Nonviolenza. Femminile plurale. 239



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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Supplemento settimanale del giovedi' de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 239 del 5 marzo 2009

In questo numero:
1. Non ripetere lo stesso errore
2. Per la messa fuorilegge dell'organizzazione razzista denominata Lega Nord
3. Clara Jourdan: Gesti
4. Eleana Marullo: Il femminicida e' in salotto
5. Rosa Villecco Calipari: Il governo ritiri la proposta delle ronde
6. Ida Dominijanni: Paura delle donne e violenza degli uomini
7. "Via Dogana" n. 88, marzo 2009
8. Isabella Bossi Fedrigotti presenta "Chi ha cucinato l'ultima cena?" di
Rosalind Miles
9. Elena Doni presenta "Stupro" di Joanna Bourke

1. EDITORIALE. NON RIPETERE LO STESSO ERRORE

Si ripete con la Lega Nord l'errore fatto col fascismo e col nazismo.
Troppi pensarono che dandogli un po' di tempo quei movimenti si sarebbero
civilizzati, che avrebbero dismesso lo squadrismo e gli omicidi, che magari
avrebbero continuato a fare proclami aberranti ma giunti al potere si
sarebbero acquietati e per cosi' dire imborghesiti. Non e' andata in questo
modo: l'acquiescenza iniziale ha portato alla dittatura, alla guerra
mondiale, alla Shoah: a un'immane carneficina.
Non ripetiamo lo stesso errore oggi con i razzisti al governo.
Prima che sia troppo tardi si attivino tutte le risorse democratiche del
paese.
Si difenda la legalita', si difenda lo stato di diritto, si difenda la
civilta' giuridica, si difenda l'ordinamento democratico.
Si contrasti il razzismo senza alcuna esitazione.
Ed i razzisti in quanto criminali siano perseguiti ai sensi di legge.
E le organizzazioni razziste siano dichiarate fuorilegge.
Ed i golpisti al governo siano fermati dalle competenti magistrature.
Con la forza della legalita'. Con la forza della democrazia.

2. INIZIATIVE. PER LA MESSA FUORILEGGE DELL'ORGANIZZAZIONE RAZZISTA
DENOMINATA LEGA NORD

Al Presidente della Repubblica Italiana
Al Presidente del Senato della Repubblica
Al Presidente della Camera dei Deputati
Oggetto: Richiesta di iniziativa per la messa fuorilegge dell'organizzazione
razzista denominata Lega Nord
Egregi Presidenti,
ci rivolgiamo a voi come massime autorita' dello Stato per richiedere un
vostro intervento al fine della messa fuorilegge dell'organizzazione
razzista denominata Lega Nord.
Tale organizzazione, che pur essendo assolutamente minoritaria nel Paese e'
riuscita ad ottenere nel governo nazionale l'affidamento di decisivi
ministeri a suoi rappresentanti, persegue e proclama una politica razzista
incompatibile con la Costituzione della Repubblica Italiana, con uno stato
di diritto, con un ordinamento giuridico democratico, con un paese civile.
Ritenendo che vi siano i presupposti per un'azione delle competenti
magistrature che persegua penalmente sia i singoli atti e fatti di razzismo,
sia l'azione organizzata e continuata e quindi l'associazione a delinquere
che ne e' responsabile, con la presente chiediamo un vostro intervento
affinche' si avviino le procedure previste dalla vigente normativa al fine
della messa fuorilegge dell'organizzazione razzista denominata Lega Nord e
della punizione ai sensi di legge di tutti gli atti delittuosi di razzismo
da suoi esponenti promossi, commessi, istigati o apologizzati.
Con osservanza,
il "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo
Viterbo, 27 febbraio 2009

3. UNA SOLA UMANITA'. CLARA JOURDAN: GESTI
[Ringraziamo Clara Jourdan (per contatti: c.jourdan at tiscali.it) per questo
intervento]

Sono d'accordo che si possa ancora cercare di contrastare quelle
disposizioni che danno risposte nefaste al bisogno di sicurezza. Non e'
facile intervenire in maniera efficace, bisogna inventare gesti e anche
parole, perche' ripetere il discorso dei diritti umani finisce per servire
quasi solo a mettersi a posto la coscienza. Se ci guardiamo in giro e
ascoltiamo possiamo scoprire gesti magari piccoli ma significativi, che
ripresi potrebbero fare un movimento, come era successo anni fa con le
bandiere della pace alle finestre delle case.
Un esempio: Clara Sereni, sull'"Unita'" del 10 febbraio 2009, racconta di
aver visto nella bacheca del suo medico di base la scritta "In questo studio
i clandestini non si denunciano, si curano" e propone che cartelli analoghi
si espongano negli studi medici, negli ospedali e cliniche ecc.
La redazione del sito della Libreria delle donne
(www.libreriadelledonne.it), di cui faccio parte, si unisce alla proposta di
Clara Sereni e invita a chiedere ai nostri medici e mediche di base di
esporre il cartello "In questo studio i clandestini non si denunciano, si
curano".

4. UNA SOLA UMANITA'. ELEANA MARULLO: IL FEMMINICIDA E' IN SALOTTO
[Dalla newsletter dell'Osservatorio Ligure sull'Informazione
(newsletter-oli at olinews.it) riprendiamo il seguente articolo dal titolo
"Ronde domestiche per le donne?"]

Si definisce come femminicidio "ogni pratica sociale violenta fisicamente o
psicologicamente, che attenta all'integrita', allo sviluppo psicofisico,
alla salute, alla liberta' o alla vita delle donne, col fine di annientarne
l'identita' attraverso l'assoggettamento fisico o psicologico, fino alla
sottomissione o alla morte della vittima nei casi peggiori".
La Casa delle donne ha pubblicato a novembre 2008 un documento dal titolo
eloquente: "La mattanza. Femminicidio: ricerca sulla stampa italiana
nell'anno 2007". Sono stati esaminati tutti i 126 casi di omicidio di donne,
dagli undici anni in su, compiuti per motivi misogini o sessisti dal gennaio
2007 al gennaio 2008.
Ecco cosa ne emerge: nel 75% dei casi l'assassino e' un familiare della
vittima, nel 12% un conoscente, soltanto nell'11% uno sconosciuto. Nel 44%
dei casi l'assassino e' il marito o convivente, nell'8% il figlio. Alta
percentuale, 14,2%, di omicidi commessi da ex (mariti, fidanzati,
conviventi), dato che collima con le percentuali sui moventi: 16,6% per
separazione, 8% per gelosia, 3,2% per rifiuto di una relazione o di un
rapporto sessuale, mentre generiche conflittualita' sono al 24%.
Le prime nazionalita' delle donne uccise: 72% italiane, 10,3% romene, 1,6%
peruviane; quanto alla la nazionalita' degli assassini: 70% italiani, 5,5%
romeni, 1,6% peruviani, 13% sconosciuto. Ennesimo dato interessante, al
confronto con il 2006 e' quasi raddoppiato il numero delle vittime tra i 46
ed i 75 anni.
Alla luce di questi numeri, dove sarebbe il caso di mettere le famigerate
ronde? Per strada a pattugliare i clandestini? Al fianco di ogni bella
donna? Oppure nel tepore accogliente del focolare domestico?

5. UNA SOLA UMANITA'. ROSA VILLECCO CALIPARI: IL GOVERNO RITIRI LA PROPOSTA
DELLE RONDE
[Dal sito www.rosacalipari.it riprendiamo la seguente dicharazione dell'on.
Rosa Villecco Calipari del 2 marzo 2009]

L'immagine delle ronde scortate dalla polizia e' il miglior test della loro
inutilita', il governo ritiri la proposta.
Le forze dell'ordine non possono essere umiliate diventando il cane da
guardia della propaganda delle destre.
Inoltre sarebbe un gravissimo segnale da parte del ministro La Russa la
sottovalutazione dell'allarme del Cocer dei Carabinieri, per i quali le
ronde non aumenteranno affatto la sicurezza dei cittadini.

6. RIFLESSIONE. IDA DOMINIJANNI: PAURA DELLE DONNE E VIOLENZA DEGLI UOMINI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 3 marzo 2009 col titolo "Paura delle
donne e violenza degli uomini"]

Per quanto ci proviamo con ostinazione, ogni volta che si alza la cosiddetta
"emergenza stupro" facciamo fatica a tener fermo il punto cruciale, ovvero
che la violenza sessuale e' un reato appunto sessuale e sessuato, commesso
da uomini su donne (o, piu' raramente, su altri uomini). Di emergenza in
emergenza, questa barra tende sempre a spostarsi e la questione sfuma, da
questione sessuale in questione sociale, o etnica, o securitaria, in cui ne
va delle condizioni in cui si vive, del razzismo emergente, dell'insicurezza
reale o percepita: tutti contorni importanti, che rischiano pero' di
subissare il punto cruciale di cui sopra, favorendone quando non
legittimandone la rimozione (maschile, a destra e a sinistra). Sul punto
cruciale fa luce l'intervento di Tamar Pitch che apre l'ultimo numero della
rivista "Studi sulla questione criminale" (Carocci), intitolato "Ginocidio.
La violenza maschile contro le donne" (gli altri interventi sono di Giuditta
Creazzo, Encarna Bodelon, Elena Larrauri, Federica Resta, Ana Laura
Sabadell, Barbara Spinelli: se ne discute questo pomeriggio a Roma, nella
sala della pace della Provincia alle 17,30). Piu' che dello stupro - ormai
codificato nel senso comune perlopiu' come reato di strada commesso da
sconosciuti - la rivista mette a fuoco il ben piu' largo arco di violenze
commesse da uomini su donne, in Italia e altrove, frequentemente in famiglia
e perlopiu' da uomini che con le donne che maltrattano hanno, o hanno avuto,
una relazione, familiare o sentimentale.
E' quest'ultimo il dato da cui partire, perche' dice che la violenza
maschile contro le donne si inscrive oggi, prima che in un contesto sociale,
in un contesto dei rapporti fra i sessi, ed e' questo contesto che va
indagato e interrogato. La tesi centrale di Pitch e' netta: "la violenza
maschile contro le donne e' indizio non del patriarcato, ma della sua
crisi". Una crisi i cui ingredienti sono da un lato la liberta' femminile
guadagnata, dall'altro il crollo della maschilita' tradizionale, che si
manifesta in una "impotenza non solo fisica ma ormai pienamente simbolica",
che alla liberta' femminile reagisce per l'appunto con la violenza: "cio'
che viene chiamato violenza (maschile) si estende, si allarga, a misura che
le donne acquisiscono liberta' e quote di potere".
Se questo e' il nocciolo, bisogna chiarire che non si tratta di un nocciolo
"privato", ma di un nucleo simbolico che irradia ad amplissimo raggio il
sociale e il politico. In primo luogo, la crisi e l'impotenza della
virilita' tradizionale che si arma di violenza riverbera sull'oscillazione
fra le due modalita' della politica oggi prevalenti, ovvero fra "una
politica timida, sottomessa, tentennante, ambivalente" e "una politica tutta
decisione ed eccezione". In secondo luogo, la crisi delle relazioni fra i
sessi riverbera sullo scambio sociale e culturale, e in particolare sulla
ben nota catena di questioni che vanno dalla xenofobia alla paranoia
securitaria: ma e' importante, concettualmente e politicamente, sottolineare
che non e' la violenza sessuale a procedere dalla tensioni razziali o
securitarie, ma viceversa e' il nocciolo delle relazioni sessuali a
delineare i nuovi contorni delle questioni razziali e securitarie.
Come? Per capirlo occorre, intanto, decostruire il sentimento della paura.
Agitata nel dibattito pubblico come sentimento generico, essa e' invece
attraversata in modo sostanziale da linee di genere. Per un verso, nelle
donne la paura e' e resta soprattutto paura degli uomini: dell'essere umano
di sesso maschile, quale che sia la sua etnia o il colore della sua pelle.
Per l'altro verso, in tempi di crisi del patriarcato si rinnova negli uomini
un'antica paura delle donne: "Le donne sono nell'immaginario collettivo
depositarie del futuro, della continuita' dell'identita' culturale e
nazionale. E allora bisogna tenerle sotto controllo, tanto piu' quanto piu',
come oggi, dispongono di una certa liberta' sessuale e riproduttiva.
Insomma, la paura della liberta' delle donne e' strettamente connessa a
quella paura del futuro e del 'diverso' che spinge alla ricerca o
all'invenzione di identita' culturali pseudo-omogenee, pseudo-tradizionali".
In risposta a questa paura, si maltrattano le donne, meglio se ex partner, e
contestualmente si criminalizza "l'altro" uomo, lo straniero, che
potenzialmente insidia le "nostre" donne. Piu' in generale, "paura,
creazione di 'comunita' di complici', esaltazione della famiglia
tradizionale, ricerca di identita' 'di sangue e suolo' riposano tutte sul
controllo, la disciplina, la violenza sulle donne. La storia sembra antica,
ma lo e' solo in parte, perche' e' proprio quando, come adesso, le comunita'
si rivelano illusorie, le famiglie inesorabilmente plurali e diversificate,
i legami costitutivamente fragili, che il controllo diventa violenza
esplicita, segno di impotenza e frustrazione piuttosto che di un senso di
autorita' legittima". Ed e' allora, va da se', che la politica della
sicurezza cerca nell'emergenzialismo e nel decisionismo il succedaneo
dell'autorita' perduta.

7. RIVISTE. "VIA DOGANA" N. 88, MARZO 2009
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano (www.libreriadelledonne.it)
riprendiamo il sommario di ""Via Dogana" n. 88, marzo 2009, "Italia
sottosopra"]

Da Guardare indietro, rubrica di Vita Cosentino
Il titolo di questo numero, Italia sottosopra, richiama allo stesso tempo il
disordine inquietante che si squaderna ogni giorno sotto i nostri occhi e la
storia del femminismo in Italia (la rivista "Sottosopra"). Nella storia, mai
come oggi le donne sono state numerose nello spazio pubblico, non una o due
donne eccezionali, non un gruppo privilegiato, si tratta di una presenza in
massa, dappertutto. In questa Italia cosi' cambiata, la rivista mostra e
indica una qualita' di esserci che tagli con cio' che e' diventato marcio
nella vita pubblica: mettere i piedi nel piatto e' il motto che si avvicina
di piu' a farla intendere: vuol dire basta con le belle maniere e risolversi
a dire cio' che va detto. Con questo non si intende passare alle "brutte
maniere", piuttosto a gesti spiazzanti e parole impreviste. Per le donne
significa anche girare pagina rispetto a una certa tendenza femminile
all'acquiescenza e viversi, la' dove si e', un protagonismo libero, sapendo
che i gesti di rottura sono gli unici che aiutano a muoversi...
*
Da Luisa Muraro, Le donne c'entrano
"Eluana e' morta, lite in Senato", come titolo in caratteri cubitali sulle
prime pagine dei giornali, e' la fotografia di una strana rivoluzione. La
cronaca si e' gonfiata oltre misura invadendo le pagine della politica e
quelle della cultura e si tira dietro di tutto, dai problemi
dell'immigrazione in un paese impreparato agli interventi della Chiesa
cattolica, passando per discussioni filosofico-scientifiche, pianti e
lacrime che la televisione munge dalle vittime di turno, annunci minacciosi
di riforme e raffiche di sondaggi. Sembra di stare in una citta'
alluvionata, la topografia e' cancellata, le fogne sono rotte, l'acqua porta
in giro gli arredi di una convivenza in forse, in un grande andirivieni che
ignora destra e sinistra, alto e basso, dentro e fuori...
*
Da Vita Cosentino e Alessio Miceli, C'e' di meglio che tirare bulloni
Il primo settembre riaprono le scuole. Di solito e' un giorno festoso, ci si
incontra tra insegnanti con visi abbronzati e sorrisi non ancora tirati
dallo stress, per ricominciare... Quest'anno no, e' il giorno dello
sconcerto. Con un colpo di mano della neoministra Mariastella Gelmini,
entrano in vigore alle elementari, con un decreto legge, le nuove norme:
"maestro unico", ritorno al voto in condotta e al grembiulino. Tutto
perfettamente in linea con i tagli di centotrentamila docenti previsti nella
finanziaria Tremonti. Sui giornali, tranne alcuni, se ne parla poco, La
"sinistra" balbetta. Il clima e' pesante: sembra che non ci siano piu'
energie da spendere nella lotta. La scuola "Iqbal Masih" di Roma indice una
riunione e si ritrovano tutte, maestre e dirigenti. Poi la segue un'altra, e
un'altra ancora e cento altre. Dappertutto le maestre entrano in movimento.
In un tempo rapidissimo donne comuni, le maestre, diventano donne politiche.
Cominciano a prendere la parola pubblicamente, che e' il cuore della
politica. Poi tanto altro segue...
*
Da Marina Terragni, I piedi nel piatto
Se c'e' una cosa che mi irrita e' tutta questa retorica sulla forza
femminile. Dappertutto, a Nord, a Sud, mi imbatto in donne che con sguardo
luccicante continuano a ripetere il mantra: "Siamo noi le piu' forti, le
piu' intelligenti, le piu' preparate, le piu' brave". Mio figlio, che ha
vent'anni, di tanto in tanto e' colto da attacchi di furia maschilista, e lo
posso capire.
La retorica della forza femminile puo' diventare una trappola non meno
pericolosa di quella del vittimismo e della recriminazione: da una cosa
siamo saltate direttamente all'altra, e non mi convince.
Quanto a me, io non ci tengo ad essere forte, semmai voglio essere libera e
felice. Sapere di aver fatto molte cose serve a darmi fiducia nel fatto di
poterne fare altre, a Dio piacendo. Ma vorrei poter essere e agire
liberamente fuori da una logica di forza: semmai c'e' da esplorare questo
territorio e provare ad abitarlo...
*
Da Adele Manzi, Donne che premono sulla porta
I camion passano e ripassano davanti alla scuola delle suore e a quella che
le sta accanto piena di sfollati e scaricano nel mare calcinacci, blocchi di
muri e di tetti-terrazze in cemento armato, utensili da cucina sfondati,
televisori, tronchi e rami di giovani alberi di agrumi piantati e innaffiati
con amore, nei minuscoli cortili, per ricordare le distese verdi della terra
perduta. Seduti sulla soglia della scuola due o tre vecchi guardano con
occhi spenti. Una donna anziana mi dice: "Vedi cosa hanno fatto di noi gli
arabi?" "Gli israeliani, vuoi dire", le rispondo. Tace, ma ho capito cosa
vuol dire...
*
Da Marina Spada, Io e il mio cinema
Sono nata a Milano, nel quartiere storico e popolare chiamato Stadera. Mio
padre guidava il tram, mia madre era casalinga. Sono sicura che sono quello
che sono perche' ho avuto quella madre. Quando il mio film Come l'ombra nel
2006 fu ammesso al festival di Venezia ho pianto molto perche' lei non c'era
piu'. Io so che le devo tutto, il mio vero produttore e' stata lei che mi ha
sempre sostenuto e criticato, anche duramente. Mi stimava, mi voleva bene e
me lo diceva. Sono stata la sua vendetta sociale. Lei era una di quelle
donne che ti occupano militarmente l'anima, e' stata una femminista prima
del femminismo...
*
Da Silvana Ferrari, Come l'ombra, un film di Marina Spada
Milano, un quartiere di periferia non estrema, una via come tante altre,
grandi agglomerati di case dietro le cui finestre scorrono le vite di
persone, invisibili le une alle altre. Claudia, trent'anni, vive da sola in
un piccolo appartamento. Tutti i giorni gli stessi gesti: si alza, una
veloce colazione, il tragitto verso il lavoro insieme ad altre persone
altrettanto indifferenti; poi al lavoro, seduta dietro vetri davanti a cui
passano altre vite; a sera il ritorno a casa, una casa identica a come e'
stata lasciata il mattino: pulita, ordinata, senza nulla fuori posto. E
naturalmente la domenica il pranzo dalla mamma. Una sicurezza costruita
geometricamente e mentalmente blindata per celare tanto vuoto e tanta
solitudine.
L'incontro con Boris, il nuovo insegnante di russo della scuola serale, fa
forse sperare in un amore. Ma i pochi rapporti affettuosi vengono
immediatamente scambiati con un favore. Boris le chiede di ospitare una sua
"cugina" proveniente dall'Ucraina.
Olga e' bella, vitale, desiderosa di partecipare al benessere che intravvede
nella grande citta'. Il tempo di cominciare a conoscersi, d'intrecciare una
timida amicizia che Olga svanisce, ingoiata, risucchiata nel nulla...
*
Da Marina Santini e Luciana Tavernini, Parlare con onesta' alle persone
oneste, Intervista a Graziella Bernabo'
Negli ultimi anni abbiamo visto un fiorire di iniziative con una forte
presenza femminile intorno a una o piu' protagoniste del pensiero o
dell'arte. E questo ci ha dato un senso di respiro e il piacere di stare tra
noi.
Nel Convegno di tre giorni su Antonia Pozzi, svoltosi all'Universita'
Statale di Milano a fine novembre 2008, abbiamo colto alcune novita'. Erano
evidenti le relazioni femminili che lo avevano sostenuto, si sentiva la
circolarita' della pratica e del pensiero della differenza in vari
interventi, insieme a modalita' di pensiero e di rapporto piu' tradizionali.
Erano presenti studiose e studiosi, di ambiente universitario e non, in
attento ascolto reciproco, che valorizzavano Antonia Pozzi con sguardi di
discipline e arti diverse. Tenevano conto dell'intreccio vita/opera,
accogliendo l'impostazione data da Graziella Bernabo' nella biografia Per
troppa vita che ho nel sangue (Viennepierre, 2004) e talora mettendosi in
gioco personalmente...
*
Pausa lavoro: Donne che parlano di eta' della pensione / Le nostre domande a
Loretta Napoleoni
*
Da Riccardo Fanciullacci, Capogiro maschile davanti alla signoria femminile
Quest'autunno, per un incrocio di circostanze, alcune delle quali davvero
fortunose, ho tenuto alcune lezioni all'interno di un corso dedicato
all'etica della differenza sessuale. La stessa presenza di un tale corso in
un'universita', quella di Venezia, che non e' storicamente legata alla
tradizione del pensiero femminile, e' gia' una di quelle novita' che
meritano di essere sottolineate. Io ho scelto come tema il concetto di
genealogia femminile e ne ho trattato a partire da alcuni testi di Luce
Irigaray degli anni '80, da vari scritti di Luisa Muraro e da alcuni dei
volumi di Diotima. Avendo preso come filo conduttore il libro Tre lezioni
sulla differenza sessuale e in particolare la seconda lezione, quella in cui
Luisa Muraro indaga l'emergere del concetto di genealogia femminile
nell'opera della Irigaray, ho involontariamente favorito l'accadere di
un'interessante "doppia mossa": mentre parlavamo e discutevamo in astratto
della genealogia femminile e del suo significato, abbiamo potuto fare
concretamente esperienza di questa nel modo stesso in cui Luisa Muraro si
rapportava a Luce Irigaray (o a Virginia Woolf, nella prima delle tre
lezioni). La capacita' di dire il vero del discorso veniva come potenziata
da quella esperienza, la quale a sua volta si trovava chiarita e illuminata
da quel discorso...
*
Da Federica Giardini, Valeria Mercandino, Roberta Paoletti, Roma Tre
l'aurora della politica
Con Valeria e Roberta abbiamo deciso di mettere per iscritto alcuni pensieri
dopo i tre mesi di intensa mobilitazione che ci hanno coinvolte
all'universita' di Roma Tre. Abbiamo lavorato insieme a lungo, a cominciare
dalle lezioni del corso il cui programma abbiamo deciso di modificare, per
farlo diventare un momento di discussione sull'universita' e sui problemi
che si stavano presentando. Ma, fin da subito, insieme al corso, si sono
susseguiti i momenti di manifestazione per strada, il confronto con altri
gruppi studenteschi organizzati, fino alla decisione di ritrovarsi ogni
mercoledi' in un gruppo di discussione seminariale...
*
Da Pasqua Teora, Basta con le belle maniere
La conosco da tanto e la conosco bene, fin da quando eravamo molto giovani.
A quei tempi, alla fine degli anni '70, lei era un'insegnante scapigliata in
una scuola privata equivalente agli attuali licei psicopedagogici, allora
col solo triennio le studentesse venivano abilitate all'insegnamento nelle
scuole materne.
In quella scuola privata e parificata un pugno di insegnanti giovani e
idealiste, in assenza di un potere centrale rigidamente direttivo, aveva
dato vita a un gruppo affiatato, capace di efficaci e innovative metodiche
didattiche. La relazione tra le colleghe rispecchiava in qualche modo quella
aperta e accogliente verso il centinaio di studentesse frequentanti. Nel
complesso, in quella scuola regnava un clima molto vitale e creativo e cio'
nonostante lo stabile fosse fatiscente e gli stipendi, per gli insegnanti,
fossero da fame...
*
Da Maria Grazia Fontana, Le ragioni del colon. Riflessioni di una medica
chirurga
Ho letto con grande interesse il Quaderno di Metis Ma c'e' la vita (2007),
l'ho passato alle colleghe, ne abbiamo parlato e tutte abbiamo trovato
particolarmente interessanti due aspetti. Il primo e' la premessa dalla
quale il libro parte: il bisogno di chi lavora oggi nella sanita' di farlo
in liberta' riflettendo sul proprio lavoro. E' un bisogno molto sentito in
ambito medico, oltre che infermieristico, come necessita' di un riferimento
simbolico che ci aiuti a ritrovare un senso in quello che facciamo. Questo
bisogno di senso e' testimoniato dal numero sempre crescente di medici e
infermieri che accettano di andare a lavorare nei paesi sottosviluppati
proprio perche' il ritrovare il senso del lavoro quotidiano non e' semplice.
Condivido il giudizio che viene dato sui corsi d'aggiornamento: fanno
confusione, fanno fumo e rendono sicuramente meno evidente questo bisogno a
cui non sono in grado di rispondere...
*
Lettere e interventi: Uomini di Catania sulla violenza sessista; Congedo da
amica; Il maschile unico, lettere e polemiche
*
Da Ipazia d'Alessandria. Un racconto sacro e politico
La storia di Ipazia d'Alessandria, vissuta tra il IV e V secolo dopo Cristo,
e' stata scritta da Gemma Beretta nel XX secolo (Ipazia d'Alessandria,
Editori Riuniti, Roma 1993) a partire dalle biografie scritte da storici
dell'epoca di Ipazia, contemporanei o venuti poco dopo l'assassinio di lei.
Tra questi, il biografo piu' prezioso e' Damascio, che arrivato ad
Alessandria alla fine del V secolo vi ha incontrato uomini che "narravano un
racconto sacro e politico".
Questo e' il racconto della vita di una donna, la figlia del matematico
Teone. Ella, riferisce Damascio, "nacque, crebbe e fu educata ad
Alessandria. Di natura piu' nobile del padre, non si accontento' del sapere
che viene attraverso le scienze matematiche e cui era stata introdotta da
lui, ma, non senza altezza d'animo, si dedico' anche alle altre scienze
filosofiche"...

8. LIBRI. ISABELLA BOSSI FEDRIGOTTI PRESENTA "CHI HA CUCINATO L'ULTIMA
CENA?" DI ROSALIND MILES
[Dal "Corriere della sera" del 3 marzo 2009 col titolo "Quando le donne
persero il potere" e il sommario "Esce da Elliot Chi ha cucinato l'ultima
cena?. Le vicende dell'umanita' dall'altro punto di vista. Dalla signora
delle caverne al neomachismo: storia femminile del mondo"]

Non fosse che per il titolo, il libro meriterebbe attenzione. Chi ha
cucinato l'ultima cena? e', in effetti, una domanda che nessuno
probabilmente si era mai posto prima della saggista inglese Rosalind Miles,
fondatrice del Centro per gli studi sulla donna dell'Universita' di
Coventry. Ovvio che risposta non l'ha trovata, ma il paradossale quesito e'
servito comunque a intitolare la sua ampia e sistematica ricerca sulla
storia del mondo al femminile, dalla notte dei tempi fino ai giorni nostri.
Il primo nucleo del libro risale in verita' a circa vent'anni fa, mentre la
sua versione definitiva, riscritta e corredata del nuovo, brillante titolo
e' del 2000. Uscito da tempo in tutto il mondo, Cina compresa, Chi ha
cucinato l'ultima cena? arriva tuttavia soltanto venerdi' in Italia
(tradotto da Luisa Pece per Elliot) e chissa' se il ritardo e' dovuto al
feroce sarcasmo che l'autrice dedica al pervicace machismo mediterraneo o,
invece, alla denuncia appena un po' piu' soave del mai davvero tramontato
antifemminismo cui e' improntata la tradizione religiosa cristiana. Oppure
dipendera' dal fatto che Rosalind Miles non nasce come storica ma lo e'
diventata sulle tracce di un suo particolare interesse in nome del quale ha
consultato un numero sterminato di fonti, testimoniate dalla vastissima
bibliografia del libro?
Nonostante le frequenti citazioni virgolettate, il lettore e, naturalmente,
ancora piu' la lettrice segue il racconto con interesse e divertimento
grazie allo stile poco accademico e allo humour della migliore tradizione
inglese che tende a sdrammatizzare anche i contesti piu' tremendi nei quali
si sono trovate le donne nel corso dei secoli, principalmente per opera dei
loro peggiori nemici, gli uomini: maggior danno, infatti, a quanto pare, non
hanno avuto da cataclismi, inondazioni, incendi o epidemie e tanto meno da
animali feroci. Divertimento, dunque, si', pero' in qualche caso e'
inevitabile il raccapriccio di fronte a certe offensive pesanti e
sistematiche, oltre che codificate dalle leggi civili e religiose, subite
nel tempo dalle donne: offensive in parte gia' note, pero' per lo piu'
velocemente e volentieri dimenticate.
L'autrice sostiene che per un lungo periodo, fino all'incirca all'eta' del
ferro, le donne erano rispettate, onorate, riverite e servite, niente
affatto - come da sempre illustrano i libri di scuola - chiuse nelle caverne
ad attizzare il fuoco o intente alle incombenze piu' umili nell'attesa che
il prode tornasse dalla caccia, e ancora meno erano sottomesse ai voleri di
lui. Le signore passavano prima, insomma, come ancora succede in qualche
rara tribu' primitiva nascosta nelle foreste, ma non solo riesce difficile
immaginarlo, anche a scriverlo si fa quasi fatica perche' cosi' radicata e'
l'immagine dell'antica donna asservita in secondo piano che in un certo
senso mancano i termini per descrivere la primigenia situazione capovolta.
La signora delle caverne non se ne stava, dunque, affatto rintanata, bensi'
si occupava della raccolta di frutti e della coltivazione di orti,
assicurando in tal modo la sopravvivenza della comunita' giorno per giorno.
Radunava frasche, costruiva rifugi e difese contro gli animali, istruiva i
figli e partecipava alle famose cacce, come testimoniano non pochi graffiti
paleolitici. Ovvio, dunque, che venisse tenuta in grande conto. La vera
ragione della sua supremazia stava, tuttavia, soprattutto, nel misterioso
potere di procreare dal nulla piccoli uomini e piccole donne, nel misterioso
e magico scorrere puntuale del suo sangue che, pur essendo impossibile da
fermare, non la uccideva come sarebbe stato normale per una simile ripetuta
emorragia. La logica conseguenza fu che si venero' la Grande Madre, potente
dispensatrice di vita, dio femmina innalzata sugli altari come poi non e' -
quasi - mai piu' successo, tranne che per figure divine collaterali, come,
per esempio, la nostra Madonna.
La grande svolta che porto' in alto gli uomini e in basso - per sempre - le
donne storicamente arrivo' quando le comunita' si fecero piu' numerose per
cui gli orti non bastarono piu' a nutrire tutti quanti e fu necessario
coltivare campi piu' estesi, con impiego di attrezzi pesanti; campi che
bisogno' poi anche difendere dagli aggressori esterni: entrambe incombenze
ovviamente adatte in particolare ai piu' muscolosi e prestanti maschi.
Filosoficamente il tramonto della supremazia femminile arrivo', invece,
secondo la Miles, nel momento in cui gli uomini compresero - non i singoli
ma le intere popolazioni - il legame esistente tra atto sessuale e
gravidanza, d'un colpo assai meno misteriosa e, soprattutto, impossibile
senza il contributo maschile.
Il dio da adorare divenne allora maschio con il suo fallo innalzato alto
sugli altari, e, di passo in passo, come se tutti gli uomini insieme fossero
stati un solo uomo troppo a lungo umiliato lontano dal potere e smanioso di
rivalsa, la donna fu ridotta a figurante di secondo piano, a schiava
sottomessa e senza alcun potere, a puro contenitore biologico alla quale
neppure i figli appartenevano.
Questa nuova situazione fu, nel corso dei secoli, ampiamente formalizzata
anche da firme illustrissime, quali, per esempio, Eschilo che nelle Eumenidi
scrisse: "Colei che viene chiamata madre non e' genitrice del figlio, bensi'
la nutrice dell'embrione appena seminato. E' il fecondatore che genera".
Oppure Aristotele, secondo il quale "la donna e' passiva. Sta a casa come e'
nella sua natura. E' l'incubatrice passiva del seme maschile". E teorie piu'
o meno identiche sul minor valore delle donne (in qualche caso anche
rispetto agli animali domestici) riecheggiarono serenamente concordi
dall'una all'altra parte del mondo.
Poi vennero le grandi religioni monoteiste, e, come scrive l'autrice, furono
i chiodi della bara delle liberta' femminili. Il dio divenne padre e per
quello cristiano parlo' Sant'Agostino: "La donna non e' fatta a immagine di
Dio... l'uomo soltanto e' l'immagine di Dio". Quello musulmano - si sa - fu
ancora piu' duro e Maometto nel Corano spiego': "Gli uomini hanno autorita'
sulle donne perche' Dio ha preferito alcune creature ad altre. Percio' le
donne buone sono obbedienti. Se poi temete che alcune si ribellino,
ammonitele, lasciatele sole nei loro letti e poi frustatele".
Il resto, si puo' dire, e' la variegata storia di oggi.

9. LIBRI. ELENA DONI PRESENTA "STUPRO" DI JOANNA BOURKE
[Dal quotidiano "L'Unita'" del 2 marzo 2009 col titolo "Lo stupro non e' una
fatalita' e gli uomini possono cambiare" e il sommario "Stupro. Il corposo
saggio di Joanna Bourke e' la prima storia della violenza sessuale.
L'autrice smonta molti luoghi comuni, come quello piu' comune dell''e'
sempre esistito'. Se vogliamo analizzare il flagello dello stupro dobbiamo
puntare uno sguardo gelido sui colpevoli e smontarne i meccanismi emotivi.
E' quanto fa Joanna Bourke in Stupro, storia della violenza sessuale"]

Chi sono gli stupratori? Perche' il loro corpo e la loro testa funzionano in
modo deviante? Come si e' comportata la societa' nei loro confronti
nell'ultimo secolo e mezzo?
Cinquecento pagine sull'argomento (piu' altre cento di bibliografia e note)
portano, per cominciare, a cancellare tutti i luoghi comuni circolanti su
violenze sessuali e violentatori. Le ha scritte una storica inglese, Joanna
Bourke, docente al Birbeck College di Londra, in un libro ora tradotto in
italiano presso Laterza (Stupro. Storia della violenza sessuale).
Il primo luogo comune a cadere sotto i colpi della Bourke e' quello sulla
costanza storica dello stupro: "e' sempre esistito in tutte le societa'",
cio' che ovviamente sottintende "e sempre esistera', quindi perche' agitarsi
tanto?". Invece l'asserzione e' falsa: esistono societa' in cui la violenza
sessuale e' quasi sconosciuta e ci sono invece epoche in cui gli stupri sono
in forte aumento. Le societa' in cui regna l'eguaglianza sessuale, la
tranquillita' e alti livelli di potere economico femminile hanno basse
percentuali di stupri, dice il libro. Noto a tutti e' invece l'aumento
esponenziale di violenze sessuali che si verifica in tempo di guerra: alcuni
studiosi hanno avanzato la peregrina spiegazione che ogni e qualsiasi tipo
di arma ricorda il fallo, altri hanno ricordato che spesso in un teatro di
guerra dopo una battaglia vittoriosa i comandanti concedono ai soldati
ventiquattr'ore di vacanza da tutte le regole: e' la tradizione del bottino
di guerra, in cui sono incluse le donne. Come accadde in Italia nel 1944,
dopo la battaglia di Montecassino, a opera delle truppe coloniali inglobate
nell'esercito francese, che ebbero dal generale Juin 50 ore di liberta':
migliaia di donne italiane furono "marocchinate", parecchie morirono, Pio
XII ne scrisse a De Gaulle, ne ebbe una risposta accorata e l'apertura di un
provvedimento contro 360 soldati. In Giappone le cose non andarono meglio:
nei documenti dell'esercito americano e' scritto che in dieci giorni, tra il
10 agosto e il 10 settembre 1945, gli Alleati si resero protagonisti di 1336
stupri nella sola prefettura di Kanagawa. Un ex sergente delle Riserve
dell'Esercito che aveva accesso all'archivio delle forze di occupazione del
Commonwealth dichiaro' che i documenti erano una rassegna di stupri,
saccheggi e razzie. E conclude con un esempio: "Una sera entriamo in un
bordello e forse ci fanno pagare un bicchiere di birra cinque centesimi in
piu'. Cosi' torniamo al campo, reclutiamo trenta compagni e andiamo a
distruggere il bordello, lo incendiamo, pestiamo il personale e stupriamo le
donne che non ci piacciono. E per tutto questo riceviamo una tiratina
d'orecchie". Qualche decennio dopo la "propensione" dei soldati alle
violenze sessuali fu cinicamente strumentalizzata in Bosnia dal leader serbo
Radovan Karadzic, che era stato psichiatra, per indurre i bosniaci a firmare
l'abbandono "volontario" delle loro case e dei loro beni: fu "l'arma dello
stupro", che dette il titolo a un instant book pubblicato nel 1993 (E. Doni
e C. Valentini , La Luna edizioni).
Il libro di Joanna Bourke sulla storia della violenza sessuale passa in
rassegna anche l'accoppiata che viene periodicamente riproposta tra
immigrazione e stupri. Negli Stati Uniti l'argomento e' stato studiato in
particolare per quello che riguarda gli afroamericani e la violenza e' stata
indicata come prodotto della sottocultura del ghetto: espressione di
alienazione e rabbia diffuse, del desiderio di dimostrare la propria
aggressivita' e la capacita' di dominio. "Mi deliziava l'idea di sfidare e
di calpestare la legge dei bianchi, il loro sistema di valori, di profanare
le loro donne", ha scritto Eldridge Cleaver, leader di Potere Nero. Peccato
pero' - nota la Bourke - che sociologi e criminologi concordano nel dire che
il 90% degli stupri e' interrazziale.
Un altro argomento del giorno in Italia e' quello dell'inasprimento delle
pene, che sono in molti a chiedere. "L'esperienza insegna - dichiara la
storica inglese - che l'aumento delle reazioni punitive e' stato inefficace,
se non controproducente". E neppure l'approccio "medico" - lobotomia,
castrazione chimica - ha dato risultati sicuri. A volte ha solo modificato
l'obbiettivo: e' capitato che un pedofilo abbia smesso di molestare i
bambini per rivolgere la sua violenza contro donne adulte. E tuttavia,
conclude la Bourke, lo stupro non e' un male endemico dell'umanita'. Gli
uomini non sono stupratori: alcuni uomini lo sono e anche alcune donne.
Stupratori non si nasce, si diventa: essere crudeli e' una scelta. Dalla
quale si puo' tornare indietro, come accadde proprio al leader di Potere
Nero, Eldridge Cleaver. La violenza sessuale puo' essere combattuta e vinta,
dice l'autrice di Stupro, con una politica della virilita' che si concentri
sul corpo dell'uomo come strumento di piacere e non di oppressione e dolore.

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NONVIOLENZA. FEMMINILE PLURALE
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Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 239 del 5 marzo 2009

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