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Minime. 539
- Subject: Minime. 539
- From: "Centro di ricerca per la pace" <nbawac at tin.it>
- Date: Wed, 6 Aug 2008 01:22:08 +0200
- Importance: Normal
NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 539 del 6 agosto 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Sommario di questo numero: 1. L'umanita' dopo Hiroshima 2. Dopo Hiroshima l'umanita' 3. La prima lettera di Guenther Anders a Claude Eatherly 4. La prima lettera di Claude Eatherly a Guenther Anders 5. Fausto Della Porta: Inferno afgano 6. Operazione Colomba: Successo della marcia nonviolenta dei bambini palestinesi 7. Giobbe Santabarbara presenta "A colpi di cuore" di Anna Bravo 8. Riletture: Friedrich Engels, Ludwig Feuerbach e il punto d'approdo della filosofia classica tedesca 9. Riletture: Simone Weil, Riflessioni sulle cause della liberta' e dell'oppressione sociale 10. Riedizioni: David Hume, Trattato sulla natura umana. Ricerca sull'intelletto umano. Ricerca sui principi della morale 11. La "Carta" del Movimento Nonviolento 12. Per saperne di piu' 1. EDITORIALE. L'UMANITA' DOPO HIROSHIMA Ora sappiamo che ci basta il cuore di fare cenere del mondo intero. Ora sappiamo che l'intelligenza sa esser piu' feroce di ogni bruto. Ora sappiamo di avere lo strumento che eradica ogni seme e tutti i sogni che dell'intera umanita' sa fare un unico falo', un silenzio immenso, l'ultima notte senza piu' respiro: ed e' questo strumento l'obbedienza. 2. EDITORIALE. DOPO HIROSHIMA L'UMANITA' Elenco adesso i compiti dell'ora: sii vigile, abbiamo un solo mondo. Sii vigile, da quell'azione astieniti che toglie altrui la luce e la parola. Sii vigile, alla guerra sempre opponiti opponiti agli eserciti e alle armi. Sii vigile, la dignita' difendi di ogni essere umano, una e' la carne. Sii vigile. E misericordioso. Dopo Hiroshima ogni persona deve sapersi responsabile di tutto. 3. DOCUMENTI. LA PRIMA LETTERA DI GUENTHER ANDERS A CLAUDE EATHERLY [Riproponiamo ancora una volta il testo della prima lettera di Guenther Anders a Claude Eatherly, del 3 giugno 1959, riprendendola dalla corrispondenza tra Guenther Anders e Claude Eatherly, Il pilota di Hiroshima. Ovvero: la coscienza al bando, Einaudi, Torino 1962, poi Linea d'ombra, Milano 1992 (ivi alle pp. 27-34), nella classica traduzione di Renato Solmi. Guenther Anders (pseudonimo di Guenther Stern, "anders" significa "altro" e fu lo pseudonimo assunto quando le riviste su cui scriveva gli chiesero di non comparire col suo vero cognome) e' nato a Breslavia nel 1902, figlio dell'illustre psicologo Wilhelm Stern, fu allievo di Husserl e si laureo' in filosofia nel 1925. Costretto all'esilio dall'avvento del nazismo, trasferitosi negli Stati Uniti d'America, visse di disparati mestieri. Tornato in Europa nel 1950, si stabili' a Vienna. E' scomparso nel 1992. Strenuamente impegnato contro la violenza del potere e particolarmente contro il riarmo atomico, e' uno dei maggiori filosofi contemporanei; e' stato il pensatore che con piu' rigore e concentrazione e tenacia ha pensato la condizione dell'umanita' nell'epoca delle armi che mettono in pericolo la sopravvivenza stessa della civilta' umana; insieme a Hannah Arendt (di cui fu coniuge), ad Hans Jonas (e ad altre e altri, certo) e' tra gli ineludibili punti di riferimento del nostro riflettere e del nostro agire. Opere di Guenther Anders: Essere o non essere, Einaudi, Torino 1961; La coscienza al bando. Il carteggio del pilota di Hiroshima Claude Eatherly e di Guenther Anders, Einaudi, Torino 1962, poi Linea d'ombra, Milano 1992 (col titolo: Il pilota di Hiroshima ovvero: la coscienza al bando); L'uomo e' antiquato, vol. I (sottotitolo: Considerazioni sull'anima nell'era della seconda rivoluzione industriale), Il Saggiatore, Milano 1963, poi Bollati Boringhieri, Torino 2003; L'uomo e' antiquato, vol. II (sottotitolo: Sulla distruzione della vita nell'epoca della terza rivoluzione industriale), Bollati Boringhieri, Torino 1992, 2003; Discorso sulle tre guerre mondiali, Linea d'ombra, Milano 1990; Opinioni di un eretico, Theoria, Roma-Napoli 1991; Noi figli di Eichmann, Giuntina, Firenze 1995; Stato di necessita' e legittima difesa, Edizioni Cultura della Pace, San Domenico di Fiesole (Fi) 1997. Si vedano inoltre: Kafka. Pro e contro, Corbo, Ferrara 1989; Uomo senza mondo, Spazio Libri, Ferrara 1991; Patologia della liberta', Palomar, Bari 1993; Amare, ieri, Bollati Boringhieri, Torino 2004; L'odio e' antiquato, Bollati Boringhieri, Torino 2006; Discesa all'Ade, Bollati Boringhieri, Torino 2008. In rivista testi di Anders sono stati pubblicati negli ultimi anni su "Comunita'", "Linea d'ombra", "Micromega". Opere su Guenther Anders: cfr. ora la bella monografia di Pier Paolo Portinaro, Il principio disperazione. Tre studi su Guenther Anders, Bollati Boringhieri, Torino 2003; singoli saggi su Anders hanno scritto, tra altri, Norberto Bobbio, Goffredo Fofi, Umberto Galimberti; tra gli intellettuali italiani che sono stati in corrispondenza con lui ricordiamo Cesare Cases e Renato Solmi. Claude Eatherly, ufficiale dell'aviazione militare statunitense, il 6 agosto del 1945 prese parte al bombardamento atomico di Hiroshima. Sconvolto dal crimine cui aveva partecipato, afflitto da un senso di colpa insostenibile, considerato pazzo, conobbe il carcere e il manicomio. Si impegno' nella denuncia dell'orrore della guerra atomica e nel movimento pacifista e antinucleare. La corrispondenza che ebbe con Guenther Anders tra il 1959 e il 1961 e' raccolta nel libro Il pilota di Hiroshima. Ovvero: la coscienza al bando, Einaudi, Torino 1962, poi Linea d'ombra, Milano 1992. Renato Solmi e' stato tra i pilastri della casa editrice Einaudi, ha introdotto in Italia opere fondamentali della scuola di Francoforte e del pensiero critico contemporaneo, e' uno dei maestri autentici e profondi di generazioni di persone impegnate per la democrazia e la dignita' umana, che attraverso i suoi scritti e le sue traduzioni hanno costruito tanta parte della propria strumentazione intellettuale; e' impegnato nel Movimento Nonviolento del Piemonte e della Valle d'Aosta. Dal risvolto di copertina del recente volume in cui sono raccolti taluni dei frutti mggiori del suo magistero riprendiamo la seguente scheda: "Renato Solmi (Aosta 1927) ha studiato a Milano, dove si e' laureato in storia greca con una tesi su Platone in Sicilia. Dopo aver trascorso un anno a Napoli presso l'Istituto italiano per gli studi storici di Benedetto Croce, ha lavorato dal 1951 al 1963 nella redazione della casa editrice Einaudi. A meta' degli anni '50 ha passato un periodo di studio a Francoforte per seguire i corsi e l'insegnamento di Theodor W. Adorno, da lui per primo introdotto e tradotto in Italia. Dopo l'allontanamento dall'Einaudi, ha insegnato per circa trent'anni storia e filosofia nei licei di Torino e di Aosta. E' impegnato da tempo, sul piano teorico, e da un decennio anche su quello della militanza attiva, nei movimenti nonviolenti e pacifisti torinesi e nazionali. Ha collaborato a numerosi periodici culturali e politici ("Il pensiero critico", "Paideia", "Lo Spettatore italiano", "Il Mulino", "Notiziario Einaudi", "Nuovi Argomenti", "Passato e presente", "Quaderni rossi", "Quaderni piacentini", "Il manifesto", "L'Indice dei libri del mese" e altri). Fra le sue traduzioni - oltre a quelle di Adorno, Benjamin, Brecht (L'abici' della guerra, Einaudi, Torino 1975) e Marcuse (Il "romanzo dell'artista" nella letteratura tedesca, ivi, 1985), che sono in realta' edizioni di riferimento - si segnalano: Gyorgy Lukacs, Il significato attuale del realismo critico (ivi, 1957) e Il giovane Hegel e i problemi della societa' capitalistica (ivi, 1960); Guenther Anders, Essere o non essere (ivi, 1961) e La coscienza al bando (ivi, 1962); Max Horkheimer e Th. W. Adorno, Dialettica dell'illuminismo (ivi, 1966 e 1980); Seymour Melman, Capitalismo militare (ivi, 1972); Paul A. Baran, Saggi marxisti (ivi, 1976); Leo Spitzer, Lettere di prigionieri di guerra italiani 1915-1918 (Boringhieri, Torino 1976)". Opere di Renato Solmi: segnaliamo particolarmente la sua recente straordinaria Autobiografia documentaria. Scritti 1950-2004, Quodlibet, Macerata 2007] Al signor Claude R. Eatherly ex maggiore della A. F. Veterans' Administration Hospital Waco, Texas 3 giugno 1959 Caro signor Eatherly, Lei non conosce chi scrive queste righe. Mentre Lei e' noto a noi, ai miei amici e a me. Il modo in cui Lei verra' (o non verra') a capo della Sua sventura, e' seguito da tutti noi (che si viva a New York, a Tokio o a Vienna) col cuore in sospeso. E non per curiosita', o perche' il Suo caso ci interessi dal punto di vista medico o psicologico. Non siamo medici ne' psicologi. Ma perche' ci sforziamo, con ansia e sollecitudine, di venire a capo dei problemi morali che, oggi, si pongono di fronte a tutti noi. La tecnicizzazione dell'esistenza: il fatto che, indirettamente e senza saperlo, come le rotelle di una macchina, possiamo essere inseriti in azioni di cui non prevediamo gli effetti, e che, se ne prevedessimo gli effetti, non potremmo approvare - questo fatto ha trasformato la situazione morale di tutti noi. La tecnica ha fatto si' che si possa diventare "incolpevolmente colpevoli", in un modo che era ancora ignoto al mondo tecnicamente meno avanzato dei nostri padri. Lei capisce il suo rapporto con tutto questo: poiche' Lei e' uno dei primi che si e' invischiato in questa colpa di nuovo tipo, una colpa in cui potrebbe incorrere - oggi o domani - ciascuno di noi. A Lei e' capitato cio' che potrebbe capitare domani a noi tutti. E' per questo che Lei ha per noi la funzione di un esempio tipico: la funzione di un precursore. Probabilmente tutto questo non Le piace. Vuole stare tranquillo, your life is your business. Possiamo assicurarLe che l'indiscrezione piace cosi' poco a noi come a Lei, e La preghiamo di scusarci. Ma in questo caso, per la ragione che ho appena detto, l'indiscrezione e' - purtroppo - inevitabile, anzi doverosa. La Sua vita e' diventata anche il nostro business. Poiche' il caso (o comunque vogliamo chiamare il fatto innegabile) ha voluto fare di Lei, il privato cittadino Claude Eatherly, un simbolo del futuro, Lei non ha piu' diritto di protestare per la nostra indiscrezione. Che proprio Lei, e non un altro dei due o tre miliardi di Suoi contemporanei, sia stato condannato a questa funzione di simbolo, non e' colpa Sua, ed e' certamente spaventoso. Ma cosi' e', ormai. E tuttavia non creda di essere il solo condannato in questo modo. Poiche' tutti noi dobbiamo vivere in quest'epoca, in cui potremmo incorrere in una colpa del genere: e come Lei non ha scelto la sua triste funzione, cosi' anche noi non abbiamo scelto quest'epoca infausta. In questo senso siamo quindi, come direste voi americani, "on the same boat", nella stessa barca, anzi siamo i figli di una stessa famiglia. E questa comunita', questa parentela, determina il nostro rapporto verso di Lei. Se ci occupiamo delle Sue sofferenze, lo facciamo come fratelli, come se Lei fosse un fratello a cui e' capitata la disgrazia di fare realmente cio' che ciascuno di noi potrebbe essere costretto a fare domani; come fratelli che sperano di poter evitare quella sciagura, come Lei oggi spera, tremendamente invano, di averla potuta evitare allora. Ma allora cio' non era possibile: il meccanismo dei comandi funziono' perfettamente, e Lei era ancora giovane e senza discernimento. Dunque lo ha fatto. Ma poiche' lo ha fatto, noi possiamo apprendere da Lei, e solo da Lei, che sarebbe di noi se fossimo stati al Suo posto, che sarebbe di noi se fossimo al Suo posto. Vede che Lei ci e' estremamente prezioso, anzi indispensabile. Lei e', in qualche modo, il nostro maestro. Naturalmente Lei rifiutera' questo titolo. "Tutt'altro, dira', poiche' io non riesco a venire a capo del mio stato". * Si stupira', ma e' proprio questo "non" a far pencolare (per noi) la bilancia. Ad essere, anzi, perfino consolante. Capisco che questa affermazione deve suonare, sulle prime, assurda. Percio' qualche parola di spiegazione. Non dico "consolante per Lei". Non ho nessuna intenzione di volerLa consolare. Chi vuol consolare dice, infatti, sempre: "La cosa non e' poi cosi grave"; cerca, insomma, di impicciolire l'accaduto (dolore o colpa) o di farlo sparire con le parole. E' proprio quello che cercano di fare, per esempio, i Suoi medici. Non e' difficile scoprire perche' agiscano cosi'. In fin dei conti sono impiegati di un ospedale militare, cui non si addice la condanna morale di un'azione bellica unanimemente approvata, anzi lodata; a cui, anzi, non deve neppure venire in mente la possibilita' di questa condanna; e che percio' devono difendere in ogni caso l'irreprensibilita' di un'azione che Lei sente, a ragione, come una colpa. Ecco perche' i Suoi medici affermano: "Hiroshima in itself is not enough to explain your behaviour", cio' che in un linguaggio meno lambiccato significa: "Hiroshima e' meno terribile di quanto sembra"; ecco perche' si limitano a criticare, invece dell'azione stessa (o "dello stato del mondo" che l'ha resa possibile), la Sua reazione ad essa; ecco perche' devono chiamare il Suo dolore e la Sua attesa di un castigo una "malattia" ("classical guilt complex"); ed ecco perche' devono considerare e trattare la Sua azione come un "self-imagined wrong", un delitto inventato da Lei. C'e' da stupirsi che uomini costretti dal loro conformismo e dalla loro schiavitu' morale a sostenere l'irreprensibilita' della Sua azione, e a considerare quindi patologico il Suo stato di coscienza, che uomini che muovono da premesse cosi' bugiarde ottengano dalle loro cure risultati cosi' poco brillanti? Posso immaginare (e La prego di correggermi se sbaglio) con quanta incredulita' e diffidenza, con quanta repulsione Lei consideri quegli uomini, che prendono sul serio solo la Sua reazione, e non la Sua azione. Hiroshima-self-imagined! Non c'e' dubbio: Lei la sa piu' lunga di loro. Non e' senza ragione che le grida dei feriti assordano i Suoi giorni, che le ombre dei morti affollano i Suoi sogni. Lei sa che l'accaduto e' accaduto veramente, e, non e' un'immaginazione. Lei non si lascia illudere da costoro. E nemmeno noi ci lasciamo illudere. Nemmeno noi sappiamo che farci di queste "consolazioni". No, io dicevo per noi. Per noi il fatto che Lei non riesce a "venire a capo" dell'accaduto, e' consolante. E questo perche' ci mostra che Lei cerca di far fronte, a posteriori, all'effetto (che allora non poteva concepire) della Sua azione; e perche' questo tentativo, anche se dovesse fallire, prova che Lei ha potuto tener viva la Sua coscienza, anche dopo essere stato inserito come una rotella in un meccanismo tecnico e adoperato in esso con successo. E serbando viva la Sua coscienza ha mostrato che questo e' possibile, e che dev'essere possibile anche per noi. E sapere questo (e noi lo sappiamo grazie a Lei) e', per noi, consolante. "Anche se dovesse fallire", ho detto. Ma il Suo tentativo deve necessariamente fallire. E precisamente per questo. Gia' quando si e' fatto torto a una persona singola (e non parlo di uccidere), anche se l'azione si lascia abbracciare in tutti i suoi effetti, e' tutt'altro che semplice "venirne a capo". Ma qui si tratta di ben altro. Lei ha la sventura di aver lasciato dietro di se' duecentomila morti. E come sarebbe possibile realizzare un dolore che abbracci 200.000 vite umane? Come sarebbe possibile pentirsi di 200.000 vittime? Non solo Lei non lo puo', non solo noi non lo possiamo: non e' possibile per nessuno. Per quanti sforzi disperati si facciano, dolore e pentimento restano inadeguati. L'inutilita' dei Suoi sforzi non e' quindi colpa Sua, Eatherly: ma e' una conseguenza di cio' che ho definito prima come la novita' decisiva della nostra situazione: del fatto, cioe', che siamo in grado di produrre piu' di quanto siamo in grado di immaginare; e che gli effetti provocati dagli attrezzi che costruiamo sono cosi' enormi che non siamo piu' attrezzati per concepirli. Al di la', cioe', di cio' che possiamo dominare interiormente, e di cui possiamo "venire a capo". Non si faccia rimproveri per il fallimento del Suo tentativo di pentirsi. Ci mancherebbe altro! Il pentimento non puo' riuscire. Ma il fallimento stesso dei Suoi sforzi e' la Sua esperienza e passione di ogni giorno; poiche' al di fuori di questa esperienza non c'e' nulla che possa sostituire il pentimento, e che possa impedirci di commettere di nuovo azioni cosi tremende. Che, di fronte a questo fallimento, la Sua reazione sia caotica e disordinata, e' quindi perfettamente naturale. Anzi, oserei dire che e' un segno della Sua salute morale. Poiche' la Sua reazione attesta la vitalita' della Sua coscienza. * Il metodo usuale per venire a capo di cose troppo grandi e' una semplice manovra di occultamento: si continua a vivere come se niente fosse; si cancella l'accaduto dalla lavagna della vita, si fa come se la colpa troppo grave non fosse nemmeno una colpa. Vale a dire che, per venirne a capo, si rinuncia affatto a venirne a capo. Come fa il Suo compagno e compatriota Joe Stiborik, ex radarista sull'Enola Gay, che Le presentano volentieri ad esempio perche' continua a vivere magnificamente e ha dichiarato, con la miglior cera di questo mondo, che "e' stata solo una bomba un po' piu' grossa delle altre". E questo metodo e' esemplificato, meglio ancora, dal presidente che ha dato il "via" a Lei come Lei lo ha dato al pilota dell'apparecchio bombardiere; e che quindi, a ben vedere, si trova nella Sua stessa situazione, se non in una situazione ancora peggiore. Ma egli ha omesso di fare cio' che Lei ha fatto. Tant'e' che alcuni anni fa, rovesciando ingenuamente ogni morale (non so se sia venuto a saperlo), ha dichiarato, in un'intervista destinata al pubblico, di non sentire i minimi "pangs of conscience", che sarebbe una prova lampante della sua innocenza; e quando poco fa, in occasione del suo settantacinquesimo compleanno, ha tirato le somme della sua vita, ha citato, come sola mancanza degna di rimorso, il fatto di essersi sposato dopo i trenta. Mi pare difficile che Lei possa invidiare questo "clean sheet". Ma sono certo che non accetterebbe mai, da un criminale comune, come una prova d'innocenza, la dichiarazione di non provare il minimo rimorso. Non e' un personaggio ridicolo, un uomo che fugge cosi' davanti a se stesso? Lei non ha agito cosi', Eatherly; Lei non e' un personaggio ridicolo. Lei fa, pur senza riuscirci, quanto e' umanamente possibile: cerca di continuare a vivere come la stessa persona che ha compiuto l'azione. Ed e' questo che ci consola. Anche se Lei, proprio perche' e' rimasto identico con la Sua azione, si e' trasformato in seguito ad essa. Capisce che alludo alle Sue violazioni di domicilio, falsi e non so quali altri reati che ha commesso. E al fatto che e' o passa per demoralizzato e depresso. Non pensi che io sia un anarchico e favorevole ai falsi e alle rapine, o che dia scarso peso a queste cose. Ma nel Suo caso questi reati non sono affatto "comuni": sono gesti di disperazione. Poiche' essere colpevole come Lei lo e' ed essere esaltati, proprio per la propria colpa, come "eroi sorridenti", dev'essere una condizione intollerabile per un uomo onesto; per porre termine alla quale si puo' anche commettere qualche scorrettezza. Poiche' l'enormita' che pesava e pesa su di Lei non era capita, non poteva essere capita e non poteva essere fatta capire nel mondo a cui Lei appartiene, Lei doveva cercare di parlare ed agire nel linguaggio intelligibile costi', nel piccolo linguaggio della petty o della big larceny nei termini della societa' stessa. Cosi' Lei ha cercato di provare la Sua colpa con atti che fossero riconosciuti come reati. Ma anche questo non Le e' riuscito. E' sempre condannato a passare per malato, anziche' per colpevole. E proprio per questo, perche' - per cosi' dire - non Le si concede la Sua colpa Lei e' e rimane un uomo infelice. * E ora, per finire, un suggerimento. L'anno scorso ho visitato Hiroshima; e ho parlato con quelli che sono rimasti vivi dopo il Suo passaggio. Si rassicuri: non c'e' nessuno di quegli uomini che voglia perseguitare una vite nell'ingranaggio di una macchina militare (cio' che Lei era, quando, a ventisei anni, esegui' la Sua "missione"); non c'e' nessuno che La odi. Ma ora Lei ha mostrato che, anche dopo essere stato adoperato come una vite, e' rimasto, a differenza degli altri, un uomo; o di esserlo ridiventato. Ed ecco la mia proposta, su cui Lei avra' modo di riflettere. Il prossimo 6 agosto la popolazione di Hiroshima celebrera', come tutti gli anni, il giorno in cui "e' avvenuto". A quegli uomini Lei potrebbe inviare un messaggio, che dovrebbe giungere per il giorno della celebrazione. Se Lei dicesse da uomo a quegli uomini: "Allora non sapevo quel che facevo; ma ora lo so. E so che una cosa simile non dovra' piu' accadere; e che nessuno puo' chiedere a un altro di compierla"; e: "La vostra lotta contro il ripetersi di un'azione simile e' anche la mia lotta, e il vostro 'no more Hiroshima' e' anche il mio 'no more Hiroshima`, o qualcosa di simile puo' essere certo che con questo messaggio farebbe una gioia immensa ai sopravvissuti di Hiroshima e che sarebbe considerato da quegli uomini come un amico, come uno di loro. E che cio' accadrebbe a ragione, poiche' anche Lei, Eatherly, e' una vittima di Hiroshima. E cio' sarebbe forse anche per Lei, se non una consolazione, almeno una gioia. Col sentimento che provo per ognuna di quelle vittime, La saluto Guenther Anders 4. DOCUMENTI. LA PRIMA LETTERA DI CLAUDE EATHERLY A GUENTHER ANDERS [Riproponiamo il testo della prima lettera di Claude Eatherly a Guenther Anders, del 12 giugno 1959, riprendendola dalla corrispondenza tra Guenther Anders e Claude Eatherly, Il pilota di Hiroshima. Ovvero: la coscienza al bando, Einaudi, Torino 1962, poi Linea d'ombra, Milano 1992 (ivi alle pp. 34-36), nella classica traduzione di Renato Solmi] 12 giugno 1959 Dear Sir, molte grazie della Sua lettera, che ho ricevuto venerdi' della scorsa settimana. Dopo aver letto piu' volte la Sua lettera, ho deciso di scriverLe, e di entrare eventualmente in corrispondenza con Lei, per discutere di quelle cose che entrambi, credo, comprendiamo. Io ricevo molte lettere, ma alla maggior parte non posso nemmeno rispondere. Mentre di fronte alla Sua lettera mi sono sentito costretto a rispondere e a farLe conoscere il mio atteggiamento verso le cose del mondo attuale. Durante tutto il corso della mia vita sono sempre stato vivamente interessato al problema del modo di agire e di comportarsi. Pur non essendo, spero, un fanatico in nessun senso, ne' dal punto di vista religioso ne' da quello politico, sono tuttavia convinto, da qualche tempo, che la crisi in cui siamo tutti implicati esige un riesame approfondito di tutto il nostro schema di valori e di obbligazioni. In passato, ci sono state epoche in cui era possibile cavarsela senza porsi troppi problemi sulle proprie abitudini di pensiero e di condotta. Ma oggi e' relativamente chiaro che la nostra epoca non e' di quelle. Credo, anzi, che ci avviciniamo rapidamente a una situazione in cui saremo costretti a riesaminare la nostra disposizione a lasciare la responsabilita' dei nostri pensieri e delle nostre azioni a istituzioni sociali (come partiti politici, sindacati, chiesa o stato). Nessuna di queste istituzioni e' oggi in grado di impartire consigli morali infallibili, e percio' bisogna mettere in discussione la loro pretesa di impartirli. L'esperienza che ho fatto personalmente deve essere studiata da questo punto di vista, se il suo vero significato deve diventare comprensibile a tutti e dovunque, e non solo a me. Se Lei ha l'impressione che questo concetto sia importante e piu' o meno conforme al Suo stesso pensiero, Le proporrei di cercare insieme di chiarire questo nesso di problemi, in un carteggio che potrebbe anche durare a lungo. Ho l'impressione che Lei mi capisca come nessun altro, salvo forse il mio medico e amico. Le mie azioni antisociali sono state catastrofiche per la mia vita privata, ma credo che, sforzandomi, riusciro' a mettere in luce i miei veri motivi, le mie convinzioni e la mia filosofia. Guenther, mi fa piacere di scriverLe. Forse potremo stabilire, col nostro carteggio, un'amicizia fondata sulla fiducia e sulla comprensione. Non abbia scrupoli a scrivere sui problemi di situazione e di condotta in cui ci troviamo di fronte. E allora Le esporro' le mie opinioni. RingraziandoLa ancora della Sua lettera, resto il Suo Claude Eatherly 5. AFGHANISTAN. FAUSTO DELLA PORTA: INFERNO AFGANO [Dal quotidiano "Il manifesto" del 2 agosto 2008 col titolo "Le ong: inferno afghano" e il sommario "Kabul. Attacchi record, cento associazioni minacciano d'andarsene. Usa-Pakistan ai ferri corti. Cinque soldati della Nato uccisi nell'est. Mai cosi' tante vittime civili". Fausto Della Porta e' giornalista] Troppo pericoloso. L'Afghanistan e' diventato un paese dove le organizzazioni non governative (ong) non si sentono piu' in grado di svolgere il loro lavoro e per questo minacciano di andarsene. "Dall'inizio di quest'anno il numero degli attacchi della guerriglia, dei bombardamenti e degli altri incidenti violenti e' aumentato di circa il 50% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno", denuncia Acbar, l'agenzia che coordina oltre cento ong. A essere diventate quasi impraticabili sono non solo le aree del sud e dell'est del paese asiatico - quelle in cui e' piu' forte la presenza di talebani e combattenti di Al Qaeda - ma anche le altre zone, che fino a qualche mese fa erano considerate "sicure". Nel mirino delle agenzie umanitarie "soprattutto l'aumento dell'impiego degli attentati suicidi e altri attacchi indiscriminati in aree civili e l'uso di proprieta' di civili come basi da cui lanciare gli attacchi". Nei mesi di maggio e giugno questi attentati sono stati rispettivamente 463 e 569. Ma anche gli attacchi aerei della Nato e della missione Enduring freedom (nell'est del paese) sono aumentati del 40% e hanno contribuito ad aumentare il numero delle vittime civili. La violenza ha anche costretto diverse scuole e ospedali nel sud del Paese a chiudere. Allo stesso tempo, siccita' e aumento del prezzo delle derrate alimentari hanno messo oltre 4 milioni di afgani in una "situazione estremamente difficile". Acbar lancia infine un appello a tutte le parti a "rispettare i principi umani fondamentali" e le "le norme di guerra riconosciute sul piano internazionale", in particolare, la distinzione tra civili e combattenti. Ma proprio quello appena passato e' stato il mese piu' sanguinoso dalla cacciata dei talebani nel 2001: 260 civili uccisi, e per il secondo mese consecutivo, i soldati stranieri uccisi sono stati piu' numerosi che in Iraq. E sul primo fronte della cosiddetta "guerra al terrorismo", dove il candidato democratico Barack Obama promette di mandare rinforzi se a novembre sara' eletto presidente degli Stati Uniti, i soldati continuano a morire piu' che in Iraq. Ieri due attentati ne hanno ammazzati cinque, tutti nella parte orientale del Paese, al confine con il Pakistan. A Kunar quattro militari e il loro interprete sono stati investiti in pieno dall'esplosione di una bomba piazzata sul ciglio della strada. L'azione e' stata rivendicata dai talebani, che hanno fatto sapere di aver azionato l'ordigno a distanza, con un telecomando. Un altro soldato e' stato ucciso a Khost. La Nato non ha ancora reso note nazionalita' e generalita' dei caduti, ma quella orientale e' la zona dove operano soprattutto le truppe statunitensi. E secondo Washington ci sarebbero i servizi segreti del Pakistan dietro l'attentato all'ambasciata indiana a Kabul, il 7 luglio scorso, in cui sono morte 54 persone. Lo ha scritto ieri il "New York Times", citando fonti ufficiali americane. Dura la risposta di Islamabad che parla di accuse infondate. "Lo respingiamo", ha detto alla Reuters il portavoce del ministero della difesa pachistano, Mohammad Sadiq, riferendosi al rapporto citato dal quotidiano Usa. "Non ci sono prove", ha aggiunto, "sono accuse infondate". Nello stesso tempo pero' il governo di Islamabad ha ammesso ufficialmente per la prima volta che all'interno del suo servizio segreto, l'Isi, ci sono frange che "simpatizzano" con la guerriglia afghana. Il portavoce dell'esecutivo, Sherry Rehman, ha dichiarato che "individui" all'interno dell'Isi probabilmente perseguono una propria agenda, senza rispettare le direttive del servizio. Secondo Rehman, il governo dovra' "identificare questi elementi e cacciarli". E ammontano a 70 le vittime causate da violenti combattimenti scoppiati negli ultimi quattro giorni nella valle di Swat, nella regione tribale nordoccidentale del Pakistan. "Le nostre forze di sicurezza hanno ucciso almeno 45 militanti durante l'operazione militare", ha detto un portavoce dell'esercito di Islamabad. In separati incidenti avvenuti nella regione di Ucharai Sar, 300 chilometri ad ovest di Islamabad, sono morti altri 5 soldati e 18 civili, tra cui donne e bambini. Gli scontri sono iniziati martedi' in seguito all'uccisione di tre agenti dell'intelligence pakistana da parte di un gruppo di ribelli filo-talebani. 6. MONDO. OPERAZIONE COLOMBA: SUCCESSO DELLA MARCIA NONVIOLENTA DEI BAMBINI PALESTINESI [Dagli amici dell'Operazione Colomba (Corpo nonviolento di pace della Comunita' Papa Giovanni XXIII - per contatti: tel. e fax 054129005, e-mail: operazione.colomba at apg23.org, sito: www.operazionecolomba.it e anche www.operationdove.org) riceviamo e diffondiamo il seguente comunicato del 4 agosto 2008 dal titolo "Successo della marcia nonviolenta dei bambini palestinesi in risposta alle violenze dei coloni nonostante gli arresti di attivisti israeliani e internazionali"] Nella giornata di sabato 2 agosto 2008 si e' svolta con successo la marcia nonviolenta indetta per chiedere la fine dell'espansione degli insediamenti e delle aggressioni dei coloni dell'area a sud di Hebron, violenze che si protraggono nonostante ormai da tempo la Commissione per i Diritti dei Bambini del Parlamento Israeliano abbia deliberato l'obbligo di scorta da parte dell'Esercito Israeliano per proteggere i bambini palestinesi dai continui attacchi dei coloni. Piu' di un centinaio di bambini palestinesi, accompagnati dai propri genitori e sostenuti da decine di attivisti israeliani e internazionali, tra cui i volontari di Operazione Colomba (Corpo Nonviolento di Pace della Comunita' Papa Giovanni XXIII) e del Christian Peacemaker Teams (ong Statunitense), hanno pacificamente percorso la via che congiunge il villaggio di at-Tuwani al villaggio di Tuba. Tale strada e' interdetta per i palestinesi dell'area a causa delle continue aggressioni da parte dei coloni israeliani del vicino avamposto illegale di Havat Ma'on (Hill 833). Intorno alle ore 10,30 la marcia, appena iniziata, e' stata pero' fermata con la forza dall'esercito israeliano che, dichiarando l'intera area "zona militare chiusa", ha tentato di arrestare un palestinese e ha aggredito un attivista del Christian Peacemaker Teams accorso per impedire l'arresto. La marcia e' stata quindi sospesa ma, alcune ore piu' tardi, mentre i militari impedivano il passaggio ai volontari internazionali aggredendo e arrestando una volontaria dell'Operazione Colomba, i bambini, accompagnati dagli adulti, sono finalmente riusciti ad incamminarsi verso Tuba. La volontaria di Operazione Colomba e' stata aggredita da un ufficiale israeliano, quando poi si e' recata dalla polizia per sporgere denuncia, e' stata a sua volta accusata di aver aggredito l'ufficiale e dunque arrestata. Nonostante un video mostri che l'aggressione e' avvenuta esclusivamente da parte del soldato, la volontaria di Operazione Colomba e' stata rilasciata soltanto a tarda notte e su di lei pendono ancora accuse ingiustificate. * Per contattare i volontari dell'Operazione Colomba in Palestina e Israele: tel: 00972548130634 o anche 00972548052843. 7. LIBRI. GIOBBE SANTABARBARA PRESENTA "A COLPI DI CUORE" DI ANNA BRAVO [Anna Bravo, storica e docente universitaria, vive e lavora a Torino, dove ha insegnato Storia sociale. Si occupa di storia delle donne, di deportazione e genocidio, resistenza armata e resistenza civile, cultura dei gruppi non omogenei, storia orale; su questi temi ha anche partecipato a convegni nazionali e internazionali. Ha fatto parte del comitato scientifico che ha diretto la raccolta delle storie di vita promossa dall'Aned (Associazione nazionale ex-deportati) del Piemonte; fa parte della Societa' italiana delle storiche, e dei comitati scientifici dell'Istituto storico della Resistenza in Piemonte, della Fondazione Alexander Langer e di altre istituzioni culturali. Luminosa figura della nonviolenza in cammino, della forza della verita'. Opere di Anna Bravo: (con Daniele Jalla), La vita offesa, Angeli, Milano 1986; Donne e uomini nelle guerre mondiali, Laterza, Roma-Bari 1991; (con Daniele Jalla), Una misura onesta. Gli scritti di memoria della deportazione dall'Italia, Angeli, Milano 1994; (con Anna Maria Bruzzone), In guerra senza armi. Storie di donne 1940-1945, Laterza, Roma-Bari 1995, 2000; (con Lucetta Scaraffia), Donne del novecento, Liberal Libri, 1999; (con Anna Foa e Lucetta Scaraffia), I fili della memoria. Uomini e donne nella storia, Laterza, Roma-Bari 2000; (con Margherita Pelaja, Alessandra Pescarolo, Lucetta Scaraffia), Storia sociale delle donne nell'Italia contemporanea, Laterza, Roma-Bari 2001; Il fotoromanzo, Il Mulino, Bologna 2003; A colpi di cuore, Laterza, Roma-Bari 2008] Anna Bravo e' una delle poche persone che in Italia pensano la nonviolenza concretamente. A mia conoscenza sono quasi tutte donne, e significhera' pur qualcosa. Rispetto a tanti che pensano la nonviolenza come canone di autori, repertorio di formule, astratta professura (per non dire di quanti usano la parola per designare tutt'altro, e sono legione), in Anna Bravo riconosco quella chiarezza e quella consapevolezza senza le quali non si da' nonviolenza vissuta ed agita, pensata e detta veritieramente; nelle sue parole e nel suo operare colgo la sobrieta', la misura di chi sa cosa dice per averlo lungamente pensato, riconosco quella pietas senza di cui tutto il sapere e' nulla, trovo una finezza di ascolto, una limpidezza di sguardo e una profondita' di meditazione che ognor mi commuovono. * Mi commuove questo suo nuovo libro (A colpi di cuore. Storie del Sessantotto, Laterza, Roma-Bari 2008), e mi commuove soprattutto perche' restituisce voce al silenzio, indaga - con la sensibilita' dell'etica della cura - la verita' storica cosi' come essa s'incarna nell'animo e nei volti e nelle voci di coloro che essa agiscono e da essa sono agiti. Fra tanti libri chiassosi e offuscati o algidi ed esangui, questo finalmente parla con voce meditata e modulata, ferma e flessibile, nitida e insieme affettuosa: sincera. Fra tanti libri che imbragano i fatti come stanze di tortura, o che dai fatti e dai vissuti sono travolti in cavalcate folli in notti illuni, questo mi sembra abbia la dote - mirabile dote - di interpretare senza forzare, di non occultare cio' che non piace, di non far fracasso, non fracassare. La storia e' una pianta delicata, come la memoria. E un buon libro di storia deve essere uno strumento ben temperato, se vuole non solo narrarti storie ma risuonarti nell'animo, esserti d'alimento in quel convivio del pane degli angeli. * Quando alcuni anni fa un suo saggio propose al dibattito pubblico la questione della violenza nei movimenti degli anni Sessanta e Settanta fu finalmente una ventata di aria fresca nel tanfo di tante opposte ma convergenti ipocrisie; e quando in quel medesimo saggio propose una riflessione morale laica e nonviolenta sull'aborto fu ancora una parola di verita' di contro al frastuono della propaganda e al macchinismo dell'astratto che aliena e deumanizza. E quanto sarebbe stato necessario che a partire da li' si svolgesse una riflessione nella cultura democratica e nella sinistra dell'impegno civile che facesse proprie le piste di ricerca aperte dal sentire antifascista ed antirazzista, femminista ed ecologista, nonviolento. Ho pensato piu' volte che se si fosse aperta nella sinistra politica e sociale italiana una discussione pubblica muovendo da quel saggio apparso su "Genesis" forse certi tragici errori di machiavellismo degli stenterelli commessi in questi ultimi anni dalle oligarchie ad un tempo corrotte e totalitarie delle rappresentanze istituzionali della sinistra - massime nel biennio del secondo governo Prodi - si sarebbe potuto dal basso impedirli, ed oggi non ci troveremmo nella situazione in cui siamo, con il governo del paese di nuovo nelle mani del comitato d'affari del blocco sociale e ideologico anomico e razzista e incivile, mafioso e nazista. * In questo suo piu' recente libro ritrovo quella finezza e quella saggezza, quell'etica della verita' e della responsabilita' che gia' mi appassionarono e persuasero in tante altre sue opere e tanti altri suoi interventi - sulla Shoah, sulla Resistenza, sulla storia e le lotte delle donne, sulla nonviolenza concretamente agita nei grandi conflitti; e dal profondo del cuore gliene sono grato. 8. RILETTURE. FRIEDRICH ENGELS: LUDWIG FEUERBACH E IL PUNTO D'APPRODO DELLA FILOSOFIA CLASSICA TEDESCA Friedrich Engels, Ludwig Feuerbach e il punto d'approdo della filosofia classica tedesca, Editori Riuniti, Roma 1950, 1976, pp. 96. Il noto tardo saggio engelsiano che descrive la nascita del materialismo storico nel suo separarsi dall'humus in cui nacque, che riprende - ma ormai in ben altro musical movimento - motivi di quell'Ideologia tedesca abbandonata alla critica roditrice dei topi: ogni volta che rileggo queste e quelle pagine tanto trovo ancora ammirevole Engels quanto ingenerosissimo il complessivo giudizio suo (e di Marx) verso Feuerbach, quel "torrente di fuoco" attraverso cui tutti siamo passati (e' il noto riconoscimento marxiano). In appendice le "Tesi su Feuerbach" marxiane (anch'esse tanto ingiuste verso Feuerbach quanto acute in se'). La traduzione e' di Palmiro Togliatti. 9. RILETTURE. SIMONE WEIL: RIFLESSIONI SULLE CAUSE DELLA LIBERTA' E DELL'OPPRESSIONE SOCIALE Simone Weil, Riflessioni sulle cause della liberta' e dell'oppressione sociale, Adelphi, Milano 1983, 1984, pp. 168, lire 7.000. Un libro prezioso. Una riflessione cosi' libera che anche quando non si e' d'accordo - e forse soprattutto quando non si e' d'accordo - comunque si vuole lasciarsene investire, aprendo le braccia ed offrendo il petto, come fosse un vento che reca un'aria nuova, e buona finalmente da respirare. 10. RIEDIZIONI. DAVID HUME: TRATTATO SULLA NATURA UMANA. RICERCA SULL'INTELLETTO UMANO. RICERCA SUI PRINCIPI DELLA MORALE David Hume, Trattato sulla natura umana. Ricerca sull'intelletto umano. Ricerca sui principi della morale, Laterza, Roma-Bari 1987, Mondadori Milano 2008, pp. VI + 1054, euro 12,90 (in supplemento a vari periodici Mondadori). Amava dire Annibale Sacripante: il danno maggiore di come s'insegnava la filosofia nei licei quando noi eravamo ragazzi era che si passava da un filosofo al successivo come se si trattasse di un gigantesco torneo di sistemi in cui ognuno eliminava il precedente e cedeva al successivo, fino a Hegel - e li' finiva. Cosicche' Hume era si' il culmine della corrente empirista ma veniva ridotto a funzione ancillare per Kant, cui si passava subito dopo di gran carriera. E di un sacco di cose che metteva conto sapere nessuno dalla cattedra ci diceva niente (e fu una buona scuola, perche' c'insegno' che dalle cattedre raramente o giammai qualcosa vien detto di vero e di acuto, di essenziale per te). Forse e' anche per questo che allora dismettemmo per sempre lo studio ordinato degli omogeneizzati manuali e invece di tediarci nelle aule sempre piu' frequentemente bigiavamo la scuola e ce ne stavamo a leggere i veri testi in quelle biblioteche che sembravano osterie e che sono uno dei ricordi piu' grati di una gioventu' breve, incantata e ormai cosi' remota. Ed oggi che vetusto e polveroso agli studenti di parlare mi capita - e di quegli argomenti medesimi -, sempre li esorto a leggere i libri veri, le opere dei classici, non i brodini che benintenzionati corruttori ammanniscono loro. E se ti decidi, ad esempio, a leggere Hume, ebbene, questo illuminista affabile e chiaro t'insegna a pensare senza vilta', senza paura: t'insegna a pensare da te, che vuol dire anche: ad avere rispetto di te stesso, a vivere degna la tua vita, a volere la liberta' per tutti. 11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti. Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono: 1. l'opposizione integrale alla guerra; 2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione; 3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario; 4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo. Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica. Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli. 12. PER SAPERNE DI PIU' * Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per contatti: azionenonviolenta at sis.it * Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia: www.miritalia.org; per contatti: mir at peacelink.it, luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at libero.it * Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per contatti: info at peacelink.it NOTIZIE MINIME DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO Numero 539 del 6 agosto 2008 Notizie minime della nonviolenza in cammino proposte dal Centro di ricerca per la pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it Per ricevere questo foglio e' sufficiente cliccare su: nonviolenza-request at peacelink.it?subject=subscribe Per non riceverlo piu': nonviolenza-request at peacelink.it?subject=unsubscribe In alternativa e' possibile andare sulla pagina web http://web.peacelink.it/mailing_admin.html quindi scegliere la lista "nonviolenza" nel menu' a tendina e cliccare su "subscribe" (ed ovviamente "unsubscribe" per la disiscrizione). L'informativa ai sensi del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 ("Codice in materia di protezione dei dati personali") relativa alla mailing list che diffonde questo notiziario e' disponibile nella rete telematica alla pagina web: http://italy.peacelink.org/peacelink/indices/index_2074.html Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/ L'unico indirizzo di posta elettronica utilizzabile per contattare la redazione e': nbawac at tin.it
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