Voci e volti della nonviolenza. 217



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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Supplemento settimanale del martedi' de "La nonviolenza e' in cammino"
Numero 217 del 19 agosto 2008

In questo numero:
1. Alcuni estratti da "La lezione dei maestri" di George Steiner
2. Et coetera

1. LIBRI. ALCUNI ESTRATTI DA "LA LEZIONE DEI MAESTRI" DI GEORGE STEINER
[Dal sito www.tecalibri.it riprendiamo i seguenti estratti dal libro di
George Steiner, La lezione dei maestri. Charles Eliot Norton Lectures
2001-2002, Garzanti, Milano 2004 (ed. orig. Lessons of the Masters, 2003)]

Indice del volume
Ringraziamenti; Introduzione; 1. Origini durature; 2. Pioggia di fuoco; 3.
Magnificus; 4. Maitre a' penser; 5. Sul suolo natio; 6. Intelletto che non
invecchia; Postfazione; Indice dei nomi.
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Da pagina 9 e seguenti
Dopo aver insegnato per mezzo secolo, in numerosi paesi e in differenti
sistemi di educazione superiore, ho sentito crescere in me l'incertezza
riguardo alla legittimita', alle verita' sottostanti, di questa
"professione". Metto questa parola tra virgolette per segnalarne le radici
complesse, che affondano in antecedenti religiosi e ideologici. Il mestiere
del "professore", un termine in qualche misura di per se' opaco, abbraccia
ogni sfumatura possibile tra gli estremi di una vita di routine,
disincantata, e un esaltato senso di vocazione. E' un termine che comprende
diverse tipologie, da quella del pedagogo distruttore di anime a quella del
maestro carismatico. Immersi come siamo in forme quasi infinite di
insegnamento - elementare, tecnico, scientifico, umanistico, morale e
filosofico - raramente assumiamo la distanza necessaria a considerare il
prodigio della trasmissione, le risorse della falsita', insomma quel che
chiamerei, in attesa di una definizione piu' precisa e materiale, il mistero
della cosa. Che cosa autorizza un uomo o una donna a istruire un altro
essere umano? Dove risiede la fonte dell'autorita' dell'insegnamento?
Reciprocamente, quali principali ordini di risposta appartengono ai
discenti? La questione tormentava sant'Agostino ed e' diventata scottante
nel clima libertario dei nostri giorni.
Semplificando, si possono identificare tre principali scenari o strutture di
relazione. I maestri hanno distrutto i loro discepoli sia psicologicamente
sia, in qualche caso, fisicamente. Ne hanno spento gli spiriti, consumato le
speranze, sfruttando la loro dipendenza e la loro individualita'. Il dominio
dell'anima ha i suoi vampiri. Come contrappunto, discepoli, allievi,
apprendisti hanno rovesciato, tradito e rovinato i propri maestri. Di nuovo,
questo dramma ha attributi sia mentali sia fisici. Appena eletto Rettore, un
trionfante Wagner allontanera' con sdegno un Faust morente, gia' suo
magister. La terza categoria e' quella dello scambio, di un eros di
reciproca fiducia e invero d'amore ("il discepolo amante" nell'Ultima Cena).
Attraverso un processo di interazione, di osmosi, il maestro apprende dal
discepolo mentre gli insegna. L'intensita' del dialogo genera amicizia nel
piu' alto senso della parola. Prevede sia la chiaroveggenza, sia
l'irragionevolezza dell'amore. Si pensi a Socrate e Alcibiade, Abelardo ed
Eloisa, Heidegger e Arendt. Ci sono discepoli che si sono sentiti incapaci
di sopravvivere ai loro maestri.
Ciascuna di queste modalita' di relazione, e le illimitate possibilita' di
incroci e sfumature tra di esse, hanno ispirato testimonianze religiose,
filosofiche, letterarie, sociologiche e scientifiche. Questo materiale
resiste a ogni rassegna comprensiva, essendo veramente planetario. I
capitoli che seguono cercano di fornire un'introduzione estremamente
sommaria; sono selettivi quasi fino all'assurdo.
In gioco ci sono questioni che sono sia radicate in circostanze storiche sia
perenni. Gli assi del tempo si incrociano piu' volte. Che cosa significa
trasmettere (tradendere), e da chi a chi e' legittima questa trasmissione? I
rapporti tra traditio, "quel che e' stato tramandato", e cio' che i greci
chiamavano paradidomena, "quel che ci e' stato tramandato ora", non sono mai
trasparenti. Potrebbe non essere un caso che le semantiche di "tradimento" e
"traduzione" non siano cosi' distanti da quelle di "tradizione". A loro
volta, queste vibrazioni di senso e di intenzione sono fortemente operative
nel concetto - che costituisce di per se' una sfida costante - di
"traduzione" (translatio). L'insegnamento e' forse, in qualche senso
fondamentale, una modalita' di traduzione, un esercizio tra le righe, come
sembra suggerire Walter Benjamin quando assegna all'interlineare virtu'
eminenti di fedelta' e trasmissione? Vedremo che sono disponibili molte
risposte diverse.
Si e' ritenuto che l'insegnamento autentico fosse una imitatio di un atto
d'apertura trascendente, o piu' precisamente divino, di quell'interno
dispiegarsi e ripiegarsi di verita' che Heidegger attribuisce all'Essere
(aletheia). Il sillabario o il testo di studio avanzato secolari sono mimesi
di un modello sacro, canonico e originale che, secondo letture filosofiche e
mitologiche, era comunicato in quanto tale oralmente. L'insegnante non e'
niente di piu', ma anche niente di meno, di un uditore e di un messaggero,
la cui ricettivita' ispirata, e poi coltivata, lo ha reso capace di
apprendere un Logos rivelato, la "Parola che era all'inizio". E' questo,
essenzialmente, il modello che conferisce validita' all'insegnante della
Tora', all'interprete del Corano, al commentatore del Nuovo Testamento. Per
analogia - e quante perplessita' affiorano negli usi di questo analogo! -
tale paradigma si estende all'impartimento, alla trasmissione e alla
codificazione della conoscenza secolare, della sapientia o della
Wissenschaft. Nei maestri della Sacra Scrittura e nella sua esegesi troviamo
ideali e pratiche che si moduleranno nella sfera secolare. Cosi' che
sant'Agostino, Akiba e Tommaso d'Aquino sono parte di ogni storia della
pedagogia.
Diversamente, si e' sostenuto che l'unica licenza onesta e verificabile per
l'insegnamento, per l'autorita' didattica, si ottenga grazie all'esempio.
L'insegnante dimostra allo studente la propria comprensione del materiale,
la sua capacita' di eseguire l'esperimento chimico (il laboratorio ospita
dei "dimostratori"), o di risolvere l'equazione sulla lavagna, o di
abbozzare dal vivo il modello in gesso o il nudo nell'atelier.
L'insegnamento esemplare e' una messa in atto, e puo' essere muto. Forse
deve esserlo. La mano guida quella dell'allievo sui tasti del pianoforte.
L'insegnamento valido e' ostensibile. Si mostra. L'"ostensione", che tanto
interessava Wittgenstein, e' inscritta nell'etimologia: il dicere latino,
che significa "mostrare", e solo piu' tardi "mostrare dicendo"; l'inglese
medio token e techen con le sue connotazioni implicite di "cio' che mostra".
(L'insegnante, in fin dei conti, non sara' forse uno showman?) In tedesco
deuten, nel senso di "indicare", e' inseparabile da bedeuten, "significare".
La contiguita' costringe Wittgenstein a negare la possibilita' di ogni
istruzione testuale onesta in filosofia. Rispetto alla moralita', solo la
vita effettiva del maestro ha forza dimostrativa; Socrate e i santi
insegnano mediante la loro esistenza.
Entrambi questi scenari potrebbero essere idealizzazioni. Per quanto possa
apparire semplicistica, la prospettiva di Foucault ha una sua pertinenza.
L'insegnamento potrebbe essere considerato un esercizio, aperto o nascosto,
di relazioni di potere. Il maestro possiede un potere psicologico, sociale,
fisico. Puo' premiare e punire, escludere e promuovere. La sua autorita' e'
istituzionale o carismatica, oppure entrambe le cose. E' sostenuta da
promesse e minacce. La conoscenza, la prassi, definite e trasmesse da un
sistema pedagogico, da strumenti di scolarizzazione, sono in quanto tali
forme di potere. In questo senso, anche i modi di istruzione piu' radicali
sono conservatori e impregnati dei valori ideologici della stabilita'
(tenure, in francese, significa "stabilizzazione"). Le odierne
"controculture" e le polemiche New Age, con le loro ascendenze nel dissidio
con i libri, proprio del primitivismo religioso e dell'anarchia pastorale,
bollano la conoscenza formale e la ricerca scientifica come strategie di
sfruttamento, di dominio di classe. Chi insegna che cosa a chi, e con quali
scopi politici? Come vedremo, questo schema di dominio, di insegnamento come
potere bruto, portato al livello dell'isteria erotica, viene satireggiato ne
La lezione di Eugene Ionesco.
Non vengono quasi mai esaminati i casi in cui ci si rifiuta di insegnare, in
cui si nega la trasmissione. Il maestro non trova discepoli, non trova chi
sia degno di ricevere il suo messaggio, la sua eredita'. Mose' distrugge le
prime Tavole, proprio quelle scritte dalla mano stessa di Dio. Nietzsche e'
ossessionato dalla mancanza di discepoli adatti, proprio quando il bisogno
di trovare chi l'ascolti diventa straziante. Questo tema e' la tragedia di
Zarathustra.
O puo' essere che la doxa, la dottrina e il materiale da insegnare, siano
giudicati troppo pericolosi per essere trasmessi. Sono sepolti in qualche
luogo segreto, che non deve essere riscoperto per lungo tempo o, piu'
drasticamente, devono morire con il maestro. Esempi di questo genere si
trovano nella storia dei miti cabalistici e alchemici. Piu' spesso, solo una
manciata di eletti, di iniziati, ricevera' il vero intendimento del maestro.
Al pubblico comune sara' data in pasto una versione diluita, volgarizzata.
Questa distinzione tra versioni esoteriche ed essoteriche anima le letture
di Platone proposte da Leo Strauss. E' possibile trovare dei paralleli nella
biogenetica o nella fisica delle particelle di oggi? Esistono ipotesi
considerate troppo minacciose (socialmente, umanamente) per essere testate,
o scoperte che non devono essere pubblicate? I segreti militari potrebbero
essere la maschera farsesca di un dilemma piu' complesso e clandestino.
Puo' anche verificarsi una perdita, una sparizione accidentale, o dovuta a
un'autoillusione - Fermat aveva davvero risolto il suo teorema? - o a
un'azione storica. Quanta saggezza e scienza orali - botaniche o
terapeutiche, per esempio - sono andate irrimediabilmente perdute, quanti
manoscritti e quanti libri sono stati bruciati, da Alessandria a Sarajevo?
Delle scritture albigesi sopravvivono solo brandelli sospetti. E' una
possibilita' tormentosa che certe "verita'", che certe metafore e intuizioni
feconde, specialmente nelle scienze umane, siano andate perdute, siano state
distrutte irrevocabilmente (Aristotele sulla commedia). Oggi non siamo in
grado di riprodurre, se non fotograficamente, certe tinte di Van Eyck. A
quanto si dice, non siamo in grado di eseguire un certo tricordo che
Paganini si rifiuto' di insegnare. E in che modo furono trasportate quelle
pietre ciclopiche a Stonehenge, e come furono erette le sculture dell'Isola
di Pasqua?
Ovviamente, le arti e gli atti dell'insegnamento sono, nel senso proprio di
questo termine abusato, dialettici. Il maestro impara dal discepolo ed e'
modificato da questa interrelazione in quanto essa diventa, idealmente, un
processo di scambio. Il dono diventa reciproco, come nei labirinti
dell'amore. "Io sono piu' completamente io quando sono te", scrive Celan. Vi
sono maestri che ripudiano i propri discepoli perche' li trovano indegni o
sleali. Il discepolo, a sua volta, sente di aver superato il proprio
maestro, sente che deve abbandonare il proprio maestro per diventare se'
stesso (Wittgenstein gli ingiungerebbe di farlo). Questo superamento del
maestro, con le sue componenti psicoanalitiche di ribellione edipica, puo'
causare una drammatica afflizione. Come nell'addio di Dante a Virgilio nel
Purgatorio o come nel Maestro di go di Yasunari Kawabata. O puo' essere
fonte di soddisfazione vendicativa sia nella finzione - Wagner trionfa su
Faust - sia nella realta' - Heidegger prevale su Husserl e lo umilia.
Ora, e' ad alcuni di questi diversi incontri nella filosofia, nella
letteratura, nella musica, che voglio volgermi.
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Da pagina 141 e seguente
Abbiamo appena sfiorato l'argomento. Non esiste comunita' ne', credo,
disciplina o arte senza i suoi maestri e discepoli, insegnanti e
apprendisti. La conoscenza e' trasmissione. Nel progresso, nell'innovazione,
per quanto siano incisivi, il passato e' presente. I maestri salvaguardano e
fanno valere la memoria, madre delle Muse. I discepoli accentuano,
diffondono o tradiscono il vigore personale e sociale dell'identita'.
Abbiamo appena visto quanto siano interattive queste dinamiche. L'idea di un
maestro autistico, incapace e contrario a condividere la sua dottrina e'
plausibile sul piano della logica, ma rasenta la contraddizione. Cosa ne
possiamo sapere di un "Milton muto" (anche se abbiamo notato casi in cui ci
si rifiuta di trasmettere la doxa o la scoperta, per timore che cada in mani
malvage)?
"Coprire" questo campo sarebbe un'ambizione assurda. I linguaggi richiesti,
la conoscenza etnografica, antropologica, storica e scientifica necessarie
vanno molto al di la' di qualsiasi testimonianza individuale. Il profondo
sapere dello sciamano, dei narratori quasi liturgici del Kalahari o del Sud
del Pacifico, l'iniziazione all'apprendistato, spesso esoterica e negata
all'osservatore esterno nella cultura africana, in quella dell'Asia
sudorientale e in quella islamica sono accessibili, tutt'al piu', a una
manciata di specialisti. Anche le professioni di fede piu' affermate e
globali, le ideologie, le speculazioni e le tecniche scientifiche, sono solo
le punte piu' visibili di un iceberg della didattica la cui massa recondita
affonda nelle profondita' dell'esperienza umana.
Il numero degli astrologi supera di gran lunga quello degli astrofisici, e
puo' anche essere che i primi esercitino un'influenza assai superiore dei
secondi sulle piu' fondamentali e "organiche" parti della coscienza.
Nonostante cio', due tradizioni (sarebbe meglio dire due "mondi", tale e' la
loro vetusta' e la loro ricchezza) vanno prese in considerazione; e tuttavia
la mia mancanza di competenza dei linguaggi appropriati e dei testi di
rilievo renderanno i miei riferimenti del tutto inadeguati.
"Senza la didattica", dice Saul Bellow, "l'identita' ebraica sarebbe
impossibile". Il giudaismo e' pedagogico in senso assoluto. L'istanza
didattica e' inerente al monoteismo ebraico: l'incessante dialogo tra Dio e
l'ebreo ha rivelato, sin dai tempi di Abramo, tutti gli aspetti del rapporto
del maestro con una comunita' per natura credente, sediziosa, obbediente,
recalcitrante e soprattutto inquisitiva. La Tora' dettata a Mose' e da lui
promulgata, i Salmi ispirati a David e i libri di profezie e proverbi,
costituiscono un corso, un manuale di istruzione e uso quotidiani. L'ebreo
e' messo in esame in perpetuo, in modo differente dall'assioma della vita
esaminata di Socrate. La sua educazione dura tutta la vita. Caratteristica
di questa relazione didattica e' l'ampiezza del dialogo, che va dalla
venerazione estatica e dalla sottomissione estatica, alla piu' aspra ironia
e alla protesta etica, come in Giobbe; comprende la risposta del celebrante,
che fa da eco alla voce di Dio nella liturgia, al dissenso e perfino
all'accusa (come nel disperato "contro-Salmo" di Paul Celan). In senso piu'
concreto, la sopravvivenza del giudaismo e' dipesa da questo scambio
millenario, in classe o in sinagoga, nella scuola talmudica come in quella
lezione binomica privata, spesso misteriosa, all'interno della coscienza
individuale. Come dice la storiella ebraica: "non mi parlare quando ti
interrompo". Il Dio di Israele e' il preside di una schul che e' il mondo.
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Da pagina 147 e seguenti
La fascinazione per la "luce dell'Est", la speranza di rivelazioni occulte
che vengano dall'Asia, per tecniche di purificazione e di meditazione che
diano accesso al trascendentale, sono perennemente esistite nella cultura
occidentale. Sappiamo dell'incanto gettato dagli arcana egiziani e persiani
sulle scuole pitagorica e platonica. La parola "guru" ci arriva attraverso
l'uso hindu e sikh. Successive modalita' di interesse europeo e
angloamericano hanno dato forma ai propri "passaggi in India" (si
confrontino le connotazioni di questa espressione in Walt Whitman ed Edward
M. Forster), le proprie immagini del taoismo, del buddhismo e dello zen. La
malia odierna risale al "parlamento delle religioni" tenutosi a Chicago nel
1893. Attraverso accoliti quali Hermann Hesse e Aldous Huxlev, queste
visioni hanno animato la letteratura, le arti, la musica e la psicoterapia.
Sono connesse, specie dopo la loro diffusione nella California degli anni
Cinquanta, al nirvana dei narcotici, dello yoga, dell'ascetismo e della
reverie comunitaria. Caratterizzano quanto c'e' di autentico e di kitsch
nella New Age. Un certo sogno a occhi aperti "da Pacific Coast", saturo di
quelle che sono prese per rivelazioni indiane, cinesi e dell'Estremo
Oriente, abita nel cuore irrequieto della modernita' e nel suo horror vacui.
Il problema e' questo. Il materiale e' cosi' vario, cosi' colorato da
dilettantismo parassitario, pretenzioso e di seconda mano, che la sua
origine autentica e' fuori portata. Una dozzina di linguaggi e alfabeti di
estrema difficolta', una certa familiarita' con millenni di storia
religiosa, filosofica e sociale, oltre a una relativa sottomissione
personale a sistemi di sensibilita' e di disciplina del corpo alieni a quasi
tutte le pratiche occidentali, sono il requisito essenziale di qualsiasi
comprensione attendibile. Anche gli orientalisti occidentali piu'
qualificati, gli etnografi e gli studiosi di religioni comparate, come per
esempio Charles Malamoud, possono esaminare solo una frazione del
territorio. Buddhismo e confucianesimo proliferano in forme diverse,
indiana, cinese, tibetana, cingalese, birmana e giapponese, e ognuna di
queste e' a sua volta suddivisa in ulteriori ramificazioni, esoteriche e
pubbliche, ermetiche e dichiarate. Studiosi e traduttori occidentali hanno
cercato di interpretare per noi i significati del tao, dei riti fondamentali
del confucianesimo e dei rituali veda, di come questi si manifestino
"all'interno dei testi e oltre i testi", per usare il titolo di Michael
Witzel. Un numero ristretto di uomini e donne occidentali ha sperimentato in
prima persona il monachesimo in Asia, specie quello shintoista. Tali
autentici studiosi e adepti guardano con un disprezzo piu' o meno cortese al
pellegrinaggio con zaino in spalla e al compendio del giornalista. Un numero
discreto di maestri zen considerano come un preliminare indispensabile,
benche' inadeguato, parecchi anni di meditazione silenziosa. Non conoscendo
quelle lingue ne' quel contesto spirituale e comunitario, posso solo
toccare, e incidentalmente, quelle che senza dubbio sono delle banalita'
elementari e di seconda mano. Al di la' c'e' un mondo quasi impenetrabile.
Il rapporto maestro-discepolo e' lo strumento del confucianesimo cinese e
del suo complesso sfondo religioso e rituale. Gli archetipi a noi familiari
abbondano. Di quale piu' grave tradimento si possono macchiare i discepoli
Tse-lou e Yen-Houei, domanda Confucio, se non di morire prima del maestro,
essendo i piu' dotati a portare avanti la sua dottrina? Rimane aperto
l'interrogativo se la dottrina del maestro possa essere espressa e trasmessa
verbalmente. Che cosa, allora, costituisce una lezione perfetta? "Il maestro
ha appena pronunciato due parole che il discepolo si addormenta e comincia a
russare. Il maestro ne e' estasiato: 'Il corpo del mio discepolo e' come
legno morto, il suo cuore cenere fredda. La sua conoscenza e' ora veritiera!
Egli si e' separato da quanto ha appreso. Ignorante e nell'oscurita', non ha
piu' pensiero: non si ha piu' la necessita' di discutere con lui! Ah! Che
individuo superiore!'". Lo scopo e' il raggiungimento di quella assenza di
individualita' e di spirito che, sola, fa accedere alla meditazione e al
nucleo dell'essere.
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Da pagina 153 e seguenti
Citando Max Brod e il suo racconto su Tycho Brahe e Keplero, ho accennato
alla scienza. Nell'antichita', nelle discipline medievali, non esiste un
discrimine essenziale: rapporti analoghi tra maestri e discepoli, tra
magister o magus e apprendista, si riscontrano sia nelle materie classiche
sia nelle scienze. Rivalita' tra scuole filosofiche e cosmologiche o
"alchemiche" obbediscono a un modello comune. Nell'Accademia dopo Platone e
Aristotele, nelle scuole di medicina dopo Galeno, nei laboratori
dell'alchimista e nella torre di osservazione dell'astrologo, le dinamiche
di fedelta' o sedizione, di successione o esclusione sono fondamentalmente
le stesse. La relazione Faustus-Wagner riflette questa congiunzione di
convenzioni teologiche, filosofiche e scientifiche (scienza e' "filosofia
naturale" come lo e' stata per Lucrezio). Sara' soprattutto durante il XVII
secolo, e solo con il raggiungimento di uno statuto autonomo per le scienze,
che si svilupperanno delle differenze significative. Quando pero' tentiamo
di definirle, vediamo che la questione non e' cosi' netta.
La "tecnica" riguarda le arti, la musica, la grammatica o la logica
filosofica non meno che le scienze esatte e quelle applicate, e deve essere
trasmessa con la teoria e con l'esempio. C'e' pero' una differenza. Il
"tecnologico" nel suo senso piu' ampio non si offre infatti a un dissenso
spontaneo o a una confutazione allo stesso modo di un progetto filosofico o
morale, inteso anch'esso in senso ampio. Esiste una sintonia determinante
tra l'impartire la capacita' di osservazione e quella di sperimentazione, e
il crescendo di difficolta' e' caratterizzato, il piu' delle volte, dalla
concomitante familiarita' con strumenti matematici sempre piu' sofisticati.
Ma il talento individuale e' importante. Il tecnico al tavolo del
laboratorio, il professore durante l'esame, riconosceranno doti eccezionali
e un potenziale erede. Molto piu' frequenti ed evidenti sono i prodigi in
matematica e nelle scienze, rispetto a, per dire, poesia e metafisica (e di
qui quelli che sono considerati i legami sotterranei tra la matematica, la
musica e gli scacchi). Le gelosie, i cuori spezzati in laboratorio o in
osservatorio sono altrettanto penosi di quelli nell'atelier o nel seminario.
Ma di nuovo esiste una differenza, anche se e' difficile formularla. Quale
che sia il peso di fattori psicologici e di "affinita' elettive" - un
concetto che deriva dalla chimica - l'emergere di una star e' oggettivamente
dimostrabile. Il ruolo dei sentimenti e dell'irrazionale e' piu' manifesto
nel rapporto maestro-discepolo nelle discipline umanistiche. L'effetto
dell'eros, lo abbiamo visto, e' molto piu' verosimile. Ma anche qui la
scienza fornisce i suoi esempi.
Nessuna esperienza umana e' completamente priva di valori. Un granello di
ideologia, di condizionamento socio-storico, puo' trovarsi anche nella piu'
pura astrazione. Solo un dispotismo folle, tuttavia, vedra' la "corruzione
ebraica" nella teoria della relativita', o tentera' di sradicare la genetica
mendeliana in nome dello stalinismo. Per quello che e' umanamente possibile,
il teorema matematico, il processo di congettura e confutazione nella
scienza, cercano di dimostrare delle "verita'" - un concetto, una parola
della piu' vulnerabile fragilita' - indipendenti da interessi etnici,
religiosi e politici. Non e' data una soluzione socialista o comunista alle
equazioni non lineari. E' un'oscenita' sottomettere una scoperta della
biogenetica alle condizioni del ricavo economico, come lo e' censurare la
ricerca matematica e fisica in nome di esigenze militari. Quando si avvicina
a un ideale di progresso disinteressato e condiviso, la scoperta scientifica
e' il prodotto piu' maturo della liberta' umana.
Anche questo rende differenti il processo dell'insegnamento e
dell'apprendimento nelle scienze da quello nelle materie classiche. Puo'
esistere una certa sovversione a livello personale da parte del discepolo, a
causa della sua confutazione del maestro e della sua adozione del modello
evolutivo darwiniano contro quello lamarckiano. Ma cio' scaturira' da
necessita' inerenti alla scienza stessa. Anche se spesso non riconosciuto,
l'autentico trionfo del maestro e' di essere confutato e superato dalla
scoperta del suo allievo. Si tratta di distinguere nell'allievo un potere e
un avvenire che vanno oltre i propri. Isaac Barrow si dimette dalla sua
cattedra di professore lucasiano in favore di Isaac Newton. David Hilbert
non mette veramente in questione Kurt Goedel al viva celebrativo di
quest'ultimo. Sono uomini al servizio di un mandato assai superiore a loro
stessi.
Questa neutralita' della verita' e' connessa all'anonimita' e
all'impersonalita' delle scienze pure e di quelle applicate. Il genio
individuale appartiene tanto alla storia della scienza quanto a quella della
letteratura e delle arti. Ma nelle prime ha assai meno importanza. La
Commedia non sarebbe esistita senza Dante, ne' le Variazioni Goldberg senza
Bach. La morte, estremamente prematura, di Schubert, lascia vuoti spazi di
sensibilita'. Non si puo' affermare lo stesso per la matematica e le
scienze. Si dice che un lavoro di algebra possa rivelare uno stile
personale. Un altro matematico, tuttavia, avrebbe risolto ugualmente il
teorema di Fermat o sarebbe arrivato alla congettura di Riemann. Darwin fu
solo il piu' profondo e conseguente di un magnifico gruppo di zoologi e
geologi tutti simultaneamente alle soglie della teoria dell'evoluzione e
della selezione naturale. Una dozzina di centri di ricerca e di atom
smashers oggi si danno da fare intorno agli stessi enigmi della fisica delle
particelle e della cosmologia. Alcune pubblicazioni su riviste scientifiche
e alcuni annunci alla comunita' scientifica su internet spesso recano trenta
o piu' firme. Teorie, scoperte e soluzioni matematiche sono, in senso
fondamentale, insieme anonime e collettive, quale che sia la reputazione che
il caso o le pubbliche relazioni donano a questo o quell'individuo. Questo
lavoro di equipe e il senso dell'inevitabile - se non oggi, il risultato
sara' conseguito domani - e' molto differente da quello provato dal
discepolo del filosofo o dal compositore agli inizi di un corso avanzato.
Non c'era niente di inevitabile nelle teoria delle Idee di Platone o nella
Cappella Sistina.
Il materiale e' diffuso. Lo si puo' trovare nelle biografie di eminenti
scienziati, nelle loro autobiografie o nelle loro memorie, che non sono
particolarmente abbondanti. L'impersonalita', l'ideale anonimita' della
ricerca scientifica tende alla discrezione. C'e' inoltre una difficolta' di
comunicazione. Solo pochi scienziati, per non parlare dei matematici, sono
stati in grado di narrare le loro fatiche al profano. C'e' l'ostacolo delle
nozioni tecniche e del loro idioma, in larga parte matematico, che rendono
artificiale e, fin troppo spesso, erronea la traduzione letterale del lavoro
scientifico. La metafora non e' un sostituto adeguato dell'equazione. Vi
sono romanzieri, tra cui Thomas Mann e Robert Musil, che hanno reinventato
per noi questo o quel punto della teoria e della scoperta scientifica. The
Search, del primo Charles P. Snow, rimane valido. Occasionalmente, la
fantascienza vi si avvicina molto. E' questa rarita' che fa di Sta
scherzando, Mr. Feynman! (1985), il corrusco e colorito autoritratto di
Richard Feynman, qualcosa di simile a quello che fisici e astrofisici
chiamano una "singolarita'".
Feynman, un teorico e matematico incredibilmente dotato, come Benjamin
Franklin o Thomas Edison, aveva una genialita' per le cose pratiche, per la
penetrazione nel meccanismo - "Come funziona, e come potremmo farlo
funzionare meglio?" - da cui puo' emergere una fondamentale comprensione
teorica. Poco piu' che adolescente, Feynman si trovo' a parlare davanti ai
maestri. John Wheeler, Henry Norris Russell, John von Neumann e Wolfgang
Pauli, lo andavano ad ascoltare. Einstein si uni' a loro. "Queste menti
mostruose davanti a me, in attesa!". Subito dopo, avviene il miracolo: "Il
momento che comincio a pensare alla fisica, e devo concentrarmi su quello
che spiego, niente piu' mi occupa la mente, sono completamente immune dal
nervosismo. In questo modo, dopo che ho cominciato, non so piu' chi e' nella
stanza: sto solo spiegando un'idea, tutto qui". Princeton e Los Alamos
portano a incontri ravvicinati con i giganti. Ma fu la sua collaborazione
con loro, piuttosto che un insegnamento formale, a ispirare Feynman. Gli
esperimenti istruivano lui. Anche camminando con von Neumann nei canyon, o
servendo da cassa di risonanza a Niels Bohr, Feynman poteva perseguire la
sua irriverente originalita', senza mai accettare prima facie quel che
diceva il grand'uomo. A sua volta, divenne un professore di fama: "Non credo
che ce la farei senza insegnare". Ma le ragioni sono psicologiche: la
compulsione a dare "un qualche contributo" quando era bloccato nella sua
ricerca. Imparando a disegnare, Feynman concluse che in fisica "abbiamo
cosi' tante tecniche, cosi' tanti metodi matematici, che non smettiamo mai
di dire agli studenti come fare le cose. Il maestro di disegno, invece, ha
paura di dirti qualsiasi cosa... L'insegnante non ti vuole spingere in una
particolare direzione. Cosi', il maestro di disegno si pone il problema di
comunicare per osmosi e non per istruzioni, mentre il docente di fisica ha
sempre il problema di insegnare le tecniche, piu' che lo spirito, di come
procedere per risolvere un problema di fisica". Sant'Agostino si sarebbe
trovato d'accordo.
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Da pagina 167 e seguenti
Gli ordini del rapporto tra maestri e discepoli, cosi' come li ho
illustrati, dureranno?
L'esigenza di trasmettere conoscenza e abilita' e il desiderio di acquisirle
sono delle costanti della condizione umana. Essere maestri ed essere
discepoli, l'istruzione e la sua acquisizione devono continuare fino a che
esisteranno delle societa'. La vita cosi' come la conosciamo non potrebbe
andare avanti senza di esse. Ora, pero', ci sono dei significativi
cambiamenti in corso.
Il ruolo e l'autorita' esponenziali delle scienze e della tecnologia negli
affari del pianeta arrivano assai piu' in profondita' dei livelli economici
e pragmatici. Costituiscono un movimento tettonico, uno spostamento
gravitazionale altrettanto pervasivo della graduale erosione, nella
mentalita' adulta, di prospettive religiose; un'erosione correlata,
precisamente, al dominio della scienza. Ho fornito indicazioni sufficienti a
vedere come le energie e l'eccellenza intellettuali siano state gia'
investite nelle scienze piu' che in ogni altra impresa. Questo nuovo
equilibrio sara' generalizzato. Calcolo, teoria informatica e banche dati,
l'ubiquita' di internet e del web globale mettono in atto molto di piu' che
una rivoluzione tecnologica. Comportano trasformazioni di coscienza, di
abitudini percettive ed espressive, di sensibilita' reciproca che stiamo a
malapena cominciando a calibrare. Vari terminali e sinapsi entreranno in
connessione con il nostro sistema nervoso (se possibile analogo) e con le
strutture cerebrali. I software diverranno, per cosi' dire, interni e la
coscienza dovra' forse produrre una seconda pelle.
L'impatto sul processo di apprendimento e' gia' imponente. Alla sua
consolle, lo scolaro si espande in nuovi mondi. Come fanno lo studente con
il suo portatile e il ricercatore che naviga in rete. Nuove condizioni nello
scambio cooperativo e nel dibattito, nell'immagazzinamento della memoria,
nella trasmissione immediata e nella rappresentazione grafica hanno gia'
riorganizzato numerosi aspetti della Wissenschaft. Il monitor puo'
insegnare, esaminare, dimostrare, interagire con una precisione, una
chiarezza e una pazienza che superano quella dell'insegnante umano. Le
risorse dello schermo possono essere disseminate e sfruttate a volonta'. Lo
schermo non conosce ne' pregiudizio ne' stanchezza. L'allievo, a sua volta,
puo' fare domande, obiettare e rispondere secondo una dialettica il cui
valore pedagogico e' possibile superi quello del discorso parlato.
Come per reazione, il ricorso al saggio terapeutico, al guru e allo sciamano
piu' o meno secolarizzato e' diffuso, particolarmente nell'insonne
Occidente. Guaritori, mediatori dell'occulto, "consiglieri" (la designazione
mafiosa qui e' appropriata) spirituali, o furbi ciarlatani non sono mai
stati cosi' numerosi. Ho fatto allusione alla spesso artificiosa ma
innegabile ondata di "orientalismo" e misticismo. Ancora piu' influenti sono
i reticoli della psicoanalisi, le rivalita' tra i suoi maestri, le congreghe
di dipendenze e apostolati che colorano cosi' tanti aspetti del nostro
idioma e dei nostri costumi. Qui, anche se sotto una forma che si avvicina
al travestimento, prosperano i motivi classici di magistero e apprendistato.
In certo modo, la new age e il clima successivo postfreudiano, sono
presocratici. Pitagora ed Empedocle si sentirebbero a casa.
L'aura carismatica del docente ispirato, la favola di una figura nell'atto
pedagogico sicuramente dureranno. A un livello piu' serio, comunque, gli
ambiti in cui cio' trovera' spazio sembrano sempre piu' ristretti. Sempre di
piu', la trasmissione di conoscenza e di techne fara' leva su altri mezzi e
modalita'. La fedelta' umana e il tradimento, i comandamenti di amore e
ribellione di Zarathustra, con il loro reciproco esigersi, sono estranei
all'ambito elettronico.
Le donne-maestro sono state poche, anche se eminenti. Da Siracusa, Atene e
Antiochia in poi, le discepole hanno invece abbondato. Questa "demografia"
sta ora cambiando. Nello studio della letteratura e delle lingue moderne, le
ragazze superano i ragazzi. La femminizzazione si sta allargando a tutte le
materie umanistiche e alle arti liberali. Le donne si stanno battendo per il
loro legittimo posto al sole nelle scienze e nella tecnologia. La struttura
patriarcale inerente al rapporto maestro-discepolo sta perdendo importanza.
Identita' e discrimine sessuali si confondono. Nonostante cio', i costrutti
di fedelta' e tradimento, di auctoritas e sedizione, di mimesi e rivalita'
cui abbiamo guardato sono destinati a cambiare. Per quanto riguarda il suo
seguito maschile - anche il termine "discepolo" puo' assumere una differente
risonanza -, la donna-maestro sviluppera' riflessi, aspettative e mosse
simboliche di tipo nuovo e complesso. A sua volta, l'allievo maschile
perverra' ad atteggiamenti a un tempo di devozione e, in certo senso, di
neutralita'. Le allieve di altre donne potranno trovarsi in una situazione
semplificata e instabile, anche ignorando del tutto la pulsione dell'eros,
che complica le cose. Finora la letteratura e' frammentaria e marginale. Ho
citato quanto si sa su Nadia Boulanger e Simone Weil. Ci sono premonizioni
nella narrativa di Iris Murdoch. E' un materiale che di certo crescera'. Per
ora si possono solo fare congetture su valori e tensioni che non hanno
precedenti.
La terza mutazione e' la piu' importante. E' la piu' difficile da definire.
Quale che sia il contesto etnico o la civilta' dominante, il rapporto
maestro-discepolo ha le sue profonde radici nell'esperienza religiosa e nel
culto. In origine, la lezione del maestro era quella del sacerdote. Questa
modulazione, nella filosofia presocratica e classica, fu quasi
impercettibile. Il magisterium del maestro medievale e rinascimentale fu
formalmente quello del dottore in teologia, con Tommaso d'Aquino o san
Bonaventura in cattedra. Il retaggio teologico si indeboli', ma le sue
convenzioni rimasero forti durante tutta la modernita' laica. Queste forme,
queste convenzioni dello spirito furono sottoscritte da una reverenza
pressoche' indiscussa, lampante. Riverire il proprio maitre rispondeva al
codice innato e naturale del rapporto. Qualora "reverenza" e deferenza si
affievoliscano, restano il rispetto, la sottomissione volontaria. In senso
comprensivo, e la sua definizione nell'Occidente risale ad Aristotele e
Cicerone, il dinamismo e' quello dell'ammirazione, dell'ammirato orgoglio
per la statura del maestro e per il suo averci accettati come discepoli.
"This is our master, famous calm and dead, Borne on our shoulders".
Chiamerei, quella attuale, l'eta' dell'irriverenza. Le cause di questa
profonda trasformazione sono dovute a rivoluzioni politiche, a sommosse
sociali (la notoria "rivolta delle masse" di Jose' Ortega y Gasset) e allo
scetticismo che le scienze portano con se'. L'ammirazione, per non parlare
della reverenza, e' passata di moda. Siamo assuefatti all'invidia, alla
denigrazione e a un livellamento verso il basso. I nostri idoli devono
esibire una testa d'argilla. Quando aleggia dell'incenso, va in direzione di
atleti, pop star, gli ossessi del denaro o i re del crimine. La celebrita',
nel modo in cui satura la nostra esistenza mediatica, e' il contrario della
fama. Il numero esibito per la milionesima volta sulla maglia dell'asso del
football o la pettinatura del cantante sono il contrario dell'apostolato.
Sullo stesso piano, la nozione di saggio rasenta il risibile. La coscienza
e' populista ed egualitaria, o finge di esserlo. Qualsiasi manifesto si
rivolga a una elite, o a quell'aristocrazia dell'intelletto cosi' evidente
per Max Weber, e' quasi prescritto dalla democratizzazione del sistema di
consumo di massa (e, pure, questa democratizzazione comporta, senza dubbio,
liberazioni, onesta' e speranze di prim'ordine). L'esercizio della reverenza
sta ritornando alle sue remote origini nell'ambito della sfera religiosa e
rituale. Attraverso tutte le relazioni mondane e laiche, la nota prevalente,
spesso tonificante in un modo tipicamente americano, e' quella
dell'impertinenza provocatoria. Gli "unaging monuments of intellect", forse
anche i nostri cervelli, sono coperti di graffiti. Di fronte a chi si alzano
in piedi gli studenti? "Plus de maitres", proclamava una delle scritte sui
muri della Sorbona nel maggio del 1968.
Scientismo; femminismo; la democrazia di massa e i suoi media. Puo', deve
"la lezione dei maestri" sopravvivere al loro impeto travolgente?
Credo che ci riuscira', anche se cio' avverra' in forme imprevedibili. Credo
che debba riuscirci. Libido sciendi, desiderio sfrenato per il sapere, brama
per il comprendere, e' un motto inciso negli uomini e nelle donne migliori.
Tale e' pure la vocazione del maestro. Non esiste una professione di
maggiore privilegio. Risvegliare in un altro essere umano forze e sogni
superiori alle proprie; indurre in altri l'amore per quello che amiamo; fare
del proprio intimo presente il loro futuro: e' una triplice avventura senza
pari. Quando si allarga, la famiglia dei propri studenti somiglia al
ramificarsi, al rinverdirsi di un tronco che sta a sua volta invecchiando
(io ho studenti in cinque continenti). E' una soddisfazione incomparabile
quella di essere il servitore, il corriere dell'essenziale, anche sapendo
perfettamente quanto pochi, pochissimi, possano essere i creatori e gli
scopritori di prim'ordine.
Anche a un livello modesto, come quello di maestro di scuola, insegnare, e
insegnare bene, significa essere complici di possibilita' trascendenti. Una
volta risvegliato, quel bambino esasperante nell'ultima fila potra' scrivere
pagine o concepire teoremi che terranno impegnati per secoli. Una societa',
come quella basata sul profitto sfrenato, che non fa onore ai propri
insegnanti, e' difettosa. Puo' essere che qui stia il senso piu' radicale
della pornografia infantile. Laddove uomini e donne si affannano, scalzi, a
trovare un maestro (e', frequentemente, un tropo chassidico), la forza
vitale dello spirito e' salvaguardata.
Abbiamo visto che il magistero e' fallibile, che gelosia, vanita', falsita'
e tradimento si intromettono quasi inevitabilmente. Ma quelle speranze
sempre rinnovate, l'imperfetta meraviglia della cosa, ci conducono alla
dignitas della persona umana, al suo approdo alla parte migliore di se'.
Nessun mezzo meccanico, per quanto rapido, nessun materialismo, per quanto
trionfante, puo' cancellare il nuovo giorno che viviamo quando abbiamo
compreso un maestro. Quella gioia non allevia certo la morte. Ma ci rende
furiosi per il suo spreco. Non c'e' tempo per un'altra lezione?

2. ET COETERA

George Steiner e' uno dei piu' grandi intellettuali viventi, ed e' un uomo
buono, e saggio. Nasce a Parigi nel 1929 da padre di origine ceca (di
Lidice) e madre viennese. Nel 1940 la famiglia si stabilisce in America (ha
scritto Steiner: "Lasciammo sani e salvi la Francia, dov'ero nato e
cresciuto. Sicche' non mi tocco' d'essere la' quando si fece l'appello. Io
non stavo nella pubblica piazza con gli altri bambini, quelli con cui ero
cresciuto. Ne' vidi mio padre e mia madre scomparire quando le porte del
convoglio ferroviario venivano spalancate. Ma in un altro senso sono un
sopravvissuto, e non indenne. Se spesso non sono in sintonia con la mia
generazione, se cio' che mi assilla e domina la mia vita sentimentale
colpisce molti di quelli con cui dovrei essere amico e lavorare in questo
mondo come qualcosa di remotamente sinistro e artificioso, e' perche' il
cupo mistero di quanto accadde in Europa non e' per me separabile dalla mia
stessa identita'. Proprio perche' non ero la', perche' un caso fortunato
tolse il mio nome dall'elenco"). Torna poi in Europa. Docente di letteratura
comparata (a Ginevra, a Cambridge, a Oxford), saggista finissimo e denso
moralista. Le sue opere di riflessione critica sono di una ricchezza,
lucidita' e profondita' straordinarie e vivamente le raccomandiamo ai nostri
interlocutori. Tra le opere di George Steiner: Tolstoj o Dostoevskij (1959),
La morte della tragedia (1961), Linguaggio e silenzio (1967), Dopo Babele
(1975), Le Antigoni (1984), Vere presenze (1989), Il correttore (1992),
Nessuna passione spenta (1996), Errata (1997), Grammatiche della creazione
(2001), La lezione dei maestri (2003), Una certa idea di Europa (2006),
Dieci (possibili) ragioni della tristezza del pensiero (2007), tutti editi
in italiano da Garzanti, Milano; cfr. inoltre Nel castello di Barbablu
(1971), SE, Milano; La nostalgia dell'assoluto (1974), Bruno Mondadori,
Milano; Heidegger (1978), Mondadori, Milano (poi Garzanti, 2002); Il
processo di San Cristobal (1981), Rizzoli, Milano.

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VOCI E VOLTI DELLA NONVIOLENZA
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Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it
Numero 217 del 19 agosto 2008

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