narrazione storica, di modo che le nostre figlie abbiamo qualcosa di meglio da sperare che diventare veline. * Spero non vi urti se a questo punto vi recito parte di una poesia. Sono versi del primo poeta della storia umana, della cui esistenza storica siamo scientificamente certi; una persona che visse, scrisse e insegno' duemila anni prima di Aristotele. I 153 versi originari furono vergati in caratteri cuneiformi su tavolette di creta e potevano essere letti sia dall'alto in basso che trasversalmente. "Sapiente, Saggia, Signora di tutte le terre, che fai moltiplicare ogni creatura vivente e le genti, io ho reso nota la tua canzone sacra. Dea che da' la vita, appropriata per me, di cui si acclama. Compassionevole, donna che da' la vita, cuore raggiante, io ho detto questo in tua presenza, in accordo con i divini poteri. Di fronte a te sono entrata nel luogo sacro del tempio. Io, l'alta sacerdotessa, Enheduanna, reggendo il cesto delle offerte, ho liberato la mia voce in un canto gioioso. (...) Mia signora, io proclamero' la tua grandezza in ogni paese. Il tuo sentiero e le tue azioni lodero' per sempre. Io sono tua! E lo saro' per sempre. Io, Enheduanna, l'alta sacerdotessa della Luna". Di sicuro a scuola vi hanno parlato dell'alfabeto cuneiforme sumero. Fu creato attorno al 3200 a. C., specificatamente per ragioni contabili (quante pecore, quanti vasi, e via cosi'). Le prime tavolette che contengono liste di nomi datano a circa 100 anni dopo. Quando Enheduanna compone le sue poesie (che venivano cantate) la scrittura nel suo paese, l'odierno sud dell'Iraq, ha circa 350 anni e gli ideogrammi sono una novantina. Le precedenti tavolette che abbiamo sono del tutto anonime: Enheduanna e' la prima ad identificare se stessa nello scritto, ed e' la prima a scrivere poesia. Di sicuro a scuola non vi hanno parlato di lei. Il primo poeta della storia umana e' una donna. Lo sappiamo dal 1927, ma non sono notizie da dare alla leggera, forse ci stanno ancora pensando su: a che eta' inserire l'informazione per non sconvolgere le giovani menti? Gli scolaretti potrebbero restare turbati? Le scolarette potrebbero diventare arroganti? Naturalmente nessuno si fa mai gli scrupoli al contrario, e cioe' se a sentire ripetere ad oltranza "le conquiste dell'uomo", "le scoperte dell'uomo", "le invenzioni dell'uomo", le scolarette pensino di non esistere, o che le donne non sono mai esistite, o che l'essere femmine dev'essere una disgrazia o cattivo karma per le dissolutezze della loro vita precedente. * Scherzi a parte, sono al termine del mio intervento e poiche' la forma del cerchio e' quella che mi piace di piu', tanto che anche il mio corpo tende ad assomigliarle, vorrei chiudere come ho aperto, e cioe' con Maria Gaetana Agnesi. Siamo nel '700, ci sono sette sorelle e un padre che crede nell'istruzione femminile, tant'e' che una sorella di Maria Gaetana, Maria Teresa, diventera' anch'ella famosa, come musicista. I maligni dicono che se il padre avesse avuto anche un solo figlio maschio non avrebbe riversato tanta ambizione sulle figlie: comunque, era deciso a dimostrare che le donne potevano fare matematica e scelse Maria Gaetana per la sua dimostrazione. Come sappiamo, la ragazza si rivelo' piu' che eccellente in tal campo. Ma quando suo padre mori', Maria Gaetana abbandono' gli studi matematici per fare quello che le piaceva fare, e che sentiva giusto fare, e cioe' aiutare gli altri, in particolare le altre donne, a stare meglio. Cosi' si dedico' ad aprire ospedali e asili e in genere a prestare assistenza. Non sappiamo quante vite abbia salvato, e se non fosse per il "cappello da strega" non conosceremmo neppure il suo nome. E' l'incursione in un campo considerato "maschile" a lasciare una tenue traccia di lei, nulla di quel che compi' dopo. Perche' se la storia e' solo storia di guerre, di conquiste economiche o territoriali, di imperi e controimperi, di grandi navigatori e nuove frontiere, di mirabolanti congegni sempre piu' perfetti nell'uccidere (dalla punta di selce all'uranio impoverito o al fosforo bianco), se la storia e' storia di mortali e di una valle di lacrime, allora in questa storia non c'e' posto per le viventi e i viventi, per chi la vita la da', la nutre, la gode. Ecco perche' abbiamo bisogno della storia delle donne. 5. UNA SOLA UMANITA'. DORINA BIANCHI: LA SALUTE E' UN DIRITTO DI TUTTE LE PERSONE [Ringraziamo la senatrice Dorina Bianchi (per contatti: bianchi_d at posta.senato.it) per questo intervento] La garanzia del diritto alla salute per tutti i cittadini e' dettato costituzionale. L'integrazione di immigrati regolari e' dovere di un Paese democratico che testimonia nella cultura dell'accoglienza un antico segno di civilta'. La sicurezza dei cittadini deve essere tutelata e i flussi migratori regolati nel rispetto delle leggi, ma costringere i medici a denunziare alle Autorita' giudiziarie gli immigrati clandestini, come impone il "pacchetto sicurezza", contribuisce a creare una frattura insanabile fra classe medica e "clandestini" con seri rischi per la salute della collettivita'. Addio cosi' ai diritti dell'uomo, alle cure mediche e alla deontologia medica. 6. IL SACCHEGGIO DEL PUBBLICO ERARIO PER L'APPALTIFICIO CLIENTELARE. LA LOBBY AVVELENATRICE DEI MEGA-AEROPORTI GETTA LA MASCHERA [Riportiamo il seguente comunicato del 10 marzo 2009 del "comitato che si oppone all'aeroporto di Viterbo e s'impegna per la riduzione del trasporto aereo, in difesa della salute, dell'ambiente, della democrazia, dei diritti di tutti"] Le recenti esternazioni riportate dalla stampa di prominenti personaggi della lobby politico-affaristica dei mega-aeroporti confermano una flagrante ed oscena verita': che costoro non operano per il pubblico bene, ma per fare "regali", ovvero favori ai loro compari. * Il favore e il danno Cosi' il mega-aeroporto a Viterbo sarebbe un regalo, ovvero un favore di Tizio, e quello di Latina un regalo, ovvero un favore di Caio. Un favore a chi? Un favore a chi si arricchisce predando il pubblico erario e realizzando opere nocive per la salute e devastanti per il territorio. Un favore ai manutengoli del sistema di potere del regime della corruzione. Un favore ai cortigiani del clientelismo, del favoritismo, del nepotismo. E un danno per la popolazione che nel territorio che verra' devastato ed avvelenato vive. Un danno per la popolazione la cui sovranita', la cui dignita' ed i cui diritti vengono calpestati. Un danno per la popolazione che non avra' servizi pubblici utili perche' i fondi pubblici che potevano e dovevano essere utilizzati per il suo bene sono stati rubati e sperperati per opere malefiche. Un danno e un'atroce beffa per la collettivita', e per le istituzioni, e per la democrazia. * Ciampino docet Il danno provocato dall'azione della lobby politico-affaristica dei mega-aeroporti e' palese: le conseguenze sanitarie e quelle ambientali di un mega-aeroporto sono catastrofiche. Ciampino docet. E a Viterbo, ad esempio, la realizzazione del nocivo e distruttivo mega-aeroporto devastera' l'area termale del Bulicame e le preziose risorse li' esistenti; provochera' patologie e disagio enormi per gli abitanti dei popolosi quartieri cittadini a ridosso dei quali il mega-aeroporto sarebbe localizzato; provochera' un'ulteriore servitu' in un territorio che gia' ne subisce di pesantissime - dal polo energetico Civitavecchia-Montalto, alle servitu' militari, a quelle speculative -; provochera' un ulteriore impoverimento di un'economia gia' resa troppo fragile e di un territorio gia' troppo violato e saccheggiato. * Cio' che occorre Occorre opporsi alla realizzazione dei mega-aeroporti: a Viterbo, a Latina, ovunque. Occorre liberare Ciampino, la cui popolazione sta subendo da troppi anni una violenza scellerata ed infame: liberare Ciampino riducendo immediatamente e drasticamente i voli li' destinati, non spostandoli altrove ma abolendoli tout court. Occorre ridurre il trasporto aereo che oltre a devastare gli ecosistemi locali ed avvelenare le popolazioni che vivono in prossimita' dei sedimi aeroportuali, e' tra le attivita' maggiormente corresponsabili del disastro climatico globale, come dimostrato da incontrovertibili studi scientifici. Occorre difendere e valorizzare i beni culturali ed ambientali e le autentiche e sostenibili vocazioni produttive territoriali; occorre difendere e promuovere il diritto alla salute e alla sicurezza per tutte le persone; occorre opporsi al saccheggio del pubblico erario; occorre far valere la legalita' e la decenza. 7. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 8. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 756 dell'11 marzo 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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