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Minime. 706
- Subject: Minime. 706
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Tue, 20 Jan 2009 00:56:14 +0100
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 706 del 20 gennaio 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. Maria G. Di Rienzo: Il dolore degli altri 2. Mille cadaveri e di mosche un pugno 3. Oggi a Ronciglione 4. Christian Elia intervista Shawan Jabanien 5. Peppe Sini: Ogni Comune dovrebbe realizzare strutture e interventi per i diritti umani delle persone, famiglie e comunita' nomadi e viaggianti 6. Jacopo Tondelli: La lezione illuminista di Zeev Sternhell 7. Letture: Dario Antiseri, Silvano Tagliagambe (a cura di), Filosofi italiani contemporanei 8. Letture: Dario Antiseri, Silvano Tagliagambe (a cura di), Filosofi italiani del Novecento 9. Letture: Umberto Santino (a cura di), Chi ha ucciso Peppino Impastato 10. Riletture: Pierre Vidal-Naquet, Gli ebrei, la memoria e il presente 11. Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" 12. La "Carta" del Movimento Nonviolento 13. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. MARIA G. DI RIENZO: IL DOLORE DEGLI ALTRI [Ringraziamo Maria G. Di Rienzo (per contatti: sheela59 at libero.it) per questo articolo] La mattina del 12 novembre 2008, a Mirwais (periferia di Kandahar), Afghanistan. Shamsia Husseini, 17 anni, e sua sorella minore stanno andando a scuola. Ci vanno insaccate nel burqa, non perche' gli piaccia, o perche' lo considerino un precetto religioso o un'onorevole tradizione eccetera, ci vanno in burqa perche' le minacce alle donne che non vogliono indossarlo stanno persino appese ai muri. Una volta a scuola se lo toglieranno, chi mai puo' leggere bene da un libro o dalla lavagna con una grata davanti agli occhi. Un uomo in motocicletta affianca le due sorelle. "State andando a scuola?", chiede loro. Le ragazze rispondono di si'. A questo punto l'uomo ferma la moto, sfila il burqa di dosso a Shamsia tirandolo per il cappuccio e le lancia in faccia dell'acido. Lo stesso giorno, altre quindici donne della stessa scuola, insegnanti e studentesse, subiranno il medesimo trattamento (compresa la sorella di Shamsia, la quattordicenne Atifa): la scuola fu infatti circondata dalla squadra di pii motociclisti di cui faceva parte l'assalitore delle due ragazze. Oggi il viso di Shamsia e' coperto da cicatrici e pelle morta, soprattutto dalla parte sinistra, dove una gran macchia scura le copre tutta la guancia. I suoi occhi non ci vedono piu' tanto bene, le si offuscano di continuo. Non ha piu' bisogno del cappuccio per essere mezza cieca. Eppure, oggi, la fanciulla e' a scuola, assieme alle altre undici studentesse e alle quattro insegnanti che furono assalite con l'acido. Tutte si sono riprese. Tutte sono tornate. La scuola, che si chiama Scuola femminile Mirwais, conta 1.300 studentesse, oggi. Molte camminano per 2 o 3 chilometri ogni giorno dalle loro case di fango in mezzo alle colline, pur di assistere alle lezioni. "I miei genitori vogliono che io abbia un'istruzione. Mia madre non sa ne' leggere ne' scrivere", racconta Shamsia, "Chi mi ha fatto questo non vuole che le donne vengano istruite. Vogliono che noi si sia stupide, ignoranti". "Non capisco perche' le ragazze dovrebbero buttar via le loro vite stando sedute in disparte", aggiunge Sekhi, uno zio di Shamsia. I medici hanno detto alla ragazza che solo la chirurgia plastica potrebbe cancellarle i segni dal viso, ma Shamsia neppure e' in grado di pensarci. Il suo villaggio non ha ne' acqua corrente ne' elettricita', e suo padre e' disabile. Sarebbe bello se almeno ci fossero i marciapiedi sulla strada per la scuola, dicono le sue compagne. E l'autobus, la preside lo ha chiesto alle autorita' locali. A vederla mentre scherza e ride con le altre ragazze si direbbe che Shamsia non sia neppure conscia dell'essere sfigurata. Ma le cose cambiano quando le si chiede di ricordare: "Chi mi ha fatto questo non sente il dolore degli altri". 2. LE ULTIME COSE. MILLE CADAVERI E DI MOSCHE UN PUGNO Un sangue nero fumigante scola un volto nero e' come legno attorto non esce dalla gola una parola il vivo e' arrovesciato e fatto morto. Qui mira la scintilla e qui la mola, come dal cielo piovve giu' sull'orto di bronzo e fiamma l'orrida carola, qual bastimento giunse infine in porto. Dall'alto della rocca catafratto chi tesse questa trama si protende a contemplar che resta di tal bugno e calcolare il prezzo del misfatto e compitar quali frutto' prebende: mille cadaveri e di mosche un pugno. 3. INCONTRI. OGGI A RONCIGLIONE "L'ecosistema del lago di Vico: problematiche generali in relazione alla potabilita' e salubrita' delle sue acque". Incontro scientifico promosso dall'Associazione Italiana medici per l'ambiente. Ronciglione (Vt), 20 gennaio 2009 * L'Associazione Italiana medici per l'ambiente - Isde (International Society of Doctors for the Environment - Italia), sezione di Viterbo, promuove per il giorno martedi' 20 gennaio 2008 alle ore 16,30 a Ronciglione, nella Sala ex Chiesa del Collegio, sita in corso Umberto I, un incontro scientifico, aperto al pubblico, sul tema: "L'ecosistema del lago di Vico: problematiche generali in relazione alla potabilita' e salubrita' delle sue acque". * All'incontro interverranno come relatori: la dottoressa Milena Bruno dell'Istituto Superiore di Sanita'; il professor Giuseppe Capelli e il professor Roberto Mazza del dipartimento di Scienze Geologiche dell'Universita' degli Studi "Roma Tre", responsabili dello studio sullo stato idrogeologico delle acque del lago di Vico (2007); il professor Giuseppe Nascetti, ordinario di Ecologia, prorettore dell'Universita' della Tuscia; il dottor Mauro Mocci, del Coordinamento dell'Alto Lazio dell'Isde. Presiede la dottoressa Antonella Litta, referente per Viterbo dell'Isde. * L'incontro, al quale sono invitati i cittadini e i rappresentati delle istituzioni, vuole essere un contributo scientifico per una migliore conoscenza di tutte le problematiche relative allo stato, al monitoraggio e al risanamento del lago di Vico, le cui acque alimentano anche gli acquedotti dei comuni di Caprarola e Ronciglione. * Per informazioni e comunicazioni: isde.viterbo at libero.it 4. DOCUMENTAZIONE. CHRISTIAN ELIA INTERVISTA SHAWAN JABANIEN [Dal sito di "Peacereporter" riprendamo la seguente intervista del 19 gennaio 2009 dal titolo "A farne le spese sara' l'umanita'" e il sommario "Intervista a Shawan Jabanien, direttore dell'Ong al-Haq che monitora quotidianamente le violazioni dei diritti umani da parte di Israele nei territori palestinesi"] Shawan Jabanien, avvocato palestinese con un master in diritti umani a New York, e' il direttore esecutivo di al-Haq, organizzazione non governativa con sede a Ramallah. Al-Haq, grazie al lavoro di 32 tra giuristi, ricercatori e investigatori sul campo, monitora quotidianamente le violazioni dei diritti umani nei Territori Occupati palestinesi, commessi da Israele ma anche dall'Autorita' nazionale palestinese. * - Christian Elia: Avvocato Jabanien, come pensa di quello che sta accadendo in questi giorni? - Shawan Jabanien: Credo che questo sia un momento difficile non solo per il popolo palestinese, per i civili, ma per l'umanita' in generale. Un momento le cui conseguenze si sentiranno per un lungo periodo, sulle idee, sulle azioni, sulle coscienze delle persone: comporteranno un mutamento nel significato stesso del termine giustizia. Non solo qui in Palestina, le conseguenze non incideranno solo sul popolo palestinese, ma su tutte le persone che credono nei diritti umani, nella giustizia, nel diritto internazionale. Riguarda tutti coloro che, in tutto il mondo, manifestano nelle strade, che cercano di capire cosa sta accadendo a Gaza, e quali siano le reazioni della comunita' internazionale, degli stati ma anche delle istituzioni internazionali. E penso che abbiano perso le loro speranze. Questa e' la lezione nuova, il vero nuovo evento, quello che avviene nella mente delle persone contro il diritto internazionale, contro le Nazioni Unite e tutte le altre istituzioni e organizzazioni. Oltre alle persone che adesso hanno perso la loro vita a Gaza, oltre agli israeliani che agiscono come uno Stato al di sopra del diritto internazionale, che non riconosce neppure i principi, i suoi obblighi giuridici, niente, oltre a questo, io credo che il prezzo, il prezzo vero di quanto sta accadendo siano le idee, nella testa delle persone. La gente avra' fiducia solo nella forza. Se sei abbastanza forte, otterrai qualcosa, e vedrai riconosciuti i tuoi diritti, ma se non sei forte, non otterrai niente. Qui, in Medio Oriente, ma ovunque nel mondo. Questo e' il punto. Come organizzazione che si occupa di diritti umani il nostro compito e' avere una visione di insieme, non semplicemente dare conto del numero delle vittime, dei civili uccisi, occuparci solo di Gaza. Dobbiamo analizzare anche tutti questi altri elementi, i temi di lungo periodo. Per questo stiamo sollevando queste questioni, diciamo a tutti i funzionari, i diplomatici, chiunque: non considerate quanto sta accadendo solo come un incidente, un episodio isolato che nel tempo tutti dimenticheranno, no. E' stata aggiunta una nuova convinzione nella mente delle persone: se sei debole nessuno ti prende sul serio. Cosa sta facendo il governo di Israele? Questa e' la domanda vera, cosa sta facendo il governo di Israele alla mente delle persone. Come israeliani, dice, non riconosciamo i deboli, non riconosciamo il diritto internazionale, non riconosciamo le risoluzioni delle Nazioni Unite, non riconosciamo niente se non costretti con la forza. Come e' successo nel sud del Libano. Questa e' la lezione. Se le persone sentissero che le Nazioni Unite agiscono secondo le loro responsabilita', secondo la Carta, secondo i principi del diritto internazionale, intervenendo, penserebbe che esiste davvero un sistema internazionale, un sistema capace di proteggere, di proteggere i civili, i diritti, e allora sarebbe rafforzata la loro fiducia nei diritti umani. Questo e' il punto. Noi siamo sacrificati davanti alle azioni israeliane, ma la comunita' internazionale e' sacrificata davanti al suo silenzio e alla sua inerzia, il diritto internazionale, i principi, i valori del diritto e della giustizia. Questo e' il nodo vero. Poi se andiamo a guardare cosa stanno compiendo le forze israeliane in questi giorni, e' ovvio, stanno compiendo crimini di guerra, e crimini contro l'umanita', perche' stanno prendendo di mira i civili in modo sistematico, sistematico e su larga scala. E' una politica diffusa, adesso, non e' piu' un episodio isolato, colpire per esempio una abitazione civile. Vengono assassinate intere famiglie. Il governo di Israele percepisce che non sara' mai punito, che nessuno si occupera' mai di tutto questo, perche' e' incondizionatamente sostenuto dagli Stati Uniti, protetto alle Nazioni Unite dal potere di veto. Questo e' il punto. Per questo, come organizzazione che si occupa di diritti umani, a parte i nostri appelli ai governi, alla comunita' internazionale, alle Nazioni Unite perche' agiscano secondo le loro responsabilita' e i loro obblighi giuridici, a parte questo, se lei mi chiede dove sia la speranza, le rispondo direttamente che l'unica speranza e' nelle strade, nell'opinione pubblica, nella societa' civile. Non ho alcuna fiducia in governi e stati, davvero non ho alcuna fiducia in loro, e alcuna speranza. Nessuna, e lo dico. Lo dico pubblicamente, e lo ripeto, l'unica possibilita' e' esercitare pressione, in nome dei diritti, dei propri principi, scendere in strada. Semplicemente scendere in strada. Perche' solo cosi' capiranno che possono perdere. I governi si sentiranno minacciati nella loro popolarita', e allora andranno dagli Stati Uniti, andranno dall'Unione Europea e diranno "Ehi, cosi' perdiamo le elezioni, e' una situazione pericolosa". E' la sola speranza. * - Christian Elia: In questo clima di sfiducia e disillusione nel diritto e nelle istituzioni internazionali e' difficile lavorare per una ong come al-Haq. Se non c'e' fiducia, per voi e' ancora piu' duro raccogliere testimonianze, perche' c'e' il rischio che le persone arrivino a credere che non serve a nulla. Avete indagini in corso ora a Gaza? - Shawan Jabanien: Certo. Puo' immaginare. I nostri investigatori ci hanno detto di essere stati ieri in un ospedale, di essere entrati nell'obitorio, e di avere trovato un uomo che ancora respirava, e allora hanno urlato ai medici di correre, ma i medici non hanno piu' alcuna capacita' di fronteggiare la situazione. I feriti sono troppi. Il governo di Israele ha negato l'accesso persino alla Croce Rossa, ha consentito loro di passare solo qualche giorno dopo. Ignorano completamente il diritto internazionale, si sentono una superpotenza, liberi di compiere crimini senza il minimo timore di finire davanti a un tribunale. Questo e' il punto. E questa e' la questione cruciale, per le vittime, quello che chiedono. La pietra angolare del diritto internazionale umanitario e' il concetto di protezione, e in questa situazione non viene offerta alcuna protezione. E se non si ha protezione in una situazione simile, quando mai si avra' protezione? La potenza occupante non offre alcuna protezione, l'Autorita' Palestinese non offre alcuna protezione, la comunita' internazionale non offre alcuna protezione. E la gente comincera' a pensare a come proteggersi da sola, con i propri mezzi. Perche' la difesa e' un'esigenza naturale. Se lei si sentisse in pericolo, e non tutelato da nessuno, sono sicuro che comincerebbe a pensare a come proteggersi da solo. Se sentisse la sua vita, la sua esistenza minacciata, il suo cibo, le cose basilari. Questa e' la direzione in cui il governo di Israele sta spingendo la gente. Pensare come proteggersi da sola. La domanda e': cosa ci guadagna la comunita' internazionale, a spingere le persone a pensare a come proteggersi da sole, con i propri mezzi? Questo e' il punto. Perche' cambieranno le strategie, per un lungo periodo, non e' piu' solo questione di assassinii, o di crimini isolati. Con tutto questo, Israele sta plasmando la coscienza della gente per molto, moltissimo tempo. Il rapporto che la gente avra' con la comunita' internazionale, con l'Unione Europea, con il diritto internazionale, con le Nazioni Unite. Bisogna guardare a quanto sta accadendo in una prospettiva strategica, non semplicemente come se si trattasse di eventi isolati, episodici. * - Christian Elia: Ha delle informazioni circa l'uso di armi illegali a Gaza, in questi giorni? Alcuni hanno parlato di armi come quelle usate in Libano nel 2006, armi al fosforo. - Shawan Jabanien: Credo che i metodi usati, in primo luogo, siano illegali. Non ho informazioni su tipi specifici di armi, ma quello che so, l'immagine che traggo dal lavoro dei nostri operatori sul terreno, e' che sono delle bombe molto potenti, ordigni di due metri, sganciate da F-16. Bombe a frammentazione, bombe a grappolo, ma quel tipo di armi, per il momento, non credo siano state usate. Ma abbiamo bisogno di piu' informazioni, di piu' esperti per esaminare i luoghi, le case colpite. Di sicuro stanno usando tutti i mezzi a loro disposizione. Abbiamo alcuni esperti locali per le prime analisi, ma abbiamo bisogno di affiancarli con esperti militari, perche' possano entrare a Gaza ed esaminare le armi usate dagli israeliani. * - Christian Elia: In questa situazione e' difficile parlare di sistema giudiziario palestinese, ma qual e' il suo giudizio sull'amministrazione della giustizia in Palestina? - Shawan Jabanien: Il mio giudizio non e' affatto positivo. Ancora oggi, mentre parliamo, ci sono stati arresti arbitrari in Cisgiordania, con agenti della polizia dell'Autorita' Palestinese che hanno arrestato dimostranti pacifici. E sta accadendo ogni giorno, anche ieri a Nablus, dove sono state arrestate venti persone. Sono arresti che si aggiungono a quelli di attivisti politici avvenuti nei mesi precedenti. L'Autorita' non vuole che cominci la terza Intifada, e sta arrestando in massa attivisti politici contrari alla linea della moderazione. I servizi segreti impediscono l'opposizione, anche durante gli attacchi a Gaza, mentre muoiono civili innocenti, impediscono le libere espressioni di solidarieta'. Non c'e' giustizia in Cisgiordania. C'e' politica con tutti i mezzi, non giustizia. * - Christian Elia: E qual e' il suo parere sull'amministrazione della giustizia nella Striscia di Gaza da parte di Hamas? Investigate su quanto e' accaduto durante la guerra civile tra Hamas e Fatah? - Shawan Jabanien: Adesso a Gaza non c'e' nulla. Ma prima dell'attacco violazioni e violenze ci sono state. La sicurezza per i cittadini c'era, ma a prezzo di una grande paura. Vivevano nel terrore e questa non e' stabilita' o uno stato di diritto. Arresti arbitrari, torture come in Cisgiordania. Durante le tensioni tra le fazioni palestinesi molte persone sono state uccise, torturate e private dei loro diritti. C'e' stata anche qualche condanna. Ma non e' stata ancora fatta giustizia. La verita' e' che viviamo un momento drammatico: interno ed esterno. Dai crimini commessi dallo stato d'Israele a quelli commessi all'interno del popolo palestinese. * - Christian Elia: Un elemento nuovo, rispetto ad altri pesanti attacchi subiti dalla popolazione palestinese, e' la divisione interna. Che ne pensa? - Shawan Jabanien: La gente e' unita nel lottare contro l'occupazione e contro l'inflizione di sofferenze. Umanamente uniti, ma politicamente sono divisi. Andrebbero in strada se potessero urlare, ma i politici sono divisi. Gli ultimi anni sono andati cosi'... vogliono solo usare il loro potere. E' uno dei momenti piu' neri della nostra storia, ma non abbiamo scelta: dobbiamo essere uniti. * - Christian Elia: Nel suo lavoro, nel lavoro di al-Haq, in una situazione di questo genere, e' difficile separare il diritto dalla politica? - Shawan Jabanien: Io non credo esista alcuna separazione tra la giustizia e la politica, tra il diritto internazionale e la politica. Perche' se si esamina l'attuazione pratica del diritto internazionale, si passa alla politica. Chi e' chiamato ad attuare il diritto internazionale? La povera gente, nelle strade? No, gli stati. E quando si passa agli stati, ai funzionari di governo, si sta discutendo di politica. Se rispettano gli obblighi a loro carico o no, se hanno fini politici o no... Cose di questo tipo. Al di fuori dell'ambiente politico, non esiste attuazione pratica del diritto internazionale. Questa e' la linea di confine, e questa la connessione tra i principi del diritto internazionale, le teorie, i valori, e la politica, qui e ora. Per questo crediamo sia cruciale esercitare pressione sui politici. Non semplicemente ripetere le nostre richieste, i nostri messaggi, i comunicati stampa, ma anche avere contatti con la societa' civile, con i deputati, i giornalisti. Esercitare pressione sui politici. Perche' l'unica cosa in cui i politici credono sono gli interessi. Se ci sono interessi diretti. Se non faremo questo, come societa' civile, saremo un giorno ritenuti corresponsabili, direttamente o indirettamente, dei crimini commessi. Questo e' una parte determinante del nostro lavoro, non solo stare seduti qui a scrivere relazioni. Quelle relazioni, quei documenti debbono riuscire a porre sotto pressione i politici, perche' diventi per loro conveniente sostenere i diritti umani. Perche', in fondo, facciano il loro lavoro. Noi facciamo il nostro. Un lavoro dannatamente duro, viene da piangere, a volte. Leggi certe storie... ma io non perdo la speranza. Magari sara' mio figlio a vivere in una societa' piu' giusta, magari io non vedro' mai i risultati del mio lavoro, ma non ci arrendiamo alla disperazione di un momento orribile come questo. 5. ITALIA. PEPPE SINI: OGNI COMUNE DOVREBBE REALIZZARE STRUTTURE E INTERVENTI PER I DIRITTI UMANI DELLE PERSONE, FAMIGLIE E COMUNITA' NOMADI E VIAGGIANTI [Questo intervento e' stato diffuso alla stampa locale come replica a gravi affermazioni razziste di parlamentari e pubblici amministratori] Mi sembra assolutamente doveroso che anche gli enti locali del viterbese si impegnino per la realizzazione di strutture e interventi per il concreto riconoscimento dei diritti umani delle famiglie e delle comunita' nomadi e viaggianti. * Molti anni fa, quando ero un pubblico amministratore, anch'io mi adoperai per questo. E nell'impegno per l'affermazione dei diritti umani di rom e sinti mi trovai nell'ottima compagnia dell'Opera Nomadi che aveva allora come autorevolissimo rappresentante insieme a figure luminose come don Bruno Nicolini e la professoressa Mirella Karpati, un nostro grande conterraneo, l'indimenticabile Vittorio Emanuele Giuntella, che era stato ufficiale degli alpini internato in lager per aver dopo l'8 settembre 1943 eroicamente rifiutato (come decine di migliaia di soldati italiani) di essere complice dei nazisti, che fu una delle voci della nonviolenza all'Universita' di Roma dove insegnava storia dell'eta' dell'Illuminismo, e che mi fece il dono grande della sua amicizia. * Credo e sostengo che: a) ogni Comune dovrebbe attrezzare un'area di sosta per famiglie nomadi e viaggianti, attrezzata come campo di transito di dimensioni limitate dotato di tutti i servizi fondamentali; b) i Comuni di dimensioni maggiori (e quindi con maggiori risorse organizzative e finanziarie) dovrebbero attrezzare anche dei campi di sosta di dimensioni maggiori per famiglie nomadi e viaggianti attrezzati anche per permanenze di lungo periodo; non gigantesche bidonville destinate al degrado, ma aree di dimensioni gestibili in modo adeguato, democratico e trasparente, nel pieno rispetto della legalita' e dei diritti umani di ogni persona; c) per tutte le persone e le famiglie nomadi e viaggianti che vorrebbero sedentarizzarsi in abitazioni stabili in muratura, le istituzioni dovrebbero predisporre sia adeguate provvidenze per l'accesso all'edilizia economica e popolare, sia efficaci interventi di sostegno degli enti locali per il pieno accesso al diritto alla casa; d) ed in ogni caso ogni Comune - come ogni altra istituzione variamente competente in materia - dovrebbe applicare quanto gia' stabilito dal quadro normativo vigente per il riconoscimento di tutti i diritti previsti dall'ordinamento giuridico in materia di assistenza, salute, istruzione e formazione, diritto al lavoro e all'abitare, diritto a una vita degna, responsabile e solidale nel pieno rispetto della legalita'. 6. RIFLESSIONE. JACOPO TONDELLI: LA LEZIONE ILLUMINISTA DI ZEEV STERNHELL [Da "Keshet" n. 3-4 del novembre-dicembre 2008 riportiamo pressoche' integralmente il seguente articolo dal titolo "Zeev Sternhell e la transizione dell'Occidente" e il sottotitolo "Un pacco-bomba contro l'illuminismo"] Ci sono fatti che illuminano il tempo in cui succedono, e altri che ne sono illuminati. Il recente attentato all'incolumita' di Zeev Sternhell, al di la' delle fortunatamente lievi conseguenze che il settantacinquenne professore israeliano ne ha patito, appartiene a entrambe le categorie. Le coniuga anzi in una sola, come capita ai fatti simbolici che si verificano in epoche di cambiamenti sociali, economici e culturali. In una parola, nei giorni che si ricordano lungo i secoli per avere registrato passaggi storici irreversibili, di quelli che dividono il prima dal dopo. Quando nel settembre del 2008 Zeev Sternhell riceve un pacco-bomba nella sua bella casa di Gerusalemme, in un quartiere residenziale immerso nel verde e in cui a chi scrive e' sempre sembrato assai facile perdersi, il mondo occidentale sta per svegliarsi definitivamente dalla transizione iniziata, suo malgrado, l'11 settembre del 2001. Allora le polveri delle Torri gemelle, del tempio del potere economico globalizzato, invasero la scena della mondovisione con persistente densita'. Sette anni e due guerre "pareggiate" piu' tardi, sono i crolli dei grafici di borsa a sancire la fine di un mondo. Meglio: a definire l'insuccesso del tentativo di ridurre il piu' eclatante attentato terroristico della storia occidentale come una parentesi accidentale e tutta esogena, collocata all'interno di un percorso lineare. In questo schema interpretativo (ma anche attivo) della realta', lo sviluppo era rappresentato da una retta che ascende, mentre l'egemonia americana si poteva interpretare come un'enorme superficie piatta, proprio come il mondo visto da uno degli intellettuali piu' felicemente globali della nostra epoca. Quando Zeev Sternhell apre il suo pacco-bomba, Lehman Brothers, la piu' importante banca d'affari del mondo, e' fallita dieci giorni prima, decine di istituti di credito subiranno salvataggi e fusioni, mentre l'onda lunga della crisi globale sta finalmente per abbattersi, dopo tante minacce, sulla vecchia Europa. Con la piena maturita' della crisi finanziaria, dunque, si definiscono contemporaneamente due elementi: la morte di un modello di globalizzazione lineare, "naturalmente" razionale, che aveva nella finanza internazionale e internazionalista, matematica e cibernetica il suo vettore e il suo linguaggio, da un lato; e la fine della parabola del modello egemonico proprio dell'America neoconservatrice reaganian-bushiana, dall'altro. Entrambi questi crepuscoli storici - tra loro intersecati - hanno piu' di qualcosa a che vedere con la parabola culturale e umana di Zeev Sternhell. * L'ultimo mio incontro con Zeev Sternhell e' avvenuto nel luglio del 2007, un paio di mesi dopo la pubblicazione italiana di Les anti-lumieres. Nel suo ultimo, ponderoso lavoro Sternhell ricostruisce la parentela lunga delle idee, la genetica culturale delle culture reazionarie che legano l'una all'altra le due sponde dell'Atlantico. Il collante che Sternhell utilizza come lente interpretativa e' la perdurante opposizione alle idee universalistiche, egualitarie e lato sensu progressiste dell'illuminismo e della rivoluzione francese. Nella sua documentatissima ricostruzione, Sternhell trova la linea che unisce Edmund Burke a Norman Podhoretz, gli anti-illuministi contemporanei e perfino antecedenti alla "rivoluzione culturale" irradiata dalla Francia ai neoconservatori americani che dagli anni Sessanta sono arrivati al governo degli Stati Uniti. Posi, in quella occasione, un'obiezione logica che mi sembrava cogente rispetto al suo lavoro intellettuale, di cui stavamo parlando. "Se i neoconservatori sono davvero rappresentanti ultimi, in ordine cronologico, del particolarismo anti-illuminista da lei ricostruito, come mai la loro impronta internazionale piu' forte e' stata una guerra che dichiarava di mirare (pur con tutti gli insuccessi del caso) a universalizzare proprio la democrazia e cioe', in definitiva, il portato politico e statuale figlio della rivoluzione francese?". Il Professore mi omaggio' di un complimento di quelli che si riservano ai giornalisti - "tu sai come fare domande difficili" -, ma poi smonto' rigorosamente l'obiezione. Non credeva, non aveva mai creduto alla democrazia espansiva come ragione fondativa del conflitto in Afghanistan e Iraq. Ma senza addentrarsi nelle cause "materiali" della guerra, preferi' stare sul terreno che per anni aveva approfondito: quello della natura della Stato democratico dei neoconservatori americani. "Sono nazionalisti, particolaristi, esclusivi e fondamentalmente teocratici". L'obiezione di Sternhell non era tanto storica, quanto di fondamento ideale: il modello di democrazia che puntavano a esportare era per sua natura contrario all'unico principio universalistico che, secondo lo studioso nato in Polonia e formatosi a Parigi, puo' sostenere un nazionalismo illuminista, vale a dire l'autodeterminazione dei popoli. La democratizzazione del Medioriente predicata e mai davvero implementata da Bush moveva, secondo Sternhell, dal presupposto di una superiorita' nazionale (per lui, allievo di Mosse, a questo si riduce la pomposa definizione di "civilta'"), piuttosto che non dalla coscienza dell'uguaglianza naturale, che unisce illuministi e giusnaturalisti. Aveva senz'altro nell'orecchio e in testa, Sternhell, le centinaia e centinaia di pagine spese, a partire dagli anni Cinquanta (con Isaiah Berlin e tutti i suoi epigoni), per dimostrare la radicale differenza tra rivoluzione francese e rivoluzione americana. Aveva certamente chiari in testa i titanici sforzi compiuti in tal senso da Gertrude Himmelfarb, che Sternhell chiama "la gran badessa del neoconservatorismo americano", per dimostrare che le colpe dei Lumi francesi combaciavano esattamente con i meriti della rivoluzione americana. La prima, "rivoluzione morale" che pretende di cambiare l'antropologia dell'essere umano, porta in se' - a detta del neoconservatorismo - tutti i germi dell'assolutismo e del totalitarismo; la seconda, moderata e parziale, e' una rivoluzione meramente politica. Sono mirabili, anche per ironia, le pagine in cui Sternhell spiega alla Himmelfarb e ai suoi adepti che la distinzione e' assai piu' labile, che le due rivoluzioni sono parenti strette, che lo stesso Burke - antenato nobile caro al neoconservatorismo - non si cimenta in una disamina strutturale delle differenze per evitare di essere obbligato dalla propria stessa indubbia caratura d'intellettuale a riconoscerne le affinita'. Sternhell aveva in testa tutto questo, ed evidentemente molto di piu', quando non dubitava nemmeno un secondo di fronte alle promesse di democrazia espansiva delle amministrazioni americane. Riteneva non ci si potesse credere perche' conosceva le parentele culturali tra gli ispiratori di quell'azione politica e la libercolistica da guerra fredda che finisce con il condannare la modernita' tout court, come matrice comune di ogni violenza politica totalitaria. E chissa' che forse, giunto oltre i settant'anni, Sternhell non abbia voluto anche cogliere l'occasione per spiegare - a chi non vuole o non puo' capire - che cosa lui non e' mai stato. Cosi', le pagine dedicate ai neoconservatori sono vicine, anche materialmente, a quelle in cui smonta e fa a pezzi i revisionisti alla Furet che apparentavano Lenin a Mussolini; ma anche quelli in cui contesta la stessa Hannah Arendt e le imprecisioni rischiose del suo concetto di totalitarismo, in cui la Arendt finisce con l'invertire il rapporto di causa-effetto tra negazione dei diritti dell'uomo e privazione dei diritti di nazionalita' e cittadinanza. Per Sternhell, evidentemente, l'apolidia e la privazione dello status di cittadino subite dagli ebrei durante la persecuzione nazifascista sono frutto della negazione dello Stato egualitario - e illuminista - e di "uomo"; non il contrario. L'aver lungamente studiato i socialismi nazionali e le radici a sinistra dei fascismi europei non fa insomma di Sternhell il divulgatore dell'equiparazione secondo la comoda immagine che gli e' stata attribuita, soprattutto nel nostro Paese, e ancora nei giorni dell'attentato da lui subito. * Quella che sta finendo, dicevamo sopra, non e' solo l'epoca geopolitica segnata dal neoconservatorismo assurto al potere, ma anche l'onda finanziaria e politico-economica che in quest'epoca ha conosciuto uno sviluppo incredibile, assecondando peraltro una spinta globale che poteva certo essere diversamente governata, non solo dall'America, e che in ogni caso sarebbe stato impossibile rimuovere o bloccare. Il legame tra questo secondo crepuscolo e il ricco percorso di studioso di Zeev Sternhell e' certo meno immediato e univoco, ma forse proprio per questa ragione piu' prezioso. Quella che si chiude (o sembra chiudersi) con il crollo verticale della finanza dorata transfrontaliera e', senza dubbio, un'epoca di grandi e crescenti disuguaglianze economiche e sociali, non sempre giustificabili con la diversita' dei meriti dei diversi attori protagonisti e comprimari. Cio' vale senza dubbio per le societa' occidentali, in cui la crescente ricchezza di pochi o pochissimi ha fatto il paio con la perdurante miseria di molti, e la montante esperienza di poverta', o di fatica, o di paura non isterica, di moltissimi. Resta pero' vero che l'internazionalizzazione irrefrenabile dell'economia industriale, e la finanza come vettore poi "imbizzarrito" e infine completamente da essa scollegato, hanno prodotto anche effetti innegabilmente positivi nelle societa' e nei Paesi in via di sviluppo. Se la Cina ha visto uscire dalla poverta' oltre cento milioni di cittadini lo deve a quell'insieme infinito di interconnessioni materiali che per comodita' semplicistica chiamiamo "globalizzazione", mentre non c'e' analista economico o politico che non sottolinei, in queste settimane, che la "nuova" egemonia americana dovra' essere contrattata proprio con il gigante (dai piedi ancora argillosi) della Repubblica popolare. E ancora, se il prezzo del petrolio ha toccato prima del crac finanziario i 130 dollari al barile, al di la' di qualche diceria non sempre ben documentata sulle colpe degli "speculatori", le ragioni principali stanno tutte nella maggiore richiesta da parte di Cina e India, piu' industrializzate che mai e quindi, in definitiva, meno povere di prima. Ma si puo' andare perfino oltre: se nel settembre del 2008, per la prima volta nella storia, tutte le capitali africane - in molti casi raggiunte da un processo di "civilizzazione" che ha proprio in Pechino la sua capitale - vengano raggiunte dalla luce elettrica, anche di questo si dovra' pur riconoscere qualche merito alla globalizzazione. Un processo - lento, irregolare e ricco di ingiustizie e difetti perfettibili e non, sia chiaro - che ha i caratteri, o almeno presentava e presenta le occasioni, dell'universalismo, dell'internazionalismo e dell'egualitarismo: a patto di essere governato da menti politiche e da portatori d'interessi dotati di visioni, competenze e ideali forti che sono spesso, troppo spesso, mancati in questo ultimo decennio. Il rischio, tuttavia, e' che questo crollo della finanza mondiale, globale, internazionale e internazionalista per definizione, travolga - assieme alle follie di un sistema autoreferenziale - anche ogni spinta all'internazionalizzazione sana e necessaria. E che alle paure di un Occidente comprensibilmente preoccupato per una ricchezza che non cresce piu' e non puo' piu' essere ridistribuita in alcun modo, alla fascinazione reattiva per la storia di Robin Hood (tanto da farlo diventare modello di tassazione statuale...), potrebbero finir con il sommarsi le speranze di praticare una ricetta semplice: quella di far pagare allo sviluppo degli altri - cinesi, indiani, africani - le debolezze e le frenate del nostro modello di sviluppo. Non e' in fondo altro da questo la proposta di costruire una fortezza europea contro le tigri asiatiche, che ci alzano i prezzi dei carburanti con la loro crescente richiesta di materie prime, mentre abbassano quelli dei prodotti che noi importiamo sui nostri mercati. (...) il tratto "sternhelliano" di questa seconda china discendente, che ha portato allo schianto della finanza e dei suoi templi piu' antichi e prestigiosi. In definitiva, il pericolo di gettare ogni forma di internazionalizzazione e globalizzazione assieme alle iniquita' che ha generato o non ha saputo lenire, magari lasciando che siano poi le paure proprie dei localismi a governare i tempi e i modi della reazione, non mi pare ne' remoto, ne' vago. * Vorrei concludere, abusando della pazienza di chi e' arrivato fino a qui, tornando in Israele, in quella casa elegante ed essenziale in cui Sternhell ha ricevuto un pacco-bomba e mi ha piu' volte accolto senza timore, e con umilta' e disponibilita' sempre piu' rare a trovarsi tra le mura dell'accademia europea. Nell'estate del 2005, nel pieno del ritiro da Gaza, sostenni una lunga conversazione con il professore, che fu poi pubblicata sul quotidiano "Il Riformista" per cui allora scrivevo. In quel periodo, mentre Ariel Sharon con un colpo di spugna e di coraggio cancellava dalla Striscia di Gaza il segno tangibile dell'ultranazionalismo (in grandissima maggioranza religioso) dei coloni israeliani, il parere di Sternhell mi sembrava particolarmente interessante. Perche' era un oppositore storico della colonizzazione, ma anche un avversario intellettuale di Sharon e della destra israeliana. Perche' e' un intellettuale globalista e universalista chiamato a confrontarsi con la cuspide piu' avanzata dei sentimenti "no-global", particolaristici, nazionalistici e religiosi che attraversano il suo Paese e alcune delle culture forti fin dalla sua fondazione. Mi interessava, insomma, chiarire anzitutto a me stesso un dubbio: Zeev Sternhell e' un intellettuale sionista? Mi rispose piu' o meno cosi': "Se il sionismo e' l'ideale del diritto di un popolo, quello ebraico, di autodeterminarsi, di avere un suo Stato, delle sue leggi e una sua terra, certo che si'. La guerra d'indipendenza del 1948 non e' altro che questo: la battaglia di un popolo per la difesa di un suo diritto universale e veramente illuminista, quello di essere padrone del proprio destino, esattamente come gli italiani, gli americani, i polacchi e i palestinesi". In queste parole ho sempre voluto leggere la summa culturale di uno tra i piu' importanti intellettuali degli ultimi trent'anni. Ma anche, senza dubbio, la cifra morale di un uomo raro. 7. LETTURE. DARIO ANTISERI, SILVANO TAGLIAGAMBE (A CURA DI): FILOSOFI ITALIANI CONTEMPORANEI Dario Antiseri, Silvano Tagliagambe (a cura di), Filosofi italiani contemporanei, Rcs-Bompiani, Milano 2008, pp. 672, euro 14,90 (in supplemento al "Corriere della sera). Da Evandro Agazzi a Vincenzo Vitiello cinquantanove schede di presentazione (quasi tutte di autopresentazione, ed alcune sono delle vere e proprie nitide autobiografie oltre che acute autointerpretazioni) dei protagonisti della ricerca e del dibattito filosofico in Italia oggi. Molte le pagine appassionanti, alcune fin commoventi. 8. LETTURE. DARIO ANTISERI, SILVANO TAGLIAGAMBE (A CURA DI): FILOSOFI ITALIANI DEL NOVECENTO Dario Antiseri, Silvano Tagliagambe (a cura di), Filosofi italiani del Novecento, Rcs-Bompiani, Milano 2008, pp. 848, euro 14,90 (in supplemento al "Corriere della sera). Un panorama dei maggiori protagonisti dell'indagine filosofica italiana novecentesca oltre Croce e Gentile (cui erano gia' dedicati specifici capitoli della Storia della filosofia di Reale ed Antiseri di cui questo volume costituisce un prolungamento). 9. LETTURE UMBERTO SANTINO (A CURA DI): CHI HA UCCISO PEPPINO IMPASTATO Umberto Santino (a cura di), Chi ha ucciso Peppino Impastato. Le sentenze di condanna dei mandanti del delitto Vito Palazzolo e Gaetano Badalamenti, Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, Palermo 2008, pp. 400, euro 20. Con un'introduzione del curatore, ed una ottima cronologia, le sentenze del 5 marzo 2001 e dell'11 aprile 2002. Una lettura utilissima. Per richieste al Centro Impastato: e-mail: csdgi at tin.it, sito: www.centroimpastato.it 10. RILETTURE. PIERRE VIDAL-NAQUET: GLI EBREI, LA MEMORIA E IL PRESENTE Pierre Vidal-Naquet, Gli ebrei, la memoria e il presente, Editori Riuniti, Roma 1985, pp. 316, lire 20.000. Un libro che occorre aver letto, di uno dei nostri maestri piu' grandi. 11. STRUMENTI. PER ABBONARSI AD "AZIONE NONVIOLENTA" "Azione nonviolenta" e' la rivista del Movimento Nonviolento, fondata da Aldo Capitini nel 1964, mensile di formazione, informazione e dibattito sulle tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo. Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 29 euro sul ccp n. 10250363 intestato ad Azione nonviolenta, via Spagna 8, 37123 Verona. E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando una e-mail all'indirizzo an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto "copia di 'Azione nonviolenta'". Per informazioni e contatti: redazione, direzione, amministrazione, via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 12. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 13. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 706 del 20 gennaio 2009 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). 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