Minime. 558



NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 558 del 25 agosto 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Sommario di questo numero:
1. Le stragi afgane
2. Marinella Correggia: La Reunion
3. Marinella Correggia: Solare e rurale
4. Giovanni Godio intervista Antonia Arslan
5. Alessandro Bottelli intervista Elfriede Jelinek
6. Christa Wolf: Forse il problema
7. Riedizioni: Francois Furet, Denis Richet, La rivoluzione francese
8. Riedizioni: Henri Guillemin, Robespierre politico e mistico
9. La "Carta" del Movimento Nonviolento
10. Per saperne di piu'

1. EDITORIALE. LE STRAGI AFGANE

Le stragi afgane. Gia', le stragi afgane.
Come riesci a non pensarci tu?

2. MONDO. MARINELLA CORREGGIA: LA REUNION
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 20 agosto 2008 col titolo "L'isola che
non ci sara'".
Marinella Correggia e' nata a Rocca d'Arazzo in provincia di Asti;
scrittrice e giornalista free lance particolarmente attenta ai temi
dell'ambiente, della pace, dei diritti umani, della solidarieta', della
nonviolenza; e' stata in Iraq, Afghanistan, Pakistan, Serbia, Bosnia,
Bangladesh, Nepal, India, Vietnam, Sri Lanka e Burundi; si e' occupata di
campagne animaliste e vegetariane, di assistenza a prigionieri politici e
condannati a morte, di commercio equo e di azioni contro la guerra; si e'
dedicata allo studio delle disuguaglianze e del "sottosviluppo"; ha scritto
molto articoli e dossier sui modelli agroalimentari nel mondo e sull'uso
delle risorse; ha fatto parte del comitato progetti di Ctm (Commercio Equo e
Solidale); e' stata il focal point per l'Italia delle rete "Global Unger
Alliance"; collabora con diverse testate tra cui "il manifesto", e' autrice
di numerosi libri, e' attivista della campagna europea contro l'impatto
climatico e ambientale dell'aviazione. Tra le opere di Marinella Correggia:
Ago e scalpello: artigiani e materie del mondo, Ctm, 1997; Altroartigianato
in Centroamerica, Sonda, 1997; Altroartigianato in Asia, Sonda, 1998;
Manuale pratico di ecologia quotidiana, Mondadori, 2000; Addio alle carni,
Lav, 2001; Cucina vegetariana dal Sud del mondo, Sonda, 2002; Si ferma una
bomba in volo? L'utopia pacifista a Baghdad, Terre di mezzo, 2003; Diventare
come balsami. Per ridurre la sofferenza del mondo: azioni etiche ed
ecologiche nella vita quotidiana, Sonda, 2004; Vita sobria. Scritti
tolstoiani e consigli pratici, Qualevita, 2004; Il balcone
dell'indipendenza. Un infinito minimo, Nuovi Equilibri, 2006; (a cura di),
Cambieresti? La sfida di mille famiglie alla societa' dei consumi, Altra
Economia, 2006; Week Ender 2. Alla scoperta dell'Italia in un fine settimana
di turismo responsabile, Terre di Mezzo, 2007; La rivoluzione dei dettagli,
Feltrinelli, Milano 2007]

L'isola della Reunion, territorio francese d'oltremare, si e' data
l'ambizioso obiettivo di azzerare le emissioni di gas serra entro il 2025.
L'aspetto interessante e' che l'isola appartiene alla Francia, e cosi' il
ministro dei territori d'oltremare Yves Jego ha dichiarato: "Quel che e'
possibile nell'isola sarebbe possibile anche in Francia, e su tutto il
pianeta". Ma forse molto dipende da cosa si mette nel calcolo delle
"emissioni zero".
Nei piani isolani, il 100% dell'elettricita' sara' prodotto con energie
rinnovabili (escludendo il nucleare della madrepatria), e a elettricita'
pulita andranno tutti i veicoli. In effetti fra acqua, sole e anche un
vulcano attivo, l'isola ha piu' energia di quanto non gliene serva (per
ora). Il 36% dell'elettricita' gia' proviene da fonti rinnovabili,
soprattutto idroelettrico, e dall'etanolo ricavato dal sottoprodotto della
canna da zucchero. Ma molto rimane da fare, aumentando il ricorso a fonti
nuove, tagliando sprechi e inefficienze, esplorando nuove tecnologie.
L'isola sta allargando di gran carriera i progetti fotovoltaici,
idroelettrici ed eolici, per arrivare rispettivamente a potenze di 750, 120
e 60 MegaWatt, secondo il Piano regionale per le energie rinnovabili e l'uso
razionale dell'energia (Prerure). Ad esempio nel campo del fotovoltaico si
pianifica l'installazione di 750 ettari di pannelli; sono ben 7.500.000
metri quadrati. Le biomasse dalla fibra della canna da zucchero e dai
rifiuti sono ugualmente messe in conto, e gli scienziati studiano il
potenziale dell'energia geotermica dal Piton de la Fournaise, uno dei
vulcani piu' attivi del mondo, e dall'oceano.
Ma come in altri paesi, la domanda di energia anche nell'isola cresce
velocemente, tanto da mettere in dubbio la possibilita' di raggiungere
l'obiettivo "zero gas serra". C'e' la crescita demografica: la popolazione,
che vive in gran parte sulla costa, passera' dalle attuali 800.000 anime a
oltre un milione entro il 2030. E quel che piu' conta, il consumo pro capite
di energia cresce del 5% annuo. L'aria condizionata rappresenta l'80% dei
consumi elettrici degli uffici. Alla Reunion le case tradizionali sono fatte
per "reggere" il caldo: molto legno e molte finestre e aperture. Ma questi
accorgimenti di bioedilizia spontanea non sono stati applicati alle case
piu' recenti, a basso costo: costruite con cemento e tecniche che
intrappolano il calore all'interno anziche' lasciarlo circolare. Le agenzie
ambientali realizzano campagne di informazione sulle buone regole
bioclimatiche, e altre per indurre all'uso di boiler a energia solare (gia'
comuni) e, quanto ai trasporti, alla conversione alla bicicletta. Ma il
cambiamento nelle abitudini avviene troppo lentamente.
Il grande punto interrogativo sono i trasporti, che nel caso della Reunion
assorbono il 70-75% dell'energia utilizzata. Ogni anno ai 300.000 veicoli
esistenti se ne aggiungono altri 30.000. Il traffico e' congestionato.
Soluzioni? Una buona e una sbagliata. La prima: nel 2013 sara' funzionante
il primo tratto (34 km) di un tram-treno elettrico. La seconda: si sta
costruendo nella parte occidentale dell'isola un'enorme strada, la Route des
Tamarins. Che, c'e' da giurarci, sara' presto piena e trafficata. Ma il
grande punto debole saranno gli aerei e il loro carico di gas serra. Il
turismo e' la principale fonte di reddito per l'isola. I voli che portano i
vacanzieri non sono ovviamente conteggiati nell'obiettivo emissioni zero
perche', dicono le autorita', "non abbiamo l'ambizione di inventare un
aeroplano neutrale per il clima". Resta il fatto che, pertanto, l'economia
dell'isola non diventera' affatto "a zero Co2".

3. MONDO. MARINELLA CORREGGIA: SOLARE E RURALE
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 23 agosto 2008 col titolo "Solare e
rurale"]

Installare impianti solari, anche modesti, costa. Gli abitanti di tante zone
rurali povere e non elettrificate nei paesi impoveriti si trovano di fronte
al paradosso di una grande "offerta" di energia solare potenziale, che pero'
la pochezza di mezzi finanziari non permette di sfruttare. Una buona notizia
in questo senso viene dal Bangladesh, paese che acquista notorieta' solo in
occasione di inondazioni e cicloni (sempre piu' legati ai cambiamenti
climatici) o per i tassi di malnutrizione o per le ragazze acidificate da
"innamorati" respinti. Ma il Bangladesh ha anche uno dei programmi di
energie rinnovabili piu' efficaci al mondo, mirato anche alle aree e alle
fasce di popolazione che non sono raggiunte dalla rete elettrica, non hanno
manodopera formata nel campo del solare, e non hanno i soldi per pagare le
tecnologie energetiche alternative. Come scrive il quotidiano in lingua
inglese "Daily Star", negli ultimi cinque anni ben 230.000 abitazioni rurali
sono state dotate di pannelli solari con il sistema - una specie di kit -
Shs (Solar Home Systems): pannello fotovoltaico, batteria e tutto il
"corredo" per alimentare lampadine, radio e tv in bianco e nero. Un sistema
autonomo, "piccolo" e facile da installare. Il governo vuole installarne un
milione entro il 2012; per dare elettricita' a tutti entro il 2020.
Il progetto Rural Electrification and Renewable Energy Development e'
finanziato da istituzioni nazionali e internazionali e dall'Idcol
(Infrastructure Development Company Limited), promossa dal governo,
autorizzata ad agire come istituzione finanziaria non bancaria. Lo
realizzano sul campo 15 organismi non governativi di sviluppo e
microfinanza. Il modello e' quello dei microprogetti, con prestiti di
assoluto favore ai beneficiari i quali in genere restituiscono con
regolarita'. Cosi' come regolarmente funzionano gli impianti, grazie anche
alla formazione per la manutenzione.
Sempre che gli eventi estremi non si mettano di mezzo. Il ciclone Sidr dello
scorso novembre ha avuto un impatto devastante sulla parte meridionale del
Bangladesh e fra gli altri effetti ha provocato la sospensione del
programma. E ci sono altre sfide da affrontare: con il grande aumento della
domanda mondiale di pannelli fotovoltaici, l'Idcol non riesce a importarne a
sufficienza dai mercati tradizionali - Europa, Singapore e Cina; costano
troppo.
La principale organizzazione esecutrice nei villaggi e' Grameen Shakti (dove
shakti significa in sanscrito forza, energia), emanazione della famosa
Grameen Bank; il direttore e' Dipal Barua, fondatore della Grameen insieme a
Mohammed Yunus. Grameen Shakti e' specializzata nelle zone piu' remote. Un
suo rapporto di attivita' spiega che ogni mese si aggiungono 8.000 nuovi
sistemi installati. La potenza installata e' molto bassa: va dai 30 ai 120
watt. Un pannello di 50 watt puo' far funzionare 4 lampadine a basso consumo
e una tv in bianco e nero. Tutto il sistema costa fra i 21,000 taka (250
euro) e i 70.000. Tanto, per una famiglia di contadini del Bangladesh; ma
basta contribuire con il 10% del costo totale e il resto lo si ottiene a
credito, con cinque anni di tempo per ripagare. Per chi e' al di sotto anche
di quelle cifre, Grameen Shakti ha iniziato a distribuire un pannello da 10
watt, al costo di nemmeno 100 euro: sufficiente per accendere tre lampadine.
Nel settore delle energie rinnovabili, il sistema Shs e' quello che sta
crescendo piu' velocemente. Molti paesi africani ne sono interessati e di
recente il governo dell'Etiopia ha mandato rappresentanti in Bangladesh per
studiare il progetto.

4. RIFLESSIONE. GIOVANNI GODIO INTERVISTA ANTONIA ARSLAN
[Dal mensile "Letture", n. 616, aprile 2005, col titolo "Antonia Arslan,
ambasciatrice di un Olocausto" e il sommario "Le origini armene della
scrittrice sono al centro de La masseria delle allodole, suo fortunato ma
doloroso romanzo. Un popolo, il suo, sottoposto al primo genocidio del XX
secolo, ma di cui si parla ancora poco"..
Giovanni Godio, giornalista pubblicista, vive e lavora a Torino, dove e'
nato nel 1968: laureato in lettere, ha lavorato a lungo nel non profit come
addetto stampa e giornalista per poi passare al settore dell'editoria
educativa, e collabora con testate a diffusione nazionale e locale su
argomenti sociali e culturali; nel campo dell'informazione sociale ha curato
alcuni saggi o sezioni monografiche di saggi per gli editori Sperling &
Kupfer, Feltrinelli, La Meridiana ed Ediesse; in particolare, negli anni ha
seguito i temi della poverta' economica, della sicurezza sul lavoro,
dell'handicap, della salute mentale, della salvaguardia ambientale, delle
spiritualita' "di confine" (le cosiddette "nuove religioni"), ma anche della
condizione dei minori e delle politiche giovanili (un interesse,
quest'ultimo, legato a una lunga esperienza nel movimento educativo
dell'Agesci). Tra le opere di Giovanni Godio:  Il coraggio di una vita
normale. Speranze, delusioni e conquiste: lunga lotta delle famiglie dei
disabili intellettivi e relazionali, Sperling & Kupfer, 1999; (con Marcello
Rodino), Che bravi ragazzi! I minori nell'Italia che sara', La Meridiana,
2002.
Antonia Arslan (Padova, 1938) e' docente universitaria, romanziera e
saggista. Dalla Wikipedia, edizione italiana, riprendiamo la seguente
scheda: "Antonia Arslan (Padova, 1938) e' una scrittrice e saggista italiana
di origine armena. Laureata in archeologia, e' stata professore di
Letteratura italiana moderna e contemporanea all'Universita' di Padova. E'
autrice di saggi sulla narrativa popolare e d'appendice (Dame, droga e
galline. Il romanzo popolare italiano fra Ottocento e Novecento) e sulla
galassia delle scrittrici italiane (Dame, galline e regine. La scrittura
femminile italiana fra '800 e '900). Attraverso l'opera del grande poeta
armeno Daniel Varujan - del quale ha tradotto le raccolte II canto del pane
e Mari di grano - ha dato voce alla sua identita' armena. Ha curato un
libretto divulgativo sul genocidio armeno (Metz Yeghern, Il genocidio degli
Armeni di Claude Mutafian) e una raccolta di testimonianze di sopravvissuti
rifugiatisi in Italia (Husher. La memoria. Voci italiane di sopravvissuti
armeni). Nel 2004 ha scritto il suo primo romanzo, La masseria delle
allodole (Rizzoli), che ha vinto il Premio Stresa di narrativa e il Premio
Campiello. Il 23 marzo 2007 e' uscito nelle sale il film La masseria delle
allodole tratto dall'omonimo romanzo e diretto dai fratelli Taviani". Tra le
opere di Antonia Arslan: Romanzo storico, d'appendice, di consumo. Guida
bibliografica 1960-1980, Unicopli, 1983; La letteratura per ragazzi,
Mondadori, 1984; La memoria e l'intelligenza. Letteratura e filosofia nel
Veneto che cambia, Il Poligrafo, 1989; Il sogno aristocratico. Angiolo
Orvieto e Neera. Corrispondenza 1889-1917, Guerini e Associati, 1990; Invito
alla lettura di Dino Buzzati, Mursia, 1993; Dino Buzzati tra fantastico e
realistico, Mucchi, 1993; Dame, galline e regine. La scrittura femminile
italiana fra '800 e '900, Guerini e Associati, 1998; Husher la memoria. Voci
italiane di sopravvissuti armeni, Guerini e Associati, 2001; Dal Caucaso al
Veneto. Gli armeni tra storia e memoria, Adle, 2003; La masseria delle
allodole, Rizzoli, 2004, 2007. Il sito di Antonia Arslan e'
www.antoniarslan.it]

"La religiosita' di Varujan e' cosi' potente che per me e' stata come una
conversione. Leggo da una lirica del Canto del pane, il suo capolavoro:
"Sotto la mia falce, con la brina ancora sul capo,/ cadono come un raggio
mietuto dalla luna./ Nessun'allodola ha distrutto col becco/ le loro fila
intatte". Sono versi nei quali un contadino offre sull'altare delle spighe,
simbolo di fertilita', in onore della Vergine. Poi Varujan conclude quella
lirica cosi': "Fa', ti prego, che come nei giorni antichi,/ quando di campo
in campo verrai a passeggiare,/ le spine non sfiorino i tuoi piedi, ma solo
papaveri,/ frementi come il nostro cuore". Era un poeta capace di evocare il
sudore di chi coltiva la terra e di farlo diventare poesia. Varujan aveva
scritto Il cuore della stirpe e I canti pagani, aveva visto nel
cristianesimo un indebolimento della nazione, ma negli ultimi due anni prima
di morire nel Canto del pane, il suo capolavoro, disegnava queste immagini".
Antonia Arslan racconta cosi' il "suo" Daniel Varujan, il poeta armeno nato
nel 1884 e assassinato durante il genocidio del 1915. Gia' docente di
Letteratura italiana all'Universita' di Padova, Antonia Arslan ha studiato
la letteratura d'appendice e la scrittura femminile, e solo dopo "aver
riscoperto la sua inespressa identita' armena" ha pubblicato il suo primo,
fortunato e doloroso romanzo, La masseria delle allodole che ha mancato di
un soffio l'ultimo Campiello. Mite ma appassionata ambasciatrice di una
diaspora che dopo novant'anni attende ancora giustizia, l'abbiamo incontrata
a Torino, dove e' intervenuta a un dibattito organizzato con centinaia di
studenti.
*
- Giovanni Godio: Sulla copertina della Masseria si legge la parola
"romanzo", ma quasi subito apprendiamo che e' la storia della tragedia del
ramo della sua famiglia travolto dal genocidio del 1915. Quanto c'e' di
"inventato" in questo libro?
- Antonia Arslan: Sicuramente, lo sviluppo dei caratteri. Lo zio Zareh
viveva ad Aleppo e ha salvato i bambini, questo e' davvero accaduto. Ma
qualcosa dipende anche da come un narratore riesce a costruire la sua
storia. Mi hanno aiutato, tra l'altro, le testimonianze di molti
sopravvissuti al genocidio. A proposito di un personaggio, Djelal, cioe'
l'ufficiale turco che s'innamora della giovane Azniv, sapevo che di una zia
si era persino innamorato un ufficiale dell'esercito turco e ho cercato di
sviluppare questa verita': quel giovane innamorato poteva rapire la ragazza
e portarla via con se' a forza, ma se la rispettava, ecco che poteva
scaturirne una storia mai vista. Pero' i bambini e la madre Shushanig
rimasero davvero nascosti per un anno nella cantina dello zio Zareh, prima
di essere imbarcati verso l'Italia. Come e' vera la storia di come
riuscirono a evadere dal campo dei deportati.
*
- Giovanni Godio: I preparativi, l'amica francese di Zareh, la carrozza,
l'allarme, la fuga appena in tempo: sembrano pagine di Dumas.
- Antonia Arslan: Sul romanzo popolare ho scritto un libro, Dame, galline e
regine. Ma e' storia vera persino il fatto che i bambini furono nascosti nel
doppiofondo di quella carrozza.
*
- Giovanni Godio: Nell'ultima pagina della Masseria lei sembra promettere un
seguito al lettore. Scrivera' ancora narrativa?
- Antonia Arslan: Il secondo libro l'ho gia' cominciato. Ho visto Ismene,
Isacco e Nazim il mendicante sulla riva del mare, mentre guardano la nave
dei sopravvissuti che si allontana verso l'Italia. Sono stati loro a
salvarli, hanno esaurito il loro compito e gli si spezza il cuore. Ma dopo?
Di Nazim so che va alla Mecca, degli altri due so che moriranno a Smirne. Ma
il come viene fuori a mano a mano che scrivo.
*
- Giovanni Godio: Lei non indica mai il nome della "piccola citta'" dove
viveva la famiglia di Sempad Arslanian, il fratello di suo nonno. Ragioni di
prudenza?
- Antonia Arslan: No, volevo che fosse emblematica di tutte le citta' e di
tutte le tragedie. La citta' in realta' e' Kharpert, o Karput, al centro
dell'Anatolia. Ma l'espressione "piccola citta'" proviene anche dalla
passione che ho nutrito per la commedia La piccola citta' di Thornton
Wilder.
*
- Giovanni Godio: Che cosa rimane oggi in Anatolia del microcosmo che lei
descrive all'inizio della Masseria? Era un mondo di provincia ancorato a
eredita' millenarie, eppure aperto al progresso e almeno in parte
esterofilo. Comunque sia, una societa' che sembrava aver trovato un suo
modus vivendi tra turchi, tribu' curde, la borghesia illuminata armena,
missionari protestanti americani...
- Antonia Arslan: Di tutto questo laggiu' non e' rimasto nulla. Gli armeni
sono scomparsi: erano circa due milioni, ne morirono un milione e mezzo; nel
1915 riusci' ai turchi anche quello che gli americani chiamano il white
genocide, il genocidio bianco, perche' degli armeni scomparvero anche le
tracce. Le case furono distrutte, o assegnate subito ai turchi o a curdi
scesi a valle dalle montagne.
*
- Giovanni Godio: L'Olocausto armeno, cioe' il Metz Yeghern, il Grande Male,
e' stato il primo genocidio del XX secolo. Ha come responsabili un Governo
di novant'anni fa, quello dei Giovani Turchi e, gia' allora, le distratte
potenze occidentali. Come vede oggi la candidatura della Turchia
all'ingresso nell'Unione europea?
- Antonia Arslan: Per carita', ci sono armeni che auspicano il suo ingresso
nell'Unione: dicono che cosi' la Turchia sara' almeno costretta ad aprire la
frontiera con la piccola Repubblica d'Armenia. Pero' aspettiamo ancora che
il Governo turco riconosca che nel 1915 un altro Governo, con il quale non
ha nulla da spartire, si macchio' di genocidio. Non si capisce perche' la
Germania l'abbia fatto ampiamente per la Shoah, il Papa abbia chiesto
perdono per la Chiesa in varie occasioni e la Turchia non possa compiere
questo gesto di significato puramente morale, dacche' il risarcimento
economico e' ormai impossibile. Tra l'altro, lo si sa molto poco, ma hanno
chiesto perdono anche i curdi (alcune loro tribu' nel 1915 furono manipolate
e incitate contro gli armeni): lo hanno fatto sia il Parlamento curdo in
esilio a Bruxelles, sia gli esponenti della comunita' curda d'Italia, in
varie occasioni. Ma la Turchia potrebbe anche impegnarsi a conservare i
pochi monumenti armeni rimasti sul suo territorio, come la basilica
dell'isola di Akhtamar, nel lago di Van: appare nel recente film Ararat di
Atom Egoyan, misteriosa e bellissima.
*
Postilla. Armenia: la memoria, la diaspora, le carte
Il catalogo dell'editore Guerini (www.guerini.it) comprende la collana
"Carte armene", che traduce opere letterarie e saggi sulla storia e sulla
questione armena. Cinquanta poesie di Daniel Varujan sono state raccolte a
cura di Antonia Arslan nel volume Mari di grano (Paoline, 1995, euro 8,26).
Due siti Internet: Comunita' armena di Roma, www.comunitaarmena.it, e
Armenian National Institute, www.armenian-genocide.org (Washington Dc).

5. RIFLESSIONE. ALESSANDRO BOTTELLI INTERVISTA ELFRIEDE JELINEK
[Dal mensile "Letture", n. 622, dicembre 2005, col titolo "Elfriede Jelinek:
Com'e' difficile dire addio" e il sommario "Premio Nobel per la letteratura
nel 2004, la scrittrice austriaca, in occasione della pubblicazione in
italiano di un suo testo teatrale, concede una rara intervista su uno dei
temi che piu' stanno alla base della sua attivita' letteraria".
Alessandro Bottelli e' scrittore e musicista; dal sito www.jeunesse.it
riprendiamo la seguente scheda: "Dopo aver conseguito il diploma di
maturita' artistica, ha studiato pianoforte, organo e composizione
principale, dapprima con Vittorio Fellegara presso l'Istituto Musicale 'G.
Donizetti' di Bergamo e poi con Giovanni Walter Zaramella. Parallelamente,
ha seguito i corsi di Storia della Musica tenuti da Sergio Martinotti
all'Universita' Cattolica di Milano. Si e' inoltre perfezionato con Andras
Schiff (pianoforte) a Firenze e con Azio Corghi (composizione) presso
l'Accademia Chigiana di Siena. Autore di una cospicua produzione che
comprende brani per pianoforte, organo, vocali, strumentali, piu' volte
eseguiti in concerto con lusinghieri consensi da parte di critica e di
pubblico, nel 1989 ha composto l'opera per ragazzi Il regalo, segnalata a un
concorso di composizione indetto da Casa Ricordi e dal Teatro Petruzzelli di
Bari. Dal 1991 ha sospeso l'attivita' compositiva per dare voce a una sempre
piu' decisa vocazione poetica e letteraria, che lo portera' alla stesura di
numerose raccolte in versi e a ottenere premi e segnalazioni ad un centinaio
di concorsi locali e nazionali. Suoi racconti e poesie sono stati pubblicati
in riviste specializzate e da Maurizio Cucchi su 'Specchio', settimanale del
quotidiano 'La Stampa'. Cofondatore del Gruppo Instabile di Poesia, ha
tenuto diversi recital pubblici di poesia, partecipando a trasmissioni su
Bergamo Tv e a incontri-lezione con studenti delle scuole medie superiori.
Redattore della rivista 'Arte Organaria e Organistica', su cui sono apparse
sue articolate interviste a personaggi del mondo della cultura (E. Olmi, E.
Sanguineti, E. Tadini, B. Bettinelli, A. Corghi, J. Guillou, Q. Principe,
card. E. Tonini, Nuria Nono Schoenberg), ha curato varie presentazioni di
edizioni musicali a stampa di compositori contemporanei. Collabora
attivamente anche con quotidiani e periodici a diffusione nazionale
('Avvenire', 'Il Mattino', 'Famiglia Cristiana', 'Jesus', 'Letture', ecc.).
Ha pubblicato un catalogo-intervista con il pittore Maurizio Bonfanti
(2005), e Pueblo del mais, raccolta di brevi testi poetici ispirati alle
fotografie di Roberto Zanoni".
Elfriede Jelinek (1946), scrittrice e drammaturga austriaca, premio Nobel
per la letteratura nel 2004. Opere di Elfriede Jelinek: La voglia,
Frassinelli, 1990, Sperling & Kupfer, 1994, 2004; La pianista, Einaudi,
1991, ES, 2002, Einaudi, 2005; Nuvole. Casa, SE, 1991; Le amanti, Sonzogno,
1994, Sperling & Kupfer, 2004; Sport. Una piece. Fa niente. Una piccola
trilogia della morte, Ubulibri, 2005; Voracita', Frassinelli, 2005; L'addio.
La giornata di delirio di un leader populista, Castelvecchi, 2005;
Bambiland, Einaudi, 2005. Cfr anche il sito: www.elfriedejelinek.com]

A pensarci, di che sostanza e' fatto un addio? Puo' disporre di durata,
forma, consistenza, occupando uno spazio, un tempo e un luogo ben precisi?
Forse un addio e' soltanto una questione di ritmo, un breve motivo di dita,
un fraseggio commosso di passi. Oppure e' un rapido cambio di rotta, una
sottrazione intenzionale all'abitudine, un sicuro oscurarsi. Un addio e' una
falla, un buco, un'avaria. E' la pagina che si sfila da un libro chiuso, il
rigo arrugginito e scolorito di una partitura. E poi un addio e' un canone
inverso, un andante spianato di palpebre, un brivido affiorato in superficie
e subito condotto al confine. Un addio.
Prendendo come spunto tematico il titolo di un suo testo teatrale
recentemente tradotto e pubblicato da Castelvecchi (L'Addio. La giornata di
delirio di un leader populista, 2005, pp. 72, euro 6), Elfriede Jelinek,
Premio Nobel per la letteratura nel 2004, ha consentito di conversare con
noi proprio su questo ingombrante argomento. Nel monologo, che l'affilata
scrittrice austriaca ha sottotitolato in francese Les Adieux (richiamando
chiaramente alla memoria l'omonima sonata beethoveniana op. 81a), a parlare
e', senza soluzione di continuita', un gracchiante e inconcludente politico
modellato sulle versatili fattezze di Joerg Haider, l'accalorato governatore
filonazista della Carinzia.
*
- Alessandro Bottelli: Quali sono quegli elementi caratteristici della sua
scrittura teatrale che nel corso degli anni ritiene di aver abbandonato
senza rimpianti? Quali, al contrario, quelli che ultimamente la interessano
di piu'?
- Elfriede Jelinek: Ho piu' o meno abbandonato la scrittura dialogica per il
teatro (parallelamente, forse, alla Bildbeschreibung, "descrizione
d'immagine", di Heiner Mueller, in cui ormai non e' prevista piu' alcuna
attribuzione di ruoli). Scrivo semplicemente dei testi che si differenziano
dalla prosa (e qualche volta dalla saggistica) soltanto perche' devono
essere recitati e visualizzati, e il regista ne fa una piece. Per me il
regista e' un coautore, importante esattamente quanto lo sono io.
*
- Alessandro Bottelli: Nel suo caso, scrivere e' un modo per prendere
congedo dalle proprie ossessioni piu' profonde, per liberarsi di certe idee
fisse che non trovano sfogo altrimenti se non in forma di parole?
- Elfriede Jelinek: Si', certamente. Pero' non funziona, perche' questo
sfogo, questa liberazione e' sempre troppo breve. Soltanto nella
psicoanalisi, attraverso il transfert, puo' verificarsi, talvolta, che ci si
liberi di qualcosa.
*
- Alessandro Bottelli: Personalmente ho sempre rimpianto la prematura
scomparsa di Thomas Bernhard, uno scrittore che al suo Paese, l'Austria, non
ha mai risparmiato nulla. Anzi, ne ha messo in luce in modo serrato le
ipocrisie, rivolgendogli accuse ferocissime. Che importanza ha avuto la
personalita' e l'opera di Bernhard nella definizione del suo stile?
- Elfriede Jelinek: Non vedo tanto Bernhard come un osservatore cosi'
critico e pungente dell'Austria, poiche' le sue critiche sono troppo
generali, complessive. Lo vedo piu' come artista della parola, che lavorava
di preferenza con tirate ritmiche. Lui era veramente un artista del parlare,
mentre io lavoro con l'elemento musicale di ogni singola parola, con la
sonorita' della lingua.
*
- Alessandro Bottelli: Ha mai pensato seriamente di dire addio al suo Paese?
- Elfriede Jelinek: Si', spesso. E parte dell'anno vivo anche a Monaco.
*
- Alessandro Bottelli: Nella Traviata di Giuseppe Verdi, Violetta canta un
celebre Addio al passato. Lei che tipo di rapporto ha con il passato? E con
l'opera lirica?
- Elfriede Jelinek: Sono ossessionata dall'estinzione di quasi tutto il
mondo ebraico europeo da parte del nazismo. Questo rimarra' per sempre il
mio tema. Tale frattura nella cultura - e i nostri Paesi hanno sempre
vantato una cultura d'alto livello - per me costituisce una ferita difficile
da rimarginare. L'opera, in se', non mi interessa. Tranne, forse, qualche
volta, Wagner, che usa una lingua fortemente letteraria. In Wagner la parola
ha la stessa importanza della musica, e del resto era quello che lui voleva.
*
- Alessandro Bottelli: L'esistenza di uno scrittore o di un qualsiasi altro
artista creatore, soprattutto se professionalmente di alto livello, e'
spesso contrassegnata da numerose rinunce, da molti inevitabili addii?
- Elfriede Jelinek: Faccio una vita completamente ritirata. Succede molto
raramente - e finisce spesso tragicamente, si veda ad esempio il caso di
Hemingway - che qualcuno possa vivere e scrivere nello stesso tempo. Io non
posso vivere.
*
- Alessandro Bottelli: Addio e' una parola che nella sua vita ha pronunciato
con una certa frequenza? In quali occasioni?
- Elfriede Jelinek: Ho una paura esagerata delle separazioni. In tal senso
sono molto conservativa, come tanti altri artisti satirici. Non voglio e non
posso immaginarmi che qualcosa finisca. Questo comporta conseguentemente che
si abbia paura proprio di cio' che, al contrario, si vuole e si cerca su un
piano intellettuale, e cioe' i cambiamenti.
*
- Alessandro Bottelli: Ogni addio e', in modi piu' o meno impliciti, una
forma di violenza?
- Elfriede Jelinek: Si'.
*
- Alessandro Bottelli: Qualche volta si e' pentita di aver detto addio a
qualcuno o a qualcosa? A chi, al contrario, non lo direbbe per nulla al
mondo?
- Elfriede Jelinek: Preferirei non dire mai addio a nessuno. E alle persone
cui lo direi volentieri, non permetto nemmeno che mi si avvicinino.
*
- Alessandro Bottelli: Come mai, ad esempio, dopo aver conseguito il diploma
in organo al Conservatorio di Vienna, ha abbandonato la carriera musicale?
Ha rimpianti?
- Elfriede Jelinek: Non ero adatta sotto l'aspetto nervoso. In ogni caso,
come solista non avevo abbastanza talento. Ero molto brava invece come
accompagnatrice al pianoforte, e partecipavo con grande piacere a esecuzioni
di musica da camera e orchestrale.
*
- Alessandro Bottelli: A suo avviso, i congedi servono anche per tentare di
avviare nuove partenze?
- Elfriede Jelinek: No, anche le nuove partenze non fanno per me, proprio
perche', come prima accennavo, ho paura dei cambiamenti.
*
- Alessandro Bottelli: Vincendo nel 2004 il Premio Nobel per la letteratura
ha dovuto dare l'addio a qualche consolidata abitudine o, in sostanza, tutto
e' rimasto uguale a prima? Viceversa, in cosa l'ha aiutata la vittoria di
questo prestigioso riconoscimento?
- Elfriede Jelinek: Mi ha aiutata per quanto riguarda la sicurezza economica
del mio futuro, cosa per la quale non saro' mai abbastanza grata, visto che
sono un'autrice che, a differenza di molti colleghi e colleghe, non sa
lavorare sotto pressione, neanche economica. Certo, per riuscire a
guadagnare a sufficienza ho lavorato a lungo come traduttrice, oltre ad aver
scritto sceneggiature per la radio. Ho fatto entrambe le cose molto
volentieri, ma ora non lo devo piu' fare ad ogni costo, solo se lo voglio
veramente. Per il resto, mi sono ritirata ancora di piu' dalla vita pubblica
(sempre che la cosa fosse possibile).
*
- Alessandro Bottelli: E oggi, a chi o a che cosa direbbe volentieri
"addio"?
- Elfriede Jelinek: Alle destre razziste e xenofobe in Europa.

6. MAESTRE. CHRISTA WOLF: FORSE IL PROBLEMA
[Da Christa Wolf, Un giorno all'anno, Edizioni e/o, Roma 2006, p. 73. E' un
frammento da un testo del 27 settembre 1966.
Christa Wolf, nata nel 1929, e' considerata la maggiore scrittrice tedesca
contemporanea; impegnata nel movimento femminista e pacifista. Tra le opere
di Christa Wolf segnaliamo almeno Il cielo diviso (1963), Edizioni e/o, Roma
1983, poi Mondadori, Milano 1987; Riflessioni su Christa T. (1968), Mursia,
Milano 1973, poi Edizioni e/o, Roma 2003; Modelli infantili (1975); Nessun
luogo. Da nessuna parte (1979), Edizioni e/o, Roma; Cassandra (1983),
Edizioni e/o, Roma 1984; Premesse a Cassandra (1983), Edizioni e/o, Roma
1984; Medea. Voci (1996), Edizioni e/o, Roma 1996; Un giorno all'anno
(2003), Edizioni e/o, Roma 2006. Opere su Christa Wolf: Joerg Magenau,
Christa Wolf. Una biografia, Edizioni e/o, Roma 2004]

Forse il problema e' proprio questo: che alla fine il desiderio di dolcezza,
di umanita' e bonta' e' diventato cosi' prepotente, e che invece ci
costringiamo ancora e sempre alla durezza, che in questo modo ci
modifichiamo, i nostri fini si modificano insieme ai metodi usati per
raggiungerli o soltanto per continuare a esistere. E' amaro trasmettere
proprio questo alle prossime generazioni.

7. RIEDIZIONI. FRANCOIS FURET, DENIS RICHET: LA RIVOLUZIONE FRANCESE
Francois Furet, Denis Richet, La rivoluzione francese, Laterza, Roma-Bari
2003, "Il giornale", Milano s.d. ma 2008, 2 voll., pp. XVI + 688, euro 6,90
+ 6,90 (in supplemento al quotidiano "Il giornale"). Apparsa originariamente
nel 1965, e poi nel 1973, questa sintesi e' ancora un utile strumento di
lavoro.

8. RIEDIZIONI. HENRI GUILLEMIN: ROBESPIERRE POLITICO E MISTICO
Henri Guillemin, Robespierre politico e mistico, Garzanti, Milano 1999, "Il
giornale", Milano s.d. ma 2008, pp. 430, euro 6,90 (in supplemento al
quotidiano "Il giornale"). Un Robespierre altro o interiore rispetto a tanti
cangianti spettrali ritratti della tradizione; un libro appassionante, di
escavo e di polemica a un tempo, che invita alla colluttazione, ed apre a
molte e molto aggrovigliate e labirintiche questioni - che quei due
aggettivi del titolo portano al cozzo e alle scintille sulle praterie
dell'epoca inaugurata dal primo '89 - che ancora tutti ci riguardano.

9. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

10. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it,
sudest at iol.it, paolocand at libero.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 558 del 25 agosto 2008

Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca
per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

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