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Minime. 720
- Subject: Minime. 720
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 3 Feb 2009 01:22:24 +0100
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 720 del 3 febbraio 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Un criterio infallibile 2. Il solito massacro 3. Vera Schiavazzi: Il Centro "Primo Levi" a Torino 4. Mauro Novelli: Lucio Mastronardi 5. Raffaello Saffioti: Mi abbono ad "Azione nonviolenta" perche'... 6. Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" 7. Riedizioni: Agostino, Dialoghi 8. Riedizioni: George Berkeley, Opere filosofiche 9. Riedizioni: Auguste Comte, Corso di filosofia positiva. Lezioni XLVI-LX 10. Riedizioni: Primo Levi, Opere (volume II) 11. La "Carta" del Movimento Nonviolento 12. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. UN CRITERIO INFALLIBILE C'e' un criterio infallibile per valutare l'accettabilita' o l'inaccettabilita' di un'ideologia, un'istituzione, un'organizzazione, una prassi, un'esperienza storica, un sistema sociale, un progetto politico: ed e' il rispetto dei diritti umani delle donne, il riconoscimento e l'inveramento dell'eguale dignita' e degli eguali diritti di ogni persona donna e di ogni persona uomo. Ogni potere, ogni organizzazione, ogni teoria, ogni pratica che non rispetta pienamente i diritti umani delle donne e' gia' il fascismo. La nonviolenza, o e' la lotta che assume questo criterio come suo fondamento decisivo e dirimente, o non e' nulla. 2. LE ULTIME COSE. IL SOLITO MASSACRO In Afghanistan il solito massacro quotidiano. Frutto della guerra terrorista e stragista, colonialista e razzista, mafiosa e totalitaria cui anche l'Italia partecipa, e partecipa in violazione del diritto internazionale e della legalita' costituzionale. Quando ci decideremo a una lotta nonviolenta nitida e intransigente qui in Italia affinche' il nostro paese cessi di esser complice di quella guerra scellerata? Quando ci decideremo a una lotta nonviolenta nitida e intransigente qui in Italia affinche' il nostro paese assuma l'iniziativa della pace e di interventi umanitari adeguati a promuovere vita, dignita' e diritti per tutte e tutti in quel paese? Quando ci decideremo a una lotta nonviolenta nitida e intransigente qui in Italia affinche' il nostro paese finalmente inverando quanto e' scritto nella nostra Costituzione, cosi' come nella Carta dell'Onu, cosi' come nella Dichiarazione universale dei diritti umani, ripudi la guerra, le sue logiche, le sue strutture, i suoi strumenti, e si adoperi per la pace e i diritti umani di tutti gli esseri umani? Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita'. 3. INIZIATIVE. VERA SCHIAVAZZI: IL CENTRO "PRIMO LEVI" A TORINO [Dal "Corriere della sera" del 10 aprile 2008 col titolo "Un baluardo contro revisionismi e razzismi" e il sommario "Memoria. E' nato ieri il Centro Primo Levi. Amos Luzzatto nominato presidente"] Ci sono voluti ventuno anni (l'anniversario della morte ricorre domani) ma alla fine Torino e' riuscita a onorare degnamente il suo scrittore forse piu' famoso, certamente piu' letto e tradotto nel mondo: Primo Levi. Il Centro internazionale di studi che porta il suo nome e' nato ufficialmente ieri, per volonta' di un primo gruppo di fondatori che raccoglie Comune, Provincia, Comunita' ebraica, Fondazione per il libro, e i figli Lisa e Renzo Levi. Amos Luzzatto, medico e saggista, a lungo alla guida dell'Unione delle comunita' ebraiche italiane, e' stato scelto come presidente, incarico che in veste onoraria e' stato conferito anche a Bianca Guidetti Serra. E proprio Luzzatto, ieri pomeriggio, ha sottolineato l'importanza simbolica, culturale e politica di un atto che arriva "proprio mentre i segnali di revisionismo, negazionismo e razzismo si moltiplicano. Vogliamo che in questo centro arrivino non solo gli studiosi e i conoscitori appassionati di Primo Levi, ma i giovani delle universita' e dei licei che possono far vivere i suoi insegnamenti. Levi non ha fatto soltanto memorialistica sui lager, al contrario ci ha lasciato molte e diverse eredita', dalla cultura scientifica alla tradizione ebraica". Luzzatto ha anche annunciato che sara' presente alla Fiera del libro con un saggio-intervista sui temi della laicita' da poco realizzato con Francesca Nadari: "Ci tengo a esserci - spiega - proprio per l'assurdita' delle tesi espresse in favore del boicottaggio. Chi le sostiene forse non sa che in questo modo si danneggiano i fautori della pace tra Israele e Palestina e si sostiene nei fatti una guerra all'ultimo sangue". Direttore del centro sara' lo storico torinese Fabio Levi, mentre vicepresidente e' Ernesto Ferrero, direttore della Fiera del libro, e del consiglio di amministrazione fanno parte Fiorenzo Alfieri, Dario Disegni, Valter Giuliano e il presidente della Comunita' ebraica di Torino Tullio Levi. Il Centro vuole raccogliere nel tempo tutta la documentazione esistente sullo scrittore, realizzando un censimento completo e la raccolta di studi, tesi di laurea e testimonianze sull'autore di Se questo e' un uomo, in un quadro di collaborazione internazionale. La sede sara' quella del grande complesso juvarriano dei Quartieri militari, che gia' ospita l'Istituto storico della Resistenza e il Museo della deportazione e che nel prossimo futuro accogliera' anche l'Istituto per la memoria e la cultura del lavoro, dell'impresa e dei diritti... 4. PROFILI. MAURO NOVELLI: LUCIO MASTRONARDI [Dal mensile "Letture", n. 622, dicembre 2005, col titolo "Lucio Mastronardi" e il sommario "Chi cerchi un'immagine degli anni del boom nella provincia italiana deve senz'altro guardare ai romanzi di Mastronardi, che volse tempestivamente in grottesco il mutamento dei costumi e gli sconquassi subiti dalla famiglia"] "Il treno si mosse e Mario vedeva operare ferme al passaggio a livello con borsoni di tomere, operari in saia, garzoni con ceste; fabbriche fabbrichine che lentamente si girano mostrandosi in tutte le parti, tricicli carichi di scatole bianche, ciminiere fumare...". Non siamo in Romania, e neppure nella Cina di questi anni: e' il panorama domestico che l'eroe del Calzolaio di Vigevano - uno dei capolavori di Lucio Mastronardi - poteva osservare dal finestrino nell'abbandonare la Lomellina per il fronte albanese. Purtroppo gli italiani hanno la memoria corta: e non solo sul proprio passato di emigranti, ma anche sui frenetici sacrifici che dagli anni Trenta, e poi con la ricostruzione e il boom, li hanno catapultati in un orizzonte di modernita' industriale spinta. Il crepuscolo di quest'ultima rende tanto piu' grave l'oblio sceso da tempo sulle pagine in cui Mastronardi nei primi anni Sessanta colse lo stravolgimento di un secolare tessuto contadino e artigianale, sbaragliato dall'irruzione di nuove mentalita', con cui oggi abbiamo quotidianamente a che fare. Paradossalmente, lo scrittore vigevanese sembra essere stato vittima della sua lungimiranza, grazie alla quale fu tra i primi a ritrarre comportamenti sociali ormai ben noti a chiunque, miniere inesauribili di macchiette regionali. A valle, e' difficile rendersi conto della forza di rottura con cui Mastronardi volle scartare dalle rappresentazioni edulcorate e gratificanti dell'operosita' lombarda, capitanate dall'inno ambrosiano, la' dove proclama che sotto la Madonnina "se sta' mai cuj man in man". Tanto piu' se consideriamo che cinquant'anni fa non esisteva in Italia una solida tradizione narrativa che avesse davvero fatto i conti con la realta' moderna della produzione. A quest'ultima Mastronardi si volse con un impeto e un'amarezza che da soli testimoniano il definitivo addio alla fiducia e all'ottimismo propri della temperie neorealista, nella quale si era formato. Di essa resta comunque la volonta' di denuncia, che si legge in controluce nelle allucinate rappresentazioni di una somma di individui posseduti dalla fregola di arricchirsi, nel totale disprezzo di cio' che e' pubblico, senza una qualsivoglia idea di comunita'. E' un'entropia inarrestabile, che penetra nel nucleo familiare, sfasciandone gli equilibri sino a farne l'altare ove si celebrano le peggiori bassezze della natura umana. Tutto questo a Vigevano, del cui clima si imbeve pressoche' ogni pagina scritta da Mastronardi, al di la' del trittico romanzesco costituito da Il calzolaio, Il maestro e Il meridionale di Vigevano. Naturalmente, non si tratta semplicemente di fornire uno spaccato credibile della cittadina, a partire dalla celebre piazza Ducale, dal castello o dalla torre bramantesca, evocati con sarcasmo gia' nel primo capitolo del Calzolaio insieme ai fatti storici salienti, ai quartieri principali, alle manifatture, alle risaie dei dintorni. Come noto' Calvino, le realta' locali - per quanto schizzate dal vero - appaiono sistematicamente "trasfigurate da un umore caricaturale implacabile", che fece divampare scandali, polemiche e risentimenti che accompagnarono Mastronardi per tutta la vita. Fu questo il prezzo pagato per avere restituito con acume e precocita' un piccolo mondo modernizzato, agli antipodi del modello fogazzariano, emblematico dell'evolvere di una certa provincia italiana. L'esplosione dell'industria calzaturiera, che fece di Vigevano la capitale della scarpa, sembro' allora cancellare i vecchi orgogli municipali, sostituendoli con una corsa cieca e sfrenata al benessere, che certo non contemplava soste deputate alle provviste culturali. Non per nulla, nel medesimo torno di tempo, Giorgio Bocca (senza conoscere Mastronardi) poteva pubblicare sul "Giorno" un affilato reportage, nel quale chiariva la sua opinione sin dalle prime righe: "Fare soldi, per fare soldi, per fare soldi: se esistono altre prospettive, chiedo scusa, non le ho viste. Di abitanti cinquantasettemila, di operai venticinquemila, di milionari a battaglioni affiancati, di librerie neanche una". Si aggiunga che in quegli anni di Vigevano si discuteva nelle cronache anche per lo scandalo del benzolo, una colla usata con disinvoltura nella fabbricazione delle calzature, senza riguardo agli effetti sulla salute, finanche letali. Ne' il quadro sarebbe completo senza un accenno al lavoro nero e al dilagare dell'immigrazione, specie dal Veneto e dal Mezzogiorno. Tutti fenomeni che non sfuggirono al radar di Mastronardi, lesto a farne combustibile per un incendio narrativo cui non si saprebbe trovare equivalenti. * Sull'incudine della vita "Sono un giovane di 25 anni e da almeno dieci mi interesso di letteratura... Da cinque anni scrivo e leggo, leggo e scrivo. Scrittori si nasce, ma bisogna anche diventarlo, dicono". Ebbe un'ottima idea l'oscuro maestro Lucio Mastronardi, che nel gennaio del 1956 indirizzava il suo messaggio nella bottiglia a quell'inarrivabile talent scout che fu Elio Vittorini. Ne nacque uno scambio epistolare, nel corso del quale lentamente prese forma Il calzolaio di Vigevano, che a Vittorini e Calvino parve talmente all'altezza dei tempi da volerlo inserire nel primo numero della loro nuova rivista, "Il Menabo'". Al di la' dell'ampio spazio concesso al dialetto, di cui alla fine degli anni Cinquanta si faceva un gran parlare e un gran scrivere (da Gadda a Pasolini, da Testori a Rea), basta un accenno al canovaccio per comprendere con quale piglio Mastronardi si facesse largo tra i molti letterati che allora guardarono alle recenti, inusitate situazioni lavorative. E' la storia di Mario Sala, detto Micca, lavoratore infaticabile sin da ragazzo, nel ramo scarpe. Sposata una brava "giuntora", Luisa, riesce ad aprire una fabbrichetta, quando viene richiamato in guerra. In sua assenza, la moglie si mette in societa' - pubblica e privata - con un amico, che muore durante un bombardamento, lasciandola sul lastrico. Al ritorno di Mario i due si rimettono insieme, ma dopo una serie di traversie finiscono protestati e tornano alla casella di partenza. Con ogni evidenza, l'obiettivo non e' quello di denunciare le prepotenze padronali o dar voce alle rivendicazioni operaie, ma registrare il diagramma ballerino di un'ascesa sociale: che e' poi, in fin dei conti, il tema fondamentale sotteso all'intera opera narrativa di Mastronardi. In luogo di approfondirne i corollari, e' il caso di sottolineare subito il parossistico dispendio di vitalita' che l'obbedienza al teorema dell'avere comporta. Eugenio Montale, tra i primi a riconoscere il fascino del Calzolaio, resto' basito dinanzi a quello che gli parve un "quotidiano brulicante trescone di branchi di castori umani che lottano". Agli antipodi degli inetti novecenteschi, Mario e' sconfitto dallo spregiudicato vigore con cui affronta la vita. Non una norma d'onore resta valida per questi "castori", non una briciola di trasporto e' spesa tra loro. Ne discende la riduzione del nucleo familiare a mera cellula produttiva, nella quale Luisa non agisce come vittima, ma come complice del marito, aggredita lei pure dai miasmi della colla, che le fanno perdere magari un bambino, ma nemmeno un minuto di tempo. L'operosita', fondamento irrinunciabile dell'identita' lombarda, precipita dunque in un gorgo di frenesia insensata, in cui si perde anche la tradizionale rappresentazione di una comunita' cittadina organica e solidale, stretta "col coeur in man" attorno al medesimo nucleo di valori. Proprio qui, nel dinamismo sfrenato di un ambiente che non conosce regole al di sopra dell'interesse individuale, si apre la forbice tra il Micca e gli eroi verghiani della "roba". Al narratore, in ultima analisi, non resta altro compito che accostare le urla attraverso cui i personaggi, a colpi di esclamativi, compongono la nerissima verita' della solitudine. * L'implosione della famiglia Il maestro di Vigevano usci' nel 1962, con tempismo perfetto, vista la coincidenza con l'introduzione della media unica, che schiudeva per una volta agli argomenti scolastici i titoli dei giornali, suscitando una serie di discussioni ravvivate dal malessere aleggiante nelle aule ritratte da Mastronardi. Il romanzo da' voce a un maestro di provincia senza un'oncia della grandezza delirante del Micca, ignavo e atterrito di fronte al dinamismo che vede montare intorno a se': "Ho paura, mentre attorno a me tutta un'umanita' nuota, cerca di raggiungere scogli piu' comodi" (inutile sottolineare di nuovo il rimando a Verga). Antonio Mombelli stila una sorta di diario delle mortificazioni che si trova a vivere. Il presente, con cui si aprono quasi tutti i capitoli nell'intento di simulare la presa diretta, e' spia dell'unica dimensione in cui si muove il mondo che circonda il maestro, umiliato dalla scelta della moglie Ada di entrare in fabbrica, dove riceve uno stipendio maggiore del suo. Si lascia allora convincere a lasciare la scuola e versarle i soldi della liquidazione, perche' apra col fratello una ditta di scarpe. Si inscena dunque un vero e proprio standard sociologico, colto pero' con lo sguardo traballante di un personaggio disturbato: "Saranno i miei occhi di sicuro che mi fanno vedere quello che non e'; oppure quello che mi fa comodo vedere". Il cognome stesso, del resto, ai lombardi evocava immediatamente il manicomio di Mombello, che gia' in un poemetto di Delio Tessa, De la' del mur, era divenuto il "mondo bello" dove follia e verita' si danno la mano. Sarebbe ingenuo, tuttavia, muovere da qui per considerare (come spesso si e' fatto) questo maestro cinquantenne, sposato con prole, una mera proiezione autobiografica dell'autore, che pure nel racconto Il trasferimento volle dividere provocatoriamente l'umanita' vigevanese in cinque categorie - matti, cornuti, pederasti, furbi e "ciula" - riservando per se' la prima. Piu' proficuo sembra rilevare l'impetuoso masochismo con cui il narratore ripercorre le proprie disgrazie, quasi provando gusto nell'esporle al lettore; e il sadismo dei rari momenti di ribellione, in cui sfoga le proprie meschinerie sui piu' deboli, fossero pure studenti miserrimi. L'atto del pensare si riduce sovente a fantasticherie stordite, o a fissazioni ruminate senza costrutto. La mimesi della mediocrita' investe anzi la scrittura medesima, nella quale la crisi del soggetto si fa lampante attraverso il ricorso a uno stile davvero elementare, costellato di errori e modi artificiosi (vedi i passati remoti usati a sproposito), che sembrano voler rifare il verso alle banalita' e alle astrattezze della peggiore pratica scolastica. Il punto d'arrivo di questa maniera sta in un trattatello di dizione che occupa ben quindici pagine con proposte assurde e tirate retoriche. Quando invece il maestro si riconverte al lavoro di impiegato in fabbrica, non si da' pensiero di scrivere, tant'e' che in un paio di facciate stipa dieci capitoletti (I, 24-33). E' questo, guarda caso, l'unico momento in cui perde il "catrame" che di regola lo avviluppa, facendolo sentire inadeguato al confronto col prossimo. Vita e scrittura si elidono a vicenda. La seconda consiste nella traduzione su carta dell'alienazione vissuta nelle 168 ore senza senso che compongono le settimane, in buona parte trascorse nel mefitico ambiente scolastico, dove gli insegnanti si contendono gli alunni ricchi, si imbarcano in ridicole "lezioni attive" sulle tre caravelle, vengono giudicati dai direttori didattici in base alla calligrafia. Peraltro, a grattare i colori vivaci con cui Mastronardi dipinge la galleria di monomaniaci in servizio dietro la cattedra, si scoprirebbero dappertutto le tinte funebri che ammantano episodi quali il suicidio dell'eterno supplente Nanini, o il funerale di Amiconi, senza un alunno a seguire la bara, dopo quarant'anni di carriera. E' nella rappresentazione della famiglia, una volta ancora, che convergono tutte le questioni gettate sul tavolo. Non ha piu' senso cercare un riparo tra le pareti domestiche, nel momento in cui le nuove dinamiche produttive hanno attecchito in casa, fino a sgretolare il rispetto reciproco. Nella figura di Ada, nella sua apertura alle lusinghe del benessere, non agisce tanto una presa di coscienza dei propri diritti, quanto l'assimilazione inconsulta dei valori saliti in dominante: donde il disprezzo nei confronti del marito che tarda a farli propri. Peraltro, a fronte della sua vitalita' avida e volgare, il maestro non ha nulla da opporre, se non una polverosa idea di decoro, incrostata di vilta' e pregiudizi. Il punto e' che ne' in lui ne' in lei sopravvive una qualche etica del lavoro: al colmo dei litigi, possono cosi' rinfacciarsi le rispettive professioni ("maestrucolo", "operara"). Il cozzo tra due mentalita' inconciliabili - tra due Italie inconciliabili - finisce cosi' col mettere a fuoco grettezze e mediocrita' di entrambe. Tradito da tutti, ma in primo luogo da se stesso, non resta al maestro che cadere preda delle proprie ossessioni (le dita dei piedi) o del fiacco voyeurismo che lo porta sulle rive del Ticino a seguire le occupazioni di una contadina, Eva, che pare serena e felice, salvo poi rivelarsi disposta alla prostituzione. Ritorna cosi' la classica dialettica tra natura e societa', in termini tutto sommato banali, scopertamente debitori al Vittorini piu' allegorico. Quando poi il maestro converge al caffe' in piazza, ad attenderlo non trova solo le fuoriserie degli arricchiti (che la riducono a garage), ma anche invidia e ipocrisia, seminate dai colleghi e da un giornalista, araldo ulteriore - coi suoi articoli retorici, che tronfiamente declama - dello svuotamento di senso subito dalla lingua, dell'impossibilita' di una comunicazione ragionevole. Come sempre, chi narra partecipa del medesimo "catrame": cosi', non appena per superbia confida certi maneggi illeciti che avvengono nella sua fabbrica, di nascosto scatta il registratore che lo inchiodera' di fronte alla Tributaria. Inevitabilmente, il maestro si autodistrugge nel momento esatto in cui si fa portavoce dei nuovi valori. Non importa seguirlo sulla china che ne fara' un vedovo disprezzato persino dal proprio figlio. Basta coglierne la definitiva sconfitta nel finale, in cui si accoda alle regole della convenienza, celebrando l'ennesimo trionfo dell'interesse e dei numeri, che sostituiranno le parole, ridotte a gusci vuoti: "Due stipendi del coefficiente 202 fanno uno stipendio di gruppo A. Con uno stipendio una persona vive male; con due stipendi, due persone vivono bene. Una pasta! Un cuore! Figlia unica, lo stipendio, il maiale. Devota, morale, buona. Una pasta! Coefficiente 202! Come avere trenta milioni in banca. Mentre mi addormento penso che finiro' per sposarmi!". * Le vergogne dell'avere La critica e' solita affiancare al Maestro il terzo romanzo del ciclo, Il meridionale di Vigevano (1964), in virtu' della comune attitudine a ritrarre i vinti, le vittime dei meccanismi produttivi delineati nel Calzolaio. Tuttavia Camillo, che narra in prima persona la sua storia di immigrato dal Mezzogiorno in una camera ammobiliata di Vigevano, e' una figura che solo in parte puo' ricordare Antonio Mombelli. Come il maestro e' anch'egli un umiliato e offeso, nello specifico dai pregiudizi e dalla diffidenza dei locali (ma anche dal furbo cinismo dei sopravvenuti), in una citta' che gli appare ostile in ogni occasione socializzante: i pranzi all'osteria, le discussioni nei negozi, le serate al caffe'. Anch'egli - come un po' tutti i protagonisti di Mastronardi - non ha nulla da rimpiangere, ma molto da recriminare. D'altra parte il ruolo di impiegato all'ufficio delle imposte lo rende temuto e blandito, contribuendo a farne un uomo isolato, avulso dalla Vigevano che sale. Questo, almeno, finche' non si fidanza con Olga, una sarta indigena, grossolana e ambiziosa, che lo adocchia per coprire le spalle al fratello, titolare della consueta fabbrichetta, in modo da costituire un sodalizio a tre simile a quello messo in piedi nel Maestro. La novita' non sta dunque nel binomio famiglia & affari, ma nel crescendo che di romanzo in romanzo investe la figura della donna, la quale assume ora caratteri di dominatrice, comandando apertamente chi avrebbe il dovere di controllare soldi e merci (di passaggio andra' notata la centralita' anche simbolica attribuita nel trittico alla pratica straripante dell'evasione fiscale). Ancora una volta, inoltre, Mastronardi intreccia al tema della scalata sociale quello della vergogna, sfruttando la differenza di ceto tra un borghesotto frastornato e un'energica popolana per fare esplodere tra le mura di casa la miccia dell'incomunicabilita'. Olga che nasconde l'esistenza dei miserabili genitori a Camillo, e viceversa l'imbarazzo di questi nel sentire nominato da una telefonista il proprio paese, che la fidanzata decide di visitare per sfregio. Sono icone trasparenti di un'Italia che non vuole piu' avere a che fare col proprio passato, sorda persino alle urla di una madre cui recano il figlio annegato, coperte nell'ultimo capitolo dalle risate di Sofia Loren, rimbombanti da un cinema all'aperto. A un quadro simile, i racconti usciti negli anni Sessanta sull'"Unita'" non possono aggiungere molto, sebbene introducano altre figure memorabili del serraglio vigevanese, come L'assicuratore del pezzo chiamato nel 1975 a dare il titolo a una raccolta. A quest'altezza, pero', era gia' finita da un decennio quella che Mastronardi definiva la sua "epoca western". Chiusa la trilogia aveva cercato di tenere conto di varie tecniche proposte nel frattempo dalla neoavanguardia e dalla ecole du regard, innestandole sul suo caratteristico sincopato. In quest'ottica va letta La ballata del vecchio calzolaio (1969), referto della nevrosi di Giuseppe, scarparo arricchito e deluso, che rievoca a strappi i suoi esordi, con sistematiche interferenze di piani tra il passato e un presente angoscioso. Non diversamente, il romanzo A casa tua ridono (1971) propone in termini vicini al delirio, con ripetizioni allucinate, il sovrapporsi di ricordi nella mente di Pietro, prima giovane sprovveduto, poi consorte della figlia di un industriale, ma amaramente estraneo a lei e ai propri figli. Per l'ultima volta, lungo il filo delle pagine si sciorina una serie di umiliazioni, che trova fatalmente il culmine nella frase assunta in copertina e ribadita sino allo spasimo, vano esorcismo sul luogo di nascita d'ogni male. * Vita e opere 1930-37 Lucio Mastronardi nasce a Vigevano da Luciano, ispettore scolastico di origine abruzzese, e Maria Pistoja, maestra elementare vigevanese. La coppia ha gia' una figlia, Letizia, alla quale e' dedicata la cartolibreria aperta dal padre, posto a riposo forzato dai fascisti per la sua opposizione al regime. 1938-44 In terza elementare e' costretto a ritirarsi, stante il rifiuto paterno di iscriversi al Pnf. L'anno successivo sostiene gli esami da privatista. Sprovvisto della tessera di balilla, in prima media viene bocciato e la sua educazione affidata alla famiglia. Nel 1944 supera da privatista gli esami di terza media. 1945-54 Si iscrive al ginnasio cittadino, ma gli scarsi risultati lo convincono a ripiegare nuovamente sullo studio domestico. Nell'autunno del 1949 consegue a Pavia, ancora da privatista, il diploma magistrale. Lasciata alle spalle una velleitaria iscrizione all'universita', inizia la carriera di maestro elementare nelle vesti di supplente. Tiene lezione in corsi serali, nel carcere di Vigevano, nelle scuole per contadini e operai. 1955-56 Vince il concorso pubblico ed entra finalmente in ruolo in una scuola elementare. Pubblica alcuni racconti sul "Corriere di Vigevano". Nel gennaio del 1956 scrive per la prima volta a Elio Vittorini, col quale si instaura un importante scambio epistolare. 1957-59 Dalla corrispondenza con Vittorini nasce l'idea di lavorare a un romanzo di ambientazione locale. Diverra' Il calzolaio di Vigevano, che nel giugno del 1959 entra nel primo numero del "Menabo'". Tra i molti a restarne colpiti si conta Eugenio Montale, che ne scrive sul "Corriere della sera". 1960-61 Collabora a "L'Unita'". Alterna alla scuola lunghe sessioni di scrittura, dalle quali scaturisce in breve tempo Il maestro di Vigevano, che non convince del tutto Calvino e Vittorini. Scosso, prostrato dalle revisioni, il primo ottobre 1961 si presenta a casa di Vittorini, dove consegna una pila di fogli zeppi di insulti. Al ritorno, in treno, litiga violentemente con un ferroviere. Ne consegue un breve ricovero forzato all'ospedale psichiatrico di Alessandria. 1962 A maggio il Maestro appare nella collana "I coralli" di Einaudi, scatenando vaste polemiche giornalistiche, alimentate dalle proteste di quanti si sentono feriti dall'impietosa rappresentazione dell'universo scolastico. Il romanzo vince il Premio Prato. All'improvviso, il 14 ottobre Mastronardi viene arrestato, in esecuzione di una condanna a due anni di manicomio criminale subita nel processo per i fatti dell'anno precedente, celebrato a sua insaputa. Viene rilasciato dopo alcuni giorni; in seguito sara' amnistiato. A novembre Einaudi stampa in volume anche il Calzolaio, che arriva a 30.000 copie. 1963 A meta' settembre muore il padre, per un attacco cardiaco. Proprio in quei giorni Elio Petri gira a Vigevano un film tratto dal Maestro, con Alberto Sordi e Claire Bloom. Le riprese si svolgono in un clima di grande ostilita', mentre sui giornali colleghi furiosi chiedono l'allontanamento di Mastronardi dall'insegnamento. A ottobre prende servizio presso la direzione didattica di Abbiategrasso, dove lavora in biblioteca e presso la segreteria; il trasferimento tuttavia era stato da lui stesso sollecitato in primavera. A fine anno il film di Petri esce in citta' senza alcuna cerimonia. Il libro vola intanto verso le 80.000 copie. 1964 A gennaio, sempre nei "Coralli" einaudiani, esce Il meridionale di Vigevano, col quale si chiude il trittico iniziato con Il calzolaio e Il maestro. Fatti salvi alcuni interventi prestigiosi (come quelli di Carlo Salinari, Franco Antonicelli, Oreste del Buono) la critica e' concorde nel considerare il romanzo spia di un'involuzione, dovuta al progressivo esaurirsi della materia. 1965-67 Il crescente interesse per il cinema e la narrativa d'avanguardia si traduce in svariati esperimenti di scrittura, che lasciano fredda la controparte editoriale, in specie Calvino. Le tensioni ricorrenti aggravano la nevrosi di Mastronardi, che si sente incompreso e perseguitato. 1968 Rompe irrevocabilmente con Einaudi e passa a Rizzoli, dove trova un lettore attento e comprensivo in Sergio Pautasso. E' trasferito all'ispettorato scolastico di Milano. 1969 Nel numero primaverile del trimestrale "L'approdo letterario" pubblica il racconto La ballata del vecchio calzolaio, combinazione di vari pezzi apparsi su "l'Unita'". 1970 A ottobre entra nell'organico della biblioteca Sormani di Milano. 1971 A marzo pubblica presso Rizzoli A casa tua ridono, gia' rifiutato da Calvino ai tempi dell'Einaudi e oggetto per anni di sfibranti rifacimenti. Il romanzo, fortemente sperimentale, non trova particolare eco ne' nel pubblico ne' nella critica. 1972 In autunno, ad Abbiategrasso da' in escandescenze contro un preside che gli vuole affidare una terza elementare. Oltraggia anche i carabinieri accorsi e deve subire alcuni giorni di reclusione a San Vittore. 1973 A febbraio, dopo una lunga malattia, muore la madre. Due mesi piu' tardi si sposa con una collega conosciuta ad Abbiategrasso, Lucia Lovati. In estate la Rai trasmette uno sceneggiato ricavato dal Calzolaio, protagonisti Maria Monti e Nanni Svampa, che anima i numerosi intermezzi musicali. 1974 In preda alla depressione, a novembre tenta il suicidio gettandosi dal balcone di casa, al quinto piano. Precipita su un'auto, che smorza l'impatto e limita le conseguenze del gesto. 1975 A febbraio e' reso padre dalla nascita di Maria. Per Rizzoli riunisce dodici racconti vecchi e nuovi, pubblicati a marzo col titolo L'assicuratore. Il volume consegue il Premio D'Annunzio. 1976 In autunno raggiunge i 25 anni di servizio, che gli consentono di accedere alla pensione, agognata per dedicarsi a tempo pieno all'attivita' letteraria. 1977 Rizzoli ripubblica la trilogia vigevanese col titolo Gente di Vigevano. In calce, compaiono due racconti: Gli uomini sandwich e La ballata dell'imprenditore, nuovo titolo della Ballata del vecchio calzolaio, che verra' prescelta da Enzo Siciliano per il "Meridiano" che raccoglie i Racconti italiani del Novecento (Mondadori 2001). 1978 Lavora a un romanzo incentrato sulle vicende di un adolescente: il titolo provvisorio e' In mancanza di. Ma la salute non lo sorregge. Ricoverato all'ospedale di Pavia, a dicembre, gli viene scoperto un tumore ai polmoni, non operabile. Fugge a casa, dove trova conforto nei familiari e nella scrittura. 1979 La mattina del 24 aprile, sotto la pioggia, esce dal proprio appartamento per non farvi piu' ritorno. Viene notato, fradicio, nei pressi del ponte sul Ticino. Dopo affannose ricerche, alcuni giorni piu' tardi il corpo e' ritrovato da un pescatore sulla riva del fiume, qualche chilometro a valle. * Per saperne di piu' L'apprezzamento di lettori d'eccezione, quali Eugenio Montale, Elio Vittorini, Gianfranco Contini, Italo Calvino, non e' valso a conservare nel tempo l'attenzione della critica nei confronti di Mastronardi. All'indomani della scomparsa aveva tentato di scongiurare il silenzio un convegno organizzato su impulso di Maria Corti presso l'Universita' di Pavia. Gli atti - pubblicati nel 1981 da La Nuova Italia, a cura di Maria Antonietta Grignani, sotto il titolo Per Mastronardi - costituiscono a tutt'oggi il contributo piu' significativo sullo scrittore vigevanese. In seguito non e' dato incontrare monografie, se si eccettua l'agile Guida alla lettura di Lucio Mastronardi di Carmelo Aliberti (Bastogi 1986). Utile e ben commentata e' la raccolta di articoli e cronache messa insieme da Piersandro Pallavicini e Antonella Ramazzina in Mastronardi e il suo mondo (Edizioni Otto/Novecento, 1999), che include la ricordata ricognizione su Vigevano di Giorgio Bocca. Tra i rari saggi recenti si ricordano A. Menetti, Al dio sconosciuto: storia e confessione in Lucio Mastronardi, "Studi novecenteschi", n. 60, dicembre 2000; M. Novelli, Lucio Mastronardi tra verismo e grottesco, "Nuova Antologia", n. 2.233, gennaio-marzo 2005. Sul versante delle edizioni, e' opportuno segnalare che pochi mesi fa Einaudi ha ristampato un'ottima edizione tascabile della trilogia vigevanese, corredata di scritti di Calvino, Gian Carlo Ferretti e Giovanni Tesio, il quale nel 2002 ha firmato anche l'introduzione al volume Einaudi che raccoglie A casa tua ridono, i racconti de L'assicuratore e L'industrialotto, un graffiante bozzetto-ritratto comparso su "l'Unita'" nel 1962. Notizie su Mastronardi e la Vigevano dei suoi tempi, unitamente a un archivio fotografico, sono reperibili all'indirizzo elettronico www.comune.vigevano.pv.it/culturali/mastronardi 5. VOCI. RAFFAELLO SAFFIOTI: MI ABBONO AD "AZIONE NONVIOLENTA" PERCHE'... [Ringraziamo Raffaello Saffioti (per contatti: rsaffi at libero.it) per questo intervento] Ognuno ha suoi motivi per abbonarsi alla rivista "Azione nonviolenta" ed essi variano da persona a persona. Quindi anche i miei sono diversi, anche perche' provengono dalla profonda Calabria. Il mio "perche'" passa attraverso il rapporto personale che ho avuto con il filosofo Domenico Antonio Cardone e con Danilo Dolci. Cardone (morto nel 1986) e' stato amico di Capitini e ha ospitato suoi scritti nella rivista "Ricerche Filosofiche", da lui fondata e diretta. Alcuni anni fa ho avuto la fortuna di scoprire il carteggio tra loro intercorso, presso l'Archivio di Stato di Perugia. Qui non e' il caso di dire del rapporto tra Capitini e Dolci. Per anni Danilo nelle nostre conversazioni mi parlava frequentemente del suo Aldo. Sono stato una persona fortunata per aver avuto rapporti personali con questi grandi maestri. Ora, lasciata la scuola per protesta contro il potere burocratico dieci anni fa, cerco di essere un pensionato socialmente utile. E sono assorbito completamente dall'Associazione Casa per la Pace "Domenico Antonio Cardone". Ma vivere in questa mia regione, dove e' dominante la violenza mafiosa, e' veramente duro! L'esperienza associativa come "amico della nonviolenza" e' assolutamente necessaria. Come e' pure necessario il collegamento con la rete della nonviolenza. 6. STRUMENTI. PER ABBONARSI AD "AZIONE NONVIOLENTA" "Azione nonviolenta" e' la rivista del Movimento Nonviolento, fondata da Aldo Capitini nel 1964, mensile di formazione, informazione e dibattito sulle tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo. Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 29 euro sul ccp n. 10250363 intestato ad Azione nonviolenta, via Spagna 8, 37123 Verona. E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando una e-mail all'indirizzo an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto "copia di 'Azione nonviolenta'". Per informazioni e contatti: redazione, direzione, amministrazione, via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 7. RIEDIZIONI. AGOSTINO: DIALOGHI Agostino, Dialoghi, Rcs-Bompiani, Milano 2006, 2009, pp. 752, euro 14,90 (in supplemento al "Corriere della sera"). Per le eccellenti cure di Giovanni Capatano (e con il contributo di Maria Bettetini e Giovanni Reale) alcuni dei dialoghi agostiniani estratti dalla pregevole edizione di Tutti i dialoghi del 2006. In particolare: La vita felice, L'ordine, i Soliloqui, L'immortalita' dell'anima, Il libero arbitrio, Il maestro. E' sempre l'ora di rileggere Agostino. 8. RIEDIZIONI. GEORGE BERKELEY: OPERE FILOSOFICHE George Berkeley, Opere filosofiche, Utet, Torino 1996, Mondadori, Milano 2009, pp. 708, euro 12,90 (in supplemento a vari periodici Mondadori). A cura di Silvia Parigi, il Saggio per una teoria della visione, il Trattato sui principi della conoscenza umana, i Tre dialoghi tra Hylas e Philonous, alcuni articoli pubblicati sul "Guardian" nel 1713, Sul movimento, la corrispondenza filosofica del 1729-1730 col suo seguace americano Samuel Johnson, la Teoria della visione difesa e chiarita, e dulcis in fundo la sconcertante Siris (che si chiude con una citazione ciceroniana dalle Filippiche che suona: "Cuiusvis est errare, nullius nisi insipientis in errore perseverare"). Chi si rivede, il vescovo Berkeley: schiacciato nella frettolosa manualistica scolastica tra Locke e Hume; non lievemente bistrattato dal suo maggior studioso italiano Mario Manlio Rossi nelle cui traduzioni e sulle cui monografie lo studiammo nella nostra lontana gioventu'; recuperato borgesianamente da Mariapaola Fimiani... resta per piu' aspetti un enigma, dai tratti non di rado imbarazzanti. E merita di esser letto ancora. 9. RIEDIZIONI. AUGUSTE COMTE: CORSO DI FILOSOFIA POSITIVA. LEZIONI XLVI-LX Auguste Comte, Corso di filosofia positiva. Lezioni XLVI-LX, Utet, Torino 1967, Mondadori, Milano 2009, pp. 1442, euro 12,90 (in supplemento a vari periodici Mondadori). Curata da Franco Ferrarotti, la parte maggiore e decisiva dell'opera fondamentale di Comte. So che non e' bello dirlo - amava concionare Annibale Scarpone quando all'osteria di Iaiotto tra una trincata e l'altra noi simposiasti si cercava di dare un tono ai nostri etilici incontri e capitava a taglio del positivista l'opra - ma del povero Comte non ho mai sopportato ne' la scrittura ne' la presunzione, che da lontano un miglio sanno di lucida minuziosa follia e di anticipazione dei totalitarismi che verranno il secolo dopo. Ma so di essere ingiusto, e forse dovrei decidermi, dopo cosi' tanti anni, a rileggerlo finalmente, e dato che se ne fe' garante Ferrarotti... (e qui corale lo interruppe un "prosit!", e tutti i lieti calici levammo. Cosi' passiamo le nostre nottate, qui da Iaiotto, mentre il mondo invecchia ed ogni nostro involucro si desquama e vanisce). 10. RIEDIZIONI. PRIMO LEVI: OPERE (VOLUME II) Primo Levi, Opere (volume II), Einaudi, Torino 1997, Gruppo Editoriale L'Espresso, Roma 2009, pp. LII + da 570 a 1336 (in supplemento a "La Repubblica" e "L'espresso", a euro 9,90 oltre il costo del periodico). In questo secondo tomo della riedizione della classica edizione curata da Marco Belpoliti delle Opere di Primo Levi che meritoriamente "Repubblica" e "L'Espresso" mandano in edicola, ci sono Vizio di forma, Il sistema periodico, La chiave a stella e un'ampia scelta di pagine sparse dal 1946 al 1980. Una lettura indispensabile. 11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 12. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 720 del 3 febbraio 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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