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Minime. 670
- Subject: Minime. 670
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Mon, 15 Dec 2008 01:51:26 +0100
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 670 del 15 dicembre 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. La scelta necessaria 2. Michelangelo Cocco intervista Hafez Huraini 3. Alessandro Ursic: Offrire cibo per distruggere armi 4. Giulio Vittorangeli: La crisi finanziaria e il Sud del mondo 5. Marina Forti: Uno sporco affare 6. Simona Galasso: Biodiversita' ed economia 7. Elena Gerebizza: Emissioni e foreste 8. Antonio Airo' ricorda Nuto Revelli (2004) 9. La newsletter settimanale del "Centro studi "Sereno Regis" di Torino 10. Stefano Bucci presenta l'"Abecedario pittorico" di Federico Zeri 11. Frediano Sessi presenta "La prima guerra mondiale" a cura di Stephane Audoin-Rouzeau e Jean-Jacques Becker 12. Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" 13. L'agenda "Giorni nonviolenti 2009" 14. L'Agenda dell'antimafia 2009 15. Riedizioni: Epicuro, Dottrina e testimonianze 16. Riedizioni: Lorenzo Gianotti, Umberto Terracini 17. La "Carta" del Movimento Nonviolento 18. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. LA SCELTA NECESSARIA Solo una sinistra che faccia la scelta della nonviolenza puo' fermare l'eversione dall'alto berlusconiana. La scelta della nonviolenza significa la difesa intransigente e l'applicazione rigorosa dei principi della Costituzione, a partire dall'articolo 11 che ripudia la guerra: il che implica che deve immediatamente cessare l'illegale e criminale partecipazione italiana alla guerra afgana. La scelta della nonviolenza significa il riconoscimento di tutti i diritti umani a tutti gli esseri umani: il che implica che deve cessare la persecuzione dei migranti. La scelta della nonviolenza significa una societa' di persone libere ed eguali in dignita' e diritti: il che implica che deve cessare il patriarcato. La scelta della nonviolenza significa non solo rispetto e cura reciproca tra tutti gli appartenenti all'umana famiglia, ma anche responsabilita' ed impegno per la salvaguardia della biosfera: il che implica abbandonare politiche e modelli di sviluppo che devastano irreversibilmente l'unica casa comune che l'intera umanita' abbia. La scelta della nonviolenza: l'unica politica adeguata alla crisi presente. La scelta della nonviolenza: l'unica via di solidarieta' e liberazione delle oppresse e degli oppressi tutti. La scelta della nonviolenza, senza di cui democrazia, giustizia e pace, in una parola: la civilta' umana, crolla sotto i colpi della barbarie onnicida. La scelta della nonviolenza, senza la quale la sinistra e' morta. 2. PALESTINA. MICHELANGELO COCCO INTERVISTA HAFEZ HURAINI [Dal quotidiano "Il manifesto" del 13 dicembre 2008 col titolo "I pastori di Hebron: La nostra arma si chiama nonviolenza"] Hafez Huraini e' il leader del comitato di pastori delle colline a sud di Hebron, una delle zone della Cisgiordania occupata (area C secondo gli accordi di Oslo: sotto completo controllo israeliano) maggiormente funestata dalla presenza dei coloni. Operazione colomba, l'ong d'ispirazione cattolica con una presenza permanente in Palestina, la settimana scorsa ha portato Huraini in Italia, per una serie d'incontri che ci ha dato modo di discutere di quella "pressione continua che - denuncia il palestinese - dagli anni '80 ha portato a uno spopolamento (il 20% in meno) dei villaggi dell'area, nei quali sono rimaste circa 3.000 persone". * - Michelangelo Cocco: Qual e' la particolarita' di at-Tuwani? - Hafez Huraini: Il mio villaggio, at-Tuwani, e gli altri centri a sud di Hebron, sono abitati da gente semplice, quasi tutti pastori o agricoltori: la terra rappresenta la nostra unica fonte di sostentamento. Dal 1967 in poi, l'occupazione israeliana ha perseguito una "strategia di espulsione" dei palestinesi da quest'area, vicina alla Linea verde. L'esercito - che ci confisca le terre dopo averle dichiarate zone militari - e i coloni sono gli strumenti attraverso i quali viene messa in pratica questa strategia. * - Michelangelo Cocco: Come avvengono le demolizioni che denunciate? - Hafez Huraini: L'esercito distrugge case, abitazioni ricavate in grotte, sistemi d'irrigazione: secondo le leggi dell'occupazione per costruire qualsiasi cosa dobbiamo ottenere un permesso, che pero' non ci viene mai accordato. Quindi tutto puo' essere demolito. Abitiamo un'area in cui le colonie piu' importanti (Karmel, Maon, Susia, beit Atir) sono popolate da settler tra i piu' estremisti, molti dei quali immigrati dagli Usa: provano a cacciarci picchiandoci, distruggendo le nostre proprieta', avvelenando le nostre pecore, tagliando i nostri ulivi. * - Michelangelo Cocco: Come nasce il vostro comitato? - Hafez Huraini: Siamo quasi tutti pastori. Dopo anni d'occupazione, ci siamo posti il problema di come resistere alle violazioni del diritto umanitario da parte di Israele: abbiamo scelto la lotta nonviolenta, da praticare assieme ai nostri amici israeliani, singoli individui o pacifisti di organizzazioni come Rabbis for human rights, B'tselem, Taiush e altri. Agiamo nell'ambito legale, con i ricorsi alla Corte suprema e ai tribunali, e in quello mediatico. * - Michelangelo Cocco: Quando i palestinesi si sono rivolti alla "giustizia" dell'occupante, come nel caso del comitato popolare di Bilin contro il Muro, hanno ottenuto successi parziali. Non temete inoltre di legittimare il sistema giuridico che e' alla base delle vostre sofferenze? - Hafez Huraini: Noi intendiamo mostrare ai cittadini israeliani che il loro esercito non rispetta le loro stesse leggi. Le decisioni emesse dalla Corte suprema a volte sono in favore dei palestinesi, come quando nel 2000 stabili' che gli abitanti espulsi da undici villaggi della nostra area dovessero far rientro nelle loro case. Semplicemente non vengono implementate. * - Michelangelo Cocco: Crede che a guidare la resistenza palestinese saranno lotte nonviolente e di base come la vostra? - Hafez Huraini: Ritengo che la questione palestinese sia una profonda ingiustizia e che per vincere dobbiamo creare una cultura di riconciliazione e pace tra palestinesi e israeliani. Attraverso la nostra battaglia (resistere alle violenze dei coloni, impedire la distruzione dei campi, etc.) alcuni israeliani vengono a conoscenza dei nostri diritti. L'occupazione vuole creare la massima tensione, affinche' i palestinesi reagiscano con la violenza ai suoi crimini, dandosi cosi' la scusa per ulteriori repressioni e per rubarci sempre piu' terra. Noi l'abbiamo capito e per questo abbiamo adottato un modello nonviolento. 3. MONDO. ALESSANDRO URSIC: OFFRIRE CIBO PER DISTRUGGERE ARMI [Dal sito di "Peacereporter" (http://it.peacereporter.net) riprendiamo il seguente articolo del 12 dicembre 2008 col titolo "Aggiungi un'arma a tavola" e il sommario "Usa, boom per una fiera dove si scambiano pistole per buoni spesa"] Un'arma in casa puo' essere utile per difendersi dagli intrusi, almeno cosi' pensano molti negli Stati Uniti. Ma in tempi di crisi, le priorita' sono altre e bisogna prima di tutto arrivare alla fine del mese. E se qualcuno offre buoni da spendere in un supermercato se in cambio gli viene consegnata una pistola, in tanti non si fanno sfuggire l'occasione. E' quello che e' successo nei giorni scorsi in una citta' californiana vicino a Los Angeles. Dal 2005, la contea di Compton organizza a dicembre la fiera "Gifts for guns" (regali in cambio di armi). Nel parcheggio di un grande supermercato, gli sceriffi della contea accettano pistole e fucili senza fare troppe domande e poi le distruggono, rilasciando ai proprietari un buono spesa di importo variabile a seconda dell'arma. L'idea era nata come una misura per rendere Compton piu' sicura, dopo l'impennata dei crimini di quattro anni fa. Nella prima edizione furono raccolte circa 600 armi, nel 2006 scese a 500, mentre un anno fa il bottino fu di sole 387 armi. Ma quest'anno, nel pieno di una recessione che non si preannuncia breve, sono state 965. Nel week-end in cui si e' tenuta la fiera, a inizio dicembre, gli sceriffi avevano notato l'impennata delle offerte di armi, e per questo hanno deciso di raddoppiare nel fine settimana successivo. E se negli anni precedenti i partecipanti preferivano ricevere un buono spesa in regali natalizi, per comprare vestiti ed elettronica, stavolta sono andati a ruba i voucher da spendere nei supermercati. "La gente oggi non ha i soldi per comprarsi da mangiare", ha detto lo sceriffo Byron Woods. "Un uomo che aveva appena perso il lavoro e' arrivato con cinque fucili. Diceva che quei buoni l'avrebbero davvero aiutato a portare cibo sulla tavola della famiglia", ha aggiunto Woods. L'ammontare della ricompensa dipendeva dal tipo di arma: una pistola scassata ma funzionante valeva 50 dollari, se in buone condizioni 100. Mitragliatori e fucili d'assalto garantivano anche 200 euro al proprietario che voleva disfarsene. Sono arrivati anche "doni" inaspettati, come due bombe a mano e un vecchio kalashnikov sovietico, capace ancora di fare una strage. E c'e' chi, visti i tempi di magra, si e' fatto prendere la mano: un tizio si e' presentato con una trentina di armi, sperando di portarsi a casa qualche migliaio di dollari. Ma ha potuto consegnare solo cinque pistole, perche' l'intento degli organizzatori era di beneficiare piu' gente possibile, senza concentrare i soldi nelle mani di pochi. Il successo non e' comunque mancato. E se la crisi sara' grave come ormai credono in molti, il prossimo anno da Compton potrebbero sparire altre centinaia di armi. 4. RIFLESSIONE. GIULIO VITTORANGELI: LA CRISI FINANZIARIA E IL SUD DEL MONDO [Ringraziamo Giulio Vittorangeli (per contatti: g.vittorangeli at wooow.it) per questo intervento] Con i tempi che corrono di crisi economica, politica e culturale, fare un discorso organico e' difficile. La situazione, nazionale e internazionale, e' sempre piu' complicata e dolorosa: guerra, crisi, titoli tossici immessi sul mercato, iniezioni di liquidita' monetaria, sfruttamento dell'uomo sull'uomo... Nella crisi finanziaria mondiale, tra piani di recupero delle banche e assicurazioni di salvaguardia dei depositi, l'attenzione internazionale si e' spostata, ancora una volta, sui destini delle popolazioni ricche del Nord del mondo, sull'impoverimento della classe media, sulla perdita di posti di lavoro, sul calo di potere d'acquisto dei salari, sul calo dei consumi e via enumerando. Secondo l'ultima stima Istat, in Italia i poveri sono oltre sette milioni e mezzo, quasi il 13% dell'intera popolazione. Certo, stiamo parlando di poverta' relativa, qualcosa di incommensurabile con il miliardo e passa di persone che nel mondo vivono con un euro al giorno. Per essere piu' chiari, la soglia di poverta' relativa in Italia per una famiglia di due persone e' fissata in 986 euro. Con meno di 1.000 euro al mese, ci dice l'Istat, si vive (anzi si sopravvive) parecchio male, non si arriva alla fine del mese, anche a tirare la cinghia a piu' non posso. Intanto abbiamo visto pochissimi analisti appuntare la loro attenzione alle conseguenze che questa crisi del capitalismo finanziario mondiale ha, e continuera' per molto tempo ad avere, sulle politiche e gli impegni per la lotta alla poverta', e sulla condizione materiale non nuova nella quale vivono e continuano a morire oltre un miliardo di esseri umani. "Parlare delle nuove poverta' in relazione al Sud del mondo, infatti, sarebbe importante anche per far capire ai molti cittadini nostrani, immersi nella depressione finanziaria, che siamo sulla stessa barca di chi, sino a oggi, per venire a cercare un destino migliore in casa nostra, sulle barche ci moriva", ha scritto Raffaele K. Salinari. Invece i governi trovano milioni di euro (che dicevano di non avere) per finanziare le banche, e piangono miseria quando si tratta di lotta alla poverta': la Finanziaria ha tagliato drasticamente i fondi per la cooperazione allo sviluppo, e i temi della solidarieta' internazionale sono diventati, con la scusa della crisi economica, ancora piu' irrilevanti nell'agenda degli stati. L'altra conseguenza del crack finanziario (che non produce certo il fallimento del capitalismo) e' che riduce la giustizia e la liberta'; travolgendo quel poco di civilta' e spirito democratico che dai travagli del Novecento si era prodotto. Genera, anziche' ritorno alla ragionevolezza e alla solidarieta', tendenze a nuova barbarie, fatta di paura, indifferenza, rabbia impotente e aggressivita', in basso; e di arroganza, dominio, disprezzo delle regole e dei diritti, in alto. "Non e' solo il carattere intrinsecamente autoritario e fascistoide di un governo e dei suoi metodi spicci, ma una sorta di dinamica regressiva di sistema. Di un intero ordine delle cose che si va componendo - e stringendo - intorno a noi, in una logica di chiusura di spazi e di violazione di valori fino a ieri solidi e indiscutibili", secondo le parole di Marco Revelli. Vale a dire che oggi il blocco sociale dominante non ha bisogno del fascismo (il berlusconismo non e' il fascismo), perche' la coercizione e' anche e soprattutto disseminata nel sociale. Il problema e' che tutto questo avviene, sostanzialmente, senza trovare davanti a se' barriere di protezione, sistemi di allarme, capacita' di reazione. In una parola: opposizione. A mancare e' soprattutto un autentico progetto politico: la costruzione di un orizzonte di senso che riesca a spiegare il mondo, le relazioni reciproche tra gli esseri umani. Non a caso le sinistre sono state sconfitte e ora sono impegnate in dispute interne da cortile, perche' non avevano e non hanno un progetto per il Paese, ne' ciascuno per conto suo, ne', tanto meno, tutti quanti insieme. La costruzione di questo progetto puo' avvenire solo se si ritorna a ragionare intorno ai grandi temi posti dai movimenti emersi nel Novecento: femminismo, ecologismo, socialismo, pacifismo, nonviolenza, e la stessa solidarieta' internazionale. Una sinistra unita e plurale e' percio' possibile, ma deve avere nel suo Dna (come piu' volte abbiamo scritto su queste pagine) l'opposizione al razzismo, l'opposizione al patriarcato e al femminicidio, l'opposizione alla distruzione della biosfera, l'opposizione ai poteri criminali e al regime della corruzione, l'opposizione a qualsiasi sfruttamento, che difenda tutti i diritti umani di tutti gli esseri umani. Non e' impresa facile, ma continuiamo a pensare che l'Italia e' un paese migliore della destra che la governa; ma anche dell'opposizione che la contrasta in parlamento. Almeno per quella parte che soffre con vergogna le volgarita' e le furbate medianiche della cultura berlusconiana, il carnevale istituzionale del populismo dei ricchi.zionale del populismo dei ricchi. 5. MONDO. MARINA FORTI: UNO SPORCO AFFARE [Dal quotidiano "Il manifesto" del 13 dicembre 2008 col titolo "L'affare sporco di Rwe"] Una azienda elettrica di un paese europeo, diciamo per esempio la Germania, vuole comprare "crediti di carbonio" in un paese catalogato come "in via di sviluppo", diciamo per esempio la Cina, per compensare l'eccesso di scarichi di anidride carbonica dai suoi impianti. Sembra un business un po' astruso, ma e' molto concreto ed e' previsto dal protocollo di Kyoto sul clima, il trattato che obbliga i paesi industrializzati a tagliare le emissioni di gas di serra in quantita' ben precise (all'Unione europea spetta un taglio del 9% in media entro il 2012). L'obiettivo e' ripartito su ogni settore che produce scarichi di gas di serra: centrali elettriche, stabilimenti industriali, cementifici, trasporti e cosi' via. Le aziende che tardano a "ripulirsi" saranno prima o poi tenute a pagare penalita' (e' una delle cose che l'Unione Europea sta discutendo proprio in queste settimane). prima delle penalita' pero' hanno un'opzione: comprare quote di emissioni da altre aziende, che magari sono state piu' capaci di diminuire le proprie emissioni e hanno quote da vendere - ogni singola tonnellata di anidride carbonica che esce da un camino industriale si traduce in soldi. Oppure, seconda opzione: l'azienda europea che inquina troppo puo' finanziare progetti di "sviluppo pulito" in un paese terzo, e calcolare a proprio credito (crediti di carbonio) le emissioni "risparmiate". E' quello che ha fatto la Rwe tedesca, azienda che produce energia elettrica in centrali che bruciano in particolare carbone, uno dei piu' "sporchi" tra i combustibili fossili - e infatti la Rwe e' una delle piu' grandi produttrici di emissioni di anidride carbonica (e di altri scarichi inquinanti) in Europa, oltre 120 milioni di tonnellate di CO2 all'anno che vanno ad accumularsi nell'atmosfera. Ripulire gli scarichi di centrali simili e' affare complicato e costoso. Cosi' l'azienda tedesca ha scelto un'altra via: ha deciso di comprare "crediti di carbonio" in Cina. Per la precisione progetta di acquistare "crediti" pari all'incirca a 442.000 tonnellate di CO2 all'anno da una centrale idroelettrica. C'e' un problema pero': la diga di Xiaoxi, sul fiume Zishui (nella provincia del Hunan), non rispetta gli standard dettati dalla Commissione mondiale sulle dighe, l'organismo indipendente riunito dalla Banca mondiale che nel 2000 aveva completato una profonda revisione dei progetti di grandi dighe nel mondo indicando criteri da rispettare in merito all'impatto ambientale e sociale delle grandi opere. E il progetto idroelettrico di Xiaoxi, con la sua centrale da 135 Megawatt di potenza installata, rientra nella categoria delle grandi dighe. La denuncia viene da "International rivers", rete ambientalista internazionale (www.internationalrivers.org) che ha mandato una ricercatrice di lingua cinese a indagare su quella diga. Ha cosi' verificato che 7.500 persone sono state fatte sfollare per fare spazio alla diga, e che queste persone non hanno recuperato un livello di reddito pari a quelli che avevano prima, hanno avuto risarcimenti inadeguati e stabiliti in modo arbitrario, senza possobilita' di fare ricorso in alcun modo. Tutto cio' viola le linee-guida indicate dalla Commissione internazionale sulle dighe, fatte proprie in teoria dalla Banca mondiale. Le leggi sia tedesche, sia comunitarie impongono di verificare che qualsivoglia diga si attenga a questi standard prima di comprargli "crediti di carbonio". La Rwe in effetti ha chiesto a un'agenzia di consulenti (la Tuv Sud) di certificare l'idoneita' della diga cinese - e guarda caso, questi hanno trovato che questa era in regola. Ecco un esempio di "meccanismo di sviluppo pulito"... 6. MONDO. SIMONA GALASSO: BIODIVERSITA' ED ECONOMIA [Dal quotidiano "Il manifesto" del 3 dicembre 2008 col titolo "Biodiversita' & economia"] Piu' di tremila istituzioni e oltre 450 milioni di persone coinvolte in tutto il mondo. Sono questi i numeri forniti dal "Micro Banking Bullettin" sul settore della microfinanza, una realta' in espansione che ogni anno consente l'accesso al credito di soggetti vicini alla soglia di poverta', altrimenti impossibilitati a ricevere alcuna forma di finanziamento. E' un esempio di biodiversita' applicata all'economia citato da Leonardo Becchetti, economista dell'Universita' di Roma Tor Vergata, intervenuto al V Congresso internazionale organizzato dalla Fondazione Diritti Genetici (www.fondazionedirittigenetici.org), "Biodiversita' e beni comuni", appena conclusosi a Roma. "Negli ultimi decenni il mondo dell'economia come quello dell'agricoltura hanno subito il predominio di un approccio riduzionista - ha spiegato Becchetti - che ha rispecchiato non tanto la molteplicita' dei contributi della comunita' scientifica quanto una loro volgarizzazione troppo schematica da parte della divulgazione e della stampa specializzata. Adesso e' arrivato il momento di riscoprire l'importanza e il valore della biodiversita' in economia". Come in agricoltura, dunque, dove solo 14 specie forniscono il 90% del cibo di origine animale e solo 4 specie di piante - grano, mais, riso, patate - rappresentano il 50% delle nostre risorse energetiche, anche in economia il concetto di biodiversita' e' stato emarginato a favore di poche realta' uniformanti. L'importanza del sistema delle banche etiche o cooperative (esempi, appunto, di biodiversita' economica), e' stata sempre sottovalutata, a vantaggio del modello - considerato vincente - della banca orientata alla realizzazione del massimo profitto a breve termine, nella sua versione di banca commerciale o in quella piu' aggressiva di banca d'affari. Recentemente il commissario alla concorrenza McCrewy ha addirittura avviato una procedura per valutare se la diversita' delle banche cooperative e popolari sia un ostacolo alla concorrenza e per questo debba essere rimossa. La crisi economico-finanziaria, pero', ha improvvisamente cambiato le carte in tavola, rovesciando il paradigma "vincente" definito dai riduzionismi e mostrando da una parte la debolezza del gioco delle banche d'affari e commerciali piu' aggressive, dall'altro il valore di una strategia fondata invece sulla sostenibilita'. Secondo Becchetti, infatti, in un contesto di asimmetrie informative e in organizzazioni complesse come il nostro, e' il criterio della massimizzazione del profitto a rivelarsi non sostenibile, quando incentivi basati sulla performance diretti a tutti i membri dell'organizzazione finiscono di fatto per favorire comportamenti opportunistici di breve periodo che mettono in crisi la sopravvivenza dell'organizzazione stessa. E questo riguarda sia il mondo finanziario sia quello del commercio, da dove arriva un altro esempio virtuoso di biodiversita' economica, il modello equo e solidale, anch'esso in crescita. Il 3 settembre scorso, infatti, e-bay ha lanciato una piattaforma dedicata (WorldOfGood.com) per il commercio equo on-line, calcolando che il fatturato nel mercato Usa dovrebbe passare dai 209 miliardi di dollari del 2005 ai 420 del 2010. Saranno abbastanza per convincere gli "esperti" a ripensare il concetto di biodiversita' come nuova chiave di lettura dello sviluppo, in agricoltura come in biologia, nell'economia come nella societa'? 7. MONDO. ELENA GEREBIZZA: EMISSIONI E FORESTE [Dal quotidiano "Il manifesto" del 9 dicembre 2008 col titolo "Le foreste di Poznan"] "Nessun progetto per la riduzione delle emissioni derivate dal degrado delle foreste su territori delle comunita' indigene dovrebbe essere approvato senza il consenso previo e informato delle popolazioni che abitano questi territori". Cosi' si e' espressa Victoria Tauli-Corpuz, del forum permanente dei popoli indigeni presso le Nazioni Unite, in una delle sessioni della Conferenza sul clima che sta avendo luogo in questi giorni a Poznan, in Polonia. La gestione delle foreste e il mantenimento della biodiversita' che contengono e' al centro dei negoziati nella seconda settimana di lavori. Questione controversa, in cui stanno entrando a gamba tesa il settore privato, in prima linea nel cercare di garantirsi profitti dal controllo dei territori sconfinati delle foreste del Sud del mondo, e la Banca Mondiale. L'istituzione finanziaria di Washington ha da poco finalizzato la propria iniziativa per le foreste e, tra grandi contestazioni dei popoli indigeni, delle comunita' contadine e della societa' civile di tutto il mondo, sta facendo pressione sui governi presenti a Poznan perche' divenga il meccanismo di riferimento per finanziare il capitolo Redd (sulla riduzione delle emissioni derivate appunto dal degrado delle foreste) del negoziato. Un approccio "business as usual" che la Banca ancora una volta propone, cercando di far rientrare anche le foreste nel mare magnum del mercato dei crediti di carbonio di cui hanno finora beneficiato ironicamente la stessa Banca assieme ai grandi inquinatori privati. Dal 1999 ad oggi, la maggior parte del portfolio di crediti di carbonio (tra il 75 e l'85%) gestito dalla Banca Mondiale ha finanziato industrie nel settore chimico, del ferro, dell'acciaio e del carbone, mentre meno del 10% dei fondi a disposizione e' stato investito in progetti di energie rinnovabili. Un risultato scoraggiante che non spiega come lo stesso meccanismo potrebbe portare risultati positivi nel delicato ambito della gestione delle foreste. Le comunita' indigene hanno gia' preso le distanze dall'iniziativa della Banca Mondiale, che e' stata disegnata e gia' inizia ad essere implementata senza nemmeno aver consultato le popolazioni indigene che da quelle foreste dipendono, e che in molti paesi sono gia' state riconosciute come proprieta' comunitaria delle stesse comunita' indigene. La societa' civile, che oggi manifestera' a Poznan davanti al centro conferenze dove si svolge in negoziato facendo la parodia della Banca mondiale, che finanziando grandi centrali a carbone e' tra i principali responsabili della devastazione ambientale del pianeta, chiede che la Banca rimanga fuori dai negoziati sul clima, e incoraggia i governi riuniti in Polonia a istituire un meccanismo indipendente dai banchieri di Washington che, sotto l'egida della Conferenza delle Parti, e in consultazione con i popoli indigeni, le comunita' locali e la societa' civile, metta a disposizione i fondi per gli interventi necessari per l'adattamento e la mitigazione degli impatti derivati dal cambiamento climatico. Un budget di migliaia di miliardi, che i governi devono finanziare secondo responsabilita' comuni ma differenziate e secondo principi di partecipazione, trasparenza ed equita', perche' la comunita' internazionale e il pianeta possano beneficiarne. La societa' civile ha presentato oggi un documento che contiene i principi cardine per l'istituzione di un Fondo Globale sul Clima, con l'obiettivo di contribuire ai lavori dei governi perche' si arrivi a una proposta condivisa per un meccanismo post-Kyoto entro l'importante appuntamento del prossimo anno a Copenaghen. 8. MEMORIA. ANTONIO AIRO' RICORDA NUTO REVELLI (2004) [Dal quotidiano "Avvenire" del 6 febbraio 2004 col titolo "Nuto, ribelle senza retorica" e il sommario "Dalla campagna di Russia alla valorizzazione delle testimonianze orali collettive: con la morte di Revelli scompare un testimone capace di tenere vivo il dialogo tra le generazioni. 'I giovani? Non sono affatto sprovveduti, non si adattano, sono naturalmente liberi'"] Ha raccontato estesamente "la guerra dei poveri" e "il mondo dei vinti". Lo ha fatto, con uno stile asciutto e misurato, in libri che gli hanno dato ampia notorieta', Nuto Revelli, lo scrittore, comandante partigiano nelle file di "Giustizia e liberta'", morto ieri all'ospedale di Cuneo, dove era nato 85 anni fa. I suoi funerali si svolgeranno oggi in forma strettamente privata senza la partecipazione di gonfaloni, bandiere o autorita'. Da tempo, del resto, Revelli aveva bandito la retorica per tutta la sua vita. E a questa scelta e' stato fedele fino alla morte. L'aveva bandita, la retorica, durante la guerra in Russia alla testa di una compagnia che contava otto ufficiali e 342 alpini, quasi tutti della provincia di Cuneo. Sarebbero ritornati in Italia soltanto tre ufficiali e settanta alpini. L'aveva bandita, la retorica, nella lotta partigiana combattuta nelle sue vallate e dove l'ufficiale agnostico e politicamente sprovveduto che aveva combattuto sul Don avrebbe acquisito la forte coscienza politica - ma non partitica - di un dovere di liberazione da compiere contro ogni forma di oppressione, di violenza. "Solo ribellandomi riuscivo a non sentirmi un vinto", avrebbe detto e ripetuto nei tanti incontri con i giovani, all'universita' di Torino, nei diversi centri dove era chiamato. "Perche' voglio che i giovani sappiano", come scriveva a conclusione del suo ultimo libro di pochi mesi fa, Le due guerre, una sorta di autobiografia costruita attraverso il parallelismo tra l'esperienza fascista e quella partigiana da lui vissute prima e dopo l'8 settembre, vero crinale della sua storia personale oltre che di migliaia e migliaia di vinti, di poveri. Per questo non voleva che questa sua vicenda emblematica andasse perduta. Revelli non ha mai preteso di raccontare la storia con la S maiuscola. Men che meno quella accademica, piu' o meno revisionista, dei nostri giorni. Anche lui aveva compiuto il suo "lungo viaggio" nel fascismo e ne era uscito. Molto piu' efficacemente e in modo originale ha preferito dare voce e dignita' in una sorta di grande romanzo corale di un intero popolo, ai tanti, tantissimi "senza voce": gli alpini in Russia che avrebbero scoperto sulla loro pelle tutte le magagne e le falsita' di un regime che li aveva mandati allo sbaraglio e, dopo l'8 settembre, i contadini, le donne, i preti "giusti" (come don Raimondo Viale, del quale aveva scritto nel 1998), i partigiani delle sue terre. E' una grande storia orale, quella che si dipana nei suoi libri. Che nascono dalla raccolta quasi casa per casa nei centri della "provincia granda" (come e' definita quella di Cuneo) di ben seimila lettere di soldati caduti o dispersi nella bufera della guerra (tutte diligentemente catalogate), di testimonianze e di racconti dei tanti poveri o vinti che si sono trovati a dover fare i conti, e quali conti, in un drammatico tempo con vicende che potevano sembrare lontane e che obbligavano invece a prendere comunque posizione. Di questo ininterrotto viaggio della memoria, che non deve andare perduto, Revelli e' stato in un certo senso il cantore umile e fiero nello stesso tempo, di questa storia minuta ma essenziale. Lo ha fatto e i suoi libri lo testimoniano senza illusioni. La retorica dell'antifascismo non gli e' mai appartenuta. Aveva soltanto un'ambizione, o forse meglio una speranza, che i giovani sapessero quello che sono stati realmente il fascismo, la Resistenza e comprendessero a fondo i valori autentici sui quali e' nata la nostra Repubblica. Anche questa fuori da ogni mitizzazione e da ogni appropriazione ideologica e partitica. Aveva dichiarato, in una delle sue ultime interviste, a proposito dei giovani: "Non sono sprovveduti, non si adatterebbero, non si adattano, al giogo della menzogna, alle losche mene. Sono naturalmente liberi". Adesso la voce di Revelli si e' spenta definitivamente. 9. STRUMENTI. LA NEWSLETTER SETTIMANALE DEL CENTRO STUDI "SERENO REGIS" DI TORINO Segnaliamo la newsletter settimanale del Centro studi "Sereno Regis" di Torino, un utile strumeno di informazione, documentazione, approfondimento curato da uno dei piu' importanti e piu' attivi centri studi di area nonviolenta in Italia. Per contatti e richieste: Centro Studi "Sereno Regis", via Garibaldi 13, 10122 Torino, tel. 011532824 e 011549004, fax: 0115158000, e-mail: info at serenoregis.org, sito: www.serenoregis.org 10. LIBRI. STEFANO BUCCI PRESENTA L'"ABECEDARIO PITTORICO" DI FEDERICO ZERI [Dal "Corriere della sera" del 31 dicembre 2007 col titolo "I segreti di Caravaggio rivelati da Federico Zeri"] Federico Zeri, Abecedario pittorico, Longanesi, pp. 298, euro 25. * Quarantaquattro capolavori "letti" dal genio, trasgressivo e raffinato, di Federico Zeri (1921-1998) ovvero uno dei piu' grandi storici dell'arte italiani. Non esattamente lezioni da accademia, ma conversazioni registrate per la radio tra il 1997 e il 1998 (Zeri morira' il 5 ottobre dello stesso anno); un tono colloquiale per raccontare i segreti del Compianto sul Cristo Morto di Giotto, della Danza di Salome' di Filippo Lippi, della Morte della Vergine del Mantegna, dell'Autoritratto di Schiele, delle Muse inquietanti di De Chirico. La nuova edizione curata da Marco Carminati (riveduta, corretta, ampliata) restituisce il fascino di un divulgatore ironico e al tempo stesso appassionato che di ogni personaggio e di ogni opera riesce a ritrovare il particolare o la curiosita' capace di conquistare l'ascoltatore. Ecco cosi' che, nelle parole di Zeri, Caravaggio viene paragonato a Pasolini (cattolico ed eretico al tempo stesso), David viene bollato come "peloso adulatore di Napoleone", Michelangelo diventa responsabile di un errore (nella disposizione dell'intonaco) che danneggera' irreparabilmente la "sua" Sistina mentre in tempi piu' recenti la Danza di Matisse rivela il segreto della sua forza ("i colori erano cosi' vivaci perche' dovevano illuminare una casa troppo scura e dovevano essere visti dal giardino"). Zeri e' sempre capace di guardare ben oltre l'immagine: tanto che, grazie a lui, Gauguin diventa con quel suo rifiuto della societa' occidentale, addirittura "il primo alfiere delle culture minori". 11. LIBRI. FREDIANO SESSI PRESENTA "LA PRIMA GUERRA MONDIALE" A CURA DI STEPHANE AUDOIN-ROUZEAU E JEAN-JACQUES BECKER [Dal "Corriere della sera" del 14 dicembre 2008 col titolo "La matrice unica di lager e gulag" e il sommario "Studi e ricerche sulla Grande guerra. C'e' piu' attenzione verso gli aspetti esistenziali nell'esperienza dei combattenti"] E' convinzione comune di molti storici che la prima guerra mondiale rappresenti il momento fondatore delle pratiche di genocidio del XX secolo. "Nata come una classica guerra interstatale - sostiene Enzo Traverso - nella quale si sarebbero naturalmente dovute applicare le regole del diritto internazionale, riconoscendo cioe' nel nemico uno justus hostis, essa si trasformo' a poco a poco, per l'entita' e la dinamica delle forze mobilitate, in un gigantesco massacro". I campi di battaglia, estesi per chilometri e chilometri, diventano cosi' enormi cimiteri. La guerra cambia volto e, agli scontri diretti degli eserciti, si sostituiscono la trincea e la distruzione pianificata di villaggi e citta' con il conseguente enorme carico di morti e di feriti tra i civili. E' in questa fase che sembrano farsi strada una nuova etica e una nuova mentalita' in grado di trasformare cittadini rispettabili, padri di famiglia e diligenti lavoratori in assassini senza pieta', al fronte: metamorfosi che verra' in seguito glorificata come servizio alla nazione e missione patriottica. Il nemico si disumanizza e diventa quasi invisibile, nonostante la vicinanza (nascosto nelle trincee o nelle case); e spesso la morte e' il prodotto di una "macchina" da guerra: un mostro meccanico (l'aereo bombardiere, il carro, l'artiglieria pesante) o il risultato dell'utilizzo di nuovi ritrovati bellici (gas tossici, lanciafiamme). Anche i campi per i civili, costretti ad abbandonare le loro case e, soprattutto, i campi per i militari prigionieri si moltiplicano e non solo in Europa, a causa della lunga durata del conflitto. E nei campi, la vita diventa un inferno, il prigioniero un uomo di seconda classe, la cui morte non commuove e non desta scalpore, rientrando nel "normale" corso del conflitto. Per esempio, su 600.000 prigionieri di guerra italiani catturati dalle forze nemiche, tra il 1915 e il 1918, circa centomila moriranno di fame, freddo, malattie. All'origine del primo genocidio del Novecento, quello degli armeni sotto l'impero ottomano, la Grande guerra segna "l'inizio di un imbarbarimento" del modo di concepire i conflitti, che ci appare oggi come una sorta di "laboratorio" delle future violenze dei regimi totalitari. E' probabilmente nei suoi campi di battaglia, come scrive Omer Bartov, che gli architetti e gli ideatori della "soluzione finale" conoscono il loro "battesimo del fuoco". Per comprendere e studiare meglio questo snodo della storia europea, la casa editrice Einaudi ci propone una grande opera collettiva in due tomi (edizione italiana a cura di Antonio Gibelli) ideata da Stephane Audoin-Rouzeau e da Jean-Jacques Becker, La Prima guerra mondiale (primo volume, pp. 590, euro 75; secondo volume, pp. 790, euro 80). Nata all'interno del Centro internazionale di studi di Peronne, l'opera in edizione italiana si avvale di molti contributi nuovi che focalizzano e ampliano il ruolo dell'Italia nel conflitto; tra questi il saggio di Gian Enrico Rusconi sui dilemmi dell'intervento in guerra nel 1915; la puntuale ricostruzione di Nicola Labanca della tragedia di Caporetto; il saggio di Bruna Bianchi su psichiatria e guerra, che affronta le dimensioni di massa che aveva assunto il diffondersi di malattie mentali tra i soldati. L'opera e' il frutto di un intreccio molto equilibrato tra l'impostazione tradizionale attenta piu' all'aspetto militare e politico della guerra, rappresentata qui da uno storico autorevole come Jean-Jacques Becker, e le tendenze impersonate da Stephane Audoin-Rouzeau, esponente della nuova generazione di ricercatori interessati anche ai lati soggettivi ed esistenziali dell'esperienza dell'orrore e dell'insensatezza della guerra. Si ricostruisce cosi' una "storia dell'umanita' offesa, una storia delle identita' traumatizzate" e insieme delle culture e delle memorie. 12. STRUMENTI. PER ABBONARSI AD "AZIONE NONVIOLENTA" "Azione nonviolenta" e' la rivista del Movimento Nonviolento, fondata da Aldo Capitini nel 1964, mensile di formazione, informazione e dibattito sulle tematiche della nonviolenza in Italia e nel mondo. Per abbonarsi ad "Azione nonviolenta" inviare 29 euro sul ccp n. 10250363 intestato ad Azione nonviolenta, via Spagna 8, 37123 Verona. E' possibile chiedere una copia omaggio, inviando una e-mail all'indirizzo an at nonviolenti.org scrivendo nell'oggetto "copia di 'Azione nonviolenta'". Per informazioni e contatti: redazione, direzione, amministrazione, via Spagna 8, 37123 Verona, tel. 0458009803 (da lunedi' a venerdi': ore 9-13 e 15-19), fax: 0458009212, e-mail: an at nonviolenti.org, sito: www.nonviolenti.org 13. STRUMENTI. L'AGENDA "GIORNI NONVIOLENTI 2009" Dal 1994, ogni anno le Edizioni Qualevita pubblicano l'agenda "Giorni nonviolenti" che nelle sue oltre 400 pagine, insieme allo spazio quotidiano per descrivere giorni sereni, per fissare appuntamenti ricchi di umanita', per raccontare momenti in cui la forza interiore ha avuto la meglio sulla forza dei muscoli o delle armi, offre spunti giornalieri di riflessione tratti dagli scritti o dai discorsi di persone che alla nonviolenza hanno dedicato una vita intera: ne risulta una sorta di antologia della nonviolenza che ogni anno viene aggiornata e completamente rinnovata. E' disponibile l'agenda "Giorni nonviolenti 2009". - 1 copia: euro 10 - 3 copie: euro 9,30 cad. - 5 copie: euro 8,60 cad. - 10 copie: euro 8,10 cad. - 25 copie: euro 7,50 cad. - 50 copie: euro 7 cad. - 100 copie: euro 5,75 cad. Richiedere a: Qualevita Edizioni, via Michelangelo 2, 67030 Torre dei Nolfi (Aq), tel. e fax: 0864460006, cell.: 3495843946, e-mail: info at qualevita.it, sito: www.qualevita.it 14. STRUMENTI. L'AGENDA DELL'ANTIMAFIA 2009 E' in libreria l'Agenda dell'antimafia 2009, quest'anno dedicata alle donne nella lotta contro le mafie e per la democrazia. E' curata dal Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo ed edita dall'editore Di Girolamo di Trapani. Si puo' acquistare (euro 10 a copia) in libreria o richiedere al Centro Impastato o all'editore. * Per richieste: - Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Via Villa Sperlinga 15, 90144 Palermo, tel. 0916259789, fax: 0917301490, e-mail: csdgi at tin.it, sito: www.centroimpastato.it - Di Girolamo Editore, corso V. Emanuele 32/34, 91100 Trapani, tel. e fax: 923540339, e-mail: info at ilpozzodigiacobbe.com, sito: www.digirolamoeditore.com e anche www.ilpozzodigiacobbe.com 15. RIEDIZIONI. EPICURO: DOTTRINA E TESTIMONIANZE Epicuro, Dottrina e testimonianze, Utet, Torino 1974, 1983, Mondadori, Milano 2008, pp. 644, euro 12,90. E' la classica edizione delle opere di Epicuro curata da Margherita Isnardi Parente, mai abbastanza lodata. E sarebbe ora di ripubblicarla in nuova edizione finalmente col testo originale a fronte. 16. RIEDIZIONI. LORENZO GIANOTTI: UMBERTO TERRACINI Lorenzo Gianotti, Umberto Terracini. La passione civile di un padre della Repubblica, Editori Riuniti, Roma 2005, Nuova iniziativa editoriale, Roma 2008, pp. 280, euro 7,50 (in suppl. al quotidiano "L'Unita'"). Una buona biografia di Terracini. 17. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 18. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 670 del 15 dicembre 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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